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PONTIFICIUM ATHENAEUM S.

ANSELMI DE URBE
PONTIFICIUM ISTITUTUM LITURGICUM

Seminario: Nel visibile, l’invisibile – 94499

Il tocco e il rito de l’Effatà.

Gabriel-Cristian ANGHEL
10253

PROFESSORE
Jeronimo PEREIRA SILVA, OSB
Mc 7, 31-35

“Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare
di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono
di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli
orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un
sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si
sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.”

Dio che tocca… l’uomo che tocca… Dio che tocca attraverso signa sensibilia. Dio
ha scelto di toccarci hic et nunc, nella nostra esistenza concreta. Ha toccato la nostra storia,
anzi e sceso per noi nella storia, e si e fato soma, sarx1. Come sottolineava Bonaccorso,
“Dio non ci ha rivelato che si è fatto carne, ma si è rivelato a noi attraverso la carne: la
rivelazione non è la comunicazione attraverso le parole e i concetti: che Dio ha assunto
un corpo umano, ma è l’assunzione di un corpo umano che si esprime in molteplici modi,
tra i quali ci sono anche i sensi”2.

Dio sa che la realtà corporea e molto importante per noi e ha scelto questo mezzo,
questo strumento per arrivare a noi e noi a lui. Nella celebrazione liturgica, non soltanto
l’anima celebra e si alza verso Dio, però anche il corpo. Inoltre, alla fine del tempo,
loderemo Dio anche con il nostro corpo che sarà risuscitato. Il corpo e il medium attraverso
cui raccogliamo informazioni dal medio circondante e nutriamo la nostra anima (come per
esempio quando siamo su una cima e ammiriamo tutto il paesaggio, anche la nostra anima
si sente esaltata e spontaneamente scopia in lodare Dio per le sue meraviglie della
creazione) e la nostra mente (nihil in mente nisi priusquam in sensu – Tomasso D’Aquino).
Perciò, si tratta di una dimensione trascendentale dei sensi, che non assumono soltanto una
dimensione immediata, come saremmo tentati a credere a prima vista.

I sensi dunque ci aiutano a vivere la liturgia e dalla liturgia. Come dice L. Girardi,
“Se non si tocca, ma anche se non si sente, se non si vede, e non si assapora, non c’è
liturgia come culto di Dio”3.

1 Cf. «Soma, sarx». Dizionario dei concetti biblici del Nuovo testamento, ed. L. COENEN – E. BEYREUTHER
– H. BIETENHARD, Dehoniane, Bologna 1976, 1691.
2 G. BONACCORSO, «L’Eucaristia alla radice: che cosa è un rito?», Discorso breve sull’Eucaristia, ed. R.
BARILE, Studio Domenicano, Bologna 2007, 19.
3 L. GIRARDI, «Il corpo celebrante e l’esperienza della salvezza», Rivista Liturgica 89 (2002), 66.

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1. Il tocco nella Bibbia

In tutta la Bibbia si riconosce l'importanza dell'azione del toccare per gli esseri
umani; il piacere e la rassicurazione, il peccato e il dolore che può procurare. Poiché Dio
sa che siamo creature materiali, si comunica a noi in modi concreti, ma esige anche che
riconosciamo i limiti e i rischi dei nostri sensi temporali. Entrambe le immagini, positiva e
negativa, del gesto di toccare sono presenti nella Bibbia4.

Come accenno semantico, il verbo “toccare” ci viene dal greco hapto/haptomai


(forse conoscete una riscoperta moderna di questa parola nella lingua inglese – haptic
feedback per li schermi dei smartphones) utilizzato nella Bibbia. Per Omero, la forma
attiva hapto ha il significato fondamentale di attaccare, unire, annodare. Molto più
frequente e la forma media haptomai che significa toccare, mangiare (toccare cibo),
assalire (toccare con intenti ostili). Nei classici dal V sec. a.Ch la parola fa riferimento
anche ad avere rapporti sessuali con donne, oppure a dedicarsi alla filosofia, scienze
umane.

1) Il LXX usa l’attivo hapto per tradurre l’ebraico alah = far salire, innalzare (una
luce Es 30,8, un fuoco Giudita 13,13) e la forma media per tradurre le espressioni akhaz =
tenere (Ez 41,6), shalakh = stendere la mano su qualcosa (Gb 1,12) e shelet = avere potere
su qualcosa (Dan 3,27). Con haptomai il LXX traduce prevalentemente i verbi qarab =
accingersi a qc., accostarsi, assistere (5 volte; per es. Nm 3,10.38; Gb 31,7) e soprattutto
naga = toccare, colpire (98 volte).

2) Nel NT hapto compare 4 volte, soltanto in Lc; il significato è accendere la luce (8,
16; 11, 33; 15,8) o il fuoco (At 28,2); haptomai in 1Cor 7,1 si riferisce a rapporti sessuali; in
Col 2,21 al contatto con cibi “immondi” (cf. anche Mt 15, 11) e in 2Cor 6, 17 (citazione da
Is 52,11) all’impurità demoniaco-pagana. Gesù non ha alcuna ripugnanza per il contatto con
una donna “impura”. In Gv 20,17 invece, il Risorto proibisce a Maria di toccarlo5.

Ma è soprattutto nei racconti dì guarigioni dei sinottici che haptomai trova uso
frequente (30 volte). Queste guarigioni adempiono in maniera completamente nuova e
definitiva la profezia di Is 6, 5-7: il Signore tocca per es. i lebbrosi in maniera visibile con
la mano, ma è un contatto così profondo, che la loro impurità scompare completamente

4 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, ed. L. RYKEN –
J. C. WILHOIT – T. LONGMAN III, San Paolo, Milano 2006, 1482.
5 Cf. «Toccare», Dizionario dei concetti biblici del Nuovo testamento, ed. L. COENEN – E. BEYREUTHER – H.
BIETENHARD, Dehoniane, Bologna 1976, 1874.

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Gesù toccando il sordomuto, chiuso nella sua sventura e segregato da Dio e dagli uomini, è
come se facesse propria la sua sofferenza, al punto quasi da lottare visibilmente (emise un
sospiro) con la malattia che tormenta l’infermo prima di pronunciare 1’effatà liberatore. La
malattia è espressione della miseria e della condizione mortale dell’uomo. Toccandolo e
liberandolo, Gesù lo riscatta anche dalla malattia che lo ha contaminato tutt’intero, e dalla
malattia del peccato che conduce alla morte6.

1.1. Nell’Antico Testamento

1.1.1. Intoccabilità come protezione del sacro.

Il vocabolario legato all'azione del toccare figura in modo rilevante nella legge
mosaica dell'Antico Testamento (quaranta riferimenti in Levitìco, Numeri e
Deuteronomio). Nel sistema legale di Israele la purità esteriore del toccare diventa un
simbolo della purità morale del cuore, che Dio grandemente desidera. Di conseguenza, Dio
designa taluni oggetti come santi e altri oggetti come profani o impuri al tocco. Tra gli
oggetti santi vi sono l’ altare e i pasti sacrificali di Dio (Es 29,37; Lv 6,20). Dio vuole che
questa santità materiale sia cosi reale per il suo popolo, da dichiarare che “sarà santo tutto
quello che toccherà l'altare” (Es 29,37). Ugualmente potente è il contatto fisico con tutto
quello che Dio definisce impuro: se un israelita avesse toccato uno di tali oggetti, si
sarebbe dovuto purificare ritualmente (Lv 5,2-3; 7,19.21). Tra gli oggetti impuri vi sono i
cadaveri, le persone con malattie o perdita di fluido corporeo, certi animali e qualunque
cosa sacrificata agli idoli. La misura dell'impurità di tali oggetti è dimostrata dal dettaglio
delle istruzioni fornite nel libro del Levitico. Per esempio, chiunque abbia un contatto
fisico con un uomo con lo scolo, con il suo letto o con qualunque cosa stia sotto di lui,
“lavi le sue vestì, si lavi in acqua e resterà impuro fino a sera” (si veda Lv 15,5-11).
Persino un vaso d’argilla che sia stato toccato da lui deve essere rotto a causa dell'impurità
che ha contratto (Lev 15,12)7.

Chiaramente, molte di queste ingiunzioni sono relative a misure sanitarie e a


protezione dalle malattie. Il soffermarsi nel dettaglio delle istruzioni di Dio riguardo al
contatto fisico dimostra però quanto supremamente egli valuti la santità interiore
rappresentata da tali atti.

6 Cf. «Sano-iaomai», Dizionario dei concetti biblici del Nuovo testamento, ed. L. COENEN – E. BEYREUTHER
– H. BIETENHARD, Dehoniane, Bologna 1976, 1645-1646.
7 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1483.

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1.1.2. L’intoccabilità della divinità.

La divinità è assolutamente intoccabile (nonché invisibile) nell'Antico Testamento.


Nei rituali di separazione messi in atto prima che Mosè ascenda il monte Sinai per
incontrare Dio, Mosè stabilisce per la popolazione i limiti intorno alla montagna,
comandando loro: “Guardatevi dal salire la montagna e dal toccarne le estremità: chiunque
toccherà la montagna morirà. Nessuna mano lo toccherà” (Es 19,12-13). Quando l’ arca
dell'alleanza è trasportata e Uzza tende la mano per tenerla ferma quando i buoi
incespicano, Dio lo colpisce uccidendolo sul colpo e spaventando a tal punto Davide che
l'arca resta bloccata per tre mesi (2Sam 6,6-11).

1.1.3. Toccare esteriormente e realtà spirituale interiore.

Lo scopo di gran lunga primario della Legge nell'Antico Testamento non è tanto la
purità fisica quando la purità del cuore. Dio condanna il suo popolo perché non capisce
che, proprio come sono impuri quando toccano un cadavere, così pure “ogni lavoro delle
loro mani e quanto mi offrono è immondo!” (Ag 2,14). In effetti, Dio considera così grave
il peccato umano, che la gente è tangibilmente segnata da esso: “Barcollavano come ciechi
per le strade sporchi di sangue; no, non si poteva neppure toccare le loro vesti” (Lam
4,14)8.

1.2. Nel Nuovo Testamento

Nel Nuovo Testamento Cristo stabilisce una nuova alleanza che esige la purità del
cuore. Paolo ritiene che le antiche ingiunzioni “Non prendere! Non gustare! Non toccare!”
siano superficiali, “precetti e insegnamenti” riguardo a “cose destinate a logorarsi con
l'uso”, che “sono prive di ogni valore, perché saziano la carne” (Col 2,21-23). Per Paolo il
vero problema non sono i sensi stessi, ma il cuore umano, che ci porta a seguire “gli
stimoli della carne e i suoi istinti” (Ef 2,3). Per questo Paolo chiama i cristiani non
all'ascetismo (il precetto su quello che si può toccare), ma al controllo del cuore e dei suoi
desideri. Egli però non nega il potere del toccare9.

1.2.1. Il capovolgimento operato dal Nuovo Testamento.


8 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1484.
9 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1485.

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Data la proibizione nell'Antico Testamento di toccare ciò che è santo, è difficile
immaginare un capovolgimento più sconvolgente di quello che incontriamo
nell'incarnazione di Cristo nel Nuovo Testamento. Giovanni dice ai destinatari della sua
prima lettera di proclamare “colui che era fin dal principio, colui che noi abbiamo sentito,
colui che abbiamo veduto con i nostri occhi, colui che abbiamo contemplato e che le nostre
mani hanno toccato, cioè il Verbo della vita” (lGv 1,1). Quando Cristo risorge dai morti,
offre ai suoi seguaci prove complete della risurrezione, chiedendo loro: “Toccatemi ed
osservate: un fantasma non ha carne ed ossa come vedete che io ho” (Lc 24,39). Cristo è
quindi il terreno d'incontro del celeste con il concreto.

L'importanza del tatto è vista anche nell'esecuzione dei miracoli 10, poiché spesso un
miracolo nella Bibbia si realizza solo per contatto fisico. Ciò non è volto a dimostrare che
il tocco sia il solo meccanismo mediante il quale si possano eseguire i miracoli, o che tale
tocco sia “magico” in senso automatico. Gesù esegue numerosi miracoli a distanza. Ma il
contatto fisico identifica chiaramente colui che rende operante la potenza di Dio, e gli
esempi sono numerosi. In un caso insolito, persino il contatto con il corpo morto di un
profeta trasmette un potere miracoloso: quando un uomo morto è gettato nella tomba di
Eliseo, “non appena il morto toccò le ossa di Eliseo, riebbe la vita e si drizzò sui suoi
piedi” (2Re 13,21)11.

Gli esempi di contatto nel Nuovo Testamento sono di solito casi di guarigione e
suggeriscono pertanto che gli individui sono purificati nel senso veterotestamentario del
termine. Il contatto fisico è uno dei metodi con cui Gesù e i suoi discepoli guariscono la
gente, riecheggiando l'idea dell'Antico Testamento che tutto quello che tocca qualcosa di
santo diventa santo anch'esso. Gesù esegue diversi miracoli toccando i malati, fra l'altro la
purificazione di un uomo dalla lebbra, l'apertura degli occhi del cieco e la guarigione
dell'orecchio della guardia, tagliato da Pietro (Mt 8,3; 9,29; 20,34; Lc 22,51). In effetti,
anche solo toccare gli abiti di Gesù è sufficiente a portare la guarigione. Una donna che
soffre da tempo di emorragie ha la fede per scoprirlo e, in seguito, tutti quelli che toccano
l'orlo del mantello di Gesù sono guariti (Mt 9,20; 14,36)12. Lo stesso accade ai discepoli:
“Dio operava prodigi davvero straordinari per le mani di Paolo, fino al punto che [...]
fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui” erano usati per guarire i malati (At

10 Cf. «Sano-iaomai», Dizionario dei concetti biblici del Nuovo testamento, 1648-1650.
11 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1486.
12 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1487.

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19,11-12). Sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento il toccare è un metodo importante
mediante il quale Dio usa i suoi servi per guarire e ridare la vita.

Nonostante l'enfasi sull'accessibilità del santo, il Nuovo Testamento non elimina,


naturalmente, l'essenziale spiritualità della vita in Cristo. La lettera agli Ebrei dichiara che
nonostante la tangibilità della venuta di Cristo, egli è preoccupato di offrire la realtà
spirituale della grazia più che la Legge legale ed esteriore data sul monte Sinai. L'autore
dichiara ai credenti del Nuovo Testamento: “Non vi siete avvicinati a qualcosa di palpabile
e a un fuoco ardente né a oscurità”, o a una sconvolgente voce dalla montagna che ha fatto
tremare di paura persino Mosè e che ha impedito a chiunque di toccare il monte per paura
di morire (Eb 12,18-21). I credenti, invece, si sono “avvicinati al monte Sion, alla città del
Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e [...] a Gesù, mediatore di una alleanza nuova” (Eb
12,22-24). Mentre in precedenza la voce di Dio aveva scosso tutta la terra, la sua voce ora
scuoterà “non solo la terra, ma anche il cielo [...] affinché rimangano quelle [cose] che non
vengono scosse” (Eb 12,26-27)13.

1.2.2. Il tocco di Dio.

Avendo reso il tatto un elemento importante di comunicazione nella vita degli


uomini, Dio spesso lo usa come metodo di comunicazione o di conforto per il suo popolo.
Questo toccare assume forme sia letterali sia spirituali. 1Sam 10,26 parla di quelli che
conoscevano Dio come di coloro “a cui Dio aveva toccato il cuore”. Geremia dice che
quando aveva iniziato il suo ministero, Dio “stese la sua mano e toccò la [sua] bocca” per
dirgli: “Ecco: io ho messo le mie parole nella tua bocca” (Ger 1,9). Diverse volte, quando
un angelo appare a Daniele, lo tocca per dargli forza dopo l'onere della visione, per con-
sentirgli di parlare e di stare in piedi (Dan 10,10.16.18). Similmente, Dio promette
conforto spirituale al suo popolo e lo descrive nei termini tangibili del toccare: “Sì, io sono
il Signore, tuo Dio, che ti prende per la destra, che ti dice: «Non temere, io ti vengo in
aiuto»” (Is 41,13). Così, anche se molte delle rassicurazioni bibliche parlano di fatto dei
conforti spirituali che Dio ci offre, questi conforti sono tanto reali da essere descritti come
un toccare14.

La vicinanza di Dio alla sua creazione è descritta in termini altrettanto concreti. La


sua potenza è espressa tramite il suo potere di far fumare i monti al suo tocco e di far
fondere la terra tra le punte delle sue dita (Sal 104,32; Am 9,5). In verità, Dio ha creato

13 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1487-1488.
14 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1488.

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tutte le cose, e i cieli e la terra sono “opera delle sue mani” (Sal 8,4). Dio è altrettanto
vicino nella creazione delle persone. I salmi lo descrivono mentre intesse il salmista nel
ventre di sua madre, e Isaia chiama Dio il vasaio che modella 1'argilla del suo popolo
Israele in un'opera da lui progettata (Sal 139,13; Is 45,9; 64,7). Dio si descrive quindi
come tanto intimamente coinvolto nell'opera della creazione, che metaforicamente la tocca
di continuo.

1.2.3. Il tocco umano.

Toccare può essere una grande fonte di piacere per le persone. Tra gli altri piaceri
sensoriali vi è l'intimità sessuale, un piacere che il Cantico dei cantici celebra in vividi
termini poetici. L'amante è deliziato dai seni della sua sposa, che sono morbidi e
simmetrici come “due caprioli, gemelli di gazzella” e dai suoi capelli, che lo attraggono
come trecce di porpora. Lei, a suo turno, loda la solidità e la sua muscolatura, paragonando
varie parti della sua anatomia ad avorio, alabastro e barre d’oro (Ct 5, 10-16). Entrambi
traggono piacere del tocco reciproco: la sposa gode per i baci della sua bocca, l’amato la
paragona a una palma, i cui grappoli sono i suoi seni. I tocco dunque, e molto importante
nella loro relazione. Il tocco rimane una forma preferita dell’uomo, una forma
straordinariamente potente di conoscere, conoscere anche nel senso biblico, sessuale,. Il
tocco dunque e molto importante per celebrare la relazione tra gli uomini, e diventa molto
importante anche per la relazione tra Dio e uomo15.

2. Il tocco nel rito di Effatà.

“74. Il celebrante tocca, con il pollice, le orecchie e le labbra dei singoli battezzati,
dicendo:

Celebrante: Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di
ascoltare la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre”16.

“Effatà” è una parola antica che custodisce uno dei doni del battesimo: l'apertura al
mistero di Dio. Effatà significa “apriti”, ed è il ricordo delle parole che Gesù rivolge al
sordomuto per guarirlo.

15 Cf. «Toccare», Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, 1489.
16 Rito del Batessimo CEI https://liturgico.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/8/2017/05/31/Rito-del-
battesimo-dei-bambini-light.pdf [acceso 17.05.2018].

9
Il battesimo insegna che senza la grazia del Signore si è incapaci di comunicare
con i fratelli, di costruire insieme la comunione.

“Effatà” è una parola che dona salvezza e libertà. La vita nello Spirito insegna a
chiedere aiuto a Dio e ai fratelli con umiltà e decisione. Il figlio è colui che allarga le
braccia e si lascia sollevare dal Padre con fiducia e affetto17.

2.1. Il rito dell’Effatà nei sacramentari

Nei sacramentari antiqui, questo rito e conosciuto come l’Apertio aurium ed a


differenza del rito attuale, e spettante piuttosto alla consegna dei 4 Vangeli nella quarta
settimana della Quaresima ai catecumeni, perché si reputava che questo atto di culto e per
l’illuminazione, gnosis di coloro che si preparavano a ricevere il Battesimo. La logica
sarebbe che Dio ci apre le orecchie e ci tocca attraverso la sua parola, affinché sentendolo
e così conoscendolo gradualmente, sapessimo come vivere una vita veramente cristiana.

Più sacramentari e pontificali ci tramandano, con lusso di dettagli, questa


cerimonia, una delle più importanti del catecumenato: il sacramentario Gelasiano vetus18, il
sacramentario di Bobbio, Ordo Romanus VII, il sacramentario di Gelone, il pontificale di
Poitiers19.

In questi documenti, questo rito fa parte del terzo scrutino, il più solenne di tutti.
Totalmente, i scrutini erano 7, primo il mercoledì della terza settimana della Quaresima e
l’ultimo il Giovedì Santo. I candidati si radunavano per essere esaminati. Si pronunciava
su ciascun di loro un triplice esorcismo, seguiva una consegna se era il caso (traditio
Symboli, traditio dominici oratione), e poi ricevevano dal prete un’imposizione dei mani e
una benedizione, poi erano congedati.

Il nostro scrutino, in aurium apertione, si collocava nel mercoledì della 4 settimana


della Quaresima. Per mettere meglio in evidenza l’importanza di questo scrutino, se altre
settimane avevano anche due scrutini, nella 4 settimana, c’era soltanto questo. Si
leggevano 2 letture (Is 55, 1-5: omnes sitientes, venite ad aquam e 1Cor 3,9-15: fratres,
expoliate vos veterum hominem) con i loro graduali. Il ultimo salmo graduale riprendeva la

17 http://immacolatasandonato.it/materiale/3_Segni_e_Simboli_nel_Rito_del_Battesimo.pdf [acceso
18.05.2018].
18 Numeri 299-309.
19 Cf. «Apertio aurium», Dictionnaire d'archeologie chretienne et de liturgie, I/2, ed. F. CABROL – H.
LECLERCQ, Letouzey et Ane, Paris 1907, 2523.

10
prima lettura. Si formava un corteo di chierici, due candelieri e un turiferario. Dopo, 4
diaconi o accoliti portando i 4 Vangeli. Quando questo corteo impressionante arrivava ai
gradini dell’altare, il salmo cessava e si cominciava Kyrie eleison, ripetuto 9 volte. I
diaconi mettevano i 4 vangeli sui 4 lati dell’altare. Per la prima volta, la Chiesa consentiva
ai eletti (catecumeni) di partecipare al mistero del Vangelo. Il sacerdote spiegava ai eletti,
quanto importante e questa cerimonia che e un passo decisivo nel loro cammino verso
l’illuminazione del Battesimo e conoscere Dio.

Un diacono prendeva per prima il vangelo di Matteo dal angolo sinistro dell’altare
e, accompagnato dai 2 ceroferari e dal turiferario si recava all’ambone donde cantava
solennemente i primi 20 versetti. Una volta finito questo cerimoniale, il vangelo era
accolto dal sottodiacono e portato al sacrarium. Poi, il sacerdote spiegava il simbolismo di
questo vangelo.

Lo stesso accadeva per i altri 3 vangeli. Alla fine della quarta allocuzione c’era una
dossologia finale e un ammonizione affinché i eletti si preparino bene per il mistero del
Battesimo.

Questa era la cerimonia del apertio aurium. Al momento dell’offertorio, i


catecumeni erano congedati20.

Purtroppo, questa cerimonia si e persa lungo i secoli forse anche perché ormai
coloro che venivano battezzati non erano più adulti, in grado di compiere e soprattutto
capire questo rito, però bambini. Già dal pontificale di Guglielmo Durando del 1293 non si
trova più nemmeno come menzione.

Il rito ambrosiano del V e VI secolo riporta una pratica un po’ differente che
rassomiglia al nostro rito dell’efatà. Dopo il vangelo, c’erano i esorcismi e poi i orecchi e
le narici dei catecumeni venivano unti con la crisma, affinché il soave odore della bontà di
Dio che si e rivelato attraverso la sua Parola, lasci la sua profonda impronta sull’intera vita
dei eletti. Quindi, lo stesso collegamento alla consegna dei vangeli21.

Conclusione.

Per noi, il rito dell’effatà, anche se poco preso in considerazione, rimane come
l’espressione viva della volontà di Dio di toccarci e di guarirci personalmente, con la sua

20 Cf. «Apertio aurium», Dictionnaire d'archeologie chretienne et de liturgie, I/2, 2524-2530.


21 Cf. «Apertio aurium», Dictionnaire d'archeologie chretienne et de liturgie, I/2, 2531.

11
mano piena di tenerezza e di affetto. Il tocco dei orecchi ci guarisce dalla nostra sordità,
dalla nostra indifferenza verso la parola di Dio, che e un sintomo di un cuore di pietra. Il
tocco della bocca ci libera della paura a volte paralizzante di annunciare ciò che abbiamo
vissuto, come Dio ci ha toccati. C’è un collegamento intimo tra il tocco e il cuore, perché il
tocco di Dio ci da un cuore nuovo, cuore di figlio, non un cuore di schiavo che ascolta la
parola del suo padrone per paura di non essere punito, però per l’amore di aver
riconosciuto la dolce voce del suo Padre e come conseguenza risponderli.

Se ritorniamo un po’ ai vangeli, ci ricordiamo che la maggior parte delle guarigioni


avvengono attraverso il tocco. Poteva Gesù guarire tutti senza toccarli? Sicuramente! Però
Dio preferisce un rapporto personale, intimo con ciascuno di noi, di cui forma preferita si
raffigura il tocco. E Gesù nei vangeli tocca la gente non meno di 30 volte. Non e un
semplice gesto di cortesia, neppure un costume ebraico, perché sappiamo che i ebrei
fuggivano dal contatto fisico, perché non sapevano se la persona davanti a loro era pura o
impura. Per noi, e un gesto che dice tanto: tutti siamo preziosi, non ci considera inferiori,
impuri o indegni di essere toccati. Il tocco e lo sguardo pieno di affetto rimane
un’espressione di uguaglianza, di amicizia, di benevolenza. Perciò, quando due persone si
toccano, possiamo dire senza sbagliare che hanno un rapporto d’intimità. Quindi, Dio non
ci considera servi, però amici (Gv 15,15) e non vuoi privare un amico dei sui tratti più
importanti del suo essere. Di conseguenza, Dio abbraccia l’uomo nella sua totalità, con
tutti i suoi sensi, con tutte le sue esperienze sensoriali.

E il merito del Concilio Vaticano II di aver riscoperto, dopo Gesù, questa linea
teologica rivoluzionaria che coinvolge la dimensione corporea e sensoriale della liturgia,
che prima era un vero disagio per i liturgisti. Beh, sono sicuro che un po’ anche adesso :-).

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BIBLIOGRAFIA

1. Fonti

1.1. Biblici
La Sacra Bibbia, edd. CEI-UELCI, Padova 2008.

1.2. Liturgici
MARTELLI A. M., Il sacramentario gelasiano: Cod. Vat. Reginense 316: primo testimone
completo della liturgia romana, Vita trentina, Trento 2003.

1.3. Magisteriali
SACROSANCTUM CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, «Constitutio de Sacra
Liturgia Sacrosanctum Concilium (4 decembris 1963)», AAS 56 (1964), 97-
138.

2. Studi

AUGÈ M., L'iniziazione cristiana, LAS, Roma 2010.


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cristianesimo», Rivista liturgica 89 (2002), 547-560.
BAUDRY G., I simboli del battesimo, Jaka Book, Milano 2007.
BONACCORSO G., «L’Eucaristia alla radice: che cosa è un rito?», Discorso breve
sull’Eucaristia, ed. R. BARILE, Studio Domenicano, Bologna 2007, 19.
BRACCHI R., «Soma-Corpus-Corpo», Rivista liturgica 89 (2002), 93-104.
CIBIEN C., «Corpo e rito: evoluzione di un rapporto», Rivista liturgica 89 (2002), 41-57
COSTA E., «I simboli battesimali: una analisi del rituale», Rivista liturgica 67 (1980), 379-
392.
GIRARDI L., «Il corpo celebrante e l’esperienza della salvezza», Rivista Liturgica 89
(2002), 66.
GRILLO A., «Il corpo nel pensiero teologico contemporaneo», Rivista liturgica 89 (2002),
13-39.
RIGHETI M., Manuale di Storia liturgica, I, Ancora, Milano 1953.
RUFFINI E., « Il Battesimo nell’economia sacramentale», Rivista liturgica 57 (1970), 383-
404.

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3. Strumenti

Dictionnaire d'archeologie chretienne et de liturgie, I/2, ed. F. CABROL – H. LECLERCQ,


Letouzey et Ane, Paris 1907.
Dizionario dei concetti biblici del Nuovo testamento, ed. L. COENEN – E. BEYREUTHER –
H. BIETENHARD, Dehoniane, Bologna 1976.
Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, ed. L. RYKEN
– J. C. WILHOIT – T. LONGMAN III, San Paolo, Milano 2006.

4. Riferimenti on-line

Effata http://www.ancoraonline.it/2012/09/09/effata-il-papa-ne-ha-ricordato-il-significato-
storico-letterale/ [accesso 14.05.2018].
Rito del Batessimo CEI https://liturgico.chiesacattolica.it/wp-
content/uploads/sites/8/2017/05/31/Rito-del-battesimo-dei-bambini-light.pdf
[acceso 17.05.2018].
http://immacolatasandonato.it/materiale/3_Segni_e_Simboli_nel_Rito_del_Battesimo.pdf
[acceso 18.05.2018].

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