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ATTENZIONE: Il seno di Abramo sono gli Inferi, che non è il Limbo dei non battezzati e non è il

Purgatorio. La Sacra Scrittura è molto chiara a riguardo.

POI: Gesù Cristo solo come uomo non preesisteva all’Incarnazione. Prima dell’Incarnazione nessun
uomo aveva merito di giustizia, difatti i santi dell’AT hanno meritato l’Incarnazione non di giustizia
ma solo di convenienza.

L’Incarnazione, secondo l’Aquinate, fu convenientissima poiché così si resero evidentissimi gli


attributi di Dio.

L’Incarnazione fu anche di “necessità relativa” per riparare al peccato del genere umano, poiché fu
il miglior modo di fare ciò.

L’Incarnazione si ha solo perché l’uomo ha peccato (Adamo ed Eva) poiché “era l’unico modo per
liberare dal peccato l’uomo dandone a Dio la condegna soddisfazione” sostiene il Doctor Angelicus.

Nell’Uinione Ipostatica v’è la Natura Divina che non può essere parte o forma di una natura creata,
soprattutto corporea quale è l’umana.

Ora, resta “totalmente escluso che l’unione del Verbo con la natura umana fosse un’unione di
natura” quindi successiva.

L’Unione del Verbo fu una unione nella persona. Natura significa essenza di una specie, mentre
“persona” significa essenza stessa di una specie. L’unione del Verbo, quindi, fu una unione nella
persona del Verbo, quindi è una unione “in persona”.

Attenzione a non commettere l’errore dei Nestoriani. “Ipostasi, o soggetto, è lo stesso che persona,
con questa sola differenza, che la sola persona, essendo propria di un soggetto di natura
intellettuale, ne mette in evidenza la dignità ed è perciò nome di dignità. Non si può quindi asserire
che l’unione del Verbo con l’umana natura fu fatta nella persona e nell’ipostasi, perché così si
distingue realmente ciò che non è realmente da distinguere e l’unione sarebbe non intima, ma
soltanto esteriore. Peggio ancora, distinguendo in Gesù l’ipostasi del Verbo e la persona, non si può
più attribuire al Verbo, ma si deve attribuire ad altri ciò che è proprio dell’uomo, cioé la nascita, la
passione e la morte”.

La persona del Verbo dopo l’Incarnazione sussiste nella natura divina e nella umana, quindi è
composta di ude nature.

Assumere la natura umana non compete alla natura divina ma compete alla persona divina

Gesù è il Figlio di Dio perché è stato concepito dallo Spirito Santo (Luca 1:35). Ma ciò non
significa che Gesù non esisteva prima di essere concepito. Gesù è sempre esistito (Giovanni 8:58;
10:30). Quando Gesù fu concepito, divenne un essere umano in aggiunta ad essere già Dio
(Giovanni 1:1, 14).

Cristo, con l’Incarnazione, ciò che era è rimasto, e ciò che non era l’ha assunto (Quod era permansit
et quod non erat assumpsit).
Ciò che ha assunto non si è confuso con la Natura divina, ma è sempre rimasto distinto. Ed è
proprio in questo secondo ambito che Cristo è stato in potenza.
S. Ireneo (Ad. Haer. 1,9) dice: “Imparate, o insensati, che Gesù, il quale ha patito per noi che ha
abitato fra noi, Egli è lo stesso Verbo di Dio”.

S. Ignazio (Magn. 6,1; Trall. 7,1; Rom. 3,3, ecc.), asserisce contro i Doceti che Cristo, da una parte
è il Verbo di Dio esistente dalla eternità nel seno del Padre, dall’altra è vero Uomo, nato da Maria
Vergine dalla stirpe di David, che ha patito, è morto e che si è risuscitato.

Nel III secolo comincia ad apparire una esposizione più filosofica. Origene (De princ. 1,2; 2,6) dice
che in Cristo altra è la natura divina per cui è l’Unigenito del Padre, e altra la natura umana, ma le
due nature costituiscono un unico Ente.

Gesù, Cristo, anche come questo uomo, è Figlio di Dio per natura e non si può dire in nessun modo
adottivo: e giustamente si dice predestinato.

Conc. di Efeso che definì: “Cristo è veramente Dio, come Figlio per natura” (D.311) contro
Nestorio; e dal Conc. di Lione II: “Crediamo che lo stesso Figlio di Dio, eternamente nato dal
Padre… nato nel tempo dallo Spirito Santo da Maria sempre Vergine.., non adottivo.., ma uno e
unico Figlio di Dio in due e da due nature” (D.426) e contro gli Adoziani, i quali ammettevano che
il Verbo era Figlio di Dio, ma come Figlio di Maria, era Figlio di Dio solo per adozione e per
grazia.

Conc. di Toledo XI dichiara: Il Cristo, “per il fatto che procedette senza inizio dal Padre, generato
soltanto, perciò non si prende nè fatto, nè predestinato; ma per il fatto che e nato da Maria Vergine,
si deve credere che è nato e fatto e predestinato” (D. 285).

LA TUA DOMANDA: Tu dirai, se l’uomo ha peccato per tentazione di Satana, quindi Lucifero era
già caduto per ribellarsi all’Unione Ipostatica, come è possibile che l’Incarnazione è avvenuta
dopo?

SOLUZIONE!

C’è concordanza fra le varie scuole: il tomismo, lo scotismo e la suareziana, quanto alla caduta per
un peccato di orgoglio anche se ci sono divergenti opinioni, come ho precisato nello studio (“alcuni
ritengono”), per quanto riguarda l’oggetto di questo peccato.

Nell’Opera Omnia del Suarez (libro VII, capitolo 13) si legge che, secondo alcuni, si ritiene che il
peccato di orgoglio degli angeli e quindi di Lucifero è dato da un desiderio disordinato di Lucifero
di un’unione ipostatica dell’Incarnazione. Questa opinione viene presa in considerazione da coloro
che ammettono che Dio abbia fatto comprendere agli angeli il proposito del mistero
dell’Incarnazione. Dio, secondo alcuni, avrebbe espresso il suo “desiderio” dell’unione ipostatica
del Verbo con la sua natura , l’angelo avrebbe commesso, quindi, un peccato di orgoglio nei
confronti della Divinità poiché reputava questa unione come cosa che ingiustamente gli sarebbe
stata rifiutata per essere invece accordata alla natura umana.

Sostanzialmente Lucifero disse: ma perché Dio ci dice che vuole incarnarsi nella natura umana e
non in quella angelica? Noi siamo superiori agli uomini, quindi se Dio vuole incarnarsi, DEVE (si
sostituisce a Dio) incarnarsi nella natura angelica poiché noi ABBIAMO (peccato di superbia)
natura superiore a quella umana. Da qui il peccato di superbia. Gli angeli, quindi, avrebbero peccato
non aventi per oggetto un desiderio di beatitudine naturale o soprannaturale, ma un desiderio di
unione ipostatica, poiché loro reputavano che questo onore dovesse spettare a loro, al loro capo,
proprio per questa idea Lucifero è riuscito, secondo alcuni, a persuaderli.
Nelle tradizionali Meditazioni su San Michele Arcangelo si legge:

“Considera quanto sia stato grande l’amore di S. Michele verso Nostro Signore Gesù Cristo.
Cominciò quest’amore dal principio del mondo, quando agli Angeli fu manifestato il mistero
dell’Incarnazione. Fu questa la cagione – dice il P. Granata – per cui Lucifero si ribellò a Dio.
Conoscendo che il Divin Verbo avrebbe assunto nella pienezza dei tempi la natura umana e sarebbe
divenuto così capo degli Angeli e degli uomini, adorato dagli uni e dagli altri per l’unione
ipostatica, sdegnò Lucifero di adorare il Verbo nell’assunta umanità, e trascinò nella rivolta molti
Angeli, ma sorse S. Michele a difendere l’onore di Gesù Cristo, predicò agli Angeli l’adorazione
dovuta al Verbo Incarnato, confuse Lucifero e lo vinse con tutti i suoi seguaci.”

I pensatori cristiani si dividono circa le cause di un tale orgoglio anche se in termini generali
concordano sul fatto che il primo Angelo, Lucifero, volesse diventare come Dio (da qui è
conveniente che si pensi per il desiderio di unione ipostatica, poiché diversamente come Lucifero
avrebbe mai potuto desiderare di diventare come Dio? ) e che gli altri angeli lo abbiano in certo
modo imitato. Lucifero, presuntuoso per la sua bellezza, avrebbe desiderato ciò che era al di sopra
di lui e a cui non poteva pervenire. L’orgoglio l’avrebbe dunque spinto a provare un desiderio
inammissibile e indebito di dignità, a desiderare ciò a cui sarebbe pervenuto solo in virtù della
grazia divina (esempio con l’unione ipostatica). Quindi: interpretazione del peccato d’orgoglio è
quella che concepisce la colpa di Lucifero come il desiderio disordinato di un’unione ipostatica del
Verbo di Dio con la sua natura angelica allo stesso modo di ciò che avviene nell’Incarnazione,
reputandola a lui assolutamente dovuta e ingiustamente rifiutata per essere assurdamente accordata
alla natura umana. Comunque questo peccato d’orgoglio è la malizia assoluta che rifiuta di fatto la
piena trascendenza divina nell’ordine dei rapporti personali con lui, nella pretesa, usando le parole
di Isaia, di “farsi uguale all’Altissimo” (Is XIV,14).

Nel mio studio ho riportato, comunque, una sola ipotesi, quella che io ritengo più giusta o quanto
meno la più plausibile.

Saluti e grazie per aver commentato.

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