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UNIVERSITA’ DI PALERMO
FACOLTA’ DI SCIENZE MOTORIE
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www.accademiataekwondosicilia.it
www.fitasicilia.it
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Responsabile del Corso di Taekwondo
Docente Prof. Giovanni Caramazza Maestro Giuseppe Giorlando
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F.I.T.A. Federazione Italiana Taekwondo WTF - CONI
Segretario Nazionale – M° Angelo Cito
Presidente Comitato Regionale Sicilia – M° Bartolo Taormina
STORIA DEL TAEKWONDO
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Con il passare del tempo e delle continue lotte di potere in cui i coreani
subirono molte perdite e imposizioni, pian piano molte di queste originali
pratiche scomparvero. Ma l’arte non poteva morire o venir soppressa da
altre pratiche simili non coreane. La necessità, l’istinto, le tracce dei
racconti e dei testi rimasti fecero riaffiorare, dopo la seconda guerra
mondiale, il desiderio di libertà e di riappropriarsi delle loro originali
pratiche. Nel 1955 su consiglio del Generale Choi, studioso e
ricercatore dell’arte coreana, si tenne una storica tavola rotonda con i
più prestigiosi maestri coreani per cercare di raggruppare i vari kwans
(stili) e dare una nuova vita all’arte coreana sotto un unico nome. In
questo congresso venne discusso il nome per la “nuova" arte marziale
coreana che fu Taekwon-Do .
Do = via
La bandiera coreana (Do e Taoismo)
M° Giuseppe Giorlando Direttore Tecnico dell’Accademia Taekwondo Sicilia – (Squadra della Marina Militare 1992)
Il Taekwon-Do è frutto dell'instancabile opera di un Maestro coreano Generale Choi Hong Hi, il "padre del
Taekwon-Do moderno", colui che ha codificato e creato quest'arte marziale.
Il Generale Choi Hong Hi è nato il 9 novembre 1918 nell'attuale Corea del Nord. Da bambino è sempre
stato fonte di “pensiero” per i propri genitori a causa dello spirito idealistico verso gli ideali di giustizia e
libertà. All'età di dodici anni fu espulso dalla scuola per agitazioni contro le autorità giapponesi che a quel
tempo avevano il controllo della Corea. Questo fu l'inizio di quello che sarebbe diventato il movimento
d'indipendenza degli allievi di Kwang Ju. Dopo l'espulsione dalla scuola, il padre del giovane Choi, spinse il
figlio a studiare l’arte della calligrafia sotto uno degli insegnanti più famosi della Corea: il Maestro Han Il
Dong. Oltre che essere conosciuto come maestro di calligrafia, Han Il Dong era Maestro di Taek Kyon,
un'antica arte marziale coreana proibita a quei tempi. Nel 1937, Choi si trasferì in Giappone per
incrementare la propria cultura personale. Poco prima di lasciare la Corea, si trovò a discutere
animatamente di un argomento piuttosto scottante con un lottatore professionista. Questa minaccia dette
un nuovo slancio all'addestramento del giovane Choi nelle arti marziali. A Kyoto, Choi, venne in contatto
con un coreano, Him, che insegnava il Karate. In due anni d'addestramento intensificato, Choi raggiunse il
grado di cintura nera primo Dan. Queste tecniche unite alle tecniche del Taek Kyon (tecniche di piede),
furono i precursori del Taekwon-Do moderno.
Choi seguì un periodo di addestramento sia mentale che fisico all'università di Tokyo. In questi anni,
l'addestramento e la sperimentazione delle nuove tecniche di lotta vennero intensificati fino al personale
raggiungimento della cintura nera secondo Dan di Karate e con l'insegnamento in una palestra di Tokyo.
Choi racconta una particolare esperienza vissuta in questo periodo. Non vi era nessun palo di sostegno dei
fili elettrici, in città, che non avesse colpito per vedere se i fili di rame avessero vibrato. Con lo scoppio
della Seconda Guerra Mondiale, Choi fu costretto, contro la sua volontà, ad arruolarsi nell'esercito
giapponese. Fu rimpatriato ma, mentre era a Pyongyang (Corea del Nord), fu implicato come il
pianificatore del movimento d'indipendenza coreano e fu internato in una prigione giapponese per circa
otto mesi. Mentre era in prigione, per alleviare la noia e conservare il fisico, Choi cominciò ad esercitarsi in
quest'arte marziale nella solitudine della sua cella. In breve tempo i compagni di cella diventarono i suoi
allievi e, coinvolgendo altri detenuti, trasformarono il cortile in una gigantesca palestra. La liberazione
avvenuta nel mese d'agosto 1945, risparmiò a Choi di scontare una pena di sette anni. Il gennaio dell'anno
seguente Choi divenne secondo tenente del nuovo esercito sud coreano: questo gli permise di mettere il
Taekwon-Do in una nuova orbita. Divenne comandante del distretto di Kwan Ju, dove insegnò la sua arte
all'intera compagnia. Fu promosso primo tenente e trasferito a Tae Jon nel secondo reggimento di fanteria.
Choi iniziò ad insegnare la sua arte marziale non soltanto ai soldati coreani ma anche agli americani.
Questa fu la prima introduzione agli americani di quello che avrebbero poi conosciuto come Taekwon-Do.
Durante la guerra del Vietnam, quando la Corea del Sud si alleò all’America, si fece uso del
Teekwondo negli scontri corpo a corpo. Molti maestri coreani, infatti, furono incaricati di
insegnare il Teekwondo alle truppe alleate. La temuta divisione coreana si chiamava “TIGRE”, la
cui sigla R.O.K., era composta da esperti maestri di Taekwondo.
I soldati statunitensi tornati in patria, (tra questi si ricorda il Marins, meglio conosciuto con il
nome Chuck Norris), invitarono i maestri coreani a continuare il loro insegnamento negli Stati
Uniti. Tra i più importanti ricordiamo i maestri Sang Kyu Shin e Hee il Cho i quali, inviati
dall’Associazione di Subak-Do, passarono successivamente alla Word Taekwondo Federation.
Il maestro Jhoon Rhee avviò 65 scuole in tutti gli Stati Uniti, dove molti atleti primeggiarono ai
campionati americani interstili di full-contact. Jhoon Rhee è stato anche maestro e amico del
famoso attore Bruce Lee, il quale arricchì il personale metodo di difesa personale, denominato
Jeetkunedo creando un compromesso tecnico tra lo stile efficace di Kungfu Wingtsun e la lotta,
la box e altre tecniche di Taekwondo.
In seguito, per far si che il Taekwondo avesse una larga diffusione in tutto il mondo, sorse la
necessità di rendere questa Arte Marziale competitiva e sportiva. Furono fondate così due
diverse Federazioni con regolamento di combattimento diverso:
La I.T.F. (International Tekwondo Federation), più tradizionale, affiliata alla Corea del Nord e
La W.T.F. (Word Taekwondo Federation), più evoluta, affiliata alla Corea del Sud. Quest’ultima
nel 1988 esordì per la prima volta alle olimpiadi di Seoul come disciplina dimostrativa e nel 2000
divenne sport olimpico effettivo.
La storia del Taekwondo in Italia ha inizio nel 1965, quando i giovani fratelli Maestri Park Sun Jae e
Park Young Ghil aprirono la prima scuola a Napoli e successivamente a Roma.
L'interesse che si creò intorno a questa disciplina suggerì la creazione della FITKD, Federazione
Italiana Taekwondo,
Nei primi anni del 1970 il missionario Salesiano Maestro Francesco Gippetto, tornato da una missione
di 10 anni in Corea, aprì la prima scuola a Palermo e successivamente il suo allievo Maestro Lorenzo
Ragona chiese l’affiliazione della prima scuola siciliana alla FITKD.
Grazie agli anni di duro lavoro si formarono i primi nuclei di praticanti nell'Italia centro-meridionale ed
in Sicilia..
Negli anni a venire la FITKD, per ragioni politiche, transitò nella Federazioni FIKDA e
successivamente nella FITAK (Federazione Italiana Taekwondo e Karate).
In campo internazionale il Taekwondo venne considerato l'astro nascente degli sport moderni e in
pochi anni ha conquistato una posizione non più marginale. Il Dr. Kim Un Yong, Presidente della WTF,
diventa membro del Consiglio Esecutivo e poi Vice Presidente del CIO. Il Taekwondo partecipa anche
alle XXV Olimpiadi di Barcellona '92 (con gli azzurri nuovamente in evidenza con un argento e due
bronzi).
La Sicilia si è sempre contraddistinta a livello nazionale per numero di scuole e di allievi, nonché per i
risultati nazionali ed internazionali conseguiti.
Attualmente il Segretario Nazionale della F.I.T.A. è il M° Angelo Cito ed in Sicilia ,il Presidente del
Comitato Regionale, è il M° Bartolo Taormina.
IL PROCESSO DI COMPETIZIONALIZZAZIONE DELLE ARTI MARZIALI
Originariamente gli obiettivi primari delle arti marziali erano: esaudire le esigenze belliche e
di difesa personale senza limitazioni al combattimento.
La sportivizzazione delle arti marziali e quindi la ricerca del regolamento agonistico doveva
assolvere all’esigenza di creare uno sport che fosse realistico ma allo stesso tempo sicuro
per chi lo praticava. In questo desiderio c’era un’ovvia contraddizione.
Lo sforzo di superare questa incongruenza coincide con la storia dello sviluppo tecnico del
Taekwondo e questo sviluppo ha preso due direzioni fondamentali:
Taekwon
do –
Olimpiad
i di
Pechino
2008
Gli atleti, divisi per sesso, età e categorie di peso (otto), indossano la tradizionale divisa bianca
(dobok) con cintura, sono muniti di protezioni (casco e corpetto) e si affrontano su un quadrato di 8
m x 8 m.
I colpi validi per il punteggio possono essere diretti solo sul tronco o al volto dell'avversario usando il
piede; usando il pugno il solo bersaglio valido è il tronco. Il combattimento, della durata di tre riprese
di tre minuti ciascuna con 60" di intervallo, è diretto da un arbitro centrale coadiuvato da tre giudici
d'angolo. Dai punti validi si sottraggono le eventuali penalizzazioni per tecniche proibite (spingere,
colpire il viso col pugno, colpire col ginocchio, atterrare l'avversario ecc.). L'incontro di Taekwondo,
oltre che con la vittoria ai punti, può concludersi per abbandono, squalifica, K.O., intervento
arbitrale.
SPORT DI COMBATTIMENTO – SCELTE TECNICHE
Tutte le Arti Marziali che hanno subito il processo di competizionalizzazione (Taekwondo, Karate,
Judo, Jiujitsu, Kick Boxing e anche la lotta e la Box), possono essere analizzati sulla base di scelte
agonistiche.
La difficoltà originale nel trovare un compromesso tra la sicurezza ed il realismo nel combattimento
fu risolta, fino ad un certo punto, dal grado di limitazioni imposte al sistema usato.
Nell’analizzare la metodologia delle gare di Arti Marziali, specialmente quelle che usano gli
attacchi di mano e di piede, si può trovare un interessante rapporto inversamente proporzionale
tra il grado di contatto permesso e la quantità di tecniche permesse.
1) FULL CONTACT;
2) NO / LIGHT CONTACT
NUMERO TECNICHE
FONZA D’IMPATTO
DISCIPLINE FULL CONTACT:
In tutte le tecniche del Taekwondo è fondamentale la proiezione del peso del corpo sul
bersaglio. L’obiettivo è raggiungibile con la partecipazione coordinata di gruppi
muscolari del tronco e dell’anca. L’atleta, eseguendo un avvitamento lungo il proprio
asse baricentrico, in una superficie di contatto col terreno ridotto ma controllato,
esplica con l’allungo della gamba la massima potenza (vedi fig.1)
Fig.1
FONDAMENTI TEORICI PER IL COMBATTIMENTO DI TAEKWONDO
La posizione di guardia
Nel combattimento non esiste nessuna posizione fissa. Per uno stesso combattente la guardia può
cambiare più volte, a seconda dell'avversario o a seconda delle diverse fasi del match. Nonostante
le guardia sia differente col variare dell'atleta, l'istruttore fornisce indicazioni di base, affinché la
posizione sia proficua. Bisogna assumere, infine, una posizione quanto più neutra possibile, cioè
che permetta l'uso di qualsiasi tipo di calcio o attacco e possa permettere qualsiasi uscita o
spostamento, senza trascurare l'aspetto difensivo. Nel TKD non si adoperano posizioni basse e
larghe. È ormai superata la concezione per la quale occorre essere molto caricati sulle gambe ed
abbassare il baricentro ed essere più stabili: una differenza di 20 cm più in basso non varia la presa
al suolo, ma da una posizione come questa risulta lentissimo tanto partire con un attacco, quanto
uscire per difendersi.
Le azioni
Per azioni si intendono gli insiemi di tecniche di attacco e contrattacco, combinate tra loro
attraverso spostamenti ed uscite. Il combattimento sportivo non viene svolto sempre sullo stesso
ritmo di azioni, ma in ogni singolo round viene spezzettato in più azioni rapide. Anche in questo
caso non è possibile una codificazione delle azioni, vuoi per le innumerevoli tecniche e
combinazioni possibili, vuoi anche per le varie distanze di un combattimento. È possibile tuttavia,
studiare tecnicamente gli attacchi e i contrattacchi e tatticamente le distanze di un match.
Gli spostamenti
In un combattimento, gli spostamenti sono una delle cose più importanti per quella che è la tattica
e, quindi, la gestione del match stesso. Qual è lo scopo degli spostamenti? Cercare di entrare nella
guardia dell'avversario; farlo scoprire o aprire; provocare un suo attacco, per poi entrare con un
contrattacco; entrare nella distanza di combattimento o chiuderla entrando in contatto corpo a
corpo, e così via. Di spostamenti, ne esistono tanti e non è difficile che ognuno possa inventarsi
quelli che più si addicano alle sua caratteristiche. Ciò che è importante però, è che lo spostamento
venga subito doppiato quanto meno da un calcio. Il tutto va fatto con un'azione così repentina che
fa sembrare che il calcio provenga da un'azione di rimbalzo delle gambe, non appena terminato lo
spostamento. In altre parole dovremmo immaginare di avere in dotazione delle grosse molle sotto
ai piedi: lo spostamento fa in modo che la molla venga schiacciata verso il basso e compressa; il
calcio non è altro il frutto dell'azione esplosiva della molla, un po' come la pallina lanciata all'inizio di
una partita, in un vecchio flipper.
Le uscite
In analogia con gli spostamenti, le uscite rappresentano tutti quei movimenti, grazie ai quali è
possibile evitare un attacco avversario. Ovviamente, un'uscita senza contrattacco è un movimento
del tutto sterile. È per questo che è efficacissima la tecnica del "rimbalzo", anche e soprattutto sulle
uscite; in effetti, mentre uno spostamento lancia all'avversario un input per il quale si prepara ad un
attacco, per le uscite il discorso cambia: è l'avversario ad attaccare; lui ci fornirà l'input, con il quale
attueremo il nostro contrattacco. Ed è per questo che la tecnica del "rimbalzo" a seguito di
un'uscita, darà quella esplosività in più, per la quale è più probabile mettere a segno il punto. Come
per gli spostamenti, esiste una varietà enorme di uscite ed è probabile che in un combattimento un
atleta, al fine di evitare un attacco o con lo scopo di rendere più proficuo il suo contrattacco, compia
un movimento di uscita mai provato in allenamento. Ovviamente, le uscite più proficue sono quelle
laterali, cioè quelle che permettono di togliersi dalla visuale dell'avversario. Essa però non mai fine
a se stessa: va sempre doppiata con un calcio.
Le parate
Benché si consiglia sempre di evitare che l'attacco dell'avversario finisca per colpire braccia e mani,
è bene conoscere qualche modalità di parata su un calcio dell'avversario. Esistono delle fasi di
combattimento in cui non si riesce ad evitare l'attacco dell'avversario con una semplice uscita. In
tale circostanza qual'è l'obiettivo di chi si trova in questa impasse? Ovviamente evitare che l'attacco
finisca a punto. Bisognerebbe evitare di mettere le mani in mezzo, dato che un calcio arriva
sicuramente con una forza elevata; d'altra parte, però, è necessario evitare che l'attacco arrivi sul
corpetto o al viso. Cosa, se non le braccia, possono aiutarci in ciò? È una buona regola tenere
sempre le mani chiuse in pugni: non correranno rischi né le dita né i polsi, resi più stabili dalla
chiusura delle mani. Gli avambracci, che per regolamento vengono ricoperti dalle protezioni,
possono essere utilizzati per parare.
Arriviamo, quindi, a poter dire di parare, quando non è possibile uscire. Tuttavia, la forza del calcio
potrebbe sentirsi nelle braccia. È allora necessario che il nostro braccio assorbi ed attenui tale forza.
Come? Un esempio: se il calcio viene dalla nostra sinistra, ovviamente la parata ve effettuata
ruotando l'avambraccio sinistro, in modo abbastanza rilassato. Cosa succede se però mi trovo con il
sinistro indietro? Il braccio non può reggere l'urto con il calcio, tantopiù che l'impatto anche se sul
parabraccio, può ingannare l'arbitro che non ha una visuale del tutto libera. È consigliato, in tale
condizioni, invertire la guardia, e proteggersi quindi in una posizione più chiusa.Ma non è tutto. È
possibile parare un calcio di media altezza con il proprio stinco. Ciò avviene quando, ad esempio,
un nostro attacco è andato a vuoto, facendoci sbilanciare e rendendoci sguarniti al contrattacco
dell'avversario. In tale circostanza è abbastanza veloce e proficuo chiudersi alzando lo stinco, ben
protetto con il parastinco. Tale movimento può essere effettuato ogni qualvolta vi è la necessità di
ristabilire la posizione di guardia, facendo in modo di non aprirsi ulteriormente.
Le distanze di combattimento
Il Taekwondo è famoso ed apprezzato proprio per il combattimento alla lunga distanza. Tuttavia, a
ben vedere, in un combattimento la distanza tra i due atleti è variabile fino a raggiungere anche il
corpo a corpo. Ma, ad un primo approccio, il discorso di distanza può sembrare alquanto teorico;
tuttavia è proprio la distanza ad influenzare e ad incidere sull'andamento del match. Occorre,
innanzitutto, dire che non esistono misure definite. E come allenare, quindi, la tattica del
combattimento al variare di una distanza di cui poco si conosce? Prendendo punti di riferimento
strettamente soggettivi. Quali? La misura della propria gamba posteriore, quella cioè che ha un
raggio d'azione maggiore. Ciò premesso è facile distinguere 4 distanze di gara.
1. Distanza SUPERIORE al raggio d'azione della gamba posteriore
2. Distanza PARI al raggio d'azione della gamba posteriore
3. Distanza INFERIORE al raggio d'azione della gamba posteriore
4. Distanza del corpo a corpo
È inutile ripetere che ad ognuna di tale distanza, si attua un combattimento tatticamente e
tecnicamente diverso.
I punti validi
Nel combattimento di TKD sono permesse le tecniche di pugno, utilizzando la parte frontale delle
dita del pugno chiuso e le tecniche di piede utilizzando qualsiasi parte del piede al di sotto della
caviglia. I bersagli validi sono il tronco e il viso. Il tronco, la zona racchiusa in alto da una linea
orizzontale passante per la parte superiore delle clavicole e in basso da una linea orizzontale
passante per le creste iliache può essere attaccata sia con tecniche di pugno e di piede.
Da questa zona sono escluse le parti posteriori non coperte dalla corazza. Il viso, la parte frontale e
laterale (fino alle orecchie) del capo, può essere attaccata solo con tecniche di piede. I punti sono
assegnati quando le tecniche permesse sono portate con decisione e forza sulle zone a punto. Il
punteggio dell'incontro è dato dalla somma dei punti nei tre rounds. Azioni antisportive ed illegali
possono comportare la deduzione o l'annullamento del punto conquistato. Alcune azioni non
permesse sono: afferrare, trattenere o spingere l'avversario, colpire al di fuori delle zone permesse
(ad esempio pugno al viso o calcio ai genitali), cadere di proposito per evitare contrattacchi, uscire
di proposito dal quadrato di gara. Il combattimento può essere vinto ai punti, per K.O. oppure, se si
ha punteggio pari, per superiorità, in tal caso è l'arbitro che assegna la vittoria all'atleta più
aggressivo. I punti segnati vengono segnalati immediatamente durante l'incontro, ciò rende il
combattimento avvincente anche per gli spettatori, che possono seguire con maggiore
coinvolgimento la gara.