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Il Patrimonio Culturale italiano, unico al mondo, è costituito da beni archeologici, architettonici, archivistici,

artistici e storici, librari e paesaggistici, nonché dalle diverse attività culturali promosse dallo spettacolo dal
vivo, con riferimento al cinema, al teatro, alla musica, alla danza, allo spettacolo viaggiante e alle tradizioni
popolari.
Il MiBAC, amministra e promuove la conoscenza di questo imponente patrimonio storico, artistico e
culturale di cui è custode con l’obiettivo di salvaguardarlo e valorizzarlo.
Alla Direzione per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, una delle novità della riforma del 2004, spetta
il compito nodale e impegnativo di attuare la modernizzazione dell’Amministrazione attraverso linee di
indirizzo e interventi operativi basati sulle più nuove e sofisticate tecnologie e su strategie di comunicazione
e marketing.
Nell’ambito di queste attività, la Direzione Generale partecipa annualmente, insieme a tutti gli Istituti centrali
e territoriali, ad una serie di manifestazioni fieristiche che sono un veicolo efficace per diffondere ad un
pubblico differenziato le attività ed i progetti più innovativi realizzati negli ultimi anni ed in corso d’opera.
Tali manifestazioni rappresentano anche un momento molto importante di incontro tra le realtà territoriali,
gli Enti locali, i settori delle imprese ed il privato.
Le fiere a cui partecipare vengono programmate in base alla tipologia delle attività istituzionali del MiBAC
– Tutela, Restauro, Comunicazione – e agli interessi di settore (Monumenti, Archivi, Biblioteche, Patrimonio
IL RESTAURO IN ITALIA
Storico-Artistico, Cinema, Teatro, Spettacoli, Paesaggio) che ogni anno si vogliono evidenziare.

Programmazione 2007
E OLTRE I CONFINI
22-25 Marzo FERRARA
Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali
21-25 Maggio ROMA
FORUM P.A. Forum della Pubblica Amministrazione
6-8 Novembre BOLOGNA
COM.PA Salone Europeo della Comunicazione Pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese
15-16 Novembre LUCCA
LU.BE.C. Digital Tecnology 2007
15-18 Novembre PAESTUM
X Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico
29 Nov-1 Dic. VENEZIA
XI Salone dei Beni e delle Attività Culturali

RESTAURA - III SALONE DEL RESTAURO


DEI BENI CULTURALI

XI SALONE DEI BENI E


Via del Collegio Romano, 27 DELLE ATTIVITÀ CULTURALI
00186 Roma

Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione


Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing
Venezia
Unità Organica I - Comunicazione, Grandi Eventi e Manifestazioni Fieristiche 29 Novembre - 1 Dicembre 2007
Tel. 06.6723.2851-2927 - Fax 06.6723.2538
eventi@beniculturali.it

URP - Ufficio Relazioni con il Pubblico


Tel. 06.6723.2980-2990 - Fax 06.6798.441
urp@beniculturali.it

www.beniculturali.it Direzione Generale per l’Innovazione


numero verde 800 99 11 99 Edizioni MP MIRABILIA srl Tecnologica e la Promozione
IL RESTAURO
IN ITALIA E
OLTRE I CONFINI
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione
Direttore Generale Antonia Pasqua Recchia

Il programma di partecipazione a RESTAURA - III Salone


del Restauro dei Beni Culturali - XI Salone dei Beni e le Attività
Culturali
Venezia 29 novembre – 1 dicembre 2007 è stato organizzato dal:

Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing


Unità Organica I – Comunicazione, Grandi Eventi e Manifestazioni
Fieristiche
Progettazione e realizzazione opuscolo, materiali grafici e stand
Organizzazione convegno e incontri allo stand
Responsabile Antonella Mosca
con Monica Bartocci, Antonella Corona, Eleonora Isola, Maria Cristina Manzetti,
Maria Tiziana Natale, Amedeo Natoli, Alessio Noè, Simona Pantella, Susanna
Puccio, Maria Siciliano, Laura Simionato

Comunicazione multimediale
Alberto Bruni, Renzo De Simone, Francesca Lo Forte, Emilio Volpe

Segreteria Amministrativa
Cristina Brugiotti, Annarita De Gregorio, Mauro De Santis,
Loredana Nanni, Laura Petracci, Rosaria Pollina, Silvia Schifini,
Teresa Sebastiani, Fabiana Vinella

Rapporti con i media


Fernanda Bruno,
con Vassili Casula, Consuelo Di Tomassi, Marta Pepe, Marina Ricci

Supporto logistico
Edoardo Cicciotto, Maurizio Scrocca

Supporto operativo allo stand


Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
del Veneto
I
l Salone del Restauro dei Beni Culturali, posto nell’ambito dell’XI Salone dei Beni e delle
Attività Culturali, è giunto alla sua terza edizione. L’obiettivo che quest’anno si è prefissato il
Ministero per i Beni e le Attività Culturali è incentrato sull’avvio di un confronto internazionale
sulle problematiche legate ai diversi settori del restauro (beni artistici, archeologici, architetto-
nici, paesaggistici, archivistici, librari, audiovisivi).
Le iniziative programmate per questa edizione di “Restaura” ruotano intorno al tema “Il restau-
ro in Italia e oltre i confini” e mirano a favorire la collaborazione tra le nazioni, la diffusione di
nuove tecnologie, la cooperazione di studiosi provenienti da culture ed esperienze diverse af-
finché aumenti l’interazione con il nostro Paese. Il restauro viene, dunque, a porsi come punto
di contatto interculturale, cioè un modo nuovo di aprirsi alla diversità attraverso il confronto e
lo scambio, al fine di ottenere importanti miglioramenti nella tutela del patrimonio culturale.
Con il tema di quest’anno si vuole indicare una strada per una sempre più ampia e diffusa co-
noscenza delle tecniche e teorie del restauro. Gli specialisti del settore avranno la possibilità
di illustrare progetti ed esperienze, sia teoriche che pratiche, dei lavori realizzati anche in col-
laborazione con le varie Soprintendenze, Biblioteche e Istituti, offrendo una panoramica vasta
ed esaustiva delle novità, in particolare sul piano delle tecnologie più all’avanguardia adottate
nel settore del restauro.
Il MiBAC partecipa alla manifestazione con uno stand istituzionale che ha il compito di dare vi-
sibilità alle numerose attività svolte dalle professionalità specializzate e qualificate dei tecnici
degli Istituti periferici del Ministero, distribuiti sull’intero territorio nazionale. Allo stand saran-
no anche presentati i progetti relativi alle rappresentanze dei paesi stranieri invitati: Germania,
Spagna, Romania e Turchia. In particolare la Germania presenterà il progetto di recupero dello
storico Palais Durckeheim di Henry Van de Velde; la Spagna fornirà esempi di restauro e con-
servazione, attraverso il piano nazionale delle Cattedrali, realizzato dalla pontificia
Commissione per i Beni Culturali della Chiesa; la Romania illustrerà il restauro dello storico mo-
nastero di Probota, in provincia Suceava del Ministero della Cultura e degli Affari Religiosi -
Dipartimento dei Monumenti e dei Musei storici di Bucarest; infine la Turchia presenterà il pro-
getto di salvaguardia dell’area di Sultanahmet di Istambul, che metterà in evidenza l’attività di
cooperazione tra Italia e Turchia.
Al convegno istituzionale, avente per oggetto la stessa tematica, oltre alla partecipazione di
esperti del settore rappresentanti di Organi internazionali quali ICCROM e ICOMOS, docenti
universitari, daranno il loro prezioso contributo all’iniziativa anche i rappresentanti dei paesi
esteri sopracitati.
Particolarmente ricca sarà, anche quest’anno, la partecipazione alla manifestazione degli Istituti
centrali e di ricerca del MiBAC. L’Istituto Centrale per il Restauro, con la presentazione del pro-
getto relativo alla conservazione delle grotte di Ajanta in India e un’immagine ad altissima de-
finizione dell’Ultima Cena di Leonardo. L’Istituto Centrale per la Patologia del Libro con inter-
venti di restauro di alcuni codici conservati presso la Biblioteca Saffi di Forlì illustrativi di tecni-
che di manipolazione non invasive. Il Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro degli

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Archivi di Stato affronterà le tematiche legate alla rimozione di strutture biologiche da materia-
li fotografici, la preservazione di materiali fotografici antichi, la presentazione del volume “Studi
e Ricerche”, il restauro di due importanti opere rinvenute nel Duomo di Orvieto e di due regi-
stri liturgici membranacei dell’Archivio di Assisi. L’Istituto Centrale per il Catalogo e la
Documentazione presenterà gli esiti di un progetto (Euromed Heritage) svolto con l’apporto
di finanziamenti europei e le varie attività poste in essere sulla base di accordi bilaterali con al-
tri Paesi, nonché le prospettive di sviluppo in quest’ambito specifico. L’Istituto Nazionale per
la Grafica offrirà interessanti esempi sulla clonazione delle matrici incise. L’azione del Comando
Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale sarà illustrata attraverso la presentazione al pubblico –
per la prima volta – di quattro statue lignee recentemente recuperate.
All’evento parteciperanno inoltre molti Istituti territoriali del Ministero che esporranno nello
stand materiali rinvenuti o restaurati, tra i quali mi fa piacere segnalare il letto funerario in osso
di età ellenistica rinvenuto nell’antica Aquinum (Castrocielo) in provincia di Frosinone
(Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio); e la Situla del corredo di gioielli femmini-
li rinvenuto nella tomba di Villa Benvenuti (VII sec. a.C.), presso la Necropoli settentrionale di
Este (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto).
Sono certa che anche questa edizione di “Restaura” costituirà una occasione di grande impor-
tanza per la verifica dei problemi, la circolazione delle conoscenze e l’impegno a una sempre
più sistematica azione di manutenzione e restauro dei beni culturali.

Danielle Mazzonis
Sottosegretario di Stato

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Sommario
10 Progetto di conservazione della Grotta 17 in Ajanta (India)
Stefano D’Amico
12 Il GIS dei restauri – Applicazione sul sito di Ajanta
Carlo Cacace
13 L’Ultima Cena, in particolare
Fabio Aramini, Alberto Artioli, Vincenzo Mirarchi, Mauro Gavinelli
15 La manipolazione dei materiali librari
Armida Batori
16 L’Antifonario della Biblioteca Aurelio Saffi di Forlì (codice 28).
L’intervento di restauro
Federico Botti e Massimo Massimi
17 Diagnostica? No, ricerca. La riduzione ... 10 anni dopo
Marina Bicchieri, Michela Monti, Giovanna Piantanida, Armida Sodo
18 Fitati, non fidatevi
Giovanna Piantanida, Marina Bicchieri, Michela Monti, Flavia Pinzari, Armida Sodo
18 Il laboratorio alchemico
Michela Monti, Marina Bicchieri, Giovanna Piantanida, Armida Sodo
19 L’abito non fa il ferrogallotannico
Marina Bicchieri, Michela Monti, Giovanna Piantanida, Armida Sodo, Patrizia Fleres
20 Progetto preliminare per la rimozione di strutture biologiche
da materiali fotografici. Confronto tra diverse metodiche
D. Matè, M. C. Sclocchi, A. Argiroffo, E. Damiano
22 Progetto di ricerca: applicazioni di tecniche non distruttive
finalizzate all’identificazione dei materiali costituenti, allo studio
delle tecniche di realizzazione e all’approfondimento
dei processi di degradazione dei materiali fotografici antichi
Laboratorio di chimica del centro di fotoriproduzione legatoria e restauro degli
Archivi di Stato
24 Realizzazione del secondo volume della serie “Studi e Ricerche”
Autori vari
26 Restauro di n. 2 – Camerlenghi dell’Opera del Duomo di Orvieto
Lucilla Nuccetelli, Giovanni Bellucci, Gabriella Rava
27 Restauro 2 registri liturgici membranacei – Archivio capitolare
d’Assisi “Cantorini sec. XIV”
Anna Di Pietro, Lucilla Nuccetelli
29 La valorizzazione e la diffusione di un patrimonio grafico attraverso
la clonazione delle matrici incise
Giuseppe Trassari Filippetto
31 Un progetto innovativo per il restauro dei beni culturali:
l’uso delle biotecnologie
Carmela Petrizzi
33 Chiesa Santa Maria di Pierno – San Fele (Potenza). Restauro
e trattamento conservativo del portale in pietra e del materiale
lapideo della chiesa medioevale
Lucio Cappiello, Tonino Garzia, Antonio Rosa
38 Chiesa di Santa Maria della Sanità, Napoli. Il restauro della grande
cona della Madonna del Rosario
Gina Carla Ascione
42 Il sito web della Direzione Regionale per i Beni Culturali
e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna: la sezione Area Riservata
Corrado Azzollini
44 Restauro di due Registri del Fondo notarile di Mirandola
e di 2 frammenti membranacei utilizzati come coperta
dei registri stessi
Maria Antonietta Labellarte, Tamara Cavicchioli, Alberta Paltrinieri
46 Restauro di una grande mappa contenente “Descrittione
di una parte del territorio di Modena rifatta quest’anno 1641”
Maria Antonietta Labellarte, Tamara Cavicchioli, Alberta Paltrinieri
47 Veduta Camuncoli
Gino Badini
48 Charta del navicare per le isole novamente trovate in la parte
de l’india (Carta del Cantino): una nuova lettura alla luce delle
moderne tecnologie
Milena Ricci, Pietro Baraldi, Roberto Blo, Francesco Bossi,
Maria Speranza Storace, Simonetta Villanti
51 Per navigare in cielo e in terra al vecchio modo
Silvana Gorreri
53 Progetto di tutela delle immagini storiche. Restauro archiviazione
e valorizzazione del materiale fotografico di EUR S.p.a.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio
57 Intenzioni di recupero integrale per l’arte popolare
Stefania Massari
59 I Mille di Marsala
Giovanna Lentini
61 Restauro di n. 7 disegni di Ferruccio Scattola
Giovanna Lentini
62 Restauro di n. 29 disegni di G.B. Milani per la Sede
della Confindustria a Roma
Giovanna Lentini
65 Da Ostia a Berlino. Restauro ed esposizione del letto funerario
dalla necropoli di via Ostiense – Loc. Acilia. Riti funerari nel
mondo romano: l’uso del letto funerario
Angelo Pellegrino
68 Il letto funerario in osso dalla Necropoli occidentale di Aquinum
Giovanna Rita Bellini
71 Scuola cantiere, Chiesa della S. Trinidad ”ASUNCION, Paraguay
Gabriella Marchetti
74 L’intervento conservativo nel Cimitero dei Cappuccini
in Via Veneto – Roma, Chiesa della Concezione
Adriana Capriotti, Giovanni Arcudi, Gianfranco Tarsitani, Giovanna Pasquariello
78 Interventi di restauro e valorizzazione in Liguria

79 Museo di Palazzo Reale, Genova. Il restauro dell’appartamento


dei principi ereditari
Luca Leoncini
81 Restauro di n. 29 documenti relativi ai rapporti tra la Repubblica
di Genova e l’Impero Romano d’Oriente, secc. XII – XV
Roberto Santamaria
83 Le indagini ed il restauro degli stucchi altomedievali provenienti
dalla Basilica di Santa Maria Maggiore di Lomello
Marina De Marchi, Paola Strada, Michela Palazzo, Antonio Sansonetti
86 Il progetto di recupero funzionale delle cavallerizze come nuovo
ingresso al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia
“Leonardo da Vinci” a Milano
Daniela Lattanzi, Elena Rizzi
88 1997 – 2007: a 10 anni dal sisma
Marina Mengarelli, Michela Mengarelli
90 Chiesa dei SS. Vittore e Corona, Petritoli località Morignano (AP)
Domenico Cardamone
92 Chiesa di S. Serafino, Montegranaro (AP)
Domenico Cardamone
94 La Chiesa di S. Francesco a Cagli (PU)
Lorenza Mochi Onori
96 Gli insediamenti fortificati in Molise: il castello
di Civitacampomarano
Claudio Civerra
98 Analisi e restauro della maschera di bronzo di Longano (IS)
Mario Pagano
100 Salone delle Guardie Svizzere. L’appartamento dei Principi
di Piemonte
Daniela Biancolini
103 La Reggia di Venaria Reale
Francesco Pernice
106 Villa della Regina
Cristina Mossetti, Elisa Sanesi
108 Verso il nuovo Museo Nazionale Archeologico di Taranto
Domenico Arco
110 Base di statua di Hercules
Daniela De Bellis
111 Il Parco Archeologico di Via Allori – Ginosa (Ta)
Cristina Scialpi
113 Peschici (FG) Abbazia di Santa Maria di Kalena.
Scultura raffigurante Madonna con bambino. Legno intagliato
dipinto e dorato, seconda metà del XV secolo
Fabrizio Vona, Antonella Simonetti
116 Lorenzo Lotto, San Felice in Cattedra, Olio su tela,
Giovinazzo (Ba) Chiesa di San Domenico
Fabrizio Vona, Rosanna Gnisci
119 Le porte di bronzo del santuario di Monte Sant’Angelo e
del Mausoleo di Boemondo in Canosa: tecnologie a confronto
Fabrizio Vona
121 Il restauro del polittico di Bartolomeo Vivarini raffigurante
Madonna con Bambino e San Bernardino, San Nicola, San Vito e
San Giovanni conservato nell’ex Cattedrale di Santa Maria Assunta
di Polignano a mare (BA)
Antonella Di Marzo, Fabrizio Vona
123 Un inedito frammento di affresco secentesco nella Cattedrale
di Cagliari
Lucia Siddi
125 Oristano – Chiesa di Santa Chiara (XIV-XV secolo).
Restauro dei dipinti murali conservati nell’antica cappella
del Santissimo Sacramento
Patricia Olivo
129 Il ponte del Calik tra conservazione e reintegrazione
Gianluca Zini
131 Interventi di restauro e valorizzazione nel complesso
pre-protostorico di Cuccurada Mogoro
Enrico Atzeni, Emerenziana Usai, Giuseppina Ragucci, Riccardo Cicilloni
133 Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari
e Nuoro. Restauri 2007
Antonietta Boninu, Rubens D’Oriano, Daniela Rovina, Patrizia L. Tomassetti
136 Le nuove tecnologie per la tutela, la valorizzazione,
la conservazione e il restauro del patrimonio culturale
Alberto Bruni, Andrea Doria, Franco Fabrizi
137 Tecniche diagnostiche integrate: indagini sui processi esecutivi
del “Polittico della Misericordia” di Piero della Francesca

139 Esperienze di documentazione di cantieri di restauro a Pisa


Clara Baracchini
152 La ristrutturazione e il restauro della nuova sede dell’Archivio
di Stato di Livorno
Massimo Sanacore
154 Restaurare sigilli: un progetto esemplare
Giovanni Marcadella
155 Il restauro dei sigilli dell’Archivio di Stato di Bolzano (1992-2002)
Armida Zaccaria
157 I luoghi normativi del “restauro”: un quadro generale di riferimento
Alessandro Ferretti
159 L’intervento di consolidamento del complesso religioso
di S. Donato – Lentiai (BL), loc. Ronchena
Silvana Rotondo
162 Il restauro del ‘capitolare’ del cottimo di Alessandria (1499)
Eurigio Tonetti
164 Continua il restauro degli atti notarili dell’Archivio di Stato
di Belluno
Donatella Bartolini
166 Palais Dürckheim (1912-1913) di Henry van de Velde
(1863-1957), Weimar
Stephan Dietrich
169 Il monastero di Probota, provincia Suceava
Dan Kisilewicz
171 Restauro e Conservazione in Spagna: il Piano Nazionale
delle Cattedrali
José Manuel Del Río Carrasco
178 Dal Gran Palazzo degli Imperatori Bizantini al Parco Storico
Urbano di Sultanahmet ad Istanbul: l’itinerario monumentale
del porto palatino del Boukoleon
Eugenia Bolognesi Recchi Franceschini
182 CCTPC Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
186 Call Center
187 ALES Arte Lavoro e Servizi S.p.A.
188 Reply
190 iGuzzini illuminazione S.p.A.
191 BBS software S.r.l.
Progetto di conservazione della Grotta 17
in Ajanta (India)
Stefano D’Amico

L e grotte di Ajanta sono iscritte nella lista del Patrimonio mondiale


dell’Umanità, dal punto di vista cronologico, una piccola parte è databi-
le al II-I secolo a.C. ossia ad una prima fase detta “fase Hinayana”. Invece,
gran parte delle altre grotte, compresa la 17, è ascrivibile alla seconda fase
di sviluppo del sito, avvenuta ben più tardi, nel V secolo d.C., e meglio no-
ta come “Mahayana”. Grazie al vivo interessamento dell’Ambasciata italiana
in India, anche attraverso il proprio Istituto italiano di cultura, la sensibilità
delle autorità indiane e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è stato
possibile stilare un protocollo di intesa finalizzato alla redazione di un pro-
ICR - Istituto Centrale per il Restauro

getto conservativo degli splendidi dipinti murali applicato in particolare al-


la grotta 17. Oltre alla massiccia presenza di varie professionalità dell’Istituto
Centrale per il Restauro, coinvolto da subito, si è reso indispensabile l’ap-
Segretariato Generale

porto culturale e scientifico del Museo Nazionale d’Arte Orientale


“Giuseppe Tucci” al fine, in primis, di comprendere appieno le straordina-
rie peculiarità storiche oltre che tecnico-artistiche del sito, cui ha fatto se-
guito un accurato rilevamento della grotta, condotto con le tecnologie più
aggiornate e sofisticate oggi disponibili (scansione laser 3D), prodotto dal-
la SAT Survey di Mestre dell’arch. Alberto Torsello.

Segretario Generale
Giuseppe Proietti
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
Tel. 06 67232819 - 2229
Fax 0667232414
driosegreteria@beniculturali.it

Su tali basi e grazie ad una nutrita serie di minute osservazioni in situ sulle
tecniche e lo stato di conservazione dei dipinti condotte dai restauratori
Istituto Centrale per il Restauro
Direttore
dell’ICR durante tre diverse missioni, è stato possibile predisporre un’accu-
Caterina Bon Valsassina rata relazione che riassumesse tutti le conoscenze acquisite sin qui sul ma-
Coordinamento nufatto, confortate da una nutrita ed intensa fase di indagini preventivamen-
per la comunicazione
Patrizia Miracola, Barbara Davidde te pianificata. Tali indagini hanno riguardato varie tematiche: da quelle bio-
Piazza San Francesco di Paola, 9 logiche, con l’individuazione delle principali specie vegetali e faunistiche
Tel. 06 488961
Fax 06 4815704 presenti nella grotta, al fine di stimare le loro interferenze con lo stato di
icr@arti.beniculturali.it
www.icr.beniculturali.it conservazione attualmente registrabile, a quelle fisiche, condotte attraverso

10
un’ampia e puntuale acquisizione di dati microclimatici relativi sia all’inter-
no che all’esterno del vano. A queste si sono affiancate tecnologie indi-
spensabili per l’individuazione e la caratterizzazione dei materiali caratteri-
stici della pellicola pittorica, degli strati preparatori e dei supporti. In parti-
colare, si è fatto ricorso alla fluorescenza X (ED-XRF), ed allo studio sistema-
tico di 4 campioni provenienti da altre grotte adiacenti, data la delicatezza
delle superfici della grotta 17, che sono stati, tra l’altro, visualizzati allo ste-
Comitato Scientifico
reomicroscopio, al microscopio elettronico a scansione (SEM-EDS) ed ana- Badal K. Das, Secretary – Ministry
lizzati in sezioni sottili sotto luce normale ed ultravioletta. Tutti i dati sono of Tourism and Culture
C. Babu Rajeev, Director General-
stati poi puntualmente registrati e localizzati in CAD su apposite tavole te- Archaeological Survey of India
matiche di documentazione arricchite da un notevole apparato fotografico. (ASI)
S.P. SINGH, Director Conservation
Più di recente, grazie alla disponibilità dei colleghi indiani, è stato possibi- Lab. – National Museum – New
le aggiungere anche indagini colorimetriche e micro-osservazioni puntuali Delhi
delle superfici. Tutti i dati confluiscono poi in un sistema informativo territo- M. SINGH, Superintending
Archaeological Chemist – ASI,
riale che, per così dire, li raccorda e li gestisce in funzione delle varie esi- Aurangabad
genze conoscitive, indispensabili per una corretta e mirata proposta pro- ANTONIO ARMELLINI,
Ambasciatore della Repubblica
gettuale. Italiana in India
GIUSEPPE PROIETTI, Segretario
Generale
Ministero per i Beni e le Attività
Culturali
CATERINA BON VALSASSINA,
Direttore dell’Istituto Centrale per
il Restauro
SILVANA BALBI DE CARO,
Direttore del Museo Nazionale di
Arte Orientale
“Giuseppe Tucci”
PATRIZIA RAVEGGI, Istituto italiano
di cultura di New Delhi
Consulenza storico-tecnica
Laura Giuliano,
Museo Nazionale di Arte orientale
“Giuseppe Tucci”

Istituto Centrale per il Restauro


Acquisizione dati e proposta
progettuale
Francesca Capanna, Anna Maria
Marcone,
Emanuela Ozino Caligaris, Lidia
Rissotto
Indagini scientifiche e
diagnostiche
Coordinatore
Annamaria Giovagnoli
Domenico Artioli, Annamaria
Giovagnoli, Marcella Ioele,
Maurizio Mariottini, Maria Pia
Nugari,
Anna Maria Pietrini,
Gianfranco Priori, Sandra Ricci,
Gianfranco Santonico
Diagnostica fisico-ambientale
Elisabetta Giani
Sistema informativo territoriale
Carlo Cacace
Fotografi
Marcello Leotta, Edoardo Loliva
Basi grafiche e Documentazione
Coordinatore
Stefano D’Amico
Rilevamento e scansione laser 3D
SAT Survey s.r.l. Via Cappelletto 4,
30172, Mestre-Venezia
Alberto Torsello,
Giorgia Andreatta, Guido Malara,
Tommaso Masiero

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Il GIS dei restauri – Applicazione sul sito di Ajanta
Carlo Cacace

Il Gis dei restauri realizzato sul sito Archeologico di Ajanta organizza i risul-
tati (vettoriali, raster, alfanumerici) ottenuti delle attività interdisciplinari che
hanno partecipato al progetto di ricerca. Si basa su di un data base per po-
ter rappresentare le varie componenti in maniera omogenea e secondo cri-
teri univoci e tra lo relazionate. La procedura software realizzata è in grado
reperire in forma aggregata e disaggregata, le informazioni presenti all’inter-
no della Banca Dati senza dover digitare alcun comando specialistico (SQL
etc.). Il Gis attinge a tutte le informazioni dal Data Base e permette di effet-
tuare inserimenti e/o interrogazioni basandosi sulla pianta del sito.
ICR - Istituto Centrale per il Restauro
Segretariato Generale

Il GIS delle attività di restauro è in grado di rappresentare le informazioni at-


traverso carte tematiche, usando colori riferiti tramite una legenda a partico-
lari classi di valore; nell’esempio vengono mostrati le zone con presenza di
difetti di adesione della pellicola pittorica (colore rosso) e i residui dei ma-
teriali soprammessi (colore viola).

Segretario Generale
Giuseppe Proietti
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
Tel. 06 67232819 - 2229
Fax 0667232414
driosegreteria@beniculturali.it Altro tematismo possibile è la rappresentazione della distribuzione della
umidità relativa nell’ambiente rilevata dai sensori posizionati all’interno del
sito di Ajanta in un particolare giorno.

Con questo modo di procedere, se da un lato si possono perdere alcune in-


Istituto Centrale per il Restauro
formazioni che scaturiscono da particolari operazioni che derivano da speci-
Direttore
Caterina Bon Valsassina fiche attività di restauro, dall’altro permette di avere un contenitore, immedia-
Coordinamento tamente utilizzabile, con le informazioni di base raccolte secondo gli stan-
per la comunicazione
Patrizia Miracola, Barbara Davidde dard ampiamente collaudati dall’ICR, inoltre concorre a sviluppare le opera-
Piazza San Francesco di Paola, 9 zioni necessarie che devono seguire al progetto di ricerca e/o di restauro e
Tel. 06 488961
Fax 06 4815704 contribuisce a realizzare quello strumento operativo per la manutenzione
icr@arti.beniculturali.it
www.icr.beniculturali.it
preventiva e la conservazione programmata avviata da Giovanni Urbani.

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L’Ultima Cena, in particolare
Fabio Aramini, Alberto Artioli, Vincenzo Mirarchi, Mauro Gavinelli

I l 27 ottobre 2007 è stata presentata e resa disponibile al pubblico di tut-


to il mondo, l’immagine ad altissima definizione del dipinto murale di
Leonardo. L’immagine è stata prodotta dalla società HAL9000 Srl di Novara.
La tecnologia che ha permesso di acquisire e rendere disponibile sul WEB
una immagine da 16 miliardi di pixel dell’Ultima Cena, è stata espressamen-
te riconvertita ed ottimizzata per tenere conto delle esigenze conservative,
specifiche di un dipinto di cui è universalmente nota la connaturata fragilità
e la sensibilità ai fenomeni di degrado.
Particolare attenzione è stata posta ai fenomeni di fotoevanescenza. Si è
provveduto alla progettazione di uno specifico sistema di illuminazione in
grado di erogare la minima sollecitazione possibile dal punto di vista fisico,

ICR - Istituto Centrale per il Restauro


in relazione con le esigenze di ottenere una immagine di qualità estrema-
mente elevata. Dopo un lungo lavoro di calcolo preliminare, che ha preso
in considerazione ipotesi diverse, si è giunti alla conclusione che la soluzio-

Segretariato Generale
ne migliore risiedeva nel mettere a punto uno specifico illuminatore pulsa-
to, solidale con il dispositivo meccanico servoassistito che effettua la scan-
sione del fotomosaico. In questo caso è stato necessario acquisire una ma-
trice regolare formata da 1677 immagini primarie. In questo possiamo fare
una analogia con quanto avviene nelle scansioni della superficie terrestre ef-
fettuate da satellite. È stato realizzato una sorta di “teleflash” in grado di il-
luminare, da circa 7 metri di distanza, la sola porzione di superficie rilevata.
Una volta realizzata, questa macchina è stata sottoposta ad un accurato test
strumentale, presso il Laboratorio di fotometria dell’Istituto Centrale per il
Restauro. I risultati di questo collaudo possono essere sintetizzati nei dati di
seguito esposti:
a) la dose di luce complessivamente cumulata sulla superficie della Cena
nel corso di questa procedura, corrisponde all’esposizione per circa 4
Segretario Generale
minuti in più all’attuale impianto di illuminazione artificiale; Giuseppe Proietti
b) l’adozione di filtri particolari sulla sorgente ha permesso di rendere irri- Via del Collegio Romano, 27
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la superficie (inferiore a 0,05 µW/cm²);


soria, e quasi irrilevabile strumentalmente, la componente UV erogata sul- Tel. 06 67232819 - 2229
Fax 0667232414
driosegreteria@beniculturali.it
c) la variazione termica superficiale indotta dalla luce pulsata, misurata con
termometri ottici (pirometri), è risultata di circa 1/100 di °C;
d) è stato inoltre rilevato lo spettro di emissione dell’apparato. Si tratta di

Istituto Centrale per il Restauro


Direttore
Caterina Bon Valsassina
Coordinamento
per la comunicazione
Patrizia Miracola, Barbara Davidde
Piazza San Francesco di Paola 9
Tel. 06 488961
Fax 06 4815704
icr@arti.beniculturali.it
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13
uno spettro continuo, molto simile alla sola componente visibile della lu-
ce solare a mezzogiorno. La componente infrarossa è molto limitata e co-
stituisce meno del 15% del totale erogato.
Nel corso della campagna di test, effettuati su provini di affresco, sono sta-
ti ottenuti anche dati molto interessanti sulle modalità con le quali i flash
professionali interagiscono con le superfici pittoriche.
Gli studi di conservazione preventiva costituiscono solo uno degli aspetti
coinvolti dalla messa a punto della complessa procedura, che coinvolge un
gran numero di discipline. Moderne tecnologie di imaging, informatica,
meccanica di precisione servoassistita, comunicazione dati su reti ad alta
velocità, fotogrammetria e colorimetria d’immagine sono state amalgamate
ed ottimizzate per ottenere un risultato in grado di rappresentare lo stato
dell’arte delle varie discipline in questo momento. A questa sfida hanno
concorso grandi aziende di tre continenti che hanno messo a disposizione
il meglio della loro produzione e del loro know-how.
Tutto ciò per permettere, di considerare questa immagine un documento,
per quanto possibile esaustivo, della condizione attuale della superficie
pittorica del Cenacolo oggi. A questo scopo scientifico e di testimonianza
storica per i futuri restauri, si affianca anche l’opportunità di rendere possi-
bile ad un immenso pubblico l’osservazione ravvicinata delle opere, con-
sentita finora solo ad una ristretta cerchia di studiosi e di operatori del set-
tore.
www.haltadefinizione.com Il bilancio sull’impatto sul mondo di Internet di questo evento è forse pre-
maturo. Si può solo dire che alcuni milioni di persone, in pochi giorni, han-
no colto questa opportunità da ogni parte del mondo ed hanno interagito
animando con commenti appassionati decine di forum e di redazioni web
di testate giornalistiche.
Sicuramente ne emerge un’immagine di un Paese, che si impegna con uno
Hanno coordinato sforzo di tecnologia e di organizzazione, a dare un significato concreto al-
Alberto Artioli la dizione “patrimonio dell’umanità”.
Soprintendente per i Beni
Architettonici e per il Paesaggio
Milano
Fabio Aramini,
Laboratori di fisica,
Istituto Centrale per il Restauro
Roma
Vincenzo Mirarchi,
Mauro Gavinelli,
HAL9000 - Novara
www.haltadefinizione.com

14
La manipolazione dei materiali librari
Armida Batori

L a pubblicazione del volume La manipolazione dei materiali librari fa par-


te di un ampio programma di azioni per la conservazione preventiva che
l’Istituto centrale per la patologia del libro ha posto tra le sue priorità.
È un impegno che attualmente si sviluppa su tre diversi tipi di interventi: il
primo, per vocazione istituzionale, prevede la ricerca e la sperimentazione
dei materiali e delle tecniche da utilizzare per prevenire i danni in bibliote-

ICPL - Istituto Centrale per la Patologia del Libro


ca; un’altra serie di interventi riguarda la progettazione, realizzazione e dif-
fusione di prodotti destinati a favorire l’attuazione delle strategie per la pre-
venzione elaborate dalle biblioteche; l’ultima tipologia di attività è diretta
all’informazione per gli addetti ai lavori e gli utenti, all’aggiornamento per-
manente del personale in servizio e alla formazione di base e specialistica
per chi si affaccia al mondo del lavoro.
Alla base del programma Proteggi i libri ci sono l’elaborazione della Mappa

Segretariato Generale
delle competenze per la conservazione preventiva dei beni librari prodot-
ta dai paesi partecipanti al progetto europeo ConBeLib, il lavoro svolto con
la Regione Lazio e la Biblioteca Lancisiana per la realizzazione di C-Biblio,
una scheda di conservazione digitale che permette il recupero delle infor-
mazioni relative sia al libro che all’ambiente, l’attività del Gruppo di lavoro
sulla tutela dei beni librari e documentari costituito dal 2006 presso la
Regione Lombardia e le proposte e i suggerimenti dei bibliotecari che col-
laborano al nostro lavoro.
Si ringrazia la Library of Congress di Washington per aver concesso l’autoriz-
zazione alla traduzione di Handling Books in General Collections,
Guidelines for readers and Library staff members, aggiornato a cura di Alison
Ricker nel 2003 per il sito dell’Università di Olberlin.
Segretario Generale
Giuseppe Proietti
Via del Collegio Romano, 27
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Tel. 06 67232819 - 2229
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per la Patologia del Libro
Direttore
Armida Batori
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per la comunicazione
Assunta Di Febo
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15
L’Antifonario della Biblioteca Aurelio Saffi di Forlì
(codice 28). L’intervento di restauro
Federico Botti e Massimo Massimi
(Laboratorio per la Conservazione e il Restauro)

I l codice 28 della Biblioteca Saffi di Forlì fa parte di un gruppo di trentasei


corali, databili tra il XIV e XV secolo, che si conservano nel fondo mano-
scritto forlivese, di cui ventuno miniati. Molti di questi codici si trovano in
cattivo stato di conservazione e nell’anno 2000 la Biblioteca decise di affi-
ICPL - Istituto Centrale per la Patologia del Libro

dare all’Istituto centrale per la patologia del libro il restauro di due di que-
sti trentasei manoscritti.
Furono scelti i codici 25 e 28 e l’intenzione era quella di offrire un esempio
di restauro, un’indicazione metodologica che si potesse poi applicare an-
che agli altri manoscritti in simile stato di conservazione.
In questo intervento si illustra il restauro del cod. 28, più complesso e arti-
colato rispetto al restauro dell’altro codice. I danni riguardavano sia la lega-
Segretariato Generale

tura, quindi coperta e cucitura, sia le carte membranacee. Il manoscritto


aveva subito precedenti interventi di restauro, alcuni dei quali, come ad
esempio l’inserimento di due bande di ferro lungo entrambi i piatti, e l’ag-
giunta, nel corso del tempo, di numerosi chiodi avevano causato danni alla
struttura. Ma anche l’uso a cui il codice era destinato e un ambiente di con-
servazione non idoneo lo avevano danneggiato.
Il restauro è stato eseguito senza smontaggio del volume, si può quindi de-
finire un restauro “non invasivo”. Il restauro delle carte membranacee, dei
piatti e l’inserimento a intarsio del nuovo dorso è avvenuto dunque a libro
cucito. Tutte le parti non reinserite nel volume sono state conservate in un
apposito contenitore dando loro la stessa posizione che avevano nel volu-
me. Si è cercato dunque di eseguire un restauro che alterasse solo in mini-
Segretario Generale ma misura le componenti del manoscritto medievale e anche la scelta dei
Giuseppe Proietti materiali utilizzati, colle, cuoio, fili e altro, è stata fatta in un’ottica di rispet-
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to dell’antico manufatto.
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per la Patologia del Libro
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per la comunicazione
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16
DIAGNOSTICA? NO, RICERCA
La riduzione ... 10 anni dopo
Marina Bicchieri, Michela Monti, Giovanna Piantanida, Armida Sodo
(Laboratorio di Chimica)

N egli ultimi anni, l’istituto ha ampiamente promosso l’utilizzo di soluzio-


ni non-acquose per il restauro dei libri, con il vantaggio di evitare il
danneggiamento del supporto scrittorio, l’alterazione della struttura della
carta e la perdita dell’impronta di stampa. Le soluzioni acquose, inoltre, non

ICPL - Istituto Centrale per la Patologia del Libro


possono essere applicate laddove sia necessario operare “a libro integro”
per mantenere intatte le legature originali. Spesso un restauro completo ri-
chiede sia la deacidificazione che la riduzione delle funzioni ossidate nel-
la cellulosa, ma sottoporre un libro a due diversi trattamenti è, nella maggior
parte dei casi, impossibile. Abbiamo ottenuto un efficace metodo non-ac-
quoso di deacidificazione e riduzione contestuale, impiegando come sol-
vente l’alcool etilico, il propionato di Calcio (Ca(CH3CH2COO)2) per la

Segretariato Generale
deacidificazione e i complessi borano-ammoniacale (NH3.BH3) o t-butilam-
mino borano ((CH3)3CNH2.BH3) per la riduzione.
Presentiamo i risultati chimico-fisici ottenuti sulla carta in laboratorio con la
sola deacidificazione e la deacidificazione-riduzione simultanea, verificati
sia dopo invecchiamento accelerato sia dopo dieci anni di invecchiamento
naturale. Sono inoltre mostrati i risultati ottenuti su documenti originali (in fi-
gura, un’acquaforte di Giovanni Battista Falda risalente alla seconda meta del
XVII secolo, raffigurante il prospetto della facciata del Palazzo della Cancel-
leria in Roma, prima a sinistra e dopo a destra la riduzione e restauro).

Segretario Generale
Giuseppe Proietti
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Le carte sono state caratterizzate tramite misure di grado di polimerizzazio-


ne, contenuto in carbonili, pH, coordinate di colore, carico di rottura, spet-
troscopie Raman e UV-Visibile-NIR, e microscopia a Forza Atomica.
I risultati mostrano che tutti i trattamenti alcolici sono altamente efficaci e
stabili nel medio-lungo termine.
Il metodo può essere paragonato a una deacidificazione di massa che per-
metta di trattare anche grandi quantità di libri contemporaneamente senza ne- Istituto Centrale
cessità di impianti di grandi dimensioni: è semplice, efficace ed economico. per la Patologia del Libro
Direttore
Il progetto di ricerca ha ottenuto un contributo economico da parte della Armida Batori
Fondazione Cassa di Risparmio di Roma ed è culminato con la realizzazio- Coordinamento
per la comunicazione
ne di una mostra, in collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Grafica. Assunta Di Febo
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17
Fitati, non fidatevi
Giovanna Piantanida, Marina Bicchieri, Michela Monti, Flavia Pinzari, Armida Sodo
(Laboratorio di Chimica e Laboratorio di Biologia)

L’ Istituto ha svolto un accurato progetto di ricerca, volto a verificare l’effica-


cia e le condizioni di applicazione dei fitati, come complessanti del Fe2+,
nel restauro e nella conservazione della carta. Sulla base di alcuni risultati in
letteratura che riportano un effetto positivo di questi prodotti, in particolare
sul danno da inchiostri ferro-gallotannici, molti laboratori europei, sia pubbli-
ci che privati, li applicano e ne incoraggiano l’uso. Lo stato dell’arte della ri-
cerca mondiale, tuttavia, non consta di analisi quantitative né sugli effetti
dell’utilizzo dei fitati nelle cinetiche di degradazione del materiale cartaceo,
né sulle interazioni con gli altri metodi di restauro; inoltre, non esiste alcuna
valutazione comparativa della bontà di questi trattamenti rispetto ad altri. È
stato quindi messo a punto un rigoroso protocollo di indagine, che compren-
desse campioni originali e simulazioni in laboratorio del maggior numero di
casi possibili di danno da ferro su carta, per poi caratterizzarli tramite analisi
chimiche (DP, C=O, pH), spettroscopiche (Micro-Raman, ATR-FTIR, UV-Vis-
NIR) e di imaging (AFM, SEM), sottoporli ai diversi trattamenti di restauro e mi-
surarne e compararne i risultati nel medio-lungo termine. I risultati ottenuti fi-
no ad oggi mostrano come l’azione dei fitati sugli ossidi di ferro sia sì effica-
ce, ma non più degli altri trattamenti in uso. Il positivo effetto visivo e colori-
metrico rilevato da molti autori, infatti, è dovuto soltanto al rilascio di compos-
ti del fosforo sul supporto cartaceo; questi provocano fosforescenza (lo spet-
tro eccitato da linea a 260 nm è riportato in figura), e quindi uno sbiancamen-
to apparente, ma creano anche dei complessi con il supporto stesso. Tali
complessi alterano la struttura della carta, e nel medio-lungo termine queste
alterazioni diventano macroscopiche, rendendola più rigida e ruvida al tatto.

Il laboratorio alchemico
Michela Monti, Marina Bicchieri, Giovanna Piantanida, Armida Sodo
(Laboratorio di Chimica)

Q uando si analizza un manoscritto antico spesso capita di trovarsi di fron-


te a opere d’arte realizzate con colori stupendi ma di composizione
sconosciuta, che viene investigata con tecniche spettroscopiche non distrut-
tive (Raman, IR, XRF). È in questi casi che il chimico moderno deve tornare al-
le origini della sua materia e riscoprirne le radici alchemiche. Per molti pig-
menti utilizzati nell’antichità, infatti, non è disponibile in commercio alcuno
standard né la letteratura scientifica riporta spettri con cui confrontare quelli
registrati in laboratorio, di conseguenza si rende necessario preparare in labo-
ratorio tali sostanze partendo dalle ricette antiche, spesso scritte in oscuri ter-
mini alchemici destinati in origine ad un ristretto numero di iniziati.In questo
lavoro ripercorriamo il viaggio effettuato sulle tracce dei maestri del colore
per riscoprire i segreti della fabbricazione dell’oro musivo, a partire dalla sco-
perta della presenza nelle miniature di un antico manoscritto di “…un colore
simile all’oro, il quale è buono in carta di questi miniatori…” (Tratto da:
Cennino Cennini, “Il libro dell’arte”.), fino alla sua identificazione.
La prima figura rappresenta le immagini riprese al microscopio Raman del

18
pigmento originale su manoscritto del XIII sec. (a sinistra), e del pigmento
preparato in laboratorio (a destra).

L’abito non fa il ferrogallotannico


Marina Bicchieri, Michela Monti, Giovanna Piantanida, Armida Sodo, Patrizia Fleres
(Laboratorio di Chimica e Laboratorio per la Conservazione e il Restauro)

P rendendo le mosse da un problema di restauro di un manoscritto


(Francesco Maria da Ponticelli, “Nova Rhetorica”, XVIII sec.) apparente-
mente scritto con due differenti inchiostri (in figura, a sinistra: pagina con in-
chiostro che presenta fenomeni di migrazione e penetrazione recto-verso;
a destra: pagina con inchiostro perfettamente conservato e nitido), abbia-
mo intrapreso una ricerca volta alla caratterizzazione non distruttiva degli in-
chiostri da manoscritto.
Il documento originale mostrava l’alternarsi - talvolta nella medesima pagina
- di due mediazioni grafiche diverse: una di colore nero intenso, molto ni-
tido, l’altra marrone-rossiccio con bordi sfumati era penetrata nel corpo del-
la carta ed era di difficile lettura. Quest’ultima sembrava presentare le me-
desime caratteristiche visive di un ferrogallotannico.
Le nostre indagini hanno evidenziato che nell’intero manoscritto non era sta-
to impiegato un ferrogallotannico, ma un unico inchiostro a base di legno di
campeggio mescolato con nerofumo e con periodiche aggiunte di ferro,
responsabile della penetrazione dell’inchiostro nel corpo della carta.
Per caratterizzare univocamente gli inchiostri di legno di campeggio, sui
quali finora non era stato condotto alcun tipo di ricerca nel mondo, abbia-
mo preparato svariati inchiostri di campeggio -seguendo antiche ricette - e
li abbiamo addizionati di nerofumo e di diversi sali metallici (di Fe, Cu, Cr).
Le spettroscopie Raman e IR ci hanno consentito di identificare senza alcu-
na ambiguità le caratteristiche vibrazionali di ciascun preparato e di trovare
un metodo non distruttivo per differenziare il ferrogallotannico da altri in-
chiostri che pur contengono ferro.
Le medesime tecniche impiegate nel corso della ricerca e la spettroscopia
di fluorescenza X (XRF) applicate al manoscritto originale ci hanno permes-
so di identificare, pagina per pagina, la composizione della mediazione
grafica ed hanno rivelato un’aggiunta periodica di sali di ferro all’inchiostro
di campeggio e nerofumo, nel corso della stesura del testo.
Combinando tutte le informazioni ottenute, è stato possibile scegliere sia il
corretto metodo di restauro, che è consistito in un trattamento di riduzione
alcolica con t-butilammino borano, sia l’illuminazione IR per ottenere la
massima leggibilità del testo.

19
Progetto preliminare per la rimozione
di strutture biologiche da materiali fotografici
Confronto tra diverse metodiche
D. Matè, M. C. Sclocchi , A. Argiroffo, E. Damiano

I materiali fotografici sono oggetti compositi costituiti da sostanze di origi-


ne organica e inorganica che entrano a far parte della loro composizione
aumentando la probabilità di subire un attacco di natura microbiologica.
La rimozione delle strutture biologiche da questi beni compositi costituis-
ce una problematica molto sentita nell’ambito della conservazione. I diver-
CFLR - Centro di Fotoriproduzione Legatoria

si sistemi utilizzati prevedono in genere una attenta pulizia superficiale del-


le emulsioni fotografiche con metodi manuali (tamponatura, spolveratura e
microaspirazione), o con metodi che utilizzano solventi.
Questa operazione di pulitura è una fase molto delicata e deve essere ef-
e Restauro degli Archivi di Stato

fettuata con tutte le precauzioni e le conoscenze indispensabili al fine di ot-


tenere risultati ottimali; deve essere ben controllabile in quanto non deve
Segretariato Generale

produrre residui dannosi e modificazioni tali da comportare un’accelerazio-


ne del deterioramento. Naturalmente deve essere eseguita con grande ac-
curatezza da parte di personale altamente specializzato. La fase di pulitura,
infatti, non solo è determinante per il risultato estetico di un intervento con-
servativo, ma anche per l’efficacia delle successive fasi di consolidamento
e di protezione del bene.
Esiste dal 1983 un prodotto (emulsione detergente), non a base di acqua,
composto da una miscela di solventi idrocarburici organici con pH neutro
senza clorofluorocarburi e idrocarburi clorurati: il PEC-12® (Archival
Photographic Emulsion Cleaner). Questo prodotto che asciuga istantanea-
mente senza lasciare residui è utilizzato, come detto nelle istruzioni, per la
rimozione di: grease pencil, adhesive residue, finger oils, ballpoint pen,
Segretario Generale fungus (mildew), smoke & soot damage, laser separation oil and most per-
Giuseppe Proietti
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
Tel. 06 67232819 - 2229
Fax 06 67232414
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Centro di Fotoriproduzione
Legatoria e Restauro
degli Archivi di Stato
Direttore
Gregorio Angelini
Coordinamento
per la comunicazione
Cecilia Prosperi
Via Milano, 76
00184 Roma
Tel. 06 48291225
Fax 06 4882695
cflr.rest@archivi.beniculturali.it
Laboratorio di Biologia
Responsabile
Elena Ruschioni

20
manent inks (impronte digitali, segni di matita, residui di nastro adesivo,
muffa, danni di fumo e fuliggine, timbri in foglia d’oro e la maggior parte de-
gli inchiostri permanenti e di penne a sfera). L’uso è rivolto principalmente
all’eliminazione di macchie grasse e agli inchiostri presenti sui supporti in
plastica, vetro e carta (Fig. 1). Il prodotto, proposto anche per il lato di
emulsione argentica (films and/or prints whether in color or B/W) non viene
consigliato per processi all’albumina ed emulsioni con gelatina non integra.
Non risultano attualmente dati in bibliografia che possano attestare l’effica-
cia di questa sostanza.
In questo progetto si vuole verificare l’efficacia di questo prodotto per la ri-
mozione di microfunghi. Tale studio prevede tra l’altro l’utilizzo di tecniche
microscopiche quali la microscopia elettronica a scansione (SEM) per veri-
ficare se, una volta accertata con tale apparecchiatura la presenza di strut-
ture biologiche collegate ad una tipologia di danno, le stesse strutture pos-
sano essere eliminate con le metodiche precedentemente elencate, in par-
ticolare mediante l’utilizzo del PEC-12®.
Il progetto potrebbe, in una seconda fase, prevedere l’utilizzo di campioni
di carta fotografica inoculati con funghi prescelti. Successivamente si po-
tranno confrontare le varie metodiche precedentemente elencate e, a com-
pletamento, una indagine al SEM per verificare la rimozione delle strutture
dei funghi.

Gruppo di lavoro:
D. Matè, M. C. Sclocchi,
Laboratorio di Biologia - CFLR
A. Argiroffo, Biologa -
Collaboratrice volontaria -
Laboratorio di Biologia - CFLR
E. Damiano, Tirocinante, Scienze
Applicate ai Beni Culturali e alla
Diagnostica per la loro
Conservazione
Laboratorio di Biologia - CFLR

21
Progetto di ricerca: applicazioni di tecniche
non distruttive finalizzate all’identificazione
dei materiali costituenti, allo studio delle tecniche
di realizzazione e all’approfondimento dei processi
di degradazione dei materiali fotografici antichi
Laboratorio di chimica del Centro di Fotoriproduzione Legatoria e Restauro degli
Archivi di Stato

I l progetto prevede di utilizzare più analisi strumentali considerate non di-


struttive per il manufatto in esame.
Da quanto si evince in letteratura, i materiali fotografici antichi (dagherrotipi,
CFLR - Centro di Fotoriproduzione Legatoria

ferrotipi, ambrotipi, stampe all’albumina, al collodio ecc.), pur costituendo


a tutti gli effetti una importantissima documentazione, non sono ancora mol-
to studiati dal punto di vista chimico e fisico. Pertanto, appare evidente l’op-
portunità e la necessità di produrre ulteriori ricerche su questi materiali, pe-
e Restauro degli Archivi di Stato

raltro molto complessi sia dal punto di vista della struttura e composizione
sia per quanto riguarda le tecniche di produzione artigianali o industriali.
Segretariato Generale

Al fine di una idonea conservazione attraverso l’applicazione di corretti in-


terventi di condizionamento e restauro o anche soltanto a fini conoscitivi
della struttura e della composizione, è possibile caratterizzare i materiali
costituenti le fotografie e i loro prodotti di degradazione mediante l’appli-
cazione di moderne tecniche spettroscopiche e d’immagine.
La caratterizzazione chimica e fisica dei materiali fotografici antichi consente,
inoltre, di approfondire conoscenze utili anche al restauratore e allo storico.
Per la realizzazione del progetto è necessario:
- reperire sia campioni originali di riferimento idonei a rappresentare, con
sufficiente confidenza statistica, alcune delle tipologie di stampe e di al-
tri materiali fotografici
- preparare in laboratorio campioni adatti a simulare gli originali da utilizza-
Segretario Generale re per le necessarie prove distruttive (invecchiamento accelerato dei ma-
Giuseppe Proietti
teriali e conseguente valutazione delle variazioni dei parametri chimici e
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma fisici), anche a seguito di trattamenti di pulizia e restauro.
Tel. 06 67232819 - 2229
Fax 06 67232414
driosegreteria@beniculturali.it Le principali tecniche che il progetto si propone di applicare per l’identifi-
cazione dei materiali, la caratterizzazione dei prodotti di degrado e la va-
lutazione di metodi e prodotti per la pulizia ed il restauro sono:
- microscopia elettronica a scansione (SEM) dotata di sonda elettronica per
microanalisi (EDS)
- spettroscopia di fluorescenza ai raggi X (XRF)
- spettroscopia Raman
- spettroscopia infrarossa,
- imaging multispettrale dall’UV al NIR,
- spettrofotometria di riflettanza UV/VIS/NIR a fibre ottiche.
Centro di Fotoriproduzione Il progetto prevede, inoltre, l’impiego di scanner professionali, fotocamere
Legatoria e Restauro
degli Archivi di Stato RGB e microscopi.
Direttore Esso si articola in:
Gregorio Angelini
- ricerca bibliografica
Coordinamento
per la comunicazione - preparazione di campioni di riferimento a composizione nota;
Cecilia Prosperi
- reperimento presso gli Archivi di Stato, fototeche e laboratori di restauro,
Via Milano, 76
00184 Roma di materiali fotografici originali che presentino problemi di conservazione
Tel. 06 48291225
Fax 06 4882695
- identificazione dei materiali costitutivi;
cflr.rest@archivi.beniculturali.it - studio delle tecniche

22
- studio dei processi di degradazione.
Il progetto di ricerca si concretizzerà nell’elaborazione e pubblicazione dei
risultati ottenuti e nella promozione di eventi (seminari, convegni, ecc.).
I risultati della ricerca potrebbero, in seguito, promuovere ulteriori sviluppi
e approfondimenti, dando anche nuove indicazioni per l’applicazione del-
le tecniche non distruttive nello studio dei materiali fotografici antichi.
Il progetto, quindi, può rappresentare una occasione importante per incre-
mentare l’attività già avviata negli ultimi anni dal Laboratorio di chimica e tec-
nologia del CFLR nel campo della tutela e conservazione delle fotografie ne-
gli archivi, nelle biblioteche e fototeche, in linea con il programma del pro-
getto SEPIA.

23
Realizzazione del secondo volume
della serie “Studi e Ricerche”
Autori vari

È stato avviato un progetto di pubblicazione di una serie di articoli tecni-


co-scientifici basati su alcuni casi di studio rappresentativi della più re-
cente attività del Laboratorio di Chimica e Tecnologia del CFLR.
Sono stati raccolti, inoltre, alcuni contributi di studiosi, ricercatori e restau-
ratori di altri istituti ed enti pubblici o privati che operano nel campo della
conservazione e restauro dei beni archivistici, grafici e librari.
CFLR - Centro di Fotoriproduzione Legatoria

La raccolta è suddivisa in due sezioni. La prima è relativa ai materiali tradi-


zionali quali la carta, gli inchiostri, i pigmenti e le pergamene. La seconda,
invece, intende affrontare, se pur semplicemente attraverso casi di studio,
alcune tematiche inerenti le fotografie. Queste, insieme ad altri materiali
e Restauro degli Archivi di Stato

quali gli audiovisivi, i nastri magnetici e i supporti digitali, sono oggi consi-
derate i “nuovi materiali”.
Segretariato Generale

Nella sezione che riguarda i materiali tradizionali si affrontano alcuni proble-


mi connessi alla deacidificazione dei documenti in carta, in particolare a
quei trattamenti che possono essere considerati “di massa”. Nello specifico,
una relazione riferisce sugli esiti di una sperimentazione sulla deacidifica-
zione di massa, ma in fogli sciolti.
Altri contributi riferiscono dell’impiego del terz-butilammino borano su stam-
pe imbrunite e sull’identificazione delle materie grafiche di alcuni disegni del
Codice Resta recentemente ritrovati nella biblioteca comunale di Palermo.
Si riferisce e si discute, inoltre, di esami ed analisi scientifiche effettuate su un
Codice Liturgico membranaceo del secolo XIV dell’A.S. di Perugia e delle
procedure per il recupero e la conservazione dei documenti in pergamena.
Si distingue per la diversa tipologia di materiale studiato un complesso la-
Segretario Generale
voro di diagnostica applicata allo studio di due dipinti cinesi di epoca Ming
Giuseppe Proietti del Museo Nazionale d’Arte Orientale, condotto in collaborazione con
Via del Collegio Romano, 27 l’Università degli Studi di Roma ”La Sapienza” .
00186 Roma
Tel. 06 67232819 - 2229 A partire dal progetto SEPIA (coordinato da ECPA European Commission on
Fax 06 67232414
driosegreteria@beniculturali.it Preservation and Access), al quale il CFLR ha contribuito per la sua parte or-
ganizzando il seminario nazionale “La digitalizzazione per la salvaguardia de-
gli archivi e delle collezioni fotografiche” (Roma, 27-29 ottobre 2003)[1], il
CFLR ha intensificato la propria attività scientifica, formativa e divulgativa per
sperimentare metodi d’indagine non distruttivi, con l’intento di caratterizza-
re i materiali fotografici dal punto di vista della loro struttura e composizio-
ne, dello stato di conservazione, dei fattori e dei processi di degradazione.
Si è ritenuto opportuno, quindi, pubblicare nel volume un articolo sull’uti-
lizzo della fotografia come fonte documentaria ed un altro sulle fototeche
d’arte in Italia con le loro caratteristiche e problematiche come introduzio-
Centro di Fotoriproduzione
ne e presentazione di tematiche relativamente nuove rispetto a quelle più
Legatoria e Restauro tradizionali degli archivi e delle biblioteche. A seguire, di nuovo relazioni
degli Archivi di Stato
Direttore
scientifiche su indagini effettuate su dagherrotipi, stampe all’albumina e car-
Gregorio Angelini te salate per contribuire alla conoscenza dei materiali, delle tecniche e dei
Coordinamento processi di produzione, oltre che di quelli di degradazione.
per la comunicazione
Cecilia Prosperi Per quanto riguarda il restauro delle fotografie, le relazioni presenti focaliz-
Via Milano, 76 zano l’attenzione sulle problematiche poste dai negativi su vetro, dai posi-
00184 Roma
Tel. 06 48291225 tivi su carta e dai dagherrotipi. È evidente che si tratta soltanto di esempi
Fax 06 4882695
cflr.rest@archivi.beniculturali.it che non possono esaurire un argomento molto più vasto sia per i metodi

24
che per i prodotti utilizzati, che meriterebbero di essere maggiormente di-
vulgati e approfonditi anche attraverso una più stretta interazione con strut-
ture scientifiche statali o altri enti.
Infine, due articoli sulla digitalizzazione delle fotografie, anche per dare un
seguito a quanto tracciato dal Progetto SEPIA sopra citato, cercando di rea-
lizzare effettivamente quel ponte che dovrebbe collegare la digitalizzazio-
ne con la conservazione.

[1] Gli atti del Workshop sono


stati pubblicati dal “Centro di
fotoriproduzione legatoria e
restauro” e dalla “Associazione
Nazionale Archivistica Italiana”,
Roma, 2005

25
Restauro di n. 2 – Camerlenghi dell’Opera
del Duomo di Orvieto
Lucilla Nuccetelli, Giovanni Bellucci, Gabriella Rava
(Laboratorio per la conservazione e il restauro del C.F.L.R.)

S ono spesso affidati al C.F.L.R. per le operazioni di restauro anche docu-


menti di grande formato di notevole valenza storico-artistica che pre-
sentano, proprio per le loro dimensioni, particolari difficoltà di lavorazione.
Tra questi sono stati ultimamente restaurati due Camerlenghi (1527-1758 e
1759-1899) appartenenti all’Opera del Duomo di Orvieto raffiguranti i nomi
CFLR - Centro di Fotoriproduzione Legatoria

e le armi dei cittadini illustri orvietani che hanno ricoperto nel tempo la ca-
rica di Camerari, più tardi nota con il nome di Camerlengo, che avevano, tra
l’altro, il compito di conservare le suppellettili e gli arredi dell’Opera del
Duomo. Le due opere in carta, con pigmenti colorati e inchiostri ferrogallo-
e Restauro degli Archivi di Stato

tannici leggermente acidi, si presentavano incorniciate e incollate a pieno


con colla cervione su assi lignee compromesse da attacchi di anobidi e de-
Segretariato Generale

formate dal tempo. La carta si presentava fragile, con pregressi restauri e for-
temente ossidata sia per il contatto diretto con il supporto ligneo che per la
prolungata esposizione alla luce. Dopo aver staccato la cornice, è stato ef-
fettuato il test di solubilità degli inchiostri e dei pigmenti colorati. Accertata
la loro non solubilità si è proceduto al distacco della mappa dal supporto
ligneo per tamponamento con soluzione deacidificante . Sul verso dei
Camerlenghi erano presenti rudimentali rattoppi che tenevano insieme pro-
fonde lacerazioni. Tali reintegrazioni presentavano mediazioni grafiche altre
erano semplici strisce di carta. Questi “aggiustamenti”, realizzati con carte
più pesanti del supporto originale, avevano viziato il supporto causando di-
latazioni e trazioni tanto che i lembi delle lacerazioni non combaciavano
più. Da qui la necessità di preparare un letto per la foderatura con carta
Segretario Generale giapponese leggera, sfrangiata e unita in riquadri, poi collata e lasciata asciu-
Giuseppe Proietti gare sotto peso. A questo punto è stata adagiata la mappa sopra la fodera
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
collata ed inumidita per nebulizzazione. Inumidendosi le fibre si sono gon-
Tel. 06 67232819 - 2229 fiate e distese ed è stato possibile riunire così gli strappi e nello stesso tem-
Fax 06 67232414
driosegreteria@beniculturali.it po il collante risolubilizzato, per capillarità, ha bloccato le lacerazioni.
Successivamente la mappa è stata ricollata sul verso, ossia sopra la fodera,
con un collante elastico quale il Glutofix per far aderire completamente i due
supporti tra loro. Il mending è stato effettuato apponendo carta giapponese
adesa con Tylose MH 300p al 3,5% e successivamente scarnita, per consoli-
dare gli strappi sono state utilizzate fibre di carta giapponese dello stesso
spessore imbibite di collante e poste trasversalmente rispetto ai tagli.
La rifilatura a mano nel rispetto dell’originalità del documento ha concluso
l’intervento di recupero sui due Camerlenghi orvietani.

Centro di Fotoriproduzione
Legatoria e Restauro
degli Archivi di Stato
Direttore
Gregorio Angelini
Coordinamento
per la comunicazione
Cecilia Prosperi
Via Milano, 76
00184 Roma
Tel. 06 48291225
Fax 06 4882695
cflr.rest@archivi.beniculturali.it

26
Restauro 2 registri liturgici membranacei – Archivio
capitolare d’Assisi “Cantorini sec. XIV”
Anna Di Pietro, Lucilla Nuccetelli
(Laboratorio per la conservazione e il restauro del C.F.L.R)

I l restauro dei codici miniati costituisce, pur nella sua eccezionalità, una
pratica abbastanza frequente per il laboratorio di restauro del Centro che,
proprio sul materiale membranaceo, ha messo a punto diverse metodolo-
gie e tecniche esecutive.
In prima istanza i codici sono stati esaminati dal laboratorio di chimica del

CFLR - Centro di Fotoriproduzione Legatoria


CFLR che ha sottoposto gli inchiostri, di natura ferrogallotannica, ad analisi
che hanno evidenziato la presenza di rame che, aumentando la capacità
corrosiva, ha portato in alcuni alla perforazione dei supporti.
Sui codici sono state eseguite, a campione, le seguenti analisi:

e Restauro degli Archivi di Stato


- osservazione obiettiva allo stereomicroscopio
- spessore bordi

Segretariato Generale
- fluorescenza ultravioletta
- pH superficiale
- fluorescenza dei raggi X (XRF)1
- riflettologia nel vicino infrarosso (NIR)
- colorimetria
- spettroscopia di riflettanza UV-visibile-NIR con sonda a fibre ottiche (FORS)

Segretario Generale
Giuseppe Proietti
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
Tel. 06 67232819 - 2229
Fax 06 67232414
driosegreteria@beniculturali.it

Centro di Fotoriproduzione
I registri liturgici (Cantorini n. 7 cm 38x26x6, n. 3 cm 38x26,5x5,5), pervenu- Legatoria e Restauro
degli Archivi di Stato
ti tramite la Soprintendenza Archivistica per l’Umbria, presentavano assi li- Direttore
gnee, perforate da camminamenti di insetto, coperte in pelle di capra mar- Gregorio Angelini
Coordinamento
rone con grosse lacerazioni ed erano cuciti su doppi nervi in cuoio incassa- per la comunicazione
ti sui piatti, i capitelli cuciti su anima in spago. Le carte di guardia erano in Cecilia Prosperi
Via Milano, 76
pergamena di riuso, manoscritta di datazione molto anteriore ai volumi 00184 Roma
Cantorini. I due codici, oltre che molto sporchi, erano gravemente danneg- Tel. 06 48291225
Fax 06 4882695
giati dall’azione meccanica ed estremamente deboli, in particolar modo in cflr.rest@archivi.beniculturali.it

27
prossimità degli angoli inferiori. Il danno, ripetuto su quasi tutte le carte, non
è stato causato dall’assottigliamento dello spessore del supporto ma piut-
tosto dalla formazione di microfratture della superficie più esterna della
pergamena dovute all’azione dello sfogliare. In alcuni casi si è giunti alla to-
tale perdita degli inchiostri che hanno lasciato solo un nitido solco sul sup-
porto membranaceo.
Elevatissima la presenza di pregressi restauri eseguiti con frammenti di anti-
chi codici membranacei in particolare in corrispondenza dei margini inferio-
ri. Il distacco degli stessi, in fase di restauro, ha evidenziato ampie lacune.
I fogli membranacei, dopo un’accurata spolveratura e pulizia a secco, sono
stati ammorbiditi in cella di umidificazione ad ultrasuoni. Tale operazione ha
permesso la rimozione dei pregressi restauri, adesi con colla d’amido, e l’ul-
teriore pulizia dei supporti dai residui di adesivo.
Il mending è stato eseguito con doppia toppa di carta giapponese di ade-
guato colore e spessore adesa con metilcellulosa Tylose MH 300p. Le zone
deboli degli angoli sono state consolidate mediante pellicola di pergame-
na, molto trasparente e resistente applicata con una miscela di Tylose MH
300p e adesivo poliacetovinilico. La rifilatura del mending è stata eseguita a
norma nel rispetto dei margini originali.
Le assi lignee sono state consolidate con stuccature di polvere di legno e
adesivo poliacetovinilico e successivamente rifinite con carta smeriglio.
I fascicoli sono stati cuciti su 5 nervi in cuoio e i capitelli confezionati con
filo di canapa naturale.
La coperta è stata reintegrata nelle zone lacunose con nuova pelle di capra
a concia vegetale e analogo tono cromatico.
Per l’alloggiamento dei due codici liturgici, sono stati allestiti due conteni-
tori in cartone da conservazione rivestito in tela.
Il restauro dei registri liturgici è stato finalizzato al recupero, per quanto pos-
sibile, dell’integrità originale dei pezzi e alla loro futura conservazione.

28
La valorizzazione e la diffusione di un patrimonio
grafico attraverso la clonazione delle matrici incise
Giuseppe Trassari Filippetto

L e collezioni dell’Istituto Nazionale per la Grafica raccolgono matrici inci-


se eseguite tra il XVI ed il XX secolo da autori di spicco, tra i quali si an-

Direzione Generale per il Patrimonio Storico


noverano i maggiori artisti che si sono avvicendati nel corso del tempo:
Giorgio Ghisi e la scuola mantovana, Claude Mellan, Salvator Rosa, Giovanni
Battista Piranesi e Giorgio Morandi sono solo alcuni dei nomi eccellenti.
La valorizzazione delle opere, finalmente considerate nell’ultimo Codice
dei Beni Culturali opere d’arte e non solo meri strumenti d’uso, ha avuto
quale conseguenza l’inibizione alla stampa dei manufatti appartenenti alle

Artistico ed Etnoantropologico
collezioni: determinazione conseguente alla presa d’atto che le operazioni
di stampa sono il fattore di maggiore degrado per le matrici incise. Tale de-
cisione, seppure scientificamente corretta, ha però demarcato la perdita

Istituto Nazionale per la Grafica


del ruolo preminente delle forme da stampa: la diffusione, attraverso l’im-
pressione su carta, di un patrimonio grafico rappresentativo della storia e
dell’arte.
Per coniugare l’esigenza di tutela dei manufatti artistici e la loro precipua va-
lenza storica il Laboratorio Diagnostico per le Matrici (LDM) ha recuperato un
procedimento che ebbe precedenti in Europa nella seconda metà del XIX
secolo e si affermò poi nella Regia Calcografia tra il 1922 ed il 1930: replica-
re le matrici calcografiche originali attraverso il procedimento galvanico.
Con tale sistema la Calcografia Romana, che allora rivestiva un vero e proprio
ruolo di opificio, tentò la realizzazione di un perfetto clone del prototipo sto-
rico, dal quale si potessero tirare fogli a stampa conformi a quelli tratti dalle
matrici originali. I limiti tecnologici ed i materiali dell’epoca non permisero pe-
rò di giungere a risultati soddisfacenti: il sistema a pressione (10 q x dmq) per
la realizzazione del calco della matrice originale, utilizzando una lastra di Direttore Generale
piombo per ricavare l’impronta, metteva seriamente a rischio l’integrità mate- Bruno De Santis

rica dell’originale ed inoltre il rame elettrolitico che costituiva la nuova matri- Via di San Michele, 22
00153 Roma
ce era troppo tenero, tanto da deformarsi rapidamente durante le tirature. Tel. 06 58434344
Fax 06 5882472
I progressi raggiunti dai procedimenti elettrolitici e la possibilità di avvaler- dg-psae.segreteria@beniculturali.it
si di materiali innovativi, hanno permesso al LDM di riconsiderare la replica www.arti.beniculturali.it

galvanica delle matrici storiche. L’utilizzo di gomme siliconiche colabili,


quale alternativa al procedimento meccanico per ottenere il calco degli ori-
ginali, poteva rappresentare l’efficace soluzione al problema di preservare
l’integrità materica dei prototipi, mentre le nuove tecnologie elettrolitiche
avrebbero garantito la giusta durezza del metallo di supporto del clone. Istituto Nazionale
per la Grafica
La conseguente sperimentazione di più tipi di gomme siliconiche, fatta con
Direttore
il contributo dell’Istituto Centrale per il Restauro su matrici campione appo- Serenita Papaldo
sitamente realizzate dal LDM, è stata rassicurante sia riguardo alla fedeltà Coordinamento
per la comunicazione
d’impronta dell’inciso, sia rispetto ad eventuali degradi del rame di suppor- Rita Parma
to determinati dai componenti siliconici. Ottenuti così i primi due requisiti, Via della Stamperia, 6
00187 Roma
imprescindibili per avviare il nuovo procedimento, si è dovuto poi risolve- Tel. 06 69980253
re un problema tanto complesso quanto ineludibile per sfruttare il sistema Fax 06 69921454
www.grafica.beniculturali.it
galvanoplastico: rendere conduttivo il calco positivo in silicone.
Di concerto con l’E.N.E.A. sono state intraprese ricerche ed effettuate pro- Laboratorio Diagnostico
per le Matrici
ve di metallizzazione dell’impronta di silicone utilizzando l’avanzata tecno- Direttore
logia dello sputtering (sublimazione metallica sottovuoto), ma non si sono Giuseppe Trassari Filippetto
Assistente tecnico scientifico
ottenuti risultati apprezzabili. La consistenza gelatinosa del calco non per- Lucia Ghedin

29
metteva la perfetta aderenza del film metallico sulla sua superficie, ed inol-
tre lo strato non era omogeneo (il film metallico presentava evidenti rugosi-
tà). Si è tentata allora un’altra soluzione: realizzare un controcalco dell’im-
pronta in resina epossidica, materiale facilmente metallizzabile.
Il coinvolgimento, a questo punto della sperimentazione, dell’Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato si è rivelato decisivo e presso i laboratori gal-
vanotecnici dell’Istituto Poligrafico sono state definite le ultime due fasi del
procedimento.
Dal controcalco in resina epossidica, che naturalmente riproduce gli incavi
presenti sul prototipo storico, è stato ricavato, tramite bagno galvanico, un
nuovo positivo (l’inciso in rilievo rispetto al piano di superficie) in nichel. In
seguito, sempre sfruttando la dissoluzione metallica in bagno elettrolitico,
dal maschio ottenuto è stato tratto il clone della matrice storica, anch’esso
in nichel: metallo utilizzato in sostituzione del rame per la sua durezza e per
differenziare in modo inequivocabile la replica dall’originale.
Sulla galvanoplastica sperimentale sono stati fatti rigorosi controlli per veri-
ficare la rispondenza della matrice prototipo con quella clonata. Presso i la-
boratori del Poligrafico e Zecca dello Stato sono stati eseguiti esami al rugo-
simetro elettronico con tastatore laser ed il LDM ha effettuato analisi compa-
rative delle due matrici mediante stereo-microscopio computerizzato. Gli
esiti delle verifiche sono stati sorprendenti: nonostante i molteplici passag-
gi per giungere al risultato finale l’equivalenza tra l’originale ed il suo clone
è risultata perfetta, perfino nelle impercettibili imperfezioni della superficie
metallica. Con la stessa accuratezza sono state poste a confronto le stampe
tratte dalle due lastre, ed anche in questo caso la conformità dei due esem-
plari s’è rivelata straordinaria.
Con l’innovativo procedimento si è giunti a clonare la prima matrice storica:
Ercole e l’Idra, splendido intaglio cinquecentesco al bulino di Giorgio Ghisi
da un’invenzione di Giovan Battista Bertani. Di seguito sono state realizzate
altre repliche galvaniche di matrici storiche e le stampe da esse tratte sono
state messe in vendita al pubblico, naturalmente certificate come tirature da
galvanoplastica dell’originale. È storia recente la collaborazione con l’Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, avviata per divulgare presso un ampio pubblico
opere di particolare pregio presenti nelle collezioni dell’Istituto Nazionale
per la Grafica.

30
BASILICATA
Un progetto innovativo per il restauro dei beni
culturali: l’uso delle biotecnologie
Carmela Petrizzi

N ell’ambito delle competenze attribuitele, la Direzione Regionale della


Basilicata sta ponendo le basi per la sperimentazione di metodologie
innovative di restauro, tramite un’intesa con la Società “Metapontum

Direzione Regionale per i Beni Culturali


Agrobios” e le tre Soprintendenze territoriali.
La “Metapontum Agrobios” s. r. l., costituita dalla Regione Basilicata e dall’A-
genzia Lucana per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura (A.L.S.I.A.), è
impegnata in attività per il trasferimento dell’innovazione in agricoltura attra-

e Paesaggistici della Basilicata


verso progetti di ricerca e servizi analitici nel settore delle biotecnologie ve-
getali e dell’ambiente. Nel caso specifico, la Società si è fatta promotrice
del progetto “Biotecnologie microbiche applicate al risanamento di manu-
fatti artistici e di beni culturali”, da realizzarsi con fondi della Regione
Basilicata, in partenariato con l’Università degli Studi di Milano, del Molise e
della Basilicata, nell’ambito dell’accordo definito con gli Istituti territoriali
del MiBAC. Si tratta di un progetto che intende avvalersi delle esperienze
acquisite nel campo di ricerca delle biotecnologie microbiche, fornendo
soluzioni ad hoc in funzione delle tipologie di restauro da effettuare e del-
la natura dei materiali da trattare.
I manufatti architettonici, archeologici e artistici, soprattutto in caso di espo-
sizione agli agenti atmosferici, risentono di numerose alterazioni fisiche (sol-
fati, calcite ricristallizata, residui carboniosi e patine di nitrati) che instaura-
no processi di degradazione e concrezione con danni spesso irreversibili.
Gli stessi trattamenti tradizionali di protezione e consolidamento delle su-
perfici, con l’utilizzo di sostanze organiche polimeriche o naturali possono
a loro volta provocare conseguenze negative sia estetiche (variazioni di co- Direttore Regionale
Alfredo Giacomazzi
lore) che strutturali (sfaldamento delle superfici nel caso di polimeri di sin-
Coordinamento
tesi / attacco da parte di microrganismi nel caso di sostanze organiche na- per la comunicazione
Elvira Pica
turali). Le tecniche meccaniche o chimiche, usate tradizionalmente per la ri-
Corso XVIII Agosto 1860, 84
mozione delle incrostazioni, non escludono con certezza che il materiale 85100 Potenza
Tel. 0971 328111
sottostante – integro – possa venire intaccato dagli interventi. Fax 0971 328220
La tecnica del biorisanamento consente di ripulire le superfici deteriorate dr-bas@beniculturali.it
www.basilicata.beniculturali.it
per agenti chimici naturali o sintetici impiegando le capacità naturali di par-
ticolari ceppi microbici in grado di degradare selettivamente le sostanze in-
quinanti.
Il progetto propone, quindi, una soluzione altamente innovativa che preve-
de l’utilizzo delle biotecnologie, con particolare riferimento all’impiego di
cellule vive di batteri, da utilizzare in maniera appropriata alle esigenze dei
singoli materiali. Le cellule vive, infatti, possono produrre gli enzimi neces-
sari ad attaccare il materiale estraneo al manufatto; i batteri stessi, anche se
non dispongono di enzimi costituivi specifici, sono in grado di sintetizzar-
li, una volta a contatto con il materiale da rimuovere, che funge da indutto-
re di questo processo: è sufficiente che il batterio possieda nel proprio cor-
redo genetico l’informazione per la sintesi dell’enzima degradativo. I batte-
ri, selezionati per ogni specifico intervento, sono dotati di un metabolismo
“programmato” per consentire la rimozione del solo materiale indesiderato
e non attaccare il materiale integro; realizzano inoltre le trasformazioni che

31
comunemente svolgono negli ambienti naturali, concorrendo alla chiusura
dei cicli biogeochimici degli elementi delle sostanze indesiderate. Il van-
taggio dell’utilizzo di tale metodologia consente quindi di attuare un inter-
vento non distruttivo per l’opera e sicuro per l’ambiente.
Le attività previste contemplano l’individuazione dei campioni su cui inter-
venire, l’analisi dello stato di conservazione e di degrado, lo sviluppo di un
processo di selezione e fermentazione su scala pilota di particolari batteri,
lieviti e microrganismi, la creazione di cantieri sperimentali e il monitoraggio
ex post per la verifica dell’efficacia dell’intervento ai fini della sua futura ap-
plicazione su ampia scala.

32
Chiesa Santa Maria di Pierno - San Fele (Potenza).
Restauro e trattamento conservativo del portale
in pietra e del materiale lapideo della chiesa
medioevale
Lucio Cappiello, Tonino Garzia, Antonio Rosa

L a chiesa di Santa Maria di Pierno (XII sec.), con le annesse fabbriche an-
cora superstiti dell’antica badia Verginiana, posta a circa dieci chilometri
dall’abitato di San Fele, è ubicata sull’alto pianoro di Pierno (950 m slm) nel-

Direzione Regionale per i Beni Culturali


la splendida cornice naturale di un rigoglioso castagneto e a ridosso del-
l’enorme masso roccioso del monte omonimo (1268 m slm) dominante le
valle di Vitalba. Le indagini conoscitive, avviate parallelamente ai lavori di re-

Soprintendenza per i Beni Architettonici


stauro, hanno permesso di compiere un deciso passo in avanti per la lettu-
ra storico-critica del complesso restituendone l’antico volto architettonico

e Paesaggistici della Basilicata


attraverso la ricomposizione degli elementi che il tempo e le manomissioni

e per il Paesaggio della Basilicata


dell’uomo hanno impropriamente disaggregato. Il particolare tipo di restau-
ro effettuato sul manufatto, che ha riguardato sia il portale d’ingresso che il
materiale lapideo della chiesa, ha consentito di restituire al pubblico godi-
mento un monumento tra i più insigni e conosciuti della Regione Basilicata
che ne connota la storia.

Il portale lapideo
Opera del Maestro Sarolo - il lapicida murese operante nella seconda metà
del XII sec. - è realizzato nell’ambito del più generale intervento di ristruttura-
zione della chiesa operato tra il 1189 e il 1197, e riveste importante interesse,
oltre che per il suo intrinseco valore artistico, anche in quanto esso è forse
l’unico manufatto “firmato e datato” dall’autore e pertanto rappresenta un si-
curo riferimento per l’attribuzione e la datazione di altre opere dell’artista e in
generale per lo studio della storia dell’arte medioevale in Basilicata.
Direttore Regionale
Alfredo Giacomazzi
Coordinamento
per la comunicazione
Elvira Pica
Corso XVIII Agosto 1860, 84
85100 Potenza
Tel. 0971 328111
Fax 0971 328220
dr-bas@beniculturali.it
www.basilicata.beniculturali.it

Soprintendenza per i Beni


Architettonici e per il
Paesaggio della Basilicata
Soprintendente
Attilio Maurano
Via dell’Elettronica, 7
85100 Potenza
Tel. 0971 489411
Fax 0971 489418
sbap-bas@beniculturali.it

33
Il portale, inserito tra le due lesene del protiro che copre la zona d’ingres-
so, è costituito da due fasce archivoltate e modanate che inquadrano, sen-
za soluzione di continuità, l’ingresso architravato e la lunetta superiore: la
prima fascia presenta semplici modanature a toro mentre la più interna, an-
golare, è decorata con piccole sculture in rilievo raffiguranti rosette, foglie,
fiori, vasi e mani alternate a volti umani e a figure di animali il cui notevole
piglio espressivo è tipico del lapicida murese. Particolare è invece la deco-
razione della lunetta sottostante che è caratterizzata da una croce centrale
con ai lati due volute adorne all’interno di un fregio a zig-zag realizzato con
tessere nere e bianche poste negli interspazi a formare un vero mosaico.
Alla lineare composizione architettonica dell’insieme e alla pregevole fattu-
ra artistica delle parti scultoree, si aggiunge l’interesse storico derivante dal-
le copiose iscrizioni in latino scolpite sul portale, fondamentali per lo stu-
dio della fabbrica.

Stato di conservazione
Il portale risultava interessato da due tipi di fenomeni di degrado: lo stato
di avanzata fatiscenza propria del materiale lapideo e il generale dis-
sesto statico/strutturale del manufatto ulteriormente aggravatosi dopo gli
eventi sismici succedutisi dal 1980 in poi.
L’indagine preliminare evidenziò la massiva presenza di un materiale pelli-
colare che ricopriva quasi tutta la superficie del portale, applicato proba-
bilmente negli anni ‘60 con l’intento di consolidare gli elementi lapidei che
già si presentavano degradati. L’intervento tuttavia, si dimostrò inefficace e
dannoso. Infatti, il prodotto per l’errata scelta del “fissativo”, non penetran-
do in profondità e accumulandosi solo in superficie, aveva provocato, nel-
le zone dove esso era stato spalmato in quantità eccessiva, il distacco del-
la parte più superficiale della pietra mettendo allo scoperto quella più in-
terna che si presentava ora di colore rosso, decoesa e polverizzata.
Per conoscere le caratteristiche e il tipo di materiale applicato nell’interven-
to del ‘60 e controllare lo stato e la natura del degrado, sono state effettua-
te dal dott. Arcangelo Moles, specialista all’uopo incaricato, apposite ana-
lisi chimiche e strumentali.

Analisi chimiche e stumentali


Sono stati prelevati dei campioni di materiale lapideo e di materiale pelli-
colare e sottoposti a specifiche analisi e in particolare a spettrofotometria di
assorbimento in infrarosso e a trasformate di Fourier (FT-IR) sia direttamente
che dopo estrazione dei composti solubili in solventi organici.
Il materiale lapideo risultò essere costituito da un calcare pigmentale in ros-
so, tipo rosso di Verona, da cristalli di varie dimensioni di calcite legati fra
loro da calcio carbonato ed ocra rossa. Il tono bianco-grigio, che invece ca-
ratterizzava alcuni conci, risultò essere la conseguenza della rideposizione
di calcio carbonato e dell’opacizzazione del fissativo superficiale.
Fu rilevata, come sostanza inquinante, la presenza di nitrato di sodio e, in
quantità modeste, di potassio, provenienti dal terreno per risalita capillare;
mentre le tracce di solfati furono attribuite al normale inquinamento atmo-
sferico. Inoltre fu accertata la presenza di cloruri probabilmente liberati dal
“fissativo”. Quest’ultimo quindi si dimostrò dannoso, non solo per l’azione
di strappo esercitata sulla superficie lapidea ma anche per le nocive reazio-
ni chimiche da esso prodotte.
Per risalire alla natura di tale sostanza furono eseguite estrazioni in solventi or-

34
ganici ed analisi sul materiale estratto ed essiccato. A seguito dei test di solu-
bilità si ritenne che il prodotto utilizzato fosse un copolimero vinilcloruro-ace-
tato di vinile, che in laboratorio, risultò abbastanza solubile in chetoni.

L’intervento realizzato
Le indagini svolte hanno quindi consentito di formulare un programma d’in-
tervento specifico e di definire nel dettaglio le varie operazioni di restauro
da effettuare per il recupero del pregevole manufatto artistico. Attraverso le
opportune elaborazioni del rilievo fotogrammetrico, si è proceduto ad ese-
guite l’intervento di restauro e trattamento conservativo mediante le seguen-
ti operazioni:
- preconsolidamento localizzato mediante applicazione a siringa di silica-
to di etile;
- rimozione di sostanze di varia natura, quali oli, vernici, consolidanti o pro-
tettivi inidonei, mediante l’applicazione di solventi organici (metiletilche-
tone) dispersi in polpa di cellulosa e/o silice micronizzata;
- microcucitura di elementi pericolanti con eventuale rimozione e succes-
siva riadesione ottenuta tramite resine epossidiche (araldite, indurente
per araldite) e/o l’inserimento di perni in vetroresina;
- consolidamento dell’architrave, della sovrastante lunetta e dei conci ar-
chivoltati mediante la rimozione degli inidonei ferri a L sotto l’architrave e
l’inserimento di barre di fissaggio in carbonio;
- protezione finale di tutta la superficie lapidea con prodotto idrorepellen-
te idoneo.

Il materiale lapideo della chiesa medioevale


Quattro campate compongono lo spazio interno della parte medioevale
della chiesa suddivisa in tre navate dalle eleganti arcate in conci lapidei mo-
danati. Le colonne, forse di reimpiego, hanno alla sommità capitelli a stam-
pella di stile decisamente arcaico. I rocchi delle colonne presentavano di-
pinture arabescate e a finto marmo realizzate in epoche recenti per coprire
le erosioni comparse sul fusto. Le basi sono di chiara fattura saroliana pre-

35
sentando sculture angolari che ripetono i motivi decorativi del vasto “bestia-
rio” del portale. Interessante, per l’eccezionale integrazione tra l’elemento
architettonico e la decorazione artistica, è il serpente che si morde la coda
scolpito intorno alla base della seconda colonna della navata sinistra.
Sulle parti alte delle pareti della navata centrale, in corrispondenza delle co-
lonne, sono poste sei mensole lapidee - di cui cinque ancora ben conserva-
te - sulle quali erano in origine impostate tre arcate trasversali timpanate por-
tanti l’orditura del tetto secondo un particolare sistema costruttivo ora ripri-
stinato nei recenti lavori di restauro. Le mensole, facenti parte dell’intervento
di ristrutturazione architettonica e di nobilitazione artistica dello spazio inter-
no operato dal Sarolo, presentano anch’esse le decorazioni scultoree tipiche
del lapicida murese rappresentanti anche in questo caso figure umane alter-
nate a quelle di animali, tutte raffigurate “con gusto bizzarro e visione costan-
temente frontale” ma sempre di notevole pregio espressivo e artistico.

Le fasi dell’intervento
L’identificazione visiva esatta del tipo di materiale litoide usato per l’esecuzio-
ne dei manufatti si è presentata difficile. La superficie lapidea era coperta o
da colore e dipinti, o da uno spesso strato di sporco e di polveri grasse. Si
accerterà, dalle preliminari analisi di laboratorio, trattarsi di un calcare. Il ma-
teriale costitutivo di colonne e capitelli sembrava presentarsi in buono stato.
Le basi scolpite inserite nella muratura della navata centrale si presentavano in-
vece in cattivo stato di conservazione. Per accertare le cause del degrado e
per determinare le esatte metodologie da seguire nell’intervento di restauro,
fu eseguita un’idonea campagna preliminare di saggi stratigrafici e prelievi di
campioni successivamente sottoposti ad analisi conoscitive di laboratorio.
Particolare attenzione fu dedicata alle colonne a causa della complessa situa-
zione presente sulle superfici. Erano stati individuati più strati di policromie
sovrapposte di periodi diversi. Lo strato che interessava identificare era quel-
lo più antico che dai saggi effettuati era sembrato essere costituito da una se-
rie di motivi decorativi verdi e bianchi molto simili ad alcune decorazioni me-
dievali, a differenza delle cromie successive, eseguite a finto marmo.
Una volta identificata questa policromia si è reso necessario capirne l’origi-
ne e l’importanza storico artistica, al fine di accertare se le decorazioni an-
davano conservate. Alcuni dubbi a riguardo sorsero a seguito delle inter-
pretazioni scientifiche dei campioni mandati in laboratorio. Si riscontrò, in-
fatti, in tutti gli strati pittorici presenti, l’esistenza di un legante oleoso.
Questo risultato faceva cadere l’ipotesi, che lo strato più antico ritrovato,
potesse risalire ai tempi dell’edificazione del santuario. L’informazione non
era però sufficiente per decidere se rimuovere tutte le policromie presenti.
Ad ogni buon fine si decise di impostare l’intervento salvaguardando lo
strato di policromia più antico, rimuovendo invece le cromie, a finto mar-
mo, sovrapposte successivamente. Una volta effettuato questo lavoro su
delle parti abbastanza ampie, fu possibile fare le prime valutazioni, sia este-
tiche che artistiche, del risultato e della corretta impostazione dell’interven-
to. Le decorazioni venute alla luce si presentavano pesanti e grossolana-
mente eseguite; inoltre erano presenti anche in parti degradate della pietra
come lacune e lesioni. Quest’ultimo accorgimento confermava che queste
maldestre decorazioni erano state applicate successivamente, forse proprio
per mascherare il degrado apparente della pietra sottostante. Pertanto, do-
po una momentanea sospensione dei lavori per effettuare le giuste valuta-
zioni sull’opportunità di proseguire l’intervento e a seguito dei risultati del-

36
le analisi, supportate dall’impatto estetico, si concluse che la policromia
presa in esame non poteva essere originale e quindi si decise di mettere in
vista la superficie lapidea originale delle colonne.

L’intervento realizzato
- Prefissaggio a mezzo di nebulizzazione di opportuna miscela consoli-
dante e con velatura, con carta giapponese, dei frammenti pericolanti ove
necessario;
- preconsolidamento mediante microiniezioni localizzate, nel substrato al-
terato, con sistema manuale e siringhe;
- rimozione degli strati sovrastanti l’originale mediante l’uso di acqua nebu-
lizzata, l’applicazione di miscele leggermente basiche applicate ad im-
pacchi e l’uso di solventi idonei determinati con una metodologia messa
a punto attraverso preliminari test di pulitura;
- rimozione delle colature di ossidi, sia di rame che di ferro, con prodotti
complessanti stesi a pennello e ad impacco, con lavaggio della zona trat-
tata mediante acqua distillata, prima e dopo l’intervento;
- rimozione manuale di grappe e perni metallici ossidati e corrosi e sostitu-
zione degli stessi mediante l’inserzione in profondità di barre in vetrore-
sina;
- rifinitura della pulitura mediante mezzi meccanici (bisturi ecc.);
- stesura localizzata sulle zone maggiormente degradate di apposito con-
solidante applicato a pennello o spray;
- rimozione di materiali incompatibili con l’originale (cemento, resine, ges-
so, ecc.) con uso di bisturi e microscalpelli e successive stuccature delle
micro e macrofessure con ripristino delle lacune più estese mediante
l’uso di una malta di calce adatta per colore, granulometria e composizio-
ne chimica;
- consolidamento superficiale finale mediante la stesura, con sistema spray
o a contatto, di apposito prodotto consolidante.

Progettista e direttore dei lavori:


Lucio Cappiello
Indagini e analisi chimico-
strumentali:
Arcangelo Moles
Impresa: OLIMPO S.r.l. - Roma
Responsabili
per la comunicazione:
Tonino Garzia, Antonio Rosa

37
CAMPANIA
Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Napoli e provincia
Chiesa di Santa Maria della Sanità, Napoli.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Il restauro della grande cona della Madonna


Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il

del Rosario
Gina Carla Ascione

I l restauro della grande cona della Madonna del Rosario del terzo
Cappellone a destra della Chiesa di Santa Maria alla Sanità di Napoli si in-
serisce in un più vasto progetto di recupero e valorizzazione dell’area nel
quale è inserito il monumento, il quartiere Sanità.
La chiesa venne progettata da un converso dell’ordine domenicano,
Giuseppe Donzelli, detto Frà Nuvolo. Per l’inizio dei lavori venne organizza-
ta un’immensa festa popolare che bloccò tutte le vie di accesso impeden-
do allo stesso Viceré don Fernando Ruiz de Castro di presenziare alla ceri-
monia. La festa coincise con la solennità dedicata a San Gennaro e fu
l’Arcivescovo Cardinale Alfonso Gesualdo a porre simbolicamente la prima
pietra ed avviare i lavori di costruzione, il 19 settembre 1602.
In otto anni la chiesa, almeno nelle grandi linee, venne compiuta: nel 1613
fu voltata la grande cupola e, tra il 1618 e il 1620, fu allogato il coro. In suc-
della Campania

cessione vennero realizzati gli altari con i dipinti e le grandi macchine lignee
con decorazioni e intagli dorati. Quella dedicata alla Madonna del Rosario
venne realizzata concependola in maniera da racchiudere al centro il gran-
de dipinto di Giovan Bernardino Azzolino con intorno i quindici misteri,
nella cimasa l’Eterno Padre e nella parte bassa la predella con i gruppi di
prelati e notabili. L’opera venne pagata nel 1612, lasciandoci presumere una
datazione analoga per la grande cornice che la racchiude.
La monumentale cona è realizzata con una struttura di legni incastrati tra di
loro e collegati alla parete di fondo attraverso una serie di tiranti lignei che
Direttore Regionale compongono l’ossatura di ancoraggio. L’intera composizione è stata realiz-
Vittoria Garibaldi
zata fuori opera, assemblando sul posto tutti i pezzi per poi completare la
Coordinamento
per la comunicazione doratura finale.
Maria Rosaria Nappi
I legni usati sono diversi secondo gli obiettivi da raggiungere: il castagno per
Via Eldorado, 1
80132 Napoli
Tel. 081 2464209
Fax 081 76453205
dirregcampania@beniculturali.it

Soprintendenza per i Beni


Architettonici e per il
Paesaggio, per il Patrimonio
Storico, Artistico
ed Etnoantropologico
di Napoli e provincia
Soprintendente
Enrico Guglielmo
Piazza del Plebiscito, 1
80132 Napoli
Tel. 081 5808111
Fax 081 403561

38
le strutture verticali ed orizzontali di collegamento, il pioppo per la realizza-
zione dei piani verticali e i supporti delle parti intagliate, il pero o il tiglio per
tutte le altre parti intagliate direttamente collegate alle strutture verticali.
La composizione è divisa in tre parti: quella inferiore si collega all’altare in
marmo ed incastra la predella dipinta su legno; quella centrale è composta
da due livelli, il primo, di piano, distante dal muro circa 50 cm, raccoglie il
telaio per i quindici misteri e la grande tela centrale, con tutte le cornici inta-
gliate che raccordano la figurazione a due semi colonne di chiusura e un se-
condo livello con due grandi colonne a tuttotondo; infine la cona termina
con un terzo livello composto da un grande architrave aggettante poggiato
sulle colonne e una centina per racchiudere il dipinto con l’Eterno Padre.
L’intaglio è complessivamente molto raffinato, soprattutto nella parte centra-
le e lungo lo sviluppo delle colonne. Queste sono state realizzate in quat-
tro parti cave all’interno, con un sistema a cannocchiale che consente di in-
castrare fra loro i vari pezzi. Tutta la superficie del legno è stata poi prepa-
rata con gesso e colla stendendo in sovrapposizione i vari strati per ottene-
re uno spessore e una durezza di preparazione, tale da consentire di sten-
dere e lucidare la lamina d’oro. La forte policromia del dipinto centrale,
opera dell’artista tardo manierista Giovan Bernardino Azzolino, e la splendi-
da doratura della superficie della cona dovevano dare una grande lumino-
sità alla cappella, concentrando la luce al centro della chiesa e creando una
grandiosa scenografia in asse con l’analoga macchina posta di fronte, con-
tenente la tela di Giovan Vincenzo Forli, dipinta nel 1610.
L’opera nel tempo ha subito una serie di alterazioni sia di tipo materico che
strutturale, trasformandosi in un manufatto opaco e scuro. L’opacità della su-
perficie dorata è dovuta essenzialmente all’ossidazione delle vernici so-
prammesse, che hanno ingrigito la lamina conferendole una patina verda-
stra. Le colle e le vernici applicate al grande dipinto dell’Azzolino hanno re-
so il colore scuro facendoci perdere il forte cromatismo dei colori chiari e
cangiati, tipici del pittore, ovattando tutti gli incarnati che, al contrario, con-
servano ancora, al disotto degli strati alterati, una superficie pittorica leviga-
ta e porcellanata.
Dal punto di vista strutturale l’intera macchina, proprio per le caratteristiche
costruttive e qualitative del legno, ha subito gravi fenomeni di deteriora-
mento che hanno portato l’intero manufatto ad una precaria condizione
conservativa. Questa condizione ha reso necessario realizzare un comples-
so intervento di restauro, che è in corso di esecuzione.
L’alta qualità del legno utilizzato per la realizzazione degli intagli e la sua ca-
ratteristica di bassa durezza hanno esposto il materiale all’attacco di insetti
xilofagi, che hanno abbassato le caratteristiche di tenuta meccanica. La di-
versa consistenza dei legni utilizzati, le varie modalità di attacco degli inset-
ti e il diverso comportamento meccanico alle sollecitazioni, hanno modifi-
cato di fatto l’assetto generale e la distribuzione dei carichi verticali. Il forte
deterioramento del legno delle colonne a tuttotondo del livello centrale,
maggiormente danneggiate dagli attacchi degli insetti xilofagi, ha determi-
nato un primo squilibrio strutturale. Le parti verticali dei singoli elementi del-
le colonne, a causa della perdita di capacità meccanica, hanno subito uno
schiacciamento e si sono incastrate nelle parti degli elementi inferiori. Il dan-
neggiamento del legno dell’architrave superiore, la sua deformazione nei
vari piani con la svergolatura di alcuni degli assi, hanno determinato lo sfila-
mento di alcuni dei punti di tenuta originale gravando su altri settori non
supportati da sufficiente carico verticale. Lo sfilamento di alcuni dei tiranti

39
orizzontali dalle sedi murarie, più volte risistemati con l’aggiunta di cunei e
nuovi inserti incollati o inchiodati, ha inoltre causato la rotazione verticale di
alcuni elementi. Tale condizione ha provocato lo sgancio della colonna a
tuttotondo di sinistra e il conseguente sovraccarico dell’opposta colonna di
destra, che oggi si trova appesantita di un carico in origine distribuito su di-
versi altri elementi verticali. Pertanto, questa particolare condizione di stabi-
lità, la perdita di capacità meccaniche del legno, l’ossidazione delle colle
della preparazione con il forte ritiro dei materiali e il conseguente distacco
della preparazione dal supporto ligneo con la formazione di bolle e sco-
dellature della superficie, hanno imposto la predisposizione del progetto
di recupero.
L’opera è da alcuni anni sotto osservazione per controllare l’evolversi della
sua condizione conservativa.
Un primo intervento, a metà degli anni Novanta, ha riguardato la costruzio-
ne di una struttura volumetrica in tubi e giunti per permettere un conteni-
mento e impedire eventuali collassi strutturali. Contemporaneamente su in-
dicazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli, con la
direzione dell’architetto Maria Teresa Minervini e della dott.ssa Gemma
Cautela, è stato condotto dalla M.G.M. di Mauro Moccia uno studio per la
verifica delle caratteristiche meccaniche del supporto ligneo. Tutto il manu-
fatto è stato mappato, individuando una serie di punti sui quali procedere
con l’acquisizione di dati sulla capacità meccanica. Lo studio è stato con-
dotto con l’utilizzo dello strumento ISOGRAFH 400, preventivamente tarato
su un campione di legno di essenza compatibile con quelle originali, otte-
nendo un indice di riferimento generale da confrontare con i vari punti pre-
si ad esame. Per tutti i rilievi lo strumento adottato, interfacciato con uno
specifico programma, ha dato dei grafici con tre indici di riferimento relati-
vi alla resistenza del legno: buona, media e bassa. Sulla scorta dei dati ot-
tenuti si è predisposta una prima mappa delle capacità meccaniche del
supporto, permettendo di predisporre il progetto preliminare posto alla

40
base dell’attuale intervento di restauro.
Il progetto, predisposto dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per
il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di
Napoli e Provincia, prevede una serie di interventi finalizzati al consolida-
mento della superficie e del supporto ligneo ed interventi estetici relativi al-
la pulitura della superficie e all’integrazione plastica della stessa, con l’ap-
profondimento della conoscenza del manufatto finalizzato a predisporre
l’eventuale integrazione progettuale con interventi specifici, soprattutto le-
gati alla stabilizzazione strutturale.
In tal senso è stato avviata, contemporaneamente agli interventi di consoli-
damento e fissaggio della superficie, un’ ulteriore conoscenza di tutta l’ope-
ra attraverso un dettagliato rilievo per capire con precisione la tecnica co-
struttiva e realizzare una restituzione grafica capace di dare indicazioni sul-
l’inserimento di un nuovo sistema di stabilizzazione della parte superiore e
delle colonne. L’attuale conoscenza del manufatto permette di ipotizzare la
realizzazione di un unico elemento strutturale in vetroresina da sistemare
nelle parti vuote della cuspide, direttamente collegata alla struttura muraria,
sul quale verranno creati gli opportuni collegamenti verticali per correggere
il carico dei pesi e stabilizzare la struttura. La realizzazione della fase pro-
gettuale verrà condotta in equipe con ingegneri e restauratori, e con il sup-
porto scientifico del Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e della
Produzione dell’Università degli Studi “Federico II” e dell’Istituto dei
Materiali Compositi e Biomedici del C.N.R.

41
EMILIA-ROMAGNA

Il sito web della Direzione Regionale per i Beni


Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna:
la sezione Area Riservata
Corrado Azzollini

N el corso del 2007, per potenziare sito web appena realizzato


Direzione Regionale per i Beni Culturali

(www.emiliaromagna.beniculturali.it), la Direzione Regionale per i Beni


Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, ha attivato uno specifico pro-
e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna

getto locale.
Con il layout, definito grazie ai fondi CIPE, sono state ulteriormente amplia-
te le sezioni della home page e completate le sezioni che risultavano sem-
plicemente intitolate.
Ora, la sezione Area Riservata risulta utilizzabile da gran parte del persona-
le della Direzione Regionale e di tutto il personale degli Istituti emiliano-ro-
magnoli appositamente individuato da ogni singolo Dirigente d’Istituto. Il
personale suindicato è fornito di User-Id e di Password per l’accesso a tale
sezione dedicata (n. 50 record).
In questa sezione è possibile ritrovare la documentazione inerente i rappor-
ti fra Istituti e Direzione Regionale e non solo.
Ad esempio si è provveduto alla digitalizzazione di tutti i verbali riguardan-
ti sia il Comitato Regionale di Coordinamento che il Comitato Regionale per
i Servizi di Biglietteria (compresi i rispettivi Decreti di istituzione e le succes-
sive modifiche ed integrazioni).
Tutto il materiale suindicato è stato messo a disposizione degli Istituti di-
pendenti nell’Area Riservata (sezioni denominate Archivio CO.RE.CO e
Archivio Servizi Biglietteria).
Direttore Regionale Inoltre, in accordo con la Società ME.TA, che ha curato anche la realizzazio-
Maddalena Ragni
ne del sito, si sono studiate altre possibilità di ampliamento delle funzioni
Coordinamento
per la comunicazione delle sezioni “archivio” (ricerca per argomenti), da proporre alla Direzione
Paola Monari
Generale competente in un prossimo finanziamento per l’ampliamento del
Via S. Isaia, 20
40123 Bologna CMS “Museo & WEB”.
Tel. 051 3397011
Fax 051 339 7077
Con riferimento al D. Lgs. 82/2005 (Codice delle Amministrazioni Digitali) si
dirregemilia@beniculturali.it è provveduto a realizzare la pagina dell’organigramma (struttura organizza-
tiva) della D.R. La pagina si presenta con un’immagine filigranata (il soffitto
della c.d. sala circolare – attuale Ufficio del Direttore) all’interno della qua-
le sono disposte le varie aree ed attività di competenza della Direzione
Regionale. Ad ogni attività corrisponde un’àncora che conduce (automati-
camente) alla relativa sottosezione nella quale vengono precisate le funzio-
ni, le norme di riferimento, e gli uffici gestori del procedimento. Tutti i richia-
mi normativi (anche alle Circolari ministeriali o della Direzione Regionale) so-
no dotati di link (media) attraverso il quale è possibile visualizzare e/o stam-
pare il documento di volta in volta menzionato. In particolare sono state re-
se operanti le sezioni relative a: Archivio, Protocollo Informatico, Rapporti
con il S.I.I.T., Conferenze dei Servizi, Acquisizioni e Dismissioni, Sanzioni,
Contenzioso, Gestione della ex chiesa S. Mattia.
Nell’ambito della sezione Attività Tecnico-Amministrative è stata inserita la
pagina “Sportello dei Contratti Pubblici” secondo quanto disposto dall’arti-
colo 9 del D. Lgs. n.163/2006 e s.m.i,. In questa sezione si potrà anche sca-

42
ricare e/o compilare (con eventuale invio alla P.E.C.) il modulo per l’accre-
ditamento delle Ditte alle Procedure Ristrette Semplificate per gli appalti di
lavori (art. n. 123 del D. Lgs. citato).
Ulteriori sezioni, appositamente realizzate, riguardano norme e interpreta-
zioni inerenti le seguenti attività di competenza della Direzione Regionale:
- tirocini formativi e di orientamento;
- mobilità Intercompartimentale;
- programmazione Lavori Pubblici;
- contributi (artt. Dal 31 al 37 del D. Lgs. 42/2004);
- comitato Regionale di Coordinamento;
- le Soprintendenze di Settore (con indicazione delle sedi, territori di com-
petenza, orari di apertura al pubblico, eventuale link esterno per gli Istituti
dotati di propria pagina web, etc.);
- indicazioni sulla sede della D.R. (dove siamo, come raggiungerci e anche
un video che mostra i lavori di restauro e rifunzionalizzazione eseguiti nel
2003).

43
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna

Restauro di due Registri del Fondo notarile di


Mirandola e di 2 frammenti membranacei utilizzati
come coperta dei registri stessi
Maria Antonietta Labellarte, Tamara Cavicchioli, Alberta Paltrinieri

L’ Archivio di Stato di Modena, attualmente diretto dalla Dott.sa Euride


Fregni, è un Istituto periferico del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali; istituito nel 1862, è deputato all’ordinamento, inventariazione,
conservazione, fotoriproduzione, restauro e gestione del materiale archivi-
stico dell’attuale provincia di Modena e degli Stati che costituivano il domi-
nio estense. L’Archivio conserva un ricco patrimonio documentario dal se-
Direzione Generale per gli Archivi

colo VIII fino ai giorni nostri (particolarmente ricco per quanto riguarda il pe-
riodo dal sec. XV al XVIII) costituito da materiale cartaceo (oltre 160.000
pezzi) e pergamenaceo (circa 17.000 pergamene). L’istituto è inoltre sede
di una Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica.
Si ritiene significativo presentare questo lavoro in quanto esemplificativo di
Archivio di Stato di Modena

un intervento complesso sia per l’eterogeneità dei materiali utilizzati che


per la loro diversa valenza dal punto di vista storico-culturale.
I due registri, facenti parte del fondo notarile di Mirandola, contengono reper-
tori dal novembre 1557 al luglio 1562 (registro n. 180) e repertori dal 1548 al
novembre 1557 (registro n. 181). Nel fondo sopraccitato sono presenti fram-
menti membranacei latini di codici antichi riciclati e riutilizzati per farne co-
pertine di registri e volumi. Gli esemplari in questione sono fra questi.

Direttore Generale
Maurizio Fallace
Via Gaeta, 8a
00185 Roma
Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
segreteriadga@archivi.beniculturali.it

Stato di conservazione
I registri, composti rispettivamente da 60 carte (il n° 180) e da 64 carte (il n°
Direzione Regionale 181), presentano ciascuno una coperta formata da un frammento membra-
per i Beni Culturali
e Paesaggistici naceo. Entrambe le legature sono molto deteriorate sia nella cucitura che
dell’Emilia Romagna
nella coperta; le carte si presentano sporche e in parte lacunose.
Direttore Regionale
Maddalena Ragni
Coordinamento Soluzioni progettate
per la comunicazione
Paola Monari
- numerazione delle carte;
Via S. Isaia, 20
40123 Bologna - documentazione fotografica digitale;
Tel. 051 3397011
Fax 051 339 7077 - scucitura, distacco coperta e pulizia a secco delle carte;
dirregemilia@beniculturali.it - lavaggio con relativa deacidificazione e restauro completo delle carte;
Archivio di Stato di Modena - distacco dei due frammenti di pergamena adesi al cartone che fa da co-
Direttore
Euride Fregni perta, pulitura degli stessi e loro restauro completo;
Corso Cavour, 21 - ricomposizione fascicoli e relativa cucitura su 3 nervi di pelle allumata;
41100 Modena
Tel. 059230549 - esecuzione di una coperta di pergamena ex novo semifloscia inserendo,
Fax 059244240
as-mo@beniculturali.it
per rinforzo, cartoni durevoli su piatti e dorso, nervi di cucitura passanti

44
sui piatti e patta di chiusura;
- condizionamento e collocazione dei due frammenti membranacei nella
“Raccolta di frammenti” di questo Archivio di Stato.
Anche se le prescrizioni tecniche indicano il recupero della vecchia coper-
ta, in questo caso si è deciso di procedere all’allestimento di una coperta
ex-novo fedele all’originale, facendo salve le esigenze di conservazione e
fruizione, in quanto i due frammenti (in fase avanzata di deterioramento) an-
davano staccati poiché rappresentano importanti brani di un codice di
Giustiniano del XIII secolo.

45
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna

Restauro di una grande mappa contenente


“Descrittione di una parte del territorio di Modena
rifatta quest’anno 1641”
Maria Antonietta Labellarte, Tamara Cavicchioli, Alberta Paltrinieri

S i ritiene significativo presentare il lavoro che segue, in quanto evidenzia


in modo particolare la difficoltà che implica il restauro di un supporto di
grande formato.
Titolo: “Descrittione di una parte del territorio di Modona rifatta quest’anno 1641”
Autore: senza autore
Dimensioni: cm. 133 x cm 130 (altezza x base)
Direzione Generale per gli Archivi

Collocazione: Grandi Mappe N° 50


Supporto: cartaceo
Cartiglio: in alto a destra
Orientamento: nord a destra
Tecnica esecutiva: inchiostro e acquarello
Archivio di Stato di Modena

La mappa rappresenta la città di Modena e del suo contado, compresa tra


i fiumi Secchia e Panaro, i canali Naviglio e la Fossa di Sassuolo, e raffigura
con precisione i corsi d’acqua e gli edifici idraulici oltre alle strade princi-
pali. Si tratta probabilmente della copia di una mappa più antica, come si
evince dal cartiglio e dal fatto che manca il disegno della cittadella di
Modena costruita nel 1635 dal Castellamonte. Purtroppo, al momento, non
si conosce il nome dell’autore né del committente. La mappa attualmente
collocata nella serie “Grandi Mappe” per una migliore conservazione, fa par-
te del fondo “Mappario Estense” e precisamente della serie “Topografia di
territori”, che contiene materiale cartografico dei sec. XVI-XIX proveniente
dalle Cancellerie e dalla Camera Ducale Estense, raffigurante porzioni dello
Stato, in particolare l’area ferrarese, sebbene non manchino mappe di terri-
Direttore Generale
tori diversi, acquisiti a vario titolo dall’Archivio degli Este.
Maurizio Fallace Stato di conservazione:
Via Gaeta, 8a La mappa, composta da pezzi di carta di misure varie e differenti fra loro,
00185 Roma
Tel. 06 4969928 si presenta sporca con strappi, lacune e pieghe.
Fax 06 4882358
segreteriadga@archivi.beniculturali.it
Soluzioni adottate:
- Documentazione fotografica digitale;
- Pulizia a secco;
Direzione Regionale
- Fissaggio delle parti acquarellate;
per i Beni Culturali - Lavaggio con distacco dei vecchi restauri;
e Paesaggistici
dell’Emilia Romagna - Spianamento;
Direttore Regionale - Restauro completo con foderatura della mappa;
Maddalena Ragni
Coordinamento
- Spianamento finale;
per la comunicazione - Condizionamento.
Paola Monari
Via S. Isaia, 20
40123 Bologna
Tel. 051 3397011
Fax 051 339 7077
dirregemilia@beniculturali.it
Archivio di Stato di Modena
Direttore
Euride Fregni
Corso Cavour, 21
41100 Modena
Tel. 059230549
Fax 059244240
as-mo@beniculturali.it

46
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna

Veduta Camuncoli
Gino Badini

N el 1991, l’Archivio di Stato di Reggio Emilia dava l’avvio ad un’opera di


recupero della Veduta disegnata da Prospero Camuncoli esattamente
quattrocento anni prima, così come possiamo leggere dallo stesso docu-
mento. L’importanza del disegno era già stata riconosciuta agli inizi del
Novecento ed è tuttora innegabile, per essere una carta, tracciata a volo
d’uccello e con una visuale da nord a sud, dando un’immagine desunta dal
vero di tutta la città.
La Reggio che si deve immaginare fotografata della Veduta Camuncoli è

Direzione Generale per gli Archivi


quella del periodo precedente al 1551 e quindi alla riforma delle fortifica-
zioni, che portò la distruzione di alcuni borghi e altre modifiche alla struttu-
ra della città.

Archivio di Stato di Reggio Emilia


Camuncoli stesso, quale “ingegnere”, collaborò, oltre che con la Comunità
di Reggio anche con ufficiali ducali per i lavori di fortificazione e della ta-
gliata eseguiti a Reggio, nella metà del Cinquecento.
Fu con ogni probabilità lo straordinario archivio di disegni e piante eseguiti
in tale occasione ad essere utilizzato dal Camuncoli nel 1591 per la defini-
tiva stesura della Veduta.
Abbandonato dalle mani dell’autore, il disegno fu, intorno al 1615, in pos-
sesso del Governatore e a questi fu chiesto dagli anziani per essere incorni-
ciato e depositato nel loro archivio.
Troppo bello per restare nascosto, trovò poi spazio nella Sala Grande del
Comune almeno fino al 1641.
In origine il quadro complessivo doveva essere di cm 145 di larghezza e cm
138 d’altezza, ma successivamente la carta fu divisa in sei fogli, alcuni dei
quali privi di parti irrimediabilmente perdute, e comunque nel complesso
resa quasi del tutto illeggibile dal tempo e dal sottile strato di fumo del ca-
Direttore Generale
mino sopra il quale la carta trovò collocazione. Maurizio Fallace
Indispensabile in tal senso la ricostruzione, che oltre ad offrire una straordi- Via Gaeta, 8a
00185 Roma
naria e relativamente semplice lettura della Veduta Camuncoli, consente una Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
diffusione a larga scala di un panorama di Reggio altrimenti perduto. segreteriadga@archivi.beniculturali.it

Direzione Regionale per i Beni


Culturali e Paesaggistici
dell’Emilia-Romagna
Direttore Regionale
Maddalena Ragni
Coordinamento
per la comunicazione
Paola Monari
Via S. Isaia, 20
40123 Bologna
Tel. 051 3397011
Fax 051 339 7077
dirregemilia@beniculturali.it
Archivio di Stato
di Reggio Emilia
Direttore
Luigi Londei
Corso Cairoli, 6
42100 Reggio Emilia
Tel. 0522 451328
Fax 0522 454610
as-re@beniculturali.it

47
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna

Charta del navicare per le isole novamente trovate


Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali

in la parte de l’india (Carta del Cantino): una nuova


lettura alla luce delle moderne tecnologie
Milena Ricci, Pietro Baraldi, Roberto Blo, Francesco Bossi, Maria Speranza Storace,
Simonetta Villanti

I l grande planisfero estense, oggetto delle più attuali indagini diagnostiche


per la conservazione, è uno dei cimeli geografici più importanti al mondo,
in quanto il più antico documento datato rappresentante il continente ame-
ricano.
Divenne proprietà di Ercole I d’Este, duca di Ferrara, grazie al suo ambascia-
tore a Lisbona, Alberto Cantino che, alla fine del 1502, lo portò clandestina-
mente con sé al suo rientro in patria.
Infatti, per soddisfare le richieste del suo illustre committente, Cantino ave-
va fatto preparare in Portogallo questa “Charta del navicare” aggiornata con
Biblioteca Estense Universitaria

le immagini dal nuovo mondo, e l’aveva poi esportata in Italia tra varie vicis-
situdini, passando per Genova e Roma.
Di dimensioni eccezionali (cm 105x220), disegnata su sei fogli membrana-
cei incollati gli uni agli altri, illustrata vivacemente, costò l’equivalente di ben
dodici ducati d’oro e già all’epoca si rivelò subito un documento di straor-
dinaria rilevanza politica: oltre alla descrizione delle terre scoperte da
Cristoforo Colombo “in la parte de l’India”, il planisfero recava l’ultimo ag-
giornamento sull’isola di Ascensione e riportava tutte le rotte commerciali e
di conquista degli spagnoli e dei portoghesi, con accenni alle risorse natu-
rali di quelle terre.
Nella Carta del Cantino figura infatti la prima ripartizione del mondo con-
cordata tra le due grandi potenze colonialiste dell’epoca: tramite un meri-
diano supplementare (la Raja di Papa Alessandro VI del 1493) è visualizza-
Direttore Generale
to l’asse di influenza del nuovo equilibrio mondiale raggiunto da Spagna e
Luciano Scala Portogallo.
Via Michele Mercati, 4
00197 Roma
Il planisfero rimase nella Libreria ducale fino al 1859: dopo l’esilio di
Tel. 06 3216779 Francesco V d’Este scomparve misteriosamente insieme ad altre carte geo-
Fax 06 3216437
segreteria@librari.beniculturali.it grafiche.
Fu inaspettatamente ritrovato dall’erudito modenese Giuseppe Boni undici
anni dopo, appesa alle pareti di un negozio, con un montaggio improprio
subito rimosso all’atto della donazione, avvenuta il 25 aprile 1870.
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici
dell’Emilia-Romagna
Direttore Regionale
Maddalena Ragni
Coordinamento
per la comunicazione
Paola Monari
Via S. Isaia, 20
40123 Bologna
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Fax 051 339 7077
dirregemilia@beniculturali.it

Biblioteca Estense
Universitaria
Direttore
Aurelio Aghemo
Largo S. Agostino, 337
41100 Modena
Tel. 059 222248
Fax 059 230195
biblio.estense@cedoc.mo.it

48
La vecchia custodia in marocchino rosso di cui parlano gli inventari è andata
perduta e a tutt’oggi la Carta del Cantino, segnata C.G.A.2, è esposta al pub-
blico in una bacheca lignea; mantiene la vecchia foderatura ottocentesca di
tela di lino, che presto verrà rimossa dai tecnici dell’Istituto Centrale per la
Patologia del Libro di Roma, in quanto non idonea alla conservazione.
Gli interventi subìti dal planisfero nel tempo hanno interessato la tensione
delle membrane ma non sembrano avere mai contemplato i colori, come
hanno evidenziato le analisi sui pigmenti effettuate di recente con metodo-
logia Raman: i prossimi rilievi con fluorescenza di raggi XRF dovrebbero ap-
portare nuovi contributi ai dati acquisiti, interessanti non solo sotto il profi-
lo storico artistico ma soprattutto sotto l’aspetto dell’archeologia dei mate-
riali utilizzati, dal tipo di pergamena alla composizione dei pigmenti.
In occasione della Mostra Encompassing The Globe: Portugal and the
World in the 16th and 17th Centuries, Washington, Sackler Gallery, 23 giu-
gno - 16 settembre 2007, il planisfero è stato eccezionalmente concesso in
prestito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, previa indagine dia-
gnostica per controllare lo stato di conservazione.
Il trasferimento, non contemplato dalla normale prassi, è stato possibile gra-

zie all’utilizzo di un contenitore precondizionato, dotato di un “data-log-


ger” per il monitoraggio costante dei dati termoigrometrici, realizzato dalla
Ditta Arterìa di Firenze in collaborazione con il Laboratorio ambiente
dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro, per proteggere la carta sia
durante la movimentazione che l’esposizione.
Con l’occasione la Carta del Cantino è stata preventivamente oggetto di un
intervento di conservazione non invasivo da parte di esperti dell’ICPL per
consentire il trasporto e l’esposizione in sicurezza.
Il progetto, elaborato in occasione della mostra di Washington, prevede la
realizzazione di analoghe soluzioni di conservazione in contenitori precon-
dizionati per le altre carte geografiche esposte nella Mostra permanente
della Sala Campori della Biblioteca Estense Universitaria, l’ottimizzazione
dell’impianto di climatizzazione della stessa e la creazione di una banca
dati microclimatici con controllo remoto a cura dell’ICPL. La climatizzazione
della sala non deve escludere la presenza dei contenitori precondizionati
ai quali si attribuisce il compito di sopperire a discontinuità del funziona-
mento del sistema di climatizzazione stesso.
I dati del monitoraggio effettuato all’interno del contenitore realizzato per la

49
Carta del Cantino saranno analizzati a cura del laboratorio dell’ambiente
dell’ICPL.
L’analisi dei dati al rientro del prezioso cimelio ha verificato la buona tenu-
ta del contenitore e non ha rilevato anomalie termoigrometriche sensibili ai
fini della conservazione della Carta del Cantino. È noto infatti che importan-
ti variazioni microclimatiche possono influire negativamente sulla conserva-
zione della pergamena e sulla pellicola cromatica.
Per il controllo dello stato di conservazione dei pigmenti sono stati seguiti i
protocolli concordati con il Dipartimento di Chimica dell’Università di
Modena e Reggio Emilia, che da tempo ha attivato una convenzione con la
Biblioteca per lo studio dei materiali antichi.
Questo momento di studio prevede protocolli che possono essere così
sintetizzati:
1) misura del colore in condizioni controllate, con la stessa strumentazione
e possibilmente mediante uno spettrocolorimetro;
2) esame mediante un microscopio digitale a vari ingrandimenti dello stato
della superficie per rilevare presenza di distacchi di film pittorico, cadu-
te, abrasioni e situazioni di emergenza;
3) analisi mediante microscopio Raman della superficie pittorica per identi-
ficare i pigmenti presenti, i materiali dovuti a ritocchi, ad alterazione nel
corso del tempo per biodeterioramento o alterazione chimica;
4) analisi mediante fluorescenza di raggi X (XRF) dei pigmenti per rilevare la
presenza di elementi aggiunti a completamento delle misure precedenti.
Queste rilevazioni, unite allo studio dei materiali a cura dei tecnici
dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro, forniranno dati di confronto
del manufatto con altri coevi o provenienti da zone limitrofe, permettendo
di verificare l’aggiunta di materiali alieni pertinenti epoche posteriori, e di
identificare il percorso di degrado di alcuni di essi.

Progettazione, Direzione lavori ed


esecuzione:
Roberto Blo, responsabile della
manutenzione macchine e
impianti microclima della
Biblioteca Estense Universitaria.
Francesco Bossi, Laboratorio
ambiente dell’ICPL.
Milena Ricci, responsabile del
Servizio di conservazione e
restauro della Biblioteca Estense
Universitaria.
Maria Speranza Storace,
Laboratorio di conservazione e
restauro dell’Istituto Centrale per
la Patologia del Libro.
Simonetta Villanti, Laboratorio
ambiente dell’Istituto Centrale per
la Patologia del Libro.
Indagini diagnostiche:
Pietro Baraldi, Dipartimento di
Chimica dell’Università degli Studi
di Modena
e Reggio Emilia.

50
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna

Per navigare in cielo e in terra al vecchio modo

Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali


Silvana Gorreri

In una biblioteca dal passato glorioso e che affondi le sue radici nell’illumi-
nato ed enciclopedico secolo XVIII, quale la Regia Bibliotheca
Parmensis (così si denominava allora l’attuale Biblioteca Palatina), non è
difficile trovare anche beni non propriamente bibliografici; rientrava negli
obiettivi eruditi del Bibliothecarius Praefectus dare riscontro anche del
contemporaneo sviluppo scientifico. Perciò, Paolo Maria Paciaudi (1710-
1785), incaricato di dare forma e sostanza all’istituenda Libreria pubblica
del nuovo Ducato borbonico, la incrementava con l’acquisizione del Globo
celeste di Matthäus Greuter e anche con carte nautiche, tra le quali quella
preziosa dei fratelli Pizigano (Ms. parm. 1612), sia l’uno che l’altra oggetto
di recente restauro.

Restauro del Globo celeste di Matthäus Greuter


La richiesta del prof. architetto Carlo Quintelli di esporre il Globo celeste del
Greuter appartenente alla Biblioteca Palatina nella mostra Geometrie della
memoria nell’ambito del terzo Festival dell’architettura, svoltosi a Parma nel-

Biblioteca Palatina
l’ottobre 2006, ha rappresentato l’occasione a lungo attesa per intervenire
con il suo restauro, ripristinandone la compromessa leggibilità, fruizione e
stabilità; il globo presentava infatti danni causati nel tempo dal depositarsi di
polvere e grassi fumi di candele, dall’ossidazione degli inchiostri nelle scrit-
ture e delle componenti minerali in alcune parti colorate, ma soprattutto dan-
ni meccanici, abrasioni e schiacciamenti, causati da una inadeguata cura ne-
gli spostamenti e nella sua conservazione, per poca o assente consapevo-
lezza del suo valore storico e della sua importanza quale bene artistico.
I globi costruiti da Matthäus Greuter (Strasburgo, ca 1566 – Roma 1638),
quello terrestre del 1632 e quello celeste completato nel 1636, realizzati in
Direttore Generale
coppia e ripetuti in serie, erano costituiti, come il globo palatino e gli altri Luciano Scala
superstiti censiti da H. L. Stevenson (Terrestrial and celestial globes…, Via Michele Mercati, 4
00197 Roma
1921), da due calotte polari e ventiquattro mezzi fusi, incisi a bulino su ra- Tel. 06 3216779
Fax 06 3216437
me e acquarellati a mano; le carte stampate venivano montate sulla superfi- segreteria@librari.beniculturali.it
cie esterna di uno sferico e cavo supporto in cartapesta: due emisferi otte-
nuti per sovrapposizione, per uno spessore di circa 3 mm, di vari strati in-
collati di carta di scarto, spesso di stampa, su una matrice in gesso o legno,
dalla quale venivano distaccati quando asciutti e poi riaccostati; i globi leg-
Direzione Regionale per i Beni
geri e manovrabili appoggiavano su una base di legno, e a volte di metallo, Culturali e Paesaggistici
dell’Emilia-Romagna
che forniva il riferimento della linea dell’orizzonte e del meridiano. Presto si
Direttore Regionale
dimostrarono strumento di notevole interesse per la diffusione delle cono- Maddalena Ragni
scenze scientifiche in campo geografico-astronomico e i rami originali, og- Coordinamento
per la comunicazione
gi dispersi, furono stampati fino alla fine del Settecento in numerose edizio- Paola Monari
ni dalla Stamperia De Rossi di Roma. L’esecuzione del restauro, su direttive Via S. Isaia, 20
40123 Bologna
della scrivente, è stata affidata allo Studio Paolo Crisostomi – Roma, che van- Tel. 051 3397011
Fax 051 339 7077
ta una consistente esperienza di lavoro su manufatti uguali e simili. dirregemilia@beniculturali.it
Smontato il globo dalla base e pulito, rimosso la patina superficiale, proba-
Biblioteca Palatina
bilmente olio di lino cotto dato a protezione della sua superficie cartacea,
Direttore
ma nel tempo fonte di alterazioni chimiche e fotochimiche, si è proceduto Leonardo Farinelli
alla deacidificazione locale, previ test e fissaggio, al consolidamento delle Strada alla Pilotta, 3
Tel. 0521 220411
fratture e distorsioni strutturali, alla reintegrazione delle lacune e cromatica, Fax 0521 235662
al fissaggio finale con vaporizzazioni di metilcellulosa ad alta sostituzione e palatina@unipr.it
www.bibpal.unipr.it

51
al ripristino dell’effetto semilucido mediante stesura di cera microcristallina;
pulizia, disinfestazione, chiusura fori e stuccatura delle parti mancanti, rein-
tegrazione cromatica e lucidatura per la base lignea ottocentesca e rimon-
taggio del globo in sede gli hanno restituito l’antica dignità.

Restauro della Carta nautica di Francesco e Domenico Pizigano (Ms.


parm. 1612)
La carta nautica dei Pizigano, che il Paciaudi aveva ricevuto in dono dall’ami-
co Girolamo Zanetti (1713–1782), professore di diritto a Padova, archeologo
e cultore di storia veneziana, e che a sua volta nel 1770 aveva donato insieme
ad altri antichi portolani alla Biblioteca Parmense, sembra risalire al 1367, an-
che se la sua datazione e la stessa attribuzione furono nei secoli scorsi al cen-
tro di accesi dibattiti tra gli studiosi. Non è solo carta di navigazione: rappre-
senta l’intero bacino del Mediterraneo con il Mar Nero e di Azov, ma negli ac-
cenni ai popoli e alle terre dell’interno diventa anche proiezione di incipien-
ti attività commerciali e di rapporti internazionali con paesi e genti lontane. La
figura di Maometto, la Regina di Saba, l’Arca di Noè, San Brandano, città for-
tificate e piene di torri, santuari e monumenti, cammelli, elefanti e uccelli rari,
legende di non facile interpretazione in lingua latina e anche italiana con for-
me dialettali, e altro affollano la sua superficie. Tra i fiumi delineati in verde ap-
pare anche il Volga (tyrus) con il suo corso e il suo delta nel Mar Caspio ad
Astracan: per questa antica presenza, che potrebbe servire a dirimere una
questione di confine tra nazioni sorte dallo smembramento russo, è stata ri-
chiesta la digitalizzazione della carta, impossibile a realizzarsi senza un pre-
ventivo restauro. La carta, su due fogli in pergamena, in passato era stata incol-
lata ad un cartone piegato a cartella e rilegato esternamente in cuoio con su-
per libros della Biblioteca, come gli altri portolani donati dal Paciaudi; in se-
guito fu distaccata e conservata arrotolata in un contenitore cilindrico; si pre-
sentava dura e disidratata, con grinze avallamenti e sovralzi, con lacerazioni ai
bordi e nella linea di vecchia piegatura, abrasioni e gore, colori e inchiostri
sbavati, tracce d’uso e di mal costume, come i fori da puntine agli angoli. Di
comune accordo, la ditta affidataria del restauro (Restauro San Giorgio –
Roma) e chi scrive, avendo ambedue lavorato sulle pergamene bruciate del-
la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, si è adottata la stessa metodo-
logia ivi sperimentata con ottimi risultati, ovvero, previ i dovuti test, si è pro-
ceduto al fissaggio con Akeogard CO e all’ammorbidimento in atmosfera di
vapori d’acqua ed alcoli effettuato in camera a guanti, e in seguito alla sua di-
stensione graduale su telaio con barre magnetiche, asciugatura a temperatura
ambiente, risarcimento delle lacune e consolidamento; la conservazione del-
la carta, naturalmente distesa, è stata progettata in cartellina con riserva alcali-
na e custodia rigida rivestita esternamente in tela Bukram. Un restauro che ha
recato un contributo per la successiva digitalizzazione i cui elaborati si annun-
ciano estremamente interessanti per gli studiosi.

52
LAZIO

Progetto di tutela delle immagini storiche. Restauro


archiviazione e valorizzazione del materiale
fotografico di EUR S.p.a.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio

I l progetto di recupero, archiviazione e valorizzazione del materiale foto-

Direzione Regionale per i Beni Culturali


grafico storico appartenente all’EUR Spa si inserisce in un programma d’in-
terventi mirati alla promozione dell’area scelta fin dal 1936 per l’Esposizione
Universale di Roma.
Il patrimonio architettonico dell’E42 è stato recentemente sottoposto a
provvedimenti di tutela e sono in atto studi e progetti di valorizzazione del-
le monumentali architetture.
La collezione fotografica documenta l’opera di costruzione degli edifici at-

e Paesaggistici del Lazio


traverso le immagini di cantiere, delle strutture appena ultimate, delle inau-
gurazioni e degli eventi di cronaca in occasione di visite ufficiali di perso-
nalità della politica e della cultura, testimoniando non solo gli aspetti archi-
tettonici dell’impresa costruttiva ma anche gli aspetti storici e sociologici ad
essa legati.
Si tratta di una pagina di storia documentata, nel dettaglio, dall’obiettivo del
fotografo incaricato di riprendere l’evento. Molte immagini sono state pro-
dotte dagli studi fotografici Vasari e Cartoni,ed è una storia per immagini. Le
riprese costituiscono autentiche opere d’arte, la cui datazione parte dalla
seconda metà degli anni ’30 fino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso.
Il fondo ha una consistenza di 16.218 immagini su pellicola e lastre di vetro,
che costituisce la più completa raccolta esistente di materiale visivo-docu-
mentario relativo alla realizzazione del progetto urbanistico dell’E 42.
La Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio ha vinco- Direttore Regionale
Luciano Marchetti
lato l’intero fondo e attivato con l’EUR Spa un protocollo d’intesa sul il re-
Coordinamento
stauro e la promozione dell’archivio delle foto storiche. per la comunicazione
Anna Maria Romano
Il restauro rappresenta l’applicazione di una metodologia innovativa che
Piazza di Porta Portese, 1
prevede anche il recupero virtuale, della materia finalizzato a restituire la 00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
perfetta leggibilità dell’opera. Fax 06 5810700
L’immagine verrà recuperata nella sua integrità originaria e informatizzata per dirreglazio@beniculturali.it
www.laziobeniculturali.it
consentire una facile consultazione dei materiali.
Il progetto prevede un’archiviazione delle immagini seguendo standard
conservativi canonizzati, in contenitori idonei e in ambiente climatizzato,
conservando anche gli antichi contenitori in cartone, anch’essi memoria sto-
rica da tutelare.
Le finalità del progetto motivano fortemente la condivisione dell’intervento,
che si propone l’ambizioso traguardo di recuperare la memoria documen-
taria di una pagina di storia volutamente dimenticata.

Fase I Ritrovamento
Il materiale è stato ritrovato nei sotterranei del Palazzo degli Uffici dell’Eur.
Lo stato del degrado era decisamente grave. Polvere e detriti ricoprivano i
contenitori originali e la forte umidità ambientale aveva causato un massic-
cio attacco di agenti biodeteriogeni.
In seguito ad una iniziale inventariazione si è potuto costatare che la colle-

53
zione è costituita da circa 6.000 negativi su lastra di vetro suddivisi in diver-
si formati, circa 9.400 negativi su pellicola plastica e circa 500 diapositive
colore formato 6x6.
Da i primi giorni del mese di maggio di quest’anno è iniziato il recupero dei
primi 3050 negativi su lastra di vetro alla gelatina ai sali d’argento.
Da una analisi iniziale dello stato di conservazione del materiale si è potuta
formulare una prima mappa delle tipologie di degrado. Le cause del dete-
rioramento si suddividono principalmente in due fattori:
cause determinate dal fattore ambientale
cause determinate da fattori legati all’utilizzo ed alla movimentazione.
Al fattore A sono attribuibili gli attacchi biologici causati dalla forte presen-
za di umidità e di depositi di polvere e sporco, la solubilizzazione delle
emulsioni e l’alterazione delle superfici delle emulsioni causata dalla de-
composizione delle buste e dei contenitori originali.
Al fattore B si ricollegano le crinature e le fratture delle lastra di vetro, i graf-
fi e le abrasioni sulle emulsioni, le impronte digitali ormai indelebili.
Al fattore di utilizzo sono da ricollegare anche i numerosi interventi di ma-
scheratura vibili su numerose lastre. Esse venivano eseguite mediante appli-
cazione di nastro adesivo nero o cartoncino incollato direttamente sulle
emulsioni. La varietà e la singolarità di queste applicazioni, progettate e rea-
lizzate direttamente dai fotografi autori degli scatti, che liberamente utiliz-
zavano le emulsioni ad uso e consumo dell’immagine da stampare, rappre-
sentano oggi un valore aggiunto che trasforma ogni singolo supporto in un
vero e proprio originale d’autore.

Intervento di restauro e Conservazione del Materiale


Il restauro fisico-analogico dei supporti delle immagini viene affrontato at-
traverso una metodologia di intervento di tipo conservativo mirata a rallen-
tare il processo naturale di degrado, limitando quanto più possibile l’utiliz-
zo di solventi o prodotti chimici di altra natura, anche se testati.
Il materiale fotografico, è composto principalmente da prodotti chimici i
quali in un breve arco di tempo tendono ad interagire tra di loro e con l’am-
biente in cui sono collocati. L’intervento di conservazione mira quindi a se-
guire il criterio del controllo ambientale, ossia riducendo al minimo gli inter-
venti sui supporti originali e privilegiando la messa in sicurezza del materia-

54
le mediante conservazione in ambiente controllato.
I supporti originali restaurati saranno collocati in buste e contenitori realiz-
zati su progetto specifico, con carta e cartone per la conservazione.
Per le lastre scheggiate e frammentate e le emulsioni gravemente distaccate,
saranno confezionati appositi contenitori di conservazione che garantiranno
la visibilità dell’immagine e l’eventuale manipolazione delle lastre pur man-
tenendole in massima sicurezza.
Tutto il materiale originale restaurato, verrà collocato in archivio-deposito il
cui microclima interno sarà mantenuto costantemente su valori adeguati di
temperatura e umidità.

Acquisizione digitale
Una volta restaurato, il materiale fotografico passa nel laboratorio fotografi-
co dove l’immagine analogica viene acquisita digitalmente. Oggi quasi tutti
i fotografi utilizzano formati digitali per l’alta qualità performativa che con-
sente la scansione ed elaborazione dei file che vengono registrati in diversi
formati, fra i quali i più comuni sono tiff, jpg, pict. Una caratteristica di tali
formati è che, una volta stabiliti e registrati i parametri di luminosità, contra-
sto e colorimetria, non è più possibile recuperare i valori che il file aveva in
origine. Di conseguenza, salvare l’immagine digitale con un parametro di lu-
minosità sbagliato, significa produrre un file scadente e non più recupera-
bile. Operare su archivi fotografici con interventi di digitalizzazione e con-
servazione è sempre stato un problema di grande responsabilità. Infatti i cri-
teri di stampa sono assolutamente soggettivi e un’immagine viene diversa-
mente interpretata a seconda dell’ operatore e delle attrezzature che ha a
disposizione. Per il progetto E42 si è utilizzato il formato Raw, in particola-
re Raw 3F. Esso contiene tutti i dati originali provenienti dalla matrice del
sensore della macchina fotografica e permette di riprodurre valori oggettivi,
registrati senza alcuna variazione di luminosità o compressione. Poiché il ne-
gativo è l’unico documento originale dell’atto fotografico, l’acquisizione di-
gitale di negativi fotografici in formato RAW soddisfa in modo completo tut-
te le esigenze connesse alla conservazione e archiviazione del patrimonio
fotografico. Inoltre, grazie alla codificazione delle informazioni sulla colori-
metria in forma di valori numerici, è possibile attuare un’azione di monito-
raggio dello stato di conservazione dell’emulsione nel tempo.
Il file 3F, in conclusione, permette di elaborare la fotografia a seconda delle
esigenze del momento, utilizzando parametri ben definiti e un controllo ac-
curato della qualità dell’immagine, pur mantenendo sempre di riserva un
formato “neutro”, che si può elaborare/interpretare in tempi successivi, an-
che a seconda della chiave di lettura del momento.

Il Restauro digitale
Gli interventi di restauro digitale seguono di pari passo criteri utilizzati nel ri-
tocco delle opere pittoriche. La tradizionale esperienza riportata sul restau-
ro delle opere d’arte, ci conduce a seguire i criteri delle istanze storica ed
estetica della teoria brandiana, con la sola differenza, e non è poco, che per
l’immagine digitalizzata viene conservata una copia originale integra.
L’intervento, eseguito in Photoshop, si limita ad eliminare gli effetti delle
abrasioni dei graffi e dei depositi di polvere ed ad integrare piccole lacune
dell’emulsione. Rimane rigorosamente invariata la densità della grana del-
l’immagine originale mentre le lacune di media e vasta entità, ove necessa-
rio, vengono abbassate di tono mediante equilibratura cromatica.

55
Archiviazione dei dati
Nella fase finale del progetto una copia a bassa risoluzione dell’archivio fo-
tografico viene trasferita all’interno del sito web che è stato approntato per
essere una banca dati e al contempo uno strumento di ricerca e consulta-
zione delle immagini.
Ciascuna foto è accompagnata da una scheda che contiene campi di testo
funzionali alla catalogazione e i termini utilizzati all’interno di essi sono key-
word, parole chiave definite secondo un Thesaurus prestabilito. Esse con-
sentono ai motori di ricerca interno ed esterno al sito di reperire la parola o
le parole cercate. Il database on line è quindi composto da schede di po-
sitivi da cui si può accedere anche alla scheda restauro, che invece visua-
lizza il negativo, ovvero l’originale fotografico. Poiché le foto da inventaria-
re sono prive di didascalia, è stato approntato un sistema di album che, par-
tendo dal riconoscimento visivo del contenuto, permette di creare “serie
fotografiche” suddivise per argomenti. Una volta avvenuto il riconoscimen-
to del soggetto iconografico e compilata la scheda, è stata predisposta una
modalità di immissione dati che permette di modificare uno stesso campo
di testo simultaneamente e in un numero illimitato di schede. La cataloga-
zione avviene on line per evitare il travaso continuo di dati da un database
all’altro e i dati inseriti vengono salvati automaticamente al cambio di sche-
da. Il sito, inoltre, è corredato da una procedura che permette l’accesso si-
multaneo all’archivio fotografico e consente a numerosi catalogatori di ac-
cedervi contemporaneamente mediante un sistema di password.
In conclusione, il sistema di archiviazione è stato realizzato per rispondere
a esigenze immediate di sistematizzazione e fruizione ma non preclude ad
una catalogazione di taglio scientifico e tecnico, anzi rende più agevole il
lavoro che verrà.

56
Intenzioni di recupero integrale per l’arte popolare
Stefania Massari

I l Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari (MAT) da anni affronta


un’attività di restauro e di conservazione degli oggetti delle proprie
Collezioni di inizio XX secolo sulla base di esigenze e metodi di intervento
specifici. Il manufatto etnografico è per sua natura vario e composito nella
materia, forme, funzioni, capacità di essere compreso e apprezzato nella

Direzione Regionale per i Beni Culturali

Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari


sua natura di documento antropologico: l’impegno di questo Istituto è sta-
to sempre di preservare al massimo la struttura materiale del documento ma
anche di percepirne la qualità estetica ricomponendo, ove possibile, tutti
gli aspetti cromatici, decorativi, plastici che nell’oggetto di cultura popola-
re – per quanto essenziali o marcati – hanno un significato estetico atipico
ma connaturale all’essere comunque un utensile.
Il Laboratorio di restauro del MAT protegge la quantità grandissima di testi-

e Paesaggistici del Lazio


monianze delle nostre Collezioni ma deve anche consentirne l’impiego, la
movimentazione, la messa in opera per manifestazioni, mostre, esposizioni:
il documento etnografico è nella maggior parte dei casi un attrezzo dome-
stico o di lavoro, un abito, un elemento di oreficeria, un ex-voto, un arredo,
comunque un oggetto d’uso dalla natura fragile perché realizzato per un im-
piego personale senza intenzionalità di conservazione a futura memoria
quale intangibile testimonianza storica.
La caratteristica di un oggetto d’arte popolare sta nel poterlo riconoscere
nella sua essenzialità, per la sua estetica dal richiamo visivo immediato, tal-
volta troppo semplice, tal altra carica di colori e di dettagli inconsueti ma
che destano attenzione anche perché risolti mediante tecniche e soluzioni
ragionate e d’effetto. Per l’arte popolare può usarsi il concetto di effimero,
visto che per ogni oggetto c’è la presenza e l’esigenza di una persona, di
un individuo che per una circostanza, per un fatto della propria vita, per Direttore Regionale
Luciano Marchetti
un’occasione di festa o di lavoro ha avuto necessità di un abito, di un uten- Coordinamento
sile, di un arredo, di una favola, di un atto rituale, di un amuleto. per la comunicazione
Anna Maria Romano
Il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari custodisce queste testi- Piazza di Porta Portese, 1
monianze e quando le restaura entra nello specifico della loro natura: 00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
l’espressione antropologica di un oggetto non esclude che sia valorizzato Fax 06 5810700
dirreglazio@beniculturali.it
nelle specifiche qualità oggettive e d’uso. Progetto particolarmente ragio- www.laziobeniculturali.it
nato, meditato, volutamente fondato su significati e consuetudini arcaiche
va dunque considerato - nell’ambito degli interventi che dall’ ultimo decen-
nio questo Istituto conduce – il metodico intervento conservativo e di stu-
dio svolto in particolare sul patrimonio di Abiti tradizionali, delle storiche
Figure presepiali prevalentemente napoletane, dell’anatomia e fisiognomica
in cera che, in ricchissima dotazione, rendono unica e pregevole la
Raccolta etnografica di questo Museo. Ogni Costume regionale, ogni ele-
mento di abito o accessorio, ogni Personaggio del Presepe è stato trattato
dai nostri Restauratori – anche esterni all’Amministrazione dei Beni Culturali Museo Nazionale delle Arti
– come un’opera d’arte a sé quantunque da considerare prodotto di un’esi- e Tradizioni Popolari
Direttore
genza creativa legata a necessità personali di abbigliamento, di fede, di fun- Stefania Massari
zione materiale e ove il vestirsi, il comporre una scena presepiale, l’attenzio- Piazza Marconi, 8/10
00144 Roma
ne nei riguardi di una figurina di cera, sono segnale e studio di un compor- Tel. 065926148 – 065910709 –
tamento e non già una categoria della produzione artistica. Ma l’intervento 065912669
Fax 065911848
conservativo su un elemento di abito non si è mai scisso dalla memoria del- popolari@arti.beniculturali.it
www.popolari.arti.beniculturali.it
l’impronta comunque lasciata da chi quell’abito di primo Novecento può

57
avere indossato; così come una sacralità seppur devozionale non lascia in-
differenti coloro che – recuperando uno per uno le centinaia di figure del
Presepio – ricostruiscono la natura simbolica e archetipica di simulacri di
uomini e donne che affollano l’episodio della Natività. Il MAT è un centro di
collezioni etnografiche che, al di là della cultura materiale, rappresentano
un inedito tesoro di opere espressive che danno, alla cultura e alla sensibi-
lità dei nostri giorni, innumerevoli spunti di riflessione: il metodo di restau-
ro qui applicato mira al risanamento della materia ma percepisce anche il
forte valore estetico e soggettivo che il documento antropologico comun-
que ha insito. Si entra nello spirito dell’opera e il suo eventuale degrado –
se non ne ha stravolto irrimediabilmente l’aspetto – viene affrontato con
ogni tecnica conservativa e di recupero possibile pur di ricondurlo a una
forma che risusciti nell’osservatore sensibilità e capacità di percezione.
Programmi attuati volutamente innovativi di metodo di restauro sono dun-
que state le campagne di interventi realizzate all’interno di questo Istituto su
particolari manufatti di carattere etnografico (Abbigliamento, Religiosità,
Oggetti di devozione in cera, Composizioni polimateriche ) in quanto – pur
nel rispetto dei tradizionali canoni del buon restauro conservativo – si è te-
nuto conto della loro specifica natura che alla componente della storia ag-
giunge la peculiarità di essere testimonianza diretta e personale della vicen-
da quotidiana degli individui cui sono appartenuti.

Coordinamento restauro: Francesco Floccia - Laboratorio restauro: Lucia Cartabrocca, Francesca


Diamante, Roberta Scoponi - Restauratori esterni: Letizia Gattorta (Tessuti e costumi; Cartaceo e
polimaterico); Nicolò Giacalone (Figure presepiali, Ceroplastica,Metalli). Fotografie degli stes-
si Restauratori.

58
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio

I Mille di Marsala
Giovanna Lentini

I l 21 giugno 1860 il Consiglio Civico della città di Palermo deliberò di con-


ferire una medaglia a ciascuno dei Mille sbarcati a Marsala con il generale
Garibaldi l’11 maggio 1860. Le medaglie furono conferite a Palermo solo a
coloro che si presentarono spontaneamente, perciò si ritenne necessario
stabilire un registro ufficiale dei componenti la spedizione, registro che fu
compilato da una Commissione istituita nel dicembre 1861 e reso pubblico
il 19 aprile 1862. Comprendeva i nomi dei 1022 garibaldini cui era conferi-
ta la medaglia. I titoli dei componenti la spedizione furono riesaminati a par-

Direzione Generale per gli Archivi


tire dal maggio 1863 da un Giurì d’onore e nel 1864 fu pubblicato dal
Ministero della Guerra un nuovo Elenco dei Mille di Marsala, comprensivo
di 1072 nomi. Infine, in seguito alla legge 22 gennaio 1865 n. 2119, che as-
segnava una pensione vitalizia di L. 1.000 a ciascun garibaldino e alle con-
troversie che ne derivarono fu stabilito di redigere un ruolo ufficiale defini-

Archivio Centrale dello Stato


tivo. Nel 1877 il Ministero dell’interno dispose una generale inchiesta infor-
mativa il cui risultato fu la pubblicazione nel Supplemento al n. 266 della
Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 12 novembre 1878 dell’elenco alfa-
betico di tutti i componenti la spedizione dei Mille di Marsala, aggiornato
al 23 luglio 1878. Su 1089 componenti la spedizione risultavano 331 morti,
21 incerti, 630 titolari di pensione - il nome dei quali è sottolineato in rosso
nell’elenco manoscritto - e 107 che per diversi motivi non avevano la pen-
sione. (V. allegati).

Operazioni di restauro
Tutte le carte sono state sottoposte alla prova della solubilità degli inchiostri e
delle mediazioni grafiche. Si è rilevato la presenza di penna stilografica blu,
Direttore Generale
Luciano Scala
Via Michele Mercati, 4
00197 Roma
Tel. 06 3216779
Fax 06 3216437
segreteria@librari.beniculturali.it

Direzione Regionale
per i Beni Culturali e
Paesaggistici del Lazio
Direttore Regionale
Luciano Marchetti
Coordinamento
per la comunicazione
Anna Maria Romano
Piazza di Porta Portese, 1
00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
Fax 06 5810700
dirreglazio@beniculturali.it
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sottolineature con matita rossa e inchiostro rosso che a contatto con le solu-
P.le degli Archivi, 27
zioni acquose tendevano a sbafarsi, quindi si è ritenuto necessario fissare le 00144 Roma
Tel. 06 545481
mediazioni colorate con un fissativo tipo Glucel G sciolto in alcool al 30%. Fax 06 5413620
acs@archivi.beniculturali.it

59
Dopo questo primo intervento sono state eseguite le seguenti fasi:
- accurata pulizia a secco mediante pennello morbido ed in maniera più
approfondita con pelle di daino pressata (spugna Wishiab);
- spianamento delle pieghe con stecca d’osso;
- spianamento sotto peso tra fogli di reemay e cartoni;
- velatura mediante velo e adesivo Tylose MH300P, con particolare attenzio-
ne durante le operazioni per le mediazioni grafiche in rosso ed i timbri;
- restauro mediante doppia toppa e velo delle lacune utilizzando carta
giapponese di adeguato spessore, velo e adesivo Tylose MH300P;
- scarnitura a mano con bisturi;
- spianamento sotto peso tra fogli di reemay e cartoni;
- rifilatura a mano rispettando i margini originali;
- ricomposizione del fascicolo.
Realizzazione di un contenitore a doppia C in cartone tipo Cagliari, fodera-
to esternamente con tela tipo Bukram e internamente con carta barriera.

60
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio

Restauro di n. 7 disegni di Ferruccio Scattola


Giovanna Lentini

F erruccio Scattola (Venezia 1873 – Roma, 1950) studia a Venezia e nel


1910 espone alla Biennale, quindi si trasferisce a Istambul dove soggior-
na per un lungo periodo.
Tornato in Italia, nel 1918 espone opere ispirate alla campagna romana; viag-
gia spesso tra Venezia, Bergamo e Roma, dove si trasferisce nel 1930.
Nel 1940 riceve l’incarico di decorare l’atrio del Museo Etnografico all’E42 (ora
Museo delle Arti e Tradizioni Popolari) con un mosaico pavimentale a tarsia
marmorea rappresentante Costumi, maschere ed altri elementi decorativi, di

Direzione Generale per gli Archivi


cui si conservano sette cartoni relativi alle maschere e ai costumi regionali:
Figura femminile in costume tradizionale di Scanno, cm 100 x 150, tempera
e gessetto colorato su carta da spolvero; Figura maschile in costume tradi-
zionale di Scanno, cm 100 x 150, tempera e gessetto colorato su carta da
spolvero; Arlecchino, cm 100 x 150, tempera,grafite e gessetto colorato su car-

Archivio Centrale dello Stato


ta da spolvero; Pulcinella, cm 100 x 150, tempera, grafite e gessetto colorato
su carta da spolvero; Brighella, cm 100 x 150, tempera, grafite e gessetto co-
lorato su carta da spolvero; Il capitano, cm 100 x 150, tempera, grafite e ges-
setto colorato su carta da spolvero; Gentiluomo veneziano, cm 100 x 150,
tempera, grafite e gessetto colorato su carta da spolvero. (V. allegati).
Il materiale da sottoporre al restauro è composto da n. 7 disegni di
Ferruccio Scattola ognuno dei quali misura ca. cm. 100 x 150. I disegni risul-
tano restaurati precedentemente ma con tecniche, metodologie e materiali
non più adeguati.

Operazioni di restauro
Tutti i disegni si presentavano acquerellati e quindi si è reso necessario fis-
sare gli acquarelli con un fissativo del tipo specifico Lukas Fixativ, questo fis- Direttore Generale
Luciano Scala
sativo produce un film protettivo finissimo e chiaro come l’acqua che non
Via Michele Mercati, 4
ingiallisce, si attacca bene al supporto ed è elastico. 00197 Roma
Tel. 06 3216779
Gli interventi di restauro sono stati i seguenti: Fax 06 3216437
- accurata pulizia a secco sul verso e sul recto con pennello morbido e segreteria@librari.beniculturali.it

pelle di daino pressata (spugna Wishiab;)


- pulizia sul verso mediante tamponamento con soluzione idroalcolica;
- demolizioni vecchi restauri;
- distacco del velo dal supporto cartaceo;
- spolveratura accurata con pennello morbido e/o con pelle di daino Direzione Regionale
per i Beni Culturali e
pressati (Wishiab) onde rimuovere residui pulverulenti e di muffe; Paesaggistici del Lazio
- spianamento delle pieghe con stecca d’osso; Direttore Regionale
Luciano Marchetti
- spianamento sotto peso tra fogli di reemay e cartoni; Coordinamento
- velatura mediante velo precollato con Paraloid b72 ; per la comunicazione
Anna Maria Romano
- restauro mediante toppa e velo delle lacune utilizzando carta giappone- Piazza di Porta Portese, 1
se di adeguato spessore e velo precollato con Paraloid b72; 00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
- suture dei tagli marginali con velo giapponese precollato con Paraloid b72; Fax 06 5810700
dirreglazio@beniculturali.it
- scarnitura a mano con bisturi; www.laziobeniculturali.it
- spianamento sotto peso tra fogli di reemay e cartoni;
- rifilatura a mano rispettando i margini originali; Archivio Centrale dello Stato
P.le degli Archivi, 27
Realizzazione di un contenitore per il condizionamento di tutti i disegni. 00144 Roma
Tel. 06 545481
Fax 06 5413620
acs@archivi.beniculturali.it

61
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio

Restauro di n. 29 disegni di G.B. Milani per la Sede


della Confindustria a Roma
Giovanna Lentini

L’ archivio dell’ing. G. B. Milani (15 maggio 1876 – 26 giugno1940) fu ac-


quisito dall’Archivio centrale dello Stato nel 1999.
Al termine del riordinamento, il fondo, i cui estremi cronologici possono es-
sere fissati tra il 1900 ed il 1939, risulta costituito da circa 2500 elaborati gra-
fici (tavole, disegni, schizzi), 83 buste di documentazione (documentazio-
ne di progetto, carte amministrative e personali), circa 1600 fotografie (una
parte allegata alla documentazione e un nucleo di fotografie raccolte in una
Direzione Generale per gli Archivi

serie diversa), per un totale di 116 progetti.


Laureato in ingegneria a Roma nel 1899 G.B. Milani, si forma a contatto di
Guglielmo Calderini con il quale collabora nella progettazione degli arredi
del Palazzo di Giustizia di Roma.
Nel primo decennio del secolo, realizza, per l’I.R.B.S. (Istituto romano beni
Archivio Centrale dello Stato

stabili), nell’area di piazza Mazzini, ex piazza d’Armi, alcuni fabbricati che


possono essere letti come il prototipo della tipologia a “palazzina”, che tan-
to successo avrà negli anni successivi. In relazione alle sistemazioni previste
per l’Esposizione del 1911, Milani ottiene diverse commesse dall’aristocra-
zia romana che gli consente di realizzare numerose ville ubicate nell’area
dei Monti Parioli, nel rione Ludovisi e nella zona a ridosso di Porta Pinciana;
ricordiamo il villino Radziwill (1905), la villa Dentice di Frasso (1910) e la vil-
la Carrega Odescalchi (1911). Nello stesso periodo progetta e realizza ope-
re per la committenza ebraica: la villa Tagliacozzo (1912), il palazzo e la vil-
la Coen (1920) e l’Asilo infantile israelitico (1910); ed anche per gli ordini re-
ligiosi: il collegio e la chiesa dei Mercedari (1922), la casa generalizia per
l’ordine degli Scolopi (1933). I progetti realizzati in questo periodo, deno-
tano una profonda conoscenza del periodo barocco, alla cui rilettura ed
Direttore Generale
Luciano Scala approfondimento, Milani, contribuisce notevolmente, ricordiamo: casa
Via Michele Mercati, 4 Bufarini in via due Macelli, il villino Veneziani e il villino Micozzi.
00197 Roma
Tel. 06 3216779 Certamente una delle realizzazioni più note del Milani rimane lo stabilimen-
Fax 06 3216437
segreteria@librari.beniculturali.it to balneare Roma di Ostia, costruito nel 1923 e distrutto durante la secon-
da guerra mondiale.
Spiccano, tra le opere realizzate in ambito nazionale, le realizzazioni a
Milano e ad Imola tra il ‘27 ed il ’32, come vanno menzionate partecipazio-
ni a concorsi per Modena e Verona ed anche interventi e realizzazioni a
Direzione Regionale Napoli, Reggio Calabria. Ricordiamo, infine, il notevole progetto per
per i Beni Culturali l’Ospedale psichiatrico di Rieti, realizzato in collaborazione con Nicola
e Paesaggistici del Lazio
Direttore Regionale Novelletto (1932). A G.B. Milani va riconosciuto un importante ruolo anche
Luciano Marchetti nell’ambito del mondo universitario, dove svolge la sua attività, prima, pres-
Coordinamento
per la comunicazione so la cattedra di Architettura tecnica alla Regia scuola di ingegneria e, suc-
Anna Maria Romano cessivamente, presso la Scuola di Architettura. All’attività istituzionale, svol-
Piazza di Porta Portese, 1
00153 Roma ta anche quale membro del consiglio superiore di Lavori pubblici, affianca
Tel. 06 5843/5441/5434 una approfondita attività di ricerca e di studio rivolta soprattutto ad analiz-
Fax 06 5810700
dirreglazio@beniculturali.it zare gli aspetti costruttivi dell’architettura. Altro settore che lo appassiona è
www.laziobeniculturali.it
l’indagine e lo studio della tradizione ed il carattere nazionale dell’architet-
Archivio Centrale dello Stato tura italiana e la sua possibile attualizzazione. Con molta probabilità è pro-
P.le degli Archivi, 27 prio questo ultimo tema che lo espone ad un duro attacco da parte dei rap-
00144 Roma
Tel. 06 545481 presentanti del Miar, Movimento italiano architettura razionale. Vicenda che
Fax 06 5413620
acs@archivi.beniculturali.it
lo costringerà ad una progressiva emarginazione da parte del mondo acca-

62
demico teso, in quel particolare periodo storico, a realizzare, sotto la gui-
da di Piacentini, il tentativo di una possibile fusione tra le istanze delle avan-
guardie e l’immagine imperiale del regime fascista.

Stato di conservazione
Il progetto è relativo a 29 pezzi raggruppati in sei rotoli appartenenti
all’Archivio Milani, rinvenuti successivamente ai 447 pezzi sui quali è stato
già realizzato il progetto del Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro
degli Archivi di Stato, programmazione anno 2003, che hanno particolare
urgenza di intervento di restauro sia per i notevoli danni subiti dal contatto
prolungato con l’acqua, sia per la frequente richiesta di consultazione. I
supporti sono sia in carta che in carta lucida, hanno dimensioni che variano
da cm. 54 x 32 a cm. 178 x 68, i disegni, per la maggior parte, sono in cat-
tivo stato di conservazione, molto sporchi, impolverati e logorati.
Spesso presentano la mutilazione dell’intero margine superiore o inferiore
dovuta, evidentemente, al posizionamento verticale del rotolo, che ha
quindi favorito l’azione di infiltrazione d’acqua che ha danneggiato in par-
ticolare tale zona del rotolo.
I margini che presentano questo tipo di lacune hanno forma ondulata o mer-
lata. L’umidità ha causato, inoltre, l’insorgenza di muffe che si sono estese
anche all’interno dei rotoli.
Sono molto frequenti danni meccanici come strappi, tagli, arricciamenti e
frangiature dei margini.
Le mediazioni grafiche a china sono per lo più stabili, le altre a matita, ad in-
chiostro colorato e ad acquerello presentano invece problemi di solubilità.
Complessivamente tutti gli inchiostri sono in buono stato di conservazione.

Operazioni preliminare al restauro


Tali operazioni saranno effettuate su tutti i tipi di supporto e su ogni singo-
lo pezzo:
- test di solubilità degli inchiostri e accertamento del grado di solubilità
delle mediazioni grafiche nei confronti di prodotti e soluzioni che saran-
no utilizzati, sarà eseguita in più punti di ciascun pezzo e per ciascun ti-
po di inchiostro presente, questa operazione sarà eseguita soprattutto
per i disegni su carta.
- documentazione fotografica, a campione, dello stato di conservazione
prima del restauro.

Operazioni di restauro per i lucidi


- Spolveratura: con pennello morbido, facendo particolare attenzione al-
l’eventuale perdita di frammenti.
- sgommatura: mediante l’utilizzo di gomma da cancellare o spugna
Wischab. Si effettuerà solo sul verso con particolare attenzione alle me-
diazioni grafiche a matita.
- spianamento: si effettuerà sotto pressa, nei casi di pieghe o arricciamenti più
persistenti i supporti saranno ammorbiditi con l’utilizzo della cella umidifi-
cante ad ultrasuoni previa prova di solubilità delle mediazioni grafiche.
- suture: nel caso di strappi e lacerazioni saranno effettuate suture con stri-
scioline di velo precollato con Paraloid B72 applicato con termocauterio,
interponendo carta siliconata fra la piastra calda e il supporto.
- mending: il risarcimento delle lacune sarà eseguito mediante velo precol-

63
lato con Paraloid B72 e carta giapponese di adeguata grammatura e colo-
re fatta aderire a caldo:
- velatura a caldo: con velo precollato con Paraloid B72 applicato sul verso
del documento mediante pressa a caldo a valori di 70 atm. e 70° di tem-
peratura per circa 60 secondi, il lucido verrà posto tra fogli di carta bisili-
conata e cartoni tipo Cagliari. Nel caso sia necessario effettuare contem-
poraneamente il risarcimento di lacune, la carta giapponese sarà posta sul
recto del disegno, una volta estratti i documenti dalla pressa a caldo si
procederà alla scarnitura.
- rifilatura: mediante forbici, nel rispetto dei margini originali.

Operazioni di restauro per i disegni su carta


- Spolveratura: con pennello morbido, facendo particolare attenzione al-
l’eventuale perdita di frammenti.
- sgommatura: mediante l’utilizzo di gomma da cancellare o spugna
Wischab o polverino di gomma. Si effettuerà solo sul verso con partico-
lare attenzione alle mediazioni grafiche a matita.
- spianamento: si effettuerà a secco sotto peso o, se è possibile, dopo inu-
midimento per nebulizzazione con acqua e/o alcol secondo la natura e il
grado di solubilità degli inchiostri.
- suture: tagli e strappi saranno suturati con strisce di carta giapponese scar-
nite, si utilizzerà come adesivo il Tylose MH300p al 3,5%.
- mending: le lacune saranno risarcite con la tecnica della doppia toppa in
carta giapponese di tono cromatico e spessore adeguati all’originale, per
alcuni disegni saranno effettuate prima le suture sul verso, poi la fodera-
tura e infine la toppa singola sul recto ad incastro .
- foderatura e velatura: la scelta dell’una o dell’altra operazione sarà presa
in relazione allo spessore del documento. Si utilizzerà carta giapponese
di spessore e tono cromatico adeguati al documento e adesivo tylose
MH300P nella misura di 20 g/l disciolto in acqua, i disegni saranno posti
tra fogli di carta assorbente e reemay e sottoposti a leggera pressione.
Prima di questa operazione bisognerà tener conto della eventuale solubi-
lità degli inchiostri, se risulteranno solubili alle soluzioni acquose si pren-
derà in considerazione l’utilizzo Velo Klucel G disciolto in alcol etilico o
del velo precollato con Paraloid B72 applicato a caldo.
- rifilatura: della carta giapponese eccedente verrà effettuata con forbici,
nel rispetto dei margini originali.

Condizionamento
I disegni con dimensioni fino a cm. 70x100 saranno condizionati in cartelline
con tre alette realizzate con cartone durevole alla conservazione, per disegni
di maggiori dimensioni saranno realizzati contenitori con una struttura in car-
tone cagliari e foderati internamente con carta barriera, il rivestimento esterno
sarà in tela tipo Cialinen e carta, chiusura con due coppie di fettucce.
I materiali ed i prodotti menzionati nei progetti sono dettagliatamente de-
scritti nelle “Prescrizioni tecniche relative ai lavori di restauro e legatoria dei
beni archivistici” a cura di C. Prosperi e E. Tonetti divulgate con lettera cir-
colare n. 27781 M 01.02.02 del 13 settembre 2002 dell’Ufficio Centrale per
i Beni Archivistici.

64
Da Ostia a Berlino. Restauro ed esposizione del letto
funerario dalla necropoli di via Ostiense – Loc. Acilia.

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Riti funerari nel mondo romano: l’uso del letto
funerario
Angelo Pellegrino

F in dall’antichità più remota al culto dei morti venne dedicata una cura par-
ticolare che i Romani, ricchi delle esperienze greche ed etrusche, perfe-
zionarono in cerimoniali complessi e sempre rispettati.

Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia


Da Cicerone apprendiamo che i morti venivano considerati come una col-
lettività di esseri divini, da venerarsi come antenati. Come tali dovevano es-
sere propiziati, altrimenti sarebbero divenuti astiosi verso i vivi e, se trascu-
rati, avrebbero assunto le terribili sembianze di Lemures o Larvae.
Per questo motivo era necessario assicurare, dopo il decesso, un corretto
svolgimento delle exsequiae e dare dignitosa sepoltura al defunto.
Secondo Cicerone e Plinio a Roma il rito funerario più antico era quello del-
l’inumazione e non della cremazione. Anche se quest’ultimo divenne, nella
Roma repubblicana a partire dal 400 a.C., il rito più corrente, fino a quando,
per motivi ancora oggi poco chiari, si diffuse, durante il regno di Adriano
(117-138) l’uso dell’inumazione. All’approssimarsi del decesso i parenti e
gli amici più intimi si radunavano intorno al letto del moribondo. Il congiun-
to più stretto gli dava l’ultimo bacio in modo da cogliere l’anima, che se-

del Lazio
condo credenza, abbandonava il corpo al momento del trapasso. Si chiu-
devano gli occhi del morto, operazione eseguita in genere dai bambini, e
subito dopo i parenti invocavano ad alta voce il suo nome (conclamatio),
procedura che veniva rinnovata fino al momento della sepoltura.
Dopo di ciò il cadavere veniva fatto scendere dal letto e poggiato sulle gi-
nocchia per verificare se fosse realmente morto; poi deposto sulla nuda ter-
ra, lavato con acqua calda e spalmato di unguenti, profusi in quantità per Direttore Regionale
scongiurare una rapida decomposizione. Seguiva la vestizione del cadave- Luciano Marchetti
Coordinamento
re; l’abito variava a secondo dell’importanza sociale del defunto. Si andava per la comunicazione
dalla semplice veste nera alla ricercata toga praetexta. Anna Maria Romano
Piazza di Porta Portese, 1
All’interno della bocca era deposta una moneta, simbolico pedaggio a 00153 Roma
Caronte, per farsi traghettare sulla sua barca nell’oltretomba. L’ultimo passag- Tel. 06 5843/5441/5434
Fax 06 5810700
gio del mesto rituale, forse il più solenne, consisteva nell’esposizione del dirreglazio@beniculturali.it
cadavere, adagiato su un lectus funebris , riccamente decorato e addobba- www.laziobeniculturali.it

to, se la famiglia era benestante, e con i piedi rivolti verso la porta di casa.

Soprintendenza per i Beni


Archeologici di Ostia
Soprintendente
Maria Antonietta Fugazzola
Via dei Romagnoli, 717
00119 Ostia Antica
Tel 06 56358099
Fax 06 5651500
segreteria.ostia@arti.beniculturali.it

65
Sempre in base all’importanza del defunto il tempo dell’esposizione varia-
va dai tre ai sette giorni (i più poveri venivano seppelliti già il giorno seguen-
te il decesso, portati via all’interno di un feretro di poco costo detto sanda-
pila). Trascorso il tempo dell’esposizione avveniva il trasporto della salma al
luogo della sepoltura. L’antico uso romano dettava che i funerali si svolges-
sero nottetempo alla luce di torce (chiamate funes, dalla cui parola derive-
rebbe il termine funus, funerale), consuetudine poi decaduta e conservata
solo per il funus acerbum, il funerale infantile, o per le persone povere.
Del corteo funebre facevano parte, oltre ai parenti, amici, liberti e servi, an-
che musici e prefiche. Giunti al luogo della cremazione o dell’inumazione,
si lanciava una manciata di terra sul cadavere e, nel caso dell’incinerazione,
si spezzava una piccola parte di osso, di solito un dito, da seppellire (os
resectum). La cremazione del cadavere e del letto funebre su cui questi gia-
ceva poteva avvenire nello stesso luogo ove le ceneri sarebbero poi state
sepolte (bustum sepulchrum) oppure in un luogo apposito (ustrinum).

La pira (rogus) era formata da una catasta rettangolare di legna; gli occhi del
defunto venivano aperti un’ultima volta; i parenti gridavano ancora una vol-
ta il suo nome; il fuoco veniva poi appiccato con delle torce e dopo che il
cadavere era stato consumato dalle fiamme, le ossa calcinate venivano rac-
colte in un lenzuolo di lino (ossilegium).
L’evento successivo consisteva nel deporre le ceneri frammiste alle ossa in
contenitori di vario tipo: urne in marmo, in pietra o in terracotta, più o me-
no decorate. Queste venivano poi alloggiate all’interno di nicchie (colum-
baria) praticate nei muri di edifici. Per il rito dell’inumazione si andava dalla
deposizione in terra, in tombe in muratura, in sarcofagi fittili o marmorei.

66
Tra le classi sociali di rango elevato vigeva l’uso di esporre il corpo del de-
funto sul letto funerario, esposto nell’atrio della casa. L’impiego dei letti fu-
nerari, in funzione del solo rito della cremazione, imitavano i letti di lusso da
parata di epoca ellenistica, lavorati in ambito italico in osso bovino o equi-
no. Ad Ostia i primi esemplari di lecti mortiferi si collocano verosimilmente
dopo la prima metà del II sec. a.C.. Le indagini archeologiche effettuate in
località Acilia, nel corso degli anni ’90, lungo un tratto della Via del Mare
hanno permesso di riportare alla luce un cospicuo tratto della necropoli
della via Ostiense.
Durante lo scavo dell’area funeraria sono stati rinvenuti numerosissimi fram-
menti, nell’ordine del migliaio, di ossi lavorati tali da far pensare ad un uti-
lizzo, se non praticato in larga scala, certamente diffuso del letto funerario.
I frammenti ossei della necropoli attestano peraltro l’uso del letto nel solo
rito dell’incinerazione: gli ossi risultano chiaramente calcinati, anneriti o de-
formati dal contatto con il fuoco del rogo funebre.
I frammenti scelti nel contesto di un’ipotetica ricostruzione degli elementi
costitutivi del lectus (gambe, telaio e fulcra) sono stati sottoposti ad un ac-
curato intervento di restauro che ha previsto una fase preventiva di pulitura
e disinfezione con acqua deionizzata e Desogen. Si è passato poi al con-
solidamento dei frammenti con resina acrilica. Il successivo lavoro di cerni-
ta è stato finalizzato al raggruppamento dei pezzi appartenenti alle varie
parti del letto e ove, possibile all’incollaggio dei frammenti. Questi ultimi, al
fine di una corretta musealizzazione, sono stati assemblati su appositi sup-
porti in plexiglass.
I frammenti restaurati, pertinenti al letto funerario sopra descritti sono stati
oggetto, nel 2002 di uno scambio interculturale della durata di un quin-
quennio, avvenuta nell’ambito della Convenzione stipulata tra il Ministero
per i Beni e le Attività Culturali e Stiftung Preussischer KulturBesitz zu Berlin il
4.7.1991.

Funzionario Responsabile:
Angelo Pellegrino - SBAO
Attività di coordinamento
e raccordo:
Sandra Terranova - SBAO
Redazione scientifica dei testi:
Flora Panariti - SBAO
Archivio fotografico:
Resp. Elvira Angeloni - SBAO
Giulio Sanguinetti - SBAO
Settore grafico:
Aldo Marano - SBAO

67
Il letto funerario in osso dalla Necropoli
occidentale di Aquinum
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Giovanna Rita Bellini

I l letto funerario in osso di cui si presenta il restauro è stato rinvenuto in una


delle tombe della necropoli occidentale di Aquinum (Regione Lazio,
Provincia di Frosinone, Comune di Castrocielo), nell’ambito dello scavo ar-
cheologico condotto nell’Area di Servizio Casilina Est dell’Autostrada A1
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio

Roma-Napoli finanziato come archeologia preventiva da Autostrade per


l’Italia S.p.A.. Il restauro (insieme allo studio antropologico, allo studio dei
corredi, alla ricostruzione 3D della necropoli, alla realizzazione di un GIS
per la gestione informatizzata dei dati) è stato condotto con finanziamento
ARCUS. Del letto, relativo ad inumazione, erano conservati in sequenza sia
pur di crollo tutti gli elementi delle sponde e dei fulcra, oltre alle quattro
gambe integre ed ancora infisse nel piano pavimentale, prelevati quindi dai
restauratori in fase di scavo in funzione della ricostruzione.
del Lazio

In laboratorio le attività di microscavo delle quattro gambe del letto recupe-


rate con tutto il pane di terra, di pulitura, di consolidamento, di incollaggio
Direttore Regionale
Luciano Marchetti e di restauro dei singoli pezzi hanno consentito di documentare le tecniche
Coordinamento di manifattura (in particolare la realizzazione “a piani sovrapposti” delle figu-
per la comunicazione
Anna Maria Romano re in rilievo mediante lamelle di osso sagomate ed incollate fino ad ottenere
Piazza di Porta Portese, 1 l’intero soggetto, la tornitura di alcuni elementi e la doratura in foglie d’oro).
00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434 Il microscavo delle quattro gambe del letto ha permesso di acquisire il mag-
Fax 06 5810700
dirreglazio@beniculturali.it
gior numero di informazioni possibili circa la giusta alternanza di ogni pur
www.laziobeniculturali.it piccolo elemento costitutivo. La pulitura è stata prevalentemente meccani-
ca con pennelli di setola morbida, specilli e bisturi (una successiva pulitura
chimica è stata eseguita con una soluzione di acqua distillata e alcool puro
a tampone al fine di rimuovere le ulteriori tracce di terra).
Il consolidamento si è reso necessario per quei frammenti che presentava-

Soprintendenza per i Beni


Archeologici del Lazio
Soprintendente
Marina Sapelli Ragni
Via Pompeo Magno, 2
00196 Roma
Tel.06 3265961
Fax 06 3214447

68
no una estrema fragilità e frammentarietà ed è stato realizzato con resina
acrilica Paraloid b72 al 15% in alcool puro dato a pennello su velatino di
poliestere dal retro. Le tracce di doratura a foglia trovate in alcuni punti del-
le figurine delle gambe sono state consolidate con paraloid al 1,5% in al-
cool puro. L’incollaggio è stato eseguito con resina acrilica Uhu-Hart reversi-
bile in acetone. Le integrazioni sono state eseguite con materiale integrante
Archostucco caricato con inerti della casa (3:7) più bianco di titanio e ocra
gialla Maimeri sciolti a bagnomaria.

Gli elementi in ferro sono stati puliti meccanicamente con bisturi e trapano
dentistico con frese al carborundum o in acciaio, quindi trattati con dirug-
ginante Fertan e con Paraloid b72. Sempre in laboratorio si è proceduto con
la stesura e il posizionamento dei frammenti (diverse centinaia) direttamen-
te sull’ingrandimento 1:1 del grafico, per visualizzare e verificare le reali
possibilità di incollaggio fra pezzi distaccati e/o scivolati per il crollo e la Coordinamento scientifico:
Giovanna Rita Bellini
pressione del terreno soprastante. La misurazione dei singoli elementi in re- Coordinamento tecnico:
lazione al punto di rinvenimento e la ricerca iconografica hanno portato ad Raffaele LeoNardi, Land srl
Indagini Territoriali &
una prima elaborazione grafica del letto che costituisce la base per il pro- Archeologiche
Restauro: Paola Aureli per la Soc.
getto di ricostruzione fisica del manufatto. Progecor S.r.l.
Nelle proposte preliminari di ricostruzione si è tenuto conto dei tipi di fram- Conservazione e restauro di Beni
Culturali, con la collaborazione
mento, delle loro dimensioni, del numero di attestazioni e della disposizio- sullo scavo di Marco
Demmelbauer e in laboratorio di
ne al momento della scoperta. Nel recupero dell’aspetto originario un con- Enrico Montanelli
siderevole aiuto è fornito dalle dimensioni e dalla disposizione delle aste di e Maria Cristina Aureli
Ricostruzione preliminare del letto:
ferro delle gambe, rinvenute ancora in verticale nella posizione originaria a ri- Stefano Pracchia
Direzione Generale
dosso delle pareti della tomba. Questo particolare ha permesso di stabilire per i Beni Archeologici
che in origine il letto era lungo ca. 190 cm e largo ca. 80 cm.. L’altezza delle Documentazione fotografica:
Mario Letizia

69
aste di ferro, ca. 50 cm. documenta quella delle gambe. La sovrapposizione
degli elementi d’osso delle gambe, inoltre, lascia sulla sommità delle aste di
ferro una lacuna corrispondente all’altezza originaria della struttura lignea del
telaio: poco più di 9 cm. Fondamentali nella ricostruzione del telaio sono gli
elementi torici, rinvenuti lungo entrambi i lati lunghi e alcuni elementi ango-
lari. Partendo da questi dati è stato possibile stabilire che la decorazione dei
lati lunghi del telaio era organizzata secondo uno schema tripartito, con gli
elementi torici al centro e riquadri con cornice aggettante alle due estremità.
La congruità della ricostruzione proposta è sostanzialmente verificata dal let-
to funebre con analoga tripartizione presente su un rilevo della tomba degli
Haterii, rinvenuto nel suburbio di Roma, lungo la via Prenestina.

70
Scuola cantiere, Chiesa della S. Trinidad
”ASUNCION, Paraguay.

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Progetto di assistenza tecnica per il restauro ed il recupero di edifici
di valore storico-artistico, 2005. Il progetto di restauro e l’apertura
del cantiere: il programma, gli interventi e gli obiettivi raggiunti
Gabriella Marchetti

I l corso sulla formazione ha preso l’avvio in un cantiere di restauro imposta-

Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggio


to su un modello di pronto intervento nella Chiesa della S. Trinità ad
Asunciòn, in Paraguay. La preparazione del cantiere è stata avviata prima di
iniziare il corso intensivo di tre settimane assieme al maestro d’opera sig.
Damiano Grisanti, capomastro della ditta FAIM s.r.l. È stata messa a frutto
l’esperienza maturata nei cantieri della Soprintendenza di appartenenza
con l’apporto indispensabile sotto il profilo organizzativo dei funzionari
dell’IILA. Fatto il sopralluogo e visionati accuratamente tutti gli ambienti ac-
cessibili della Chiesa, è stata scelta l’area d’intervento,confermando le ipo-
tesi ventilate durante una precedente ricognizione. Con il supporto dei di-
rigenti locali, incaricati del Ministero delle OO.PP e del Ministero della
Cultura,sono stati reperiti i materiali,individuati i mezzi da mettere in opera

del Comune di Roma


ed effettuate le forniture necessarie allo svolgimento del cantiere e degli in-
terventi. Nonostante le difficoltà che normalmente si incontrano in questi
casi sono stati espletati tutti gli atti preparatori per l’organizzazione del can-

del Lazio
tiere. Dove c’era carenza di strumentazioni si è sopperito con l’inventiva
della manualità,operando artigianalmente e con il reperimento di materiali
di qualità quali la calce, ancora rinvenibile nel territorio allo stato naturale,
ed il grassello di calce, tradizionalmente spenta, come non più in uso in
Italia. Con altrettanta ingegnosità si è realizzato il ponteggio, nonostante le
difficoltà per la messa in sicurezza derivate dalla carenza di precise norma-
tive e della relativa tecnologia. Sono stati messi a disposizione dalle autori-
Direttore Regionale
tà alcuni operai di imprese locali che, sotto la guida e con l’apporto manua- Luciano Marchetti
le del sig. Damiano Grisanti, hanno iniziato la messa in opera del ponteggio. Coordinamento
per la comunicazione
Nel contempo per entrare più rapidamente nel progetto delle opere di re- Anna Maria Romano
stauro da sviluppare durante il corso e del relativo cantiere scuola ,si è pre- Piazza di Porta Portese, 1
00153 Roma
sa visione in anteprima di una tesi di laurea sul monumento, insieme a tutta Tel. 06 5843/5441/5434
la documentazione storica, grafica ed iconografica, raccolta da alcuni tiro- Fax 06 5810700
dirreglazio@beniculturali.it
cinanti. Una serie di incontri con gli studiosi della facoltà di Architettura e i www.laziobeniculturali.it
tecnici del Municipio hanno consentito uno scambio di dati sul piano di
conservazione e valorizzazione del Centro storico della città in atto, che
comprende l’area della Chiesa della Trinità.
La Chiesa della S. Trinità, edificata dal governatore Lopez su progetto del-
l’architetto italiano A. Ravizza, è un’opera significativa del particolare mo-
mento storico (1853), legato alla nuova configurazione politica della città e
del Paese, quando la città di Asunciòn diventa capitale; è ancora adesso un
punto di riferimento per il quartiere e l’intera città, e come tale è ricompre-
sa nell’ambito del piano di riqualificazione del centro storico, pur rimanen-
Soprintendenza per i Beni
do fuori dal nucleo abitativo centrale. Architettonici e Paesaggio
Messo in opera il cantiere di pronto intervento è formalmente iniziato il cor- del Comune di Roma
Soprintendente
so in aula ed in cantiere, con l’arrivo dell’architetto Giuseppe Simonetta, co- Federica Galloni
ordinatore scientifico del progetto. Il programma teorico-pratico del corso Via di San Michele, 17
00153 Roma
è stato incentrato sul tema generale dell’organizzazione del cantiere di re- Tel. 06 5811566
stauro, realizzato come opera pubblica. L’articolazione del corso si è svi- Fax 06 5883340
sbappsadroma@arti.beniculturali.it
luppata per la parte teorica mediante la trattazione degli argomenti specifi-

71
ci delle singole competenze,della progettazione degli interventi,dell’ammi-
nistrazione ordinaria e straordinaria, della normativa, della sicurezza,dell’ap-
palto dei lavori, delle diverse figure professionali nel progetto e nel cantie-
re e della verifica progettuale.
All’inizio ha trovato molto spazio ed interesse l’argomento relativo alla reda-
zione del piano di fattibilità, da non confondersi con il progetto prelimina-
re, quale elemento basilare della programmazione finanziaria della Pubblica
Amministrazione in Italia. A tal proposito è stata ribadita la centralità dell’ar-
chitetto progettista quale figura chiave tra la Committenza, pubblica, e
l’Imprenditoria, privata: è sulle attività conoscitive e speculative del proget-
tista che trova fondamento il piano di fattibilità a sostegno di una program-
mazione di natura economica; da un valido piano di fattibilità consegue la
qualità del progetto di restauro fino alla concreta realizzazione dell’opera.
Insieme all’arch. Giuseppe Simonetta si è argomentato in aula delle diverse
fasi di elaborazione del progetto di restauro, preliminare, definitivo ed ese-
cutivo; si è trattato di come ed in quale modo altre figure professionali di
diverse discipline, sia umanistiche che tecniche, interagiscano e collabori-
no con l’architetto progettista a supporto del progetto stesso. È stata intro-
dotta la novità della figura del programmatore della teoria artistica, come
mediatore tra l’apprendimento e la realizzazione. Si è discusso di come va-
da elaborata una stima preventiva ed un computo metrico definitivo, di
quando e come va steso un cronoprogramma, redatto un capitolato specia-
le d’appalto, fondamentale per l’ appalto e per il contratto fino agli adem-
pimenti tecnici ed amministrativi della consegna dei lavori e della contabi-
lità in corso d’opera. Il cantiere nel frattempo è continuato perfezionando la
fase di preparazione dei materiali necessari con la lavorazione artigianale
degli impasti per le malte e per i colori. Sono stati eseguiti i calchi per la ri-
presa delle modanature architettoniche degradate, sviluppando gli aspetti
applicativi del cantiere simultaneamente al procedere dell’approfondimen-
to del progetto generale e delle esercitazioni didattiche. Sono stati esegui-
ti i saggi stratigrafici sulle superfici architettoniche e le indagini sulle pavi-
mentazioni originarie, estendendole all’esterno dell’edificio. Con l’arrivo
della restauratrice sig.ra Rosanna Di Filippo è stato impostato il vero e pro-
prio intervento di restauro sulle superfici architettoniche decorate per la
parte di campionatura, svolto secondo le canoniche operazioni di spolve-
ratura, pulitura, consolidamento e reintegrazione. A tutte le operazioni in
cantiere hanno partecipato direttamente come apprendisti i corsisti.
Attraverso la verifica progettuale dei lavori originali prodotti dai corsisti si è
definita la conclusione del cantiere sia pratica che amministrativa. Gli aspet-
ti teorico-conoscitivi trattati in questo corso sono stati associati ad un indi-
rizzo di metodo ispirato alla tradizione umanistica di matrice mediterra-
nea,pur avendo come modello di riferimento le procedure tecnico-ammi-
nistrative adottate in Italia. La filosofia dell’intervento ha privilegiato l’aspet-
to creativo dell’architetto rispetto alle conoscenze tecniche e materiali,al fi-
ne di fornire un progetto e la sua realizzazione nell’ambito del restauro dei
Coordinatore scientifico monumenti. Il cantiere è stata la sede opportuna della simulazione applica-
del progetto:
Giuseppe Simonetta tiva degli aspetti teorici introdotti in aula. L’attività didattica e la formazione
Docente e Direttore dei lavori
del cantiere: Gabriella Marchetti
nel cantiere sono state verificate congiuntamente in modo alternativo e quo-
Restauratrice: Rosanna Di Filippo, tidianamente. In questo modo l’impostazione conoscitiva ha avuto un im-
Amm.re Unico della Delphica
Restauri mediato riscontro nell’operatività, del “fare per conoscere”. Tale comporta-
Coordinatore dell’IILA:
Nicola Bramante
mento per se stesso innovativo ha permesso per la prima volta di verificare
Capocantiere: Damiano la bontà dell’indirizzo di metodo per la formazione permanente.
Grisantidella FAIM srl
L’espediente didattico del coinvolgimento diretto dei corsisti, che sono sta-

72
ti chiamati a fornire il loro contributo professionale originale, oltre che in
cantiere anche mediante una serie di esercitazioni a tema, ha permesso uno
scambio continuo docenti e discenti che ha prodotto un progetto comu-
ne,che va dal piano di fattibilità generale, al progetto di massima per il re-
stauro della Chiesa fino arrivare al progetto esecutivo cantierabile di un pri-
mo lotto di lavori, con il relativo computo metrico estimativo elaborato in
base ai prezzi di mercato locali, ed ha incluso l’avvio di uno studio di ap-
profondimento delle relazioni tra la musica e la struttura architettonica e de-
corativa della Chiesa.”
Questa esperienza che ha interessato un gruppo di circa venti professioni-
sti, non solo del Paraguay, ma anche di altri paesi dell’America Latina, ha rag-
giunto gli obiettivi prefissati e può a pieno titolo costituire l’esempio pilota
di un metodo didattico mirato alla formazione professionale permanente
post lauream, di un gruppo di professionisti a livello regionale, al fine di tro-
vare un sistema di “comunicazione” universalmente riconosciuto e ricono-
scibile che permetta di formare i futuri formatori, che possono in tal modo
interloquire fra di loro. Quanto sperimentato in Paraguay costituisce un’ulte-
riore tappa fondamentale per la realizzazione della formazione culturale
permanente, iniziata a Montevideo in Uruguay nel 2002.

73
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio

L’intervento conservativo nel Cimitero


dei Cappuccini in Via Veneto - Roma,
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Chiesa della Concezione


Adriana Capriotti, Giovanni Arcudi, Gianfranco Tarsitani, Giovanna Pasquariello

I l ragguardevole complesso cimiteriale, collocato nell’area sottostante la


Chiesa della Concezione in Via Veneto, è stato interessato da un articolato
intervento conservativo tra l’autunno del 2006 e il primo semestre del 2007.
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico

L’insieme, realizzato intorno alla metà del Settecento e composto da una se-
rie di sei cripte, costituisce una sorta di unicum per ampiezza e impegno
esecutivo, essendo l’impressionante quantità di materiale osseo organizza-
to in modo da creare decorazioni parietali con motivi fogliacei e figurazio-
ni, nonché elementi architettonici, quali colonne, capitelli e nicchie entro le
quali si trovano collocate mummie cappuccine, sette e ottocentesche, in
ed Etnoantropologico del Lazio

abiti monastici. Interessante caso di confluenza tra devozione, antropologia


e arte, il Cimitero di Via Veneto versava in uno stato di estremo degrado a
causa dei notevolissimi depositi di polveri e dei numerosi distacchi di fram-
menti ossei. L’intervento ha, per la sua complessità, reso necessario il con-
fronto e la partecipazione di specialisti diversi che hanno operato in base a
competenze specifiche. Sono, infatti, state affrontate problematiche relati-
ve allo studio storico-artistico e documentario del Cimitero, al recupero del-
le cripte inteso nella sua complessità polimaterica, allo studio degli inqui-
del Lazio

nanti biologici e chimici nei confronti degli operatori e dei materiali, non-
ché al trattamento dei due corpi mummificati maggiormente degradati e dei
relativi sai di rivestimento. Per evidenti motivi legati alle condizioni del cimi-
tero, le operazioni dei restauratori delle cripte sono state precedute da un
trattamento di disinfezione che ha permesso di affrontare l’intervento in
condizioni di sicurezza. Particolare attenzione è stata, inoltre, riservata ai di-
Direttore Regionale
spositivi di protezione personale, cosicché gli operatori hanno costante-
Luciano Marchetti mente utilizzato, durante il lavoro, idonee tute integrali, maschere con dop-
Coordinamento
per la comunicazione
pio filtro, occhiali e guanti che venivano sostituiti giornalmente dopo ogni
Anna Maria Romano trattamento. Le operazioni più impegnative hanno riguardato l’aspirazione e
Piazza di Porta Portese, 1
00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
Fax 06 5810700
dirreglazio@beniculturali.it
www.laziobeniculturali.it

Soprintendenza per il
Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico del Lazio
Soprintendente
Rossella Vodret
Piazza San Marco, 49
00186 Roma
Tel. 06 69674201
Fax 06 69674210

74
il controllo delle ingenti quantità di particellato presente su tutte le superfi-
ci, nonché la verifica manuale della stabilità di ogni singolo osso ed il fissag-
gio delle varie parti pericolanti; la presenza di cataste composte da teschi,
bacini, femori, disordinatamente riassemblate nel corso di manutenzioni
non professionali, come ovvio effettuate nei secoli direttamente dai Padri
Cappuccini, ha richiesto un impegno laborioso per riordinarne la posizione
e restituire coerenza all’insieme. In ogni momento, la singolarità del materia-
le trattato ha richiesto l’elaborazione di metodologie adeguate alla soluzio-
ne dei vari problemi che si ponevano, quali l’ancoraggio di alcuni elementi
a rischio presenti nelle cataste, lo smaltimento delle polveri di risulta trami-
te incinerazione, la costruzione di tavolati lignei sul piano di terra battuta
delle cappelle sotto cui ancora restano spazi vuoti e casse lignee in cui ve-
nivano conservati i corpi prima della riesumazione. Non sono, inoltre, man-
cati ulteriori segmenti di lavoro dedicati al trattamento dei materiali lapidei
e delle opere su tela presenti nel cimitero.

L’intervento ha dovuto confrontarsi anche con il problema rappresentato


dalle mummie, stanti e distese, ma tutte ugualmente in pessime condizioni,
e dai sai di cui sono rivestite; pertanto, dopo le operazioni di sanificazione,
di movimentazione e svestizione, due dei corpi sono stati analizzati e ade-
guatamente trattati per diversi giorni in soluzioni alcooliche concentrate per
favorire la ulteriore stabilizzazione dei tessuti e la rimozione di eventuali re-
sidui di materiali estranei. Si è proceduto, quindi, alla ricomposizione dei
rapporti anatomici delle strutture ossee disarticolate; i resti corporei sono
stati trattati con paraffina fusa mista ad oli essenziali allestita con garze idro-
file. Successivamente i corpi sono stati avvolti in bende trattate con paraffi-
na fusa, consentendo sia di fermare, nella rispettiva sede anatomica, le strut-
ture ossee disarticolate, sia di raggiungere il completo isolamento dei corpi
dall’ambiente esterno, con eccezione dei due capi, dei quali è stato con-
servato, al momento, l’iniziale stato scheletrico; le strutture dentarie sono
state ripulite e, per quanto possibile, restaurate. E’ stato, di conseguenza,
possibile procedere al rivestimento dei corpi con i sai preventivamente trat-
tati, il cui stato di conservazione iniziale era pessimo. Il corredo funebre di

75
Finanziamento: Ministero
dell’Interno - Fondo Edifici
di Culto
Progettazione e Direzione
Lavori: Ministero per i Beni e le
Attività Culturali.
Soprintendenza per il
Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico del Lazio,
Dott.ssa Adriana Capriotti
Trattamento conservativo delle
cripte: Vincenzina Tancini e
Cristiano Marconi
Conservazione tessuti:
Consorzio Texla di Zahra
Azmoun e Barbara Santoro
Trattamento conservativo dei
corpi mummificati: Università
degli Studi di Roma Tor Vergata
- Scuola di Specializzazione in
Medicina Legale. Prof. Giovanni
Arcudi, Prof. Silvestro Mauriello,
Dott. Gennaro D’Agostino
Controllo del rischio biologico
e chimico nell’intervento
conservativo della cripta dei
bacini:
Ministero per i Beni e le Attività
Culturali - Istituto Nazionale per
la Grafica, Dott.ssa Giovanna
Pasquariello; Università degli
Studi di Roma “La Sapienza”-
Dipartimento di Scienze di
Sanità Pubblica, Prof.
Gianfranco Tarsitani, Dott.ssa
Catia Moroni, Dott. Diego
Caputo, Dott. Roberto Corsi

ogni frate comprendeva, oltre all’abito in tela di cotone marrone realizzato


dai Cappuccini stessi e alla cintura di corda, anche un rosario in legno. I ma-
teriali apparivano coperti da un consistente strato di particellato incoerente
depositatosi nel corso del tempo, e in alcuni punti i tessuti risultavano
sbiancati a causa del rilascio di liquidi biologici dai corpi mummificati; no-
tevoli erano, inoltre, le deformazioni, mentre le fibre risultavano molto sec-
che al tatto. Da una prima indagine effettuata sul particolato depositato sui
tessuti è risultato che il pH era acido (compreso 5-6) condizione sfavorevo-
le per la conservazione delle fibre di origine vegetale. Una iniziale pulitura
meccanica, eseguita con un aspiratore (tipo Munz museum) ad atmosfera
controllata, ha permesso la rimozione parziale e controllata del particolato
incoerente; tuttavia, per poter eliminare lo sporco ormai inglobato nelle fi-
bre e i residui di sostanze biologiche, si è reso necessario un lavaggio con
soluzione acquosa costituito da acqua deionizzata e detergente anionico.
Il lavaggio ha permesso di eliminare totalmente lo sporco e di riequilibrare
il pH del tessuto, e ha reso la fibra più idratata e malleabile. Succes-
sivamente i sai sono stati posizionati su un piano e con l’ausilio di imbotti-
ture realizzate con cotone idrofilo sintetico rivestito con film di polietilene
è stata ripristinata la forma tridimensionale originale eliminando le deforma-
zioni createsi nel tempo. L’asciugatura è avvenuta in ambiente arieggiato a
temperatura ambiente.
L’intervento conservativo ha, inoltre, richiesto la presenza di un team di spe-
cialisti (biologi, chimici ed igienisti), per valutare il potenziale rischio di
agenti patogeni per i restauratori, di biodeteriogeni per i beni artistici e di
permanenza nell’ambiente di sostanze chimiche utilizzate per la disinfezio-
ne. Pertanto nell’ambito dell’intervento conservativo, in una delle cripte pre-

76
sa a campione (cripta dei bacini), sono stati effettuati monitoraggi: aerobio-
logici (con campionatore DUO SAS Super 360), microclimatici (con termoi-
grometro digitale), microbiologici – delle ossa e dei tessuti dei sai – (con
tamponi e membrane di acetato di cellulosa sterili) e chimici (con sistema
CMC Dräger). I monitoraggi sono stati effettuati in diversi orari della giorna-
ta, prima, durante e dopo gli interventi conservativi della cripta; sono state
eseguite analisi della carica microbica totale e della carica fungina e batte-
rica. Dai monitoraggi aerobiologici e dalle analisi microbiologiche delle su-
perfici dei beni artistici è emerso che la sanificazione è stata efficace. Gli in-
dicatori chimici misurati (etanolo ed esapropanolo) hanno mostrato un pic-
co durante il trattamento di disinfezione, cui è seguito, un rapido abbatti-
mento legato all’aerazione dell’ambiente. Infine è emersa una corretta utiliz-
zazione dei dispositivi di protezione individuale dei restauratori, strumenti
indispensabili per la difesa della salute e per ridurre il rischio microbiologi-
co e chimico durante i trattamenti conservativi.

77
LIGURIA
Interventi di restauro e valorizzazione in Liguria

Gli Istituti liguri, da sempre impegnati attivamente nella tutela dei beni cul-
turali su un territorio difficile per conformazione e storia, portano avanti con
grande spirito di collaborazione molti interventi di restauro e valorizzazio-
ne, progettati, diretti e condotti da tutti i funzionari tecnici, architetti, stori-
ci dell’arte, archeologi, restauratori, geometri, capi-tecnici, archivisti.
Direzione Regionale per i Beni Culturali

Quest’anno a “Restaura“ la Liguria presenta due interventi:

“Restauro dell’appartamento dei Principi Ereditari” di Palazzo Reale

I mportante esempio di un complesso restauro, reso possibile grazie alla


e Paesaggistici della Liguriaa

costruttiva collaborazione tra la Direzione Regionale, la Soprintendenza


per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e il Direttore del Museo di Palazzo
Reale.
Sono stati ricostruiti gli spazi, restaurate le pitture all’antica del 1842, realiz-
zate ex novo le stoffe in seta che ricoprono pareti e poltrone e sono stati
ricollocati i notevoli mobili in legni intarsiati commissionati da Carlo Alberto
all’ebanista inglese Henry Thomas Peters.
L’appartamento ora, dopo decenni di chiusura, è finalmente aperto alle vi-
site.

“Restauro di 29 documenti relativi ai rapporti tra la Repubblica di


Genova e l’Impero Romano d’Oriente secc. XII – XV”
L’Archivio di Stato di Genova, unico al mondo a custodire documenti origi-
nali bizantini su carta del XII secolo, dotati di “menologio”, la famosa sotto-
Direttore Regionale
scrizione ad inchiostro rosso della cancelleria imperiale, ha completato nel
Pasquale Bruno Malara 2006, un importante lavoro di restauro che, grazie alle più innovative e so-
Coordinamento
per la comunicazione
fisticate tecniche, li ha resi nuovamente consultabili dagli studiosi di tutto il
Laura Giorgi mondo.
Via Balbi, 10
16126 Genova
dr-lig@beniculturali.it
www.liguria.beniculturali.it
Due esempi di come sia nostra preoccupazione la tutela del patrimonio e
con orgoglio far conoscere il nostro impegno nella sua conservazione per
assicurare, anche in futuro, il pieno godimento dei beni, il loro uso, la loro
manutenzione a testimonianza della nostra storia.

78
Museo di Palazzo Reale, Genova. Il restauro
dell’appartamento dei principi ereditari

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Luca Leoncini

I l 29 e 30 settembre 2007, in occasione delle Giornate Europee del


Patrimonio, al termine di un complesso intervento, nell’ambito della più
generale opera di sistemazione delle funzioni del Palazzo Reale di Genova,
è stato inaugurato ufficialmente e riaperto al pubblico l’appartamento dei
Principi Ereditari, già noto come appartamento del duca degli Abruzzi.
Destinato da Carlo Alberto al figlio Vittorio Emanuele in occasione delle
nozze con Maria Adelaide d’Asburgo Lorena, celebrate a Stupinigi nel

Soprintendenza per i Beni Architettonici


1842, l’appartamento è formato da dieci sale poste al primo piano nobile
della reggia genovese. Quegli ambienti appartennero in passato a due ap-
partamenti indipendenti, riservati nel Settecento dai Durazzo, gli antichi

e per il Paesaggio della Liguria


proprietari della dimora, ad inquilini di prestigio. A partire dal 1841, furono
dunque interessati da radicali lavori ispirati al gusto Luigi Filippo per i primi
sette ambienti di rappresentanza, con profusione di lampassi preziosi alle
pareti e arredi neobarocchi. Per le ultime tre sale, che costituiscono la suite
privata dei giovani principi, di minor dimensioni e di atmosfera più intima,
si preferì invece uno stile più sobrio, orientato all’eleganza dello stile Carlo

della Liguria
X. Fu l’ebanista inglese Henry Thomas Peters a disegnare e a realizzare con
tecniche allora all’avanguardia i mirabili arredi della camera da letto nuziale,
dello studio dei principi e del camerino cinese.
L’appartamento, da allora sempre riservato ai principi ereditari di Casa
Savoia, fu utilizzato dalla famiglia reale fino al 1946: uno dei suoi inquilini
più assidui fu, per l’appunto, Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, duca degli
Abruzzi, celebre esploratore, navigatore, alpinista e ammiraglio, nato a
Madrid nel 1873, mentre suo padre Amedeo, duca di Aosta, era re di
Direttore Regionale
Spagna. Dopo il 1948, l’appartamento fu messo a disposizione del Pasquale Bruno Malara
Presidente della Repubblica, e poi, negli anni settanta del Novecento, par- Coordinamento
per la comunicazione
zialmente trasformato in uffici e depositi. L’attento restauro, supportato dal- Laura Giorgi
le precise descrizioni inventariali del 1844, ha dunque inteso restituire agli Coordinamento per le iniziative
per l’innovazione in Liguria
aulici ambienti non solo l’antico splendore perduto, ma la suggestiva iden- Elena Calandra
tità di prestigioso interno ottocentesco, documento della storia della civiltà Via Balbi, 10
16126 Genova
dell’abitare e contenitore di pregiate collezioni d’arte. dr-lig@beniculturali.it
www.liguria.beniculturali.it

Soprintendenza
per i Beni Architettonici
e per il Paesaggio della Liguria
Soprintendente
Giorgio Rossini
Via Balbi, 10
16126 Genova
Tel. 010 2710242
Fax 010 2461937
ambientege@arti.beniculturali.it

79
Il restauro più recente (2003-2007) ha riguardato, preliminarmente, l’archi-
tettura delle tre sale della suite privata che, nel corso del Novecento, in
coincidenza delle nuove funzioni, avevano visto profondamente alterate le
dimensioni e la spazialità. I lavori architettonici sono stati progettati da M.
Salvitti, architetto della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesag-
gistici della Liguria e da Raffaele Colombo, architetto della Soprintendenza
per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria. Gli spazi sono stati
filologicamente restituiti alle volumetrie ottocentesche, grazie alla guida del-
le tracce architettoniche e dei documenti. L’intervento ha curato, tra l’altro,
il restauro delle superstiti pitture all’antica del 1842, sulle volte di due delle
tre sale, restauro realizzato da Monica Piatti, Genova.
La ricostruzione filologica dell’arredo ottocentesco delle tre sale, progetta-
ta da Luca Leoncini, storico dell’arte e direttore del Museo di Palazzo Reale,
ha comportato la realizzazione ex novo delle stoffe in seta che ricoprono
le pareti e con le quali sono prodotti sia i tendaggi, che le tappezzerie di
sedie, poltrone e sofà: i lampassi sono stati ricostruiti dalla ditta Rubelli di
Venezia, fondata nel 1858 e specializzata nella produzione di tessuti pre-
giati con tecniche artigianali, sulla base dei frammenti superstiti delle stoffe
originali e con la fondamentale guida delle descrizioni dell’inventario stori-
co del 1844. È stata quindi ricollocata nelle tre sale la notevole serie di mo-
bili in legni intarsiati commissionata da Carlo Alberto all’ebanista inglese
Henry Thomas Peters, realizzata appositamente per quegli ambienti, insie-
me alle porte disegnate dallo stesso artista e prodotte con i medesimi legni
pregiati (acero e palissandro): il restauro e la posa in opera delle porte so-
no stati curati dal laboratorio di Franco Aguzzi, Genova. I mobili, in passato
smembrati e destinati ad altre sedi, sono stati per l’occasione restaurati, riu-
niti e riproposti nelle loro collocazioni originali, anche grazie alla fondamen-
tale collaborazione del Prefetto di Genova, Giuseppe Romano. Soprattutto
i due letti a baldacchino della camera da letto nuziale, molto alterati nel
Novecento, hanno richiesto un lungo e delicato intervento di ricostruzione
dei baldacchini, eseguito con non comune perizia dal laboratorio di
Il restauro dell’Appartamento dei Matthias Kunkler, Genova. Anche la ricollocazione di porte, cornici, riloghe,
Principi Ereditari finanziato dal
Ministero per i Beni e le Attività
mantovane e tendaggi, lampadari, mobilio, quadri e oggetti di arti decora-
Culturali sui fondi della tive si è basata sulle precise indicazioni dell’inventario del 1844.
Soprintendenza per i Beni
Architettonici e per il Paesaggio Il lungo processo di riqualificazione e i numerosi restauri, diretti da Luca
della Liguria
Leoncini, si sono valsi della fondamentale collaborazione di Orietta Doria,
Soprintendente per quanto riguarda le tre camere della suite privata, e di Paola Parodi e
Giorgio Rossini
Direzione Lavori (dipinti, pitture Stefano Vassallo, per le sale di rappresentanza: tutti e tre sono restauratori
murali, tessuti, arredi,
riallestimento delle sale) della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della
Luca Leoncini, Direttore del Museo Liguria, sui cui fondi sono gravate le spese dell’intera opera iniziata dunque
di Palazzo Reale con la
collaborazione, per la suite privata nel 1999 e terminata nel 2007. L’appartamento, dopo i lunghi decenni di
dei principi (2003-2007) di
Orietta Doria restauratrice della chiusura, è dal 29 settembre 2007 di nuovo aperto alle visite del pubblico
Soprintendenza per i Beni (per informazioni 010/2710285).
Architettonici e per il Paesaggio
della Liguria
Direzione Lavori (lavori edili)
Manuela Salvitti, architetto della
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggisitici
della Liguria
Raffaele Colombo, architetto della
Soprintendenza per i Beni
Architettonici e per il Paesaggio
della Liguria
Restauratore dei baldacchini dei
letti, delle cornici e di due
cassettoni in legno intarsiato di
Henry Thomas Peters (1842)
Matthias Kunkler, Genova

80
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria

Restauro di n. 29 documenti relativi ai rapporti


tra la Repubblica di Genova e l’Impero Romano
d’Oriente, secc. XII – XV
Roberto Santamaria

Notizie storiche

“G enova ... non possiede una piazza di San Marco ... un duomo … che
si ispiri con i suoi mosaici allo splendore di Bisanzio. Genova cela …
nell’angustia dei suoi vicoli ogni cosa: anche il ricordo di Bisanzio resta na-
scosto dietro il fluire degli eventi, custodito fra i tesori dell’Archivio e nelle

Direzione Generale per gli Archivi


pagine dei cronisti che fanno rivivere quei secoli di storia. Nessun altro ar-
chivio occidentale possiede tanti documenti originali bizantini e tante mi-
gliaia di atti notarili quanti ne possiede Genova a ricordare i mercanti geno-
vesi nell’Oriente per trarvi la ricchezza della loro città”.
Con queste parole Peter Schreiner, docente di storia bizantina presso

Archivio di Stato di Genova


l’Università di Colonia, sottolinea l’importanza del vastissimo patrimonio do-
cumentario conservato presso l’Archivio di Stato di Genova, un patrimonio
costituito non solo da atti notarili e commerciali ma anche dai documenti
che attestano le relazioni diplomatiche intercorse tra l’Impero bizantino e la
Repubblica di Genova, frutto dell’ininterrotta presenza genovese in Oriente
nel Medioevo, dal XII al XV secolo.
L’Archivio genovese è l’unico al mondo a custodire documenti originali bi-
zantini su carta del XII secolo dotati di “menologio”, la famosa sottoscrizio-
ne ad inchiostro rosso apposta dalla cancelleria imperiale.
Questi documenti, noti agli storici del mondo intero, versavano in uno sta-
to di conservazione deplorevole. I gravi danni subiti nel corso del tempo,
compresi maldestri tentativi di restauro ottocenteschi, il supporto partico-
larmente delicato (la fragile carta “bambagina”), le loro grandi dimensioni Direttore Generale
(alcuni superano il metro di lunghezza) avevano condotto questo inegua- Maurizio Fallace
Via Gaeta, 8a
gliabile patrimonio ad un livello di degrado tale da renderne impossibile la 00185 Roma
consultazione e metterne a rischio la stessa sopravvivenza. Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
Il restauro, completato nel 2006, è stato eseguito con le più innovative e so- segreteriadga@archivi.beniculturali.it
fisticate tecniche dal laboratorio Litterae di Gussago sotto la direzione di
Stefano Croce.
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
Descrizione dello stato di conservazione e Paesaggistici della Liguria
Direttore Regionale
I supporti presentavano un diverso stato di degrado; le carte erano spesso Pasquale Bruno Malara
Coordinamento
feltrose, di consistenza bambaginea tendente alla sfibratura. Erano inoltre per la comunicazione
presenti gore diffuse, sfrangiature, smarginature, strappi, lacune, attacchi di Laura Giorgi
tarlo e talvolta fungini. Coordinamento per le iniziative
per l’innovazione in Liguria
Si è riscontrato anche scotch e in un caso graffette metalliche. Elena Calandra
I documenti cartacei erano mediamente in pessimo stato di conservazione, Via Balbi, 10
16126 Genova
quelli membranacei in discreto stato di conservazione. dr-lig@beniculturali.it
www.liguria.beniculturali.it

Operazioni di restauro Archivio di Stato di Genova


Direttore Paola Caroli
- spolveratura con pennello morbido Piazza S. Maria in Via Lata, 7
- test sistematici della solubilità degli inchiostri 16128 Genova
Tel. 0105957581
- vista la particolarità delle carte, i documenti non sono stati lavati né deacidi- Fax 0105538220
asge@archivi.beniculturali.it
ficati (se non necessario), ma tamponati con soluzione idroalcolica al 60% www.archivi.beniculturali.it/ASGE/asge.htm

81
- Ricollatura a pennello con Tylose MH300p al 2% in acqua
- Mending eseguito secondo la tecnica manuale seguendo la metodologia
della “doppia toppa” con carte giapponesi di metà spessore rispetto al-
l’originale e di tono cromatico adeguato e Tylose MH300p al 4% in acqua
- La velatura è stata effettuata solo quando indispensabile
- Rifilatura con bisturi della carta in eccesso
- Lo spianamento è avvenuto sotto peso onde evitare l’appiattimento del-
le fibre originali
- I sigilli anche se frammentati sono stati protetti in fase di spianamento con
gomma piuma

Per i documenti membranacei:


- Trattamento con soluzione idroalcolica per tamponamento
- Spianamento sotto peso
- Restauro con doppia carta giapponese
- Rifilatura a forbice della carta in eccesso
- Allestimento dei contenitori
Per ogni documento è stata confezionata una cartellina in carta permanente
con tre alette di chiusura. Tali cartelline sono quindi contenute in 4 conteni-
tori bivalve.

82
LOMBARDIA

Le indagini ed il restauro degli stucchi


altomedievali provenienti dalla Basilica
di Santa Maria Maggiore di Lomello
Marina De Marchi, Paola Strada, Michela Palazzo, Antonio Sansonetti

Direzione Regionale per i Beni Culturali


I frammenti erratici di stucco appartenenti alla decorazione altomedievale
della basilica di Santa Maria Maggiore di Lomello rivestono una notevole im-
portanza nel quadro dello studio degli aspetti tecnico – produttivi e storico
– artistici di questo genere di manufatti del Medioevo. Il complesso basilica-

e Paesaggistici della Lombardia


le di appartenenza, tra i più rilevanti a scala nazionale e internazionale, sorge
su un sito pluristratificato che presenta strutture edilizie sviluppatesi in tem-
pi diversi includendo ampliamenti, ricostruzioni ed opere strutturali che si
chiudono con i restauri di Gino Chierici svolti negli anni ’40 del XX secolo.
Lo straordinario ciclo decorativo in stucco con teoria di santi loricati ed al-
tre figure maschili stanti (di cui si conserva piccola parte) si deve al ruolo
che Lomello svolse dall’epoca paleocristiana all’età protoromantica, grazie
alla sua posizione di snodo viario tra i territori dell’Italia centro settentriona-
le e le Gallie.

Direttore Regionale
Carla Di Francesco
Coordinamento per la
comunicazione
Manuela Rossi, Cristina Ambrosini
Corso Magenta, 24
20123 Milano,
Tel. 02 80294217
Fax 02 80294232
segreteria@lombardia.beniculturali.it

Il cristianesimo era già presente a Lomello in età paleocristiana; Paolo


Diacono cita le fortificazioni di Lomello (oppidum) a proposito dell’incon-
tro tra il futuro re Agilulfo e Teodolinda (590); una trentina di anni dopo
(620) Fredegario narra del confino a Lomello imposto a Gundeberga, figlia
di Teodolinda ed Agilulfo, per trame di palazzo.
È quasi certo, inoltre, che Lomello sia stata una corte regia già in età longo-
barda, una curtis è infatti ancora nota nell’XI secolo.
Lomello ebbe una storia florida e ricca di nobiltà e di rapporti sociali con il
potere, re longobardi, re d’Italia, imperatori, e classi dirigenti laiche ed ec-
clesiastiche (vescovi, abati, giudici, ecc.); queste relazioni coprono, nel
corso dell’altomedioevo, un raggio di influenza molto ampio che può scon-
finare con tutti i territori regi e imperiali, ma i rapporti – esplicitati nelle fon-
ti scritte - con Como, Verona, Piacenza, Parma, Nonantola, Novalesa, Pavia e
Ivrea sono più che sufficienti a pensare che la committenza degli stucchi va-
da ricercata tra i conti palatini e i conti di Lomello, che con il loro ruolo ter-

83
ritoriale erano indubbiamente in grado di calamitare attorno al palazzo e al-
la pieve artisti di fama provenienti forse anche da lontano.
In questo contesto la basilica di Santa Maria Maggiore godeva di privilegi e
dei relativi simboli.
I frammenti di stucco erratici provenienti dalla basilica rappresentano ciò
che è rimasto di un insieme decorativo posizionato sulla parete alta della
navata centrale, nelle zone tra le grandi monofore centinate del claristorio
sud, sembra solo nella parte orientale dell’edificio (resti in corrispondenza
della prima campata).
Il ciclo costituisce un esempio raro di decorazione in stucco conservata,
che bene si inserisce entro le testimonianze di stucchi italiani ed europei di
epoca ottoniana e romanica; è databile entro la prima metà dell’XI secolo.
Della decorazione a stucco è rimasto in situ solo la figura acefala di un per-
sonaggio maschile con tunica, cintura e mantello, probabilmente un santo,
che era inserito in una teoria di figure stanti dal forte aggetto plastico, com-
prendenti anche santi guerrieri, cui un discreto numero dei frammenti og-
getto dell’intervento conservativo sono riconducibili. Il repertorio decora-
tivo attestato negli stucchi, di spessore diversificato, comprende anche mo-
tivi vegetali (fogliame, palmette, un fiore a 4 petali con tracce di policro-
mia), frammenti di colonnine e di capitelli, un muso di cane e una trentina
circa di frammenti di figure umane (resti di loriche, di drappeggi, di mani;
un busto clipeato ecc.).
Stucchi ed affreschi costituivano il partito decorativo dell’importante colle-
giata, esempio di avvio precoce dello stile architettonico romanico in area
lombarda. L’edificio attuale è stato impostato infatti nella prima metà dell’XI
secolo; la trasformazione in stile barocco realizzata tra il XVII e il XVIII seco-
lo aveva completamente stravolto l’interno; la fascia in stucco venne infatti
a trovarsi all’altezza delle nuove strutture voltate entro il corpo centrale e ciò
causò la distruzione e la perdita irreparabile di quasi tutto l’insieme.
Qualche anno prima di intraprendere il radicale restauro dell’interno, pro-
gettato e diretto dall’architetto Gino Chierici tra gli anni Quaranta e
Cinquanta del XX secolo, nei sottotetti sull’estradosso delle volte barocche,
sono stati visti diversi lacerti in stucco, sia su porzioni della parete del cla-
ristorio sia su uno degli archi-diaframma; frammenti di stucchi dovevano gia-
cere già staccati sugli estradossi stessi delle volte; il restauro architettonico
poi ha fatto il resto. I resti della decorazione in stucco furono recuperati, an-
che tramite lo stacco dalle pareti, e ricoverati ad un certo punto nel sop-
palco di un locale della canonica, dove sono rimasti fino all’avvio dell’attua-
le intervento conservativo.
L’attuale frammentarietà e erraticità del corpus degli stucchi si sono rivelati
aspetti che se da un lato hanno penalizzato notevolmente lo studio icono-
grafico e storico artistico del ciclo decorativo, dall’altro hanno favorito l’in-
dagine tecnologica permettendo di ricostruire ogni fase della loro produ-
zione ed un confronto con quanto già noto per analoghi cicli decorativi. In
questo senso il corpus di stucchi lomellini rappresenta una fondamentale
occasione per la conoscenza e lo studio degli aspetti tecnico – produttivi
di questo ambito artistico nel medioevo anche perché, non avendo mai su-
bito interventi di restauro basati su criteri di ripristino estetico e non pura-
mente conservativi, risultano portatori di una notevolissima quantità di infor-
mazioni (residui di policromia, abbondanti resti di materiale costitutivo or-
ganico come fibre di cannucce e frammenti di cordino della struttura di so-
stegno, netti segni di lavorazione, ecc.).
Dai dati acquisiti attraverso l’osservazione dei frammenti e la realizzazione

84
di indagini diagnostiche svolte in occasione di questo studio, sono quindi
emerse in modo chiaro le procedure esecutive della decorazione e il pre-
cario stato di conservazione nel quale sono giunti fino a noi.
L’impasto dello stucco è risultato essere costituito da gesso; l’analisi per dif-
frazione ai raggi X ha messo in luce la presenza ulteriore di calcite e di quar-
zo che sono ascrivibili alla componente aggregato.
Dal momento del recupero i frammenti sono stati esposti a continui sbalzi
di umidità, alla probabile infiltrazione di acqua dalla copertura; situazione
che ha creato danni irreversibili: macchie, ingrigimento, decoesione del ma-
teriale costitutivo, alveolizzazione e abrasione superficiale.
Proprio per le caratteristiche morfologiche dei pezzi, al momento della de-
finizione delle procedure operative per l’intervento di restauro, non è risul-
tato idoneo l’utilizzo di metodi di pulitura chimica e fisica tradizionali. Il
materiale costitutivo risultava troppo decoeso, comunque fragile, molto as-
sorbente e le prove svolte hanno dato risultati non soddisfacenti spingen-
doci ad intraprendere strade alternative anche se non ancora consolidate
nel campo dello stucco. Il gruppo di lavoro ha quindi deciso di testare un
metodo di pulitura laser. Il laser già da molto tempo è entrato nella prassi di
cantiere nelle operazioni di pulitura dei materiali lapidei; pochi risultano,
però, gli studi che hanno visto l’applicazione del laser su stucchi. La linea
del nostro intervento si è basata, per questi motivi, su principi altamente
conservativi e sul criterio del minimo intervento.
In questo la scelta del laser per la pulitura ha consentito di operare con se-
lettività rimuovendo uno sporco che in generale si presentava polveroso,
pur aderendo a superfici in fase di polverizzazione anche spinta.
L’equilibrio raggiunto tra efficacia di pulitura e nocività, operando tra 450 e
475 mJ/cm2, viene considerato di alto livello. Si è scelto uno strumento Laser
Quanta System Palladio; una prima osservazione visiva ha consentito di sta-
bilire quali fossero le fluenze operative più opportune.
A causa della scarsità della bibliografia di riferimento specifica su stucchi, si Lo studio della composizione
degli stucchi è stato svolto dal
è deciso poi di affrontare una valutazione strumentale riguardo all’efficacia centro diagnostico CENISCO
e alla nocività del metodo, facendo di questo restauro una importante oc- dell’Università degli Studi del
Piemonte Orientale; prove di
casione di sperimentazione della pulitura laser. laboratorio svolte dalla dottoressa
Elena Basso con il coordinamento
del professore Saverio Lomartire.
È stato svolto uno studio in
microscopia elettronica a
scansione SEM + EDS inglobando
i microframmenti di stucco in
resina epossidica; sono inoltre
state realizzate delle sezioni sottili
con le quali è stato possibile
svolgere lo studio al microscopio
ottico da mineralogia per
caratterizzare l’aggregato
dell’impasto. I dati riportati sono
tratti dalla Relazione preliminare
redatta dalla dottoressa Basso.

Gruppo di lavoro:
Marina De Marchi, Funzionario
Archeologo, Direzione Regionale
per i Beni Culturali e Paesaggistici
della Lombardia
Paola Strada, Funzionario Storico
dell’Arte, Soprintendenza per i
Beni Storico, Artistici ed
Etnoantropologici di Milano
Michela Palazzo, Funzionario
Restauratore Conservatore,
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici della
Lombardia
Antonio Sansonetti, ICVBC- CNR

85
Il progetto di recupero funzionale
delle cavallerizze come nuovo ingresso
al Museo Nazionale della Scienza e
della Tecnologia “Leonardo da Vinci” a Milano
Daniela Lattanzi, Elena Rizzi

I l Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” è


collocato nel cuore della città di Milano, in un edificio monumentale chio-
Direzione Regionale per i Beni Culturali

strato, derivante da un sostanzioso riadattamento ed ampliamento del pri-


mo Cinquecento di strutture benedettine antecedenti ad opera della comu-
nità monastica dell’ordine degli Olivetani, la quale dota l’edificio di un raf-
finato apparato decorativo, di cui rimane testimonianza nella sala detta del
e Paesaggistici della Lombardia

Cenacolo. La vocazione religiosa del complesso viene obliterata in epoca


napoleonica (1805/1808), quando il monastero è nuovamente ristrutturato
per essere adibito ad ospedale militare, e negli anni successivi, quando
l’edificio diventa caserma (prima dell’esercito francese, poi di quello au-
striaco ed infine di quello italiano). Negli anni del secondo conflitto mon-
diale l’impianto generale subisce un graduale abbandono, divenendo una
cava di materiale edilizio e patendo la progressiva azione degradante del-
le intemperie. Il 27 aprile 1947 è la data che sancisce la nascita della nuova
destinazione culturale di questo complesso architettonico, fortemente so-
stenuta dalle compagini del Centro Nazionale Ricerche e dalle istituzioni
pubbliche, tant’è che nel 1942 il ministro dell’Educazione Bottai presiede
l’organizzazione di un comitato promotore per la realizzazione del Museo,
il quale finalmente viene inaugurato nel 1953 su progetto di rifunzionalizza-
zione di Piero Portaluppi. Il Museo rappresenta, fin dalla sua nascita, un luo-
go fondamentale non solo per la ricerca, ma anche per la diffusione della
cultura scientifica e della sua applicazione sia a carattere nazionale che in-
Direttore Regionale ternazionale. Lo scopo della sua istituzione è quello di testimoniare lo svi-
Carla Di Francesco
luppo scientifico e tecnologico attraverso la storia della trasformazione in-
Coordinamento
per la comunicazione dustriale del Paese, con particolare attenzione alla figura di Leonardo da
Manuela Rossi, Cristina Ambrosini Vinci e quindi al binomio tra arte e scienza.
Corso Magenta, 24
20123 Milano, Le collezioni del Museo, di cui fanno parte oltre 10.000 oggetti, vanno da
Tel. 02 80294217 collezioni d’arte, a modelli di diverso genere e oggetti al vero, tra cui la na-
Fax 02 80294232
segreteria@lombardia.beniculturali.it ve scuola Ebe (brigantino di 42 metri), il ponte di comando del transatlan-
tico Conte Biancamano ed il sottomarino Enrico Toti. Attualmente le colle-
zioni sono organizzate in sei Dipartimenti: Materiali, Trasporti, Energia,
Comunicazione, Leonardo Arte e Scienza e Nuove Frontiere.
L’obiettivo del progetto di recupero delle cavallerizze ottocentesche che
fanno parte del complesso architettonico del Museo Nazionale Scienza e
della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano è quello di spostare l’ingres-
so principale da piazza San Vittore a Via Olona. L’attuale ingresso non rie-
sce infatti a sostenere il notevole afflusso di visitatori, costituito prevalente-
mente da scolaresche e da grandi gruppi, e presenta barriere architettoni-
che che rendono complessa l’accessibilità ai portatori di handicap, peraltro
difficilmente eliminabili in tale contesto monumentale. L’inadeguatezza de-
gli spazi di ingresso impedisce al museo di dotarsi di quei servizi oggi con-
siderati minimi per un museo (accoglienza, guardaroba, bookshop, caffet-
teria, servizi igienici, etc.), attualmente inesistenti o collocati in aree margi-
nali poco raggiungibili. L’intervento progettato attraverso la rifunzionalizza-
zione delle cavallerizze ottocentesche, fatiscenti ed in parte in stato di ru-

86
dere, risolve la necessità di dotare il museo di un nuovo ingresso provvisto
di tutti i servizi di accoglienza necessari, liberando alcuni spazi nell’edificio
monumentale a vantaggio di un percorso espositivo più coerente e conti- Professionalità coinvolte
nel progetto:
nuo. Il ribaltamento dell’ingresso principale su via Olona, lungo la cerchia in- Direzione Regionale per i Beni
terna dei navigli, conferisce maggiore visibilità al museo, saldandolo ad un Culturali e Paesaggistici della
Lombardia: arch. Daniela Lattanzi
punto della città strategico e vitale per la presenza della metropolitana, di (Responsabile Unico del
numerosi mezzi di superficie e di emergenze monumentali come la Pusterla Procedimento) e arch. Elena Rizzi
(attività di supporto al
e la Basilica di Sant’Ambrogio. Responsabile Unico del
Procedimento); dott. Vincenzo
In prospettiva l’operazione permette anche la valorizzazione del parco Nicolazzo e dott. Enrico Mancuso
scientifico del museo, proprio prospiciente via Olona, sul quale insistono – (Ufficio Appalti)
Museo Nazionale della Scienza e
oltre alle cavallerizze ottocentesche oggetto di intervento - i padiglioni ae- Tecnologia “Leonardo da Vinci”:
reonavale e ferroviario (entrambi costruiti tra gli anni Cinquanta e Sessanta arch. Claudia Garzon e arch.
Angela Borrelli (coordinamento)
del secolo scorso), il noto sommergibile Toti e l’edificio monumentale che Ar.ch.it Architetti Associati
costituisce il cuore del museo. (progetto architettonico), A+M
associati S.r.l. (progetto
Più in generale questo progetto intende restituire alla città di Milano e ai vi- strutturale), Beta Progetti S.r.l.
(progetto impiantistico), arch.
sitatori di un museo di rilievo nazionale ed internazionale un vasto isolato Claudio De Luca e arch. Loris
del centro storico che risulta oggi visibilmente degradato e destituito delle Alberghini (coordinamento della
sicurezza in fase di
potenzialità che gli sono proprie. Oltre all’affidamento degli incarichi di progettazione)
progettazione architettonica, strutturale, impiantistica e il progetto di coor- Politecnico di Milano,
Dipartimento di ingegneria
dinamento della sicurezza in fase di progettazione sono state attivate inda- Strutturale per la diagnostica
gini strutturali e prove di restauro sulle superfici. (indagini sulle strutture)
Ferrari Restauri S.r.l. (sondaggi
stratigrafici e test applicativi sulle
superfici)

Daniela Lattanzi, Funzionario


Architetto,
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici della
Lombardia
Elena Rizzi, Funzionario Architetto,
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici della
Lombardia

87
MARCHE
1997 - 2007: a 10 anni dal sisma
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Marina Mengarelli, Michela Mengarelli

I l 26 settembre 1997 alle ore 11,40 la terra incominciò a tremare con una
scossa del 5.8 della scala Richter e le popolazioni delle Marche e
dell’Umbria hanno dovuto convivere con un sisma che si è manifestato con
significativa intensità per diversi mesi fino alla primavera inoltrata del 1998.
Oltre che lasciare senza abitazione migliaia di persone contribuendo a mo-
dificarne l’esistenza e le abitudini di vita, le diverse crisi sismiche hanno
danneggiato un enorme patrimonio culturale coinvolgendo circa 1900 be-
ni. I manufatti interessati sono stati soprattutto i beni di proprietà ecclesia-
stica e i danni subiti sono andati dalle lesioni di lieve entità a veri e propri
crolli.
Proprio perché le chiese e i conventi rappresentano la tipologia di patrimo-
nio edilizio maggiormente colpito, il sisma ha lasciato i propri segni anche
all’insieme di beni mobili ed immobili ad esso correlato, e quindi tele e
sculture ma anche affreschi e stucchi insieme ad altari ed organi.
Il terremoto, come del resto tutti gli eventi imprevedibili fuori del controllo
dell’uomo, hanno messo in evidenza sia l’impossibilità degli enti preposti
della Marche

alla tutela del patrimonio di garantirne la difesa e la conservazione in caso


di improvvisi e imponderabili eventi naturali e dall’altro la difficoltà di pre-
venire gli effetti delle scosse telluriche sul nostro vasto ed inestimabile pa-
trimonio culturale.
Il dramma che si è vissuto in quei giorni ha però contribuito a unire sul cam-
po tutte le forze istituzionali chiamate, ciascuna nel proprio ambito di azio-
ne, a garantire un tempestivo e qualificato intervento: dalla messa in sicurez-
za delle popolazioni e dei loro beni, alla immediata valutazione degli effet-
Direttore Regionale ti del sisma, alla programmazione e pianificazione degli interventi edificato-
Paolo Carini
ri secondo delle priorità di intervento decise in sede regionale. Protezione
Coordinatori
per la comunicazione civile, Soprintendenze e Regione insieme ai Comuni interessati dal sisma,
Marina Mengarelli
Michela Mengarelli agli Enti ecclesiastici e alle organizzazioni di volontariato, hanno messo in
Via Birarelli, 35 campo una proficua azione comune che ha rappresentato, senza alcun
60121 Ancona
Tel. 071/502941 dubbio, il punto di forza durante l’emergenza.
Fax 071/50294240 Ripercorrere, a distanza di dieci anni, quei terribili momenti è stata l’occa-
dirregmarche@beniculturali.it
Sito web: in via di realizzazione sione per far confluire le esperienze maturate e gli interventi realizzati nel
numero speciale del Bollettino edito dalla Direzione regionale per i beni
culturali e paesaggistici delle Marche RiMARCANDO, del quale si invia co-
pia per essere presentato presso lo stand del Ministero. L’esigenza del lavo-
ro editoriale è scaturita anche dal fatto che, a tutt’oggi non esiste una rac-
colta sistematica, sia pure sottoforma di scheda, delle azioni messe in atto
dal Ministero per i beni e le attività culturali che fornisca uno spaccato del-
la capillarità e complessità delle operazioni di messa in sicurezza dell’am-
pio e variegato patrimonio culturali mobile ed immobile della regione.
L’attenta lettura dei casi campione selezionati, con i relativi confronti di me-
todo, e l’elencazione completa dei lavori realizzati dagli Istituti periferici
marchigiani, costituiranno un utilissimo repertorio ed archivio da cui estrar-
re contenuti e proposte per qualsiasi operatività futura. Benché l’attività le-
gata al recupero dei danni causati dall’evento sismico sul patrimonio archi-
tettonico e culturale sia da considerarsi tutt’altro che conclusa, come le con-
tinue richieste di finanziamenti dimostrano, tuttavia si deve rilevare, con giu-

88
sta soddisfazione, che molto è stato portato a compimento, e bene esegui-
to, con metodo e tempestività.
A seguire la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del-
le Marche presenta invece, sia all’interno di questo opuscolo che presso lo
stand, due interessanti interventi di recupero realizzati a seguito del sisma
di Marche ed Umbria, relativi alle Chiese SS. Vittore e Corona a Petritoli e l’al-
tro alla Chiesa di S. Serafino a Montegranaro.
La Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico
delle Marche illustra il restauro della chiesa di S.Francesco a Cagli (PU) resti-
tuita alla sua dignità architettonica con un restauro che ha dato la preminen-
za alla valenza estetico filologica rispetto a quella puramente storica e che
è stato realizzato attraverso l’utilizzo di tecniche all’avanguardia ed in stret-
ta sinergia tra Soprintendenza e Regione Marche.

89
Chiesa dei SS. Vittore e Corona, Petritoli
località Morignano (AP)
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Domenico Cardamone

Note storiche

L a chiesa attuale sorge sul luogo di una precedente della quale non resta-
no che poche tracce visibili di arcate. I lavori per la costruzione della
nuova chiesa, opera dell’architetto Pietro Augustoni da Como, iniziati nel-
l’aprile del 1796, quando era pievano Don Filippo Scoccia (+ 1801), furono
completati dal suo successore, il pievano Mercuri; l’8 settembre 1805 vi
venne celebrata la prima messa solenne. La chiesa, imponente per dimen-
Soprintendenza per i Beni Architettonici

sioni - circa cento palmi in lunghezza, larga quaranta, voltata a camorcanna,


si sviluppa in un’unica navata, perimetralmente alla quale sono ricavate due
cappelline per lato. Il presbiterio, sopraelevato di circa 15 cm. rispetto al-
e per il Paesaggio delle Marche

l’aula, coincide con l’abside: da questa si accede a destra alla torre campa-
naria e a sinistra nella sagrestia. La chiesa conserva al suo interno un ricco ap-
parato decorativo a stucchi di gusto classicheggiante.
delle Marche

Direttore Regionale
Paolo Carini
Coordinamento
per la comunicazione
Marina Mengarelli,
Michela Mengarelli
Via Birarelli, 35
60121 Ancona
Tel. 071 50294233
Fax 071 50294240

Tipologia strutturale ed architettonica


Aula unica con copertura a due spioventi sorretta da archi a tutto sesto in
muratura che scaricano i pesi sulle murature d’ambito. Abside circolare am-
morsata in asse alle murature longitudinali. Campanile a ridosso della fronte
nord con struttura portante ben collegata con la scatola muraria della chiesa.

Soprintendenza per i Beni


Architettonici e per il Danni subiti
Paesaggio delle Marche
Soprintendente ad interim Crollo della sommità del timpano della fronte principale. Lesioni di una cer-
Giangiacomo Martines ta entità alle reni dell’arco trionfale. Dissesto generalizzato delle strutture li-
Coordinamento
per la comunicazione gnee portanti la copertura. Lesioni da taglio di media entità in corrispon-
Anna Maria Cagnoni denza della parete circolare interna dell’abside.
Piazza del Senato, 15
60121 Ancona
Tel. 071 22831 Meccanismi cinematici di danno
Fax 071 206623
ambientean@arti.beniculturali.it
Ribaltamento della fronte principale – Martellamento delle terzere e delle

90
capriate in entrambi le direzioni principali dell’aula. Ribaltamento di lieve
entità dell’abside. Rotazione dei piedritti dell’arco trionfale quale risposta
trasversale dell’aula al sisma.

Interventi realizzati
Rifacimento totale degli orditi lignei portanti la copertura. Consolidamento del-
le murature d’ambito. Realizzazione dei presidi metallici di controventamento
sia di falda che di piano. Realizzazione dei presidi metallici di intrattenimento
del timpano e dell’abside all’effetto di ribaltamento causato dal sisma.

Progetto: Fabio Torresi


e Rolando Mariani
(Incaricati esterni)
Direzione Lavori e R.U.P
Domenico Cardamone
Direttore Operativo
Luciano Tanfani e Carlo Carlini

91
Chiesa di S. Serafino, Montegranaro (AP)
Domenico Cardamone
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Notizie storiche e tipologia architettonica

I lavori della chiesa sono iniziati nel 1774 ed aperta al pubblico nel 1777
dopo la demolizione della preesistente chiesa di S. Margherita annessa al
convento. La facciata, semplice e sobria, è arricchita da uno spazioso nar-
tece ad archi a tutto sesto e culmina con un timpano a fronte della coper-
tura a capanna. Lateralmente sono evidenti pesanti contrafforti che rimarca-
no le fronti longitudinali. La chiesa, a pianta longitudinale, è a navata unica
con quattro cappelle laterali corredate da notevoli altari in radica di noce fi-
Soprintendenza per i Beni Architettonici

nemente intagliata. Alternate alle cappelle sono presenti sei nicchie conte-
nenti statue in stucco. Il presbiterio, rialzato e sormontato da un arco di
trionfo a tutto sesto, mostra l’altare maggiore di notevoli dimensioni. Il siste-
e per il Paesaggio delle Marche

ma statico costruttivo è quindi composto da archi a tutto in laterizio spin-


genti portanti della copertura e contrastati dai possenti contrafforti esterni.
della Marche

Direttore Regionale
Paolo Carini
Coordinamento
per la comunicazione
Marina Mengarelli,
Michela Mengarelli
Via Birarelli, 35
60121 Ancona
Tel. 071 50294233
Fax 071 50294240

Soprintendenza per i Beni


Architettonici e per il Paesaggio
delle Marche
Descrizione sintetica dei danni
Soprintendente ad interim
Giangiacomo Martines
Crollo integrale di una capriata lignea triangolare e delle sottostanti strutture
Piazza del Senato, 15 portanti il sistema centine – camorcanne. Lesioni verticali passanti da taglio
60121 Ancona sulle murature d’ambito. Dissesto generalizzato esteso a tutti gli orditi lignei
Tel. 071 22831
Fax 071 206623 portanti il tetto.
ambientean@arti.beniculturali.it

92
Meccanismi di danno
Ribaltamento delle quattro fronti. Martellamento degli orditi lignei portanti il
tetto, in entrambi le direzioni longitudinale e trasversale. L’attivazione dei
meccanismi è stata favorita dall’assoluta mancanza di presidi metallici di in-
catenamento (tiranti e catene) e dall’eccessivo carico della copertura dopo
la posa in opera, negli anni ottanta, di una soletta in calcestruzzo armato.

Lavori eseguiti
Ricostruzione ex – novo di tutti gli orditi lignei portanti la copertura. Posa in
opera di strutture metalliche per cordoli di sommità, trattenimento del tim-
pano della fronte principale, tirantature di piano e controventi di falda.
Consolidamento e riprese delle murature alle sommità delle pareti d’ambi-
to. Posa in opera, di n. 2 “attutitori di colpo” per la tenta del timpano della
fronte principale.

Progetto e Dir. Lavori:


Domenico Cardamone
Realizzazione dei presidi
metallici di Strutture
e verifiche dinamiche:
Rolando Mariani
Collaborazione scientifica
per lo studio degli S.M.A.D.:
F. Indirli del C.N.R. di Bologna

93
La Chiesa di S. Francesco a Cagli (PU)
Lorenza Mochi Onori
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

L a Chiesa è stata restituita alla sua dignità architettonica con un accurato re-
stauro filologico, che ha visto l’utilizzo di tecniche all’avanguardia, in par-
ticolare è stata presa con grande coraggio la decisione di recuperare l’absi-
de affrescato con l’eliminazione della struttura soprammessa nel primo
Ottocento, determinando in questo modo la preminenza della valenza
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico

estetico filologica rispetto all’istanza puramente storica. A seguito di un ac-


cordo stretto con il Comune proprietario della Chiesa, la Regione Marche, la
Soprintendenza PSAE ha potuto procedere al recupero degli straordinari af-
freschi trecenteschi nascosti dallo scialbo nel Seicento e poi coperti dalla
calotta absidale ottocentesca. Il ciclo di affreschi raffigura Apostoli, Angeli,
ed Etnoantropologico delle Marche

Santa Maria Maddalena, Santa Margherita, San Francesco ed altri frammenti


della Marche

Direttore Regionale
Paolo Carini
Coordinamento
per la comunicazione
Marina Mengarelli,
Michela Mengarelli
Via Birarelli, 35
60121 Ancona ed è attribuibile a Mello da Gubbio, pittore attivo tra Marche e Umbria, do-
Tel. 071 50294233 cumentato a Gubbio dal 1330 al 1360 circa. Si tratta di un pittore che è
Fax 071 50294240
comparso nei documenti solo nel 1978, con la scoperta della sua firma su
di una tavola ad Agnano (ora nel museo di Gubbio); studi successivi hanno
evidenziato la sua importanza nell’ambito della pittura eugubina, (fu padre
di Martino e nonno di Ottaviano, meglio noto come Ottaviano Nelli) e ap-
paiono chiari i suoi rapporti con la pittura dei Lorenzetti, in particolare di
Pietro, nella basilica di Assisi, con contatti con il maestro di Campodonico,
attivo a Fabriano negli stessi anni (vedi A. Marchi, Il ciclo francescano di
Mello da Gubbio a Cagli, in “Accademia Raffaello Atti e Studi”, n. 2 (N.S.),
Soprintendenza per il 2006, pp. 87-100). L’esecuzione degli affreschi è vicina alla data 1348, indi-
Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico delle Marche
cata nella lunetta del portale, probabilmente opera dello stesso pittore.
Soprintendente La decisione di eliminare l’abside e di iniziare i restauri era appoggiata dal-
Lorenza Mochi Onori
l’affiorare dallo scialbo di elementi di grande qualità pittorica; non era pos-
Coordinamento
per la comunicazione sibile prevedere quanto fosse recuperabile dell’affresco, ma al termine dei
Clorinda Petraglia lavori il coraggio nell’affrontare questa impresa è stato premiato dal recupe-
Piazza Rinascimento, 13
61029 Urbino ro di circa 100 metri quadri di affreschi di grande valore storico e artistico.
Tel. 0722 2760 - Fax 0722 4427 La fase più complessa dell’operazione di restauro è stata la raccolta e la
urbino@arti.beniculturali.it

94
mappatura dei frammenti caduti sull’estradosso della calotta ottocentesca
(che peraltro è stata accuratamente smontata e conservata). Il restauro, ese-
guito dalla ditta Estia, ha comportato la rimozione dello scialbo, il consoli-
damento dell’intonaco, la ripresa a neutro delle parti mancanti. La scialba-
tura della superficie pittorica ha comportato una conservazione ottimale dei
colori originali, rara negli affreschi trecenteschi .

95
MOLISE
e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropolgico del Molise Gli insediamenti fortificati in Molise: il castello
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

di Civitacampomarano
Claudio Civerra
Soprintendenza per i Beni Architettonici, per il Paesaggio

N ell’ampio panorama degli insediamenti fortificati del Molise, il castello


di Civitacampomarano in provincia di Campobasso è certamente uno
dei più imponenti e suggestivi avendo mantenuto nelle strutture e nel-
l’aspetto la sua integrità, a dispetto della vetustà.
L’acquisizione da parte dello Stato risale al 1988, mentre la presa in conse-
gna effettiva è del 1996.
del Molise

Direttore Regionale L’edificio dopo il recupero è stato adibito a “Centro di documentazione e


Ruggero Pentrella
formazione nel settore dei Beni Culturali e architettonici”, con laboratori di
Coordinamento
per la comunicazione restauro a cura del Dipartimento di Restauro e conservazione dei beni archi-
Brunella Pavone
tettonici dell’Università di Firenze.
Tel. 0874 431324
brunella.pavone@beniculturali.it L’intervento di recupero realizzato con i finanziamenti del Ministero, riguar-
P.zza V. Emanuele, 9
86100 Campobasso da essenzialmente lavori di consolidamento sulle strutture orizzontali e ver-
Tel. 0874 43131 - 431324 ticali. Sono stati realizzati i seguenti interventi:
Fax 0874 91054
dirregmolise@beniculturali.it

Soprintendenza per i Beni


Architettonici, per il Paesaggio
e per il Patrimonio Storico,
Artistico ed Etnoantropolgico
del Molise
Soprintendente ad interim
Ruggero Pentrella
Coordinamento
per la comunicazione
Emilio Izzo
Tel.0865 415179
emilcult@libero.it

96
- sistemazione della parte antistante il castello con lavori di liberazione;
- realizzazione di tutte le coperture, sia a falde che piane (torri, loggiati,
ecc.);
- consolidamento di tutti i solai lignei dei piani, resi idonei per nuove de-
stinazioni d’uso (biblioteca, sali riunioni, laboratori);
- rafforzamento delle strutture verticali murarie, strutturalmente degradate
(prospetto sud);
- consolidamento delle due torri sulla facciata ovest, al cui interno sono sta-
ti ricostruiti i solai lignei dei loro tre piani;
- restauro conservativo degli ambienti interni, con l’obiettivo del totale re-
cupero dei materiali originari (pavimenti, decorazioni) e degli aspetti for-
mali ed estetici, cercando di contemperare l’operazione di restauro con
la futura funzione di centro scientifico culturale;
- svuotamento del fossato che, una volta sistemato, ha permesso di ripro-
durre in maniera funzionale il sistema del ponte levatoio.

97
Analisi e restauro della maschera di bronzo
di Longano (IS)
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Mario Pagano

U no dei ritrovamenti più sensazionali avvenuto in Molise, nel cuore del-


l’antico Sannio Pentro, è quello di una maschera di lamina di bronzo ar-
caica, di fattura etrusca o magno-greca, avvenuto casualmente in loc. fonte
del Pidocchio di Longano (IS), di cm. 18 di lato. La maschera appare rap-
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise

portarsi a contemporanei prodotti etruschi (Capua e la piana campana era-


no all’epoca controllate da aristocrazie di questa stirpe) o magno-greche,
come lo Zeus di Ugento. Grazie alla sensibilità del ritrovatore Sig. Emilio
Marinelli e alla sagacia dell’ispettore onorario prof. Michele Raddi questo re-
perto è stato consegnato alla Soprintendenza per i Beni archeologici del
Molise e, dopo accurate analisi metallografiche, al SEM e di diffrazione X
per la determinazione delle patine di corrosione, condotte a Roma presso
l’Istituto Centrale per il Restauro da Giuseppe Guida, è stato prontamente re-
staurato per eliminare alcune corrosioni e riattaccare alcuni frammentini, pu-
re per fortuna raccolti, per una prossima presentazione e esposizione al
pubblico. Lo studio archeometallurgico dei campioni della maschera e del
frammento ha avuto lo scopo di assumere dati sulle antiche tecniche di fab-
bricazione. A tal fine è stata eseguita l’analisi qualitativa e quantitativa della
del Molise

lega utilizzando la microscopia elettronica a scansione corredata di micro-


sonda per analisi (SEM-EDS). Dall’analisi risulta che gli oggetti sono stati fu-
si utilizzando una lega binaria Rame-Stagno. Lo studio microstrutturale dei
reperti è stato condotto esaminando al microscopio metallografico i cam-
pioni, per scoprire le tecniche impiegate nella realizzazione dei manufatti.
L’esame metallografico di un oggetto fornisce, infatti, informazioni sulle tec-
niche ed i materiali impiegati nella sua fabbricazione e, rilevando la presen-
za d’eventuali microbollosità o d’inclusioni, permette di stabilire l’accura-
Direttore Regionale
Ruggero Pentrella tezza della colata ed il grado di purezza della lega. La tipologia e la dispo-
Coordinamento sizione dei cristalli inoltre consentono di valutare se il rame è o meno alliga-
per la comunicazione
Brunella Pavone to e riconoscere se il manufatto ha subito interventi di lavorazione termica
Piazza Vittorio Emanuele, 9 e/o meccanica. I due campioni esaminati, come già detto, sono stati otte-
86100 Campobasso
Tel. 0874 43131 - 431324 nuti utilizzando una lega binaria rame-stagno e presentano una struttura a
Fax 0874 91054
dirregmolise@beniculturali.it
grani poligonali con geminati. È una struttura microcristallina tipica di un ma-
nufatto che è stato sottoposto a ripetuti cicli di riscaldamento e lavorazio-
ne meccanica. Nei due campioni sono visibili delle inclusioni allungate e
schiacciate (probabilmente solfuri), indicatori di una fusione non accurata e
di una lega non pura. Le patine di corrosione, analizzate mediante la tecni-
ca della diffrazione X, mostrano la presenza di composti del rame e dello
stagno (carbonato, solfato, ossido), composti che normalmente si trovano

Soprintendenza per i
Beni Archeologici del Molise
Soprintendente
Mario Pagano
Via A. Chiarizia, 14
86100 Campobasso
Tel. 0874 4271
Fax 0874 427352
archeocb@arti.beniculturali.it

98
nelle patine di corrosione di manufatti archeologici.
Il restauro, eseguito da Fiorentina Cirelli, ha permesso di evidenziare mag-
giormente le cesellature della barba, che prima erano coperte da prodotti
di corrosione, e ha comportato le seguenti operazioni:
- eliminazione delle poche incrostazioni terrose miste a prodotti di corro-
sione, non coerenti, con pulitura fisica ad ultrasuoni, con l’aiuto di azione
meccanica.
- eliminazioni delle corrosioni attive, tramite lavaggi ripetuti per ore in ac-
qua demineralizzata a temperatura costante, con agitatore meccanico, fi-
no a completa eliminazione della corrosione.
- controllo in camera umida per 72 ore.
- complessazione con Benzotriazolo al 3% in alcool metilico.
- ricontrollo in camera umida per eventuali ricomparse di corrosione.
- asciugatura in forno a temperatura molto bassa e costante.
- protezione e consolidamento con Incral 44.
- ricollocazione dei frammentini staccati, con resina epossidica bicompo-
nente.
- microstuccature con resina epossidica bicomponente, caricata con pig-
menti colorati inerti.
- finitura con cera Reswax WH.
Le indagini condotte sul terreno, hanno permesso di accertare l’importanza
archeologica e la notevole estensione del sito. Materiale che va dall’età del
bronzo fino a quella arcaica affiora su tutto il pianoro isolato verso la valla-
ta, e sulle prime pendici. Sulla destinazione della maschera, si può pensare
che essa fosse applicata ad uno xoanon di legno: immagini di divinità di tal
genere sono ricordate dalle fonti in ambito italico, come nella Daunia il
Palladio e un’antica immagine di Artemide, proveniente da Cuma, nel san-
tuario ausone della dea Marica alla foce del Garigliano, oppure che si tratti
di una maschera ieratica indossata da un esponente del ceto dominante o
sacerdotale in particolari cerimonie. Una maschera, anche se di tipo diver-
so, sembra indossata dal celebre guerriero di Capestrano, ora esposto al
Museo Archeologico di Chieti. È stato effettuato, dallo scrivente insieme col
prof. Michele Raddi, un saggio di scavo nel sito di ritrovamento della ma-
schera, ed identificato le tracce di un edificio di età arcaica (i materiali so-
no costituiti da molti frammenti di olle con bugne e una coppetta di buc-
chero), sovrapposto ad una stratificazione che giunge fino all’età del bron-
zo. Presso l’edificio sono state rinvenute tombe senza corredo di infanti di
epoca incerta, delle quali sono in corso le analisi. Nel campo adiacente a
valle, a circa 20 m. di distanza dal saggio, in prop. Veneziale Domenico, du-
rante l’aratura, è affiorato una notevole quantità di aes rude, probabilmen-
te anch’esso di età arcaica e in corso di analisi, che testimonia di una note-
vole capacità di accumulo dei metalli della comunità italica di Longano.

99
PIEMONTE
Salone delle Guardie Svizzere. L’appartamento
Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Piemonte
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

dei Principi di Piemonte


Daniela Biancolini

“I libri di viaggi del secolo scorso sono pieni di racconti intorno alla ma-
gnificenza della reale dimora. Essi ne celebrano le vaste sale, gl’intaglia-
ti e dorati soffitti, i quadri, gli arazzi, le lampade di cristallo di monte, gli
arredi ed arnesi, cesellati, intarsiati, impiallacciati, ricchi d’oro, di pietre
preziose, di madreperla e d’avorio, ed i pavimenti commessi ed intarsia-
ti di varie specie di legni. Carlo Emanuele ne aveva fatto uno dei più belli
e più splendidi soggiorni reali d’Europa.”
(G. Pomba, Descrizione di Torino, Torino 1840)

S ono passati ormai dieci anni da quella tragica notte del 11 aprile 1997,
quando un incendio di enormi proporzioni danneggiò gravemente l’in-
terno della Cappella della Sindone mettendone in forse la sua stessa struttura
ed estendendosi all’attiguo Palazzo Reale: venne distrutto il tetto e il secondo
piano della manica ovest, distrutto l’interno del torrione sud-ovest sotto il
del Piemonte

crollo del tetto e dei suoi cinque piani, danneggiato il torrione di nord-ovest,
danneggiato pesantemente lo Scalone d’Onore e il settore adiacente del
Salone degli Svizzeri; l’intera rete impiantistica venne resa inutilizzabile.
Nonostante queste premesse – alle quali è doloroso ma doveroso riandare
a un decennio dall’evento - l’ottimismo della volontà ha vinto sul pessimi-
smo della ragione: con la collaborazione di tutte le istituzioni cittadine si è
immediatamente dato avvio a quel meraviglioso lavoro di squadra che ha
consentito la sopravvivenza della Cappella guariniana e la riapertura del
Palazzo il 22 giugno 1997, se pure con un percorso ridotto per permettere
Direttore Regionale lo svolgimento delle opere d’emergenza. Nell’agosto dello stesso anno il
Liliana Pittarello
fondamentale inserimento del Palazzo e della Cappella della Sindone nella
Coordinamento comunicazione
Emanuela Zanda legge numero 270, istitutiva del Grande Giubileo fuori Lazio, ha permesso di
Piazza San Giovanni, 2 porre mano a un imponente progetto di recupero e riadeguamento funzio-
10122 Torino
Tel. 011 5220/457 nale dell’intero Palazzo mettendo a bilancio quaranta miliardi di lire: il 29
Fax 011 5220/433
dr-pie.comunicazione@beniculturali.it
marzo 2004 è stata effettuata la consegna del cantiere, che in tre anni di
dr-pie.stampa@beniculturali.it continui lavori - quasi inavvertibili dall’esterno - sta portando all’adegua-
www.piemonte.beniculturali.it
mento impiantistico di tutti i piani e gli ambienti della residenza, al restauro
degli appartamenti di rappresentanza del primo e secondo piano nobile e
all’apertura di inediti percorsi di visita: le spettacolari cucine sotterranee,
ricche di oltre mille utensili superstiti di quello che fu il grandioso deposito
delle “vassella” reali, i giganteschi “cantinoni” dai sonori spazi voltati ove si
sta allestendo la sala didattica e parte dei servizi di accoglienza.
Il cantiere, di particolare complessità per il vasto e prezioso contesto in cui
opera, è stato organizzato in modo da consentire sempre l’apertura di al-
meno uno tra i percorsi museali del Palazzo, secondo il cronoprogramma
Soprintendenza per i Beni
Architettonici e il Paesaggio concordato tra la Direzione Regionale, la direzione lavori svolta in seno alla
del Piemonte
Soprintendenza e l’ATI (Associazione Temporanea di Imprese) aggiudicata-
Soprintendente
Francesco Pernice ria della gara d’appalto. Sviluppando tale programma di lavoro, nel corso
P.zza San Giovanni, 2 del 2006 è stata conclusa la prima tranche di interventi, relativi alla
Palazzo Chiablese
10122 Torino Caffetteria (aperta alle visite in maggio) e alla Cappella Regia (inaugurata in
Tel. 011 5220411
Fax 011 4361484
dicembre).
sbaap@ambienteto.arti.beniculturali.it

100
La presentazione programmata per la fine di marzo ha dato conto dei ge-
nerali e nello stesso tempo capillari interventi condotti al secondo piano no-
bile, nei cosiddetti “appartamenti nuziali” ovvero gli appartamenti dei
Principi di Piemonte e dei Duchi d’Aosta, collegati al primo piano nobile at-
traverso il capolavoro architettonico più noto del Palazzo: la Scala delle
Forbici, realizzata da Filippo Juvarra per la committenza di Vittorio Amedeo
II, che nella monumentalità raffinata del nuovo collegamento volle dare ul-
teriore testimonianza della rinnovata importanza del Casato, che dal 1713
poteva fregiarsi del titolo regio.
Occasione del rinnovamento furono le nozze del principe ereditario di
Savoia Carlo Emanuele – il futuro Carlo Emanuele III – e Cristina Luigia di
Baviera, celebrate il 15 febbraio 1722, principi per i quali vennero riccamen-
te allestiti gli appartamenti del secondo piano ancora ad opera di Juvarra,
che per primo rivestì con soffitti indorati i più sobri solai lignei secenteschi
già decorati a ramages, che ancora si rivelano al di sotto dei rivestimenti e
riallestimenti operati nel tempo sul filo dell’aggiornamento del gusto artisti-
co da Benedetto Alfieri negli anni centrali del Settecento e da Pelagio Palagi
negli anni Trenta e Quaranta del secolo XIX.
Palagi introduce al secondo piano il colto lessico neoclassico che contrad-
distingue tutta la sua produzione nella residenza torinese: i pavimenti lignei
intarsiati, le tele dei soffitti, le grandi specchiere sormontate da timpani di-
latano le pareti ricoperte dagli accesi colori blu, cremisi, giallo dei damaschi
nell’appartamento dicono della ricerca di ufficialità solenne che dal primo
piano nobile, destinato ai sovrani, si dilata negli appartamenti principeschi
destinati a Vittorio Emanuele e alla giovane consorte Maria Adelaide,
Arciduchessa d’Austria.
Con Vittorio Emanuele, assunto al trono d’Italia nel 1860, la capitale viene
trasferita a Firenze (1870) e finalmente a Roma, là dove Carlo Alberto aveva
guardato durante le guerre risorgimentali. Torino perde il suo ruolo storico e
la presenza sabauda si fa più sporadica, limitata ad occasioni particolari.
Nel 1927 il Palazzo ritorna improvvisamente ad animarsi: vi si trasferisce
Umberto, il principe ereditario charmant che si inserisce nella società tori-
nese con la sua amabile eleganza, che si esprime anche nella scelta del rial-
lestimento – l’ultimo – del secondo piano del Palazzo Reale, dove stabili-
sce prima la propria residenza e presto anche quella della consorte Maria
José del Belgio.

101
Umberto sceglie con gusto sicuro arazzi, tappeti, consolles, quadri e mi-
niature della migliore stagione settecentesca, colloca in palazzo un grande
biliardo – forse un omaggio alla madre Elena, appassionata giocatrice – si-
stema una sala da ballo, la sala da pranzo e l’appartamento privato della
principessa, affacciato su Piazza Castello e dominato, a differenza del pro-
prio, dal solenne neoclassicismo palagiano. Vengono introdotti comodi
spazi privati per guardaroba e bagni; viene introdotto un moderno, efficien-
te impianto di riscaldamento a termosifoni.
Benché relativamente breve – 1927/1932 – la presenza di Umberto e la sua
trasformazione degli ambienti, resa tanto più significativa in quanto con lui
si chiude l’arco dinastico iniziato quattrocento anni prima con Emanuele
Filiberto, costituisce l’ultima pagina sabauda per il Palazzo, che sin dai pri-
mi anni della Repubblica viene aperto alle visite secondo riallestimenti im-
posti dalle necessità funzionali di un museo, il cui percorso è tuttavia limi-
tato al primo piano nobile.
Gli “appartamenti nuziali” del secondo piano cadono forzatamente nel-
l’oblio, complice la spartana limitatezza delle risorse economiche disponi-
bili; dagli anni Trenta occorre arrivare alla primavera del 1993 per registrare
l’apertura straordinaria di due giorni avvenuta sotto l’egida del FAI e, da
quella data, nasceva l’idea di istituire l’Associazione “Amici di Palazzo
Reale”. Altri interventi di manutenzione straordinaria furono intrapresi in an-
ni recenti in occasione del Vertice italo-francese del gennaio 2001, senza
tuttavia poter condurre al restauro e al riallestimento critico.
È questo il traguardo che ci siamo proposti dal 2004: per dare visibilità to-
tale alle quaranta sale che costituiscono il circuito di visita, per restituire la
funzionalità degli spazi, per rinnovare completamente l’impiantistica è sta-
to necessario trasferire l’enorme patrimonio mobile del Palazzo da un luo-
go all’altro lontano dai cantieri registrandone continuamente gli spostamen-
ti per non perderne le tracce e ritrovare – viceversa – quelle che i restauri ri-
portavano meravigliosamente in luce rivelando la finezza degli intagli, delle
decorazioni, l’incanto dei parati nascosti ma non perduti, la secolare so-
vrapposizione di stili che fa di questo Palazzo un patrimonio inestimabile di
mirabilia.

102
La Reggia di Venaria Reale
Francesco Pernice

Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Piemonte


Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
I l recupero della reggia di Venaria Reale è considerato uno dei più grandi
cantieri di restauro europeo in quanto non si tratta solamente del restauro
di un complesso architettonico, ma del recupero urbanistico di un intero
territorio che comprende la città di Venaria, il suo centro storico, la sua via-
bilità, le infrastrutture, il Borgo Castello della Mandria, con il suo parco, le
circa 30 cascine e ville interne, il recupero di terreni abbandonati e ora ri-
qualificati a giardini.
L’intervento ha interessato circa 250.000 mq. di superfici costituite da due
castelli e varie ville e cascine inserite nel parco della Mandria, oltre il recu-
pero di 800.000 mq. di terreni trasformati a giardini.
La Venaria Reale fu concepita come l’espressione architettonica più presti-
giosa del piccolo ducato sabaudo destinata a porsi, per grandiosità ed im-
ponenza, a diretto confronto con le più importanti regge europee di fine
Seicento.

del Piemonte

Direttore Regionale
Liliana Pittarello
Coordinamento comunicazione
Emanuela Zanda
Piazza San Giovanni, 2
10122 Torino
Tel. 011 5220/457
Fax 011 5220/433
Il maestoso complesso fu voluto, ideato e realizzato dal duca Carlo dr-pie.comunicazione@beniculturali.it
dr-pie.stampa@beniculturali.it
Emanuele II di Savoia, che scelse quale area edificabile il sito di Altessano; www.piemonte.beniculturali.it
l’opera fu progettata e diretta dall’architetto Amedeo di Castellamonte a
partire dal 1663, quale “Reggia di Piacere e di Caccia”.
L’intero impianto rispecchiava ed esprimeva la concezione dello Stato asso-
luto, tanto da divenire, ben presto, modello architettonico anche per altri
interventi realizzati nelle corti europee (Versailles, Marly, ecc.) nel corso del
Settecento.
In seguito alla distruzione di alcuni edifici – avvenuta nel 1693 ad opera di
truppe francesi – Michelangelo Garove ideò un ampliamento dell’intero
complesso, parzialmente realizzato lasciando il carattere di “non finito” che Soprintendenza per i Beni
Architettonici e il Paesaggio
ha contraddistinto sempre il complesso della Venaria Reale nei secoli. del Piemonte
Il cantiere riprese nel 1716 ad opera di Filippo Juvarra, raggiungendo il mas- Soprintendente
Francesco Pernice
simo ampliamento con la realizzazione della Cappella di Sant’Uberto, del- P.zza San Giovanni, 2
la Citroniera e Scuderia grande e della Galleria Grande. Nella seconda metà Palazzo Chiablese
10122 Torino
del Settecento gli interventi vennero ripresi da Benedetto Alfieri, ed infine Tel. 011 5220411
dagli architetti Piacenza e Randoni. Fax 011 4361484
sbaap@ambienteto.arti.beniculturali.it

103
Dopo il periodo napoleonico - durante il quale Venaria, invasa ancora una
volta dalle truppe francesi, fu irreversibilmente danneggiata - il complesso
fu declassato da residenza della corte a Regio Demanio Militare, che dal
1851 al 1943 ne utilizzò le strutture per propri scopi istituzionali, che pure
ne consentirono la conservazione sino ai nostri giorni.
Nei primi decenni del Novecento la reggia cominciò ad essere dismessa e
abbandonata dai militari. Tale abbandono comportò un veloce e irreversi-
bile degrado, raggiungendo il culmine dopo il secondo conflitto mondiale,
a causa degli atti di vandalismo commessi dagli stessi abitanti del borgo,
dando quell’aspetto di un rudere, saccheggiato e depredato di ogni suo
bene, che versava in precarie condizioni statiche, finché non passò dai mi-
litari al Ministero dei Beni Culturali gradualmente, a partire dal 1936, che
provvide a semplici opere di manutenzione straordinaria al fine di evitarne
il crollo. Analoga sorte subiva la vicina Mandria, di proprietà della famiglia
Medici del Vascello e acquistata dalla Regione Piemonte nel 1978.
A seguito di un primo concreto finanziamento del Ministero per i Beni e
Attività Culturali, avvenuto nel 1999 e ad un accordo di programma tra Stato
e Regione, Provincia, Comune di Venaria, Druento e Torino, si iniziò ad ac-
cedere ai primi fondi europei, per un importo di 120miliardi di Lire dando
il via ai lavori di restauro e riqualificazione con destinazioni d’uso ben pre-
cise allargati all’intero borgo compreso la viabilità.
Lo studio e la sperimentazione di materiali per il restauro e di nuove tecni-
che costruttive che consentissero di abbattere i costi, utilizzando le meto-
dologie applicate in altri settori, ma mai utilizzate nel restauro di un com-
plesso monumentale, iniziarono già nel 1995, prevedendo una estesa cam-
pagna di indagini diagnostiche sofisticate e sperimentali.
Il restauro è stato realizzato con rigore filologico, nel rispetto delle architet-
ture originarie ponendo particolare attenzione all’applicazione delle rigoro-
se norme di sicurezza e al superamento delle barriere architettoniche, uti-
lizzando tecniche moderne e soluzioni non in contrasto con l’architettura
del complesso monumentale.
L’intervento sul complesso è stato una scuola di arti e mestieri, cantiere uni-
co per le tecniche all’avanguardia applicate, per il tempo brevissimo impie-
gato per restaurare il complesso, ma soprattutto per i bassi costi di interven-

104
to, forniti dai nuovi prodotti aventi certificazioni europee, superiori quindi
alla norma italiana, ricavati dall’applicazione di una attenta diagnostica pre-
ventiva sperimentale, costituita da più di 5800 prelievi, costituiti da sezioni
lucide e sottili, fotografie ad infrarosso, calcimetrie, termogravimentrie, po-
rosimetria a mercurio, determinazione dei sali solubili, martinetti piatti, inda-
gini sonar, laser scanner. Le nuove maestranze sono state educate all’uso
della calce naturale, alle nuove tecniche di lavorazione, creando posti di la-
voro e divenendo fucina di mestieri di qualità e di attività professionali e i
prodotti oggi sono utilizzati su tutto il territorio nazionale e anche all’estero,
esportando così nuovamente non solo la tecnologia italiana, ma anche la
metodologia di progettazione e di approccio ad un cantiere di restauro.
Il restauro, ha seguito la strada della ricostruzione della materia mancante, ri-
facendo gli intonaci, i marmorini, le sagramature, i finti mattoni, le stilature
dei giunti con materiali uguali a quelli originali.
Gli affreschi sono stati integrati con varie tecniche: con l’acquerello, a rigati-
no, in sottotono, in modo tale da fornire al visitatore una visione formale uni-
taria d’insieme, limitando le lacune a quelle zone effettivamente non più ri-
costruibili. Sono stati studiati nuovi pavimenti in cocciopesto di basso spes-
sore, cioè di soli 4 cm. rispetto ai 12 - 18 cm di media, resistenti al calore
delle serpentine a pavimento e certificate a norma europea per le dilatazio-
ni e la resistenza all’usura.
Il complesso cantiere di restauro è stato anche un’occasione di arricchimen-
to professionale, una scuola di alta formazione e una fonte di investimento
per i professionisti e le maestranze impiegate. I lavori hanno consentito la ri-
scoperta e l’apprendimento di antiche tecniche artigianali, anche in un’otti-
ca di formazione e preparazione dei giovani. Sono state applicate e speri-
mentate nuove tecnologie applicate al restauro, quali ad esempio l’uso del-
la macchina Jos-Rotec per la pulizia degli stucchi e degli apparati scultorei,
l’impiego di ponteggi su ruote e l’utilizzo di macchine per la demolizione
con sistema controllato. Sono stati inoltre studiati materiali innovativi premi-
scelati, previa approvazione e certificazione di laboratori specializzati, fina-
lizzati all’abbattimento dei costi di restauro. Per esempio il cosiddetto “mar-
morino sabaudo” certificato a norma europea con calci di tipo NHL2 e con
caratteristiche materiche simili all’intonaco originario juvarriano, si può oggi
acquistare in qualsiasi magazzino a prezzi modici, mentre in passato si do-
veva ricorrere all’operato di un restauratore e quindi a prezzi molto più alti.

105
Villa della Regina
Cristina Mossetti, Elisa Sanesi
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

I l complesso di vigna e giardini fu costruito sulla collina torinese sul model-


lo delle ville romane dal principe cardinale Maurizio di Savoia, figlio del
duca Carlo Emanuele I, ad inizio Seicento. Importanti ampliamenti si devo-
no a sua moglie, la principessa Lodovica, ad Anna d’Orleans, moglie di
Vittorio Amedeo II, e a Polissena d’Assia, seconda moglie di Carlo Emanuele
Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico

III, re di Sardegna. Per la coppia reale, con la guida di Filippo Juvarra negli
anni Trenta del Settecento, e conservando i soffitti con le decorazioni sei-
centesche, Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano ridefinisce spazi e rapporti
con il giardino e l’arredo, con il coinvolgimento dei grandi artisti all’opera
nei cantieri regi della capitale del regno (G. B. Crosato, C. Giaquinto, G.
Dallamano e P. Massa). L’unitarietà, mantenuta fin dal progetto iniziale, di vi-
e Etnoantropologico del Piemonte

gna, poi villa con i padiglioni aulici, le grotte, i giochi d’acqua nei giardini e
nel parco, viene conservata anche con la perdita di funzione e il passaggio
nel 1868 all’Istituto per le Figlie dei Militari (ente soppresso nel 1975). Gli in-
terventi impropri seguiti ai danni di guerra e la mancata manutenzione, il gra-
duale abbandono, gli smembramenti, in seguito alla chiusura avevano com-
promesso lo straordinario complesso con un degrado prossimo al collasso.
del Piemonte

Da Vigna Reale a Residenza aperta al pubblico


Con la consegna nel 1994 alla Soprintendenza per il Patrimonio Storico,
Artistico ed Etnoantropologico venne avviato, in accordo con le altre
Soprintendenze piemontesi, il progetto di restauro e di apertura al pubblico.
I restauri dei fabbricati con decorazioni e arredi, dei giardini e del verde
hanno ripristinato la stretta connessione con la città, di cui dall’inizio del
Seicento Villa della Regina costituisce il fondale scenografico oltre il Po.
Direttore Regionale Hanno affiancato la Soprintendenza nel lungo processo di recupero la
Liliana Pittarello
Compagnia di San Paolo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, la
Coordinamento comunicazione
Emanuela Zanda Regione Piemonte, tramite gli Amici dell’Arte in Piemonte, e la Consulta per
Piazza San Giovanni, 2 la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino. Accordi con la
10122 Torino
Tel. 011 5220/457 Fondazione Torino Musei permettono la ricollocazione del mobilio sette e
Fax 011 5220/433 ottocentesco destinato al Museo Civico di Palazzo Madama dopo la sop-
dr-pie.comunicazione@beniculturali.it
dr-pie.stampa@beniculturali.it pressione dell’Ente.
www.piemonte.beniculturali.it

Soprintendenza per il
Patrimonio Storico Artistico
ed Etnoantropologico
del Piemonte
Soprintendente
Carla Enrica Spantigati
Via Accademia delle Scienze 5
10123 Torino
Tel. 011 5641711
Fax 011 5495.47
artito@artito.arti.beniculturali.it
www.artito.arti.beniculturali.it

106
La Villa è aperta al pubblico dal venerdì al lunedì fino al 31 dicembre 2007,
dalle ore 9.00 alle ore 14.00 su prenotazione al call center della Regione
Piemonte 800.329.329.
I visitatori assistono alla proiezione di un filmato che illustra le vicende sto-
rico-artistiche della Residenza, visitano gli Appartamenti Reali con l’ausilio
del materiale didattico opportunamente predisposto ed accedono ai giar-
dini secondo i percorsi indicati.
Ai piani superiori verrà ospitato il Centro di Documentazione e Catalogo ge-
stito dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del
Piemonte in collaborazione con le Soprintendenze e in accordo con la
Regione Piemonte.
Il Centro permetterà la consultazione integrata di tutte le tipologie di sche-
de esistenti nelle banche dati catalografiche dello Stato - comprensive del-
le schede prodotte in occasione del censimento CEI (Conferenza
Episcopale del Piemonte) - e dalla Regione Piemonte.

Finanziamenti

Trienni 1994-1997 e 1998-2000: Lire 10 miliardi

1994-1998 fondi ministeriali ordinari, con i contributi Fondazione CRT

1998-2000 fondi ministeriali ordinari, del Lotto, L203/97, con contributi Fondazione CRT

Finanziamenti inseriti nell’accordo Quadro Stato Regione Piemonte sui Beni Culturali:

Soprintendenza per il Patrimonio storico, Euro 9.296.224,10 Restauri piano terra,


artistico ed Etnoantrpologico del Piemonte: piano nobile e giardini
Fondi Lotto 2001-2003

Compagnia di San Paolo Euro 3.873.426,70 Giardini e Salone

Fondazione Cassa di Risparmio di Torino Euro 3.873.426,70 Piano Nobile

Regione Piemonte tramite Amici dell’Arte Euro 1.549.370,60 Facciate


in Piemonte

Consulta per la Valorizzazione Euro 1.032.913,70 Asse del Belvedere


dei Beni Artistici e Culturali di Torino

Fondi Lotto 2004-2006: Euro 2.203.754,10 Piani II e III. Giardini

107
PUGLIA
Verso il nuovo Museo Nazionale Archeologico
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

di Taranto
Domenico Arco

N ell’ambito della vasta ricognizione conservativa operata dal Laboratorio


di restauro presso il S. Pasquale, sede storica del Museo Nazionale di
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia

Taranto, sui materiali archeologici di differente tipologia, destinati all’allesti-


mento del nuovo museo archeologico, particolari e interessanti sviluppi ap-
plicativi sono stati registrati a livello di intervento di restauro, pur nella gra-
ve limitazione di strumentazioni dello stesso laboratorio.
È importante ricordare l’attenta disamina effettuata sulle varie oreficerie pro-
venienti non solo dalla necropoli tarantina, ma soprattutto dalla cosiddetta
“Tomba degli Ori” di Canosa e, nell’ambito dei numerosi restauri dei mate-
riali fittili (ceramica e coroplastica), l’intervento conservativo sul gruppo fit-
tile I.G. 4080, raffigurante un erote posto sulle spalle di una figura femmini-
le (Afrodite ed Eros).
Tra “gli ori” di Canosa, già sottoposti nel corso del tempo a vari interventi di
restauro, le due teche in argento dorato (specchio a scatola e portacosme-
si, rispettivamente I.G. 22436 e 22429-30) hanno comportato una delicata
della Puglia

operazione di recupero, non solo a livello di restituzione delle parti argen-


tate e auree ma anche dal punto di vista strutturale. Infatti, sono state sarci-
te con resine trasparenti le lesioni che interessavano la superficie della val-
va riproducente un Pecten Jacobaeus e si è anche notata un’ulteriore perdi-
ta accessoriale, riguardante il coperchio della teca in esame, riproducente
su entrambe le superfici del coperchio una Nereide seduta su mostro mari-
no. L’assenza della piccola particella metallica comportava una sollecitazio-
ne ed un allargamento delle micro-fratture esistenti sulla superficie dell’ar-
Direttore Regionale gento.
Ruggero Martines
Coordinamento
Si è intervenuti con resine, atte ad integrare quanto non più esistente, ope-
per la comunicazione razione eseguita grazie all’ausilio del visore ottico. Ha fatto seguito la realiz-
Emilia Simone
zazione cromatica dell’integrazione, conformandola al contesto del manu-
Strada dei Dottula Isolato 49
70122 Bari fatto. Si è provveduto a preservare dall’umidità le due teche, con la presen-
Tel. 080 5281111
Fax 080 5281114 za di Silica Gel, in attesa della loro definitiva collocazione nelle vetrine
dirregpuglia@beniculturali.it espositive del nuovo museo di Taranto. È stata data preferenza ad un Gel di
Silice con caratteristiche di assorbimento ottimizzate e stabilizzate per va-
lori alti della U.R. (Type III da 65 a 90%).
Una particolare attenzione hanno richiesto anche le operazioni di pulitura
eseguite sulle altre oreficerie, le cui superfici risultavano opacizzate o addi-
rittura spente.
Tutti gli interventi sono stati mirati al minore impatto possibile sui reperti e
con le sostanze più neutre in linea con le normative conservative dettate
dall’I.C.R. di Roma.
Tra le terrecotte policrome, particolare menzione merita il soggetto coropla-
stico policromo I.G. 4080, riproducente probabilmente Afrodite ed Eros.
Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Puglia Frammentata in più parti, la terracotta, più volte restaurata dal momento del
Soprintendente suo rinvenimento sino a tempi più recenti, presentava un insieme di mate-
Giuseppe Andreassi
riali differenti, utilizzati come adesivo: dalla gomma lacca alla caseina e dal
Via Duomo 33
74100 Taranto collante cellulosico alla resina epossidica.
Tel. 099 4713511
Fax 099 4600126 Ovviamente l’intervento di recupero è stato molto laborioso, poiché la ter-
archeologica.taranto@arti.beniculturali.it

108
racotta era caratterizzata dalla molteplicità e dalla diversità delle attività
conservative cui è stata nel tempo sottoposta.
Si è cercato soprattutto di conciliare l’esigenza di lettura scientifica richiesta
dall’archeologo con le esigenze dei necessari interventi di restauro dettate
dalla scienza della conservazione.

109
Base di statua di Hercules
Daniela De Bellis
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

L a base della statua di Ercole (da Taranto, area di Piazza Ebalia scavo del
1881, carparo; largh. cm. 61, prof. cm. 91, II/inizio I sec. a. C.) è uno dei
reperti lapidei restaurati in occasione del nuovo allestimento del Museo
Nazionale Archeologico di Taranto. Si tratta di un sostegno parallelepipedo
irregolare in carparo, coperto da una pelle ferina resa a bassorilievo e com-
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia

pletato da una faretra e dall’arco, anch’essi scolpiti a rilievo.


Sulla fronte appare una specchiatura epigrafa con dedica ad Ercole:
T(itus).Septumulenus.T(iti).f(ilius)/Hercolei.d.(onum).d(edit).l(ibenter).d(ec
ima).f(acta). La statua dell’eroe doveva essere posta nell’alloggiamento su-
periore, nell’iconografia seduta, riconosciuta come una replica della cele-
bre statua colossale dell’Eracle in riposo, realizzata da Lisippo per la com-
mittenza tarantina verso la fine del IV sec. a. C. e portata a Roma nel trionfo
di Quinto Fabio Massimo del 208 a. C. (da “Magna Grecia” Archeologia di
un sapere). L’intervento di restauro è consistito in una preliminare rimozione
del deposito incoerente con pennelli di setola morbida.
Un lavaggio con acqua deionizzata ha consentito l’eliminazione dei sali so-
lubili superficiali. In corrispondenza delle pieghe del bassorilievo, è emer-
so uno strato di scialbo, steso per coprire le croste nere preesistenti. Tale
della Puglia

scialbo è stato ammorbidito con acqua deionizzata e rimosso meccanica-


mente. La pulitura delle croste nere è stata eseguita con impacchi di polpa
di cellulosa e soluzione satura di sali inorganici, ripetuti più volte in corri-
spondenza delle incrostazioni più tenaci, i cui residui sono stati asportati
meccanicamente a bisturi. Un lavaggio finale con acqua deionizzata ha con-
sentito l’eliminazione dei sali superficiali e dei residui di soluzione applica-
ta durante la pulitura.
Non sono presenti fenomeni di decoesione della superficie lapidea né frat-
Direttore Regionale
Ruggero Martines ture e microfratture.
Coordinamento
per la comunicazione
Emilia Simone
Strada dei Dottula Isolato 49
70122 Bari
Tel. 080 5281111
Fax 080 5281114
dirregpuglia@beniculturali.it

Soprintendenza per i Beni


Archeologici della Puglia
Soprintendente
Giuseppe Andreassi
Via Duomo 33
74100 Taranto
Tel. 099 4713511
Fax 099 4600126
archeologica.taranto@arti.beniculturali.it

110
Il Parco Archeologico di Via Allori – Ginosa (Ta)
Cristina Scialpi

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


A seguito di lavori urbani, nei mesi tra settembre e novembre 2005 è sta-
ta effettuata una campagna di scavo archeologico nel cuore del centro
cittadino di Ginosa (TA). Di particolare interesse si è rivelata l’area di via
Allori, dove è stata interessata una superficie pari a mq. 100. Le indagini han-
no consentito di riportare alla luce diverse strutture afferenti al seicentesco

Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia


convento dei Cappuccini, tra cui la grande cisterna per la conservazione
delle acque, un tempo collocata al centro del chiostro, e quattro sepoltu-
re, tre a sarcofago monolitico in carparo riconducibili ad un unico nucleo
familiare poiché circoscritte da un canale di delimitazione, ed una, più im-
portante, collocata in posizione isolata del tipo a semicamera con grossi
blocchi di calcare e con decorazioni pittoriche all’ interno. Tutte le sepol-
ture si sono rivelate di grande interesse, sia per la fattura, sia per la presen-
za di numerosi elementi di corredo riferibile ai secoli V-IV a.C.
La realizzazione di un’area archeologica fruibile, con delimitazione e coper-
tura dell’area di necropoli e della grande cisterna, ha previsto tempi lunghi
per cui i manufatti lapidei dimenticati ed esposti a tutte le intemperie, sono
stati in buona parte occultati da vegetazione superiore e inferiore e neces-
sari di interventi urgenti di restauro.

della Puglia
Stato di conservazione
Le tombe in pietra calcarea (carparo) appartenente al gruppo della calcite
il cui componente principale è il carbonato di calcio, sotto forma di granu-
li, costituiti da microfauna fossilizzata e microrganismi miocenici, soprattut-
to foraminiferi che confermano l’origine sedimentaria della pietra, sono sta-
te soggette a degrado chimico, meccanico-fisico e biologico per moltepli-
ci cause. Le lastre di copertura si presentavano fessurate e frantumate, sia Direttore Regionale
per la proprietà del carparo di trattenere e assorbire l’acqua, che unitamen- Ruggero Martines
Coordinamento
te ai sali minerali in essa contenuti, aumenta il volume nelle porosità e nei per la comunicazione
cavilli lapidei e sgretola la materia rendendola friabile, sia per antichi sac- Emilia Simone
Strada dei Dottula Isolato 49
cheggi. Sulle superficie dei sarcofagi erano ancora leggibili i segni delle at- 70122 Bari
trezzature utilizzate per la lavorazione,mentre nelle fenditure e nei più gran- Tel. 080 5281111
Fax 080 5281114
di fori, il terriccio ospitava piantine con radici ben saldate. dirregpuglia@beniculturali.it
La tomba decorata risultava nella parte superiore meno attaccata da vegeta-
zione. Tuttavia, all’interno, su tutte e quattro le pareti intonacate con frammen-
ti decorativi, vi era un’eccessiva quantità di muschi. Lo strato sottilissimo di in-
tonachino steso direttamente sui blocchi lapidei si presentava, per il 30% del-

Soprintendenza per i Beni


Archeologici della Puglia
Soprintendente
Giuseppe Andreassi
Via Duomo 33
74100 Taranto
Tel. 099 4713511
Fax 099 4600126
archeologica.taranto@arti.beniculturali.it

111
la superficie, distaccato dal supporto. Nelle giunture vi era uno spessore mag-
giore di malta che, nella maggior parte della tomba, si è polverizzata. Il de-
grado chimico, le efflorescenze, subflorescenze ed incrostazioni assumendo
colori nero-verdastro, avevano nascosto le fasce colorate. La cisterna presen-
tava una patina vegetativa poco radicata e l’intonaco, non molto sporco.

Intentervento di restauro
La prima operazione condotta è stata l’applicazione del biocida per la ri-
mozione delle colonie vegetative superiori e inferiori disciolto in acqua al
3%. La disinfestazione è stata eseguita, tramite nebulizzazione con pompa
da giardinaggio per saturazione del prodotto disciolto su tutte le superfici
delle pietre e intonaci dipinti. Il biocida, costituito da benzalconio cloruro,
non macchia le superfici perché è incolore, si decompone sotto l’effetto
degli U.V. e, pertanto, la sua azione è reversibile nel tempo. A due settima-
ne dalla prima, è stata eseguita la seconda applicazione del biocida: que-
sta volta si è utilizzato il Rocima 110 a base di triazina, sempre disciolto in
acqua al 5%; esso è stato applicato per nebulizzazione fino a rifiuto anche
su piante ormai morte. L’esito di queste due interventi di disinfestazione ha
dato subito evidente risultato con cambio di cromie della vegetazione, te-
stimoniando la morte della stessa. L’inizio del lavaggio dei manufatti lapidei
è stato eseguito con acqua e ammonio quaternario in piccole percentuali;
questo tensioattivo ha lasciato la superficie più a lungo bagnata per permet-
tere di pulirla con spazzole di saggina e di nylon. Le piante superiori e i mu-
schi di notevole spessore sono stati rimossi preventivamente con l’utilizzo
di bisturi e spatole. Molta attenzione è stata rivolta alle parti più nascoste,
alle cavità e alle fessure. Il risciacquo con acqua deionizzata è stato esegui-
to su tutte le superfici lapidee che, una volta asciutte e visionate, sono sta-
te imbibite a pennello da terza applicazione di biocida disciolto in acqua
distillata al 4%; al fine di ottenere un maggior assorbimento e una minore
Direttori: evaporazione del prodotto, le tombe sono state imballate con celophan. La
Teresa Schojer, Cristina Scialpi quarta tomba, quella affrescata, non è stata coperta perché ha subìto altre
Restauratore:
Luca Pantone applicazione di biocidi, seguite da una meticolosa rimozione manuale di
muschio e di alghe e finalmente si è intravista una parte della doppia fascia:
una rossa e una blu che doveva scorrere su tutte le pareti a circa due/terzi
dell’altezza della tomba. Per la cisterna, il lavaggio è stato eseguito con una
idropulitrice professionale con ugello di uscita rotante. Il livello di pressio-
ne, pari a 0.8 bar, è stato scelto per conseguire un’azione meccanica del
biocida, adatta alla rimozione di muschi ormai morti, nonché un’azione chi-
mica dell’acqua idonea all’eliminazione delle sostanze incoerenti ed estra-
nee sciolte. Per il risciacquo si è utilizzata acqua deionizzata ed additivata
ad un ammonio quaternario ottimo come tensioattivo, disciolto al 3% e la-
sciato asciugare lentamente sulla superficie, grazie all’applicazione di teli in
poliuretano. Con ultimi interventi di consolidamento è stata messa in ope-
ra la copertura con vetri antisfondamento per una fruizione delle opere re-
staurate da parte di turisti e cittadini ginosini.

112
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico
Peschici (FG) Abbazia di Santa Maria di Kalena.
Scultura raffigurante Madonna con bambino.

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Legno intagliato dipinto e dorato, seconda metà
del XV secolo
Fabrizio Vona, Antonella Simonetti

I l gruppo scultoreo - facente parte del progetto RE.VA.LE. (Recupero


Valorizzazione Legno) finanziato nell’ambito dell’Interreg 3 Italia - Albania,
era ubicato in una nicchia posta sull’altare maggiore della “chiesa nuova”
dell’Abbazia di Santa Maria di Kalena a Peschici (FG). Le notizie relative al
manufatto, risalente alla seconda metà del XV secolo ad opera di intagliato-
re di ambito meridionale sono, a tutt’oggi, quasi del tutto assenti.
La scultura della Vergine è cava sul retro dove sono visibili le impronte la-
sciate dagli strumenti utilizzati per l’intaglio del legno; il corpo e la testa so-

per le province di Bari e di Foggia


no stati ricavati da un unico blocco, mentre le braccia sono state intagliate
ed assemblate ad incastro. Nel corso di un precedente intervento di restau-
ro, sono state applicate, nella zona inferiore ed in entrambi i lati della sta-
tua, due travette in modo da garantirne una maggiore stabilità. Tali travette
sono state fissate asportando parte del panneggio e due piccole sporgen-
ze, appartenenti ad un ipotetico trono. La Vergine indossa una veste stretta
in vita da una cintola ed un manto a foglia oro: tale manto è costituito, nel-

della Puglia
la parte superiore, unicamente da tela, che in alcuni punti è stata ripiegata
su se stessa in modo da dare forma e plasticità alle pieghe del panneggio;
sulla tela è stata applicata la consueta preparazione di gesso e colla per per-
mettere la stesura della policromia ed il Bambino è totalmente “impannato”,
probabilmente con la stessa tela utilizzata per il manto della Vergine. Gli oc-
chi di entrambe le sculture sono in vetro, risultato di un intervento, presumi-
bilmente settecentesco, durante il quale sono stati asportati gli originali in
legno. Le teste delle due statue erano sormontate da corone, come si evin- Direttore Regionale
ce dall’interruzione della tela del manto e dalla relativa preparazione. Ruggero Martines
Coordinamento
Il manufatto ligneo è stato oggetto di approfondite indagini diagnostiche, per la comunicazione
effettuate in collaborazione con il docente in Tecnologia del Legno Emilia Simone
Strada dei Dottula Isolato 49
dell’Università degli Studi di Bari, A. Pellerano, con il docente di Fisica ap- 70122 Bari
plicata dell’Università degli Studi di Bari, F. Adduci, con il docente di Tel. 080 5281111
Fax 080 5281114
Archeometria dell’Università di Lecce, A. Castellano, con il primario dirregpuglia@beniculturali.it
dell’Istituto di Neuroradiologia del Policlinico di Bari, A. Carella.
Esse hanno riguardato il riconoscimento delle specie legnose; la determina-
zione della struttura e dei modi di assemblaggio con l’ausilio dell’indagine
radiografica T.A.C.; la determinazione della posizione della statua all’interno
del tronco originario; lo studio degli strati pittorici mediante l’analisi non di-
struttiva dell’ED-XRF.
Per quanto concerne la scultura della Madonna, il riconoscimento, per via
microscopica, ha portato all’individuazione della famiglia di appartenenza,
“Populus” (pioppo). Dopo un’approfondita analisi storica sulle varietà delle Soprintendenza
per il Patrimonio Storico,
specie lignee del “Populus” in materia di botanica forestale, si è giunti alla Artistico ed Etnoantropologico
determinazione che il pioppo utilizzato potrebbe essere stato uno dei tre per le province di Bari
e di Foggia
tipi più diffusi nell’area garganica: il Populus Alba, Populus Tremula o Soprintendente ad interim
Populus Nigra specie Neapolitana (Pioppo Bianco, Tremolo, Napoletano); la Rossella Vodret

specie legnosa delle travette laterali è l’abete bianco. Per quanto concerne Via Pier l’Eremita, 25/B
70122 Bari
Gesù Bambino ed il cuscino su cui è poggiato, non è stato possibile effet- Tel. 080 5285111
Fax 080 5285214
tuare prelievi per non minarne l’integrità materica. artiba@arti.beniculturali.it

113
Il gruppo scultoreo è stato sottoposto ad indagine radiografica con una
Tomografia Assiale Computerizzata (T.A.C.) di tipo medico con una sorgen-
te di raggi X. L’indagine ha consentito di visualizzare le modalità di assem-
blaggio delle parti scolpite, i chiodi, le crepe, la diffusione dei fori lasciati
dagli insetti xilofagi e la relativa profondità e l’andamento degli anelli di ac-
crescimento.
Con le immagini radiografiche è stato possibile individuare le parti intaglia-
te e la tecnica con cui esse sono state assemblate al corpo principale: le
due braccia della Madonna sono state sbozzate e fissate al corpo median-
te tenoni; il braccio sinistro del Bambino è stato assemblato al corpo, come
si deduce da uno strato nero che conferma l’unione dei due pezzi; il brac-
cio destro, invece, è stato ricavato dallo stesso corpo principale del fusto:
i cerchi annuali, infatti, si prolungano nell’arto superiore.
L’indagine radiografica ha permesso di constatare la lunghezza dei chiodi
utilizzati per fissare le due travette al corpo della Madonna e di analizzare
le crepe tipiche del ritiro tangenziale e radiale del legno. Inoltre, è stato
possibile osservare la quantità dei fori di lasciati dagli insetti xilofagi: nella
figura della Vergine, i fori sono 51, distanti tra loro mm 5 con gallerie lunghe
mm 255.
L’analisi dell’andamento dei cerchi annuali ha portato ad individuare l’asse
del fusto originario, per quanto concerne il Bambino Gesù. Per quanto ri-
guarda la Vergine, è stato effettuato uno studio più approfondito, che ha
portato al suo posizionamento all’interno del tronco originario.
A tale scopo, sono state prese in considerazione 42 sezioni, distanti l’una
dall’altra 2,5 cm (una sezione ogni 5 di quelle disponibili). Dopo aver
esportato le lastre in formato immagine JPG, le stesse sono state montate,
l’una accanto all’altra, in un programma CAD per poter eseguire più facil-
mente operazioni di ricalco, misurazione e schematizzazione.
Lo studio ha evidenziato che, nella porzione di fusto da cui è stata ricavata
la scultura, sono presenti, oltre agli anelli di accrescimento relativi al fusto
principale, anche altri anelli, di diametro più piccolo (da 5 a 10 cm), relati-
vi ad un secondo asse di cui non si ha più traccia nelle successive immagi-
ni radiografiche, forse perché non compresi nel perimetro della statua.
L’ipotesi più plausibile, relativa a questo secondo asse, è quella di un dop-
pio cimale: il fusto policormico, evidente al momento del taglio del tronco,
era, con probabilità, poco visibile al momento del prelievo, perché non più
presente ed inglobato nel fusto principale.
Il manufatto ligneo non è in asse con il tronco originario, ma leggermente in-
clinato in maniera da disporre le parti della scultura, ed in particolare la te-
sta della Madonna, in una zona non interessata dal midollo.
Per quanto concerne lo strato pittorico, è stata effettuata l’analisi di alcuni
pigmenti con la tecnica non invasiva dell’ED-XRF (Energy Dispersion X-Ray

114
Fluorescence). L’indagine ha dato, come risultato, la composizione chimica
elementare dei pigmenti blu (verde terra, miscelato ad orpimento per la
cromia della veste della Vergine, blu di cobalto, blu di Prussia), rosso (mi-
nio) ed informazioni sulla tecnica di applicazione della doratura. In partico-
lare, è stato rilevato che la policromia originaria è alterata da una ridipintura
successiva, provocando un ribaltamento dei colori, ad eccezione della do-
ratura del manto della Vergine. I saggi di pulitura hanno evidenziato, sotto il
colore rosso della ridipintura, l’azzurro della veste della Vergine, con il bor-
do inferiore rosso, polsini di colore verde ed una scollatura profilata di
bianco e decorazione puntinata di colore scuro; il manto presenta tracce
precedenti di oro e di preparazione, mentre altri saggi effettuati nella parte
interna del manto hanno evidenziato il rosso, sotto il colore verde – azzur-
ro e la cintola, di colore chiaro, risulta, invece, dello stesso colore dell’inter-
no del manto. Infine, dopo la pulitura dell’incarnato del Bambino, sono
emersi, intorno al collo ed ai polsi, una collana con pendente a forma di co-
rallo e due bracciali dipinti di colore rosso.

Il restauro completo del


gruppo scultoreo è stato
eseguito nel laboratorio di
restauro della Soprintendenza
P.S.A.E. per le province di Bari
e di Foggia dalle restauratrici L.
De Bellis Vitti, V. Sorrentino e
M. P. Zambrini coordinate
da F. Vona, Direttore del
Laboratorio di restauro.

115
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico Lorenzo Lotto, San Felice in Cattedra, Olio su
tela, Giovinazzo (Ba) Chiesa di San Domenico
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Fabrizio Vona, Rosanna Gnisci

I l dipinto raffigurante San Felice in Cattedra è l’unico scomparto supersti-


te di un trittico dettagliatamente documentato nel Libro di spese diverse,
sorta di diario in cui Lorenzo Lotto, a partire dal 1538, annota, tra le altre co-
se, le vicende di molti tra i dipinti che esegue.
Nel Libro l’artista scrive che si trattava di una “pictura in tre campi zoè in me-
zo Santo Felice Episcopo, da l’un canto Santo Antonio de Padova, e Santo
Nicola da Tolentino da l’altro et in un quadro alla summità sia uno Christo
pietoso”. Il trittico, prosegue il Libro, era stato commisssionato nel giugno
del 1642 da Alovise Catalan, mercante di Barletta per conto de “li huomeni
de Iuvenazo”; nell’ottobre dello stesso anno il dipinto era completato. Le vi-
per le province di Bari e di Foggia

cende successive del dipinto sono poco chiare. Sembra fosse in origine
conservato nella chiesa di San Felice in Giovinazzo e di lì fosse poi passato
in Cattedrale; qui il trittico, nella seconda metà del secolo XVI, viene di-
strutto per la sua massima parte in un incendio. La tela superstite viene rin-
venuta da Bernard Berenson nella chiesa di San Domenico nel 1897.
Il 1542 è un anno particolarmente doloroso nella vita di Lorenzo Lotto.
L’artista, sessantaduenne, viveva dal 1540 in casa del nipote Mario
della Puglia

d’Armano, ma, nonostante le dimostrazioni di affetto filiale di quest’ultimo,


i doni di ogni sorta che il pittore fa al nipote, alla moglie e alle figlie di lui,
la convivenza non risultò particolarmente felice e il Lotto, proprio nell’otto-
bre del 1542, decide di trasferirsi a Treviso in casa di Giovanni del Saon.
E tuttavia, proprio in quell’anno così inquieto e doloroso nacquero dal pen-
nello dell’artista alcune opere tra le sue più toccanti e più moderne. È infat-
ti questo l’anno della grande pala dell’Elemosina di Sant’Antonino in cui
per la prima volta un pittore veneziano mostra un’adesione totale alle esi-
Direttore Regionale
Ruggero Martines genze dei più derelitti, in probabile collegamento con le nuove esigenze di
Coordinamento carità stimolate in laguna dal contatto con gli ambienti riformati.
per la comunicazione
Emilia Simone E ancora si data a questo stesso anno 1542 una serie di ritratti tutti caratte-
Strada dei Dottula Isolato 49 rizzati da una introspezione psicologica nuova; tra essi va ricordato almeno
70122 Bari
Tel. 080 5281111 il Gentiluomo trentasettenne della Galleria Doria Pamphili di Roma, defini-
Fax 080 5281114
dirregpuglia@beniculturali.it

Soprintendenza
per il Patrimonio Storico,
Artistico ed Etnoantropologico
per le province di Bari
e di Foggia
Soprintendente ad interim
Rossella Vodret
Via Pier l’Eremita, 25/B
70122 Bari
Tel. 080 5285111
Fax 080 5285214
artiba@arti.beniculturali.it

116
to dalla Banti “il gran melanconico”, in cui il Lotto escogita un accordo im-
mediato tra il dolore espresso dal personaggio e il muro sgretolato del fon-
do attraverso l’uso di una pittura che si decompone in una luce fredda.
Nel San Felice, all’arguzia espressa dagli occhi piccoli e dallo sguardo pe-
netrante, si accompagna una composizione di grande semplicità e di gran-
de modernità, dal sapore neoarcaico; la figura del Santo si colloca in uno
spazio compresso ed è costruita per piani paralleli serrati e senza deviazio-
ni: il gradino di pietra, quello rosso rivestito dal tappeto, le ginocchia, il li-
bro, il torace con la testa e il piviale, il dossale del trono, la tenda verde. La
stesura dei colori è velocemente pittorica con colori puri impastati nella
biacca; la tecnica risulta così del tutto antinaturalistica, l’immagine si de-
compone a una visione ravvicinata, mentre torna ad acquistare la sua inte-
grità visiva alla distanza. Si tratta dello stesso tipo di disfacimento pittorico
che qualifica pitture contemporanee come il Cristo in gloria con i simbo-
li della passione databile al 1543 del quale la Banti aveva notato quanto an-
ticipi il vecchio Tiziano e come sia sorprendentemente “rembrandtiano”.
Il dipinto venne sottoposto ad un primo intervento di restauro da Venturini
Papari nel 1919; nulla è tuttavia documentato di questo intervento. Un se-
condo restauro fu eseguito nel 1951 dall’Istituto Centrale del Restauro. In
quell’occasione fu sostituito il telaio con uno ad espansione. Sul dipinto fu-
rono eseguite soltanto la pulitura e l’integrazione pittorica delle lacune; ven-
nero poi lasciati alcuni tasselli di sporco che documentavano lo stato della
pellicola pittorica prima dell’intervento.
Il restauro eseguito nel corso del 2006-2007 è stato reso necessario dalla
constatazione che il telaio fortemente deformato provocava un’accentuata
tensione della tela. Lo smontaggio del dipinto dal suo luogo di collocazio-
ne chiariva che il dipinto era fortemente compromesso da attacchi di xilo-
fagi, al punto che erano visibili numerosi fori di sfarfallamanto sulla stessa te-
la nelle zone di contatto con il telaio.
L’esigenza primaria dell’esecuzione di un nuovo telaio ha reso necessario lo
smontaggio del dipinto; questa operazione è stata condotta con qualche
dubbio sui risultati che si sarebbero raggiunti, in considerazione del fatto
che in alcuni testi era riportata la notizia che il supporto originario fosse li-
gneo e che il dipinto fosse poi stato trasportato, in epoca imprecisata, su
un nuovo supporto tessile. Lo smontaggio del dipinto ha dimostrato l’infon-
datezza di questa notizia, mentre ha permesso di comprendere che nel pri-
mo restauro era stata scelta una tela da rifodero troppo compatta ed erano
stati lasciati lungo i bordi frammenti dell’antico telaio.
Si è ritenuto pertanto opportuno evitare di traumatizzare ancora il dipinto
con un nuovo reintelaggio. Si è perciò scelto di fissare l’opera al nuovo te-
laio con fasce di tela applicate con collapasta a freddo.
La successiva pulitura ha liberato la pellicola pittorica dalle vernici superfi-
ciali alterate, alcune delle quali patinate ad arte, e dalle ridipinture eseguite
in passato; l’assottigliamento calibrato degli strati di vernice più antichi ha
permesso di raggiungere un nuovo equilibrio dell’insieme, che non rispec-
chia certamente quello primitivo, ma trae origine dalla valorizzazione degli
elementi cromatici ed espressivi dell’opera. Molti brani del dipinto hanno
così ritrovato il valore figurativo primitivo, mentre molti particolari che la pa-
tina bruna aveva offuscato, specialmente sul piviale e sulla dalmatica , han-
no riacquistato evidenza cromatica e plastica.
La pulitura ha posto in luce lacune diffuse e stuccature eseguite nei restauri
precedenti, mentre si è compreso che la vigorosa stiratura eseguita nel cor-

117
so dei precedenti interventi di restauro aveva provocato numerose abrasio-
ni che ponevano in evidenza la trama della tela.
Lo studio accurato della stesura pittorica, che il Lotto esegue con moltepli-
ci piccole pennellate, ha permesso di eseguire un ritocco che ricostruisce
con estrema delicatezza le mancanze diffuse e restituisce compattezza ad
un tessuto pittorico che si presentava perfettamente leggibile ma sgranato.
Il restauro del dipinto è stato accompagnato da una serie di analisi minera-
logiche, chimiche e fisiche, la cui elaborazione è in corso di precisazione,
che permettono di indagare taluni aspetti tecnici del modo di operare di
Lorenzo Lotto, che, come dimostra il Libro di spese diverse nella rubrica
intitolata “Per l’arte”, in cui l’artista indica materiali e metodi di esecuzione,
risulta sperimentale, per molti aspetti, e in qualche modo collegato alle tec-
niche di esecuzione nord europee.
Tra i risultati più interessanti va annoverato quello che dimostra l’utilizzo nel-
la preparazione, eseguita con colla animale e gesso – “colla e jeso” così a
più riprese scrive il Lotto nel Libro -, di allume di rocca, analogamente a
quanto riscontrato nel Ritratto di gentildonna in veste di Lucrezia (Londra,
National Gallery, c.1533).
Ma va soprattutto ricordato che le analisi dei leganti hanno mostrato un pos-
sibile utilizzo di olii semisiccativi, eccentrici rispetto alla tradizione venezia-
na. Effettivamente Lorenzo Lotto cita a più riprese nel Libro di spese diver-
se – che, ricordiamo, viene compilato a partire dal fatidico 1538 – il più
consueto“olio de lin crudo integro” e l’olio di noce che l’artista preparava
personalmente con la spremitura dei gherigli.
Si ritiene pertanto di dover approfondire lo studio dei leganti del San
Felice.
Non si può d’altro canto escludere che l’artista abbia utilizzato in giovinez-
za tecniche più tradizionali quali la tempera all’uovo o tecniche miste; è no-
to, del resto, che il Lotto utilizzò i supporti su tavola fino al secondo decen-
nio del Cinquecento: è da pensare che all’utilizzo del legno si accompa-
gnasse la tecnica all’uovo, ad esso più adatta.

Le indagini diagnostiche effettuate


sono le seguenti:
gas cromatografia in combinazione
con la spettrometria di massa (GC-
MS) della frazione proteica
pirolisi-gas cromatografia in
combinazione con la spettrometria
di massa (Py-GC-MS) microscopia
ottica (MO) e microscopia
elettronica a scansione con
microanalisi (SEM-EDS) di sezioni
stratigrafiche lucide

Restauro Angela Laterza,


Anna Scagliarini
Indagini diagnostiche
Inez van der Werf, Rocco Laviano,
Federico Masi, Luigia Sabbatini
Foto Beppe Gernone
Direzione lavori Fabrizio Vona,
Rosanna Gnisci

118
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico
Le porte di bronzo del santuario di Monte
Sant’Angelo e del Mausoleo di Boemondo

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


in Canosa: tecnologie a confronto
Fabrizio Vona

N ella previsione della redazione di un progetto di restauro della porta


del Santuario dell’Arcangelo Michele in Monte Sant’Angelo sono state
eseguite approfondite indagini diagnostiche tese a stabilire le modalità di
esecuzione delle decorazioni cromatiche presenti sulla porta, confrontate
con le decorazioni della porta del mausoleo di Boemondo a Canosa, il cui
restauro è stato appena concluso dalla Soprintendenza P.S.A.E. di Bari e
Foggia.
La porta del Santuario di San Michele in Monte Sant’Angelo, importata da
Costantinopoli nel 1076, è la prima delle porte pugliesi eseguite con leghe
del rame (oricalco in questo caso, bronzo negli altri casi).

per le province di Bari e Foggia


La porta del Mausoleo di Boemondo a Canosa si ispira alla porta di Monte
Sant’Angelo nell’utilizzo di formelle figurative incise, anche se, al contrario
di quella, queste non presentano decorazioni pittoriche o nielli nelle inci-
sioni.
Sulla porta di Monte Sant’Angelo, in previsione di un prossimo intervento di
restauro, le analisi elementari condotte mediante XRF (X-Ray Fluorescence)

della Puglia
portatile hanno dimostrato che la lega utilizzata è una lega di rame e zinco,
il cosiddetto oricalco.
Sulla porta di Boemondo, già restaurata ed eseguita in fusione piena e non
con lastre sottili applicate su legno, le analisi condotte mediante ICP-AES
(Inductively Coupled Plasma Atomic Emission Spectroscopy) hanno dimo-
strato che la lega utilizzata per le due ante è sostanzialmente la stessa; per
questo motivo si pensa che esse siano state eseguite in continuità tempora-
le, seppure con un cambiamento di progetto che può essere attribuito alla Direttore Regionale
difficoltà di eseguire in unica fusione un manufatto delle dimensioni di oltre Ruggero Martines
due metri. I difetti di fusione presenti sull’anta sinistra testimoniano di que- Coordinamento
per la comunicazione
sta difficoltà. L’anta destra venne poi eseguita in quattro formelle assembla- Emilia Simone
te con un raffinato sistema a incastro del tutto simile a quello delle porte Strada dei Dottula Isolato 49
70122 Bari
della cappella Palatina di Palermo. Tel. 080 5281111
Fax 080 5281114
Sono poi state analizzate mediante Py-GC-MS (Pyrolysis Gas Cromatography dirregpuglia@beniculturali.it
Mass Spectrometry) le decorazioni cromatiche presenti sulla porta di Monte
Sant’Angelo: esse sono composte di stesure pittoriche di cinabro e mala-
chite in un legante a base di olio di papavero, per quanto riguarda i colori

Soprintendenza
per il Patrimonio Storico,
Artistico ed Etnoantropologico
per le province di Bari
e di Foggia
Soprintendente ad interim
Rossella Vodret
Via Pier l’Eremita, 25/B
70122 Bari
Tel. 080 5285111
Fax 080 5285214
artiba@arti.beniculturali.it

119
rosso e verde, mentre i riempimenti neri sono eseguiti con la tecnica del
niello, nella sua formulazione classica, così come viene descritta da Teofilo.
Anche la porta di Canosa presenta finiture di tipo pittorico; si tratta questa
volta di minio in un legante a base di olio di papavero presente nelle parti
alte dei sottosquadri delle fasce decorative vegetali e nei dischi superiori
delle due ante della porta.

Direzione dei Lavori:


Fabrizio Vona
Restauro: Nicola Vito Iacobellis
ed Osvaldo Cantore

Analisi XRF: Giovanni Buccolieri


Dipartimento di Scienze dei
Materiali, Università del Salento
Analisi ICP-AES: Inez Van der
Werf, Dipartimento di Chimica,
Università degli Studi di Bari
Analisi Py-GC-MS: Inez Van der
Werf,
Maria Marmontelli, Dipartimento
di Chimica,
Università degli Studi di Bari
Analisi SEM/ EDS:
Rocco Laviano
Francesca Dentamaro,
Dipartimento Geomineralogico
Università degli Studi di Bari
Analisi di conducibilità
magnetica I.A.C.S. e studio
metallografico: Sergio Angelucci
Analisi PXRD: Giovanni Cavallo

120
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico
Il restauro del polittico di Bartolomeo Vivarini
raffigurante Madonna con Bambino

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


e San Bernardino, San Nicola, San Vito
e San Giovanni conservato nell’ex Cattedrale
di Santa Maria Assunta di Polignano a mare (BA)
Antonella Di Marzo, Fabrizio Vona

E seguito a tempera su fondo oro, su tavole di pioppo, il polittico è costi-


tuito da cinque pannelli di dimensioni diverse raffiguranti la Madonna
con il Bambino nello scomparto centrale (cm 106 x 42,2), e i Santi
Bernardino (cm 118,2 x 33,7), Nicola (cm 118,5 x 33,7), Vito (cm 118,3 x
36,2) e Giovanni Battista (cm 118,5 x32,5) nei laterali. Firmato nello scom-
parto centrale, in basso a destra, durante il restauro è stata rinvenuta, accan-
to alla firma, una data incompleta 149…
I pannelli che sopravvivono sono da considerare soltanto quel che resta di

per le province di Bari e Foggia


un polittico ben più articolato e complesso, mentre è del tutto perduto
l’apparato ligneo nel quale le tavole erano incastonate. Le figure mantegne-
sche dalle pose statuarie si stagliano su fondi oro dal sapore arcaico; la
Vergine dello scomparto centrale mostra uno stretto legame con altre ana-
loghe immagini eseguite da Bartolomeo: tra esse può essere ricordata, pur
nella differente postura del Bambino, quella della più precoce tavola della

della Puglia
Basilica di San Nicola di Bari, firmata e datata 1476.
Raffinatezza di esecuzione è riservata ad ogni particolare: si guardi il manto
della Madonna, eseguito in oro con un minuscolo pennello su disegno pre-
ventivamente realizzato con sottilissime incisioni, in cui sono rintracciabili,
nel modulo ampio del disegno, elementi vegetali e pigne, che, insieme ai
fiori del cardo ed alle melagrane, saranno i temi dominanti nella decorazio-
ne tessile fino alla metà del XVI secolo. Il San Bernardino, dai contorni rigo-
rosi, il San Giovanni Battista, che rammenta quello più noto del trittico dei Direttore Regionale
Frari di Venezia, insieme al San Nicola, affine nella fisionomia a quello della Ruggero Martines
Coordinamento
tavola della basilica nicolaiana, ed al San Vito, completano la composizio- per la comunicazione
ne. Bartolomeo, artista muranese (notizie 1430 – 1491), grande conoscitore Emilia Simone
Strada dei Dottula Isolato, 49
della cultura pittorica padovana, fu allievo del fratello Antonio con il quale 70122 Bari
avviò una fiorente e prolifica bottega, realizzando una serie di polittici per Tel. 080 5281111
Fax 080 5281114
chiese veneziane ed esportandone in gran numero lungo tutto il bacino dirregpuglia@beniculturali.it
dell’Adriatico e, verso la fine della carriera, anche nel bergamasco.
Sovente menzionato per le sue creazioni più felici quali la Madonna in tro-
no del Museo di Capodimonte del 1465, ricca degli influssi dei ferraresi e
di Carlo Crivelli, in cui si impongono valori cromatici vitrei e smaltati, appa-
re qui in una sua opera tarda, dallo stile in certo modo antiquato, in cui non
è traccia delle innovazioni della forma introdotte da Antonello e da
Giovanni Bellini. Già ritenuta dalla critica cronologicamente vicina all’opera
napoletana sopra ricordata, l’opera va invece datata, come ha dimostrato la
data incompleta rinvenuta durante il restauro, agli anni ’90, dunque tra le ul- Soprintendenza
per il Patrimonio Storico,
timissime opere di Bartolomeo; ed effettivamente il carattere arcaizzante e Artistico ed Etnoantropologico
di riproduzione “seriale” di moduli della bottega che qui si può leggere per le province di Bari
e di Foggia
sembrerebbe confermarlo, insieme alla innegabile standardizzazione dei Soprintendente ad interim
modi pittorici, da imputare al contributo sempre più massiccio degli allie- Rossella Vodret
Via Pier l’Eremita, 25/B
vi. E tuttavia la riproposizione di moduli arcaizzanti godrà di una relativa for- 70122 Bari
tuna nei territori di provincia di entrambe le sponde dell’Adriatico come di- Tel. 080 5285111
Fax 080 5285214
mostrano le numerose opere inviate dalla bottega dei Vivarini in Puglia, dal artiba@arti.beniculturali.it

121
polittico di Rutigliano alle opere di Andria e di Altamura, queste ultime og-
gi conservate nella Pinacoteca Provinciale di Bari ed assegnate all’ultima fa-
se della produzione di Bartolomeo; dall’Annunciazione di Modugno, data-
ta 1472, ai polittici di Surbo – anch’esso nella Pinacoteca di Bari- e di
Conversano, datato 1475, dall’Ottocento “tornato” a Venezia dove è oggi vi-
sibile nelle Gallerie dell’Accademia. Già restaurata da Tullio Brizzi nel 1930
e da Raffaello Lorenzoni nel 1964, la preziosa opera appariva indebolita nel
supporto a causa di attacchi di insetti xilofagi. I dipinti si mostravano ingial-
liti, con sbiancamenti diffusi, ritocchi alterati e localizzate riprese della do-
ratura, abrasioni del colore e talune perdite di preparazione; si rilevavano
sulla superficie innumerevoli piccole macchie, da ritenere probabilmente
deiezioni di insetti, minuscole mancanze della pellicola pittorica e piccoli
ritocchi alterati; in alcune zone, infine, la foglia d’oro appariva abrasa e con-
sunta tanto da far trasparire bolo e preparazione. La tavola centrale mostra-
va lacune più consistenti rispetto a quelle laterali e tutti i pannelli presenta-
vano uno strato protettivo aggiunto oleo-resinoso, in modo particolare sul-
la campitura eseguita con azzurrite del manto della Vergine, ed uno di ver-
nice molto ossidata. L’osservazione del polittico ha mostrato che i pannelli
sono stati, in epoche diverse, resecati nei bordi superiori ad altezze diffe-
renti; la mancanza di allineamento tra i punti di fuga risultante da questa cir-
costanza, mascherata parzialmente nel restauro degli anni ‘60 del
Novecento, è stata volutamente lasciata in vista, senza operare, durante
l’esecuzione del ritocco, alcuna omogeneizzazione. Una prima pulitura è
stata funzionale all’eliminazione degli strati più esterni di vernici ossidate e
di alcuni ritocchi; in una seconda fase si è invece proceduto all’asportazio-
ne dei ritocchi più tenaci. Successivamente sono state eliminate con azione
meccanica tutte le stuccature dei precedenti restauri. Il consolidamento
della preparazione e del colore è stata seguito da una prima verniciatura ef-
fettuata sulle sole parti dipinte; è stata poi eseguita la stuccatura a livello di
tutte le lacune. Il ritocco è stato eseguito con abbassamenti di tono, velatu-
re e tratteggi in relazione alla estensione e alla natura delle lacune. La verni-
ciatura finale è stata eseguita per nebulizzazione.
È stato infine modificato il sistema di ancoraggio delle tavole al pannello re-
trostante che si è deciso di conservare in quanto testimonianza dei criteri
espositivi degli anni ’60 del Novecento, pur se alleggerito nella tonalità.

L’intervento, finanziato
dall’Associazione per il Restauro
del Patrimonio Artistico Italiano, è
stato eseguito dalla Società C.B.C.
Conservazione Beni Culturali,
Roma dal settembre 2006 al
marzo 2007 con l’Alta
Sorveglianza dei funzionari della
Soprintendenza per il Patrimonio
Storico Artistico ed Etnoantro-
pologico per le province di Bari e
Foggia, Antonella Di Marzo e
Fabrizio Vona

122
SARDEGNA
Un inedito frammento di affresco secentesco

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio, il Patrimonio


nella Cattedrale di Cagliari
Lucia Siddi

I l recente smontaggio dell’imponente altare marmoreo dedicato a

Storico Artistico ed Etnoantropologico per le province


Sant’Isidoro, che copre gran parte della testata del transetto destro della
cattedrale di Cagliari, ha consentito la riscoperta di un interessante frammen-
to di affresco molto lacunoso ma di estremo interesse per la singolarità del-
l’episodio raffigurato. L’affresco copriva, in origine, una superficie di oltre 3
x 2,20 metri di altezza, a partire da circa 3 metri dal pavimento; inferiormen-
te dovevano essere raffigurati, a tutta immagine, dei santi collocati entro nic-
chie centinate dei quali si può oggi individuare solo San Sebastiano; supe-
riormente sono ancora presenti otto santi martiri crocifissi che si stagliano su
uno sfondo costituito da rocce e alberi dai rami carichi di foglie. I personag-
gi possono essere identificati con i diciassette santi gesuiti e francescani
martirizzati in Giappone alla fine del XVI secolo e beatificati nella prima me-
tà del XVII.

di Cagliari e Oristano
È pertanto plausibile che l’opera, scoperta in occasione della realizzazione

della Sardegna
del nuovo altare da parte del marmoraro milanese Giulio Aprile nel 1683, sia
stata eseguita nei primi decenni del Seicento, subito dopo la canonizzazio-
ne dei missionari.

Il restauro
Prima di procedere all’effettivo restauro dell’opera il restauratore ha effettua-
to un accurato controllo del supporto murario e sulla cromia ancora esisten-
te, constatando le precarie condizioni dell’intonaco formato da un unico
sottile strato a base di calce e inerte calcareo, disteso direttamente sulla su-
Direttore Regionale
perficie muraria, senza la presenza dell’arriccio. Paolo Scarpellini
La superficie dipinta era in gran parte ricoperta da uno spesso strato gros- Coordinamento
Sandra Violante
solano di scialbo, mentre alcune parti mostravano tracce di solfatazione.
Via dei Salinieri, 20/22
Dopo un dettagliato rilievo dei frammenti di affresco, si è proceduto alla 09126 Cagliari
Tel. 070 34281
spolveratura dell’intera superficie con pennelli morbidi a pelo lungo e get- Fax 070 3428209
to d’aria a bassa pressione, al fissaggio delle zone sollevate della pellicola dirregsardegna@beniculturali.it

Soprintendenza per i Beni


Architettonici, il Paesaggio, il
Patrimonio Storico Artistico ed
Etnoantropologico per le
province di Cagliari e Oristano
Soprintendente (ad interim)
Stefano Gizzi
Via Cesare Battisti, 2
09123 Cagliari
Tel. 070 20101
Fax 070 252377
sbappsae-ca@beniculturali.it
Referente
Maurizio Bistrusso

123
pittorica con colla animale sciolta a caldo, al consolidamento con malta flui-
da nelle parti dove la decoesione era più estesa, mentre si è utilizzata la re-
sina acrilica in emulsione nelle zone meglio conservate. Le lesioni capillari e
le piccole lacune, prima dell’applicazione della tela da stacco, sono state
consolidate con malta idraulica caricata con polvere di marmo.
Tutte le incrostazioni sono state rimosse con l’utilizzo di bisturi e successi-
vamente, prima di procedere all’incollaggio della tela, è stata eseguita una
prima pulitura degli sbiancamenti mediante spugnature in forma blanda di
acqua e benzalconio cloruro. Si è proceduto quindi all’incollaggio su tutta
la superficie di una doppia tela (velatine da stacco) e di un rinforzo sulle
zone perimetrale con tela Patta, mediante l’utilizzo di Paraloid B72 diluito al
30%, e sono state applicate delle controforme in legno, accuratamente
puntellate, per procedere allo stacco.
Questo è avvenuto con l’utilizzo di mezzi meccanici che hanno consentito
la rimozione del solo intonaco, lasciando intatta la parte di supporto ade-
rente alla cromia. Il retro dell’intonaco è stato assottigliato, procedendo poi
alla stuccatura delle lacune e delle fenditure del retro dei dipinti con malta
a base di grassello e polvere di calcare e alla stesura di un sottile strato di
livellamento con malta formata di grassello di calce e inerte di calcareo.
Il nuovo supporto è formato dall’assemblaggio di pannelli Aerolam-Giba su
una struttura in scatolato d’alluminio di cm. 3x5, stendendo successivamen-
te uno strato di resina epossidica pura caricata con inerte fine. L’incollaggio
delle porzioni di intonaco è stata effettuata con malta a base di calce, iner-
ti e resina acrilica in emulsione.
Il restauro della superficie pittorica è stato eseguito con mezzi meccanici, ac-
qua e desogen applicata ad impacchi, previa eliminazione delle veline, men-
tre per la stuccatura delle lacune sono state utilizzate delle malte idonee, in-
tegrate a velatura con colori ad acquarello. Per conservare le dimensioni reali
dell’intero affresco si è stabilito di ricostruire l’intera zona centrale mancante
con un colore neutro composta da una semplice miscela di sabbia gialla di
due diverse tonalità e da polvere di marmo in proporzione di 2 a 1.
Tale intervento ha consentito il recupero alla pubblica fruizione di un docu-
mento dimenticato e nascosto da oltre trecento anni.

124
Oristano – Chiesa di Santa Chiara (XIV-XV secolo).
Restauro dei dipinti murali conservati nell’antica

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio, il Patrimonio


cappella del Santissimo Sacramento
Patricia Olivo

L a Chiesa di Santa Chiara, nel centro storico di Oristano è annessa al con-

Storico Artistico ed Etnoantropologico per le province


vento delle Clarisse claustrali, la cui presenza in città risale alla metà del XIII
secolo, quando il papa Clemente VI concedeva al giudice di Arborea Pietro
III de Bas Serra, attraverso la bolla emanata nel 1343, di edificare un monaste-
ro di suore Clarisse come forma di restituzione di beni illegittimamente ac-
quisiti. Nel 1348 il complesso doveva già essere costruito come testimonia
la lapide commemorante Costanza di Saluzzo, consorte di Pietro defunta in
quell’anno, che vi fu sepolta. Le forme originarie della chiesa sono da riferire
a questo periodo anche se l’edificio venne consacrato solo nel 1428 come
testimoniano gli stemmi scolpiti nei capitelli dell’arco trionfale dell’abside, ri-
feribili alla dinastia sardo-catalana dei Bas Serra. La costruzione della Chiesa
di Santa Chiara ad Oristano si colloca in un periodo storico molto comples-
so, a cavallo tra il romanico e il gotico, probabilmente, nasce come edificio

di Cagliari e Oristano
romanico e viene costretta allo stile gotico solo nella parte del presbiterio e

della Sardegna
poi, con l’intervento degli anni Venti del Novecento, tutta la chiesa viene
adattata a questo stile con artifici (volte a crociere in rete metallica e intona-
co, finti archi e nervature). Queste modifiche successive, nate dal desiderio
di collocare la fabbrica in un momento culturale ben preciso, ne hanno sna-
turato le linee originali aggredendo la struttura antica e nascondendo o di-
struggendo gran parte delle testimonianze del periodo giudicale. L’ interven-
to ormai storicizzato, rientra pertanto in quel tipo di testimonianza storica da
tutelare, fin tanto che le tecniche di conservazione dei materiali lo consento-
no. Solo l’abside, in conci di arenaria, conserva la sua volta a crociera origi-
naria a costoloni ed i capitelli dell’arco trionfale dove sono scolpiti gli stem- Direttore Regionale
mi giudicali d’Arborea con l’albero deradicato e i pali aragonesi. I peducci Paolo Scarpellini
Coordinamento
pensili su cui cadono i costoloni presentano figure umane in cui si è voluto Sandra Violante
riconoscere personaggi della storia giudicale arborense. Via dei Salinieri, 20/22
09126 Cagliari
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Soprintendenza per i Beni


Architettonici, il Paesaggio, il
Patrimonio Storico Artistico ed
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125
I dipinti recuperati
Nel corso dei lavori di restauro iniziati nel 2003, finanziati dalla regione
Sardegna, alla conclusione del primo lotto, si è riportato alla luce, nell’origina-
ria struttura della cappella del Santissimo Sacramento, alcuni brani di decora-
zioni parietali, ed ancora leggibili su parte del muro della cappella, gravemen-
te rovinato da interventi strutturali risalenti alla costruzione di una scala interna
e altre mensole ormai senza nessun significato funzionale. Tali dipinti, grave-
mente deteriorati, riproducono nell’estrema destra, all’interno di spazi defini-
ti da cornici con disegni geometrici, un gruppo sacro, ai piedi della croce con
il Cristo crocefisso secondo i moduli del gotico doloroso, formato dalla
Vergine, San Giovanni, due santi non ben identificati ed altri due personaggi
inginocchiati. A sinistra, sempre incorniciati da strisce geometriche delimitate
da stemmi araldici non completamente leggibili, sono venuti alla luce le figu-
re di una Madonna con Bambino e altre due figure aureolate con punzonatu-
ra realizzata sull’intonaco, inquadrate entro cornici a sesto acuto. All’estremità
sinistra nell’ex cappella di Sant’Antonio risulta ancora leggibile parte della fi-
gura di un santo con mano guantata recante un libro. Tale lettura è stata faci-
litata dal rilevamento grafico effettuato nel luglio scorso dal gruppo di lavo-
ro di giovani ricercatori universitari, composto dal dott. Andrea Pala, la
dott.ssa Nicoletta Usai, storici dell’arte, coadiuvati dall’arch. Rossella Sanna
e Federica Pinna, incaricate dal comune come direttore dei lavori e diretto-
re operativo dell’intervento ancora in corso nella chiesa. Questo primo rilie-
vo riportato su fogli di acetato, ha permesso una mappatura corretta del di-
pinto e rilevato con più precisione il tratto pittorico, su segni grafici visibili
e certi, senza nessuna interpretazione grafica arbitraria. Si rileva l’estrema
precarietà dello stato conservativo delle pitture, che, pur pesantemente
compromesse dai lavori murali e pittorici eseguiti nella cappella negli anni
passati, potrebbero essere recuperate e costituire l’unica e preziosissima te-
stimonianza rimasta della prima decorazione della chiesa eretta in età giu-
dicale. Pur essendo ancora difficile ipotizzare una datazione, dai tratti su-
perstiti e dalle aureole punzonate perfettamente conservate nel gruppo di
sinistra, si potrebbe assegnare la decorazione pittorica alla seconda metà
del XIV secolo. L’estrema precarietà delle condizioni dell’opera impedisce
ancora di stabilire l’esatta tecnica pittorica, comunque ipotizzabile come
affresco o mezzo fresco. La Soprintendenza BAPPSAE per le province di
Cagliari e Oristano ha predisposto un intervento di somma urgenza per la
messa in sicurezza ed il restauro dei dipinti recuperati ai sensi e per gli ef-
Responsabile progetto
fetti della legge 1 marzo 1975, n. 44 (art. 9) e del dpr n. 554/1999 (artt. 146-
Patricia Olivo 147), destinando un importo di 25.800 euro.

126
Il progetto redatto dalla scrivente, incaricata anche come direttore dei lavo-
ri è stato finalizzato soprattutto ad uno studio analitico volto a individuare
le tecniche e i materiali costitutivi dell’opera, il suo stato di conservazione,
l’efficacia degli interventi precedentemente operati e altresì di valutare le
condizioni ambientali della struttura nella quale è situata, attualmente og-
getto di importanti interventi.
I lavori, iniziati nell’ottobre 2007, si concluderanno nel gennaio 2008, sono
stati affidati alla ditta Giuliana Fenu, con la quale si è predisposto un crono-
programma delle analisi da effettuare.

Rilievo fotogrammetrico delle superfici interessate


La documentazione fotografica e quindi la restituzione digitale in scala for-
niscono il supporto necessario alla realizzazione di una mappatura puntua-
le che consentirà la corretta lettura dello stato di conservazione e degli in-
terventi operati.

Osservazione e documentazione a luce radente e in riflettografia all’in-


frarosso
Le indagini visive permettono l’una di valutare la planarità degli intonaci, l’altra
la possibilità di individuare con maggiore precisione le tecniche esecutive ol-
tre a eventuali pentimenti durante la fase preparatoria alla stesura del colore.

Indagine in termografia
Eseguita sugli ambienti interni ed esterni dell’edificio, fornisce informazioni
riguardo la presenza di eventuale umidità in eccesso, l’integrità delle strut-
ture e l’adesione dell’opera al supporto.

Rilievo termoigrometrico
I dati relativi alla temperatura e all’umidità relativa, sia all’interno che even-
tualmente all’esterno dell’edificio, raccolti con rilevatori digitali vengono
elaborati tramite software e riportati su grafico. Si otterranno in questo mo-
do informazioni indispensabili a guidare la scelta dei materiali e l’idoneità
della loro posa in opera durante l’intervento. È consigliabile protrarre il mo-
nitoraggio per almeno un intero anno solare.

127
Sezioni sottili e relativa analisi minero-petrografica, analisi diffrattome-
triche X (XRD)
Le due indagini associate consentono di valutare i materiali costitutivi degli
intonaci e la tecnica esecutiva dell’opera oltre a documentare una quantità
di indicazioni, quali ad esempio la porosità in termini quantitativi e qualita-
tivi, assai utili da un punto di vista operativo.

Analisi dei sali solubili in cromatografia ionica


Informa sulla tipologia e sulla quantità di sali presenti, permette di valutarne
la provenienza e di conseguenza l’eventualità del trattamento da eseguire.

Analisi spettrometrica infrarossa FT-IR


Individua la presenza e la tipologia di composti organici, supporto indi-
spensabile, fra l’altro, per valutare l’entità dei precedenti interventi.

Analisi dei pigmenti disgregati (micr. ottica+test microchimici)


Queste notizie, interessanti da un punto di vista storico artistico, diventano
di primaria importanza nella valutazione delle tecniche di pulitura e di con-
solidamento. Qualora i risultati delle termografie e delle cromatografie do-
vessero indicare un degrado da sanare, sarà utile ripeterle in itinere allo sco-
po di verificare l’efficacia degli interventi operati.
Durante la seconda parte del progetto, sulla scorta dei risultati ottenuti, si in-
terverrà sul manufatto secondo le seguenti fasi:
- ristabilimento parziale e localizzato,riportato su mappatura, dell’adesione
e della coesione della pellicola pittorica, propedeutico alle operazioni di
consolidamento e pulitura;
- velinatura di parti in pericolo di caduta e puntellatura,con applicazione di
tessuti naturali e/o sintetici, nei casi di fratturazione, fessurazione e distacco;
- ristabilimento localizzato, riportato su mappatura, dell’adesione tra sup-
porto murario ed intonaco di supporto del dipinto mediante iniezioni di
adesivi riempitivi, stuccatura delle crepe anche di piccola entità;
- pulitura delle superfici decorate da incrostazioni, macchie solubili, fissa-
tivi alterati, sostanze soprammesse di varia natura, ossidi metallici, scialba-
ture con metodi manuali e/o mezzi meccanici a secco o tramite impacchi
di soluzioni organiche e/o inorganiche con sostanze e materiali e meto-
dologie idonee, in cicli controllati di applicazione e rimozione meccani-
ca dei residui, protezione delle superfici circostanti;
- integrazione pittorica delle lacune con interventi differenziati, in relazio-
ne alle diverse condizioni di conservazione dei dipinti e trattamento fina-
le delle superfici.

Bibliografia
Oristano, Archivio del
monastero di Santa Chiara
(A.M.S.C.O.), ms. 1br
G. Mele, Un manoscritto
arborense inedito del Trecento.
Il codice 1 br del Monastero di
Santa Chiara, Oristano, S’Alvure,
1985
A. Melis, Guida storica di
Oristano, Oristano, Ed.
Cartotecnica, 1924

128
Il ponte del Calik tra conservazione
e reintegrazione

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Gianluca Zini

I l Ponte del Calik, ubicato nello stagno omonimo nei pressi di Fertilia in co-
mune di Alghero, è stato oggetto di una campagna di restauri promossa
dalla Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. di Sassari e Nuoro articolata in quattro

Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio,


distinti lotti di intervento fra il 2000 e il 2005.

il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico


Il Ponte si trova sul tracciato dell’importante arteria di epoca Romana che da
Tibula (S.Teresa di Gallura, importante centro di estrazione del granito) giun-
geva, passando attraverso Turris Libisonis (l’attuale Porto Torres) nel territorio
Algherese per procedere a Sud verso il Sulcis.
L’attraversamento del Rio Mannu nel territorio di Turris Libisonis era costitui-
to dall’imponente ponte Romano tuttora esistente mentre dal centro di Nure

per le province di Sassari e Nuoro


la strada proseguiva verso Alghero attraversando lo stagno del Calik per una
lunghezza di 170 mt.
Il ponte del Calik subisce un importante restauro in epoca medioevale e ri-
maneggiamenti in epoche successive giungendo tuttavia integro nella sua
configurazione originaria fino al 1930 circa quando durante la bonifica del-

della Sardegna
la zona ad opera dell’E.F.T.A.S. vengono demolite dieci arcate e viene rea-
lizzato il nuovo ponte carrabile.
Del ponte originario costituito da 24 arcate in pietra calcarea, larghezza del
piano di corsa 2,60 m., largh.totale 3,50 m., sopravvivono solo 13 arcate per
una lunghezza complessiva di 105 m..
L’altezza sull’acqua del piano viario è sensibilmente variabile da 1,50 e 2.20
m. e l’apparecchio in muratura ad opus incertum (rivestito da un intonaco a
calce originario fortemente alveolizzato del quale sopravvivono solo spora-
diche porzioni) è stato integrato da alcuni rostri ogivali addossati alle pile
oramai completamente distaccati e in fase di rovesciamento.
Direttore Regionale
Il piano di corsa si presenta ricoperto da uno strato di terra e vegetazione Paolo Scarpellini
infestante che occludono il selciato originario. Coordinamento
Sandra Violante
Alla fine degli anni ’90, prima dell’inizio della campagna degli interventi di Via dei Salinieri, 20/22
restauro promossa dalla Soprintendenza, appare evidente che la geometria 09126 Cagliari
Tel. 070 34281 - Fax 070 3428209
del ponte risulta sensibilmente alterata con andamenti sinuosi sia sul piano dirregsardegna@beniculturali.it
orizzontale, per effetto dei contrastanti moti di maree e correnti di piena,
che sul piano verticale a causa della natura cedevole del terreno di appog-
gio delle fondazioni.

L’intervento di restauro e la natura del rudere


Il rudere era prossimo alla perdita totale e l’obbiettivo primario degli inter-
venti era appunto quello della conservazione del rudere quale testimonian-
za nel territorio di un epoca caratterizzata dalla dominazione romana e del
Soprintendenza per i Beni
rudere quale elemento caratterizzante da sempre un ambito paesaggistico Architettonici, il Paesaggio,
il Patrimonio Storico Artistico
di interesse naturalistico quale appunto l’area umida dello stagno del Calik. ed Etnoantropologico per le
Nell’insieme il ponte si presentava come una sommatoria di frammenti cia- province di Sassari e Nuoro
Soprintendente
scuno poi ulteriormente scomposto negli elementi costitutivi principali: pi- Stefano Gizzi
le, arcate, muri d’ala, piano di corsa, ciascuno soggetto a proprie patologie Via Monte Grappa, 24
0710 Sassari
di degrado differenti. Tel. 079 2112900
In tale ottica ciascun intervento ha assunto come prioritario l’obiettivo della Fax 079 2112925
ambientess@arti.beniculturali.it
conservazione del manufatto attraverso restauro delle parti superstiti e mini- Referente
me integrazioni delle parti mancanti. Anna Rita Fara

129
A tal fine sono state eseguite le principali opere:
- realizzazione di un argine artificiale in massicciata e tout-venant stabiliz-
zato allo scopo di:
- proteggere il ponte dalle ondate di piena e di marea;
- evitare la perdita delle parti a rischio di crollo;
- rendere accessibili e sicure le varie zone d’intervento e facilitare gli agotta-
menti per le opere di consolidamento a livello e sotto il livello dell’acqua
- (L’efficacia del consolidamento attraverso la realizzazione dell’argine è
stata verificata e periodicamente monitorata da una campagna di indagi-
ni geognostiche eseguita nel 2005)
- consolidamento delle varie parti costitutive dei vari frammenti;
- consolidamento dei frammenti alla zona fondale;
- connessione fra le parti in modo da ricostituire una massa resistente capa-
ce di contrastare i moti di marea e corrente che nell’ultimo periodo ne
avevano accelerato il degrado, ma anche capace di restituire, sotto un
certo aspetto, una lettura del rudere in grado di evocare l’immagine del
ponte almeno nell’assetto precedente alla sua demolizione.
La soluzione dell’argine in tout-venant si è rivelata oltre che una soluzione
reversibile e poco invasiva anche una soluzione economicamente vantag-
giosa rispetto ad altre tecniche di consolidamento fondale.
Le reintegrazioni sono state misurate al minimo indispensabile e sono state
dettate dalle necessità di connettere prima di tutto per ragioni statiche le
componenti dei frammenti di ciascuna campata ed eccezionalmente (nel
caso della ricostruzione di un muro d’ala lato laguna tratto 9-10) alcuni epi-
sodi (arcata-pila-muri) fra di loro.

Responsabile progetto
Gianluca Zini

Lavori di restauro e
consolidamento ruderi del
ponte sul calik fertilia
Alghero (SS) e.f. 2002/2003
Progetto e direzione lavori:
Gianluca Zini
Direttore operativo:
Raffaele Pitirra

130
Interventi di restauro e valorizzazione nel
complesso pre-protostorico di Cuccurada Mogoro

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Enrico Atzeni, Emerenziana Usai, Giuseppina Ragucci, Riccardo Cicilloni

L a Soprintendenza per i Beni Archeologici di Cagliari e Oristano,


l’Università degli Studi di Cagliari e il Comune di Mogoro hanno promos-
so importanti interventi di scavo, restauro e valorizzazione nell’area archeo-
logica di Cuccurada-Mogoro (OR), costituita da un nuraghe complesso,
comprendente un edificio più antico a corridoio, un insediamento capan-
nicolo nuragico circostante, una muraglia e una costruzione megalitiche ri-
salenti a precedenti fasi di vita riferibili ad età eneolitica.
La direzione scientifica dei lavori, che hanno previsto la realizzazione di set-

Soprintendenza per i Beni Archeologici


te campagne di scavo archeologico nelle quali sono state realizzati impor-

per le province di Cagliari e Oristano


tanti interventi di restauro, è stata curata dalla D.ssa Emerenziana Usai della
Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano e dal Prof. Enrico Atzeni
del Dipartimento di Scienze Archeologiche Storico Artistiche dell’Università
degli Studi di Cagliari; l’equipe scientifica è inoltre costituita dagli archeolo-
gi Riccardo Cicilloni e Giuseppina Ragucci. La direzione dei lavori è stata cu-
rata dall’Ufficio Tecnico del Comune di Mogoro e dall’Ing. Alessio Bellu.

della Sardegna
Sono attualmente in corso nel complesso pre-protostorico di Cuccurada i
lavori di due progetti che riguardano: 1) Interventi di restauro e valorizza-
zione dell’area archeologica di Cuccurada - Euro 270.000,00; 2)
Realizzazione delle attività di animazione e di intrattenimento didattico re-
lativi alla proposta per la valorizzazione delle risorse archeologiche del
Comune di Mogoro - Euro 266.600,00. I progetti sono finanziati all’interno
del POR Sardegna 2000-2006 - Misura 2.1 “Archeologia, percorsi religiosi e
museali, recupero di centri storici abbandonati, a fini culturali e turistici”.
Gli interventi riguardano quattro categorie di lavori principali: 1) interventi di
restauro statico e messa in sicurezza del monumento; 2) dotazione impian-
Direttore Regionale
tistiche dell’area funzionali alla fruizione; 3) sistemazione dei percorsi di vi- Paolo Scarpellini
sita e realizzazione della cartellonistica didascalico-informativa; 4) prodot- Coordinamento
Sandra Violante
ti multimediali. Le opere di restauro e di messa in sicurezza del monumen- Via dei Salinieri, 20/22
to riguardano il complesso polilobato e sono finalizzate alla conservazione 09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
dirregsardegna@beniculturali.it

Soprintendenza per i beni


Archeologici per le province
di Cagliari e Oristano
Soprintendente ad interim
Giovanni Azzena
Piazza Indipendenza, 7
09124 Cagliari
Tel. 070 605181
Fax 070 658871
archeoca@beniculturali.it
Referente
Donatella Cocco

131
delle strutture e alla risoluzione delle problematiche di natura statica.
Gli interventi nelle cortine murarie delle torri perimetrali del nuraghe polilo-
bato hanno riguardato la microchiodatura con barre di titanio e malta esen-
te da resine epossidiche dei blocchi fratturati dei paramenti che prospet-
tano sulla corte interna, la rinzeppatura delle cortine mediante l’uso di pie-
tre di varie dimensioni, simili a quelle esistenti provenienti dalla stessa area.
Si è, inoltre, realizzato il ripristino della pavimentazione in terra battuta de-
gli ambienti nei quali lo scavo archeologico è stato completato ed è stato
realizzato un rilievo di dettaglio del monumento allo stato attuale, anche su
formato digitale. Si sono messe in opera, per di più, una serie di dotazioni
impiantistiche per la fruizione e la sicurezza del sito realizzando l’illumina-
zione nel complesso polilobato e nei tratti di percorso che si sviluppano
tra l’area dei parcheggi, il centro di accoglienza e un’area di sosta che con-
sente la visione del monumento illuminato.
Il Comune di Mogoro, unitamente alla Soprintendenza per i Beni Archeo-
logici di Cagliari e Oristano e all’Università degli Studi, punta sull’obiettivo
dello sviluppo delle risorse culturali del territorio attraverso la conservazio-
ne, la valorizzazione e la promozione del patrimonio archeologico e am-
bientale con l’attuazione di specifici interventi nel complesso megalitico di
Cuccurada.
Il progetto si prefigge di raggiungere l’obiettivo d’inserire tra le mete dei
flussi turistici l’area archeologica di Cuccurada che, con la sua felice posi-
zione geografica a breve distanza della Statale 131 rappresenta un richiamo
per i visitatori. L’importante sito è stato inoltre inserito nell’area del
Consorzio “Sa Corona Arrubia”, costituito dai centri della regione dell’Alta
Marmilla con le più alte potenzialità culturali e turistiche.
A tal fine è rivolto il progetto “esecuzione delle attività di animazione e in-
trattenimento didattico” all’interno del quale è stato creato nel punto di ac-
coglienza, già edificato all’ingresso dell’area archeologica, una sala esposi-
tiva con una serie di servizi che compongono l’offerta didattica e di anima-
zione visionabili nel sito www.mondi attivi.it.
Il bene culturale diventa così spazio aperto e interattivo, nel quale avere di-
retto contatto con strumenti, simulazioni e animazioni. L’obiettivo è quello
di capovolgere il ruolo tradizionale del visitatore che di norma è un “osser-
vatore passivo” del bene culturale, per attribuirgli quello di “attore”, coin-
volto nella realtà del bene culturale, stimolandone l’interesse e la capacità
di apprendimento. Sono state realizzate, a cura dello Sci. S.a.s, due posta-
zioni multimediali attraverso le quali si potrà fruire dei prodotti interattivi
quali la ricostruzione virtuale delle diverse fasi di vita del complesso monu-
mentale, il sito Internet e il DVD inerente le ricchezze storico artistiche, cul-
turali e etnografiche del territorio di Mogoro tra le quali, oltre alla rinomata
Fiera del tappeto si distingue l’area archeologica di Cuccurada.

Responsabile progetto
Emerenziana Usai

132
Soprintendenza per i Beni Archeologici
per le province di Sassari e Nuoro. Restauri 2007

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Antonietta Boninu, Rubens D’Oriano, Daniela Rovina, Patrizia L. Tomassetti

L a Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e


Nuoro dispone di un importante Centro di Restauro e Conservazione dei
Beni culturali, situato nel quartiere di Li Punti, nell’immediata periferia della
città di Sassari.
Vi si trovano laboratori per la documentazione, la diagnostica ed il restau-
ro, oltre ad un’aula informatica, utilizzabile per la didattica, una biblioteca
specialistica e gli archivi della documentazione cartacea e fotografica.
Nell’edificio del Centro ha sede anche il Comando Carabinieri – Nucleo

Soprintendenza per i Beni Archeologici


Tutela Patrimonio Culturale per la Sardegna, e recentemente il nuovo siste-
ma informativo in collegamento diretto con la sezione Elaborazione Dati del

per le province di Sassari e Nuoro


Comando T.P.C. di Roma.
È in via di realizzazione un importante intervento per il completamento e
l’ampliamento del centro che prevede la realizzazione di depositi attrezza-
ti, l’istituzione della Scuola di Alta Formazione per Restauratori, oltre all’alle-
stimento di una galleria espositiva.

della Sardegna
Gli operatori intervengono su materiali archeologici di diversa provenienza,
sia in laboratorio che nel territorio.

Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
Via dei Salinieri, 20/22
09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
dirregsardegna@beniculturali.it

Nell’arco del 2007 l’attività del Centro è stata indirizzata principalmente alla
prosecuzione ed al completamento di restauri finalizzati alla realizzazione di
mostre (“Un’Arma per la Tutela”, Sassari, 19 maggio- 30 settembre 2007, fina-
lizzata alla conoscenza dell’attività del Comando Carabinieri TPC attraverso i
recuperi di beni culturali), ed all’allestimento di Musei. Tra gli esempi più si-
gnificativi, si ricordano il Museo Civico Archeologico di Macomer (NU),
quello di Olbia (OT) e quello di Alghero (SS), ancora in corso. Soprintendenza per i Beni
Archeologici per le province
Per il completamento dell’allestimento del Museo Civico Archeologico di di Sassari e Nuoro
Olbia, inaugurato nell’estate 2007, è stato inoltre portato a termine il com- Soprintendente
Giovanni Azzena
plesso restauro conservativo di due relitti pertinenti al porto antico della cit-
Piazza S. Agostino, 2
tà, e provenienti dallo scavo di un tunnel per la costruzione di una strada 07100 Sassari
Tel. 070 206741
nel centro urbano. Si tratta del relitto n. 2, di epoca vandalica, e del relitto Fax 079 232666
C di epoca medievale: entrambi saranno a breve rimontati ed esposti all’in- segreteria.generale@archeossnu.it
Referente
terno del Museo. Maria Rosaria Manunta

133
Si segnala l’avvio dell’intervento di restauro sullo straordinario complesso
delle sculture nuragiche di Monte ‘e Prama di Cabras in atto presso il Centro
di Conservazione e Restauro della Soprintendenza.
Tra gli interventi legati ad attività di scavo archeologico programmate, si ci-
ta quello su straordinari reperti metallici e vitrei, provenienti dall’insedia-
mento di epoca romana e tardo antica di S. Efis di Orune (Nu). I materiali,
da un ambiente sigillato dal crollo della copertura in seguito ad un incen-
dio, sono costituiti da diversi recipienti di bronzo, anche con manici con at-
tacchi variamente configurati, e da oggetti di vetro, alcuni dei quali defor-
mati dall’incendio. Tra i materiali vitrei, è stato completato il restauro e la ri-
composizione di una rarissima lampada rituale a tronco di cono rovesciato,
con incisioni raffiguranti Cristo tra gli Apostoli.
Tra gli interventi di restauro monumentale sul territorio, si ricordano in parti-
colare i seguenti:

Nuraghe Maiore di Cheremule (SS) - restauro e consolidamento della


torre. Il nuraghe Maiore di Cheremule è del tipo monotorre, di forma tron-
co conica, alto, allo stato attuale, più di 8 metri, con evidente rastrematura
verso l’alto; esso presenta un unico ingresso sul lato sud-est. Dall’ingresso un
corridoio conduce alla camera centrale del piano terra, costituita da una
struttura a tholos, mentre sulla sinistra si accede ad una scala, che conduce
al piano superiore. Un crollo di notevole entità ha interessato la torre prima
degli anni ’80 che ha messo a nudo tutto il paramento del vano centrale.
L’intervento di restauro in via di conclusione ha inteso risarcire l’ampia lacuna
sul paramento murario. Il restauro è stato realizzato con le stesse tecniche dei
costruttori nuragici, reintegrando l’opera muraria a secco; analogamente la
tholos del vano scala è stata ricostruita riutilizzando i blocchi di crollo che
sono stati posti in opera con particolare attenzione riguardo agli sbalzi.
L’intervento segna un passo fondamentale nel restauro delle strutture mega-
litiche riappropriandosi dell’antica tecnica di costruzione arrivando così a
ricostituire un continuum strutturale e formale.

134
Altare megalitico di Monte D’Accoddi, Sassari: intervento di restauro e
consolidamento e progetto di valorizzazione. L’altare megalitico di
Monte D’Accoddi, rappresenta uno degli edifici cultuali più significativi di
tutta la preistoria nell’intero bacino del mediterraneo. La fase del monumen-
to giunta fino a noi, risalente all’Eneolitico, restituisce una grande struttura
troncopiramidale a base rettangolare (m. 36 x m 29), rivestita lungo il peri-
metro esterno con grandi blocchi sommariamente sbozzati, ed una monu-
mentale rampa inclinata che permette l’accesso al terrazzo superiore.
Al suo interno conserva le strutture appartenenti al Tempio Rosso, una co-
struzione rettangolare di m. 5 x 15 costituente il sacello, così chiamato per
la caratteristica colorazione data sia agli intonaci che al pavimento, risalente
al primo impianto dell’altare, nel Neolitico Finale.
Durante gli scavi del 1990 è stato individuato il Tempio Rosso ed è stato rea-
lizzato all’interno dell’altare un ambiente che ne permette la visitabilità.
L’intervento effettuato nel 2004, finanziato dal MiBAC e realizzato dalla
Soprintendenza, ha permesso il consolidamento di questo ambiente, che
presentava una serie di preoccupanti manifestazioni di dissesto statico.
L’intervento è giunto a buon fine attraverso il potenziamento della struttura
portante. Nell’ambito dello stesso finanziamento, attraverso una attenta ana-
lisi funzionale, storico-critica e non ultimo ambientale-paesaggistica, sono
stati definiti gli interventi di valorizzazione per rendere visibili al vasto pub-
blico i risultati del lungo percorso di acquisizione dei dati. Il progetto di va-
lorizzazione propone la sistemazione:
- dell’area di ingresso e del parcheggio;
- del percorso di accesso dal parcheggio al cancello, attraverso la realiz-
zazione di un sistema informativo che ripercorre la “scoperta” di questo
eccezionale monumento;
- dell’area archeologica antistante il monumento, attraverso sistemi di
schermatura e sistemazione a verde;
- dell’area archeologica vera e propria con la regolarizzazione delle sezio-
ni di scavo, l’individuazione del percorso di visita e la realizzazione del
sistema informativo;
- di un percorso esterno all’area monumentale che ne evidenzi, nel sistema
informativo, l’inserimento nel sistema territoriale storicizzato;
- dei volumi a servizi per la visita, quale book shop, caffetteria, luogo di so-
sta in genere.
È imminente l’inizio dei lavori per la sistemazione dell’area monumentale.

135
Le nuove tecnologie per la tutela,
la valorizzazione, la conservazione e il restauro
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

del patrimonio culturale


Alberto Bruni, Andrea Doria, Franco Fabrizi

U no degli obbiettivi del sistema informativo territoriale integrato dei be-


Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province

ni culturali, della Regione Autonoma della Sardegna, è quello di mette-


re a punto uno strumento operativo utile alla tutela, alla gestione del territo-
rio e del patrimonio archeologico e del paesaggio ad esso collegato, attra-
verso la continua implementazione e integrazione delle informazioni corre-
late al territorio in esame. Implementazione che deve rappresentare anche
l’occasione per impostare campagne di catalogazione del beni non ancora
catalogati. A tale scopo la Soprintendenza per I Beni Archeologici per le
province di Cagliari e Oristano, sta ottimizzando, con l’approvazione della
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, l’utiliz-
zo della “Pen and Paper”. Infatti sono state acquisite le licenze e l’hardwa-
re, dalla società che ha sviluppato l’Idea innovativa che “permette l’invio di
qualsiasi cosa si scriva su carta a qualsiasi computer nel mondo”, combinan-
di Cagliari e Oristano

do la prima penna a sfera con tecnologia senza fili Bluetooth Incorporata,


della Sardegna

con la prima “carta digitale”, si utilizzeranno, a titolo sperimentale, schede


catalografiche secondo gli standard decisi dal MiBAC.
La penna digitale agisce come una porta (con e senza fili) verso destinazio-
ni digitali quali personal computer, database, Internet. Il dispositivo di Input
è semplicemente un ordinario foglio di carta, sul quale è stato stampato un
reticolo (pattern) che, alla vista, appare di un colore grigio chiarissimo.
Il pattern è un insieme di piccolissimi puntini, intervallati da spazi nominali
di 0,3 mm. Questi puntini sono disposti in maniera sfalsata rispetto ad una
Ideale griglia.
Direttore Regionale Quando si scrive con una penna digitale su un foglio di carta, sul quale è
Paolo Scarpellini
stato stampato il pattern, delle Immagini digitali vengono riprese dalla tele-
Coordinamento
Sandra Violante camera alla velocità di circa 50 al secondo.
Via dei Salinieri, 20-22 Ogni singola immagine contiene abbastanza informazioni per calcolare
09126 Cagliari
Tel. 070 34281 l’esatta posizione della penna digitale. Questa informazione è immagazzi-
Fax 070 3428209 nata nella penna fino a che si “spunta” con la penna medesima il cosiddet-
dirregsardegna@beniculturali.it
to “Maglc Box” (ovvero il segnale di invio), presente sui fogli sui quali si è
scritto.
I dati vengono inviati (via porta USB o via Bluetooth) ad un PC situato nelle
vicinanze o attraverso un dispositivo abilitato alla tecnologia Bluetooth, co-
Direzione Generale per me un telefonino, un palmare (PDA), un qualsiasi computer, telefono mobi-
l’innovazione tecnologica
e la promozione le o data base via Internet.
Direttore Generale Uno speciale pattern di “Funzione”, che può essere riconosciuto diretta-
Antonia Pasqua Recchia
Via del Collegio Romano, 27
mente dalla penna, è stato riservato per un limitato numero di Comandi, co-
00186 Roma me ad esempio “Immagazzina”, “Invia”, “Fai”, “Indirizzo”, etc .
Tel. 06 672362960
Fax 06 67232897 È possibile inoltre che I dati coinvolti nelle transazioni vengano ospitati di-
Soprintendenza per i Beni rettamente su server dell’amministrazione.
Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Soprintendente ad interim
Giovanni Azzena
Piazza Indipendenza, 7
09100 Cagliari
Tel. 070 605181
Fax 070 658871
archeoca@beniculturali.it

136
TOSCANA

Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio e per il Patrimonio


Tecniche diagnostiche integrate: indagini

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


sui processi esecutivi del “Polittico

Storico Artistico e Etnoantropologico per la Provincia di Arezzo


della Misericordia” di Piero della Francesca

L’ intervento di manutenzione straordinaria sul Polittico della Misericordia


di Piero della Francesca, collocato nel Museo Civico di Sansepolcro
(Arezzo), si era reso necessario per i problemi di tenuta relativi alla struttu-
ra portante, già approntata negli anni ’70 per ricomporre le parti del com-
plesso smembrato; inoltre si evidenziava sull’opera un attacco d’insetti xilo-
fagi, seppur limitato ad alcune tavole. Con l’occasione è stata intrapresa, ac-
canto alla documentazione fotografica di tutte le fasi dell’intervento, una
campagna d’indagini conoscitive non distruttive, che ha portato alla miglior
definizione di alcuni aspetti esecutivi del polittico che risultavano contro-
versi, sia per la tecnica pittorica impiegata,che per l’esecuzione temporale
delle parti. Per le indagini sono stati coinvolti i massimi istituti nazionali in
materia che hanno cooperato complementariamente per l’identificazione
dei materiali pittorici: l’ENEA ne ha effettuato l’identificazione elementare,

della Toscana
l’IFAC CNR di Firenze ha eseguito le misurazioni spettrofotometriche della
superficie pittorica, e così l’Università di Perugia.
l’INOA CNR ha eseguito la riflettografia a scansione di tutte le tavole e l’OPD
ha realizzato la radiografia a lastra unica di tutto il complesso; queste ultime
indagini, poiché prive di fenomeni di deformazione in fase di acquisizione,
si rivelavano fondamentali per l’approccio alla problematica relativa ai reali
rapporti spaziali intercorrenti fra le tavole resecate del polittico.
L’ICR, in quanto esecutore dell’ultimo intervento di restauro è stato coinvol-

Direttore Regionale
Mario Lolli Ghetti
Coordinatore
per la comunicazione
Rosalba Tucci
Lungarno A.M. Luisa dè Medici, 4
50122 Firenze
Tel. 055 27189766
Fax 055 27189700

Soprintendenza per i Beni


Architettonici, il Paesaggio
e per il Patrimonio Storico,
Artistico e Etnoantropologico
per la Provincia di Arezzo
Soprintendente
Giangiacomo Martines
Via Ricasoli, 1 Palazzo delle Statue
52100 Arezzo
Tel. 0575 40901
Fax 0575 299850
ambientear@arti.beniculturali.it
www.sbaaas.arezzo.it

137
to nel reperimento della documentazione relativa; inoltre il laboratorio
scientifico dell’Istituto ha potuto riesaminare i campioni prelevati all’epoca,
alla luce delle nuove tecnologie, giungendo a risultati chiarificatori per la
preparazione delle varie parti del polittico.
La collaborazione coi due Istituti Nazionali preposti al Restauro è prosegui-
ta attraverso il confronto con i colleghi dell’Opificio che già avevano potu-
to esaminare altre opere dell’artista, per l’analisi dei risultati ora ottenuti.
Nel contempo il polittico è stato sottoposto alla disinfestazione in atmosfe-
ra modificata e ad una leggera pulitura della superficie pittorica, mediante
asportazione dei depositi di polvere e sostanze grasse, presenti sulla verni-
ce di protezione applicata durante l’ultimo restauro.
Sono stati rimossi anche i tasselli di ridipinture e patinature che erano stati
lasciati per documentazione dai restauratori dell’ICR, archiviandone il mate-
riale asportato.
Il lavoro svolto ed i risultati ottenuti sono stati poi presentati in quattro gior-
nate di studio che hanno coinvolto anche gli storici dell’arte per il confron-
to sulla nuova proposta di riallestimento del polittico; questa si rende ora
necessaria per i problemi di degrado della precedente struttura e per i nuo-
vi risultati acquisiti relativamente ai rapporti spaziali fra le singole tavole.
I contributi dei lavori verranno successivamente pubblicati negli atti delle
giornate di studio.

Direzione lavori
Paola Refice, Storico dell’Arte
direttore coordinatore
della Soprintendenza BAPPSAE di
Arezzo
Mariangela Betti, Direttore del
Museo Civico di Sansepolcro
Fabrizio Andreini, Ufficio tecnico
del Comune di Sansepolcro
Alessandro Benci, Fotografo della
Soprintendenza BAPPSAE di
Arezzo
Rossella Cavigli, Fedele Fusco,
Andrea Gori, Andrea Papini,
Restauratori della Soprintendenza
BAPPSAE di Arezzo

138
Esperienze di documentazione di cantieri
di restauro a Pisa

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


Clara Baracchini

Esperienze in corso

Soprintendenza ai Beni Ambientali Architettonici Artistici


A Pisa, i celebri monumenti della Piazza del Duomo sono da tempo og-
getto di una complessa operazione di restauro e controllo dello stato
di conservazione che ha richiesto l’apporto di diversificate competenze
per l’affinamento diagnostico ed ha messo in evidenza la necessità di di-
sporre di SW dedicati per agevolare l’interpretazione dei dati raccolti e
pervenire alla definizione dei progetti di intervento. Presenteremo in questa

e Storici per le provincie di Pisa e Livorno


sede alcuni esempi significativi, tratti da esperienze tuttora in corso: la dia-
gnostica, riportata sul modello digitale tridimensionale, e il restauro della
Madonna con il Bambino, di Andrea Pisano, già collocata sul timpano del-
la Cattedrale; le indagini sullo stato di conservazione degli affreschi, stacca-
ti e riportati su pannelli di ethernit nel dopoguerra, appartenenti al ciclo del
Trionfo della Morte di Buffalmacco, già sulla parete Sud del Camposanto;
l’applicazione, per il coordinamento e la registrazione dei dati raccolti dai
gruppi di ricerca chiamati a questo compito, dei due Sistemi Informativi per

della Toscana
il restauro - SICaR w/b e ARISTOS - sperimentati e validati nel corso del pro-
getto ARTPAST (www.artpast.org), attualmente adottati dal MiBAC.

1. La Madonna con il Bambino di Andrea Pisano


Nel corso della manutenzione della facciata della cattedrale, che aveva vi-
sto la desolfatazione del paramento lapideo scolpito, la fermatura delle re-
sidue patine ad ossalato e il consolidamento delle aree in disgregazione,
era stato osservato il preoccupante quadro fessurativo presentato dalla sta-
tua della Madonna stante che concludeva il timpano. Si era dunque deciso
Direttore Regionale
di sostituirla in loco con una copia, e di esporre nel Museo dell’Opera del Mario Lolli Ghetti
Duomo l’originale. Nel corso del 2007 se ne è avviato il restauro: grazie al- Coordinatore
per la comunicazione
l’iniziativa del locale Soroptimist club, il progetto è risultato vincitore del Rosalba Tucci
Bando Fondo Arte del Soroptimist Italia che lo ha dunque finanziato. Lungarno A.M. Luisa dè Medici, 4
50122 Firenze
Tel. 055 27189766
Fax 055 27189700

Soprintendenza ai Beni
Ambientali Architettonici,
Artistici e Storici per le
provincie di Pisa e Livorno
Soprintendente
Guglielmo Maria Malchiodi
Lungarno Pacinotti, 46
Palazzo Reale
56010 Pisa
Tel. 050 926511
Fax 050 500099
info@ambientepi.arti.beniculturali.it

139
Iniziato ad aprile e conclusosi in questi giorni, l’intervento, diretto da Clara
Baracchini, si è caratterizzato soprattutto per le indagini volte ad approfon-
dire la conoscenza delle condizioni di stabilità del blocco scolpito:

l’inserzione di un perno in ferro al centro aveva infatti comportato l’apertu-


ra di numerose ampie fessurazioni, cui si era cercato di porre rimedio con
l’applicazione di staffe in bronzo, a loro volta responsabili di fratturazioni in
parte divaricatesi. Era dunque fondamentale anzitutto verificarne l’esatta di-
sposizione e identificare l’andamento interno delle fessurazioni, accertan-
done ampiezza e pericolosità. Con il coordinamento di Mario Marchisio
(Dipartimento di Ingegneria Civile, Università di Pisa), sono state attuate una
serie di tomografie ad ultrasuoni (US) su sezioni piane inclinate, in modo da
attraversare le principali fessurazioni della statua e verificarne l’eventuale
prolungamento all’interno, e un’indagine con un nuovo georadar (GPR) con
alcune nuovissime antenne ad altissima frequenza.

Per l’indagine tomografica ad ultrasuoni (realizzata in collaborazione con il


Prof. Luigi Sambuelli del Politecnico di Torino) si è usato un sistema con te-

140
stine a iperboloide che hanno una superficie di contatto piccolissima: la su-
perficie modellata rendeva infatti impossibile l’utilizzo di testine o sistemi
di testine US normali, utilizzabili esclusivamente su superfici piane.
Dopo aver individuato tre possibili sezioni che attraversavano parti della sta-
tua interessate dalle fratture e aver fissato i punti di battuta e di ricezione,
sono state eseguite per ogni sezione tutte le misure possibili per ottenere
una copertura dei dati tale da permettere una ricostruzione tomografica. I
dati, prima memorizzati sull’oscilloscopio-data logger del sistema, sono
stati poi trasferiti su laptop per la lettura dei tempi di arrivo.
A questa indagine hanno fatto seguito i rilievi topografici (con stazione tota-
le) necessari per determinare le posizioni di tutti i punti di battuta e ricezio-
ne delle tomografie US, eseguiti dalla sezione di Topografia del Dipartimento
di Ingegneria Civile dell’Università di Pisa (Prof. Gabriella Caroti). Per il tratta-
mento dei dati è stata necessaria per ogni tomografia una serie di operazio-
ni preliminari: individuazione dei piani di best-fit rispetto alle posizioni dei
punti di misura; proiezione dei punti di misura su detti piani; trasformazione
delle coordinate da 3D a 2D su ogni piano. Si sono poi eseguite le inversio-
ni di dati , con un potente software con routine di raytracing.
Per stimare la profondità dei vari ferri di ancoraggio inseriti nella statua e per
individuare eventuali fratture o difetti notevoli all’interno della statua, è sta-
ta invece eseguita un’indagine georadar ad altissima risoluzione, per la qua-
le è stato utilizzato (in collaborazione con la casa costruttrice, IDS) un nuo-
vo georadar ad altissima frequenza. Si sono utilizzati un sistema di antenne
bipolari a 2 GHz, che permette di lavorare per riflessione con diverse pola-
rizzazioni, ed un sistema a 1.6 GHz per le misure per trasparenza. I risultati
hanno messo in evidenza le vecchie imperniaure in ferro all’interno della sta-
tua, che in genere sono risultate abbastanza corte e non passanti.
A tali indagini, e con la prospettiva di poter trasferire i dati ricavati su un si-
stema di immagine 3D, si è affiancata l’acquisizione tramite laser-scanner
dell’intera superficie dell’opera, affidata all’ ISTI CNR di Pisa, e coordinata da
Roberto Scopigno. L’acquisizione del modello digitale, attuata con un
Konica-Minolta Vivid 910, uno strumento di 3D scanning commerciale dalle
ottime caratteristiche di precisione e versatilità, è risultata abbastanza com-
plessa per le dimensioni della statua e la necessità di lavorare attraverso l’im-
bragatura che la sosteneva: ha richiesto due giorni di lavoro, con punti di
ripresa posti a 4 altezze diverse, per poter coprire in maniera ottimale le va-
rie zone della statua. Sono stati raccolte più di 300 singole riprese e circa
100 foto digitali, per una occupazione di disco di alcuni gigabyte.
Il trattamento dei dati è stato effettuato utilizzando software sviluppato in-
ternamente presso il Visual Computing Lab dell’ISTI – CNR di Pisa.
In primo luogo, le varie riprese effettuate sono state allineate in un unico si-
stema di riferimento, per ricostruire pezzo per pezzo l’intera superficie del-
l’oggetto. Successivamente, le varie acquisizioni sono state ripulite dagli
elementi estranei (inevitabilmente acquisiti in quanto vicini alla superficie) e
da esse è stato generato un modello tridimensionale che, utilizzando algo-
ritmi volumetrici, è in grado di preservare il massimo dettaglio, pur sfruttan-
do la ridondanza dei dati per ridurre il rumore di sampling.
Il modello grezzo risultante, composto da circa 44 milioni di triangoli, per
una occupazione di disco di 750 MB, è stato successivamente pulito dalle
aree di non interesse e ridotto in complessità per essere utilizzato in con-
testi interattivi. Il risultato di questa operazione sono diversi modelli tridi-
mensionali a differente risoluzione e una struttura multirisoluzione che con-

141
sente l’esplorazione in tempo reale del modello a massima risoluzione.
A partire da questi modelli semplificati, verrà effettuato l’allineamento delle
foto digitali acquisite contestualmente alla scansione. In questo modo sarà
possibile applicare le informazioni di colore raccolte attraverso le fotografie
alla superficie del modello digitale, ottenendo così una caratterizzazione al-
tamente realistica, su cui potranno essere geo-referenziate le indagini sopra
descritte e valida come documentazione dello stato pre-restauro.
Rassicurati sulla stabilità della scultura, e in considerazione della destinazio-
ne dell’opera ad ambiente controllato, si è proceduto a blande operazioni
conservative, indirizzate a stabilizzare le condizioni della superficie marmo-
rea, che purtroppo, per la lunga esposizione all’aperto, non presentava più
alcuna traccia di policromia né di doratura né della originaria finitura: le in-
dagini ottico petrografiche, eseguite da Marcello Spampinato, mostravano
infatti una superficie irregolare con sporadiche minime tracce di pigmento
moderno nei sottosquadri e una generalizzata solfatazione che, assieme ad
alghe e licheni, si era diffusa tra i granuli decoesi della calcite. L’intervento,
eseguito da Lascialfari & De Blasio con il coordinamento di Sabina Vedovello
si è avvalso delle tradizionali metodologie: pulitura della superficie con im-
pacchi solventi a base di carbonato di ammonio a concentrazioni idonee; ri-
mozione dei sali residui di rame nelle zone limitrofe le grappe metalliche,
eseguiti con impacchi assorbenti di E.D.T.A. e/o acqua distillata; rimozione
meccanica dei residui di croste nere e di antichi attacchi biologici, adden-
sati nei sottosquadri e nei fori del pitting; rimozione meccanica delle vecchie
stuccature, per la maggior parte eseguite a cemento; trattamento conservati-
vo delle grappe con rimozione delle patine di alterazione, trattamento con
benzotriazolo e stesura di un protettivo superficiale (Paraloid B72 al 20% in
acetone); consolidamento delle fessure e delle fratture mediante infiltrazio-
ne leggermente forzata di malte idrauliche tipo Mapei Antique F 21 colata a
bassa pressione utilizzando piccole canalizzazioni in materiale plastico per
veicolare il consolidante in profondità. Si è infatti preferito non ricorrere alle
resine epossidiche sia per la vastità e gli spessori delle fratture, che avrebbe-
ro richiesto l’infiltrazione di grosse quantità, sia perché ultimamente messe in
discussione rispetto all’effettiva capacità di tenuta nel tempo. Si è poi pro-
ceduto alla stuccatura definitiva delle lacune, delle fessure e delle fratture

142
con malte a base di grassello di calce e polveri di marmo opportunamente
selezionate per granulometria e colorazione.
Attualmente è allo studio un corretto sistema di posizionamento della scul-
tura, per assicurare una corretta distribuzione del peso, resa ora impossibi-
le dalla irregolarità del piano di appoggio.

2. Gli affreschi di Buffalmacco nel Camposanto Monumentale di Pisa


Negli anni Ottanta del secolo scorso partiva un lungo processo di analisi
dello stato di conservazione degli affreschi del camposanto pisano, reso
necessario e improrogabile dalla mancanza di tenuta del restauro del do-
poguerra che aveva visto lo strappo di tutte le scene affrescate, ricollocate
con un legante a caseina su pannelli di eternit. Indagini e cantieri pilota por-
tarono ad individuare un articolato protocollo di intervento, applicato a par-
tire dagli anni Novanta alle scene che, a partire dal 1960, erano state ripor-
tate nei corridoi dell’edificio. Mentre si stava ultimando questa fase, giunta
ormai allo stadio del riposizionamento degli affreschi - liberati dai sali che
li corrodevano e applicati su nuovi telai - alle pareti da cui erano stati strap-
pati, si è dovuto prendere atto che vistosi sintomi di degrado, con solleva-
menti e cadute dei pigmenti, stavano interessando anche le scene del ciclo
del Trionfo della Morte dipinte entro la prima metà del trecento da
Buffalmacco. Queste erano state fino a quel momento escluse dal nuovo re-
stauro, in quanto si presentavano in migliori condizioni.
Nella convinzione che una conoscenza completa ed autoconsistente di qual-
siasi manufatto richieda l’integrazione di differenti tipi di informazione che
derivano dalla collazione dei dati ricavabili dalla più classica indagine filolo-
gica (esplorazione delle fonti archivistiche, bibliografiche, iconografiche) con
quelli ricavabili dall’applicazione di più tecnologie - dalle più semplici, qua-
li le tecniche fotografiche, alle più sofisticate, quali le tecniche spettrofotome-
triche o di spettrometria di massa –; certi poi che, se la fase diagnostica de-
ve precedere ogni tipo di lavoro di restauro, altrettanto importanti diventano
la valutazione dell’effetto del restauro sui materiali originariamente presenti e
il controllo nel tempo della stabilità dell’opera restaurata e conservata, si è
proceduto alla definizione di un articolato piano di lavoro.
Prima di por mano al prestigioso ciclo, riapplicando meccanicamente il
protocollo sin lì seguito, la Direzione Lavori (costituita da Antonio Paolucci,
succeduto ad Umberto Baldini, Clara Baracchini e Antonino Caleca), in pie-
no accordo con l’Opera della Primaziale Pisana, ha ritenuto necessario ap-
profondire la diagnostica relativa allo specifico stato di conservazione del
ciclo; valutare nuove tecniche di pulitura ed estrazione dei sali e in partico-
lare dei solfati nel frattempo affacciatesi nel mondo del restauro; aggiorna-
re i dati, acquisiti ormai più di venti anni fa, sulle condizioni ambientali del-
l’edificio, per accertarsi che, oggi come allora, la situazione microclimatica
continuasse a consentire di escludere ogni possibile rischio alle opere re-
staurate e ricollocate sulle loro pareti. Infatti, una corretta conservazione
non poteva non prevedere la definizione di un preciso e dettagliato pro-
tocollo di monitoraggio che assicurasse la valutazione della stabilità dei ma-
teriali impiegati nel corso del restauro in rapporto alle condizioni ambienta-
li in cui l’opera restaurata sarebbe stata ricollocata. Per facilitare l’interpreta-
zione dei dati, è stato deciso che i risultati delle analisi venissero via via in-
seriti in un Sistema Informativo in Rete, assieme a tutta la documentazione
archivistica e bibliografica già precedentemente raccolta. I dati saranno
dunque inseriti in Aristos e collegati a Sicar.

143
DIAGNOSTICA

AFFRESCHI AMBIENTE

Indagini storico-artistiche Indagini chimico, fisiche, Verifica dei parametri


biologiche, strutturali ambientali indoor e outdoor

Conoscenza della tecnica


conoscenza dei materiali originali,
di trasformazione e riapplicati in restauri

programmazione dell’intervento di restauro


verifiche della congruenza dell’intervento
definizione del protocollo di monitoraggio

2.1. La ricollocazione in Camposanto delle scene restaurate


Al fine di assicurare la buona conservazione degli affreschi restaurati e in
corso di ricollocazione, è necessario aggiornare i dati, già a suo tempo rac-
colti, relativi ai parametri ambientali presenti nel microclima del
Camposanto e trarne nuove, ancor più stringenti, prescrizioni.
Nel passato, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ‘90, erano state condotte
da parte della società Syremont campagne di analisi microclimatiche che ave-
vano orientato il progetto di intervento. Tali dati dovevano ora essere assog-
gettati ad una nuova attenta interpretazione scientifica da parte di un ente di
ricerca. Si è dunque avviato un monitoraggio ambientale delle condizioni at-
tuali. La “mappatura” microclimatica ottenuta, assieme al confronto dei dati
attuali con quelli pregressi, consentirà così di studiare l’evolversi nel tempo
dei parametri microclimatici, di valutare l’idoneità dell’ambiente del
Camposanto e di determinare l’opportunità di ricollocare gli affreschi re-
staurati. Saranno effettuate simulazioni sui possibili rischi per la conservazio-
ne degli affreschi e definito, in tutte le sue componenti, un piano di moni-
toraggio.

2.2 Diagnostica per l’accertamento dello stato di conservazione del ci-


clo del Trionfo della Morte
Il restauro postbellico, condotto sotto l’urgenza degli eventi, con materiali
di fortuna e con metodologie non sperimentate, aveva solo temporanea-
mente evitato la perdita dei capolavori del Camposanto. Negli anni ‘80 si
erano registrati nuovi gravi segnali di deterioramento: mentre resistevano i
colori del ciclo di Buffalmacco - ricoverata al coperto, nel salone dove tut-
tora si trova - si distaccavano in minuscole scaglie e si polverizzano i colori
delle altre scene ricollocate sulle pareti delle gallerie.
Ad oggi il distacco di piccole scaglie di materiale e perdite di colore si han-
no anche sul ciclo del Trionfo della Morte di Buffalmacco. La presenza sul-
la superficie di sostanze estranee ne compromette la sopravvivenza. È pre-
sumibile che anche questi affreschi siano stati investiti dalle medesime pro-
blematiche rilevate in molte altre scene del Camposanto da indagini scien-
tifiche condotte nel passato:

144
- la caseina utilizzata per far aderire il colore strappato alla tela di sostegno
è risultata marcescente e non più in grado di svolgere la sua funzione di
collante;
- il grassello di calce, mescolato con la caseina, è risalito spesso verso la su-
perficie dipinta, depositandovisi e creando una patina biancastra duris-
sima ed irreversibile;
La possibilità che anche in queste scene, si verifichino questi stessi fenome-
ni porta ad asserire la necessità di una campagna di indagini diagnostiche
atte alla valutazione dello stato di conservazione, determinanti al fine della
scelta di un appropriato intervento conservativo.

2.2.1 Lo Stato dell’arte


- Nel Settembre 2003 la constatazione di sollevamenti e cadute in atto sul-
le scene 5-6-7-8 di Buffalmacco consiglia di effettuare un’indagine preli-
minare, condotta da SIND (Dr. Pappalardo), Dr. Spampinato, Dr.
Luppichini, Dipartimento di Chimica-Università di Pisa (Prof. Colombini). I
campioni sono stati analizzati con le seguenti tecniche:
- analisi PIXE-alfa ed XRF per la determinazione di alcune sostanze inorga-
niche presenti sopra e sotto la superficie al fine di individuare eventuali ri-
dipinture e sostanze di deposizione;
- analisi petrografiche al microscopio ottico polarizzatore sulle sezioni strati-
grafiche sottili e opache per valutare la sequenza degli strati di preparazio-
ne, pittura, ridipintura e sporco superficiale dal supporto fino alla superficie;
- SEM e microanalisi EDS per la determinazione di cationi presenti in uno
strato;
- spettrofotometria FT-IR in micropasticca e film sottile su lamina per l’iden-
tificazione delle sostanze organiche ed inorganiche presenti nella patina
di sporco superficiale;
- Analisi Py-GC-MS e GC-MS per caratterizzare i materiali organici presenti
nei vari strati ed il loro stato di degrado.
L’insieme di queste analisi preliminari ha portato ad evidenziare una pellico-
la superficiale lucida diffusa su tutta la superficie: l’analisi stratigrafica ha
identificato uno strato superficiale costituito da carbonato criptocristallino
e gesso microcristallino che inglobano granuli della stesura sottostante e,
ancora sopra, una pellicola costituita da sostanza organica ossidata che ten-
de a pervadere lo strato sottostante e gesso. L’analisi chimica identifica nello
strato superficiale gesso in quantità elevata, ossalati (derivanti dalla mineraliz-
zazione di sostanze organiche di antichi restauri) e tracce di nitrati. La natura
organica è data dalla presenza di colla animale, caseina, tracce di polivinila-
cetato, tracce di materiale polisaccaridico; tali materiali possono essere ricon-
dotti non solo alle vecchie rintelature ma anche a trattamenti a scopo protet-
tivo e lucidante. L’uso di polivinil acetato è riconducibile all’adesivo origina-
rio per l’applicazione del dipinto intelato sul supporto in eternit. Tutti gli af-
freschi presentano lo stesso “fingerprint” sulla superficie. Nella stessa pellico-
la sono a volte visibili i segnali della silice amorfa. La pellicola ha una matrice
carbonatica mista: si vedono infatti sia i segnali della calcite (carbonato di cal-
cio cristallino) sia segnali che fanno pensare alla presenza di vaterite (forma
metastabile della calcite dovuta probabilmente ad un iniziale processo di cri-
stallizzazione di carbonato di calcio amorfo). L’elevata presenza del gesso ri-
scontrata dalle analisi può essere imputata non solo alla solfatazione rilevata
in tutta il ciclo ma anche alla preparazione a gesso presente in queste aree.
Sulla base di questi dati preliminari, è stato provato un approccio di pulitura

145
sui bordi e sui frammenti dell’Ascensione, al fine di rimuovere la patina grigia-
stra senza attaccare la componente pittorica: la rimozione è stata effettuata
con resine a scambio ionico ottenendo una maggiore leggibilità. Tale metodo
deve tuttavia essere attuato con estrema cautela

2.2.2 Obiettivi della diagnostica


L’approccio scientifico multidisciplinare, corroborato dalla ricerca dei dati
di archivio, ha dunque permesso una prima, più compiuta definizione del-
la natura degli elementi individuati in via preliminare, arrivando a ricostruire
– sulle parti esaminate a titolo di campionatura— sia le tecniche esecutive
che le procedure utilizzate nei vari interventi di restauro. Queste informa-
zioni, già rivelatesi fondamentali nella messa a punto di interventi mirati e
consapevoli, devono ora essere estese a più ampie zone della superficie.

2.2.3 Procedure di restauro


In funzione dei materiali determinati durante la diagnostica e della morfolo-
gia delle superfici da trattare sarà possibile proporre, accanto alle metodo-
logie di pulitura e consolidamento fin qui individuate, ulteriori metodi di
restauro innovativi affiancati basati sull’uso di:
- Resine a scambio ionico, particolarmente utili per rimuovere i Sali super-
ficiali e lo “sporco”;
- metodo passivante dell’ossalato di ammonio: la soluzione satura di que-
sto ossalato solubile produce, per impacco prolungato di alcune ore, una
parziale e controllata trasformazione del carbonato di calcio di superficie
in ossalato di calcio, uno dei composti più insolubili di calcio. L’effetto in-
duce una efficace passivazione della superficie all’attacco delle conden-
se acide (dipinti in interno) o delle piogge acide (facciate dipinte). Esso
risulta compatibile con la maggioranza dei pigmenti, ad esclusione di
quelli di rame (Azzurrite, Malachite, etc.);
- rimozione della patina superficiale e delle eventuali ridipinture tramite im-
piego di strumentazione laser Er:YAG o altra da definire. Tale operazione
condotta sotto stretto controllo dei parametri strumentali e chimici per-
mette la rimozione selettiva dei materiali organici presenti sulle superfici
pittoriche anche in condizioni in cui l’approccio con solventi o con resi-
ne o addirittura con bisturi risulta inefficiente o rischioso.

Protocollo di monitoraggio

Calendario controlli parametri ambientali


Calendario controlli stabilità dei materiali “indoor” e “outdoor

Interventi mirati ed immediati

Archiviazione e catalogazione di tutti i dati

146
2.3. Progetto di monitoraggio per il controllo della durabilità del re-
stauro all’interno del Camposanto
Un monitoraggio ambientale continuato, consistente nell’impiego di una serie
di rilevatori di parametri microclimatici (temperatura, umidità relativa, sensori
di inquinanti ambientali) posti in zone prestabilite, controllati e valutati perio-
dicamente da esperti del settore, permetterà di valutare le condizioni di con-
servazione dei dipinti ricollocati ed eventualmente intervenire, qualora si ren-
desse necessario, con le necessarie attività di manutenzione.
È stato quindi organizzato un gruppo di lavoro che coinvolge enti di ricer-
ca diversi, specializzati in tecnologie chimico-fisiche d’avanguardia appli-
cabili ai beni culturali. In particolare sono stati coinvolti: a) Dipartimento di
Chimica e Chimica Industriale - Università di Pisa per indagini diagnostiche
sui materiali organici tramite procedure analitiche basate su cromatografia
(GC-MS,PY-GC-MS,HPLC) e spettrometria di massa (DE-MS), b) Istituto per i
Processi Chimico-Fisici (IPCF)- CNR Pisa per indagini non invasive mediante
tecniche di imaging multispettrale sull’intero ciclo di Buffalmacco e indagi-
ni diagnostiche sui materiali inorganici tramite tecniche spettroscopiche al
plasma (LIBS), c) Istituto per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni
Culturali (ICVBC)- CNR Firenze per indagini diagnostiche sui materiali organi-
ci e inorganici tramite spettroscopie vibrazionali (micro-Raman, FT-IR), carat-
terizzazione dei sali sulle superfici pittoriche (Cromatografia Ionica) e spe-
rimentazione di nuove tecnologie e materiali per la pulitura e conservazio-
ne delle pitture murali al fine di progettare un intervento conservativo, d)
Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC)- CNR Bologna per le
analisi microclimatiche, l’individuazione di zone a rischio e proposte di in-
terventi correttivi che si rivelassero necessari.

2.4. Conclusioni
Dai primi risultati delle misure termoigrometriche, sono confermate le con-
clusioni delle campagne anni ’90 secondo le quali la ricollocazione delle
scene restaurate nelle sedi originali del Camposanto è possibile con alcuni
accorgimenti tecnici. Le indagini diagnostiche effettuate su numerosi cam-
pioni hanno riscontrato situazioni simili. Le stratigrafie hanno evidenziato la
sovrapposizione di più strati pittorici originali; l’azzurrite, dove presente,
tende a diventare malachite e perciò l’azzurro tende a virare al verde; a vol-
te è stato ritrovato uno strato pigmentato fra quelli che costituiscono il sup-
porto dell’affresco strappato e ciò è da attribuire ad un parziale ripristino
del colore in zone dove sono presenti estese lacune. Colla animale e casei-
na sono i leganti fondamentali di questi strati così come il Polivinilacetato e
sono presenti su tutta la stratigrafia. La ridipintura con smaltino, che ha subi-
to un forte degrado, può essere stata eseguita con colla animale. Le tecni-
che analitiche (FT-IR, Py-GC-MS) hanno riscontrato la presenza di colla ani-
male, caseina, uovo e materiale polisaccaridico, nonché gesso, carbonato
di calcio, ossalati di calcio, nitrati. La pellicola esterna di protezione, estre-
mamente ossidata, sembra essere composta da una miscela di olio (?) ve-
getale e materiale polisaccaridico che può derivare da trattamenti conser-
vativi passati a base ad esempio di destrine (1839), di acetato di cellulosa
o composti di nitrocellulosa (1947), gomma arabica e olio di lino (1947-
1960) descritti da fonti di archivio. La presenza di uovo può esser dovuta al
suo utilizzo in qualche passata operazione di fissaggio dei verdi e azzurri,
essendo questi pigmenti particolarmente delicati; la presenza ingente e dif-

147
fusa di gesso e ossalati, mostra che la solfatazione rimane uno dei grandi
problemi di questi affreschi mentre gli ossalati sono il prodotto del proces-
so fotoossidativo a carico delle sostanze organiche presenti.
L’approccio scientifico multidisciplinare, corroborato dalla ricerca dei dati di
archivio, ha permesso quindi una definizione più compiuta della natura degli
Struttura del progetto elementi individuati arrivando a ricostruire sia le tecniche esecutive che le pro-
Direzione dei lavori:
Clara Baracchini, Antonino cedure utilizzate nei vari interventi di restauro. Queste informazioni si sono ri-
Caleca, Antonio Paolucci
Segreteria: velate fondamentali nella messa a punto di interventi mirati e consapevoli.
Lorenzo Carletti, Elisabetta
Luppichini
Unità di ricerca coinvolte: 3. I SW per la documentazione del restauro
Ente:Dipartimento di Chimica e
Chimica Industriale, Università Che la conoscenza sia base indispensabile per la tutela è ormai divenuto
di Pisa
Responsabile scientifico: Prof. luogo comune: tuttavia uno specifico tipo di conoscenza, quella della con-
Maria Perla Colombini
Indagini diagnostiche sui sistenza materica dell’opera, rimane tuttora troppo spesso negletta. Il pro-
materiali organici tramite cesso del restauro - occasione unica di contatto diretto, di esplorazione
procedure analitiche
basate su cromatografia (GC- dell’opera attraverso tecniche sempre più raffinate - presuppone questo ti-
MS,PY-GC-MS,HPLC) e
spettrometria di massa (DE-MS)
po di conoscenza, e insieme consente di acquisirne di ulteriore. Queste
Ente:Dipartimento di Chimica, preziose informazioni restano però consegnate nel chiuso di archivi carta-
Università di Modena
Responsabile scientifico: Prof. cei di non facile accesso, salvo che non vengano pubblicate, cosa che non
Pietro Baraldi
Indagini diagnostiche sui
sempre le risorse umane e finanziarie a disposizione rendono praticabile.
materiali organici e inorganici Conservatori e restauratori vengono così privati di possibilità di confronti e
tramite spettroscopie
vibrazionali di superficie verifiche, studiosi e ricercatori di fonti insostituibili, i cittadini di ogni possi-
(micro-Raman, FT-IR) bilità di verifica su attività svolte con denaro pubblico. Il Ministero per i Beni
Ente: Istituto per i Processi
Chimico-Fisici (IPCF)- CNR Pisa e le Attività Culturali, attraverso il progetto ARTPAST (www.artpast.org), di
Responsabile scientifico: Dr.
Vincenzo Palleschi responsabilità della Direzione generale per l’Innovazione Tecnologica e di
Tecniche di imaging cui la Soprintendenza BAP-PSAE di Pisa è ente attuatore, ha affrontato que-
multispettrale per indagini
non invasive e indagini sta problematica sperimentando due Sistemi Informativi in rete (SICaR w/b
diagnostiche sui materiali
inorganici tramite tecniche e ARISTOS) con l’obiettivo di costruire una piattaforma digitale condivisa.
spettroscopiche al plasma
(LIBS)
Ente: Dipartimento di Scienze SICaR w/b (Sistema Informativo in rete per i Cantieri di Restauro) ha origine
della Terra – Università di Pisa
Responsabile scientifico: Prof. nell’ambito del progetto di ricerca Optocantieri - promosso e finanziato
Marco Franzini dalla Regione Toscana nel 2003 - finalizzato al trasferimento alle piccole e
Tecniche petrografico-
mineralogiche per la medie imprese (PMI) di tecnologie avanzate per la diagnostica, la docu-
valutazione dei materiali
inorganici e del loro stato di
mentazione e il restauro dei beni culturali. Il progetto coinvolgeva e pone-
degrado. va a confronto da una parte studiosi ed esperti di tecnologie informatiche
Ente: Istituto per la
conservazione e valorizzazione ed optoelettroniche, dall’altra gli utenti finali (restauratori, conservatori, sto-
dei beni culturali (ICVBC)- CNR
Firenze
rici dell’arte e architetti), con l’obiettivo principale di promuoverne la colla-
Responsabile scientifico: borazione e il dialogo, attraverso la sperimentazione e la verifica, in alcuni
Mauro Matteini
Caratterizzazione dei Sali sulle cantieri pilota, delle tecnologie messe a punto in laboratorio.
superfici pittoriche, Ne nacque uno strumento informatico in grado di rispecchiare l’integrazio-
sperimentazione di nuove
tecnologie e materiali ne del gruppo di lavoro, consentendo ricerche incrociate ed integrate tra in-
per la pulitura e conservazione
delle pitture murali. formazioni di diversa natura, dalle indagini tecnico-scientifiche alle fonti ar-
Progettazione e realizzazione chivistiche, all’osservazione della struttura materiale. SICaR w/b, come già
di un intervento conservativo.
Ente: Istituto di scienze AKIRA GIS, nato per la Torre di Pisa sotto il controllo dell’ICR, è a tutti gli ef-
atmosferiche e oceaniche
(ISAO)- CNR Bologna fetti un webGIS per la documentazione e la progettazione di restauro, in
Responsabile scientifico: quanto, come un tradizionale GIS o SIT, integra alla rappresentazione icono-
Cristina Sabbioni
analisi microclimatiche metrica del bene, la gestione di informazioni eterogenee contenute in un da-
(rilevazioni temperatura,
umidità assoluta e relativa ecc. tabase. Tuttavia, rispetto ad AKIRA e ai sistemi geografici correnti, proprieta-
secondo una rete ri e di tipo commerciale (es. Autodesk Map Server, ESRI ARC View, ecc.), es-
di punti di monitoraggio
progettata anche sulla base dei so consente di effettuare via web tutte le operazioni di inserimento dati - sia
dati pregressi).
Individuazione zone a rischio e
quelli alfanumerici che, soprattutto, quelli geometrici (mappature di degra-
proposte di interventi di, stati di alterazione, test, interventi) – rendendoli così disponibili a tutta la
(es. ventilazioni, regolazione
flussi visitatori ecc.). comunità scientifica. Allo stesso tempo garantisce la completa autonomia al

148
responsabile del gruppo di lavoro ed agli addetti al data-entry, che sono in
grado di creare, rinominare ed organizzare i propri layers di lavoro, inserire
nuove basi grafiche raster e vettoriali, oltre che importare ed esportare in for-
mati standard sia i dati vettoriali (DXF) che quelli alfanumerici (XML).In tal mo-
do ciascun operatore può riportare in tempo reale, direttamente sulla rap-
presentazione vettoriale del bene, le analisi effettuate, o le informazioni rile-
vate, o gli interventi eseguiti, ma, contemporaneamente, ogni altro operato-
re interessato a verificare esistenza e affidabilità di materiali e metodologie
può fruire delle informazioni e delle esperienze di tutti gli altri.
Va poi sottolineato che il Sistema è stato sviluppato adottando soluzioni
Open Source che, grazie a un elevato grado di standardizzazione e diffu-
sione, permettono tempi rapidi di sviluppo, assicurano la longevità e l’inte-
roperabilità della base di conoscenze e ne garantiscono il riuso (prerequi-
siti oggi obbligatori per i software destinati agli enti pubblici).

ARISTOS è uno strumento informatico, sviluppato con tecnologie standard,


funzionante via web, dedicato all’organizzazione e alla gestione delle infor-
mazioni relative alla storia della tutela concepita in tutti i suoi diversi aspet-
ti, anche se con un peculiare interesse per la storia del restauro e della ca-
talogazione. Da questa scelta consegue l’acronimo: Archivio Informatico
per la Storia della Tutela degli oggetti storici artistici.
Risultato di una intensa e prolungata attività di progettazione e sviluppo
compiuta a partire dal 2001 dalla Soprintendenza BAPPSAE di Pisa con le
Università di Pisa e di Udine e con la Scuola Normale Superiore di Pisa, que-
sto software nasce al servizio di un progetto dedicato ai restauri di dipinti
e sculture nella Toscana nord occidentale dall’Unità alla legge di tutela del
1939, progetto che prevedeva un’indagine in vari archivi del territorio pisa-
no, tra cui l’Archivio Storico della Soprintendenza. L’avvio di ricerche siste-
matiche rese infatti immediatamente palese la necessità di dotarsi di uno
strumento che riuscisse a ricostruire e restituire la complessità delle vicende
reali: fu quindi creato un gruppo di lavoro per lo studio e la modellazione
di questo “dominio” di informazioni, arrivando a definire vincoli e - grazie
ad un finanziamento della Provincia di Pisa alla Soprintendenza - a realizza-
re un primo prototipo stand alone. Altri ne seguirono, e l’incessante verifica
fattane mediante l’inserimento di fonti archivistiche conservate nei vari archi-
vi di Soprintendenza stessa, ha avuto come conseguenza un ulteriore affi-
namento della struttura, e quindi delle funzionalità, del sistema fino alla fon-
damentale decisione di svilupparne una versione on-line, sperimentata con
i documenti relativi agli affreschi del Camposanto Monumentale.
Il sistema si basa su un’architettura client-server funzionante in Internet. I
client sono costituiti da programmi (data-entry) e pagine web (ricerche),
che comunicano con il server centrale tramite il protocollo aperto XML-RPC.
Anche in presenza di abbondante e varia documentazione, la facilità di uti-
lizzo di tale protocollo rende molto semplice un eventuale interfacciamen-
to al server AR.I.S.T.O.S. da parte di altre applicazioni. Le informazioni sono
raccolte in un database relazionale transazionale open source (PostgreSQL),
che assicura la costante integrità e correttezza dei dati.
È inoltre possibile configurare i gruppi di lavori e i diritti degli utenti, gesti-
re i vocabolari con una terminologia controllata, effettuare (via web) ricer-
che avanzate, cercando qualunque entità e incrociando tutti i campi di tut-
te le entità. Consente infine di effettuare l’export in XML delle entità struttu-
rate e delle immagini.

149
La strategia di attuazione di ARTPAST ha comportato il pieno coinvolgi-
mento degli organi periferici dell’Amministrazione, chiamati a divenire pro-
tagonisti e diretti co-gestori del progetto. Nel quadro di un’azione di coor-
dinamento nazionale, ciascuna Soprintendenza ha avuto piena autonomia
nell’organizzazione delle attività di progetto e nella gestione delle risorse
ad essa destinate, oltre a svolgere un ruolo attivo, grazie all’esperienza di-
retta sul campo e all’approfondita conoscenza dei rispettivi contesti territo-
riali, nella proposta di eventuali modifiche. All’interno del progetto, e per
tutta la sua durata, è stato assicurato, in housing, un server dedicato ai dati
di documentazione del restauro, grazie al quale è stato possibile avviare
l’inserimento dei dati. A completamento del progetto, la totalità dei dati ri-
siederà su un server presso il CED del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, così da non perdere la possibilità di esponenziale arricchimento
derivante dalla condivisione in rete della documentazione.
Questa prima fase del progetto ARTPAST, sancita dal seminario I cantieri di
restauro: strumenti di supporto (organizzato dal MiBAC nell’Aprile 2007 in
occasione del Salone del Restauro di Ferrara), e dalle giornate di studio La
tutela dei Beni Culturali: i cantieri, gli archivi e la comunicazione (tenute-
si a Pisa presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, 3-5 ottobre 2007) han-
no dunque consentito di testare SICaR e ARISTOS quanto a robustezza, af-

150
fidabilità, capacità di gestire adeguatamente un passaggio di scala che pre-
vedesse l’accesso contemporaneo di centinaia di utenti e di ottimizzarne
l’impalcatura tecnologica e l’utilizzo, confermandone l’adeguatezza a dive-
nire repository nazionali. Acquisita questa certezza, si sta ora verificando la
coerenza dell’architettura logica e della struttura dati dei due Sistemi con i
requisiti dell’Istituto Centrale del Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure,
mentre un nuovo progetto, RE.ARTE (Restauri in Rete), pure promosso dalla
Direzione per l’Innovazione Tecnologica, si farà carico di diffonderlo e radi-
carlo in tutte le Soprintendenze, assicurando la formazione del personale.

Bibliografia
U. Baldini, C. Baracchini, I. Bonaduce, A. Caleca, G. Caponi, M. P. Colombini, E. Luppichini, M.
Spampinato, Una storia complicata: gli affreschi del Camposanto Monumentale di Pisa,
in Sulle pitture murali. Riflessioni, Conoscenze, Interventi (Atti del Convegno di Studi,
Bressanone 12-15 luglio 2005), Venezia 2005 pp. 17-29
C. Baracchini, I. Boscaino, D. Levi, A. Maffei, AR.I.S.T.O.S.: Archivio informatizzato per la
storia della tutela delle opere storico-artistiche, in “Bollettino di informazioni. Centro di
Ricerche Informatiche per i Beni Culturali”, XII, 2002, n. 2, pp. 57-82
Baracchini, F. Fabiani, P. Ponticelli, A. Vecchi, Verso un sistema unico di riferimento per la
documentazione di restauro, in Sistemi informativi per l’architettura (Atti del convegno,
Ancona maggio 2007), Firenze 2007, pp. 84-89

151
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana

La ristrutturazione e il restauro della nuova sede


dell’Archivio di Stato di Livorno
Massimo Sanacore

P er adibirlo a nuova sede, l’Archivio di Stato di Livorno è impegnato dal


2005 nei lavori di ristrutturazione architettonica e funzionale dell’ex con-
vento dei Domenicani, un antico edificio dal fronte semplice e severo del-
l’inizio del XVIII secolo che, con la chiesa attigua, occupa un intero isolato
nella zona seicentesca della città. Il fabbricato, trasformato in carcere nel pe-
riodo napoleonico, aveva subìto nel corso degli anni e degli usi varie trasfor-
mazioni e ingrandimenti, che lo avevano portato a contare, al momento del-
Direzione Generale per gli Archivi

la dimissione del carcere nel 1984, su 199 locali per una superficie comples-
siva di 3827 metri quadrati, oltre le bellissime cantine a volta seminterrate.
Il primo lotto dei lavori, riguardante il consolidamento strutturale interno e il
rifacimento della facciata, è stato concluso nel maggio 2007, dando felice
soluzione ai notevoli problemi emersi in fase progettuale. Il recupero del-
Archivio di Stato di Livorno

l’isolato infatti, annoverato per la sua vetustà senz’altro fra i beni culturali del-
la città in quanto posto al centro del più caratteristico e suggestivo tra i quar-
tieri livornesi, la Venezia Nuova, così chiamata perché solcata da canali e
connessa da ponti che la assomigliano alla più famosa città veneta, era stato
inserito nell’accordo di programma Stato-Regione Toscana nella convenzio-
ne con il Comune di Livorno, proprietario di maggioranza dell’edificio.
Il problema principale era rappresentato dalla vicinanza dell’acqua dell’am-
pio “fosso”, che scorre a pochi metri dall’immobile e l’insufficienza della su-
perficie finestrata, conseguenza dei suoi ex impieghi, che avevano portato
nel tempo alla formazione di un ambiente con zone umide, caratterizzate
anche da muffe portatrici di flora batterica. Ciò anche perché, per le suc-
cessive costruzioni erette intorno, l’immobile aveva mantenuto una sola del-
le tre facciate, quella rivolta a mezzogiorno, ben soleggiata, mentre le altre
Direttore Generale due erano finite immerse tra i più alti palazzi delle strette vie attorno (il quar-
Maurizio Fallace
to lato confina con la chiesa). Questi due fronti restavano perciò poco ae-
Via Gaeta, 8a
00185 Roma rati, in un contesto architettonico inevitabilmente appena intelligibile in
Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
quanto per un convento o carcere la finestra esterna era considerata poco
segreteriadga@archivi.beniculturali.it più che un accessorio per gli “ospiti” interni.
In tale situazione l’iter progettuale e realizzativo di recupero e di restauro sta
consentendo di dare comunque soluzione al non più procrastinabile pro-
blema della mancanza di una sede “propria” dell’Archivio di Stato. Questo
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici iter si basa su un ponderato bilanciamento tra la conservazione dei caratte-
della Toscana ri originari dell’edificio storico e la razionalità funzionale del riuso moderno,
Direttore Regionale
Mario Lolli Ghetti in grado di riadattarsi ed adeguarsi alle numerose norme prescritte per con-
Coordinatore servare, in ambiente staticamente sicuro e climaticamente controllato, la
per la comunicazione
Rosalba Tucci massa documentaria cartacea, tenendola in sicurezza.
Lungarno A.M. Luisa dè Medici, 4 Questa felice combinazione, che riduce al minimo l’umidità dell’ambiente,
50122 Firenze
Tel. 055 27189766 è avvenuta sfruttando l’elemento centrale del progetto di recupero, redatto
Fax 055 27189700 dall’architetto M. Tiballi della Direzione Generale per gli Archivi tenendo
Archivio di Stato di Livorno conto delle opzioni archiveconomiche, che è stato quello di restaurare le
Direttore antiche facciate in pietra operando le minime modifiche consentite dalla
Agostino Attanasio
Palazzo del Governo,
Soprintendenza sulle sue aperture, ma sfruttando la funzionalità dell’antica
Via Fiume, 40 tecnica dell’epoca della costruzione.
57123 Livorno
Tel. 0586 897776 Ciò anche per venire incontro alle ristrettezze economiche in cui si muove
as-li@beniculturali.it
www.archivi.beniculturali.it/ASLI/
il Ministero e consentire un risparmio dei costi, fra cui quello energetico,

152
che è il maggiore fra quelli di funzionamento. Così è stato possibile recupe-
rare, almeno dalle finestre a “bocca di lupo” della facciata sud, il massimo
del calore del sole, immagazzinandolo per il riscaldamento invernale e per
la ventilazione estiva, nonché abbattere l’inquinamento acustico, presente
anche in una zona a traffico limitato e semipedonalizzata come la Venezia
Nuova. Il progetto di recupero si basa quindi non tanto sulla climatizzazio-
ne artificiale, costosa per l’impianto, l’esercizio e la manutenzione, quanto
sul “lavoro” diretto delle pareti esterne per migliorare il clima dell’Archivio
di Stato: in estate respingendo l’energia termica del sole e in inverno acco-
gliendola, sfruttando in quest’ultimo caso però anche il calore del sistema
di illuminazione interno e del riscaldamento, che comunque verrà impian-
tato nel secondo lotto di lavori.
Importante è anche la distribuzione dei locali interni che, se vede separati
quelli destinati a conservare la documentazione archivistica (e la biblioteca
interna) da quelli destinati agli uffici del personale in maniera meno netta di
quanto prescrive l’archiveconomia, sono tuttavia raggruppati in maniera fun-
zionale non solo all’attività dell’Istituto (direzione-uffici amministrativi, sala
studio generale-uffici degli archivisti, sala consultazione catasto e relativi
funzionari, sala per il personale ausiliario), ma anche ed ancora ad indivi-
duare micro zone climatiche che sfruttano la maggiore luminosità della loro
esposizione e il calore stesso delle persone che le popolano. La luce, il ca-
lore e l’aria del cortile interno sono poi essenziali per migliorare la condizio-
ne degli ambienti posti agli altri due lati non a mezzogiorno.
Completato il restauro architettonico, dopo il secondo lotto di lavori che
inizieranno nel 2008 e daranno l’assetto definitivo dei locali interni, l’edifi-
cio offrirà finalmente all’Archivio di Stato e alla sua massa documentaria una
dignitosa sede storica. Nei suoi 8.000 metri lineari di scaffalature lineari e a
compact, l’Archivio potrà così far valere il suo ruolo di primario istituto di
conservazione e valorizzazione della memoria storica della città e del suo
territorio.

153
TRENTINO ALTO ADIGE
Restaurare sigilli: un progetto esemplare
Giovanni Marcadella

L a regione Trentino-Alto Adige partecipa quest’anno a “Restaura” con un


significativo ed impegnativo progetto presentato dall’Archivio di Stato di
Soprintendenza Archivistica per il Trentino Alto Adige

Bolzano. Durato un decennio e conclusosi nel 2002, incentrato sul restauro


dei sigilli dei documenti della serie diplomatica, che coprono il periodo
dall’IX al XVII secolo, ha comportato a monte un enorme lavoro di selezio-
ne e conseguentemente la scelta di intervenire su 324 sigilli in cera, circa il
10 % del totale.
Direzione Generale per gli Archivi

Il restauratore dei sigilli dell’Archivio segreto vaticano Bruno Becchetti ha


operato con perizia riportando allo stato ottimale di conservazione il mate-
riale selezionato, seguito passo per passo dal direttore del progetto, l’archi-
vista di Stato Armida Zaccaria che ha provveduto a documentare per ogni
esemplare caratteristiche, stato di conservazione, interventi richiesti e con-
dizionamento da adottare. Una esaustiva documentazione fotografica del
prima e del dopo restauro completa la redazione delle schede.
Un progetto, dunque, assai complesso sia per la quantità di materiale sot-
toposto ad intervento, sia per gli innumerevoli problemi via via affrontati per
ottenere soluzioni ottimali al fine di garantire la sopravvivenza di materiale
la cui fragile natura richiede cura e attenzione.
Il progetto si è concluso con l’allestimento di una mostra di sigilli tenutasi
nei mesi di settembre e ottobre 2002, corredata di un catalogo bilingue; una
intera sezione di essa è stata specificamente dedicata al restauro.

Direttore Generale
Maurizio Fallace
Via Gaeta, 8a
00185 Roma
Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
segreteriadga@archivi.beniculturali.it

Soprintendenza Archivistica
per il Trentino Alto Adige
Soprintendente
Giovanni Marcadella
Coordinatore
per la comunicazione
Giovanna Fogliardi
Via Clementino Vannetti 13
38100 - Trento
Tel. 0461 980049
Fax 0461 221897
sa-tal@beniculturali.it

154
Il restauro dei sigilli dell’Archivio di Stato
di Bolzano (1992-2002)
Armida Zaccaria

L’ Archivio di Stato di Bolzano è stato a lungo impegnato in un importan-


te progetto di restauro volto a risanare la documentazione dell’archivio
del principato vescovile di Bressanone, il fondo più antico e prezioso con-
servato nell’istituto. Gli interventi hanno avuto come oggetto il materiale car-
taceo, i codici, le pergamene e i sigilli. Quest’ultima operazione ha interes-
sato i documenti sigillati della serie diplomatica, che coprono un arco tem-
porale di quasi mille anni, dal IX al XVIII secolo. Il vescovado brissinese, in-

Direzione Generale per gli Archivi


serito in un’area di tradizioni culturali e giuridiche germaniche dove preva-
leva nettamente l’uso del documento sigillato rispetto a quello notarile, era
in costante relazione con il papato, l’impero, i rappresentanti della nobiltà
e del clero a nord e a sud delle Alpi, con la bassa nobiltà e la borghesia lo-
cali: da qui la grande varietà di tipologie dei sigilli del diplomatico e la sua

Archivio di Stato di Bolzano


importanza in ambito sfragistico.
Dopo un’attenta verifica delle migliaia di esemplari del fondo, si è deciso di
intervenire su 324 sigilli in cera, circa il 10% del totale, che presentavano uno
stato di degrado tale da compromettere la loro futura conservazione. È stato
contattato Bruno Becchetti, restauratore dei sigilli dell’Archivio segreto vatica-
no, e con la sua collaborazione si sono organizzate le fasi dell’operazione.

Direttore Generale
Maurizio Fallace
Via Gaeta, 8a
00185 Roma
Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
segreteriadga@archivi.beniculturali.it

Per ogni sigillo è stata compilata una scheda che prevede su un lato, a cura
dell’archivista, la completa descrizione delle sue caratteristiche, del condi-
zionamento, dello stato di conservazione, degli interventi di restauro richie-
sti e del condizionamento da adottare; sull’altro lato, a cura del restaurato-
re, la relazione sulle operazioni effettuate e sui materiali impiegati. La sche-
da è accompagnata da documentazione fotografica attestante lo stato del
sigillo prima e dopo il restauro.
Il materiale da restaurare è stato trasportato a piccoli lotti nel laboratorio del
restauratore. Ogni intervento era diretto naturalmente a preservare e mai a ri-
pristinare il sigillo nella sua forma originaria. Quasi sempre si è dovuto pro-
cedere alla pulitura delle superfici – con acqua demineralizzata, sapone Archivio di Stato di Bolzano
Direttore
neutro e asciugatura per tampone - e l’operazione è stata dosata in modo Hubert Gasser
da non cancellare totalmente la patina che il tempo ha depositato. In alcu- Via A. Diaz 8
39100 Bolzano
ni casi è stato necessario rimuovere preventivamente i fili della canapa o del Tel. 0471 264295
cotone posti a protezione, che aderivano alla superficie dei sigilli. Molti si- Fax 0471 407176
as-bz@beniculturali.it
gilli si presentavano fratturati o in pezzi: la saldatura delle fratture e dei fram- www.archivi.beniculturali.it/ASBZ/

155
menti è stata realizzata con una speciale cera da restauro fatta colare a pic-
cole gocce lungo le lesioni. La miscela (cera vergine, cera vegetale e resina
naturale) può essere utilizzata come sostanza aggregante per i frammenti e
come consolidante per i bordi. Nel caso di perdita di frammenti o di inte-
re parti, gli interventi di integrazione, esclusivamente finalizzati al consolida-
mento, prevedevano un apporto di cera dal colore più chiaro e dallo spes-
sore inferiore di qualche millimetro rispetto all’originale. Quando, per la gra-
vità del danno, l’apporto di cera poteva risultare troppo invasivo, si è pre-
ferito l’uso di una lastrina di policarbonato, opportunamente conformata,
ancorata al sigillo con un sottile strato di cera che ne consolida nel contem-
po i bordi. L’operazione è facilmente e assolutamente reversibile.
Un particolare impegno ha richiesto infine la scelta del sistema di condizio-
namento: il documento con il sigillo restaurato doveva tornare tra gli altri
della serie, conservati in buste e collocati verticalmente in apposite scatole
all’interno degli armadi in cui viene custodito il fondo. La soluzione indivi-
duata consiste nell’ancorare pergamena e sigillo su un supporto di cartone
durevole per la conservazione, opportunamente conformato. Il supporto
viene inserito in una busta di carta giapponese, rinforzata in corrisponden-
za del sigillo, da ricollocare nelle scatole.
Il progetto si è concluso con l’allestimento di una mostra dedicata ai sigilli
dell’Archivio, dotata di catalogo bilingue, con un’intera sezione dedicata al
restauro.

156
UMBRIA
I luoghi normativi del “restauro”:
un quadro generale di riferimento
Alessandro Ferretti

I n un contesto prevalentemente “tecnico” trovare una collocazione idonea


anche per una riflessione di carattere generale sullo stato dell’arte della le-
gislazione in materia può risultare utile, soprattutto in una prospettiva ope-

Direzione Regionale per i Beni Culturali


rativa. Non si può dimenticare che nel quadro generale applicativo delle
tecniche di restauro un capitolo importante, seppur precedente e con va-
lore di presupposto, è quello della visione legislativa del restauro e delle
conseguenze direttamente collegate.
Il punto di partenza di questa brevissima analisi si fonda sulla osservazione
del continuo mutare normativo che negli ultimi dieci anni ha interessato il

e Paesaggistici dell’Umbria
settore del restauro e che trova ancora oggi difficoltà di rilievo per un com-
piuto assetto. Penso ad esempio all’applicazione dei commi 7, 8 e 9 del-
l’articolo 29 del Codice Urbani che ad oggi ancora non è diventata piena-
mente operativa, creando non pochi imbarazzi agli operatori di settore. Né
la disciplina transitoria di cui all’articolo 182 del Codice può avere valenza
di carattere generale, vista anche la verbosità del dispositivo, adatta più a
creare confusione che certezza in merito alla acquisizione della qualifica di
restauratore e collaboratore restauratore di beni culturali.
Un primo abbozzo di disciplina compiuta del “restauro” si ha con il D. lgs. n.
490/1999 (Testo unico dei beni culturali) in cui l’articolo 34 presentava una sua
definizione: “…per restauro si intende l’intervento diretto sulla cosa volto
a mantenerne l’integrità materiale e ad assicurare la conservazione e la
protezione dei suoi valori culturali…”. Si osserva in dottrina che nel corpus
del Testo unico del 1999 è affermata l’assimilazione della conservazione al re-
stauro, visto quasi come unico strumento a garanzia del bene culturale. In re- Direttore Regionale
Francesco Scoppola
altà, ritengo che il punto da mettere in evidenza non sia tanto il contenuto tec-
Coordinatore
nico della definizione offerta, quanto lo sforzo legislativo di porre delle di- per la comunicazione
Silvana Tommasoni
sposizioni di apertura che sono dirette a rendere agevole l’applicazione del-
Piazza IV Novembre, 36
le misure normative previste nell’ordinamento giuridico. 06100 Perugia
Tel. 075575061
Si pensi al passaggio dal Testo unico al Codice Urbani (d. lgs. n. 42/2004 e Fax 0755720966
s.m.i.). In questo caso, il legislatore ha operato nell’articolo 29 una indivi-
duazione della nozione di restauro, non tanto e non solo a fini terminologi-
ci e definitori, quanto a fini di chiarezza e certezza sugli strumenti operati-
vi inseriti nelle disposizioni successive, quali l’accesso ai cc.dd. contributi
(art. 35 e ss.) e l’applicazione del regime delle autorizzazioni di cui all’arti-
colo 21, comma 4.
Si tratta di un’impostazione fondamentale del “lavoro” del legislatore che
non può sostituire il lavoro del “tecnico”, fornendo formulazione e defini-
zioni rigide ed assolute, destinate ad essere inevitabilmente superate dal-
l’evoluzione della tecnica e della materia scientifica. Si tratta, piuttosto, di
offrire della categorie generali che delimitino l’ambito di applicazione del-
le norme che necessariamente dovrà adattarsi alla progressiva trasformazio-
ne della tecnica.
In questa prospettiva, a mio parere, il legislatore del 2004 ha focalizzato il
suo intervento su questi presupposti, fornendo delle indicazioni di caratte-
re generale non solo sulla nozione di restauro, ma anche di altre attività pro-
prie della conservazione, quali la manutenzione e la prevenzione, senza

157
pretesa di offrire delle definizioni “tecniche”, ma solo volendo individuare
gli ambiti di riferimento della applicazione di tali strumenti.
Scorrendo l’articolo 29 del Codice, si legge, ad esempio, che “…la conser-
vazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coor-
dinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e re-
stauro…”; e che “…per prevenzione si intende il complesso delle attività
idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo
contesto…”; ed, ancora, che “…per manutenzione si intende il complesso
delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del be-
ne culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e
dell’identità del bene e delle sue parti…”; infine, che “…per restauro si in-
tende l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni fi-
nalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo alla pro-
tezione ed alla trasmissione de suoi valori culturali…”. Lo sforzo legislativo
è risultato sicuramente ben indirizzato, avendo individuato, senza alcun ir-
rigidimento nozionistico né funzionale, gli ambiti di applicazione delle tec-
niche di conservazione e restauro dei beni culturali. Restiamo adesso in at-
tesa del successivo ed ulteriore sforzo di vedere finalmente individuati con
certezza e chiarezza gli elementi formativi e formanti le qualificazioni pro-
fessionali dei restauratori, passo necessario per la corretta e sicura applica-
zione degli strumenti di conservazione da parte di personale professiona-
lizzato e, soprattutto, specializzato.
In appendice all’articolo si ritiene utile fornire anche un breve prospetto in
cui sono indicati alcuni dei monumenti di rilievo fatti oggetto di interventi di
restauro appaltati dalla Direzione Regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici
dell’Umbria:
- Duomo di Perugia, restauro per un importo di 592.894,35 euro per il 2006;
- Complesso Orsoline di Terni, consolidamento e restauro per un importo
di 1.247.274,04 euro per il 2006;
- Museo Diocesano di Terni, restauro per un importo di 95.126,60 euro per
il 2006;
- Duomo di Todi, restauro per un importo di 551.734,31 euro per il 2006;
- Chiesa di San Michele Arcangelo, restauro per un importo di 153.713,35
euro per il 2006;
- Ex Seminario Vescovile di Narni, restauro e riqualificazione per un impor-
to di 395.262,90 euro per il 2006.

158
VENETO
L’intervento di consolidamento del complesso

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici


religioso di S. Donato - Lentiai (BL), loc. Ronchena
Silvana Rotondo

Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio


Finalità dell’intervento

per le provincie di Venezia, Belluno, Padova e Treviso


L’ urgenza delle opere necessarie a scongiurare il rischio del crollo, hanno
determinato le condizioni per un pronto intervento ministeriale limitato
alla “messa in sicurezza” del complesso costituito dall’eremo e chiesa di S.
Donato con inizio lavori nel 18/09/06.
La particolare ubicazione del complesso religioso, il consistente impegno
economico e lo stato del degrado, hanno evidenziato la necessità che alla
fine dei lavori seguisse, da parte dell’ente religioso, un completamento del-
le opere indispensabili alla sua conservazione. In particolare, si rendeva ne-
cessario il riuso dell’eremo, attraverso una funzione ad esso compatibile,
che lo mantenesse in vita, e che evitasse di riportarlo lentamente alla di-
menticanza, vanificando tutti gli sforzi, non solo economici, che l’operazio-
ne aveva comportato.

del Veneto

Direttore Generale
Ugo Soragni
Coordinamento
per la comunicazione
Valter Esposito, Luigi Marangon
P.zza San Marco, 63
Palazzo ex Reale
Criteri d’intervento 30124 Venezia
Tel. 041 3420101
L’intervento proposto prevedeva il consolidamento delle fondazioni ed il Fax 041 3420122
successivo restauro statico delle strutture in elevazione. Prima di ripristinare
l’interruzione della continuità della massa muraria, occorreva individuare la
causa generatrice dello stato tensionale alla quale si doveva il dissesto.
Quindi le indagini iniziali sono state rivolte allo:
- studio del sito dal punto di vista morfologico e geologico;
- interrelazioni del sito con il complesso architettonico e con il territorio;
Successivamente:
- analisi della tipologia muraria;
- studio degli allineamenti murari, rilievo metrico, mappatura dei materiali e
Soprintendenza per i Beni
del degrado; Architettonici e per il Paesaggio
- indagine di precedenti stati tensionali e relazioni col quadro fessurativo per le provincie di Venezia,
Belluno, Padova e Treviso
attuale; Soprintendente
- studio cronologico delle strutture murarie, avvalendosi di un supporto Guglielmo Monti
Santa Croce, 770
storico-archivistico e di sondaggi puntuali Palazzo S. Cappello
30135 Venezia
Tel. 041 2574011
Fax 041 2750288

159
Il Sito
Il sito sul quale sorge il complesso architettonico di S. Donato è caratteriz-
zato da un pendio della montagna formato da uno strato di terreno sciol-
to. La particolare situazione del sito e la presenza di gravi lesioni sul manu-
fatto, hanno evidenziato la necessità di eseguire un’indagine geologica e
geotecnica dalla quale si è evinto che lo strato superiore di terreno sciolto
è di circa 2,50-4,00 m al di sotto del quale c’è un substrato roccioso incli-
nato di roccia calcarea.
È stato inoltre riscontrato che il terreno non ha buone caratteristiche di stabi-
lità, soprattutto nella zona nord in corrispondenza dell’eremo. Questa condi-
zione è stata aggravata dal dilavamento del terreno di fondazione che, impo-
verendo lo strato del terreno, aveva anche ridotto la quota del piano di posa
delle fondazioni. Quest’ultime, infatti, in alcuni punti, erano divenute quasi su-
perficiali. Nel tempo, e in maniera progressiva, si era quindi verificato un ce-
dimento verso il basso di tutto il piano di posa delle fondazioni.

Lo stato di fatto
Il complesso eremo-chiesa si sviluppa lungo uno stretto pianoro, nell’unica
direzione possibile Sud Ovest – Nord Est, evidenziando un’aggregazione in
linea di tre nuclei di diversa cronologia storica. Secondo alcuni studiosi lo-
cali, il sito sarebbe stato interessato da un antico passaggio militare verso le
Prealpi e successivamente, su una postazione di guardia (XII sec.), si sareb-
be sviluppato un primo edificio sacro dedicato a S. Donato.

Partendo dalle condizioni morfologiche e geologiche del sito si è potuto


verificare dalle indagini eseguite, che la situazione statica relativa all’intero
complesso, sia andata lentamente peggiorando nei secoli scorsi anche per
interventi di ampliamento e di adeguamento funzionale eseguiti nel passa-
to e ai quali si è tentato, in epoche successive, di porvi rimedio. Tra tali in-
terventi si evidenziano: consolidamenti tramite inserimento di tiranti; realiz-
zazione di contrafforte murario nella parete NE; chiusura di varchi e finestre.
Interventi che testimoniano il permanere delle cause perturbatrici che da
sempre hanno accompagnato la vita del complesso architettonico provo-
cando un dissesto fondale per cedimento del terreno. In particolare, le mu-
rature dell’eremo sono interessate da diffuse lesioni con andamento vertica-
le, più intense in prossimità dell’angolata nord ed estese a tutta la muratura
fino al livello fondale. Tale discontinuità del paramento murario, indica chia-
ramente uno sprofondamento e slittamento verso valle della facciata Nord-
Ovest, più accentuato in prossimità dell’angolata nord.

160
Gli elementi strutturali lignei non presentano particolari deterioramenti ma
dimostrano, in alcuni casi, slittamenti e deformazioni degli appoggi e dei
collegamenti alle murature, prodotti proprio dalle gravi deformazioni e tra-
slazioni delle strutture stesse. Così anche e lesioni e le distorsioni di tutto il
complesso architettonico sono da attribuire ai cedimenti differenziali delle
fondazioni prodotti dall’abbassamento di alcune zone, soprattutto a valle,
del terreno di fondazione. Infatti dalla verifica statica degli elementi struttu-
rali emerge che non ci sono parti strutturali deboli o sottodimensionati.
Risulta quindi che il cedimento fondale non sia stato prodotto da eccessivi
carichi, ma da fenomeni riguardanti la natura stessa del terreno. Inoltre que-
sti cedimenti, in prossimità dell’arco trionfale della chiesa, hanno causato
maggiori spinte laterali che si sono sommate a quelle prodotte dall’arco
stesso, mentre quest’ultimo, lesionandosi in chiave e sulle reni, ha perso una
parte della sua rigidezza e iperstaticità iniziale.

L’intervento
Dall’esame del quadro fessurativo, dall’analisi dei materiali e dei carichi, dal-
l’indagine della tipologia muraria e delle strutture in elevazione, si è si è ri-
scontrata la necessità e l’urgenza di collegare le fondazioni dell’edificio con
la roccia esistente sotto lo strato di terreno su cui poggia l’organismo archi-
tettonico. Dato il tipo di organismo e le pessime condizioni, è stato deciso
di inserire fino alla roccia dei micropali in acciaio che, collegati ad un cor-
dolo perimetrale, potessero assorbire i carichi esterni senza farli più scarica-
re in fondazione. Inoltre, per impedire traslazioni orizzontali della palifica-
ta, a causa dell’inclinazione del pendio, sono stati realizzati cinque tiranti
diagonali di controventamento del cordolo ancorati nella roccia. Dopo il
consolidamento delle fondazioni si è proceduto con il restauro statico del-
le strutture in elevazione mediante i seguenti interventi:
- cuci-scuci, limitato al paramento interno dell’eremo lato NE, finalizzato a
ripristinare l’interruzione della continuità materica, lasciando visibile la zo-
na d’intervento per non cancellare la memoria degli antichi dissesti svilup-
patisi nelle strutture;
- iniezioni mediante miscela di legante a base di calce desalinizzata per
completare l’integrità strutturale del paramento murario;
- tiranti, posti a livello delle travi dei solai per collegare le facciate del ma-
nufatto e contribuire, in caso di oscillazioni, al comportamento scatolare
di tutta la struttura;
- inserimento di ferro piatto in acciaio perimetrale, quale elemento di contro-
ventamento e collegamento delle strutture del tetto con le strutture murarie;
- le travi del tetto gravemente deteriorate, sono state consolidate median-
Responsabile del
te protesi lignee. Procedimento:
Guglielmo Monti
L’orientamento generale del consolidamento è stato quello di rendere leg-
Progettista e D.L.
gibile l’intervento contemporaneo e di utilizzare tecniche e materiali tradi- Silvana Rotondo
zionali, compatibili con quelli originari. Inoltre si è cercato di rispettare sem- Assistente al Progetto e D.L.
Maria Grazia Martin
pre la reversibilità degli interventi, laddove le condizioni lo consentivano, e Rilievo critico e mappatura del
di non cancellare le tracce delle deformazioni o delle lesioni degli antichi degrado: Vincenza Molinari
Perizia statica con verifica degli
dissesti, per non cancellare la storia stessa dell’edificio. elementi strutturali
Siro Andrich
Perizia geologica e geotecnica
Mario Cabriel
Documentazione fotografica
Sergio Addario
Impresa Esecutrice De Cian
Albino s.a.s

161
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto

Il restauro del ‘capitolare’ del cottimo


di Alessandria (1499)
Eurigio Tonetti

L ’Archivio di Stato di Venezia conserva, tra gli altri tesori, lo splendido ca-
pitolare dei Provveditori al cottimo di Alessandria, magistratura istituita
nel 1499 per controllare la gestione finanziaria del consolato veneto in
Egitto, specie riguardo al cottimo, imposta sulle merci esportate dai vene-
ziani e destinata a sostenere i costi consolari. L’organo fu soppresso nel
1684 e il suo fondo archivistico confluì in quello dei Cinque savi alla mer-
canzia, dove si trova tuttora.
Direzione Generale per gli Archivi

Il volume, che contiene atti dal 1499 al 1624, presenta due ricche pagine
miniate, di rara eleganza, in cui spicca una delle più antiche vedute di
Alessandria d’Egitto, con il porto e la città fortificata, protesa in mare con un
promontorio su cui sorge il castello.
In occasione della mostra “Venezia al’Islam” tenutasi nella sala dello
Archivio di Stato di Venezia

Scrutinio di Palazzo Ducale a Venezia e da poco conclusa – la Direzione dei


Musei Civici veneziani ne ha finanziato il restauro, ritenendo, a ragione, as-
solutamente prestigiosa la sua esposizione.

Direttore Generale
Maurizio Fallace
Via Gaeta, 8a
00185 Roma
Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
segreteriadga@archivi.beniculturali.it

L’intervento di restauro è stato realizzato sulla base di un progetto esecuti-


vo realizzato dal servizio di conservazione dell’Archivio di Stato di Venezia,
diretto dal dot. Eurigio Tonetti. La sua esecuzione è stata affidata al labora-
Direzione Regionale per i torio ‘Biblos’ di Renata de Laitenburg ed ha interessato quasi esclusivamen-
Beni culturali e Paesaggistici
del Veneto te la legatura, vistosamente danneggiata da usura, e non i 163 fogli di per-
Direttore Generale gamena, in stato di conservazione pressoché perfetto.
Ugo Soragni
Il codice presenta legatura in tutta pelle bruna impressa a secco e oro, con
Coordinamento
per la comunicazione tracce di elementi metallici perduti (cantonali) ed è cucito su 4 doppi ner-
Valter Esposito, Luigi Marangon
vi fenduti in pelle allumata, colorata con minio, agganciati alle assi lignee; in
P.zza San Marco, 63
Palazzo ex Reale origine aveva capitelli con anima in pelle scura, anch’essi agganciati, la cui
30124 Venezia
Tel. 041 3420101 ornatura in filo giallo e rosso è emersa solo in fase di smontaggio, giacché
Fax 041 3420122 nessun elemento di essa appariva visibile. Prima del restauro rimaneva buo-
Archivio di Stato di Venezia na parte dell’indorsatura originale, con tasselli di pergamena manoscritta di
Direttore riuso adesi agli scomparti, mentre il dorso, distaccato dal corpo del volu-
Raffaele Santoro
me, era fortemente lacerato allo snodo anteriore e in certa misura lacunoso.
Campo dei Frari, 3002
30125 Venezia La legatura fu oggetto, in epoche diverse, di molteplici interventi riparatori
Tel.041 5222281
Fax041 5229220
pregressi: integrazioni e rinforzi agli angoli, alle cuffie, ai tagli; innesto di

162
prolungamento in canapa ai nervi, spezzati su entrambi gli snodi.
Il restauro, valutati lo stato di conservazione, i materiali impiegati e le esigen-
ze della fruizione, è stato studiato in una logica di minore invasività possi-
bile, con il massimo recupero degli elementi originali. Le principali opera-
zioni eseguite: smontaggio del volume e scucitura; distacco delle contro-
sguardie; separazione dei fascicoli; restauro e recupero funzionale di piatti
e coperta originali con distacco dei precedenti interventi; restauro delle
due controsguardie originali, delle piegature improprie e delle lacune (ove
pericolose), del supporto membranaceo e protezione con brachette della
piegatura dei bifogli esterni dei fascicoli; aggiunta di due guardie posterio-
ri cartacee; cucitura come e su tracce originali; capitelli ornati; indorsatura
con schermo sagomato ai nervi; aggancio nervi e capitelli; montaggio co-
perta restaurata con nuovo dorso portante e dorso originale applicato; in-
cassatura delle controsguardie.

163
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto

Continua il restauro degli atti notarili


dell’Archivio di Stato di Belluno
Donatella Bartolini

C ome segnalato nella precedente edizione di Restaura del 2-4 dicem-


bre 2005, l’Archivio di Stato di Belluno ha dato avvio nel 1997 a una se-
rie di progetti di restauro degli atti dei notai di Belluno, Feltre e Cadore. Il
fondo Archivio notarile distrettuale raccoglie protocolli che vanno dal
1402 al 1859 e rappresenta, senza dubbio, uno degli strumenti fondamen-
tali per la conoscenza del passato del territorio bellunese: non a caso esso
è fra quelli maggiormente consultati dagli studiosi. I protocolli raccolgono
Direzione Generale per gli Archivi

atti sia di natura privata (per la maggior parte), sia di natura pubblica: spes-
so un notaio che rogava ad instrumenta intraprendeva anche la carriera di
cancelliere ad acta, registrando quindi atti di comunità, confraternite e re-
gole. Le due funzioni erano distinte, ma spesso davano vita a carriere paral-
lele; le due tipologie documentarie sono spesso presenti nello stesso pro-
Archivio di Stato di Belluno

tocollo di un notaio.
Il fondo comprende atti rogati in parte di quella che attualmente è la pro-
vincia di Belluno, ma che in antico regime era divisa nella Podestaria e capi-
tanato di Belluno, nella Podestaria e capitanato di Feltre, nella Comunità di
Cadore, nelle contee di Mel e di Cesana. I luoghi di attività dei notai supe-
rano la cinquantina: oltre alle città di Belluno e Feltre, sede di collegi profes-
sionali, troviamo notai residenti anche in centri minori quali Agordo, Mel,
Forno di Zoldo, Pieve di Cadore, Longarone, fino a paesi piccolissimi come
Casamazzagno e Dosoledo. Elevato è anche il numero dei notai roganti, so-
prattutto per il Cinque-Seicento, con risultati molto difformi: di alcuni notai
si conservano decine di protocolli, di altri pochi fascicoli. I progetti di re-
stauro finora realizzati hanno interessato tre lotti per complessivi 54 proto-
Direttore Generale colli dal secolo XVI al XVIII. Gli studi preliminari hanno confermato le pecu-
Maurizio Fallace liarità già segnalate in precedenza, ossia l’ampia varietà di legature, proba-
Via Gaeta, 8a
00185 Roma
bile riflesso delle diverse condizioni lavorative.
Tel. 06 4969928
Fax 06 4882358
segreteriadga@archivi.beniculturali.it

Direzione Regionale per i Beni


culturali e Paesaggistici
del Veneto
Direttore Generale
Ugo Soragni
Coordinamento
per la comunicazione
Valter Esposito, Luigi Marangon
P.zza San Marco, 63
Palazzo ex Reale
30124 Venezia
Tel. 041 3420101
Fax 041 3420122

Archivio di Stato di Belluno


Direttore
Eurigio Tonetti
Via S. Maria dei Battuti, 3
32100 Belluno
Tel. 0437 940061
Fax 0437 942234

164
In prevalenza si tratta di legature realizzate con materiali poveri o di risulta
(pergamena di riuso, carta e filo di mediocre qualità), con registri formati da
fascicoli non omogenei, ma ricchi di aggiunte e inserti. In genere sono i no-
tai residenti nei centri maggiori a presentare legature di un certo pregio, ab-
bellite talvolta da stemmi araldici che rinviano al casato di appartenenza del
notaio stesso. Per il loro valore storico-documentario, in quanto testimo-
nianza della cultura e del ruolo sociale rivestito dai notai in antico regime,
un’ampia selezione di protocolli decorati è stata presentata nella mostra
Araldica minore nelle carte d’archivio. Territori di Belluno, Cadore e
Feltre. Secc. XVI-XVIII allestita in occasione dell’VIII Settimana della Cultura
2006. Una certa uniformità di legature si affermò solo nel Settecento avan-
zato, con l’imposizione della carta prestampata con l’intestazione del nota-
io e il simbolo della Serenissima.
A breve prenderà avvio un nuovo progetto che riguarderà 52 protocolli.
Anche in questo caso l’intervento sarà teso a conservare e valorizzare le ca-
ratteristiche riscontrate, assicurando nel contempo la piena funzionalità dei
registri, la maggior durata nel tempo, e il rispetto di alti canoni estetici.
Le immagini qui pubblicate si riferiscono agli interventi del 2004-2005 e
2005-2006 eseguiti dai laboratori “Biblion” di Dino Franco Pantarotto di
Tortona e “Biblos” di Renata de Leitenburg di Trieste.
La progettazione, eseguita a più mani, dal 2001 è coordinata dal dott.
Eurigio Tonetti, direttore dell’Istituto.

165
GERMANIA
Palais Dürckheim (1912-1913)
di Henry van de Velde (1863-1957), Weimar
Stephan Dietrich

H enry van de Velde nei primi anni del XX sec. fu chiamato per fondare e
dirigere a Weimar, in Turingia, la “Kunstgewerbeschule”, scuola di arti-
gianato, in seguito Scuola d´Arte di cui diverrà codirettore Walter Gropius,
la “Bauhaus”, a Weimar dal 1919 al 1923.
Quando la famiglia Dürckheim nel 1911 acquistò il lotto in Cranachstrasse
47, fuori del centro storico di Weimar, i dintorni del lotto erano già costruiti
con edifici del tipo “villa di città”.
Il quartiere residenziale si è sviluppato, come si percepisce chiaramente
percorrendo Cranachstrasse, prima con ville e case plurifamiliari costruite
direttamente a confine con il marciapiede, seguite da edifici plurifamiliari
con un giardino antistante ed infine con ville bifamiliari o unifamiliari, circon-
date da ampi giardini.
Villa Dürckheim, progettata da Henry van de Velde, cerca, nel contesto del-
la seguenza edilizia sopradescritta, un linguaggio individuale della forma,
tra la città a nord e il bosco a sud, allontanandosi dai parametri dei tipi edi-
lizi dei dintorni.
Contrariamente alle sue contemporanee realizzazioni a Chemnitz, le ville
Esche e Koerner, qui van de Velde sposta il nucleo abitativo centrale, il salo-
ne, verso il giardino, separandolo dall’ingresso. Sul lato del giardino un corri-
doio aperto sul salone collega la sala dei signori con la sala delle dame, così
che, nonostante mantenga il suo significato di nucleo centrale della compo-
sizione dello spazio, il Salone obbedisce all’ordine lineare del piano terra.
In “Palais Dürckheim”, van de Velde cerca un compromesso tra uno schema
Architetti
Stephan Y. Dietrich e
Peter Ottmann
Berlino
mail@stephandietrich.de
www.stephandietrich.de

166
a pianta centrale e uno a pianta lineare. Sicuramente la progettazione è sta-
ta molto influenzata dai desiderata della committenza, lo testimoniano i
molti cambiamenti rilevabili tra i disegni di progetto e la realizzazione.
Assolutamente non convenzionale è il sistema costruttivo, che usa solai in
elementi prefabbricati in cemento armato e un sistema di pareti divisorie in
cemento di soli sette centimetri di spessore. Degno di rilievo è anche il si-
stema costruttivo del tetto con travi di cemento armato lasciate a vista nel
piano mansarda.
Nel 1927 la villa fu venduta alla Società Elettrica della Turingia (AG
Thüringische Werke) che la usò come sede amministrativa. A questo perio-
do risalgono le modifiche al piano terra fatte per creare accessi individuali
a tutte le stanze.
Nel 1935 fu costruito il primo ampliamento ad est dell’edificio. Lo stile archi-
tettonico di questo corpo aggiunto si ispira a quello della villa esistente.

Il nuovo si distanzia e si collega al vecchio attraverso un ponte costruito e


posizionato con discrezione dietro il corpo pricipale. I materiali, le forme e
i colori sottolineano la somiglianza con l’originale, il carattere della villa,
quindi, non è compromesso.
Nel 1938 fu eseguito il secondo ampliamento ad ovest dell’edificio, sull’ex
campo da tennis dei Dürckheim. Questo edificio si attacca, alterando l’ar-
chitettura sia all’esterno che all’interno, di conseguenza la zona di ingresso
della villa non è più illuminata da luce naturale.
Il prospetto verso l’incrocio tra Cranachstrasse e Zöllnerstrasse è definitiva-
mente compromesso.
Nel 1970 con il taglio del parco per la costruzione di alloggi sociali, la villa
perde anche la vista verso il bosco della collina Böckelsberg.
Dal 1990 la Societá Elettrica VEAG, ritornata proprietaria dell’edificio, ini-
zia, non completandoli, i lavori di restauro strutturale ed impiantistico per
uso uffici.
Nel 2006, anno d’inizio del nostro intervento, l’edificio non era abitabile:
tetto, facciate, infissi, rifiniture interne ed esterne, pitture e decorazioni era-
no in stato di abbandono.

167
Sviluppo della destinazione d´uso e del progetto di restauro
Alla ricerca di nuovi possibili usi dell’edificio, lo stesso, non ancora restau-
rato, è stato aperto sin dalla fine del 2006 usando lo spazio possibile a di-
sposizione per conferenze, concerti, workshops, mostre. La casa è stata
aperta dopo ottant’anni nello spirito dell’uso dei saloni della Villa
Dürckheim negli anni ‘20 del secolo scorso, dove artisti, studiosi e la socie-
tá di Weimar si incontravano regolarmente.
I workshops sull’uso futuro della Villa, hanno portato alla decisione di divi-
dere la superficie a disposizione in sei unità, dirigendone l’uso a manifesta-
zioni/abitazioni/lavoro.
Nell’ambito delle parallele manifestazioni culturali si è constatato l’impor-
tanza del Salone, come punto d’incontro e di comunicazione sia all’interno
che verso l’esterno della villa.
L’uso dei saloni per presentazioni, seminari, mostre, armonizza il comples-
so edilizio nel suo insieme, proponendo il nucleo storico come collega-
mento tra le abitazioni dell’ala est e le abitazioni/uffici dell’ala ovest.
Particolare importanza assume, inoltre, per il restauro la sostanza storica del-
l’edificio.
La tutela dei Beni Ambientali esercitata non solo sul nucleo originale della
villa, ma anche sugli edifici degli anni trenta, riconoscendo motivo di rispet-
to ambientale e storico a tutto il complesso, ci ha guidato verso un restau-
ro attento agli strati storici, che rinuncia alle false ricostruzioni.
Citando da: “La teoria del restauro” di Cesare Brandi:

“... il nostalgico adagio com’era e dov’era é


l’inchino al vecchio principio del restauro, ed
é un’affronto alla storia e all’estetica, perché
significa che si fa tornare indietro il tempo e si
riproduce l’opera d’arte.”

Attraverso interventi di vario genere – nell’osservazione e nel rispetto della


immagine preesistente – abbiamo cercato di ottenere la nuova funzione.

168
ROMANIA
Il monastero di Probota, provincia Suceava
Dan Kisilewicz

I l monastero Probota, situato nella storica provincia Rumena in Moldavia, è


stato eretto a cavallo dei secoli XV e XVII, in un posto collinare in prossi-

Ministero della Cultura e degli Affari Religiosi


mità del ruscello Somuz, nascosto nella foresta tant’è che ancora oggi è dif-

Direzione Generale del Patrimonio Culturale Nazionale


ficile individuarlo. Secondo le informazioni tratte dall’iscrizione vicino alla
porta sud, la chiesa, dedicata a San Nicola, fu eretta nel 1530 dal principe
Petru Rares come chiesa sepolcrale di famiglia. Le stanze si succedono nel
seguente ordine: l’altare, il naos coronato dalla torre, la camera funeraria,
pronaos e xonartex. A partire dal 1550, intorno alla chiesa fu costruita una
cinta muraria in pietra, alta circa 5 m. La forma della fortificazione è rettan-
golare e ha due torri quadrate negli angoli nord - est e sud - est. Un’altra tor-
re, sul lato ovest, difende l’ingresso principale. La casa dell’abate è ubicata
nel cortile e composta di due piani e una torre campanaria. Il monastero dal
1993 è iscritta nell’elenco del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
La chiesa con suoi affreschi, e la cinta muraria furono restaurati tra 1996
–2000 nell’ambito di un programma di cooperazione tra UNESCO e
Governo Rumeno. Il finanziamento fu assicurato dal Japan Trust Fund for
World Heritage gestito dall’UNESCO e dal Ministero Rumeno della Cultura.
L’operazione di restauro è iniziata con ricerche archeologiche esaurienti all’
interno della chiesa proseguite poi nel cortile. Nella zona sud del cortile fu-
rono trovati resti di vecchie fabbriche e tracce di volte in mattone. L’interrato
di una delle case è stato restaurato e le volte in mattone ricomposte. Per
proteggere la struttura ricostituita dell’interrato è stato disteso un strato di ar-
gilla impermeabile a protezione. Nella chiesa sono stati effettuati lavori di ri-
facimento del pavimento in mattone e secondo le indagini archeologiche,
sono state inserite nuove vetrate con cornici di legno, è stata rinforzata la Consigliere architetto
Dan Kisilewicz
struttura del tetto, e infine la copertura di lamiera è stata cambiata con del-
sos. P. Kiseleff, 30
le asticelle di legno (scandole). BP 33
01143 RO - Bucarest
Tel +40 (0) 21 2244421
Fax +40 (0) 21 2233157
vkisilewicz@yahoo.it
dan.kisilewicz@cultura.ro

169
I risultati migliori sono stati ottenuti restaurando gli affreschi che coprono
una superficie di circa 2500 m2. È stato introdotto un sistema di riscalda-
mento durante la ricostruzione della pavimentazione. Le prime indagini so-
no state effettuate sui muri interni dalle quali è emerso lo stato di degrado
dello strato pittorico realizzato a secco. Diversi testi hanno mostrato che
sotto questo strato si trovavano gli affreschi originari ma presentavano zone
lacunose. Pertanto sono state restaurate le superfici a fresco e parzialmente
conservate le superficie dipinte a secco. Una volta terminati i lavori tutte le
superfici sono risultate decorate. All’esterno sono stati effettuati lavori minu-
ziosi di pulitura e rimozione dello strato di calce. Sono state portate alla lu-
ce tracce di affreschi originali, permettendo una lettura teologica delle fac-
ciate. Un largo marciapiede di protezione circonda la chiesa. È stato inoltre
realizzato un canale di raccolta d’ acqua piovana. La costruzione di tetti ha
permesso la protezione dei muri del lato ovest, della cinta muraria, delle
torri angolari e del cammino di ronda ridando un’ immagine storico-me-
dioevale all’ antico monastero. I lavori di ripristino sono stati eseguiti da un
gruppo di restauratori rumeni affiancati da specialisti stranieri. Il cantiere è
stato coordinato da Ignazio Valente dell’UNESCO e dall’arch. Dan Kisilewicz
del Ministero Rumeno della Cultura.

170
SPAGNA
Restauro e Conservazione in Spagna:

Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa


il Piano Nazionale delle Cattedrali
José Manuel Del Río Carrasco

N ell’insieme del Patrimonio Storico Spagnolo, le Cattedrali occupano un


posto di privilegio per il loro valore storico, la rilevanza architettonica
ed il loro carattere eccezionale di Chiesa Diocesana, con i loro aspetti giu-
ridici, liturgici e simbolici, come – ad esempio – i tesori artistici che vi si
conservano. La cosa più evidente sta nel fatto che la cattedrale riassume e
sintetizza, in se stessa, la storia della città, dalla costruzione del tempio agli
apporti ed arricchimenti di quasi tutte le epoche e culture, il cui sforzo si è
andato plasmando in essa. Questo aspetto ha una grande risonanza nello
Stato Spagnolo, poiché uno dei valori più significativi delle nostre cattedra-
li, in relazione con le altre d’Europa, è precisamente il contesto della loro
straordinaria ricchezza di testimonianze culturali.
Il Piano Nazionale delle Cattedrali, è il risultato dell’impegno di collabora-
zione tra le amministrazioni responsabili del patrimonio e le istituzioni ec-

Città del Vaticano


clesiastiche che ne detengono la proprietà, con l’appoggio di una crescen-
te consapevolezza sociale, per una migliore conoscenza, protezione e
conservazione dei novanta complessi delle cattedrali spagnole.
Così viene riconosciuto in tutti gli accordi sottoscritti per il suo sviluppo,
tanto nell’Accordo quadro del 1997, sottoscritto tra il Ministero della Cultura
e la Chiesa Cattolica, come in quelli più specifici siglati con le Comunità
Autonome e le diverse Diocesi Spagnole.
Tutto ciò è articolato in un’attenzione continuata, che li unisce nella loro
complessità ed integrità, permette che si avvantaggino di nuove metodolo-
gie e tecniche strumentali e razionalizza progetti ed investimenti. La gestio-
ne e l’inseguimento del Piano, dipendono dalla Direzione Generale delle José Manuel Del Río Carrasco
Sotto-Segretario della
Belle Arti e Beni Culturali tramite il suo Istituto del Patrimonio Storico Commissione Pontificia per i
Spagnolo. Beni Culturali della Chiesa
Piazza della Cancelleria, 1
00120 VA - Città del Vaticano
Tel. 06 69887617
Fax 06 69887567
pcbcc@pcchc.va

171
I primi restauri di Cattedrali
L’inizio degli interventi dello Stato nel restauro del patrimonio delle catte-
drali coincide in concreto con la creazione della Commissione Centrale dei
Monumenti Storici ed Artistici nel 1844. Questa Commissione, che fu crea-
ta per fermare ed orientare il processo d’alienazione, dovette incaricarsi an-
che del restauro degli edifici dichiarati Monumenti Nazionali. Questo è
quello che è successo con la Cattedrale di León, dichiarata tale il 28 agosto
1844, per la quale fu iniziato un processo di restauro tuttora in corso, tra-
sformandola nella cattedrale più restaurata d’Europa. Migliorare e reinventa-
re la sua immagine furono i principali obiettivi dei restauratori invece di ba-
dare alla sua salute e conservare l’edificio ereditato: il Progetto di Rogent per
la Cattedrale di Tarragona, 1844; l’intervento di Vicente Lampérez a Cuenca,
mettendo in pratica il così detto “restauro di stile”. Nonostante tutto, un an-
cora incipiente legislazione, esigeva che “le parti antiche e le moderne as-
somigliassero e sembrassero di una stessa epoca”. Il desiderio di finire
o correggere gli edifici delle cattedrali conobbe processi tortuosi, come
quello di alcune facciate, come ad esempio quelle di Mallorca o Barcelona.
Questo modo di agire, basato unicamente sullo stile, condizionò, per lo
più, il restauro in Spagna praticamente fino alla Guerra Civile di 1936-1939 e
perfino dopo, nonostante la lunga validità della Legge del Patrimonio
Artistico Nazionale del 1933 che stabilisce una chiara distinzione tra restau-
rare e conservare. In alcuni casi il restauro dei templi delle cattedrali dan-
neggiati durante la Guerra Civile servì da pretesto per uno smantellamento
generale del tempio, come successe a Valencia, in virtù di un purismo este-
tico e di alcune presupposte necessità pastorali. Anteriormente si smantel-
larono grate e cori in alcune cattedrali come quella di Oviedo (1901),
Mallorca (1904), Jaca (1919), Seo di Urge (l920), Valladolid (1922), Granada
(1929), Girona (1936), Orense (1937), Solsona e Vich (1936). Dietro la
Guerra si persero i cori di Valencia, Santiago di Compostela, Pamplona, e di
altre molte in un interminabile ed aperto processo di distruzione.

172
Il restauro tra gli anni sessanta ed ottanta
Dagli anni sessanta si procede con piccoli interventi. Furono sempre inter-
venti poco sistematici, senza le necessarie conoscenze pratiche e senza
nessuna investigazione previa. D’altra parte, nella grande maggioranza, furo-
no interventi necessari, per l’urgenza improrogabile, causati da tutta una se-
rie di elementi aggregati, o sottratti, provocando diverse trasformazioni nel-
le sue strutture originali. Lo stesso potremmo dire, per quanto riguarda la
propria evoluzione della sua stabilità strutturale, l’invecchiamento naturale
dei suoi materiali, tra altre molte cose. Questi problemi, risolti male, sono
esattamente gli attuali, se non peggiorati da nuovi fattori aggressivi che van-
no dall’inquinamento, chimico, fisico e biologico ai quali sono esposte dal-
l’ambiente urbano che le circondano.
In questo periodo, i restauri affrontarono una situazione economicamente
precaria, alla quale si aggiungeva la perdita di rilevanza ecclesiastica di alcu-
ne sedi episcopali e la discussione sulla responsabilità del suo restauro da
parte delle istituzioni civili in relazione alla proprietà giuridica dei templi.
Tra gli anni sessanta ed ottanta furono oggetto di qualche progetto di restau-
ro una trentina di cattedrali: insieme a quelle di Sevilla, Toledo, Burgos e
León troviamo quella di Ibiza, Burgo di Osma o Ciudad Rodrigo, riflettendo-
si così la politica de aumento degli interventi, dell’allora Direzione Generale
di Belle Arti, che agiva per mezzo di progetti annuali che garantivano dei ri-
sultati a lungo termine ed un lento assorbimento degli investimenti. Questa
politica di investimenti portò ad un limite precario di conservazione delle
cattedrali con problemi strutturali, come è il caso di Tarazona.
Oltre alle attuazioni della Direzione Generale delle Belle Arti, da parte sua la
Direzione Generale di Architettura del Ministero delle Opere Pubbliche,
operò nelle cattedrali e, quando lo fece, fu più nello spazio dei centri sto-
rici che nel tempio stesso.
Sembra strano che le cattedrali non fossero oggetto di un trattamento specia-
le all’interno di quel gran volume di patrimonio religioso, che fu restaurato fi-
no agli anni ottanta. Ugualmente sorprende lo scarso numero di cattedrali re-
staurate e la parzialità degli interventi negli anni successivi, una volta trasferite
le competenze alle comunità autonome. Nonostante tutto, troviamo alcune
differenze sostanziali: i dati storici, archeologici e formali di ogni cattedrale,
così come la valutazione della sua architettura e significato, entrano a far par-
te del progetto; e al contempo viene data la dovuta importanza alla docu-
mentazione planimetrica, come base di qualunque progetto di intervento.
Fattore importante è stato il turismo, che a causa di un eccesso di visite, ha
provocato interventi urgenti per frenare la degradazione alla quale erano
condannate le cattedrali. La cosa certa è che la situazione delle cattedrali al-
la fine degli ottanta era, almeno, precaria e, soprattutto, disuguale.

Origine del Piano Nazionale delle Cattedrali


Le Cattedrali sono monumenti complessi, risultato di un sforzo collettivo e pro-
lungato nel tempo. Oltre al loro contenuto religioso, hanno anche valori socia-
li e simbolici che hanno dato forma alle nostre città, diventandone un suo pun-
to di riferimento nello spazio, condizionando la loro urbanistica ed arrivando
ad essere l’espressione fisica della loro identità. Dentro il concetto integrale
che oggi definisce quello che è patrimonio storico, gli insiemi delle cattedrali
manifestano tutto il loro carico storico e sono il migliore riflesso delle grandi li-
nee storiche dell’evoluzione artistica e di pensiero. In questo senso sono pro-
tagonisti di un paesaggio urbano la cui evoluzione giunge fino al momento at-

173
tuale. Cioè, si tratta di monumenti storici ma pienamente vivi. La loro immagine
attuale, quanto la loro architettura nel patrimonio che contengono, è il risulta-
to di successivi episodi di sovrapposizione, espansione e riforma.
Su questo patrimonio si è lavorato nel secolo scorso, fin dai primi momen-
ti, tramite l’attività di restauro. Ma i criteri, sempre più specifici sul restauro
delle cattedrali, e soprattutto il miglioramento del loro studio storico e fisi-
co, incluse perfino le tappe anteriori alla costruzione del tempio, che sono
basilari per la struttura architettonica del complesso. Tutto ciò condusse al-
la necessità di stabilire un periodo di riflessione e approfondimento nella
conoscenza di ogni complesso di cattedrale, individuando, di volta in vol-
ta, il migliore modo migliore per intervenire sulle stesse.
La crescente coscienza collettiva che si veniva configurando intorno alle cat-
tedrali si tradusse nell’aumento di risorse economiche dedicate al loro restau-
ro e conservazione. Nonostante tutto, diventava necessario dare una risposta
a questa situazione nel senso di razionalizzare dette risorse e stabilire un or-
dine di priorità nell’attenzione dedicata ad ogni cattedrale. Inoltre si conside-
rò fondamentale procedere alla creazione di programmi annuali di manteni-
mento completi, come delle opere più importanti di restauro e come dina-
mica di attuazione alla quale bisognava tendere progressivamente.
La peculiarità delle cattedrali determinò la necessità, alla fine degli anni ot-
tanta, di mettere in moto piani specifici che esponessero una strategia di
studio comune, che coordinassero gli interventi di restauro e permettesse-
ro il concorso delle iniziative di tutti i responsabili della loro protezione e
conservazione. I poteri pubblici decisero di delegare ai capitoli cattedrali il
compito di conservazione del monumento, reclamando dagli stessi un im-
pegno reciproco.
La risposta a quelle necessità fu il Piano Nazionale delle Cattedrali che inol-
tre pretendeva di affrontare altri problemi che si presentarono in quegli an-
ni, tra essi il forte incremento dell’inquinamento ambientale e certi cambia-
menti nella loro funzione dei complessi, generata dalla domanda di un tu-
rismo massiccio ed il loro utilizzo come spazi culturali. Queste nuove cir-
costanze venivano ad accrescere le disuguaglianze secolari nello stato di
conservazione dei novanta complessi delle cattedrali spagnole. Nonostante
fossero già state sottoposte ad interventi di restauro fin dall’inizio, presen-
tavano grandi differenze circa il proprio livello di conoscenza de parte de-

174
gli organi competenti e la disponibilità di risorse da dedicare al loro restau-
ro o mantenimento.
Con questi obiettivi una commissione delegata del Consiglio del Patrimonio
Storico, coordinata dall’Istituto del Patrimonio Storico Spagnolo, lavorò al-
l’inizio della decade degli anni novanta alla ricerca di soluzioni più duratu-
re per tutte le Cattedrali che, inoltre, si orchestrassero con criteri e metodo-
logie non solo più specifiche, ma anche comuni a tutte esse. Per ciò si de-
cise di dotare ognuna delle cattedrali spagnole di un Piano Direttivo.

Fasi del Piano Nazionale delle Cattedrali


Il Piano si divide in tre tappe: analisi sulla situazione attuale, realizzazione di
Piani Direttivi e canalizzazione degli investimenti.
4.1. L’analisi della situazione
In primo luogo si considera basilare realizzare un’analisi sulla situazione at-
tuale dell’insieme delle cattedrali nello Stato Spagnolo. Per ciò si elaborerà
una scheda di base sullo stato delle cattedrali che permetterà di certificare
le priorità nelle futuri interventi.
Si tratta di un questionario da compilare per le Comunità Autonome nel
quale si evidenzia brevemente la situazione attuale di ogni cattedrale nei
suoi aspetti basilari, come la diagnosi dei principali problemi osservati. Si
pone la sua elaborazione in una prima fase del Piano. Si otterrà in questo
modo un’informazione omogenea e completa della situazione reale che
permetterà di programmare i Piani Direttivi.

4.2. La realizzazione di Piani Direttivi


La seconda fase del Piano, è la realizzazione di Piani Direttivi, con la quale
si propone la conoscenza più profonda possibile della situazione attuale al
fine di potere stabilire dei programmi specifici indirizzati alla razionalizza-
zione di investimenti, alla creazione di sistemi ottimizzati di mantenimento,
a migliorare le possibilità dei servizi della cattedrale ed approfondire il lo-
ro studio, conoscenza e diffusione.

175
I Piani Direttivi consistono in uno studio il più minuzioso possibile sul monu-
mento, al fine di stabilire, per un periodo da otto a dieci anni, le possibili at-
tuazioni delle materie prima segnalate, interventi ed investimenti, manteni-
mento, studio e diffusione. Dovranno essere redatti da squadre interdiscipli-
nari, in modo che possano essere distinti in ognuna delle fasi. Concretamente,
nella fase previa può stabilirsi la convenienza dell’incarico ad un tecnico spe-
cializzato, oppure farlo realizzare direttamente dall’Amministrazione.
4.3. La canalizzazione degli investimenti
La terza linea di sviluppo del Piano, è la canalizzazione degli investimenti,
che si realizzerà fra lo Stato e le Comunità Autonome, in funzione delle pro-
grammazioni dei Piani Direttivi e secondo i corrispondenti accordi stipulati
con le istituzioni competenti.

I Piani Direttivi delle Cattedrali


Sono documenti che permettono di razionalizzare gli interventi e gli inve-
stimenti, da applicare alle Cattedrali per la loro conservazione e per dar lo-
ro la necessaria continuità. Perciò vi è l’obbligo di ampliare ed approfondi-
re la loro conoscenza, fare una diagnosi delle patologie del tempio e dei
beni culturali in esso contenuti, riflettere sul come e sul perché di quegli in-
terventi, garantirne il mantenimento e diffonderne, tanto la documentazio-
ne, quando le perizie effettuate per renderli attuabili.
I Piani Direttivi si trasformano così nello strumento basilare che permette di
compiere a medio termine buona parte degli obiettivi del Piano delle cat-
tedrali. Così si possono riconoscere tutte le iniziative delle varie istituzioni
che condividono la responsabilità del compito della sua conservazione. In
effetti, la necessità ed utilità di dotarle di un Piano Direttivo è riconosciuta
come priorità negli accordi per lo sviluppo del Piano Nazionale delle
Cattedrali, insieme ai quali si evidenzia l’esigenza che opere di restauro si
eseguano seguendo le proposte che in esso vengono descritte.
I Piani Direttivi sono, pertanto, documenti ambiziosi e la loro apparente in-
flessibilità rimane salda tanto nelle prescrizioni tecniche, con cui si esegue
la sua redazione – perfettamente adattabili alle peculiarità di ogni cattedra-
le ed alle sue necessità specifiche –, come nella propria natura dei suoi
contenuti, sempre aperti a qualunque tipo di discussione, riflessione o sug-
gerimento. Sono i Piani Direttivi quelli che si adattano ad ogni insieme di
cattedrali e, in essi possono convergere tutte le iniziative, siano pubbliche
o private, che abbiano per oggetto la sua migliore conservazione, promo-
zione e diffusione culturale. Per la redazione di ognuno di essi si riunisce
un’ampia serie di professionisti, architetti, storiografi e restauratori, che si
costituiscono in una squadra che affronta il compito redazionale, nella pro-
spettiva integrale che le cattedrali richiedono.
In quest’ottica, condiviso tra i responsabili del patrimonio, e già da alcuni
anni, si cominciò a dotare ciascuna delle novanta cattedrali spagnole di un
Piano Direttivo. Molti – in concreto, il 25% – sono stati finanziati o cofinan-
ziati per conto del Ministero della Cultura insieme alle Comunità Autonome
ed ai Capitoli cattedrali. Nel caso delle magnifiche cattedrali della Comunità
di Castilla e León, fu la propria Amministrazione Autonoma che si fece cari-
co della sua realizzazione.

Programma di investimenti
L’obiettivo del Piano Nazionale delle Cattedrali è doppio, da una parte si

176
tratta di stabilire i meccanismi che facilitino un trattamento razionalizzato ed
omogeneo su detto patrimonio, mettendolo a disposizione degli organismi
incaricati di proteggere la sua conservazione.
D’altra parte, la sua finalità è garantire la tutela di tutte le cattedrali.
Ciò si materializza in un impegno di investimento a medio termine, in accor-
do coi programmi stabiliti nei Piani Direttivi.
Le Comunità Autonome, responsabili in ultimo termine delle Cattedrali situa-
te nel loro territorio, ed i Capitoli Cattedrali, ricevono un forte appoggio nel-
lo sforzo di conservazione dei loro complessi, tramite un Programma spe-
cifico di investimenti, appartenente al Ministero di Fomento, a carico del 1%
culturale. Allo stesso modo, le Cattedrali sono comprese come attività prio-
ritaria nella normativa su mecenatismo, e sono già stati numerosi gli apporti
finanziari di enti privati. Non in vano il Piano Nazionale delle Cattedrali svol-
ge anche un compito di sensibilizzazione della società, in generale, che co-
mincia a dare i suoi frutti.
La convergenza di fonti di finanziamento: Comunità Autonome, Chiesa, me-
cenatismo privato, 1% culturale e Ministero della Cultura, dimostra la capa-
cità del Piano Nazionale delle Cattedrali di riassumere gli impegni economi-
ci di tutte le amministrazioni ed istituzioni responsabili della sua conserva-
zione, oltre alla sua già provata efficacia riguardo le prioritarie questioni di
indole tecnica e scientifica. Da quest’ultima prospettiva bisogna ricordare,
d’altra parte, che il flusso di investimento nelle cattedrali deve adattarsi al
ritmo, generalmente tranquillo, che richiedono gli interventi quando l’aspi-
razione è garantire la sua idoneità.

177
TURCHIA
Dal Gran Palazzo degli Imperatori Bizantini al Parco
Storico Urbano di Sultanahmet ad Istanbul:
l’itinerario monumentale del porto palatino
del Boukoleon
Eugenia Bolognesi Recchi Franceschini

I l progetto attuale è stato concepito sulla base delle ricerche cui


l’Associazione Palatina Istanbul ha dato inizio nel 1992 ed ha proseguito
sotto gli auspici del Ministero degli Affari Esteri, e dell’Università di Oxford;
e della fondazione Fiat-Koç e del Walker Trust. Ha luogo nei distretti istan-
bulioti di Sultanhmet, Can Kurtaran, Küçük Aya Sofya, lungo le pendici
Associazione Palatina Istanbul

dell’Ippodromo (l’At Meydan), tra la Moschea Blu, Küçük Aya Sofya (la chie-
sa di SS. Sergio e Bacco), e il Mare di Marmara. Dalla iniziale ricognizione
del Gran Palazzo degli Imperatori Bizantini e dell’area circostante, che ha
Agenzia di territorio UNESCO

dato luogo all’identificazione di una serie di monumenti e di siti Bizantini e


Ottomani nel cuore della Penisola Storica, è nata la proposta di Parco
Storico-Urbano di Sultanahmet, il cui primo obiettivo sia la realizzazione
dell’itinerario monumentale del porto palatino del Boukoleon.
Il progetto di parco, e di itinerario monumentale ad esso collegato, mira a
rappresentare un exemplum per la razionale e sistematica organizzazione
dei suoi elementi in un’area museografica, che coinvolga in questo caso la
città di Istanbul, da un punto di vista sia urbanistico che storico. Va inoltre
compreso all’interno di un più vasto progetto Unesco per la Salvaguardia
dell’Identità Culturale di Sultanahmet, proposto dall’Associazione Palatina
Istanbul quale Agenzia Unesco sul territorio. Tale progetto mira a supportare
lo sviluppo di un piano di gestione per la città di Istanbul nei prossimi due
anni, come fortemente richiesto dal Centro per il Patrimonio Mondiale, affin-
ché Istanbul non venga posta sulla lista del Patrimonio Mondiale in Pericolo.
La complessità della storia, archeologia e architettura presenti nell’area – do-
ve l’alternanza di due civiltà impone stretto rispetto delle rispettive aree di
influenza, ma anche l’esaltazione di entrambe quando queste appaiono
strettamente correlate – richiede un progetto museale altrettanto comples-
so. La ricomposizione del tessuto urbano odierno deve integrarsi nel tessu-
to antico, quale venga suggerito dalla cartografia delle epoche precedenti.
Alcuni dei complessi di edifici identificati come punti focali dell’area nelle
sue diverse fasi storiche verranno non solo restaurati ma riutilizzati per un
miglior apprezzamento del territorio.

Associazione Palatina Istanbul


Roma
Corso d’Italia, 29
00198 Roma, Italia
Tel - Fax + 39 06 85 53 794

Istanbul
Cumhuriyet Caddesi No. 8 Kat: 5
80200 Istanbul, Turkey
Fax + 90 212 241 58 17
analista@tiscali.it

178
Gli strumenti essenziali di questa ricomposizione e riutilizzazione del tessu-
to urbano saranno gli itinerari, posti a collegare tra loro i monumenti di mag-
giore importanza, nel rispetto di tutte le fasi della loro storia. Questi itinera-
ri saranno di due diversi tipi: i primi, attraverso la storia della città, comin-
ciano dal periodo ottomano e procedono indietro nel tempo fino ai primi
secoli di Bisanzio; i secondi, attraverso le diverse fasi di sviluppo del com-
plesso palatino degli Imperatori di Bisanzio, seguono la via effettivamente
percorsa dagli imperatori per raggiungere l’Ippodromo dal porto del
Boukoleon.

L’Itinerario Monumentale del Porto del Boukoleon, nella piena considerazio-


ne delle diverse fasi storiche attraversate nei secoli, porrà in particolare evi-
denza il fondamentale settore delle mura marittime, dove entrambi gli itine-
rari si incontrano sul Mare di Marmara. L’area del Boukoleon, porto del Gran
Palazzo degli Imperatori Bizantini, cruciale per l’intero complesso palatino,
con i suoi successivi sviluppi in epoca Ottomana, è l’ideale punto di par-
tenza del progetto.

A seguito dei protocolli di co-operazione, in ordine di tempo, con


l’Università Tecnica di Istanbul, Centro di Ricerca per la Pianificazione Urbana
e Ambientale; con l’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti e Pescara;
con il CNR-ISTEC di Faenza; con il Ministero Italiano per i Beni e Attività
Culturali, Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione,
il progetto è ora inserito all’interno dell’Accordo Bi-Laterale tra Italia e Turchia.
Al progetto collaborano inoltre l’ICCROM; i Dipartimenti di Restauro della
Facoltà di Architettura dell’Università Tecnica di Istanbul e di Yeditepe, e il
Dipartimento di Studi Geologici dell’Università Tecnica di Yilouz.

179
Introduzione Storica:

A) L’Area Generale del Parco Storico-Urbano di Sultanahmet: dal Gran


Palazzo degli Imperatori Bizantini e dal Monastero di Hormizdas, ai pa-
lazzi della nobiltà Ottomana e alle moschee di Sultanahmet e di
Sokollu Mehmet Paşa.
La storia di questa parte della città risale all’inizio del III secolo, quando
Settimio Severo costruì l’Ippodromo (l’attuale At Meydan), ricostruito da
Costantino il Grande nella prima metà del IV secolo. A quel tempo il
Palazzo Imperiale venne fondato da Costantino accanto all’Ippodromo, su
due terrazze maggiori, all’incirca dove si trovano oggi la Moschea Blu e il
Museo dei Mosaici a 32 e 26 m s.l.m. Un’idea generale della disposizione
degli spazi si può ottenere dal confronto con il Palatino di Roma, ricono-
sciuto modello del Palazzo di Costantinopoli. Nella prima metà del VI se-
colo la Casa di Hormizdas venne annessa al Gran Palazzo e divenne il suo
settore meridionale. Era l’antica residenza di Giustiniano prima della sua in-
coronazione ad augustus. Si ergeva presso il Porto che portava lo stesso
nome, sotto la Curva dell’Ippodromo, dove oggi ancora si trova la chiesa di
SS. Sergio e Bacco, Moschea di Küçük Aya Sofya. La Casa di Hormizdas ven-
ne annessa al Palazzo Imperiale dopo il 527. Il settore della residenza al li-
vello del mare divenne invece un Monastero Monofisita dal 536, e venne se-
parato dal Palazzo. Nei secoli seguenti l’area meridionale del complesso
palatino, tra la curva dell’Ippodromo e il Mare di Marmara, divenne il cen-
tro vitale dell’intero Palazzo. Le terrazze costantiniane maggiori identificaro-
no allora il Palazzo Superiore; le terrazze meridionali di Giustiniano il
Palazzo Inferiore.
Dopo la conquista turca, quando tra il 1465 e il 1470 il Sultano fece avviare
i lavori al Palazzo di Topkapi, sul promontorio tra il Bosforo, il Mare di
Marmara e il Corno d’Oro, a nord-est dell’antico complesso degli imperato-
ri bizantini, la nobiltà fece costruire molti palazzi sull’area dell’antico Gran
Palazzo. Le più note fra queste residenze sono il Palazzo di Güzel Ahmet
Paşa, attribuito a Sinan, e i Palazzi di Semiz Ahmet Paşa e Sokollu Mehmet
Paşa, Gran Vizir di Murat III (1574-95). I palazzi vennero costruiti vicino
all’Ippodromo. Il palazzo di Güzel Ahmet Paşa in particolare, si ergeva di
fronte a Üçler Mescidi (c. 1551), nello stesso luogo della precedente nama-
sgah (c. 1516). Scendendo lungo il pendio, nell’area più vicina alle Mura
Marittime, ai limiti occidentali della Terrazza Maggiore del Palazzo Inferiore,
subito dopo la Conquista venne costruita la Külliye di Kapı Ağası Mahmut
Ağa (1553), menzionata nella lista dei lavori di Sinan. Sopravvivono tuttora
la Moschea e una piccola parte del mehteb (la Scuola Primaria), con la pic-
cola fontana nelle vicinanze.
Nel 1571, il Gran Vizir Sokollu Mehmet Paşa e sua moglie Esmahan Sultan,
seconda figlia del Sultano Selim II, fondarono il complesso devozionale ai
limiti sud-occidentali dell’area vicina alla chiesa di SS. Sergio e Bacco, tra-
sformata nella Moschea di Küçük Aya Sofya. Vicino alla Moschea venne co-
stituita una medrese (Scuola Coranica) e una tekkè (confraternita religiosa).
Infine, in luogo dei palazzi sul lato occidentale dell’Ippodromo, venne co-
struita la Moschea Blu, uno dei capolavori di Sinan, tra il 1609 e il 1617.
Questo è oggi uno dei simboli più noti della città di Istanbul e definisce il
limite settentrionale della nostra area.

180
B) L’Area Monumentale del Porto del Boukoleon
Boukoleon fu il nome dato dopo il nono secolo al Porto del Palazzo
Imperiale di Costantinopoli ed al settore del complesso palatino costruito
sulle mura marittime. Il nome derivava probabilmente dal gruppo statuario
di un bue che lottava contro un leone. Questo era posto all’entrata del
Porto, all’incirca dove corre oggi Sahil Yolu (la Via della Spiaggia), presso la
porta nelle mura marittime che conduce alla Moschea Blu.
L’accesso dal Palazzo al mare era la Scalinata Monumentale di Attracco che
ancora si può osservare ad ovest della cosiddetta Casa di Giustiniano, oggi
riconoscibile nella Loggia poggiata sulle mura con le sue larghe finestre.
L’area del Boukoleon divenne parte del Palazzo nel sesto secolo, quando
Giustiniano (527-65) collegò la sua dimora di Hormizdas vicino al mare con
il Palazzo Imperiale sulla collina a fianco dell’Ippodromo. A quel tempo
l’area costruita era ad ovest della Scalinata d’Attracco, sopra gli archi nelle
mura marittime che sono oggi nel cortile del Circolo Sportivo di Küçük Aya
Sofya (San Sergio e Bacco), su un lato di Nakilbent Caddesi. A quest’area
conducevano le strutture parallele in muratura che ancora sopravvivono ad
ovest della Scalinata.
Nei secoli seguenti il settore principale del Palazzo Imperiale fu trasferito
dagli edifici vicini all’Ippodromo agli edifici vicini al Porto. I resti del Palazzo
sulle mura marittime ad est della Scalinata Monumentale di Attracco appar-
tengono a questo periodo. La cosiddetta Casa di Giustiniano era la Loggia
di un padiglione marittimo, che venne costruito in due fasi. Venne probabi-
lente fondato da Teofilo (827-842) ed ingrandito da Costantino VII (913-
959). La Torre del Faro conclude ad est il complesso del Porto Palatino.
Sull’altro lato della ferrovia, verso nord, sopravvivono infine alcuni edifici di
estremo interesse, un tempo connessi dal muro di cinta che correva verso la
Torre del Faro del porto del Boukoleon. La nominata moschea di Kapı Ağası
Mahmut Ağa, uno degli edifici segnalati di Sinan, datata a.1553, si erge pen-
siamo sul basamento della chiesa di S. Giovanni Teologo, costruita da Basilio
I (867-886). Il muro di cinta verso la Torre del Faro potrebbe identificarsi nel
“passaggio aperto”, costruito anch’esso da Basilio I., che univa al porto. La
terrazza del crisotriclinio, dove si affaciava la sala del trono del Palazzo
Medio-Bizantino, la sala d’oro, ottagonale grandiosa come S.S. Sergio e
Baceo, o come San Vitale.
I resti di queste strutture vennero poi inclusi nel castello fortificato costruito
all’interno dell’area palatina da Niceforo Foca (963-69), tra l’Ippodromo e il
porto del Boukoleon. Questo rimase l’ultimo nucleo vitale del Palazzo, an-
cora in uso quale residenza degli imperatori Latini di Costantinopoli (1204-
68), noto allora come Palazzo del Boukoleon. Fu definitivamente abbando-
nato dai Paleologi, che presero residenza al Palazzo delle Blacherne. Alla
metà del sedicesimo secolo, Sinan poteva costruire il complesso di Kapı
Ağası Mahmut Ağa sulle sostrutture del Gran Palazzo.

181
Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è stato istituito nel 1969,
precedendo in tal modo di un anno la Convenzione UNESCO di Parigi del
1970, con la quale si invitavano tra l’altro gli Stati Membri ad adottare le op-
portune misure per impedire l’acquisizione di beni illecitamente esportati e
favorire il recupero di quelli trafugati, nonché a istituire uno specifico servi-
zio a ciò finalizzato.
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

Il Comando, inserito funzionalmente nell’ambito del Ministero per i Beni e le


Attività Culturali, svolge compiti concernenti la sicurezza e la salvaguardia del
patrimonio culturale nazionale, attraverso la prevenzione e la repressione
delle connesse, molteplici attività delittuose.
Il particolare settore di tutela è un comparto di specialità che è stato affida-
to all’Arma con Decreto del Ministero dell’Interno del 12 febbraio 1992; con
successivo decreto del 28 aprile 2006, il medesimo Dicastero ha conferma-
to il ruolo di preminenza attribuito all’Arma, con ciò individuando il
Comando CC T.P.C. quale polo di gravitazione informativa e di analisi a favo-
re di tutte le Forze di Polizia.
Il Comando è composto da circa 300 militari che hanno una preparazione
specializzata acquisita attraverso la frequenza di appositi corsi in “Tutela del
Patrimonio Culturale”, organizzati periodicamente dal Ministero per i Beni e
le Attività Culturali.
L’attuale articolazione prevede a livello centrale un Ufficio Comando, orga-
no di staff, un Reparto Operativo per le indagini di polizia giudiziaria (a sua
volta suddiviso nelle sezioni Antiquariato, Archeologia, Falsificazione e
Arte Contemporanea) e a livello territoriale in 12 nuclei con competenza
CCTPC

regionale o interregionale, ubicati a Bari, Bologna, Cosenza, Firenze, Genova,


Monza, Napoli, Palermo, Sassari, Torino, Venezia ed Ancona.

Reparto Indirizzo Telefono/Fax e-mail Competenze


territoriali

Comando CC Roma Tel.06.6920301 tpc@carabinieri.it


TPC Roma Piazza di Fax 06.69203069
Sant’Ignazio, 152

Reparto CC TPC Roma, Tel.06.585631 tpcro@carabinieri.it Lazio


Roma Via Anicia, 24 Fax 06.58563200 Abruzzo

Nucleo CC TPC Torino, Tel.011.5215636 tpctonu@carabinieri.it Piemonte


Torino Via XX Settembre, 88 Fax 011.5170000 Valle D’Aosta

Nucleo CC TPC Monza, Tel.039.2303997 tpcmznu@carabinieri.it Lombardia


Monza Via Brianza, 2 Fax 039.2304606

Nucleo CC TPC Venezia Tel.041.5222054 tpcvenu@carabinieri.it Veneto


Venezia P.zza S. Marco, 63 Fax 041.5222475 Trentino A.A.
F.V.Giulia

Nucleo CC TPC Genova, Tel.010.5955488 tpcgenu@carabinieri.it Liguria


Genova Via S. Chiara, 8 Fax 010.5954841

Comandante Nucleo CC TPC Bologna, Tel.051.261385 tpcbonu@carabinieri.it Emilia


Gen. Giovanni Nistri Bologna Via Castiglione, 7 Fax 051.230961 Romagna
Piazza Sant’Ignazio, 152
00186 Roma Nucleo CC TPC Ancona, Tel.071/201322 tpcannu@carabinieri.it Marche
Tel. 06 6920301
Fax 06 69203069 Ancon Via Pio II Fax 071/2076959
www.carabinieri.it Pal. Bonarelli
tcp@carabinieri.it

182
Nucleo CC TPC Firenze, Tel.055.295330 tpcfinu@carabinieri.it Toscana
Firenze Via Romana, 37/a Fax.055.295359 Umbria

Nucleo CC TPC Napoli, Tel.081.5568291 tpcnanu@carabinieri.it Campania


Napoli Via Tito Angelici, 20 Fax.081.5784274

Nucleo CC TPC Bari, Tel.080.5213038 tpcbanu@carabinieri.it Puglia


Bari P.zza Federico II, 2 Fax.080.5218244 Molise
Basilicata

Nucleo CC TPC Cosenza, Tel.0984.795548 tpccsnu@carabinieri.it Calabria


Cosenza Via Colletriglio, 4 Fax.0984.784161

Nucleo CC TPC Palermo, Tel.091.422825 tpcpanu@carabinieri.it Sicilia


Palermo C.so Calatafimi, 213 Fax.091.422452

Nucleo CC TPC Sassari, Tel.079.3961005 tpcssnu@carabinieri.it Sardegna


Sassari Strada Prov.le La Fax.079.395654
Crucca, 3

Il Comando CC TPC espleta i suoi compiti per la protezione e la salvaguar-


dia del patrimonio culturale attraverso la predisposizione di peculiari attivi-
tà preventive e repressive. Le stesse possono riassumersi in:
- prevenzione dei reati contro il patrimonio culturale;
- attività investigativa specialistica;
- recupero di beni culturali e oggetti d’arte;
- gestione della Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti (art.85
D.Lgs. 42/2004);
- consulenza specialistica a favore del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali e dei suoi organi territoriali.

L’attività operativa consiste principalmente nel:


- individuare i responsabili dei reati concernenti beni culturali (principal-
mente furti, ricettazioni, scavi archeologici illegali, falsificazioni) e defe-
rirli all’Autorità Giudiziaria;
- recuperare i beni culturali sottratti o esportati illecitamente dal territorio
nazionale, estendendone le ricerche anche all’estero, nei limiti stabiliti
dalle differenti convenzioni e nell’ambito della cooperazione giudiziaria
tra gli Stati, attraverso i Ministeri degli Affari Esteri e della Giustizia, non-
ché attraverso l’INTERPOL, con le Forze di Polizia delle altre Nazioni;
- collaborare nella repressione di violazioni alle norme di tutela paesaggistica;
- effettuare controlli in occasione di mostre, mercati d’antiquariato, sui ca-
taloghi delle più importanti case d’asta, anche on-line, nonché presso an-
tiquari, nei laboratori dei restauratori e degli altri operatori del settore;
- svolgere servizi finalizzati alla prevenzione dei reati in aree archeologiche
particolarmente sensibili, anche in cooperazione con il Raggruppamento
Elicotteri, le pattuglie a cavallo ed altri mezzi dell’Arma dei Carabinieri.
Il Comando CC TPC conduce attività all’estero, non solo nell’ambito della
cooperazione internazionale di polizia, ma anche per:
- supporto specialistico a operazioni di Peace-Keeping, come in Iraq dal
2003 al 2006;
- attività di formazione di operatori di polizia e delle dogane di Stati che lo
richiedano;
- consulenza al Ministero per i Beni e le Attività Culturali per le attività volte
alla restituzione di reperti archeologici appartenenti al patrimonio naziona-
le ed esposti in Musei e collezioni private stranieri.

183
Sin dagli anni ’80, il Comando si avvale di un potente strumento di ausilio al-
le indagini di polizia giudiziaria: la “Banca Dati dei beni culturali illecita-
mente sottratti”, prevista da ultimo dall’art. 85 del Decreto Legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, che contiene informazioni sui beni da ricercare di pro-
venienza sia italiana sia estera ed informazioni circa gli eventi delittuosi col-
legati: in essa sono informatizzati oltre 118.000 eventi, oltre 2.870.000 ogget-
ti, con oltre 318.000 immagini.
Essa costituisce, grazie anche all’utilizzo di sofisticata tecnologia informati-
ca, punto di riferimento per tutta l’Arma e per le altre Forze di Polizia italia-
ne ed estere e consente, tra l’altro, di compiere una attenta analisi del feno-
meno “furti delle opere d’arte”, così come di altre tipologie delittuose, for-
nendo indicazioni specifiche idonee ad indirizzare con maggiore precisio-
ne l’attività preventiva e investigativa dei vari reparti.
La stessa, alimentata giornalmente:
- è strutturata in moduli che consentono da un lato, l’inserimento e la ricer-
ca di eventi, persone, oggetti e le loro relazioni, dall’altro l’elaborazione
di statistiche;
- impostata su interfaccia WEB e supporto multilingua, consente modalità
di ricerca visuale e capacità di georeferenziazione degli eventi;
- interagisce in tempo reale con palmari e personal computer portatili, age-
volando la redazione di rapporti/schede sul luogo dell’intervento e la
consultazione e l’alimentazione diretta.
Per quanto attiene specificatamente alla funzione di comparazione delle
immagini, un software di indicizzazione le analizza assegnando loro un’“im-
pronta” sulla base di definite informazioni, quali il colore, il contrasto, la for-
ma e la trama.
Relativamente alla georeferenziazione degli eventi, un apposito programma
consente:
il posizionamento delle entità sul territorio in base al collegamento tra dati
alfanumerici e geografici, nonché l’individuazione di zone a rischio e dei
percorsi legati alla criminalità;
la rappresentazione grafica di tutte le connessioni logiche tra le informzioni
censite, integrandole con dati locali e remoti attinti per fini investigativi e ta-
bulati telefonici (società italiane).
Tale efficace strumento consente altresì una concreta interoperabilità con le
altre Forze di Polizia e altri Istituti, quali le Soprintendenze e gli Uffici
Esportazione, che potranno a breve consultare alcuni campi del database e
pertanto usufruire di un più ampio e specifico servizio, e la Conferenza
Episcopale Italiana (CEI), che ha concesso un utilissimo accesso privilegia-
to al suo database informatizzato, a integrazione degli items inseriti nella
Banca Dati del Comando. Lo sviluppo dell’attività investigativa, l’abbatti-
mento delle barriere doganali nell’ambito dell’Unione Europea, nonché una
sempre maggiore facilità di movimento di persone e merci a livello transna-
zionale, ha suggerito al Comando di utilizzare le eccezionali potenzialità of-
ferte dalla rete Internet per diffondere in qualsiasi parte del mondo le infor-
mazioni relative ai beni culturali sottratti, così che da tempo vengono moni-
torati i principali siti di “e-commerce” dedicati ai beni culturali. La stessa re-
te è infine utilizzata per la diffusione di informazioni utili alla cittadinanza. Il
Comando cura la pubblicazione del bollettino “Arte in Ostaggio” contenen-
te le riproduzioni fotografiche dei più importanti beni da ricercare, correda-
te dei dati necessari per l’individuazione. Distribuito gratuitamente in Italia ed
all’estero, con la venticinquesima edizione ne è terminata la stampa, poiché,
a vantaggio di un più rapido e tempestivo aggiornamento, le medesime in-

184
formazioni sono ora facilmente consultabili on-line sul sito istituzionale
(www.carabinieri.it), raggiungibile anche attraverso il sito del Ministero per i
Beni e le Attività Culturali. Sul sito infatti è presente un ben strutturato moto-
re di ricerca attraverso il quale possono essere consultati circa 14.000 beni
culturali di valenza artistica tra beni archeologici, dipinti, sculture, oggetti
chiesastici, beni librari, estratti dalla Banca Dati del Comando.
Peraltro nello stesso database i cittadini possono accedere ad un cospicuo
elenco di immagini e di descrizioni di beni archeologici saccheggiati duran-
te i due conflitti bellici avvenuti negli ultimi anni in IRAQ, oltre che avvalersi
di “link” diretti sul sito UNESCO dedicato alle “Red list” di Paesi a rischio.
Per facilitare la consultazione di tali informazioni e favorire il recupero dei
beni culturali da ricercare, il data-base e le pagine web del Comando sono
in corso di duplicazione in lingua inglese, nonché è in atto una loro ulterio-
re implementazione per offrire al cittadino e alle associazioni di categoria la
possibilità di consultare un sempre maggior numero di beni culturali.
Nell’apposita sezione tematica del sito www.carabinieri.it (Beni d’interesse
culturale) sono disponibili “consigli” per orientare gli utenti che intendano av-
vicinarsi al mercato dell’arte (tra cui un “decalogo” contro gli incauti acquisti
di opere d’arte contemporanea, redatto con la collaborazione della Galleria
Nazionale d’Arte Moderna) o che subiscano furti di beni culturali.
Dal sito è inoltre possibile scaricare un modulo “Documento dell’opera d’ar-
te - Object ID” (vedasi foto) che peraltro può essere richiesto presso qualsia-
si comando dell’Arma. Compilando questa “scheda preventiva”, ciascuno
può costituirsi un archivio fotografico e descrittivo dei propri beni culturali,
determinante in caso di furto, poiché ne consente l’agevole informatizzazio-
ne nella Banca Dati, in modo da favorire la costante comparazione con quan-
to giornalmente sia oggetto di controllo. Un’opera rubata, infatti, se fotografa-
ta ed adeguatamente descritta, può essere recuperata più facilmente.
Inoltre, per evitare di acquistare un bene culturale trafugato, ovvero per co-
noscere l’eventuale illecita provenienza di uno posseduto, il cittadino può
richiedere al Comando o ai Nuclei dislocati sul territorio un controllo pres-
so la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti. In caso di riscon-
tro negativo il Comando rilascerà un’attestazione in cui è indicato che in
quel momento il bene controllato non risulta segnalato tra le opere da ricer-
care presenti in Banca Dati. Un eventuale esito positivo dell’accertamento
darà luogo ai dovuti riscontri di polizia giudiziaria.

Esempio di modello - “Documento dell’opera d’arte” - Object iD

185
N ell’ambito delle competenze del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
si colloca il servizio di call center atto a migliorare l’accesso alla fruizio-
ne del patrimonio culturale nazionale da parte dei cittadini italiani e stranie-
ri nonché dei turisti in visita nel nostro Paese, per fornire informazioni (in lin-
gua italiana, inglese e spagnola) inerenti le attività di pertinenza del
Ministero, su musei, mostre temporanee, archivi, biblioteche attraverso il
numero verde 800 99 11 99.
Il Servizio è interamente affidato alla Società Omnia Network*, che gestisce
le chiamate tramite il numero verde attivo tutti i giorni, compreso i festivi,
dalle 9 alle 19. L’operatore di front office, mediante la consultazione di
Banche Dati ed un costante collegamento al sito Internet del Ministero, è in
grado di fornire tutte le informazioni richieste, ivi comprese quelle relative
alla struttura organizzativa del Ministero ed alle competenze istituzionali
dello stesso.
L’operatore ha a disposizione anche un banca dati integrata curata dal per-
sonale di back office di Omnia Network contenente le informazioni relative
a manifestazioni, beni, musei, eventi di pertinenza non statale (comunali,
privati, etc.).
Nello specifico, il front office svolge:
un servizio di ricezione reclami da parte del Cittadino e di segnalazione
all’Amministrazione;
un servizio di supporto all’Ufficio Relazione con il Pubblico (URP);
Call Center

un servizio di supporto al Servizio II Comunicazione, promozione e


Marketing della direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la pro-
mozione.
un servizio di segnalazioni al Comando dei Carabinieri per la Tutela del
Patrimonio Culturale;
L’attività di back office consiste in:
attività di verifica e segnalazioni delle necessità di aggiornamento dei dati
presenti sul sito del Ministero dei Beni Culturali;
acquisizione di informazioni sulle iniziative culturali in essere su tutto il ter-
ritorio nazionale con partecipazione diretta o indiretta del Ministero;
acquisizione di informazioni al servizio del cittadino sui principali siti non sta-
tali mediante la creazione di un Data Base interno a favore del Front office;
diffusione di informazioni mirate nei confronti di soggetti terzi quali scuole,
università, organismi culturali secondo valutazioni di opportunità da parte
del Ministero. Tali informazioni sono fornite sul numero complessivo di
10.000 contatti annui.
A fronte delle suddette attività, vengono prodotti periodicamente report
statistici quantitativi e qualitativi, che consentono una continua analisi e mo-
nitoraggio dei servizi resi.
*Omnia Network s.p.a., gestore del servizio, è uno dei principali opera-
tori italiani nel settore della progettazione, realizzazione e gestione dei
servizi di outsourcing alle imprese.

Omnia Network S.p.A


Referente
Stefania Subinaghi
Via Cristoforo Colombo, 6
20094 Corsico (MI)
Tel. 335 7742381
Fax 02 784417333

186
ALEServizi S.p.A è una società a capitale pubblico partecipata dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Svolge servizi finalizzati alla conservazione, valorizzazione e fruizione dei
beni culturali per strutture centrali e periferiche del MiBAC.

Attiva dal 1999 ALES fornisce numerosi servizi all’interno di parchi, aree ar-
cheologiche, musei, aree espositive, edifici e giardini storici, biblioteche,
archivi e uffici nel Lazio e nella Campania.

Il costante intervento sul territorio da parte di personale qualificato e la par-


ticolare attenzione alla formazione continua dei lavoratori, ha permesso
ad ALES di imporsi come importante realtà nella progettazione e realizza-
zione di attività relative alla tutela e alla promozione dei beni culturali.

ALES - Arte Lavoro e Servizi S.p.A


ALES ha ottenuto la Certificazione di Qualità ISO 9001:2000 e l’attestazione
SOA per le categorie OG1, OG2, OS24.

Esperienze significative
- Manutenzione architettonica ordinaria degli edifici
- Manutenzione delle strutture archeologiche
- Manutenzione del verde
Supporto tecnico-amministrativo agli uffici del MiBAC
- Supporto al funzionamento di biblioteche ed archivi.
- Servizi per la gestione di musei ed aree archeologiche (sorveglianza, bi-
glietteria, accoglienza al pubblico)
- Attività di monitoraggio.

ALES S.p.A.
Via Cristoforo Colombo, 98
00147 Roma
Tel. 06 70450922
Fax 06 77591514

Via S. Brigida, 51
80133 Napoli
Tel. 081 7810701
Fax 081 5511518

Via Toledo, 153


80132 Napoli
Tel. 081 19562115
Fax 081 4206001
www.ales-spa.it

187
L a veloce evoluzione dei mezzi di comunicazione unita all’affermarsi di una
economia digitale hanno imposto nuove modalità di comunicazione, in-
terazione e lavoro, fondate sulla capacità di scambiare dati ed informazio-
ni in tempo reale con tutti gli attori coinvolti nella catena del valore.
Reply mette al servizio della Pubblica Amministrazione le proprie compe-
tenze sulle nuove tecnologie integrando sistemi multimediali ed interatti-
vi, progettando piattaforme applicative composte con “servizi configura-
bili” e abilitando tecnologie di comunicazione sempre più complesse e
differenziate.
Tra le più recenti attività sviluppate da da Reply in tali ambiti vi sono il pro-
getto Leonardo per il Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale e
l’attuale sviluppo del nuovo portale del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali.
Il Progetto Leonardo ha visto Reply lavorare con il Comando Generale
dell’Arma dei Carabinieri, in un processo di adeguamento tecnologico e
potenziamento del sistema informatico attualmente in uso presso il
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (CCTPC), per supportare i
processi di investigazione e di pianificazione degli interventi a salvaguardia
delle opere d’arte.
Il risultato è la realizzazione di un nuovo sistema informativo, “Leonardo”,
che introduce nuove tecnologie emergenti per consentire di interagire con
la banca dati in tempo reale attraverso apparecchiature di ultima generazio-
ne ed eseguire ricerche ed analisi su tutto il patrimonio informativo raccol-
to in oltre venti anni di attività.
La nuova piattaforma alla base del Progetto Leonardo è dotata di una inter-
Reply

faccia multilingue e rende accessibili funzionalità avanzate quali la gestione


documentale, la ricerca e l’analisi di tipo geografico e l’integrazione con un
prodotto leader di mercato per l’analisi di tipo investigativo.
Grazie al nuovo sistema informativo il personale dell’Arma, operativo sul ter-
ritorio, può interagire con la banca dati in tempo reale attraverso una appli-
cazione wireless e apparecchiature di ultima generazione, come palmari e
personal computer portatili.
Ciò consente, ad esempio durante una operazione di controllo, di avere a
disposizione direttamente sul posto tutte le informazioni utili all’attività
operativa, richiedendo eventualmente al sistema di verificare la lecita pro-
venienza dell’opera d’arte a partire da una foto, scattata sul momento con
apparecchiature digitali. Inoltre, dal luogo dell’intervento, l’operatore del
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale può compilare un verbale
su supporto elettronico e inviarlo al sistema centrale per successive opera-
zioni di verifi ca e analisi investigativa.
A livello centrale, ogni informazione inviata dal luogo dell’intervento da par-
te dei Carabinieri, o proveniente da segnalazioni di altre Forze di Polizia, è
sotto il controllo della Sezione Elaborazione Dati del Comando Carabinieri
Tutela Patrimonio Culturale.
Qui personale altamente specializzato, utilizzando un complesso software
di classificazione (basato su un database iconografico), cura l’inserimento di
ogni caratteristica peculiare del bene artistico di interesse, come ad esem-
www.reply.it pio la sua tipologia (dipinto, scultura, libro antico, ecc...), il soggetto raffigu-
rato, gli autori, i materiali e la tecnica di esecuzione. Tali informazioni vengo-
Corso Francia, 110
10143 Torino no ulteriormente arricchite attraverso la consultazione di banche dati ester-
Tel. 011 7711594
Fax 0117495416 ne, integrate nel sistema.
info@reply.it Il punto di forza del nuovo sistema si esprime nelle evolute capacità di ri-
www.reply.it
cerca, in grado non soltanto di verifi care e ritrovare termini lessicali utiliz-

188
zati per la descrizione dell’opera, ma anche di confrontare “immagini” o
porzioni di immagini sulla base delle sue caratteristiche grafi che, nonché
di utilizzare come chiavi di ricerca “concetti” contenuti nel contesto da ri-
cercare.
Il Portale Cultura Italia, principale punto di riferimento per la comunicazione
sul canale Internet in ambito di Beni Culturali, vede Reply impegnata come
il partner scelto dell’Amministrazione con la responsabilità tecnica e grafica
della soluzione.
Il portale, online a partire dalla fine del 2007, renderà disponibili contenuti
informativi ricercabili sia per area geografica sia per tematica: archeologia,
architettura e monumenti, arti visive, design, cinema e multimedia, musica,
spettacoli, tradizioni e folclore, cultura e scienze umane, cultura scientifica,
formazione e ricerca, biblioteche, letteratura, archivi, mostre e musei.
Tramite questo nuovo punto di contatto il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali renderà disponibile, ai citttadini, un gran numero di servizi tra cui:
accesso all’indice delle risorse in ambito dei Beni Culturali, forum tematici,
newsletter, piattaforma di e-commerce, indice dei monumenti.
Il portale, grazie alla ricchezza di informazioni contenute e alla facilità di na-
vigazione svolgerà inoltre un importante ruolo per la promozione turistica di
località di interesse culturale grazie alla possibilità di costruire “viste digita-
li” di percorsi ed itinerari personalizzati.

189
A ppartenente alla Finanziaria Fimag, a cui fanno capo le aziende del
Gruppo Guzzini (Teuco Guzzini, F.lli Guzzini), la iGuzzini illuminazio-
ne è nata nel 1958. Ha 17 agenzie commerciali in Italia, 11 filiali, in Germania,
Francia, Spagna, Regno Unito, Norvegia, Svizzera, Danimarca, Benelux, Cina,
Singapore, Hong Kong, e distributori esclusivi in tutti i paesi del mondo. Nel
1995 è stato creato il centro Studi e Ricerca la cui attività vuole contribuire
al dibattito culturale approfondendo molteplici aspetti della luce; sia quel-
li inerenti la sua natura di fenomeno fisico, sia quelli ancor più vasti e com-
plessi che sono alla base della percezione umana. La iGuzzini, azienda cer-
tificata ISO 9001, è oggi la prima azienda italiana del settore illuminotecni-
co e si colloca fra le prime 5 aziende europee. Il suo fatturato consolidato
del 2006 è stato di 197,3 milioni di euro. Il numero dei dipendenti è pari a
1.039 unità.

L’attività: progettare l’uso efficace della luce


iGuzzini illuminazione SpA

La missione de iGuzzini non è solo quella di produrre apparecchi di illumi-


nazione al massimo livello di qualità, ma anche di studiare, capire, far capi-
re la luce e renderne migliore l’integrazione con l’architettura, attraverso l’in-
dustrial design. Un’attività produttiva fondata, nel corso degli anni, su inve-
stimenti in ricerca, sull’innovazione tecnologico-produttiva, sulla collabora-
zione con prestigiosi designer ed architetti internazionali come Luigi
Massoni, Giò Ponti, Rodolfo Bonetto prima, Bruno Gecchelin, Renzo Piano,
Gae Aulenti, Piero Castiglioni, Lord Norman Foster, Massimiliano Fuksas poi.
Gli apparecchi iGuzzini trovano applicazione in vari settori: arredo urbano,
musei, spazi commerciali, alberghi. Nel mondo sono illuminati da apparec-
chi iGuzzini: il Beaubourg di Parigi, il Museo della Galleria Borghese e il nuo-
vo Palazzo delle Esposizioni a Roma, il Museo Egizio di Torino, il Tempio di
Luxor in Egitto, il Museo dell’Ermitage e la Chiesa della Resurrezione a San
Pietroburgo, il Museo de Bellas Artes a L’Havana, l’Oriental Arts Centre di
Shanghai, la nuova sede della National Assembly for Wales nel Galles, il
Centro Design della Mercedes di Stoccarda, la nuova sede della Triennale
Bovisa, di Milano. Nel 1997 la iGuzzini ha adottato, come prima azienda pri-
vata, il Museo della Galleria Borghese a Roma nel quadro della Convenzione
Veltroni-Fossa. La stessa procedura è stata utilizzata anche per il Beaubourg
di Parigi. Numerosi i premi assegnati all’azienda, dal Compasso d’Oro 1989
all’apparecchio Shuttle di Bruno Gecchelin, a quello del 1991 assegnato al
Gruppo Guzzini “per aver sviluppato nel tempo una filosofia progettuale e
produttiva di grande coerenza in cui la cultura del Design ha rappresentato
un comune denominatore ed un elemento di distinzione” al Compasso
d’Oro 1998 al prodotto Nuvola di Piano Design Workshop, fino al recentis-
simo Premio iF promosso dall’International Forum Design di Hannover, ai
prodotti Glim Cube (design Piero Castiglioni), i24 (design Piano Design) e
Radial (design Foster & Partners).
Nel 1998 la iGuzzini ha ricevuto il Premio Guggenheim quale riconoscimen-
to al suo costante impegno nel campo della cultura.
Contact | Italy

iGuzzini illuminazione SpA


Via Mariano Guzzini, 37
62019 Recanati (MC)
Italy
Tel. +39 071 758 81
Fax +39 071 758 82 95
Video +39 071 758 84 35
iguzzini@iguzzini.it
www.iguzzini.com

190
BBS Software ha realizzato il progetto Company TV, una innovativa televi-
sione d’attesa in grado di fornire informazioni TV on demand grazie all’uti-
lizzo di codici a barre.
Questa tecnologia, realizzata nell’ambito di un progetto di ricerca finanzia-
to dalla Regione Lombardia, permette ad Enti ed Aziende di fornire infor-
mazioni aggiuntive on demand a visitatori e clienti, in modo semplice, inte-
rattivo, immediato e multilingua.
Infatti grazie al codice a barre posizionato sulla documentazione cartacea
a corredo di un servizio o un prodotto, il sistema È in grado di fornire tut-
te le informazioni necessarie per approfondire i singoli argomenti. Grazie
ad un lettore ottico e ad una pulsantiera per la selezione della lingua, con
un semplice e facile testo, l’utente puo’ facilmente interrogare il palinse-
sto TV per approfondire gli argomenti di suo interesse con filmati, video,
immagini e testi animando la documentazione cartacea esposta. Turismo,
prodotti tipici e servizi sono i primi settori nei quali la tecnologia
Company TV è già stata applicata con successo in oltre 190 installazioni in
Italia e all’estero.
Nell’ambito dei beni culturali la tecnologia permette di costruire e divulga-
re palinsesti TV sui siti archeologici, musei, monumenti e rendere fruibili in
modo semplificato all’utente visitatore nella propria lingua di consultazione

BBS software Srl


tutte le informazioni disponibili sul luogo che si sta visitando e su quelle ad
esso collegate.
La forza della soluzione Company TV si manifesta nella realizzazione di cir-
cuiti culturali nei quali più Company TV vengono posizionate all’ingresso di
siti archeologici, musei e monumenti non solo per fornire informazioni sul
luogo che si sta vistando ma su tutta l’offerta museale dell’intero circuito, ac-
cattivando il visitatore con immagini e filmati forniti dalla Company TV.
La realizzazione di circuiti museali Company TV permette inoltre all’Ente di
recuperare risorse finanziarie da sponsor fortemente interessati a divulgare
la propria immagine attraverso questo nuovo e originale media, facilmente
personalizzabile in occasione di manifestazioni ed eventi.
L’utilizzo della tecnologia Company TV permette di ridurre la quantità di
carta stampata, riducendo il numero di pagine di guide e opuscoli, favoren-
do la fruizione dell’informazione via Company TV.
Il contenuto delle Company TV viene preconfezionato fornendo all’Ente
cliente una Company TV già riempita di contenuti nel palinsesto principale;
in automatico e in totale autonomia, l’utente può aggiornare semplicemen-
te i singoli contenuti decidendo di inviare i dati alla Company TV desidera-
ta attraverso una connessione internet ad un sistema di gestione dei conte-
nuti fornito col sistema.
Orari, servizi aggiuntivi, informazioni sempre aggiornate: tutto questo facil-
mente e in modo diretto può essere immesso dal gestore del museo. In au-
tomatico i dati inseriti si distribuiscono sulle Company Tv del circuito for-
nendo le informazioni aggiornate agli utenti.
Infine per rendere il palinsesto più accattivante ed interessante, la tecnolo-
gia Company TV viene fornita con Notizie Ansa aggiornate ogni ora e
Previsioni meteo aggiornate quotidianamente.

BBS software s.r.l.


Via del Bettolino, 3
25050 Paderno Franciacorta (BR)
www.bbsitalia.com
www.companytv.it

191
Il Patrimonio Culturale italiano, unico al mondo, è costituito da beni archeologici, architettonici, archivistici,
artistici e storici, librari e paesaggistici, nonché dalle diverse attività culturali promosse dallo spettacolo dal
vivo, con riferimento al cinema, al teatro, alla musica, alla danza, allo spettacolo viaggiante e alle tradizioni
popolari.
Il MiBAC, amministra e promuove la conoscenza di questo imponente patrimonio storico, artistico e
culturale di cui è custode con l’obiettivo di salvaguardarlo e valorizzarlo.
Alla Direzione per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, una delle novità della riforma del 2004, spetta
il compito nodale e impegnativo di attuare la modernizzazione dell’Amministrazione attraverso linee di
indirizzo e interventi operativi basati sulle più nuove e sofisticate tecnologie e su strategie di comunicazione
e marketing.
Nell’ambito di queste attività, la Direzione Generale partecipa annualmente, insieme a tutti gli Istituti centrali
e territoriali, ad una serie di manifestazioni fieristiche che sono un veicolo efficace per diffondere ad un
pubblico differenziato le attività ed i progetti più innovativi realizzati negli ultimi anni ed in corso d’opera.
Tali manifestazioni rappresentano anche un momento molto importante di incontro tra le realtà territoriali,
gli Enti locali, i settori delle imprese ed il privato.
Le fiere a cui partecipare vengono programmate in base alla tipologia delle attività istituzionali del MiBAC
– Tutela, Restauro, Comunicazione – e agli interessi di settore (Monumenti, Archivi, Biblioteche, Patrimonio
IL RESTAURO IN ITALIA
Storico-Artistico, Cinema, Teatro, Spettacoli, Paesaggio) che ogni anno si vogliono evidenziare.

Programmazione 2007
E OLTRE I CONFINI
22-25 Marzo FERRARA
Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali
21-25 Maggio ROMA
FORUM P.A. Forum della Pubblica Amministrazione
6-8 Novembre BOLOGNA
COM.PA Salone Europeo della Comunicazione Pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese
15-16 Novembre LUCCA
LU.BE.C. Digital Tecnology 2007
15-18 Novembre PAESTUM
X Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico
29 Nov-1 Dic. VENEZIA
XI Salone dei Beni e delle Attività Culturali

RESTAURA - III SALONE DEL RESTAURO


DEI BENI CULTURALI

XI SALONE DEI BENI E


Via del Collegio Romano, 27 DELLE ATTIVITÀ CULTURALI
00186 Roma

Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione


Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing
Venezia
Unità Organica I - Comunicazione, Grandi Eventi e Manifestazioni Fieristiche 29 Novembre - 1 Dicembre 2007
Tel. 06.6723.2851-2927 - Fax 06.6723.2538
eventi@beniculturali.it

URP - Ufficio Relazioni con il Pubblico


Tel. 06.6723.2980-2990 - Fax 06.6798.441
urp@beniculturali.it

www.beniculturali.it Direzione Generale per l’Innovazione


numero verde 800 99 11 99 Edizioni MP MIRABILIA srl Tecnologica e la Promozione

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