Vous êtes sur la page 1sur 9

Formazione a distanza basata sui micromondi come strumento per la

learning organization nella Pubblica Amministrazione 1


di Franco Landriscina e Riccardo Santilli, Logo 2000 S.p.A.

Abstract
L’articolo, partendo dalla considerazione del mutamento in atto all’interno di aziende ed enti pubblici,
propone, quale strumento a supporto per l’organizzazione “discente”, un modello integrato di forma-
zione a distanza e micromondi basati sulla dinamica dei sistemi. Attraverso l'utilizzo di micromondi
per la gestione d’impresa, Dirigenti, Quadri e Responsabili imparano a gestire i cambiamenti e acqui-
siscono una mentalità di tipo "sistemico". L’analisi è supportata da ricerche condotte nell’area della
psicologia dell’apprendimento che mostrano la stretta correlazione tra l’impiego di queste moderne
metodologie della formazione (micromondi) e i livelli di prestazione cognitiva più elevati della tasso-
nomia di Bloom.

Promuovere l’apprendimento organizzativo

La richiesta di competitività nella pubblica amministrazione, indotta dalle recenti disposizioni di legge
in materia e dal cambiamento tecnologico in atto, comporta la necessità per l’ente pubblico di adegua-
re la propria organizzazione seguendo criteri sia qualitativi, finalizzati alla “soddisfazione del cliente”,
sia quantitativi, finalizzati ad una gestione che rispetti parametri di efficacia, efficienza ed economici-
tà.
Tradotto in termini operativi, ciò richiede:

il miglioramento della qualità dei servizi resi dall’ente pubblico;


la reingegnerizzazione dei servizi e dei processi;
la ridefinizione del modello organizzativo;
la crescita professionale e umana delle persone coinvolte.

Il modello di ente pubblico che si delinea attraverso questi cambiamenti è quello di un’organizzazione
competitiva all’interno di situazioni economico-sociali in continua evoluzione.
A tal fine è necessario promuovere efficaci modelli di apprendimento organizzativo, in grado di tra-
sformare l’ente pubblico in un’organizzazione “discente”, nella quale la capacità di creare i risultati
desiderati e implementare nuovi e più ampi schemi di pensiero va di pari passo con l’esperienza con-
divisa dell’apprendimento.

Quali strumenti di formazione per la pubblica amministrazione?

Promuovere un modello di apprendimento organizzativo significa puntare su un tipo di organizzazione


autonoma, flessibile, creativa, sensibile, rapida nell’importare innovazioni e nel gestire il cambiamen-
to.
Il mutamento in atto va di pari passo con una radicale rivalutazione del ruolo delle risorse umane e
della formazione: una learning organization, infatti, è tale quando l’apprendimento avviene ed è sup-
portato, facilitato e promosso a tutti i livelli dell’organizzazione. A tal fine, è indispensabile che gli
strumenti formativi siano adeguati agli scopi che si prefiggono di raggiungere. Abbiamo, infatti, parla-
to di un’organizzazione che apprende, ma qual è il livello di questo apprendimento?
La diffusione dell’e-learning ha finora risposto soprattutto, per ragioni economiche, all’esigenza di
formare un grande numero di persone, in genere dipendenti di grandi aziende private, su argomenti di
base e compiti altamente standardizzati, come ad esempio l’uso di procedure informatiche. Questo ha
1
Originally published in: ”, Edizioni Guerini e Associati, maggio 2002.

1
consentito di facilitare e accelerare in maniera considerevole i processi formativi in azienda. Tuttavia, i
principali limiti dell’e-learning di prima generazione sono evidenziati dalla difficoltà nel consentire un
apprendimento di livello cognitivo superiore a quello che Bloom ha definito livello di applicazione
(Anderson et al., 2000; Krathwohl et al. 1984). Laddove, raramente, è stata data maggiore enfasi alla
comunicazione in rete e al collaborative learning, la mancanza di strumenti efficaci per
l’apprendimento individuale ha finito per condizionare la qualità dei processi di comunicazione.
Il risultato è che l’attuale panorama dell’e-learning mostra un serio limite quando si devono stimolare
capacità creative e decisionali che implicano attività cognitive di analisi, sintesi e valutazione delle in-
formazioni da parte dei discenti. È il caso, ad esempio di argomenti quali l’economia, il marketing e la
gestione d’impresa. Nella gestione delle imprese rientrano fattori quali il mercato, le relazioni interper-
sonali, i prodotti, il personale, l'ambiente esterno, l'economia e molti altri. Le relazioni tra questi fattori
sono estremamente complicate dalle interconnessioni tra le variabili e dai ritardi fra cause ed effetti
(Bianchi, 1996).
Anche per la formazione online c'è quindi bisogno di strumenti che permettano la sperimentazione del-
la gestione in un ambiente virtuale che simula il funzionamento di un sistema reale. In che modo è
possibile rispondere a queste importanti sfide formative? Una valida risposta può essere individuata
dall’integrazione della formazione a distanza con il pensiero sistemico e lo strumento didattico dei mi-
cromondi.
I micromondi rientrano in quel variegato sistema di strumenti e metodologie di apprendimento che è la
formazione supportata dal computer.
Come è stato fatto notare (Roberts, 1978) esiste uno stretto collegamento tra l’apprendimento basato
su micromondi e i livelli di prestazione cognitiva più elevati della tassonomia di Bloom. Queste ricer-
che mostrano i vantaggi cognitivi del trasferimento dei contenuti dei tradizionali interventi formativi
nella nuova metodologia.
Ricordiamo brevemente che nella tassonomia di Bloom l’apprendimento cognitivo è suddiviso in sei
livelli:

Livello Descrizione
Conoscenza Ricordo di informazioni fattuali.
Comprensione Capacità di concettualizzare e riformulare un concetto con parole
proprie.
Applicazione Capacità di individuare quando e come applicare una regola o un
principio.
Analisi Individuazione delle relazioni tra gli elementi di un dato oggetto,
funzionamento e scopo di ciascuno elemento.
Sintesi Capacità di organizzare gli elementi conosciuti in una nuova totalità,
finalizzata al cambiamento e alla soluzione di problemi.
Valutazione Capacità di riconoscere e argomentare pregi e difetti, vantaggi e
svantaggi di una data soluzione o informazione. Individuare possibi-
li strade di miglioramento.

Nella maggior parte degli interventi formativi i livelli di sintesi e valutazione non vengono raggiunti.
Eppure, questi livelli, qualora siano raggiunti, svolgono un’importante funzione nell’ambito di un pro-
cesso di apprendimento: consentono di sperimentare la propria capacità adattiva, creativa e di problem
solving. Oltre al trasferimento di competenze specifiche accrescono quella metacompetenza che pos-
siamo definire capacità di apprendere ad apprendere: in altre parole, la capacità di definire contesti e
strategie per consentire il nuovo apprendimento. Le persone che raggiungono un livello di sintesi pos-
siedono uno schema mentale nel quale possono organizzare le nuove informazioni. Se questo schema
non esiste, l’insegnamento di fatti o concetti perde gran parte del suo significato. Anche altri psicologi
come ad esempio Bruner hanno evidenziato che “the most basic thing that can be said about human
memory […] is that unless detail is placed into a structured pattern, it is rapidly forgotten” (Bruner
1963, p.24).
Sulla base di quanto evidenziato, l'uso di micromondi in campo formativo consente il passaggio da un
processo d’apprendimento considerato come acquisizione di conoscenze ad uno inteso come sviluppo
di competenze nel quadro di un contesto applicativo (learning by doing). Tenendo conto di questi im-

2
portanti aspetti, cognitivi e metacognitivi, passiamo ad una breve ricognizione sui micromondi e il
pensiero sistemico.

Micromondi e pensiero sistemico per l’organizzazione che apprende

I micromondi
Nel panorama delle simulazioni a scopo formativo, si sta recentemente affermando la metodologia dei
micromondi (microworlds). Il termine "micromondo", coniato dall'educatore Seymour Papert, del Le-
arning and Common Sense Group del MIT Media Lab, si riferisce ad un software che cerca di ripro-
durre un sistema reale (economico, sociale, scientifico, ecc.) fin nei minimi dettagli informativi. La
metodologia dei micromondi supporta lo studio di un caso con la simulazione al computer. Da più di
cinquant'anni, lo studio e la discussione di casi è la metodologia più utilizzata nella formazione mana-
geriale. I case-studies hanno il fondamentale vantaggio di proporre all'allievo una storia reale, per po-
ter applicare ad essa le teorie apprese con lo studio nel corso delle lezioni. Il metodo dei casi, com'è
noto, unisce generalmente due aspetti formativi: uno legato ai contenuti specifici del caso trattato e
l'altro legato all'abilità d’analisi, da soli o in gruppo. Esso non consente, però, di rispondere alla do-
manda “cosa sarebbe successo se…?” (what-if analysis) o di formulare delle ipotesi su come sarebbero
andate le cose in un altro contesto di mercato o periodo storico (scenario analysis).
L'utilizzo di un micromondo per la formazione parte generalmente dallo studio di uno o più casi e la
presentazione e discussione delle variabili su cui è possibile intervenire per determinare l'evoluzione
del sistema. All'avvio delle simulazioni, sono definiti l'arco temporale, gli step da adottare e gli obiet-
tivi di performance da raggiungere. Ad esempio, si può decidere di seguire lo sviluppo di un'azienda
nel corso di cinque anni, verificando le scelte economiche ogni tre mesi e avendo come obiettivo quel-
lo di raggiungere un certo volume di vendite (Bianchi et al., 2000).
Attraverso l'analisi della mappa causale del modello si evincono le interrelazioni nascoste fra i diversi
elementi del sistema. È qui che si trova il vero valore formativo dei micromondi che, ad esempio,
permette di comprendere quando una strategia può essere efficace anche nel lungo termine.
Il quadro di riferimento teorico per questo tipo di simulazioni è quello della dinamica dei sistemi, che
consente di catturare la struttura e il comportamento di sistemi complessi di tipo economico e sociale
(caratterizzati da ritardi e non linearità).
La pratica del pensiero sistemico inizia dalla comprensione del concetto di feedback, che permette di
capire come le azioni intraprese si rinforzano o si equilibrano l'una con l'altra. Il passo successivo è
quello di riconoscere le strutture di base ("archetipi") che ricorrono in sistemi diversi.
Uno dei maggiori punti di forza dell'approccio sistemico è quello di esplicitare tutte le relazioni esi-
stenti fra le parti di un sistema, anche qualora queste relazioni non possano essere misurate direttamen-
te in modo quantitativo. Nel modello di un'azienda, ad esempio, potremmo decidere di inserire come
variabile l'effetto del morale dei lavoratori sulla produttività.

Le organizzazioni e il pensiero tradizionale


Le organizzazioni, di qualsiasi tipo esse siano, sono realtà estremamente complesse. Quando soprag-
giungono dei problemi, l'atteggiamento comune è quello di suddividere il problema in piccole parti per
trovarne la causa.
Nel caso di una azienda o in un ente della pubblica amministrazione a fronte di un problema, ha inizio
l'analisi con la suddivisione della stessa in aree funzionali. Se, ad esempio, si verifica un eccesso nei
costi sostenuti dall’ente pubblico si guarda al bilancio per individuare possibili spese da “tagliare”. In
questo modo si dimentica che nel "sistema" ente pubblico sono presenti delle relazioni tra le diverse
aree, per cui un fenomeno in un'area può derivare da decisioni prese in altre aree dell’ente o esterne ad
esso. Dal modo tradizionale di porsi di fronte ad un evento discende anche quell'atteggiamento che
può essere definito "decisione orientata all'evento", vale a dire la tendenza a reagire concentrandosi sui
sintomi piuttosto che sulle cause.
Nel nostro esempio, il problema è la spesa eccessiva e il piano è tagliare “dove è possibile” farlo. Pen-
sando in modo lineare il problema sembra di facile soluzione. In questa maniera, però, non si tiene
conto che all'interno di un sistema un'azione provoca spesso una corrispondente retroazione (feed-
back). I tagli di alcune spese possono comportare disagi e disservizi per il cliente esterno e per

3
l’operatore interno. Quest’ultimo, ad esempio, potrebbe risentire di una condizione di lavoro più diffi-
cile ed essere maggiormente esposto al cosiddetto burn-out, fenomeno assai frequente in alcuni settori
della pubblica amministrazione. Il burn-out provoca a sua volta il ricorso ad altro personale, che ri-
chiederà del tempo prima di giungere ai livelli produttivi del precedente, con inevitabili perdite eco-
nomiche da parte dell’ente pubblico. Per superare queste difficoltà è necessario un passaggio da mo-
delli di gestione lineari a modelli di gestione circolari.
Questo è l'approccio della disciplina che prende il nome di dinamica dei sistemi e i cui elementi di ba-
se sono, per l'appunto, i circuiti di feedback (Morecroft et al., 1994).

Il pensiero sistemico
I sistemi reali sono formati da parti collegate tra loro e descritte da variabili, cioè grandezze numeriche
che cambiano il loro valore nel tempo. Il cambiamento di una variabile può avere effetti diversi in più
parti del sistema (interconnessione) e anche in momenti diversi (ritardo). Ogni decisione comporta un
cambiamento che porta ad una nuova definizione del problema stesso: quasi mai un problema è risolto
al primo tentativo. È necessario affrontare i problemi in altro modo, ossia tenendo conto della loro na-
tura circolare.
Il comportamento del sistema è quindi definito in base alla sua struttura: le variabili che la compongo-
no e le relazioni tra queste. Gli anelli definiscono quali interconnessioni ci sono tra le diverse parti del
sistema e rappresentano i rapporti tra gli elementi successivi di un circolo. È quindi possibile che il
cambiamento di una variabile abbia come conseguenza, dopo aver influenzato altre variabili, una va-
riazione di "ritorno" sulla stessa variabile di partenza.

Feedback positivi
Ci sono due tipi di feedback: positivo e negativo. Il feedback positivo, o di rafforzamento, si ha quan-
do tutte le variabili di un anello sono legate da relazioni dello stesso segno: quando aumenta una, au-
menta anche l'altra e viceversa. In altre parole si può dire che tale processo sia autorinforzante. I pro-
cessi di rafforzamento sono quindi i motori della crescita o del declino di un sistema.
Esempi di feedback positivi si ritrovano in processi di crescita quali l'aumento del denaro depositato in
un conto bancario, lo sviluppo di una popolazione di batteri o la spirale salari-prezzi. Si può illustrare
come all'interno di un ente pubblico, il miglioramento del servizio provoca un feedback positivo:

Servizio

(+)
Soddisfazione
dell’utente
Motivazione

Se migliora il servizio, aumenterà il livello di soddisfazione dell’utente. L’utente manifesterà il suo


gradimento all’operatore, il quale, percependo l’apprezzamento attribuito al servizio da lui prestato,
sarà motivato a fornire un servizio ancora migliore. Un feedback positivo determina una crescita so-
stenuta della variabile nel tempo. Nel caso appena visto, ad esempio, può essere rappresentato così:

Servizio

Tempo

4
Feedback negativi
In un feedback negativo, o di bilanciamento, le variabili presenti nell'anello s’influenzano in modo tale
da stabilizzare il sistema. Un anello di bilanciamento limita le azioni che spingono il sistema fuori dal-
l'equilibrio. In pratica, la presenza dei feedback negativi rende difficile modificare l'equilibrio dei si-
stemi. Esempi di questi feedback sono gli anelli con variabili che limitano lo sviluppo: pensiamo al
funzionamento di una caldaia o al mercato potenziale di un prodotto.
L'esempio della qualità del servizio offerta da un ente pubblico può essere utilizzato anche per illustra-
re un feedback negativo, se nel circuito consideriamo la variabile dei carichi di lavoro:

Servizio

(-)
Stress Carico di
lavoro

In questo caso, un miglioramento del servizio può determinare un maggiore carico di lavoro (maggiore
afflusso di utenti o procedure più complesse); ciò determina un aumento di stress che si ripercuote in
senso negativo sulla qualità del servizio offerto. Graficamente un anello di bilanciamento ha
quest’evoluzione:

Servizio

Tempo

Nei sistemi reali gli anelli di retroazione positivi o negativi non agiscono isolati, ma sono tra loro in-
terconnessi. Quelli positivi determinano la crescita o il decremento di un sistema, quelli negativi por-
tano il sistema verso la stabilità. L'interazione tra le variabili degli anelli all'interno del sistema produ-
ce il comportamento del sistema.

I ritardi
Non sempre le azioni provocano una conseguenza immediata. Spesso passa del tempo prima che la va-
riazione di una variabile abbia il suo effetto su una variabile ad essa collegata. Quando si presenta un
problema non è detto che esso abbia avuto origine da decisioni prese di recente: la maggior parte delle
volte l'origine del problema risale a molto prima, anche se le conseguenze si stanno manifestando solo
in quel momento. Questa è un'altra complicazione che spesso non è considerata da chi ragiona in ma-
niera "lineare". La presenza dei ritardi complica anche gli sforzi che sono compiuti per risolvere un
problema. La soluzione approntata ha bisogno di tempo prima che si abbiano dei risultati; in questo
periodo il problema può anche peggiorare. La presenza del ritardo in una relazione tra variabili provo-

5
ca delle oscillazioni intorno al valore obiettivo. Più il ritardo è sconosciuto ed ampio, maggiori sono le
oscillazioni intorno all'obiettivo. Torniamo al nostro esempio sul miglioramento del servizio al cliente.
Se noi abbiamo in mente lo standard di qualità del servizio che vogliamo ottenere, agiremo nel tentati-
vo di raggiungerlo. Ma il servizio non migliorerà dall’oggi al domani e quanto più è grande il ritardo
con cui cambia la qualità del servizio, tanto più corriamo il rischio di allontanarci dallo standard pre-
fissato. D’altra parte anche lo stress derivante dai maggiori carichi di lavoro non sarà contemporaneo
al miglioramento del servizio.

Quando il fenomeno di stress si verificherà potrebbe essere necessario un ridimensionamento del ser-
vizio offerto che, naturalmente, non si tradurrà in risultati immediati. Graficamente possiamo rappre-
sentare il comportamento in questo modo:

T Obiettivo

La costruzione di un modello di Dinamica dei Sistemi


La costruzione di un modello di dinamica dei sistemi è un processo molto complesso. Il modello è una
sorta di mappa che ha l'obiettivo di riprodurre con il massimo grado di veridicità la realtà di un siste-
ma. Il fine non è però quello di ricreare la realtà così come è, un simile modello prima ancora che im-
possibile sarebbe, soprattutto, inutile. Se avessimo a nostra disposizione una cartina dell’Italia detta-
gliata e quindi grande quanto l’Italia che senso avrebbe dire “ora guardiamo la cartina” per sapere do-
ve siamo? Il fine di una mappa, come osservava Bateson, è quello di riprodurre relazioni e differenze
fondamentali tra le variabili del sistema. A tutto ciò dobbiamo aggiungere le interconnessioni e i ritar-
di tra le cause e gli effetti.
La costruzione e l'utilizzo di un modello di dinamica dei sistemi prevede sette fasi:

1. Identificazione del problema


2. Definizione del sistema
3. Formulazione del modello e stima dei parametri
4. Analisi del comportamento del modello: fase di test ed analisi della sensibilità
5. Validazione del modello
6. Studio delle politiche alternative
7. Utilizzo del modello o implementazioni

Le fasi non seguono un ordine esclusivamente lineare, nel corso della costruzione del modello, si pas-
sa dall'una all'altra più di una volta prima di arrivare alla definizione finale del modello ed al suo uti-
lizzo.

La dinamica dei sistemi integrata nella formazione a distanza: l’esperienza Logo


2000

Come abbiamo già detto, i sistemi di e-learning di prima generazione sono spesso incapaci di creare
esperienze che aiutino effettivamente i discenti a sviluppare capacità decisionali. In un’ottica costrutti-
vista, gli strumenti di formazione a distanza devono, a nostro parere, assumere che la conoscenza:

è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto;


è strettamente collegata alla situazione concreta in cui avviene l'apprendimento;

6
nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale.

Tutto ciò richiede che si vada oltre il tradizionale utilizzo del computer come supporto per recepire
passivamente delle informazioni (Jonassen, 1999; Jonassen et al., 1998). La simulazione dinamica
permette, in tal senso, di integrare lo studio con una fase di sperimentazione attiva. Il discente può
quindi mettere alla prova le conoscenze acquisite sul funzionamento dell’ente o dell’azienda di appar-
tenenza attraverso la gestione di una impresa o ente virtuale, senza il rischio di compromettere, con il
fallimento, la sopravvivenza della stessa. Attraverso il micromondo avviene un passaggio fondamenta-
le dell'apprendimento: dal sapere (ovvero avere gli strumenti per comprendere la realtà) al saper fare
(ovvero acquisire capacità decisionali dopo avere sperimentato le proprie azioni e verificato le conse-
guenze). La formazione può così offrire alle aziende e alla alle pubbliche amministrazioni un vantag-
gio competitivo in termini di rapidità di apprendimento e capacità di innovazione.

Metodologia di formazione
Per essere efficace, un micromondo deve sempre essere considerato come un elemento di un percorso
formativo. Un suo utilizzo “da solo” non è sufficiente per acquisire nuove conoscenze. Fatta
quest’importante premessa, possiamo distinguere quattro aspetti:

Studio della teoria


Studio di un caso aziendale
Simulazione
Analisi dei risultati

L'utilizzo del simulatore può essere preceduto da una fase preliminare di studio della teoria. Il discente
non deve affrontare la simulazione solo come un gioco, ma bensì avere a disposizione tutte le cono-
scenze necessarie per una corretta gestione della propria azienda virtuale e per un’analisi appropriata e
costruttiva dei risultati. Il principale strumento a disposizione dell’allievo è, in questo caso la piatta-
forma di e-learning. Collegandosi alla piattaforma l’utente può consultare i learning object più appro-
priati alle sue esigenze di apprendimento ed acquisire le competenze necessarie alla perfetta riuscita
del percorso formativo.
Il modello di simulazione deve essere quindi introdotto dallo studio del caso aziendale, in altre parole
devono essere specificate la storia dell’ente/azienda, i prodotti ed il mercato in cui s’inserisce, le mo-
dalità di produzione e di gestione, gli obiettivi economici e di mercato. Tutto questo permette di calare
la simulazione nel contesto reale e consente una maggiore immedesimazione dell'utente. Rientrano in
questa fase anche eventuali implementazioni nel micromondo dei modelli di best practice patrimonio
dell’azienda. Questo processo, naturalmente, non potrebbe essere portato a termine senza la collabo-
razione del discente, che in questo modo viene posto al centro del processo formativo.
Nella fase di simulazione l'utente prende le decisioni sulle leve a disposizione e verifica i risultati delle
proprie strategie. Osserva, quindi, come reagisce l'azienda in base alle diverse strategie e come ottiene
risultati diversi in base ai momenti in cui sono prese le decisioni. L'effetto di una decisione, infatti, non
è lineare, ma dipende anche dal contesto e dall'istante in cui viene presa. Come risultato delle sue e-
sperienze di simulazione, il discente può quindi tornare ad uno studio dei learning object, richiamando
fra questi solo quelli di cui ha effettivamente bisogno in un dato momento.
La fase di analisi dei risultati infine, è molto importante per la comprensione del funzionamento del
sistema aziendale simulato. Questa fase può essere guidata attraverso materiali didattici che illustrano
le ipotesi alla base della costruzione del modello ed il suo obiettivo è quello di stimolare un'analisi cri-
tica dei risultati (Turkle, 1998). Ciò che si vuole ottenere in questa fase è un livello di apprendimento
che vada oltre la capacità di giocare e vincere. L’utente deve analizzare le sue scelte e confrontarle con
quelle degli altri partecipanti al corso in un clima di autentico apprendimento collaborativo che può
favorire la nascita di una “comunità di pratica” (Wenger, 1998).

7
Supporto di
Caso di studio Internet

Analisi e studio
del caso

Supporto di
SIMULAZIONE
Internet

Definizione della
Supporto
Discussione propria strategia
dell’insegnamento
in gruppo di apprendimento

Supporto di
Internet

Soluzione Risorse offline


proposta

Conclusioni

Il modello qui proposto di integrazione fra formazione a distanza e micromondi basati sulla dinamica
dei sistemi trova le principali applicazioni nel contesto della formazione manageriale. Attraverso l'uti-
lizzo di “micromondi” per la gestione d’impresa, Dirigenti, Quadri e Responsabili imparano a gestire i
cambiamenti e acquisiscono una mentalità di tipo "sistemico".
In particolare, l’uso dei micromondi in rete consente di favorire:
l’apprendimento dei partecipanti alla simulazione;
la comunicazione tra essi, sia in un ottica di competizione sia di cooperazione;
la valorizzazione dell’esperienza e dell’intuizione;
l’esplicitazione delle leve di intervento su cui è possibile agire;
la sperimentazione continua da parte dei partecipanti, anche in tempi ridotti e con immediato feed-
back dei risultati;
una visione interfunzionale dei problemi gestionali (approccio “sistemico”);
l’esplicitazione della struttura causale dei fenomeni riguardanti il sistema azienda e l’ambiente con
cui essa interagisce;
l’identificazione di cause ed effetti (discernendo i sintomi dalle disfunzioni);
la comprensione dell’essenza dei processi e delle relazioni di causa ed effetto sottostanti ai risultati
ottenuti in seguito alle decisioni adottate durante la simulazione.
Sulla base dei risultati fin qui conseguiti, riteniamo che l’adozione di questi strumenti per la formazio-
ne sia un valido supporto al servizio della formazione manageriale nella pubblica amministrazione,
soprattutto se questa, come sembra, è intenzionata a ridefinire se stessa sempre meno come organizza-
zione basata sul controllo e sempre più nei termini di un’organizzazione che apprende.

8
BIBLIOGRAFIA

Anderson L. W. , Krathwohl D. R., Bloom B. S., Taxonomy for Learning, Teaching, and Assessing, A:
A Revision of Bloom's Taxonomy of Educational Objectives, Longman, 2000.
Bianchi, C. Modelli contabili e modelli "dinamici" per il controllo di gestione in un'ottica strategica,
Giuffrè, 1996.
Bianchi C., Bivona E., Landriscina F., Un micromondo a supporto dei processi di redazione del Busi-
ness Plan nella fase di start-up: in particolare sulle politiche di gestione del "portafoglio prodotti".
Proceedings of the 2000 International System Dynamics Conference, Bergen, Norway, 2000.
Bruner J., The Process of Education, Vintage Books, 1963.
Ceriani, A., La simulazione nei processi formativi. Una metodologia per un pensiero creativo proget-
tuale, Franco Angeli, 1996.
Krathwohl D., Bloom B. S., Taxonomy of Educational Objectives, Handbook 1 : Cognitive Domain,
Addison-Wesley, 1984.
Jonassen D. H., Computers as Mindtools for Schools: Engaging Critical Thinking, Prentice Hall,
1999.
Jonassen D. H., Peck K. L., Wilson B. G., Pfeiffer W. S., Learning with Technology: A Constructivist
Perspective, Prentice Hall, 1998.
Morecroft, J.D.W., Sterman, J.D. (Eds.) Modeling for Learning Organizations, Productivity Press,
1994.
Roberts, N. Teaching Dynamic Feedback System Thinking: an Elementary View, Management Sci-
ence, Vol 24, No. 8, pp. 836-43.
Santilli, R., Simulazione comprensione; un problema estetico, La Critica 3, 2002, disponibile sul sito
www.lacritica.net.
Senge, P.M. La quinta disciplina. L'arte e la pratica dell'apprendimento organizzativo, Sperling &
Kupfer, 1992.
Turkle, S., La simulazione è seducente ma, se non la capisci, inganna, Telèma 12, 1998.
Wenger E., Communities of practice: learning, meaning, and identity, Cambridge University press,
1998.

Vous aimerez peut-être aussi