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Tito Livio nacque a Padova nel 59 a.C.

da una famiglia benestante, che gli permise studi


avanzati. Alla conclusione della guerra civile si recò a Roma, per raccogliere la
documentazione necessaria per la grande opera storica che poi realizzò. Scelse di non
dedicarsi alla carriera politica e mantenne sempre il ruolo appartato di storico-letterato.
CONSERVATORISMO E MORALISMO LIVIANO:La pubblicazione dei primi libri della Ab
Urbe condita libri («Storia di Roma») attirò su di lui l'attenzione di Augusto, del quale Livio
divenne amico e dal quale ricevette incoraggiamento alla prosecuzione dell'opera. Dalla sua
visione storica traspare una considerazione idealizzata della repubblica, che però non si
trasformò mai in critica diretta al principato. Peraltro, il conservatorismo e il moralismo di
Livio sono certo legati alle sue origini provinciali: in questo senso deve forse essere letta la
critica di Asinio Pollione, che rimproverava allo storico la patavinitas, la sua «padovanità».
Livio compose anche dialoghi filosofici e precetti di retorica, che non sono stati tramandati.
Morì a Padova, dove era tornato, nel 17 d.C.
STORIOGRAFIA ED ETÀ AUGUSTEA:La storiografia durante il governo di Augusto
presenta, oltre a Livio, altre figure di spicco. Innanzitutto Asinio Pollione, che scrisse le
Historiae, in cui trattava delle guerre civili, mantenendo una posizione autonoma nei
confronti del principato. Pompeo Trogo - che appartiene a una generazione di storiografi più
giovani e letterati di professione- scrisse le Historiarum Philippicarum libri XLIV, una storia
universale degli imperi che non faceva di Roma il perno della storia universale e che era
quindi distante dall'ideologia del principato augusteo. Esempio di storiografia di opposizione
al principato è invece Tito Labieno, la cui opera sulla guerra civile venne messa al rogo nel
12 d.C.
OPERA
LA STORIA DI ROMA DALLE ORIGINI AL 9 a.c:Il progetto di Livio era di comporre una
storia di Roma che fosse degna della sua grandezza. La narrazione inizia dall'arrivo di Enea
nel Lazio, per proseguire con le varie tappe dell'ascesa di Roma fino all'anno 9 a.C.con la
morte di Druso, fratello di Tiberio (affrontata nel libro CXLII, I'ultimo effettivamente composto,
ma il progetto doveva giungere al libro cL). Gli eventi sono disposti secondo la concezione
annalistica. Sembra che la pubblicazione avvenisse per decadi, ovvero per gruppi di dieci
libri, cui forse talora si aggiungeva un'ulteriore suddivisione in pentadi. Dell'opera sono
conservati integri solo 35 libri; i primi dieci comprendono il periodo dalle origini alla terza
guerra sannitica (293 a.C.); quelli dal XXI al XLV, affrontano gli avvenimenti della seconda
guerra punica alla fine della guerra macedonica (219-167 a.C.). Di tutti i libri sono rimasti
brevi riassunti (periochae).
EXORNANT RERUM:Gli studi sulle fonti mostrano come Livio solitamente si affidi a un'unica
fonte, scelta sulla base della sua antichità o diffusione: gli annalisti latini arcaici e di età
sillana, per gli anni raccolti nella prima decade; lo storico greco Polibio, per le decadi
successive. L'autore però non sottopone la fonte individuata a un vaglio critico, la rielabora
solo artisticamente, perciò la critica lo definisce un exornant rerum, piuttosto che uno storico
vero e proprio. Inoltre Livio presta poca attenzione agli sviluppi economici e sociali, spesso
fondamentali per comprendere l'evolversi della politica e degli avvenimenti.
LA VISIONE DELLA STORIA:Livio getta uno sguardo pessimistico sul presente, segnato
dalla violenza delle guerre civili, che sono frutto della corruzione e della decadenza morale.
Egli allora dichiara di volersi rifugiare nella narrazione del passato per recuperare l'originaria
virtus che ha reso grande Roma, sofferente per la sua stessa grandezza. La prima decade
della sua monumentale opera, in particolare, presenta la narrazione dei miti delle origini, che
hanno la funzione di mostrare la nascita e la formazione di quei valori morali e religiosi che
hanno composto il patrimonio tradizionale del mos maiorum.
IL RAPPORTO CON IL PRINCIPATO: Augusto accusava bonariamente lo storico di essere
un pompeianus, per le sue simpatie repubblicane; in realtà Livio era apprezzato e protetto
dall'imperatore. Su alcuni temi, infatti, lo storico concordava con la politica augustea
(ricostruzione dell'ordine sociale, restaurazione degli antichi valori morali e religiosi), ma in
realtà le lodi di Augusto erano solo formali. L'apprezzamento di cui l'autore fu oggetto si
spiega allora con il fatto che non fu uno storico militante, bensì uno storico-letterato, distante
dalla politica attiva e interessato a indagare nel passato i valori del mos maiorum da indicare
al presente corrotto, atteggiamento che era consonante e funzionale alla politica culturale
del princeps.
LA FUNZIONE DEGLI EXEMPLA:In questa prospettiva gioca un ruolo fondamentale il
concetto di exemplum («esempio, modello da imitare»): per Livio, la storia di Roma è
costituita da figure ed episodi paradigmatici, che hanno la funzione di incarnare un valore e
indicarlo al presente, che l'ha smarrito.
CONSERVATORISMO POLITICO: Il racconto storiografico è orientato a una visione
nazionalistica e celebrativa, che riflette una posizione essenzialmente filosenatoria. Nella
sua opera Livio idealizza il senato, nelle lotte sociali propende per i patrizi e condanna gli
eccessi della plebs. Questa posizione preconcetta nasce anche da una scarsa attenzione
rivolta ai retroscena sociali, economici e di potere. Anche in campo religioso l'autore
manifesta il suo conservatorismo: nel rispetto verso gli dèi egli individuava un forte alleato
per radicare nei cittadini il senso della giustizia e della morale.
LA TECNICA NARRATIVA: Punto di forza degli Ab Urbe condita libri è una tecnica narrativa
efficace e raffinata. La scelta di applicare lo schema annalistico non rende rigido e
meccanico lo sviluppo dei fatti: Livio è abile nei passaggi da una situazione all'altra, da
scenari di politica interna a scenari di guerra, cosa che conferisce varietà e movimento al
racconto. Inoltre è maestro negli effetti psicologici, nei ritratti dei personaggi. Particolarmente
riuscite sono le scene di massa, che coinvolgono popolazioni civili o esercito, ma sí nota
anche l'Inesperienza militare di Livio, che spesso racconta in modo ripetitivo e meccanico le
battaglie.
L’INFLUENZA DELL’EPICA E DELLA TRAGEDIA: Negli Ab Urbe condita libri si riconosce
l'influsso di altri generi letterari, quali l'epica e la tragedia, nell'attenzione per gli intrecci
romanzeschi e patetici e nel carattere fortemente drammatico di alcuni episodi. Anche l'arte
oratoria riveste un ruolo fondamentale: sono importantí per Livio i discorsi diretti pronunciati
dai personaggi principali, secondo un uso che caratterizza tutta la storiografia antica.
UNA PROSA SOLENNE ED EMOZIONANTE: L'autore, lontano dalla brevità di Sallustio,
vuole imitare la prosa ciceroniana, con un andamento solenne e maestoso, fluido e
scorrevole. Ricca è la gamma dei registri stilistici alternati per ottenere un effetto di varietà.
La lingua rivela alcuni vocaboli desunti dal sermo cotidianus e dalla parlata provinciale. Nella
sintassi, però, Livio dimostra una certa libertà di costrutti, non consona all'epoca "aurea"
della lingua latina. Particolarmente felice dal punto di vista artistico-letterario è la descrizione
della psicologia del personaggio e dei discorsi loro attribuiti.

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