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«Riguardo invece alle cose umane, sostenevano concordemente che gli Egiziani,
per primi al mondo, scoprirono l’anno, avendo suddiviso le stagioni in dodici parti
per formarlo, scoperta che facevano risalire all’osservazione degli astri»
(Erodoto, Le Storie, Libro II, 4)
«La scienza antica è stata il frutto di pochi uomini: e questi pochi uomini non
furono Egiziani»
(O. Neugebauer,
The exact sciences in antiquity, Dover [1969], p. 91)
«E un sacerdote molto vecchio gli disse: “O Solone, Solone, voi Greci siete tutti
bambini, e non vi è tra voi alcuno che si possa definire un Greco antico”.
“Cosa intendi dire con ciò?”, chiese Solone. “Voi siete tutti giovani nell’intelletto”
venne la risposta: “né avete conoscenze radicate nelle tradizioni del passato, e nessu-
na conoscenza antica”. “ Questa è la ragione per cui le nostre tradizioni sono le più an-
tiche a essere ricordate”... “Ma nei nostri templi abbiamo conservato fin dai tempi più
antichi una registrazione scritta di ogni grande o splendido successo o di eventi note-
voli che sono giunti alle nostre orecchie sia che fossero avvenuti nella vostra parte del
mondo, o qui, o in altro luogo...».
«Riguardo invece alle cose umane, sostenevano concordemente che gli Egiziani,
per primi al mondo, scoprirono l’anno, avendo suddiviso le stagioni in dodici par-
ti per formarlo, scoperta che facevano risalire all’osservazione degli astri. A mio pa-
rere, il loro sistema di computo è più oculato di quello greco: i Greci, ogni due anni,
inseriscono un mese intercalare nel loro calendario a causa delle stagioni; gli Egizia-
ni invece calcolano dodici mesi di trenta giorni e aggiungono ogni anno cinque
giorni soprannumerari, e così il loro ciclo delle stagioni viene sempre a cadere nel-
le stesse date».
(Erodoto, Le Storie, Libro II, 4)
«Agli Egiziani risalgono le seguenti altre scoperte: a quale Dio appartengono cia-
scun mese e ciascun giorno, e, sulla base del giorno di nascita, quali eventi gli capite-
ranno, come terminerà la sua vita e quale personalità avrà; ...
Da soli hanno individuato effetti miracolosi più di tutti gli altri uomini messi as-
sieme; perché, dopo il verificarsi di un prodigio, osservano con attenzione l’avveni-
mento che ne consegue e lo registrano, sicché, quando poi si verifica qualcosa di si-
mile, ritengono che si ripeterà lo stesso avvenimento».
(Erodoto, Le Storie, Libro II, 82)
Cosmogonia ⇒ La creazione
non fu scoperto il fuoco. E non stupisce che il riapparire del sole fos-
se salutato con gioia, come preludio di una nuova vita risorta dalle te-
nebre e dalla morte della notte.
Il giorno è il regno dei viventi, la notte il regno dei morti. Nella cul-
tura egizia questa dicotomia è ulteriormente temperata dalla funzione
della morte come necessaria preparazione alla vita, un aspetto positivo
che gli antichi Egizi riconoscevano nella natura che li circondava.
Dunque l’aspetto tenebroso della notte viene giustificato da una fun-
zione positiva, di necessaria purificazione e di rigenerazione della vi-
ta, così che anche la notte diventa parte integrante di un ordine cosmi-
co essenzialmente benigno che gli dèi hanno predisposto fin dall’ini-
zio dei tempi.
Quattro grandi cicli segnano il tempo egizio:
- il ciclo cosmico della creazione del mondo e degli dèi;
- il ciclo annuale, determinato dall’inondazione e dal sorgere eliaco
di Sothis e approssimato dal calendario solare vago egizio;
- il ciclo diurno rappresentato dal sorgere, tramontare e risorgere
del Sole in un nuovo giorno, e finalmente
- il ciclo della vita umana che è visto come un parallelo dei cicli
precedenti che a loro volta proiettano sul ciclo umano le stesse finali-
tà di vita, morte e rigenerazione.
Eppure, l’origine del calendario civile egiziano può non essere stata di
natura astronomica, ma legata invece all’annuale inondazione della
valle del Nilo.
«Avrei molto desiderato che mi spiegassero per quale motivo il Nilo scorre in pie-
na per 100 giorni a cominciare dal solstizio d’estate, e poi, una volta vicino lo scade-
re di questo periodo, si ritira, abbassando il livello delle proprie acque, tanto da resta-
re in regime di magra per tutto l’inverno e fino al successivo solstizio d’estate; ma in
proposito non ho potuto apprendere nulla dagli Egiziani. Io chiedevo loro in base a
quale proprietà il Nilo abbia un regime contrario a quello degli altri fiumi».
(Erodoto, Le Storie, Libro II, 19)
«Non è qui il momento di tentare una descrizione della storia del calendario Egi-
zio. Il suo carattere fondamentalmente non-astronomico è sottolineato dal fatto che
l’anno è diviso in tre stagioni di quattro mesi ciascuna, di significato puramente agri-
colo».
(O. Neugebauer, The exact sciences in antiquity, Dover, p. 82)
«Il solo concetto astronomico apparente è il sorgere eliaco di Sirio che, comun-
que, ottiene la sua importanza solo dalla sua prossimità al tempo dell’inondazione,
l’evento principale nella vita d’Egitto».
(O. Neugebauer, The exact sciences in antiquity, Dover, p. 82)
Disegno da papiro funerario della procreazione della terza generazione degli dèi Elio-
politani. Shu, l’aria, solleva e sostiene Nut, il cielo, sopra il dio della terra, Geb.
vile egizio dopo 1460 anni solari medi, corrispondenti a 1461 anni
«vaghi» egiziani, completando quel grande ciclo a cui solitamente ci si
riferisce come «ciclo di Sothis».
In pratica ci ritroviamo con la dicotomia calendarica rappresentata
da un ciclo annuo basato sul sorgere eliaco di Sothis che rappresenta
in buona approssimazione l’anno solare tropico e un secondo ciclo an-
nuo, un calendario «legale» se vogliamo, basato su un anno «vago» di
soli 365 giorni. L’approssimazione di un ciclo astronomico che contie-
ne una frazione di giorno con una sequenza di giorni interi e possibili
giorni (o mesi) intercalari è una costante nella costruzione di ogni sca-
la di tempo calendarica opposta a una scala di tempo naturale, e la so-
luzione egizia, sia pure cruda in termini di accuratezza, aveva i suoi
vantaggi rispetto a soluzioni anche posteriori8, definendo una settima-
na di 10 giorni in un ciclo di 360 e aggiungendo a questi 5 giorni epa-
gomeni che rappresentavano elegantemente ed esattamente mezza set-
timana.
Non soffermandomi ulteriormente qui sull’aspetto tecnico della
questione, mi preme rimarcare l’aspetto dogmatico di questa conce-
zione. È ovvio che, con l’introduzione dell’osservazione del sorgere
eliaco di Sirio come determinazione astronomica dell’inizio dell’anno
civile egizio, l’errore non poteva più sfuggire9; pure il carattere dog-
matico-religioso dell’anno egizio lo legò così strettamente alla tradi-
L’ASTRONOMIA DEGLI EGIZI / 103
ni, più i cinque giorni che si decise di aggiungere a essi, alla loro fine.
E dunque da questo giorno, sarà aggiunto un giorno ogni quattro anni alla fe-
stività dei due Dèi Benefattori, e questo sarà aggiunto ai cinque giorni che sono
aggiunti prima della festività del Nuovo Anno.
E così avverrà che tutti gli uomini riconosceranno che il poco [tempo] che manca-
va nell’aggiustare le stagioni e l’anno, e le cose che [riguardano] le leggi della cono-
scenza delle strade del cielo, sono state ordinate e completate, per gli Dèi Benefatto-
ri».
(Testo del Decreto di Canopo,
traduzione del testo Egizio [Geroglifico])
«Inoltre, nei nostri calcoli dei moti celesti, impiegheremo gli anni Egiziani, che so-
no soli di identica durata fra gli anni legali. Poiché è necessario per la misura essere in
accordo con ciò che è misurato; ma ciò non si verifica con gli anni dei Romani, dei
Greci e dei Persiani, perché le intercalazioni non sono fatte seguendo una regola, ma
seguono i capricci dei popoli. Ma l’anno Egiziano non contiene alcuna ambiguità a ri-
guardo del numero costante di 365 giorni, suddivisi in dodici mesi uguali – che essi
identificano nell’ordine con questi nomi: Thoth, Phaophi, Athyr, Chiach, Tybi,
Mechyr, Phamenoth, Pharmutbi, Pachon, Pauni, Epiphi, e Meson – in cui, come dissi,
sei periodi di 60 giorni sono inclusi equamente insieme con i cinque giorni che resta-
no, che essi chiamano giorni intercalari. Per questa ragione gli anni Egiziani sono i più
convenienti per calcolare moti regolari. Ogni altro anno è facilmente riconducibile a
questi risolvendone i giorni».
(N. Copernico, De revolutionibus orbium coelestium,
libro III, fine)
Sole era una divinità buona, che agiva a favore dell’uomo. Il Sole in sé
stesso era Dio che dispensava vita all’Egitto: nel suo ciclo diurno ri-
peteva il ciclo senza fine della vita. L’alba era la nascita, le Creazione.
Il tramonto era la morte.
Durante la notte, e la sua stessa morte, il Sole attraversa, come tut-
ti gli esseri umani dopo la morte, le regioni della Duat, l’oltretomba.
La notte è il regno delle tenebre, ma attraverso il viaggio di purifica-
zione nell’oltretomba il Sole riprende le sue energie, pronto a risorge-
re a una nuova vita ogni mattina, sconfiggendo le forze del male rap-
presentate dal serpente primordiale Apep, il caos, e restaurando vita e
ordine sulla Terra.
La morte è necessaria alla rinascita, così come non vi è alba senza
tramonto. La morte è necessaria per purificare l’anima. E la ripetizio-
ne senza fine dei cicli del sole è la miglior garanzia della continuazio-
ne della vita nel tempo, nell’eternità.
La concezione cosmologica egizia è essenzialmente topocentrica,
con l’orizzonte14 sensibile che divide il mondo dei vivi, la valle del Ni-
lo, dal mondo dei morti, la Duat, al di sotto dell’orizzonte stesso. Men-
tre la vita è illuminata dal Sole, il viaggio nel regno della Duat è ne-
cessariamente illuminato solo dal cielo notturno, da Nut. È questa una
naturale conseguenza del fatto che anche il Sole cessa di svolgere la
sua funzione nel momento in cui entra nella Duat al tramonto a occi-
dente. Ed è a occidente che inizia il viaggio nella Duat, traghettando il
defunto attraverso il Nilo su una barca funeraria che è metaforicamen-
te la stessa barca che traghetta Ra nel suo viaggio notturno nella Duat
e che servirà allo stesso viaggio del defunto verso l’orizzonte orienta-
le e la promessa di una resurrezione:
Il Sole, il Dio, è il tempo in sé stesso. Il ciclo diurno del sole non è già
una misura del tempo: è il tempo.
In termini fisici, l’orologio è diventato il tempo stesso, lo strumen-
to è indistinguibile dalla quantità fisica che misura.
Il concetto di «fermare il Sole» per fermare il tempo e permettere
una vittoria ci è tramandato dalla tradizione biblica; lo stesso concetto
è presente nella scienza egizia17:
«Infatti, prima della creazione dei cieli, non vi furono né giorni né notti, né mesi
o anni, ma Egli li concepì e li fece esistere allo stesso tempo in cui i cieli furono
creati».
(Platone, Timeo, 7, 37)
«Ho udito dire, da una persona istruita, che il tempo è, di per sé, il moto del sole,
della luna e degli astri: e non assentii».
(Sant’Agostino,
Le Confessioni, Libro XI, 23)
«In principio, solo il caos esisteva, Nun, le acque primordiali. E da queste acque,
in modo non specificato, il Dio Sole fu creato. Egli fu creato mentre ancora non vi era
cielo, quando ancora non fu formato né rettile né serpente. Egli fu creato nella forma
108 / EDOARDO DETOMA
di Khepre, e non vi era nulla con lui nel luogo in cui era... aleggiante sulle acque di
Nun, ed egli non trovò luogo su cui potesse posarsi».
Shu Tefnut
Aria Vapore
Occhio di Ra (Hathor)
Fecondita'
Lacrime di Ra rmyt
Terra
Geb Cielo
Nut
Umanita' rmT
pera, l’occhio di Ra, più tardi simboleggiato da Hathor, la dea della fe-
condità ma anche della distruzione. Così l’uomo ha di nuovo un’origi-
ne anomala: certamente non discende direttamente dagli Dèi, ma è lo
stesso vicino al Creatore, perché nato dalle sue lacrime.
Da Shu e Tefnut, Geb e Nut sono generati la Terra e il Cielo, sepa-
rati da Shu, l’aria. Così i quattro elementi primordiali, aria, vapore, cie-
lo e terra, sono creati, componendo insieme al fuoco, il Dio Sole, la
concezione Egizia dell’Universo. I quattro pilastri del cielo, rappre-
sentati dalle braccia e dalle gambe di Nut, sorreggono il cielo alto so-
pra la Terra, separata da questa da Shu, l’aria.
Gli ultimi quattro Dèi dell’Enneade, i figli di Geb e di Nut, sono il
legame fra gli dèi primordiali della creazione e l’uomo, rappresentan-
do in sé l’essenza e l’esistenza dell’opposizione fra male e bene. Osi-
ride è il prototipo del faraone, che regna sopra la terra d’Egitto portan-
do felicità e prosperità a una terra che per gli Egizi era già benedetta
dagli dèi.
110 / EDOARDO DETOMA
Ma Osiride muore per mano di Set, come Abele muore per mano di
Caino, e la sua rinascita comincia nelle acque del Nilo dove Set ha get-
tato il suo corpo chiuso in un sarcofago. Iside ricomporrà il cadavere
smembrato del consorte garantendo al corpo umano in putrefazione
una risurrezione che non lo riconduce a questa vita, ma lo farà vivere
in eterno come sovrano di un altro mondo, così come sovrano era sta-
to della terra d’Egitto. La sconfitta di Set è per opera del figlio di Osi-
ride, Horus, che assicurerà per discendenza diretta un legame eterno
fra gli Dèi e le dinastie dei Faraoni.
Il male stesso è sconfitto, ma non cancellato, e il male continuerà a
esistere e a influenzare la vita umana, come una conseguenza naturale
degli eventi, così come l’Egitto è diviso in due terre, anche se gli Dèi
a volte si interrogano se sia giusto concedere a Set il dominio su una
parte della terra d’Egitto pari a quella su cui regna Horus.
«Geb, signore degli Dèi, comandò che si riunissero a lui i Nove Dei. Egli sedette
in giudizio fra Horus e Seth; egli pose fine al loro litigio. Egli fece Seth re dell’Alto
Egitto nella terra dell’Alto Egitto, che si estende fino al luogo dove nacque, che è Su.
E Geb fece Horus il re del Basso Egitto nella terra del Basso Egitto, che si estende fi-
no al luogo dove suo padre fu annegato, che è chiamato “Separazione-delle-due-Ter-
re”...
Poi sembrò ingiusto a Geb che la parte di Horus fosse simile alla parte di Seth. Co-
sì Geb dette a Horus la sua eredità, poiché egli è il figlio del suo primogenito».
(Teologia Menfita, dalla Stele di Shabaka,
Bm498, linee 7-9 e 10C
Testo da M. Lichteim, Ancient Egyptian Literature,
Vol. I, p. 52)
Il ciclo annuo
le acque del Nilo, ogni anno il fiume straripa inondando i campi egi-
ziani. E ogni anno il retrocedere delle acque segna la rinascita della ter-
ra d’Egitto, che germoglia di nuova vegetazione e raccolti copiosi.
Un ciclo di morte e rinascita così predicibile da diventare lo stru-
mento della misura del tempo della vita di ogni giorno, del contare le
stagioni e i mesi dell’anno, prima che un qualsivoglia evento astrono-
mico potesse essere identificato con il ciclo stesso.
Di nuovo, si ritiene che il ciclo annuo abbia inizialmente una base
agricola più che astronomica. Probabilmente all’inizio del terzo mil-
lennio l’inondazione viene associata al sorgere eliaco di Spd(t), la stel-
la che noi chiamiamo Sirio e i greci chiamarono Sothis. Straordinaria-
mente, per un puro caso, il periodo che intercorre fra due successive al-
be eliache di Sirio è tra i più stabili delle maggiori stelle visibili, va-
riando di meno di 1 ora nel corso di 100 anni alle latitudini egiziane22.
Questo fornisce un riferimento temporale molto stabile.
Ma in ciò dobbiamo chiaramente separare la nostra visione del fe-
nomeno da quella egizia. Il sorgere eliaco di Sirio non è un indicatore
temporale di un evento, l’inondazione, da esso non direttamente cau-
sato: per gli Egizi, molto probabilmente, era l’unione fisica di Sirio e
del Sole (di Iside e di Ra) al sorgere eliaco che generava l’inondazio-
ne. Ne era la causa prima.
Ho recentemente ritrovato una nota di carattere astronomico pub-
blicata da Nature nel novembre 1985, secondo la quale documenti me-
dioevali testimoniano di una variazione nel colore osservato di Sirio,
che era considerata nell’antichità come una stella rossa, così come ne
fa riferimento Claudio Tolomeo nell’Almagesto. Se la variazione di co-
lore non è solo di natura osservativa, ma implica una reale variazione
nel colore di Sirio-B, allora la conseguenza è che, se Sirio era più ros-
so nell’antichità, doveva essere anche più brillante, forse altrettanto
brillante di Venere23. E dunque lo spettacolo che avrebbe presentato a
un osservatore dell’epoca avrebbe dovuto essere veramente drammati-
co.
«Il cielo è gravido di vino24, Nut ha dato vita alla luce dell’alba sua figlia. Sorgi,
o Faraone! La mia compagna è Sothis, pura di sedi. Io mi sono immerso nei laghi
delle oranti al mattino, mi sono svestito25 nei laghi degli sciacalli»26
(Testi delle Piramidi, 1082-1083, Invocazione 504)27
112 / EDOARDO DETOMA
Il ciclo diurno
Ma ogni giorno, il sole stesso muore. Scompare a Ovest nella porta che
lo conduce nell’Oltretomba, negli abissi di Nun, a condurre la sua eter-
na battaglia nell’oltretomba contro il suo avversario, il serpente Apep.
Questa morte e battaglia continua è una necessità di purificazione e in-
sieme di rigenerazione, così come per l’uomo la morte è una necessità
e, come tale, parte della vita.
Poiché la Terra è circondata dalle acque di Nun, al Sole occorre una
barca per il suo viaggio nell’Oltretomba, quella stessa barca in cui ogni
Egiziano attraverserà il Nilo diretto a Ovest nel suo viaggio finale ver-
so l’eternità.
Attraverso il suo viaggio notturno28, Ra passa attraverso 12 porte,
che rappresentano le 12 ore della notte, ciascuna ben identificata sul
corpo di Nut esteso fra la Terra e il Nulla. E nella sesta ora della notte,
la più’ buia, Ra, il Creatore, il Dio che non può morire perché mai è
stato creato, si presenta al giudizio finale davanti a Osiride, come ogni
uomo dopo la morte. E solo dopo aver superato il giudizio e ricevuto
la necessaria purificazione dalle acque di Nun, può ristabilire le pro-
prie energie vitali, ringiovanire e risorgere nello splendore di un nuo-
vo giorno. Risurrezione e rinascita: Aton, il disco solare, inghiottito da
Nut, la scrofa che mangia i suoi maialini, esce come Khepera dalla va-
gina di Nut, ricreando l’eterno ciclo della vita e ascendendo al cielo in
piena gloria come Ra, il dispensatore della vita.
Ogni giorno il ciclo si ripete, riconfermando l’immutabile certezza
in ogni Egiziano, che è testimone lui stesso ogni giorno del sorgere del
Sole all’orizzonte orientale. È così manifesta la benevolenza degli Dèi
all’intera terra d’Egitto, che ogni anno la stessa rinascita si applica al-
l’intera Valle del Nilo. Sommersa dalle acque, così come all’inizio del-
la Creazione ogni cosa era, dominata dal caos di Nun, la montagna pri-
mordiale risorge nuovamente dalle acque come nella nascita di Geb e
di Nut. E dalla terra, la vita germoglia ogni anno con meravigliosa ric-
chezza e fecondità.
Poi, come un ulteriore segno della benevolenza degli Dèi, per anti-
cipare la certezza dell’Inondazione e della fecondazione della Terra,
una stella, la più brillante del cielo, sorgerà all’orizzonte orientale un
attimo prima dell’apparire del Sole per congiungersi con lui nel primo
L’ASTRONOMIA DEGLI EGIZI / 113
Ra Ciclo diurno
Atum
Ra-Horachti Inondazione Acqua
Geb
Morte Acqua Tramonto Alba Sorgere eliaco NUN,
di Sothis Nascita creazione
Purificazione Khepera
Khepera
Giudizio
Orione
70 giorni di
Osiride
70 giorni di invisibilita’
purificazione
Nut
Giudizio
Schema delle relazioni che legano la cosmologia egizia ai cicli calendarici, ai riti fu-
nerari e alla religione.
114 / EDOARDO DETOMA
La seconda ora della notte, dal «Libro di ciò che si trova nell’Oltretomba».
«Queste sono le teste degli Dèi. Queste sono le risurrezioni degli Dèi. Un’altra ver-
sione: questi - il che è a dire Orione e Sothis, che sono primi fra gli Dèi - che è a dire:
essi passano di solito 70 giorni nella Duat ed essi sorgono di nuovo».
(Pap. Carlsberg I, VI, 3-4)
«I loro funerali avvengono a similitudine di quelli degli uomini - che è a dire, es-
si sono simili ai giorni dedicati ai funerali che si usano per gli uomini oggi - che è a
L’ASTRONOMIA DEGLI EGIZI / 115
dire, i 70 giorni che essi passano nella Casa d’Imbalsamazione prima che a essi sia
pronunciata parola».
(Pap. Carlsberg I, VI, 38-40)
La scena finale dal «Libro delle Porte». Camera funeraria di Tawosret, XIX dinastia.
«Essendo tu assegnato a tua madre Nut nel suo nome di Sarcofago; ella ti ha ab-
bracciato nel suo nome di Sarcofago; tu sei innalzato a lei nel suo nome di Mastaba».
(Testi delle Piramidi, 616, Invocazione 364)
«La regione più distante del cielo è nell’ oscurità, che è totale – che è a dire, rthw-
qbt, che è detto nel (libro) hr: “[che] è il circuito del cielo”. Ra non sorge da esso...».
L’ASTRONOMIA DEGLI EGIZI / 117
Osiride precede Iside nella sua barca celeste, così come Orione precede Sothis nel cie-
lo. Tomba di Senmut, Nuovo Regno.
Le direzioni cardinali, Nord, Sud, Ovest ed Est, non hanno più si-
gnificato, poiché sopra il cielo neppure Ra sorge né tramonta, e il vuo-
to è così buio che neppure gli Dèi osano sfidarlo: le tenebre sono così
fitte che neppure nella Duat il buio è più totale.
Ringraziamenti
Edoardo Detoma
Alena Spazio, Torino
Note
1 Da M. Lichtheim, Ancient Egyptian Literature, vol. I, p. 44.
2 Plato, Timaeus and Critias, 22-23, Penguin Classics (1977), p. 35.
3 Anche in questo caso, il concetto di religione deve intendersi come relativamen-
te più esteso rispetto al nostro: in molti casi, la religione e la conoscenza della natura
si confondono ed è difficile tracciare una linea di divisione netta fra le due.
4 «Di nuovo Dio ordinò: “Vi siano delle lampade nel firmamento del cielo, per se-
parare il giorno dalla notte; siano segni per feste, per giorni e per anni, e facciano da
lampade nel firmamento del cielo per illuminare la Terra”. E avvenne così. Dio fece le
due lampade maggiori, la lampada grande per il governo del giorno, e la lampada pic-
cola per il governo della notte, e le stelle. Poi Dio le pose nel firmamento del cielo per
illuminare la Terra, per governare il giorno e la notte, e per la separazione fra la luce e
la tenebra. E Dio vide che era buono. E venne sera e poi mattina: quarto giorno...»
(Gn 14-19).
5 Il testo fa parte di un’invocazione del Faraone a Osiride.
6 In realtà, a causa del fatto che la durata dell’anno medio non è esattamente di
365.25 giorni e che il ciclo di Sothis è affetto dal moto proprio della stella e dalla pre-
cessione, il ciclo di Sothis è lievemente variabile e inferiore a 1460 anni solari medi,
nei periodi storici considerati essendo compreso fra 1458 e 1450 anni. Si veda al pro-
posito l’eccellente articolo di M. F. Ingham, The length of the Sothic cycle.
7 Vago = di 365 giorni
120 / EDOARDO DETOMA
8 Fra i calendari ebraici arcaici, si ritrova un anno vago approssimato a 364 giorni
che rende ragione di un numero intero di settimane di 7 giorni nell’anno, facendo sì
che ogni data dell’anno venga a cadere esattamente nello stesso giorno della settima-
na. Il testo relativo (Enoch, Libro dell’Astronomia, LXXII, in P. Sacchi, Apocrifi del-
l’Antico Testamento, Tea 1990, pp. 161 ss.). era noto nella versione in Ge’ez della tra-
dizione etiope. Dopo la scoperta dei manoscritti del Mar Morto, frammenti dello stes-
so libro (relativi al moto della luna) sono stati ritrovati fra i famosi rotoli, attestando
una continuità della stessa tradizione calendarica (che veniva a quel punto a differire
dall’ortodossia ebraica dell’epoca) fra gli Esseni di Qumran (si veda anche S. Talmon,
The new covenanters of Qumran in «Scientific American», November 1971, pp. 72-81
(la descrizione del calendario è a p. 81).
9 Questo aspetto è chiaramente visibile negli orologi diagonali dei sarcofagi del
nondazione Axt.
12 Che è la stagione successiva, o della «siccità».
13 Nicolaus Copernicus, On the Revolutions of the Heavenly Spheres, Prometheus
stella, che scompare all’alba con le altre stelle. Personalmente, mi è più facile la com-
prensione del testo assumendo invece questo come il passaggio all’orizzonte occiden-
tale. Questo anche perché in altri testi l’orizzonte orientale è associato con Harachti
(Testi delle Piramidi, 342-343, Invocazione 264), mentre l’occidentale è tipico di
Atum.
17 Il testo che segue è una formula magica intesa a guarire da morsi di scorpioni e
di serpenti. Il medico minaccia di insabbiare la barca del Sole sui banchi di sabbia di
Apophi e descrive così il risultato dell aver immobilizzato il sole (da Jan Assmann, The
search for God in Ancient Egypt, p. 69).
18 Letteralmente: «Il cibo è senza barca».
19 A. Ermann, A Handbook of Egyptian Religion, Longwood Press 1977, pp. 25-
27.
20 Quanto questa cosmogonia egizia differisce dalla concezione biblica? Non mol-
to... «Nel principio Dio creò il cielo e la Terra. Ma la Terra era deserta e disadorna, e
v’era tenebra sulla superficie dell’Oceano, e lo spirito di Dio era sulla superficie delle
acque». (Gn 1-2). Anche nella Bibbia ritroviamo il concetto di un Oceano primordia-
le, senza luce ma sul quale aleggia già la vita, rappresentata dallo spirito di Dio. Né
tragga in inganno la frase «ma la Terra era deserta e disadorna», ché la separazione del-
la Terra fisica dalle acque avviene solo il terzo giorno, dopo che nel primo si sono se-
L’ASTRONOMIA DEGLI EGIZI / 121
parate luce e tenebre e nel secondo il firmamento dalle acque. «Dio disse ancora: “Vi
sia un firmamento in mezzo alle acque che tenga separate le acque dalle acque”. E av-
venne così. Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dal-
le acque che sono sopra il firmamento. E Dio chiamò il firmamento cielo. Di nuovo
venne sera, poi mattino: secondo giorno» (Gn 6-8).
21 «Testi dei sarcofagi», Invocazione 1130, 465; per esempio, in R. O. Faulkner,
The ancient Egyptian coffin texts, Aris & Phillips Ltd. 1996, vol. III, p. 167.
22 A 34° di latitudine Nord, Bickerman riporta il sorgere eliaco di Sirio il 23.61 lu-
glio dell’ anno 500 BC e il 23.99 luglio nell’ AD 300 (E. J. Bickerman, Chronology of
the ancient World, Thames & Hudson 1980, p. 113).
23 W. Schlosser - W. Bergmann, An early-medieval account on the red colour of
Sirius and its astrophysical implications, «Nature», 318, pp. 45-46 (7 november 1985).
24 È di colore rosso.
25 Per immergersi e purificarsi.
26 Il tutto si configura in un contesto di purificazione per il Faraone.
27 R. Faulkner, The ancient Egyptian pyramid texts, Aris & Phillips 1969, pp. 179-
180.
28 Vedasi il Libro di ciò che vi è nell’Oltretomba e il Libro delle Porte.
29 R. Faulkner, The ancient Egyptian pyramid texts, Aris & Phillips 1969, p. 178.
30 Sul problema della identificazione di Hathor con Iside/Sothis si veda: A. Ro-
2001, p. 85 – Pyr. Text 616. Vi è una lieve differenza di traduzione nel testo di Faulk-
ner, ma il significato non cambia.
33 È questo un frammento di testo iscritto su un architrave nel cenotafio di Seti I