avanzati. Alla conclusione della guerra civile si recò a Roma, per raccogliere la documentazione necessaria per la grande opera storica che poi realizzò. Scelse di non dedicarsi alla carriera politica e mantenne sempre il ruolo appartato di storico-letterato. CONSERVATORISMO E MORALISMO LIVIANO:La pubblicazione dei primi libri della Ab Urbe condita libri («Storia di Roma») attirò su di lui l'attenzione di Augusto, del quale Livio divenne amico e dal quale ricevette incoraggiamento alla prosecuzione dell'opera. Dalla sua visione storica traspare una considerazione idealizzata della repubblica, che però non si trasformò mai in critica diretta al principato. Peraltro, il conservatorismo e il moralismo di Livio sono certo legati alle sue origini provinciali: in questo senso deve forse essere letta la critica di Asinio Pollione, che rimproverava allo storico la patavinitas, la sua «padovanità». Livio compose anche dialoghi filosofici e precetti di retorica, che non sono stati tramandati. Morì a Padova, dove era tornato, nel 17 d.C. STORIOGRAFIA ED ETÀ AUGUSTEA:La storiografia durante il governo di Augusto presenta, oltre a Livio, altre figure di spicco. Innanzitutto Asinio Pollione, che scrisse le Historiae, in cui trattava delle guerre civili, mantenendo una posizione autonoma nei confronti del principato. Pompeo Trogo - che appartiene a una generazione di storiografi più giovani e letterati di professione- scrisse le Historiarum Philippicarum libri XLIV, una storia universale degli imperi che non faceva di Roma il perno della storia universale e che era quindi distante dall'ideologia del principato augusteo. Esempio di storiografia di opposizione al principato è invece Tito Labieno, la cui opera sulla guerra civile venne messa al rogo nel 12 d.C. OPERA LA STORIA DI ROMA DALLE ORIGINI AL 9 a.c:Il progetto di Livio era di comporre una storia di Roma che fosse degna della sua grandezza. La narrazione inizia dall'arrivo di Enea nel Lazio, per proseguire con le varie tappe dell'ascesa di Roma fino all'anno 9 a.C.con la morte di Druso, fratello di Tiberio (affrontata nel libro CXLII, I'ultimo effettivamente composto, ma il progetto doveva giungere al libro cL). Gli eventi sono disposti secondo la concezione annalistica. Sembra che la pubblicazione avvenisse per decadi, ovvero per gruppi di dieci libri, cui forse talora si aggiungeva un'ulteriore suddivisione in pentadi. Dell'opera sono conservati integri solo 35 libri; i primi dieci comprendono il periodo dalle origini alla terza guerra sannitica (293 a.C.); quelli dal XXI al XLV, affrontano gli avvenimenti della seconda guerra punica alla fine della guerra macedonica (219-167 a.C.). Di tutti i libri sono rimasti brevi riassunti (periochae). EXORNANT RERUM:Gli studi sulle fonti mostrano come Livio solitamente si affidi a un'unica fonte, scelta sulla base della sua antichità o diffusione: gli annalisti latini arcaici e di età sillana, per gli anni raccolti nella prima decade; lo storico greco Polibio, per le decadi successive. L'autore però non sottopone la fonte individuata a un vaglio critico, la rielabora solo artisticamente, perciò la critica lo definisce un exornant rerum, piuttosto che uno storico vero e proprio. Inoltre Livio presta poca attenzione agli sviluppi economici e sociali, spesso fondamentali per comprendere l'evolversi della politica e degli avvenimenti. LA VISIONE DELLA STORIA:Livio getta uno sguardo pessimistico sul presente, segnato dalla violenza delle guerre civili, che sono frutto della corruzione e della decadenza morale. Egli allora dichiara di volersi rifugiare nella narrazione del passato per recuperare l'originaria virtus che ha reso grande Roma, sofferente per la sua stessa grandezza. La prima decade della sua monumentale opera, in particolare, presenta la narrazione dei miti delle origini, che hanno la funzione di mostrare la nascita e la formazione di quei valori morali e religiosi che hanno composto il patrimonio tradizionale del mos maiorum. IL RAPPORTO CON IL PRINCIPATO: Augusto accusava bonariamente lo storico di essere un pompeianus, per le sue simpatie repubblicane; in realtà Livio era apprezzato e protetto dall'imperatore. Su alcuni temi, infatti, lo storico concordava con la politica augustea (ricostruzione dell'ordine sociale, restaurazione degli antichi valori morali e religiosi), ma in realtà le lodi di Augusto erano solo formali. L'apprezzamento di cui l'autore fu oggetto si spiega allora con il fatto che non fu uno storico militante, bensì uno storico-letterato, distante dalla politica attiva e interessato a indagare nel passato i valori del mos maiorum da indicare al presente corrotto, atteggiamento che era consonante e funzionale alla politica culturale del princeps. LA FUNZIONE DEGLI EXEMPLA:In questa prospettiva gioca un ruolo fondamentale il concetto di exemplum («esempio, modello da imitare»): per Livio, la storia di Roma è costituita da figure ed episodi paradigmatici, che hanno la funzione di incarnare un valore e indicarlo al presente, che l'ha smarrito. CONSERVATORISMO POLITICO: Il racconto storiografico è orientato a una visione nazionalistica e celebrativa, che riflette una posizione essenzialmente filosenatoria. Nella sua opera Livio idealizza il senato, nelle lotte sociali propende per i patrizi e condanna gli eccessi della plebs. Questa posizione preconcetta nasce anche da una scarsa attenzione rivolta ai retroscena sociali, economici e di potere. Anche in campo religioso l'autore manifesta il suo conservatorismo: nel rispetto verso gli dèi egli individuava un forte alleato per radicare nei cittadini il senso della giustizia e della morale. LA TECNICA NARRATIVA: Punto di forza degli Ab Urbe condita libri è una tecnica narrativa efficace e raffinata. La scelta di applicare lo schema annalistico non rende rigido e meccanico lo sviluppo dei fatti: Livio è abile nei passaggi da una situazione all'altra, da scenari di politica interna a scenari di guerra, cosa che conferisce varietà e movimento al racconto. Inoltre è maestro negli effetti psicologici, nei ritratti dei personaggi. Particolarmente riuscite sono le scene di massa, che coinvolgono popolazioni civili o esercito, ma sí nota anche l'Inesperienza militare di Livio, che spesso racconta in modo ripetitivo e meccanico le battaglie. L’INFLUENZA DELL’EPICA E DELLA TRAGEDIA: Negli Ab Urbe condita libri si riconosce l'influsso di altri generi letterari, quali l'epica e la tragedia, nell'attenzione per gli intrecci romanzeschi e patetici e nel carattere fortemente drammatico di alcuni episodi. Anche l'arte oratoria riveste un ruolo fondamentale: sono importantí per Livio i discorsi diretti pronunciati dai personaggi principali, secondo un uso che caratterizza tutta la storiografia antica. UNA PROSA SOLENNE ED EMOZIONANTE: L'autore, lontano dalla brevità di Sallustio, vuole imitare la prosa ciceroniana, con un andamento solenne e maestoso, fluido e scorrevole. Ricca è la gamma dei registri stilistici alternati per ottenere un effetto di varietà. La lingua rivela alcuni vocaboli desunti dal sermo cotidianus e dalla parlata provinciale. Nella sintassi, però, Livio dimostra una certa libertà di costrutti, non consona all'epoca "aurea" della lingua latina. Particolarmente felice dal punto di vista artistico-letterario è la descrizione della psicologia del personaggio e dei discorsi loro attribuiti.