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Progetto e realizzazione di una monoposto da competizione per la SAE

Formula Student

D. Caprioli, D. G.Rosti

D.M.T.I. – Università di Firenze


Via S.Marta 3 – 50139 Firenze
e-mail: capriolid@dmti.unifi.it, rostid@dmti.unifi.it

Keywords: Formula SAE, design, chassis, roll stiffness.

Sommario
Il presente lavoro descrive parte dello studio effettuato dal “Team Firenze Race” per progettare e costruire la prima
auto dell’Università di Firenze, con lo scopo di partecipare alla Formula SAE. In particolare vengono presentate le
analisi realizzate per mettere a punto il telaio, con particolare attenzione alle simulazioni effettuate sullo chassis per
verificarne la rigidezza torsionale.

Abstract
This paper describes the design of the first University of Florence FSAE car, performed by the “ Firenze Race Team ”,
in order to compete in the Formula SAE competition. The most important components assembly is outlined, especially
the chassis roll stiffness is analysed. The relation between the stiffness and the chassis mass is highlighted, using finite
elements analysis.

1. INTRODUZIONE
La Formula Student è l’appuntamento europeo di una competizione internazionale, organizzata dalla SAE
(Società degli Ingegneri dell’Automobile) negli Stati Uniti, tra le varie università d’ingegneria, i cui studenti si
impegnano a realizzare un veicolo da corsa a ruote scoperte [1-3].
Quest’anno un gruppo di studenti dell’Università di Firenze ha deciso di partecipare a questa gara,
iniziando a progettare il veicolo con il quale si vorrebbe competere nella prossima edizione.
La gara è composta da più prove, alcune statiche e altre dinamiche: le prime hanno lo scopo di verificare
la bontà del progetto realizzato, le seconde invece di mettere a confronto i mezzi presentati dalle varie
università, sia dal punto di vista prestazionale che affidabilistico. Se infatti è difficile realizzare un veicolo che
eccella per le prestazioni assolute in tutte le prove (accelerazione, tenuta laterale, giro veloce, endurance e
consumo di combustibile), ancora più difficile è garantire l’affidabilità del mezzo, e ciò è testimoniato dal fatto
che oltre il 50% dei partecipanti non riesce a portare a termine tutte le gare (in particolare è la gara di endurance
che “miete” il maggior numero di “vittime”).
Il prototipo realizzato deve essere dotato di quattro ruote non allineate e di sospensioni funzionanti che
devono garantire un’escursione di almeno 25.4 mm sia in compressione che in estensione; il motore deve essere
a quattro tempi ed avere una cilindrata non superiore a 610cc.
Il motore è l’unico componente fondamentale del veicolo che non deve necessariamente essere
progettato, ma che può essere acquistato e modificato, ciò viene consentito per non rendere troppo difficoltosa la
partecipazione alla gara. Per incrementare la sicurezza della competizione e per dare maggiori possibilità di
studio e perciò di apprendimento agli studenti, il regolamento [3] impone di posizionare una restrizione lungo il
condotto d’aspirazione del motore; in questo modo le potenze dei motori utilizzati vengono ridotte in maniera
notevole e i team sono costretti a studiare un’elaborazione per migliorare le prestazioni del propulsore.
I motori più utilizzati sono i quattro cilindri che le case motociclistiche giapponesi montano sui loro
mezzi da 600cc: sono tutti motocicli che partecipano al campionato “Supersport”, come i CBR, i GSX-R, le R6
e le ZX6-R, che di serie possiedono oltre 75kW di potenza massima, ma che dopo l’aggiunta della restrizione da
20mm nel condotto d’aspirazione, necessitano di uno studio approfondito e di un’accurata messa a punto per
poter superare i 30kW. Non mancano ovviamente università che abbiano scelto di utilizzare motori differenti;
citiamo ad esempio alcuni team messicani che hanno adottato dei motori monocilindrici di derivazione
enduristica, e un team giapponese che ha utilizzato un motore derivato da una city-car. Questa tipologia di auto
molto diffusa nel paese del Sol Levante, è caratterizzata dalle dimensioni particolarmente contenute e dal
motore che non può avere la cilindrata complessiva superiore a 660cc; modificando un propulsore di serie, il

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team giapponese è riuscito a presentarsi alla gara con il primo veicolo che non utilizzasse un motore di
derivazione motociclistica.
Quest’anno per la prima volta un team si è presentato all’appuntamento statunitense con un motore
completamente nuovo: l’università di Washington infatti ha progettato e realizzato per il proprio veicolo un
motore di 600cc ma costituito da 8 cilindri a V.
Il motore da noi scelto è il bicilindrico “desmodue”, prodotto dalla Ducati e montato sui Monster 600 e
sulle 600SS prodotte dalla casa di Borgo Panigale; come già sulle moto, anche sulla nostra macchina il motore
ha funzione strutturale, e ciò deve essere tenuto in considerazione durante la progettazione del telaio. Oltre che
dalle ragioni strutturali appena menzionate, la nostra scelta è stata determinata dal fatto che questo motore è
abbastanza leggero e compatto, è dotato di una corposa coppia ai bassi regimi, molto utile per districarsi
agilmente lungo il tortuoso percorso di gara, e proprio per il fatto che essendo il regime di potenza massima
inferiore a 9000 rpm, risente in maniera ridotta della presenza della restrizione in aspirazione; al contrario i
motori a quattro cilindri giapponesi raggiungendo il picco di potenza massima tra i 12000 e i 14000 rpm,
necessitano di un’accurata messa a punto per evitare che la loro potenza venga ridotta ad un terzo di quella
originale.

Fig.1 Schema tecnico della Ducati Monster

2. SCELTE PROGETTUALI
La progettazione di un veicolo per la Formula Student è un’attività molto istruttiva e stimolante, per tutti gli
studenti che abbiano la passione di aggiungere alla normale attività universitaria, questo ulteriore ed
impegnativo compito, avente come fine ultimo il confronto con studenti di altre università animati dalla stessa
passione per il mondo dello sport motoristico.
Una delle caratteristiche più affascinanti di questa attività progettuale è indubbiamente la quasi assoluta
mancanza di dati a cui riferirsi durante la fase di ideazione del progetto, cosa che comporta un’elevatissima
libertà progettuale. Gli unici riferimenti disponibili sono ottenibili dalle auto realizzate dalle altre università, e
dal regolamento della competizione [3], che seppur molto dettagliato, non pone eccessivi vincoli se non per
garantire la sicurezza del pilota e degli altri veicoli in caso di incidente. Si possono perciò definire gli obiettivi
del progetto senza particolari limitazioni, non c’è per esempio una massa minima del veicolo da rispettare,
bisogna però tenere in considerazione un aspetto fondamentale anche nel mondo delle corse professionistiche,
infatti il costo del veicolo non può lievitare eccessivamente, sia per la difficoltà pratica nella realizzazione, sia
perché se ne deve effettuare uno studio di fattibilità ed il teorico costo è limitato dal regolamento della
competizione.

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Potendo iniziare la progettazione dal “foglio bianco”, bisogna subito definire quali aspetti del veicolo si
vogliono ottimizzare; essi sono strettamente legati al tipo di competizione alla quale prenderà parte il prototipo
in studio.
Con riferimento alle prove dinamiche che compongono la gara, risulta immediato definire un primo
obiettivo di minimizzazione della massa del veicolo in ordine di marcia, essa infatti influenza negativamente il
comportamento del veicolo in tutte le prove, dall’accelerazione da fermo al consumo di carburante. Ovviamente
la massa non è il solo parametro da ottimizzare, infatti il comportamento dinamico è fortemente dipendente in
primo luogo dalla cinematica delle sospensioni, in secondo luogo da come il sistema sospensivo si interfaccia
con il telaio dell’autoveicolo.
Lo chassis è indubbiamente una delle parti fondamentali del veicolo, sia per l’influenza che ha sul
comportamento dinamico dell’auto, sia perché è il componente principale che deve garantire la sicurezza del
pilota; a questo proposito è importante tenere presente che si deve poter garantire che il 95 percentile americano
possa posizionarsi al volante dell’auto. Ovviamente lo chassis deve presentare gli attacchi per tutti i componenti
ausiliari e in particolare per il propulsore che nel nostro caso ha anche una funzione strutturale.
Per studiare la distribuzione delle masse, si può creare un semplice modello a masse concentrate che
comprenda tutti i componenti principali; in questo modo si riesce ad avere un’idea abbastanza precisa della
posizione spaziale del baricentro. Ovviamente durante lo sviluppo del progetto, tutti i valori di tentativo
utilizzati nella fase iniziale, devono essere sostituiti dai valori ottenuti con la modellazione CAD prima, e con le
misure sperimentali dopo.
Lo scopo di questa modellazione è quello di ridurre, quanto più possibile, l’altezza del baricentro, e di
equilibrare il veicolo cercando di posizionare il baricentro sull’asse longitudinale e su quello trasversale. Per
ottenere questo risultato si deve studiare il posizionamento di tutti i componenti accessori, iniziando dal pilota,
la cui posizione risulta fondamentale essendo “il componente” del veicolo con la massa più elevata. Tutto ciò
deve essere preceduto da alcune decisioni fondamentali per il futuro comportamento dinamico del veicolo, ossia
la definizione del valore del passo e delle carreggiate, oltre alla definizione della posizione del motore, che ha
un’elevata influenza sulla dinamica del veicolo avendo una massa elevata e comparabile con quella del pilota.

Fig.2 Modello del veicolo a masse concentrate

3. DIMENSIONAMENTO DELLO CHASSIS


I compiti che devono essere assolti dallo chassis sono principalmente di due tipologie: strutturali e prestazionali.

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La parte strutturale comprende tutte le necessità di posizionamento dei vari componenti del veicolo, tra
cui la distribuzione delle masse di cui si è già parlato, e soprattutto l’ottemperanza alle normative di sicurezza,
accuratamente descritte nel regolamento della competizione [3].
L’aspetto prestazionale è invece relativo al comportamento dinamico del veicolo, e perciò comprende
tutte le caratteristiche fisiche che lo influenzano; la linea sottile e sfumata che divide questi due aspetti viene
oltrepassata dalla massa del telaio, che ha un’elevata importanza anche dal punto di vista prestazionale, infatti
per esempio, influenza direttamente i momenti d’inerzia del veicolo come anche tutti i trasferimenti di carico
(rollio, beccheggio etc.); tra i vari parametri che influiscono sull’aspetto prestazionale, rammentiamo anche la
rigidezza torsionale, di cui parleremo diffusamente più avanti.
L’utilizzo generalizzato di propulsori motociclistici per i veicoli partecipanti alla Formula Student, e più
in generale alla Formula SAE, consente di effettuare a priori un’analisi delle prestazioni del veicolo, utilizzando
come dati quelli del motociclo da cui è stato prelevato il motore. Bisogna per prima cosa effettuare una stima
ragionevole di come si modificheranno le curve caratteristiche di potenza e coppia, dopo aver posizionato la
restrizione regolamentare. Si deve poi ipotizzare una massa totale della vettura rapportandola a quella della
moto, e infine si deve definire un nuovo rapporto di trasmissione finale che ben si adatti al tipo di circuito che
ospiterà la gara [3], tenendo presente la nuova curva di coppia, la finestra di utilizzo ottimale del motore e le
dimensioni dei pneumatici scelti, che inevitabilmente saranno completamente differenti da quelli motociclistici.

3.1. La rigidezza torsionale


Il parametro fondamentale per la progettazione di uno chassis è certamente la rigidezza torsionale, essa infatti
influenza il funzionamento delle sospensioni dato che determina lo spostamento dei loro punti d’attacco al
telaio, e quindi modificando il loro comportamento dinamico, influenza quello di tutto il veicolo.

Fig.3 Rotazioni in radianti durante la simulazione del carico torsionale sul Telaio 1

Per chiarire l’importanza di questo parametro, possiamo fare riferimento alle due tipologie di
competizioni che si pongono agli estremi delle gare automobilistiche: la Formula 1 e le gare di Kart. Nelle auto
di Formula 1 si ricerca la massima rigidezza torsionale del telaio per garantire una posizione quasi fissa, dei
punti d’attacco delle sospensioni, l’ordine di grandezza è di oltre 20000 Nm/deg. Nei Kart invece non sono
presenti delle sospensioni vere e proprie, e l’azione sospensiva viene svolta proprio dal telaio, che con la sua
deformabilità programmata svolge la funzione sospensiva garantendo il contatto ruote-pista.
Un veicolo per la Formula Student, essendo una monoposto dotata di sospensioni, è sicuramente più
simile ad una Formula 1 piuttosto che ad un Kart, perciò lo chassis non deve essere troppo flessibile. In generale
non è semplice realizzare un telaio rigido, in quanto molto spesso la rigidezza è proporzionale alla massa, che
come già detto si vorrebbe sempre minimizzare. Rimane da chiarire quando si possa definire rigido un telaio; un

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valore valido universalmente non può esistere, perché dipende dall’utilizzo a cui è destinato i veicolo (slalom,
rally, velocità su strada, velocità in pista etc.), certamente possiamo affermare che per la nostra monoposto la
rigidezza torsionale sarà almeno di un ordine di grandezza inferiore a quella di una Formula 1.

Se si considera il comportamento dinamico di un veicolo ed in particolare la marcia in curva, si può


definirlo bilanciato, se si ottiene lo stesso livello di aderenza dagli assi anteriore e posteriore, ossia se da
entrambi gli assi si ottiene una forza tale da dare la stessa accelerazione laterale. La tenuta laterale è strettamente
dipendente dal funzionamento delle sospensioni, che come già detto sono influenzate dal comportamento del
telaio. Si può così dire che la rigidezza torsionale dello chassis deve essere un multiplo della rigidezza totale a
rollio delle sospensioni [4].

Fig.4 Rotazioni in radianti durante la prova della rigidezza torsionale sul Telaio 1

3.2. Analisi delle soluzioni adottate


Il telaio della nostra monoposto per la Formula SAE, è stato studiato con particolare attenzione, con lo scopo di
ottenere la migliore soluzione di compromesso, per raggiungere un’elevata rigidezza torsionale e una massa
totale quanto più ridotta possibile, al fine di avvicinarsi alla massa del Ducati Monster 600 da cui proviene il
nostro propulsore.
I punti cruciali della progettazione sono stati il posizionamento del motore, la messa a punto delle
sospensioni, e il posizionamento del pilota. Definiti questi vincoli, si è dovuto scegliere che tipo di tecnologia
utilizzare per realizzare il telaio, la scelta è caduta su uno schema a traliccio tubolare in acciaio, che ha il
vantaggio di essere abbastanza economico, e di consentire modifiche relativamente facili in caso di errori di
realizzazione o di rotture durante l’uso.
La progettazione dello chassis si è basata sul regolamento della Formula SAE [3], che specifica la
geometria e la sezione dei tubi utilizzati per le parti di sicurezza (per esempio del roll-bar), e i punti di attacco
delle diagonali che le collegano; tutte le altre parti sono state sviluppate tenendo in considerazione la necessità
di triangolare tutti i nodi principali di collegamento[5].
Il modello agli elementi finiti del telaio è stato realizzato modellando i tubi tramite degli elementi
“beam” aventi la sezione uguale a quella dei tubi previsti in fase di progetto.
L’evoluzione del progetto ha portato alla struttura visibile nelle varie figure, dove è evidenziata la
triangolazione delle varie parti del telaio, realizzata con lo scopo di ridurre tutte le possibili flessioni delle parti
sottoposte ai vari tipi di carico.
Le versioni del telaio, le cui analisi sono riportate di seguito, sono rappresentative di modelli di chassis
aventi un’unica forma, ma differenti geometrie dei tubi che ne formano la struttura.

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Definiamo perciò “Telaio 1”, la versione costituita completamente da tubi di identico spessore (diametro
20mm e spessore 2mm), ad esclusione dei tubi che costituiscono la struttura di sicurezza (roll-bar) che sono
predefiniti dal regolamento della Formula SAE; la seconda versione che identifichiamo con “Telaio 2”, è stata
ottenuta dalla prima con una riduzione di sezione di alcuni tubi, riducendo così la massa di circa il 10%.

Fig.5 Si mostrano i valori delle tensioni durante la prova di simulazione del carico torsionale sul Telaio 1

In figura 3 è illustrata l’analisi del Telaio 1 considerando il telaio incastrato nella parte posteriore ed
applicando una coppia di 1000Nm intorno all’asse longitudinale, il vincolo posteriore è sovrabbondante ma
comunque simile a quello utilizzato nella realtà per una prova simile, il motore è modellato come una parte a

Fig.6 Rotazioni in radianti durante la prova della rigidezza torsionale sul Telaio 2

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rigidezza infinita che collega gli attacchi sul telaio. La simulazione riportata in figura 3, mostra le rotazioni
intorno all’asse longitudinale espresse in radianti, che permettono di ottenere la rigidezza torsionale del telaio
che equivale a circa 540Nm/deg.
Questa simulazione è realistica per il comportamento torsionale del telaio, ma non è troppo precisa nel
prevedere la rigidezza torsionale della vettura completa [1], perciò è stato verificato il comportamento del telaio
completo di sospensioni. Per questa simulazione è stato necessario pensare ad un diverso metodo di
applicazione della coppia torcente, e si è così deciso di applicare la coppia tramite due forze opposte del valore
di 850N applicate sui pneumatici posteriori, collegando al terreno quelli anteriori tramite un incastro. I risultati
visibili in figura 4 mostrano un valore della rigidezza torsionale della vettura, superiore a 1400Nm/deg, il valore
è molto buono e completamente diverso da quello calcolato col solo telaio.
Per verificare la validità delle simulazioni effettuate, sono state analizzate le sollecitazioni presenti sul
telaio durante le prove di torsione. In figura 5 è riportata l’analisi delle tensioni di Von Mises nel caso del telaio
nudo sollecitato con una coppia torcente nella parte anteriore. Come si può facilmente osservare, lo stato delle
sollecitazioni è relativamente basso, se si trascurano le zone di attacco motore e quelle posteriori dove sono
presenti gli incastri; queste zone sono trascurabili perché non sono state modellate in maniera molto accurata,
dato che la loro importanza in queste simulazioni, è limitata dal fatto di rappresentare solo un collegamento tra
parti accessorie. Il basso livello di sollecitazioni, e la similitudine con quello riscontrato su telai caricati in
maniera differente, ha fornito un’ulteriore garanzia della bontà della modellazione effettuata.
L’analisi torsionale del telaio completo di sospensioni, Telaio 2, caricato con due forze sulle ruote
posteriori (fig.6), mostra un comportamento molto simile a quello riscontrato con il Telaio 1, evidenziando una

Fig.7 Confronto delle rotazioni dei Telai 1 (verde) e 2 (giallo), in varie sezioni lungo l’asse longitudinale

riduzione del 2% della rigidezza torsionale, ma con una diminuzione della massa di circa il 10%.
Per meglio evidenziare le differenze di rigidezza tra le versioni Telaio 1 e Telaio 2, riportiamo in figura 7
due grafici che rappresentano la rotazione di alcuni nodi fondamentali appartenenti al telaio, e che sono posti in
posizioni differenti lungo l’asse longitudinale del veicolo. Questo grafico evidenzia come la differenza di
rotazione relativa alle singole sezioni del telaio sia inferiore al 5%, risultato più che buono considerando la
riduzione di massa ottenuta e l’ottimizzazione della geometria già completata in precedenza.
Il confronto della mappa delle tensioni del Telaio 2 (fig.8) con quella del Telaio 1 (fig.5), evidenzia come
la versione alleggerita non presenti un incremento elevato delle sollecitazioni, mostrando così il buon risultato
conseguito con l’alleggerimento.
Un’ulteriore analisi effettuata ha consentito di verificare il comportamento del telaio durante un
particolare tipo di marcia in curva, ottenuto bloccando le ruote posteriori e caricando l’anteriore con una forza
verticale di 1250N e una trasversale di 1500N; i risultati ottenuti (fig.9) mostrano un livello di sollecitazioni
medio, che garantisce una buona resistenza del materiale anche utilizzando un coefficiente di sicurezza elevato.

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3.3. Sollecitazioni dovute alla trasmissione


Lo studio delle sollecitazioni sul telaio è stato affrontato anche analizzando in dettaglio le forze che i vari
sottomodelli (sospensioni, trasmissioni, freni, etc.) scambiano con il telaio stesso durante le varie prove
dinamiche. In particolare sono state analizzate le manovre che maggiormente sollecitano il telaio, e che
coinvolgono il sistema di trasmissione della coppia motrice.
Tutte le simulazioni effettuate hanno utilizzato come telaio di riferimento il Telaio 2 in varie versioni
corrispondenti a differenti livelli di sviluppo; queste analisi hanno contribuito a definire le varie sezioni dei tubi
che hanno portato alla versione definitiva dello chassis di cui sono già state mostrate varie analisi e a cui faranno
riferimento tutte le simulazioni che verranno mostrate in seguito.

Fig.8 Si mostrano i valori delle tensioni durante la prova di rigidezza torsionale sul Telaio 2

Fig.9 Si mostrano i valori delle tensioni durante la simulazione della prova di marcia in curva sul Telaio 2
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Il nostro veicolo utilizza il motore e il cambio della Ducati Monster 600; il metodo scelto per portare la
coppia motrice all’asse posteriore è derivato direttamente da quello motociclistico, infatti si utilizza il sistema

Fig.10 Sollecitazioni sul telaio durante la simulazione della prova di accelerazione con il Telaio 2

composto da pignone, catena e corona, e il rapporto utilizzato è stato ottimizzato per la particolare gara a cui è
destinato il veicolo. La corona è montata direttamente sulla scatola differenziale, in questo modo il sistema di

Fig.11 Sollecitazioni sul telaio durante la simulazione della prova di frenata con il Telaio 2

trasmissione della coppia motrice alle ruote posteriori, risulta leggero e con un’elevata efficienza. Il
differenziale utilizzato è un autobloccante appositamente progettato, montato su due supporti anch’essi di nostra

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realizzazione, che consentono di regolarne la posizione e costituiscono il collegamento con il telaio, a cui
vengono trasmesse le forze di reazione derivanti dalle manovre di accelerazione e di frenata.
Abbiamo modellato la manovra di accelerazione considerando una coppia di 600Nm alla corona, con
totale assenza di slittamento delle ruote, che nell’istante considerato risultano ferme, simulando in questo modo
una prova di accelerazione da fermo. Nella figura 10 viene mostrato lo stato di sollecitazione presente sulla
parte posteriore del telaio durante la manovra di accelerazione sopra descritta. La coppia agente sulla corona è
stata trasformata in una forza applicata normalmente all’asse del differenziale, che è stato modellato come un
corpo rigido; per il calcolo di questa forza di trazione si è utilizzato un coefficiente di sicurezza notevolmente
cautelativo, a causa dell’impossibilità di disporre di dati sperimentali a cui riferirsi per verificare con precisione
l’entità delle forze sollecitanti durante le prove dinamiche oggetto di questo studio su un veicolo completamente
nuovo.
I risultati mostrati forniscono dei valori delle sollecitazioni non trascurabili, ma sopportabili da un
normale acciaio legato utilizzato per realizzare telai in tubi (ad esempio AISI 4130), bisogna inoltre tenere
presente che l’analisi è stata effettuata nelle condizioni cautelative già descritte in precedenza.
I supporti del differenziale e i tiranti, mostrati in figura 10, non presentano l’esatto andamento delle
tensioni sollecitanti (cioè la scala dei colori), perché l’analisi era stata focalizzata sul telaio; in altre simulazioni,
che qui non sono state riportate, si è verificato che essi presentano uno stato di tensione sufficientemente ridotto
che testimonia la buona progettazione improntata all’ottenimento di una buona rigidezza e di una massa ridotta.
Nella figura 11 viene mostrato il risultato della prova di simulazione di frenata, modellata nel seguente
modo: si suppone che il veicolo stia marciando su un percorso asfaltato con ottime caratteristiche di aderenza, si
può supporre un coefficiente d’attrito di 1.5, e che sia applicata una coppia frenante tale da consentire una
decelerazione di 1.5g, con il ripartitore di frenata che fornisce il 100% della forza frenante alle ruote posteriori.

Fig.12 Sollecitazioni sul telaio durante la simulazione della prova di carico in curva sul Telaio 2

L’asse posteriore è caratterizzato da una scelta progettuale che ha portato a montare un solo freno a disco
direttamente sul differenziale, per ridurre le masse e in particolare quelle non sospese, per mantenerle vicine
all’asse di rollio e soprattutto perché l’importanza funzionale del freno posteriore è abbastanza ridotta a causa
del tipo di percorso di gara e della geometria del veicolo, il ruolo che usualmente svolge è di equilibrare la
frenata; ciò è validato anche dal fatto che l’universale scelta dei team partecipanti rispecchia questa tipologia di
impianto frenante.
Per l’analisi delle sollecitazioni dovute alla forza frenante, e presentate in figura 11, valgono le
considerazioni già effettuate per le sollecitazioni derivanti dalla coppia motrice: la forza frenante generata dalla
pinza del freno che è montata sul supporto destro del differenziale, è stata ridotta ad una forza sollecitante
normale all’asse del differenziale e posta in corrispondenza del disco freno stesso. La scelta di ripartire la forza
frenante solo sull’asse posteriore è notevolmente cautelativa in quanto si è addirittura trascurato il trasferimento

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di carico sull’anteriore, tipico di un’azione frenante, per analizzare la più gravosa delle condizioni di
funzionamento. I valori di tensione presentati in figura 11 sono inferiori ai limiti strutturali del materiale e non
richiederebbero nemmeno la presenza dei fazzoletti di lamiera, utilizzati usualmente come rinforzo nelle
giunzioni più stressate dei telai in tubi spaziali. Anche in questa immagine i supporti del differenziale non
mostrano l’andamento delle tensioni in maniera precisa, perché si è ritenuto opportuno privilegiare la
rappresentazione delle sollecitazioni sul telaio che sono state considerate più significative. In ulteriori analisi qui
non riportate, si è potuto verificare che lo stato di sollecitazione sui supporti, dovuto all’azione frenante, è
compreso in un intervallo di valori inferiore ai limiti tipici del materiale utilizzato (lega 7075 T6).
Per completare l’analisi delle sollecitazioni dovute ai vari sottosistemi fondamentali del veicolo,
riportiamo in figura 12 lo studio delle sollecitazioni dovute ai carichi delle sospensioni. L’analisi è stata
effettuata sia sul sistema sospensivo anteriore, che su quello posteriore, che appunto è visibile in quest’ultima
immagine. Ancora una volta si mostra solo il sottosistema costituente la parte posteriore dello chassis, che in
questo caso è caricato con le forze agenti nei punti d’attacco della sospensione sul telaio. Questi carichi sono
stati ottenuti con una simulazione del comportamento delle sospensioni durante la marcia in curva, che è stata
simulata con due forze di 2000N, una verticale ed una orizzontale centripeta, applicate al mozzo ruota della
ruota esterna, mentre quella interna alla curva è stata considerata scarica. I valori delle tensioni mostrati in figura
12 sono decisamente inferiori ai limiti del materiale, e testimoniano ancora una volta il buon risultato ottenuto
nella progettazione del telaio.

4. CONCLUSIONI
Lo studio di un veicolo per la Formula Student (o più in generale Formula SAE) è stato affrontato per la prima
volta da un team dell’Università di Firenze. Le analisi qui presentate mostrano l’ottimizzazione del progetto del
telaio; rivolgendo particolare attenzione al contenimento della massa, lo studio ha cercato di ottimizzare la
rigidezza torsionale, indagando i vari metodi di calcolo e analizzando le varie tipologie di sollecitazioni a cui è
sottoposto.
I risultati ottenuti hanno consentito di scegliere la soluzione migliore; accettando una lieve diminuzione
della rigidezza torsionale, è stata ottenuta un’apprezzabile riduzione della massa del telaio.
Si prevede di poter iniziare una campagna di prove sperimentali sia sul telaio che sul veicolo completo,
appena sarà terminata la fase realizzativa. Si aggiungerà all’analisi statica già completata, un’analisi dinamica da
confrontarsi con quella sperimentale che si potrà effettuare sia al banco che in pista.
La verifica più probante sarà comunque la partecipazione alla Formula Student, solo il confronto con le
realizzazioni delle altre università potrà consentire di tracciare un giudizio assolutamente oggettivo sullo studio
effettuato.

Bibliografia
[1] D. Caprioli, D. G. Rosti, “Guidelines to design a Formula SAE racecar”, in Automobili e motori High-Tech 2001,
Democenter, Modena.
[2] D. Caprioli, D. G. Rosti, “La passione ci guida…il progetto Formula Student”, Auto Tecnica, 12, (2000).
[3] “Formula SAE rules”, SAE International, 2000
[4] A. Deakin, D. Crolla, J. P. Ramirez, R. Hanley, “The Effect of Chassis Stiffness on Race Car Handling Balance”, SAE
Paper, 2000-01-3554.
[5] E. F. Gaffney III, A.R. Salinas, “Introduction to Formula SAE Suspension and Frame Design”, SAE Paper, 971584.
[6] L. L. Thompson, S. Raju, E. H. Law, “Design of a Winston Cup Chassis for Torsional Stiffness”, SAE Paper 983053.

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