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PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA

Inaugurazione delle nuove sedi del Museo e dell’Archivio diocesano

INTERVENTO DEL REV. VICE-PRESIDENTE


DOM MICHAEL JOHN ZIELINSKI, O.S.B. Oliv.

Poznań, 13-14 settembre 2007

“Manteniamo ferma la professione della nostra fede” (Eb 4, 14).


I beni culturali nello svolgersi della missione della Chiesa

1. Il quadro di riferimento teologico e pastorale

Il Magistero del Papa Giovanni Paolo II, di v. m., è stato decisivo nel tracciare il
quadro teorico entro il quale i beni culturali trovano la loro collocazione nella vita
ordinaria della Chiesa. Anzitutto egli ha ben individuato di tali beni, indicandoli
nei patrimoni artistici della pittura, della scultura, dell'architettura, del mosaico e
della musica; nei beni librari contenuti nelle biblioteche ecclesiastiche e nei
documenti storici custoditi negli archivi delle comunità ecclesiali; infine nelle
opere letterarie, teatrali, musicali, cinematografiche e in quelle, più recenti,
prodotte dai mezzi di comunicazione di massa[1]. Ma egli ha pure contribuito ad
una loro definizione, affermando che sono beni culturali ecclesiastici quelli
“posti al servizio della missione della Chiesa”[2].

Anzitutto i beni culturali nelle loro molteplici espressioni hanno in sé una


funzione umanizzante e pertanto liberale, che giova allo sviluppo dell’uomo ed è
quindi premessa all’evangelizzazione: «Specialmente l’arte cristiana, bene
culturale quanto mai significativo, continua a rendere un suo singolare servizio
comunicando con straordinaria efficacia, attraverso la bellezza delle forme
sensibili, la storia dell’alleanza tra Dio e l’uomo e la ricchezza del messaggio
rivelato»[3].

Poi tali beni «assumono un significato specifico in quanto sono ordinati


all’evangelizzazione, al culto e alla carità»[4]. Essi pertanto sono significativi
«nell’espressione e nell’inculturazione della fede e nel dialogo della Chiesa con
l’umanità»[5], così che sono privilegiato strumento per la nuova
evangelizzazione in quanto aderiscono intimamente al vissuto delle persone e
corrispondono alle esigenze pastorali.

2. Il primato del culto e della catechesi

Apice della nuova evangelizzazione è il rinnovamento del culto divino e della


catechesi che trovano nell’arte stupenda e congiunta espressione sensibile.
Superate le prime incertezze, l’arte cristiana ha sempre accompagnato la
liturgia, sia offrendole un adeguato involucro architettonico in cui svolgersi

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secondo le sue esigenze, sia fornendo immagini che esprimessero nella forma
visiva i sacri misteri che l’arte della parola e quella della musica esprimevano
nelle forme dell’eucologia e del canto sacro. Alla funzione propriamente liturgica
dell’arte «sacra» è stata sempre attribuita anche una funzione catechetica di
illustrazione delle sacre scritture o della vita dei santi, che andavano ad
arricchire l’intrinseco valore estetico e quindi cultuale.

Infatti l’arte cristiana «continua a rendere un suo singolare servizio


comunicando con straordinaria efficacia, attraverso la bellezza delle forme
sensibili la storia dell’alleanza tra Dio e l’uomo e la ricchezza del messaggio
rivelato. Nei due millenni dell’era cristiana, essa è stata lo stupendo manifesto
dell’ardore di tanti confessori della fede, ha espresso la consapevolezza della
presenza di Dio tra i credenti, ha sostenuto la lode che da ogni angolo della
terra la Chiesa innalza al Suo Signore».[6]

Ora occorre che anche oggi l’arte figurativa e musicale continui a svolgere tale
ruolo all’interno della liturgia, sia attingendo al patrimonio antico e venerando
della Chiesa, sia producendo nuovi capolavori o opere più modeste ma sempre
artistiche, perché la vena della fede non si è ancora esaurita. Si esprime anche
in questo ambito l’auspicio del Santo Padre Benedetto XVI di intendere la
riforma liturgica del concilio Vaticano II in continuità con la grande tradizione
ecclesiale[7].

3. La missio ad gentes attraverso l’arte cristiana

La nuova evangelizzazione richiede nuova vitalità di testimonianza, così che


anche gli strumenti utilizzati non devono distogliere dal cammino di fede, bensì
favorirlo. Di conseguenza l’urgenza pastorale deve determinare la
valorizzazione e l’incremento dei beni culturali perché siano efficace
espressione della nuova evangelizzazione.

Si tratta allora di tradurre attraverso l’arte il messaggio cristiano nel linguaggio


delle varie culture che vengono a contatto con il cristianesimo, così che i
contenuti religiosi, veicolati attraverso percepibili forme di bellezza, possano
suscitare negli animi il santo desiderio di accostarsi al Signore ed abitare nella
sua casa.

Tuttavia, la missio non riguarda più ormai soltanto i paesi o le culture lontane,
ma i popoli della stessa Europa. A uomini sempre più poveri nell’interiorità e
nella dimensione spirituale è perciò importante ripresentare il grande patrimonio
storico-artistico della Chiesa, attraverso il quale riscoprire le proprie radici
cristiane. È pertanto opportuno partire dal bello per far risplendere il bene e il
vero, data l’odierna cultura delle immagini e la debolezza dei linguaggi
contemporanei e procedere dall’esperienza estetica ordinata al fatto religioso
per muovere i sentimenti di chi è distratto dall’indifferenza e dall’edonismo.

È ciò che insegnava anche il Sommo Pontefice Benedetto XVI in un recente


discorso al personale dei Musei Vaticani: «L’approccio alla verità cristiana
mediato attraverso l’espressione artistica e storico-culturale ha una chance in
più per parlare all’intelligenza e alla sensibilità di persone che non

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appartengono alla Chiesa cattolica e talvolta possono nutrire verso di essa
pregiudizi e diffidenza. Coloro che visitano i Musei Vaticani – ma noi possiamo
estendere il discorso a tutti i musei ecclesiastici e a questo museo diocesano –
hanno modo di “immergersi” in un concentrato di “teologia per immagini”,
sostando in questo santuario di arte e di fede»[8]

4. La valorizzazione del territorio attraverso i beni culturali della Chiesa

Talvolta anche gli stessi fedeli mostrano di ignorare le proprie radici cristiane,
non apprezzando adeguatamente il patrimonio artistico e storico religioso. Una
sua corretta valorizzazione può condurre invece le persone all’incontro con un
vissuto ecclesiale che appartiene loro in quanto parte della propria storia. In tal
senso, i manufatti non saranno più solo oggetti materiali, i libri e i documenti
solo carta vecchia, ma beni vivi creati da una comunità cristiana vivente in
determinato tempo e in un proprio spazio.

L’occasione di questo convegno è l’inaugurazione dei nuovi locali del Museo e


dell’Archivio diocesani. Nel momento in cui lodiamo il Vescovo e i suoi
collaboratori per questo sforzo notevole e ben riuscito volto alla conservazione
del patrimonio documentario e artistico ecclesiastico, dobbiamo pure definire i
limiti di queste istituzioni. Sarebbe gravissimo se dovessimo pensare all’arte
cristiana come arte da museo: bisogna far in modo che l’arte continui a
celebrare i dogmi della fede, ad arricchire il mistero liturgico, a dare forma e
figura al messaggio cristiano, rendendo sensibile il mondo invisibile. Non
dobbiamo godere dei beni culturali come se fossero «reperti archeologici» di un
mondo passato in cui c’era fede: essi vanno usati dalla comunità cristiana per
celebrare e per illustrare una fede viva, che si comunica, sempre identica nei
contenuti, di generazione in generazione.

I musei di arte sacra, come abbiamo detto anche prima, non sono dunque
depositi di reperti inanimati, ma perenni vivai, nei quali si tramandano nel tempo
il genio e la spiritualità della comunità dei credenti. Gli archivi, ecclesiastici non
solo conservano tracce di umane vicende, ma portano anche alla meditazione
sull’azione della divina Provvidenza nella storia, così che i documenti in essi
conservati diventano memoria dell’evangelizzazione operata nel tempo ed
autentico strumento pastorale.

Appena poche settimane fa, parlando all’Archivio Segreto Vaticano, il Santo


Padre ringraziava il personale per il lavoro umile ma prezioso, esortando a
offrire a tutti gli studiosi, di qualunque estrazione e provenienza ideologica, un
servizio disinteressato ed equanime, senza preclusioni e preconcetti. Anche in
questo caso le sue parole valgono di incoraggiamento e di guida per tutti coloro
che operano in questo settore[9].

5. La formazione degli operatori per i beni culturali della Chiesa

È pertanto necessario che l’attenzione ai beni culturali rientri in un progetto


pastorale organico e articolato volto ad attuare l’auspicata nuova
evangelizzazione.

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Soprattutto la formazione è di primaria importanza per la tutela, conservazione,
valorizzazione dei beni. Nell’ambito della Chiesa i responsabili abituali sono i
sacerdoti. Particolare importanza per la valorizzazione è dunque la
preparazione, fin dagli studi del seminario, dei sacerdoti, che devono gestire
quanto loro affidato[10].

Significativa è anche la preparazione degli operatori, spesso laici con compiti di


animazione, conservazione, manutenzione, gestione, custodia, ecc., o delle
guide, che devono creare il contesto spirituale e culturale in cui collocare la
fruizione estetica. A tale scopo nelle Università ecclesiastiche e negli altri istituti
superiori di formazione debbono essere potenziati insegnamenti e ricerca in tale
ambito.

Il problema della formazione al senso dell’arte e della cultura cristiana dovrebbe


estendersi poi anche ai restauratori e ai funzionari statali, che dovrebbero
tenere conto nei loro interventi dello specifico religioso dei beni culturali della
Chiesa. A tale scopo molto giova il coordinamento fra Chiesa e Stato mediante
specifici accordi.

Infine, dal momento che la Chiesa continua ad avere necessità di strumenti per
esprimere la sua missione nel nostro tempo, va rivolta particolare attenzione
alla formazione degli artisti, mediante una pastorale specifica loro riservata[11].

Da ultimo, ma come obiettivo privilegiato in quanto principale destinatario,


occorre recuperare nel popolo di Dio la capacità di fruire dei beni culturali della
Chiesa. Per questo si auspica un'attenta e specifica educazione dei fedeli
affinché, come ricorda Pio XII, attraverso le forme dell'arte, compresa l'arte
moderna, gli uomini possano realmente «infrangere il recinto angusto e
angoscioso del finito» per dirigere lo spirito verso l'infinito[12].

P. Ab. Michael John Zielinski, O.S.B. Oliv.

Vice-Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa


Vice-Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra

[1] Giovanni Paolo II, Allocuzione alla prima assemblea plenaria della Pontificia
Commissione, 12 ottobre 1995, n. 3.

[2] Ivi.

[3] Id., Allocuzione alla terza assemblea plenaria della Pontificia Commissione,
31 marzo 2000, n. 3.

[4] Id., Messaggio alla seconda assemblea plenaria della Pontificia


Commissione, 25 settembre 1997, n. 2.

[5] Id., Allocuzione alla prima assemblea plenaria, cit., n. 2.

4
[6] Id., Allocuzione alla terza assemblea plenaria, cit., n. 3.

[7] Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005.

[8] Id., Discorso ai dirigenti e dipendenti dei Musei Vaticani, 23 novembre 2006.

[9] Id., Discorso in occasione della visita alla Biblioteca Apostolica Vaticana e
all’Archivio Segreto Vaticano, 25 giugno 2007.

[10] Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio Artistico e


Storico della Chiesa, Lettera circolare La formazione dei futuri presbiteri
all’attenzione vero i beni culturali della Chiesa, 15 ottobre 1992; cfr il numero
monografico su La Formazione dei Seminaristi alla valorizzazione pastorale dei
beni culturali ecclesiastici, in «Seminarium» n.s. 39/2-3, aprile-settembre 1999.

[11] Cfr Giovanni Paolo II, Lettera del Papa agli Artisti, 4 aprile 1999.

[12] Pio XII, Allocuzione agli espositori della VI Quadriennale di Roma:


L’essenza della vera arte, 8 aprile 1952.

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