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GFV Verona 2019:

Verrà a giudicare...

Tema della conferenza: il giudizio finale secondo Tommaso


d’Aquino.

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Introduzione.

1. La vita cristiana richiede una crescita, come un seme che si


sviluppa fino a raggiungere: la piena maturità in Cristo (Ef 4, 13). In
questi incontri abbiamo cercato d’individuare alcuni elementi che
configurano questa maturità implica una visione adeguata di Dio come
Padre e noi i suoi figli; una nozione chiara dell’amicizia con Cristo:
non vi chiamo più servi ma amici (Gv 15, 14-15); una visione serena
del male e della sofferenza, per unirsi al mistero redentore di Cristo: la
croce e trovare lì il “mio luogo” (vocazione).
Richiede anche una nozione chiara della vita eterna e un desiderio
positivo ed ardente di essa; quindi la maturità religiosa è
“incompatibile con l’esagerato timore della morte”, nata da una fede
tiepida, o da una mancanza di speranza, oppure da una visione
immanentista del mondo e della vita (che sono i temi degli incontri di
questo anno 2018-2019).

2. Del giudizio finale abbiamo visto la “causa materiale”. Con un


atto della virtù divina, tutti avranno conoscenza (riacquistano la
memoria) delle sue opere. Qui le “opere” sono intese in senso lato,
comprendendo pensieri (cfr. 1Cor 4, 5), parole (cfr. Mt 12, 36), azioni
(Rm 2, 5-6) e omissioni (cfr. Mt 25, 34).
“In virtù della potenza divina, ciascuno conoscerà
immediatamente il bene o il male che ha fatto, per il quale sarà
ricompensato o punito, e conoscerà non solo le cose che ha fatto, ma
anche quelle degli altri” (Comp Theol I, c. 244, n. 537).

3. Causa “formale, cioè il “modo” in cui il giudizio avrà luogo.


“Questo giudizio sarà mentale, poiché per virtù divina restituirà
alla memoria ciò che ognuno ha fatto” (In Mt 19 c.19, n.1613);
E in un altro luogo precisa:
“Sebbene entrambe le cose siano possibili [che la sentenza sia
corporale o spirituale], è più probabile che sia spirituale, perché tutte
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le cose che vi sono trattate saranno lavorate spiritualmente per virtù
divine, come dice S. Ag. nella Città di Dio: ‘una certa forza divina
farà ricordare a ciascuno le sue opere buone e cattive e le
contemplerà in un rapidissimo sguardo della mente, essendo tale
conoscenza quella che accuserà o scuserà la sua coscienza, e così
ognuno sarà giudicato simultaneamente’ [20,14; PL 41,680]” (Resp
art 42, a. 27).

4. La causa “efficiente” del Giudizio:


Quando l'Aquino parla del giudizio come parte della virtù della
giustizia, sottolinea:
“il giudizio, poiché comporta la giusta determinazione di ciò che è
giusto, corrisponde propriamente alla giustizia” (STh 2-2, 60, 1c).
Se cerchiamo la causa efficiente, sorge la domanda: chi realizzerà
questa "manifestazione delle coscienze", questa "determinazione di ciò
che è giusto"?

a) Dio è il giudice. Tutta la Trinità possiede il potere di giudicare


in quanto Signore di tutte le creature, poiché il giudizio su alcune di
esse implica un certo dominio su di esse:
“Ora, essere Signore delle creature è comune a tutta la Trinità”,
“...il potere giudiziario è comune a tutta la Trinità” (STh 3, 59, 1, ad
1).
Dio ha il dominio su tutte le creature (cfr. STh 1, 13, 7, ad 2). In
questo senso l'autorità giudiziaria di Dio è infinita, in quanto ha
dominio e suprema autorità perché è il creatore e governatore della
creazione, dalla cui pienezza ogni altra autorità terrena partecipa.

b) Il Verbo o Arte del Padre. Il giudizio è attribuito al Figlio per


essere il Verbo o arte del Padre. Tre cose sono necessarie per eseguire
il giudizio: il potere sui soggetti; lo zelo per la giustizia, infatti il
giudice per pronunciare la sentenza non deve essere mosso dall'odio o
dal risentimento, ma dall'amore per la giustizia; la saggezza secondo
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la quale si forma il giudizio. Il più formale è il terzo elemento, è la
forma del giudizio. Infatti, il motivo stesso del giudizio è la legge della
saggezza o verità, secondo la quale ognuno viene giudicato:
“I primi due requisiti sono necessari prima del giudizio; tuttavia,
la forma del giudizio è proprio nel terzo, perché la norma del
giudizio è la legge della saggezza o verità, secondo la quale il
giudizio è emesso” (STh 3, 59, 1).
C'è una particolare convenienza che sia il Verbo che giudica. Infatti,
così come le opere d'arte si dicono "vere" in relazione all'arte a cui si
conformano, allo stesso modo le opere si dicono "giuste" in relazione
alla legge. Pertanto, la misura per giudicare un'opera d'arte è l'arte
stessa, e la misura per giudicare un'opera d'arte è la legge. Il potere di
giudicare è correttamente attribuito al Figlio di Dio in quanto è la
Sapienza generata e la Verità che procede dal Padre, e che egli
rappresenta perfettamente:
“Poiché il Figlio è la Sapienza generata, e la Verità che procede dal
Padre e che lo rappresenta perfettamente, perciò il potere giudiziario
è attribuito al Figlio con ogni proprietà” (STh 3, 59, 1);
e nello stesso articolo precisa:
“dice anche Agostino [De Trin l. 4, 31; PL 34, 148 che il Figlio è
l'arte del Padre. Così, il potere di giudicare è attribuito al Padre in
quanto principio del Figlio; ma la ragione stessa del giudizio è
attribuita al Figlio, perché è l'arte e la sapienza del Padre; così come
il Padre ha fatto tutte le cose per mezzo del suo Figlio, perché è la
sua arte, così egli giudica tutte le cose dal suo Figlio, perché è la sua
sapienza e verità” (STh 3, 59, 1, 1, ad 2).
Spetta al Figlio, come arte del Padre, giudicare soprattutto secondo la
sua legge d'amore:
"Questa legge [di Cristo] è la norma secondo la quale tutti gli atti
umani devono essere governati. Così come una produzione artistica
è considerata buona e giusta quando è conforme alle sue particolari
regole. Allo stesso modo, ogni opera umana è giusta e virtuosa
quando si conforma alla regola dell'amore divino, e non è buona,
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giusta o perfetta se si discosta da essa. Tutti gli atti umani, per essere
buoni, devono rispettare la regola dell'amore divino” (Duo
preccepta carit, n. 1138).
Così come il Padre fa tutto per il Figlio, che è la sua sapienza, così egli
giudica tutto per il Figlio:
“Ma ogni giudizio è stato dato al Figlio, proprio come lui ha dato
tutto. Infatti, come gli ha dato la vita e lo ha generato vivo, così gli
ha dato ogni giudizio, cioè gli ha generato un giudice; come dice il
v. 30: Io giudico secondo quello che ho udito... La ragione di ciò è
che come il Figlio non è altro che il concetto di sapienza paterna...,
e come ciascuno giudica con la concezione della sua sapienza, così
come il Padre fa tutto per il Figlio, così egli giudica tutto per Lui”
(In Gv 5, lc 4, n. 768).

c. Cristo ha anche il potere di giudicare per l'unione della sua anima


con il Verbo di Dio:
“Anche parlando di Cristo come uomo, è anche evidente che tutte le
cose umane sono soggette al suo potere giudiziario. E questo è
chiaro: in primo luogo, se consideriamo il rapporto tra l'anima di
Cristo e il Verbo di Dio. Perché se lo spirituale giudica ogni cosa,
come leggiamo in 1Cor 2, 15, in quanto la sua mente è unita al
Verbo di Dio, tanto più l'anima di Cristo” (STh 3, 59, 4).
Infatti, l'uomo spirituale è tale per mezzo dello Spirito di Dio da
illuminare la sua intelligenza e infiammare la sua volontà, in modo tale
che egli si governa giustamente. Ora colui che è virtuoso in tutte le
cose giudica giustamente del singolare (proprio come il sano, e non il
malato, può giudicare giustamente del gusto):
“Dobbiamo considerare perché lo spirituale giudica tutto, e nessuno
lo giudica... Colui che si comporta in modo retto in ogni cosa ha un
giusto giudizio sul singolare. Anche chi in se stesso soffre di un
difetto di rettitudine non giudica... e la stessa ragione [è seguita] nel
sano e nel malato per quanto riguarda il giudizio sui gusti, nel debole
e nel forte per quanto riguarda il giudizio sulla forza, e nel virtuoso
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e nel vizioso per quanto riguarda ciò che si deve fare” (In 1 Cor c.
2, lc. 3, n. 118).
L'uomo virtuoso, e non l'uomo vizioso, è in un certo senso la regola e
la misura delle azioni umane. Così, l'uomo che ha l'intelletto illuminato
e l'affetto ordinato dallo Spirito Santo ha il giusto giudizio in tutte le
cose che riguardano la salvezza:
“Il virtuoso è la regola e la misura degli atti umani, perché nelle cose
umane tali sono il singolare come il virtuoso le giudica essere. E
secondo questo l'Apostolo afferma che lo spirituale giudica tutto,
perché l'uomo che ha l'intelletto illuminato e l'affetto ordinato dallo
Spirito Santo, ha un giusto giudizio del singolare che tocca la
salvezza” (In 1Cor c. 2, lc. 3, n. 118).
Questo fa dell'uomo spirituale una sorta di legge o di giustizia animata,
in quanto conosce la causa suprema, e in quanto può giudicare e
ordinare tutto secondo le regole divine. E tutto questo è un dono dello
Spirito Santo.
“Chi conosce la causa suprema in senso assoluto, che è Dio, si
dice "saggio" in senso assoluto, in quanto può giudicare e ordinare
tutto secondo le regole divine. L'uomo acquisisce tale giudizio per
opera dello Spirito Santo, come si afferma in 1 Cor 2, 15” (STh 2-2,
45, 1c).
Perché qualcuno possa giudicare un uomo, sono necessarie due cose:
“1) che chi giudica sappia cosa deve giudicare, perché, come si
dice in Etic: "ognuno giudica bene ciò che sa, e di queste cose è il
miglior giudice". E per questo motivo è evidente che il senso di Dio,
cioè la sua saggezza, giudica tutte le cose e da nessuno può essere
giudicato... 2°) è richiesto che colui che giudica sia superiore al
giudicato. Così il signore possiede il giudizio sul servo, il padrone
sul discepolo. E così è chiaro che nessuno può giudicare il senso di
Dio [la sua sapienza]” (In 1Cor c. 2, lc. 3, n. 120).
L'uomo "spirituale" può giudicare in quanto è unito a Cristo e ha il
senso di Cristo:

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“Infatti, se l'uomo spirituale giudica tutto, come leggiamo in 1 Cor
2, 15, in quanto la sua mente è unita al Verbo di Dio, l'anima di
Cristo avrà un potere giudiziario molto più grande, perché è piena
della verità del Figlio di Dio” (STh 3, 59, 4c);
e che aveva precedentemente specificato:
“L'anima di Cristo era più unita alla verità e più piena della stessa
verità di tutte le creature, secondo le parole di Gv 1,14: l'abbiamo
visto pieno di grazia e di verità. E quindi giudicare tutte le cose
appartiene all'anima di Cristo nel grado più alto” (STh 3, 59, 2, 2, ad
1).
"Conoscere l'occulto dei cuori e giudicare, da solo appartiene a
Dio, ma per il riflusso della divinità nell'anima di Cristo, è anche nel
suo ufficio conoscere e giudicare l'occulto dei cuori [Rm 2, 16]"
(STh 3, 59, 2, ad 3).
Questa conoscenza dell'anima di Cristo corrisponde alla sua dignità:
"A Cristo e alla sua dignità, le corrispondono tutte le cose in un
certo modo, in quanto tutto è a lui soggetto. Ed egli è anche giudice
di tutti [Gv 5, 27] e perciò l'anima di Cristo nel Verbo conosce tutte
le cose che sono sempre e anche i pensieri degli uomini, di cui egli
è giudice" (STh 3, 10, 2c).
Cristo godeva della visione beatifica, già nella sua esistenza terrena, e
in Dio sapeva tutto ciò che in qualche modo era legato alla sua opera
redentrice, che è ciò che aveva in mente.

5. Gli aussiliari del giudice. Alcuni testi biblici sembrano indicare


la collaborazione di altri uomini nel processo. Ci saranno altri giudici
con Cristo. Alcuni lo saranno per semplice paragone (come il bene
rispetto al meno bene, e il male rispetto al peggiore, così i neviti [Mt
12, 41]); altri approvando la sentenza di Cristo (questa modalità è
chiamata quasi interpretativa e appartiene solo agli eletti); altri da una
certa delega dell'autorità giudiziaria di Cristo (come nel caso degli
Apostoli [Mt 19,28], ai quali possono essere assimilati coloro che
hanno seguito la vita di Cristo).
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I giudici "aggiunti" coopereranno nel trasmettere la sentenza ad altri:
"Saranno giudici perché coopereranno affinché la causa della
salvezza o della condanna, propria e altrui, possa apparire a
ciascuno, come si dice che gli angeli superiori illuminino l'inferiore
e anche gli uomini" (Comp Theol c. 245, n. 542).
E per essere più precisi, ricordiamo brevemente la spiegazione di
Aquino sull'illuminazione negli angeli:
“...gli angeli possono comunicare ad un altro la verità conosciuta. a)
Prima di tutto rafforzare la virtù intellettuale, perché come la virtù
di un corpo meno perfetto è rafforzata dalla vicinanza locale di un
corpo più perfetto, ad esempio un corpo meno caldo aumenta di
calore con la presenza di uno più caldo, così la virtù intellettuale di
un angelo superiore è confortata dalla conversione ad esso di un
angelo superiore... b) Anche da parte della specie compresa, perché
l'angelo superiore riceve la conoscenza della verità in una certa
concezione universale, per la quale l'intelletto dell'angelo inferiore
non è sufficiente per afferrarla. L'angelo superiore divide in un certo
modo la verità che egli conosce affinché l'inferiore possa
riceverla.... così come tra noi, i maestri, ciò che afferrano in sintesi,
fanno molte distinzioni per accogliere la capacità degli altri" (STh
1,1 06, 1c);
Così, nel giudizio finale, la comunicazione della sentenza di un
apostolo agli uomini avverrà per mezzo dell'illuminazione, cioè sarà
dato un rafforzamento della luce naturale di chi è illuminato e parte
delle specie più universali sarà comunicata per adattarla a chi è
illuminato.
La sentenza sarà data da Cristo con la propria autorità, mentre gli
altri saranno con la autorità ricevuta da Cristo.

6. La causa finale risponde alla domanda: perché si fa qualcosa?


Per quanto riguarda il giudizio finale, possono essere indicate diverse
cause finali "subordinate".

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a. Per la gloria dei santi e la confusione dei peccatori:
“Ora i santi possiedono certamente la gloria, ma essa è nascosta
nella coscienza, come dice l'Apostolo: la nostra gloria è la
testimonianza della coscienza. Allora quella gloria sarà rivelata agli
occhi di tutti, il bene e il male” (In Rom c. 8, lc. 4, n. 654).
La pubblicazione dei peccati sarà per la confusione del peccatore e la
gloria del giusto:
“La manifestazione dei peccati per l'umiliazione del peccatore... Ma
la rivelazione dei peccati dei giusti non causerà loro la minima
umiliazione... Al contrario, tale pubblicazione sarà per la loro
grande gloria, a causa della penitenza che hanno fatto” (Suppl. 87,
2, ad 3);
La carità produce qui, durante il pellegrinaggio terreno, il dolore, la
tristezza dei peccati commessi, ma:
“Anche se la carità è in questa vita la causa del dolore per il peccato,
eppure i beati in patria sono così immersi nella gioia che non c'è
posto per il dolore. E così non saranno rattristati dai loro peccati, ma
gioiranno della misericordia divina che ha perdonato loro quei
peccati” (Suppl. 87, 1, ad 3).
I malvagi non potranno rallegrarsi delle cose buone fatte:
“Il malvagio conoscerà le opere buone che ha fatto; ma questo non
diminuirà il dolore, ma piuttosto lo aumenterà, perché il dolore più
grande è quello di aver perso molte cose buone. Ecco perché Boezio
dice che "la più grande sfortuna è l’aver potuto essere felice" [2
Consol, ML 63.577]" (Suppl. 87, 1, 1, ad 4).
La confusione del peccatore non sarà diminuita perché ce ne sono altri:
“La contemplazione dei peccati degli altri non diminuirà la
vergogna del peccatore, ma piuttosto la aumenterà, quando notiamo
più chiaramente la nostra stessa vituperazione nella confusione degli
altri. Il fatto che, in questo mondo, la vergogna diminuisce quando
ci sono molti colpevoli, è dovuto al fatto che guardiamo solo al
giudizio degli uomini, che diventa più benigno a causa
dell'abitudine di vedere il male. Ma nel giorno del giudizio la
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confusione guarderà alla stima di Dio, che è secondo la verità su
ogni peccato, sia di un solo peccato che di molti” (Suppl. 87, 2, ad
4).
Il giudizio finale permetterà a tutti di vedere le cose come Dio le stima
secondo la verità.

b. Per la gloria di Cristo. Il giorno del giudizio finale apparirà


chiaramente davanti a tutto ciò che Cristo è il Figlio di Dio, Redentore
dell'uomo e Re dell'universo:
“Nel primo Avvento venne a soddisfare per noi davanti al Padre,
apparve sotto forma di debolezza. Ma poiché nell'istante in cui egli
verrà ad eseguire la giustizia del Padre sugli uomini, egli deve
mostrare la gloria che possiede nella comunione col Padre. E così
apparirà in forma gloriosa” (Suppl. 90, a.2 c).
Il giudizio finale è conveniente perché Cristo si manifesti pienamente
come Redentore degli uomini:
“Quando qualcuno acquista beni per gli altri, diventa un
dispensatore di quei beni. La dispensazione di beni tra i tanti
richiede un giudizio, affinché ognuno possa ricevere secondo ciò
che si merita; allora era opportuno che Cristo fosse stabilito da Dio
come Giudice degli uomini che ha salvato, secondo la stessa natura
umana, in cui ha consumato i misteri della salvezza umana [Gv 5,
27]... La visione della chiarezza della sua gloria sarà motivo di gioia
per gli eletti che lo hanno amato... sarà invece motivo di confusione
e di lutto per gli empi, perché la gloria e la potenza del giudice è
piena di dolore e di timore per coloro che temono di essere
condannati... E anche quando essa appare in forma gloriosa, le
tracce della sua Passione saranno riconosciute in lui, non come
diffettose, ma come splendente e gloriosa, così che quando gli eletti
li vedranno, saranno colmi di gioia, e si riconosceranno liberati dalla
Passione di Cristo, mentre i peccatori che hanno disprezzato tale
immenso beneficio saranno colmi di dolore [Ap 1,7]" (Comp Theol
c. 241, n. 521 e 524).
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Cristo come Re consumerà la sua opera introducendo i redenti nella
beatitudine:
“A colui a cui è stata affidata la cosa principale, è affidato anche
l'accessorio. Tutte le cose umane sono ordinate al fine della
beatitudine, che è la salute eterna, alla quale gli uomini sono
ammessi o respinti dal giudizio di Cristo [Mt 25, 31]” (STh 3, 59, 4
c);
In questo modo la redenzione di Cristo sarà completata:
"alla gloria dell'eterna beatitudine gli uomini sono guidati da Cristo"
(STh 3, 45, 3 c); “per questo è l'avvento di Cristo che ci conduce alla
beatitudine” (In 1Tim c. 6, lc. 3, n. 266).

c. Per la gloria di Dio. Infine, nel giudizio finale, saranno evidenti


la saggezza, la misericordia e la giustizia con cui Dio governa le cose:
“In Dio si distingue una duplice operazione: una con la quale ha
prodotto le cose nell'essere, stabilendo la natura e classificando ciò
che appartiene alla sua totalità, e da questa si è riposato [Gen 2,2];
un'altra con la quale agisce nel governo delle creature, di cui si dice
in Gv 5,17: il Padre mio lavora ancora e io lavoro. Allo stesso modo
si distingue un doppio giudizio in Dio, ma seguendo l'ordine
inverso.
a) Quello che corrisponde all’opera di governo, che non può
essere fatto senza giudizio. E con questo giudizio ognuno viene
giudicato separatamente per le sue opere, non solo in base a ciò che
gli appartiene, ma anche in base a ciò che appartiene al governo
dell'universo. Per questo motivo, il premio è differito a uno per
quanto riguarda l'utilità degli altri... [Atti 11, 39-40].
b) E' quindi necessario un altro giudizio universale, opposto alla
prima produzione di cose dell'essere; cioè, in modo che, come tutto
è uscito immediatamente da Dio, così anche il mondo avrà il suo
ultimo complemento, e finalmente ognuno riceverà ciò che
dovrebbe ricevere.

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In questo giudizio, quindi, la giustizia divina apparirà
manifestamente in tutte quelle cose che, se ora rimangono nascoste,
è perché Dio ha una sola cosa ad uso degli altri e contrariamente a
quanto i fatti sembrano esigere. Per questo motivo, dunque, ci sarà
una separazione universale tra il bene e il male, poiché non ci sarà
più spazio per il male per trarre profitto dal bene o per il bene dal
male; per questo motivo il bene si mescola con il male, mentre la
vita attuale è governata, per il momento, dalla divina Provvidenza"
(Suppl. 88,1c).
Così:
“È necessario che la giustizia divina, attualmente nascosta in molte
cose, si manifesti pienamente a tutti nel giudizio ultimo e
universale" (Suppl. 87, 2 c.).
Il giudizio è il momento in cui gli uomini 'raggiungono' con la loro
operazione intellettuale, la ragione del governo divino sulle cose, le
cose come Dio le vede. E quindi... non ci saranno più domande.
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Proposito: Nell’esame di coscienza (particolare, generale alla fine


del giorno, per la confessione…) devo cercare di illuminare il modo di
giudicarmi con la luce del Vangelo… sarà lo stesso criterio con il quale
sarò giudicato…

Domande: Ho una idea adeguata del giudizio finale?


Lascio il giudizio a Dio, al Verbo o giudico le intenzioni delle altre
persone?

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