Vous êtes sur la page 1sur 4

Vita e opere di Ludwig Wittgenstein

L’interesse tecnico-scientifico - Ludwig Wittgenstein nasce nella Vienna di fine ’800, una città che a quel
tempo pullulava di artisti, pensatori, musicisti e architetti importanti. Ultimo di otto fratelli, cresce
all’interno di una intellettualmente stimolante e agiata famiglia di industriali e, seguendo le volontà
paterne, si impegna nello studio delle discipline scientifiche in modo da poter, a tempo debito, dirigere
l’azienda ereditata. Accetta così di trasferirsi a Berlino per frequentare il Politecnico e, in seguito, a
Manchester per approfondire la sua preparazione in ingegneria aereonautica.
Il primo periodo a Cambridge - Ma gli studi tecnici lo attraggono ben poco se comparati al grande amore
che prova per lo studio della matematica pura. Decide quindi di muoversi nuovamente e si trasferisce a
Cambridge, al tempo considerata la sede di una delle migliori università per gli studi matematici. Qui si
lega al già famoso Russell, al punto da essere considerato da quest’ultimo “il perfetto esempio di un
genio”.
Prima guerra mondiale: cronologia, battaglie e protagonisti
L’esperienza come soldato - Ma Ludwig è un animo inquieto, schivo e nel 1913, per un anno, decide di
abbandonare l’Inghilterra per la Norvegia, dove conduce un’esistenza ritirata e solitaria.
Lo scoppio della Grande Guerra costituirà un forte spartiacque nella sua vita: arruolatosi come
volontario, viene catturato e imprigionato nel 1918 dagli italiani sul fronte meridionale. Sono questi gli
anni in cui elabora il suo grande capolavoro, pubblicato nel 1921 con titolo tedesco e, successivamente
col più ben noto titolo latino Tractatus Logico-philosophicus.
L’abbandono della filosofiaLa guerra lo trasforma e, stanco, malinconico e sfiduciato dalla sua carriera
accademica, si dedica ad altre diverse e numerose attività: diventa prima maestro elementare a Vienna,
poi giardiniere, ed infine si improvvisa architetto impegnato nella costruzione di una imponente casa di
una delle sue sorelle.
Il “secondo” Wittgenstein - Solamente l’insistenza di molti suoi amici, lo convince a dedicarsi
all’insegnamento accademico: accetta la cattedra di filosofia a Cambridge nel 1936 e la manterrà sino al
1946, quando decide di nuovo di condurre una vita isolata in Irlanda. Ritornato in Inghilterra scopre di
avere un tumore alla prostata, di cui morirà nel 1951. Ma durante l’ultimo ventennio della sua vita
rielaborò integralmente le sue teorie filosofiche, che confluiranno postume nel suo secondo e ultimo
capolavoro Ricerche filosofiche.
Curiosità
La biografia di Wittgenstein è densa di avvenimenti significativi, intrecciata spesso con le storie di altri
celebri personaggi del suo tempo. Sin da piccolo, infatti, la sua casa è frequentata da musicisti come
Shumann, Mahler e Brahms o artisti come Klimt. Lo stesso giovane Ludwig è un pregevole suonatore di
clarinetto, al punto da sognare una carriera da direttore d’orchestra. Condivise inoltre con Hitler,
compagno nella stessa scuola di impronta tecnica, l’ambizione a una “soluzione finale”: per la filosofia e
non tesa al massacro ebraico. Ma aveva un carattere instabile e talvolta tendente al malinconico, come
molti dei sui fratelli, uno dei quali sparì improvvisamente quando aveva 20 anni e un altro morto suicida
perché omosessuale. Ciononostante il quotidiano Times nel 2000 l’ha ufficialmente riconosciuto come il
filosofo più influente e importante di tutto il ‘900.
Il "Primo" Wittgenstein
La struttura del Tractatus La prima fase della filosofia di Wittgenstein è quella riconducibile alle sue
riflessioni espresse nel capolavoro il Tractatus. Quest’opera, diventata nota solo dopo che Russell la
corredò con una introduzione scritta di suo pugno, si presenta asciutta: non più di cento pagine che

1
racchiudono un linguaggio secco che riproduce il modo di procedere della matematica. Le tesi espresse
dal filosofo sono racchiuse in solo sette proposizioni fondamentali, chiarite a loro volta da brevi
spiegazioni.
Tesi del Tractatus Ma quali sono le tesi di fondo di quest’opera? Sono riassunte in due celebri
proposizioni secondo cui: il mondo è la totalità dei fatti e il linguaggio è la raffigurazione logica del
mondo, cioè dei fatti. Ma proviamo a chiarire queste due frasi seguendo il ragionamento offertoci da
Wittgenstein.
Il mondo è la totalità dei fatti 1) Il mondo, secondo il filosofo, non è formato da un insieme di oggetti
scollegati tra loro, ma da fatti, da intendersi come “ciò che accade”, come eventi, come cose che si
presentano legate tra loro. I fatti (detti anche “stati di cose”) possono essere di due tipi: semplici e
complessi. I fatti semplici sono costituiti da oggetti semplici, organizzati e combinati tra loro in un certo
modo che prende il nome di “forma degli oggetti”. I fatti complessi sono un insieme di fatti semplici.
Il linguaggio è la raffigurazione logica del mondo 2) Allo stesso modo, secondo Wittgenstein, il
linguaggio, attraverso le proposizioni, riproduce, o meglio “raffigura”, esattamente le relazioni esistenti
tra le cose (cioè la “struttura logica di un fatto”).
Proposizioni sensate e “non-sensi”Le conclusioni di una tale impostazione sono radicali:
L’unico linguaggio valido o “sensato” è quello della scienza, in quanto è formato da proposizioni che
riproducono le relazioni tra gli oggetti e sono, dunque, verificabili (vere o false) in relazione al fatto che
rappresentano.
Il linguaggio filosofico è insensato, in quanto le sue proposizioni non esprimono fatti.
La filosofia come "critica del linguaggio"
Proposizioni filosofiche: “non sensi” Riprendiamo le fila da quest’ultima potente affermazione: secondo
Wittgenstein le proposizioni filosofiche sono dei “non-sensi”, in quanto hanno la presunzione di
pronunciarsi su ciò che va al di là del mondo, dei fatti (che il linguaggio raffigura). Un linguaggio che non
raffigura dei fatti non è valido, a tal punto che il filosofo dirà: “Su ciò di cui non si può parlare, si deve
tacere”.
Un esempio Facciamo un esempio che chiarisca questo concetto: la proposizione “il tavolo è verde” è
“sensata”, in quanto riproduce uno stato di cose ed è, dunque, verificabile. Lo stesso non si può dire per
la frase: “dopo la morte esiste un aldilà”.
Il “mistico” Per tutto ciò che appartiene al senso del mondo, della vita e della morte non esiste
linguaggio e prende il nome di “mistico” o inesprimibile. Secondo Wittgenstein queste ultime questioni
sono senz’altro le più importanti per l’uomo ma, non potendo trovare risposta, non possiamo far altro
che accettare di dover tacere. Ma dunque la filosofia che da sempre è stata anche, e soprattutto,
metafisica (ciò che va oltre la fisica) e ha cercato risposte su Dio, l’anima e il mondo che ruolo viene ad
assumere?
Cos'è la filosofia, cosa studia e chi è il filosofo
Il nuovo ruolo della filosofiaIl filosofo la paragona ad una scala a pioli che ci permette di raggiungere un
certo scopo ma che, nel momento stesso in cui ha assolto la sua funzione, deve essere gettata. Ma di
che scopo parliamo? Il ruolo della filosofia è unicamente quello di “critica del linguaggio”, nel senso di
ripulire e distinguere le proposizioni della scienza, dotate di senso, dall’ “indicibile”. La filosofa non è più
una dottrina, un “sistema” di pensiero ma una semplice attività che chiarifica il significato (e la
conseguente validità) delle nostre affermazioni.

2
Il "Secondo" Wittgenstein
I giochi linguistici
Appunti
Il Circolo di Vienna e il Neopositivismo
Le “Ricerche filosofiche” - La seconda fase dell’attività filosofica di Wittgenstein è dominata da un totale
ripensamento delle sue teorie espresse nel Tractatus, che tanta fortuna e influenza avevano avuto nei
pensatori del Circolo di Vienna. Il bersaglio polemico dell’opera incompiuta, e pubblicata postuma, le
Ricerche filosofiche è dunque se stesso. Due sono, in particolare, le teorie scardinate e ripensate:
1) la definizione del linguaggio come “raffigurazione logica dei fatti”;
2) la significazione delle proposizioni sulla base della loro verificabilità.
Diversa interpretazione del linguaggio - Wittgenstein, nel Tractatus, aveva rappresentato un linguaggio
ideale, plasmato sulla base della scienza, il cui scopo era quello di rappresentare un fatto. Il suo intento
era quasi un ammonimento al linguaggio quotidiano, “reale”, che troppo poco si accordava a questa
aspirazione. Nelle Ricerche, invece, confessa: “Che strano se la logica si dovesse occupare di un
linguaggio ‘ideale’ e non del nostro!”.
Tema sull'evoluzione del linguaggio
I “giochi linguistici” 1) La critica alla sua precedente e univoca rappresentazione del linguaggio parte
dall’osservazione del linguaggio stesso: le affermazioni che utilizziamo, lungi dall’assumere un significato
immutabile di semplice raffigurazione delle cose, assumono le conformazioni più disparate. Come
andrebbero intesi, osserva Wittgenstein, il comandare, l’obbedire, il pregare, l’elaborare un’ipotesi, il
“cantare in girotondo”?
Ogni “gioco” ha le sue regoleIl linguaggio è una “forma di vita”, ha una pluralità di usi, è un insieme di
“giochi linguistici”, ovvero è un’attività che, nel rispetto di certe regole, viene ad assumere innumerevoli
impieghi. Ogni circostanza, ogni “gioco”, ha le sue regole, con dirette ricadute nel linguaggio utilizzato.
Possiamo paragonare la teoria dei “giochi” al calcio o al rugby: entrambi gli sport prevedono l’utilizzo di
una palla, ma i giocatori dovranno attenersi alle regole imposte dall’attività sportiva specifica per poter
continuare a giocare.
Il significato delle proposizioni come “uso” 2) Il significato delle proposizioni non può, dunque, essere
ridotto alla sua verificabilità, ma dipende unicamente dal suo uso, ovvero dal “rispetto” della regola del
gioco linguistico in cui si presentano. Questo vuol dire che una proposizione che ha come oggetto
l’anima, può risultare perfettamente sensata se espressa in un contesto religioso, mentre è illegittima
nell’ambito scientifico.
Della certezza di Wittgenstein: analisi
Il linguaggio è un fatto pubblicoLe regole non sono mai qualcosa di estremamente rigido e sono, spesso,
inconsapevoli ma risultano essere sempre condivise. Scrive Wittgenstein che parlare è “seguire le
regole” e che “non si può seguire una regola privatamente”. Il linguaggio non è mai un fatto privato, ma
sempre e solo pubblico; i suoi simboli, cioè, sono condivisi dai parlanti.

La filosofia come "terapia"


Il linguaggio non si può definire in modo univoco Non esiste dunque un unico linguaggio, come non
esiste un concetto univoco che possa raggruppare e sintetizzare la difformità e la diversità dei giochi

3
linguistici. Possono esistere giochi simili, raggruppati tra loro per somiglianza, ma ognuno manterrà
sempre la sua specificità e irriducibilità. Tra i giochi linguistici possono intercorrere le stesse somiglianze
che legano due fratelli: similitudini ma perenni diversità.
La filosofia come malattia e cura La filosofia, scrive Wittgenstein, “non può in alcun modo intaccare l’uso
effettivo del linguaggio; può, in definitiva, soltanto descriverlo”. Il suo nuovo ruolo risulta essere, quindi,
“curarci” dai mali da lei stessa creati. La filosofia, infatti, avrebbe avuto il demerito di aver utilizzato il
linguaggio al di fuori del suo reale e quotidiano impiego, utilizzando schemi interpretativi assolutamente
univoci e autoreferenziali.
Il compito della filosofia: sciogliere i “non-sensi”Il compito della filosofia non è, dunque, ancora una
volta quello di farci giungere alla scoperta di qualcosa di nuovo, ma quello di sciogliere i “non-sensi”,
dissolvendo le problematiche filosofiche attraverso il ricorso all’uso del linguaggio “reale”.
Concetti chiave
Wittgenstein: vita e opere
Wittgenstein (1889-1951) nasce a Vienna in una ricca famiglia di industriali e, nella prima fase della sua
formazione, decide di seguire le orme paterne e si dedica agli studi tecnico-scientifici.
Dopo aver scoperto l’amore per la matematica pura si trasferisce all’università di Cambridge, dove
diventa allievo di Russell.
La partecipazione come soldato alla Grande Guerra produce in lui un grande sconvolgimento: pubblica il
Tractatus logico-philosophicus e successivamente decide di abbandonare l’accademia e si rivolge alle
attività più disparate
La seconda fase del suo filosofare si sviluppa negli anni ’30, quando decide di riprendere l’attività di
docenza universitaria a Cambridge
Il suo secondo capolavoro, le Ricerche filosofiche, rimane incompiuto e sarà pubblicato postumo.
Il "Primo" Wittgenstein
Le tesi espresse nel Tractatus sono due: 1) Il mondo è la totalità dei fatti; 2) Il linguaggio è la
raffigurazione logica del mondo.
Da ciò ne consegue che le uniche proposizione dotate di senso sono quelle della scienza.
Per tutto ciò che appartiene al senso del mondo, della vita e della morte non esiste linguaggio e prende
il nome di “mistico” o inesprimibile
Il ruolo della filosofia è unicamente quello di “critica del linguaggio”, nel senso di ripulire e distinguere le
proposizioni della scienza, dotate di senso, dall’ “indicibile”.
Il "Secondo" Wittgenstein
Nelle Ricerche, Wittgenstein rivede completamente le sue proposizioni affermando che: 1) Il linguaggio
è un insieme di “giochi linguistici”, ovvero è un’attività che, nel rispetto di certe regole, viene ad
assumere innumerevoli impieghi; 2) Il significato delle proposizioni dipende unicamente dal suo uso,
ovvero dal “rispetto” della regola del gioco linguistico in cui si presentano.
Il linguaggio non è mai un fatto privato ma sempre pubblico.
Il nuovo ruolo della filosofa è quello di “curarci” dai mali da lei stessa creati, ovvero quello di sciogliere i
“non-sensi”, dissolvendo le problematiche filosofiche attraverso il ricorso all’uso del linguaggio “reale”.

Vous aimerez peut-être aussi