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1 L'ANALISI DIMENSIONALE

1.1. L’ANALISI DIMENSIONALE ED I VANTAGGI DEL SUO USO NELLA


SCELTA E NELLA GESTIONE DELLE TURBOMACCHINE

L’analisi dimensionale è un procedimento operativo che permette di raggruppare le variabili


che compaiono in una relazione che descrive analiticamente un fenomeno fisico, in maniera da
ottenere un numero minore di gruppi adimensionali, ciascuno contenente due o più variabili,
caratterizzati dal presentare tutte le variabili almeno una volta e dall'essere legati da una relazione
analitica atta a descrivere anch'essa, compiutamente, quel fenomeno fisico.
In pratica, se la relazione:
f (x1, x2 , x3 ........., xn) = 0 (1)
collega le n variabili che hanno influenza su di un fenomeno fisico, l'analisi dimensionale consente
di ricavare una relazione del tipo:
g (π1 ,π2 ……..,πn-k) = 0 (2)
tra (n-k) variabili adimensionali, cioè tali che ciascuna può essere espressa come:
π i = x 1a1 ⋅ x a22 ⋅ ....... ⋅ x ann = L0 M 0 T 0
dove a1, a2, ….an possono assumere il valore di un qualunque numero razionale non
necessariamente diverso da zero; la relazione (2) ricavata descrive compiutamente il fenomeno
fisico allo studio. La reale possibilità del procedimento descritto è offerta dal teorema del π o
teorema di Buckingham, il quale parimenti fissa il valore di k, ovvero quello del minimo numero
possibile di grandezze adimensionali (n-k) necessarie per la completa descrizione dello specifico
problema in esame: k può al massimo eguagliare il numero delle dimensioni fondamentali che vale
tre per i problemi che qui interessano.
I vantaggi connessi all'uso dell'analisi dimensionale sono evidenti, particolarmente nello studio
delle turbomacchine, in cui il numero delle variabili, geometriche, cinematiche e dinamiche e la
variazione delle caratteristiche del fluido durante l'efflusso, può essere molto elevato. Dal punto di
vista della rappresentazione dei risultati di un’indagine sperimentale essa permette di ridurre il
numero dei grafici necessari, perché riduce il numero delle variabili.
Dal punto di vista operativo, essa consente di isolare gli effetti sul fenomeno della variazione di
una sola delle variabili fisiche. Infatti, una variazione dell’andamento del fenomeno dovuta alla
variazione di uno solo dei parametri fisici da cui dipende può sempre essere simulata con la
variazione di uno o più di uno degli altri parametri, il che permette un’agevole sperimentazione per
lo studio dell'influenza, sul fenomeno, di parametri la cui grandezza non é facile far variare. Inoltre
è sempre possibile compensare la variazione del valore di una variabile fisica in tutti i gruppi in cui
essa compare, con la variazione del valore di altre variabili, in modo da mantenere costanti i valori
dei gruppi adimensionali interessati e quindi inalterato l'andamento del fenomeno.
Per l'applicazione dei concetti esposti ad un problema concreto resta da chiarire il modo con cui è
possibile individuare le variabili fisiche che sul problema hanno influenza ed i gruppi
adimensionali che con esse possono formarsi.

1.2. L’INDIVIDUAZIONE DELLE VARIABILI E LA DEDUZIONE DEI GRUPPI


ADIMENSIONALI

Non é possibile fornire una metodologia generalmente valida per l’individuazione delle
variabili fisiche che influenzano l'andamento di un fenomeno; é possibile tutt'al più raggruppare,
nell'analisi sperimentale, variabili fisiche di tipo diverso, come quelle geometriche, cinematiche e
dinamiche, distinguendo in queste ultime quelle tipiche del fluido da quelle meccaniche.
Nel seguito sarà mostrato come l'analisi dimensionale riesce a fornire un aiuto anche per questo
problema. Gli (n-k) gruppi adimensionali indicati genericamente dal teorema del π non sono stati
individualmente definiti ma possono essere comunque ricavati o scelti in un numero elevato di
gruppi, potendo tra essi comparire anche le loro combinazioni. Si riporta qui di seguito un
procedimento molto semplice con il quale è possibile agevolmente pervenire alla formulazione di
un primo insieme essenziale di gruppi.
Per un problema governato da un numero n di variabili fisiche, è possibile selezionarne
arbitrariamente un numero pari a k ed accoppiare ad esse ciascuna delle (n-k) variabili restanti,
costituendo così (n-k) gruppi. E' ben chiaro che, operando in tal modo, il numero totale di gruppi
ricavabili vale quanto le combinazioni di n elementi a k+1 volte, cioè:

⎛ n ⎞ n! (3)
⎜ ⎟ =
⎝ k + 1 ⎠ (k + 1) ! (n − k − 1) !

ovvero, per n = 5, 6, 7...i gruppi possibili diventano rispettivamente 5, 15, 35..... mentre quelli
strettamente necessari sono a loro volta 2, 3, 4..... Se ne deduce che resta alla sensibilità ed
all'intelligenza dello sperimentatore la selezione dei gruppi da adottare per lo specifico problema.
A titolo esemplificativo si consideri il caso di un problema governato da sei variabili fisiche, per il
quale la (1) diventa:
f ( x1 , x2 , x3 ........., x6 ) = 0

I gruppi adimensionali da ricavare sono quindi (n-k) = 6 – 3 = 3, tre essendo il valore di k, ovvero
il numero delle dimensioni fondamentali L, M e T. Selezionando opportunamente tre delle variabili
fisiche ed accoppiandole a turno con le tre restanti, è possibile ricavare i tre gruppi desiderati:

π1 = x 1a1 ⋅ x a22 ⋅ x 3a 3 ⋅ x a44 = L0 M 0 T 0


π 2 = x 1b1 ⋅ x b2 2 ⋅ x 3b3 ⋅ x 5b 4 = L0 M 0 T 0
π 3 = x 1c1 ⋅ x c22 ⋅ x 3c3 ⋅ x c64 = L0 M 0 T 0

Conviene a questo punto elevare ogni gruppo ad una potenza pari al reciproco dell'esponente di
ciascuna delle tre variabili aggiunte (x4, x5 ed x6 nell’esempio), onde ridurre il numero delle
incognite, costituite appunto dagli esponenti delle variabili. Per ogni gruppo è possibile scrivere tre
equazioni in tre incognite e ricavare così gli esponenti cercati.
Come pratica applicazione di quanto esposto può essere riesaminato il fenomeno dell'efflusso di un
fluido attraverso una tubazione. Dall'osservazione del fenomeno è possibile, ad una prima analisi,
individuare alcuni dei parametri fisici da cui il fenomeno dipende. Tra i parametri geometrici sono
senz'altro da selezionare la lunghezza L ed il diametro D del tubo, la velocità c tra i parametri
cinematici e, tra i parametri dinamici, la densità ρ e la viscosità µ del fluido e la differenza di
pressione ∆p tra monte e valle del tubo. La relazione che governa il fenomeno dovrebbe essere
pertanto:

f (D, L, c, ρ, µ, ∆p ) = 0

Per quanto si è detto, il fenomeno deve essere governato anche da una relazione del tipo:

ϕ ( π1, π2, π3 ) = 0
in cui le variabili sono dei gruppi adimensionali, costruiti in modo tale che in essi ciascun
parametro fisico compaia almeno una volta. Per passare alla loro definizione, occorre selezionare
tre parametri fisici tra i sei disponibili.
E' bene, a questo punto, far notare che la procedura illustrata non è in grado di fornire indicazioni
in merito a tale scelta e pertanto non resterebbe che ripetere il procedimento, che segue, fino ad
individuare tutti i 15 gruppi ricavabili con esso, pur osservando che ancora altri gruppi
adimensionali possono ricavarsi dalle loro combinazioni. Solo la sperimentazione consente di
scegliere, tra tutti i gruppi possibili, i tre più adatti alla migliore utilizzazione. Dalla
sperimentazione sul problema in esame, sul quale si dispone una gran mole di dati, l'esperienza
consiglia di scegliere i parametri D, c e ρ, ed a questi accoppiare successivamente i tre restanti
parametri. Si ottengono così i tre gruppi adimensionali:

[L]a 1
[ ] ⋅ [ML ] ⋅ [ML T ] = [M L T ]
⋅ LT −1
b1 −3 c1 −1 −2 0 0 0

[L]a 2
⋅ [LT ] ⋅ [ML ] ⋅ [L] = [M L T ]
−1 b 2 −3 c 2 0 0 0

[L]a 3
⋅ [LT ] ⋅ [ML ] ⋅ [ML T ] = [M L T ].
−1 b 3 −3 c 3 −1 −1 0 0 0

Con riferimento al primo di essi, è possibile scrivere le seguenti tre relazioni tra gli esponenti
delle tre grandezze fondamentali:
c1 + 1 = 0
a 1 + b1 − 3c1 − 1 = 0
− b1 − 2 = 0.

La soluzione del sistema delle tre equazioni, nelle tre incognite costituite dai tre esponenti da
assegnare ai parametri per ottenere l'adimensionalità del gruppo, fornisce, per questo, l'espressione
∆p/ρc2. Per gli altri due gruppi il procedimento è analogo, ottenendo per essi le espressioni L/D e
ρcD/µ. E' da notare che il gruppo adimensionale ∆p/ρc2 é un gruppo che compare molto spesso nei
problemi di moto dei fluidi e rappresenta il rapporto tra l'energia di pressione per unità di massa
∆p/ρ e l'energia cinetica per unità di massa, proporzionale a c2; il gruppo L/D esprime una
similitudine geometrica che dimostra come la forma, e non le reali singole dimensioni geometriche,
é un fattore di controllo del fenomeno; esso avrebbe potuto immediatamente ricavarsi come
rapporto tra due delle variabili fisiche influenti sul fenomeno che presentano le stesse dimensioni;
il gruppo ρcD/µ rappresenta il ben noto numero di Reynolds ed esprime l'importanza delle forze di
attrito, viscose, rispetto a quelle di inerzia. In definitiva, l'espressione cercata collega i tre gruppi
trovati nella relazione:

ϕ ( ∆p/ρc2, L/D, ρcD/µ) = 0

Ancora una volta, giunti a questo punto, il supporto della procedura viene meno ed il legame reale
tra i tre gruppi è da ricercarsi con la sperimentazione.
Ora, un legame tra tutte le variabili fisiche influenti sul fenomeno è stato ricavato sperimentalmente
ed è espresso dalla relazione:
L c2
∆p = f ρ
D 2

in cui f, il coefficiente di attrito, è esprimibile in funzione del numero di Reynolds. In termini


adimensionali, la relazione esprime la proporzionalità tra i gruppi adimensionali ∆p/ρc2 e L/D, ma,
poiché la costante f di proporzionalità varia a sua volta con il numero di Reynolds, sono state
necessarie quelle ulteriori sperimentazioni che sono bene illustrate dal noto abaco di Moody, che si
riporta in fig.1. In questo si può notare come ancora l'analisi dimensionale continua a fornire un
valido aiuto: quando la sperimentazione porta a dei risultati non univoci è implicitamente segnalata
l’inadeguatezza delle variabili scelte per la descrizione del fenomeno. Nel caso specifico, illustrato
dall'abaco, all’univocità dei valori del coefficiente di attrito in corrispondenza dei bassi valori del
Reynolds (moto laminare) corrisponde uno sparpagliamento dei valori del coefficiente di attrito
agli alti valori del numero di Reynolds. In tal modo il metodo segnala la carenza del numero dei
parametri di controllo in tale zona, e quindi la necessità di un ulteriore gruppo adimensionale
razionalizzante. E’ ben nota l'influenza della scabrezza delle pareti del condotto ε, così chiamata in
causa, e come l'introduzione di un nuovo gruppo adimensionale, ε/D, la scabrezza relativa,
ripristini, anche nel campo degli alti Reynolds, la corrispondenza univoca dei risultati. E' vero
anche il contrario: l'ininfluenza di un parametro fisico e quindi di un gruppo adimensionale
sovrabbondante è prontamente denunciata da una sperimentazione i cui risultati sono riportati
inseriti nelle espressioni dei gruppi.
f

II-1
1.3. L'APPLICAZIONE ALLE MACCHINE DINAMICHE

E' possibile ora passare all'applicazione dei concetti dell'analisi dimensionale al campo delle
turbomacchine, beninteso nell'ottica precisata in premessa, ovvero ai fini della loro corretta
selezione e gestione, con lo studio delle loro caratteristiche operative. E' pertanto in tale luce che
verrà effettuata la scelta delle variabili di funzionamento. Ci si riferirà particolarmente al caso delle
turbomacchine operatrici, anche se il discorso comprende indifferentemente anche le
turbomacchine motrici, e, tra queste, converrà distinguere il caso in cui il fluido evolvente è
compressibile da quello in cui si tratta di un fluido incompressibile.

1.3.1. MACCHINE A FLUIDO INCOMPRESSIBILE

Sarà opportuno selezionare una dimensione geometrica, d, una grandezza cinematica, n, alcuni
parametri caratteristici del fluido evolvente, ad esempio la densità ρ e la viscosità µ, nonché alcune
variabili operative quali la portata volumetrica Q e la prevalenza H. Per quanto detto in precedenza,
la relazione tra le sei variabili fisiche selezionate:
f (d, n, ρ, µ, Q, H) = 0
può essere sostituita, nello studio del funzionamento di una turbooperatrice a fluido, da una
relazione tra tre grandezze adimensionali. Secondo la procedura consigliata nel paragrafo
precedente, è possibile isolare le variabili che più interessano nello studio che ci si propone,
ottenendo, per i tre gruppi, le espressioni:
Q H µ
Π1 = 3 ; Π2 = 2 2 ; Π3 = .
nd n d ρnd 2
Osservando con maggiore attenzione i gruppi, é possibile notare che tra essi non compare il gruppo
relativo alla forma, rapporto tra due dimensioni geometriche, perché é stato selezionato un sol
parametro dimensionale in relazione all'obiettivo che ci si è posto che é lo studio del
comportamento di una sola macchina.
Il primo gruppo, Q/nd3, rappresenta un’adimensionalizzazione della portata; se con u si indica la
generica velocità di trascinamento della girante e se con c si indica una velocità del fluido, il
gruppo esprime anche il valore del rapporto c/u. Tale gruppo, molto usato nei problemi di flusso
attraverso turbomacchine, prende anche il nome di coefficiente di portata e viene indicato con il
simbolo:
Q cd 2 c
ϕ= 3 = 2 = .
nd ud u
Il gruppo H/n2d2 adimensionalizza la prevalenza, che è un’energia per unità di massa, così come il
prodotto n2d2 ; esso, ricordando che H = ∆p/ρ , può anche presentarsi nella forma ∆p/ρc2 , nella
quale lo si è già incontrato. Anch'esso è molto utilizzato nello studio delle turbomacchine con il
nome di coefficiente di pressione e viene indicato, raddoppiato, con il simbolo ψ:
2H ∆p
ψ= 2 2 = .
n d 1 2
ρc
2
Anche la potenza P è un parametro di rilevante importanza nello studio del problema in esame, ma
non si è ritenuto utile annoverarla tra i parametri selezionati perché facilmente deducibile da essi.
Infatti, per una certa condizione:
ρQH
P=
η
Il gruppo C/ρn4d5 esprime la coppia adimensionalizzata, così come P/ρn3d5 esprime la potenza
adimensionalizzata, parametri entrambi molto importanti nell'esercizio di una macchina.

1.3.2. MACCHINE A FLUIDO COMPRESSIBILE

Sempre nella stessa ottica, occorre ora ricercare una relazione che leghi tra loro i vari
parametri determinanti nello studio del funzionamento di questo tipo di macchine. Occorre però
tener presente che tale ricerca è fondamentale per l'esposizione delle caratteristiche di una
macchina a causa della sensibilità di questa alle condizioni all'ingresso che comparendo nei gruppi,
possono essere disattivate ed all’inconsistenza dell'uso della portata volumetrica in una macchina a
fluido compressibile. Si selezionerà pertanto ancora una dimensione geometrica, d, perché anche
ora interessa la sola grandezza della macchina e non la forma dei suoi organi interni,
implicitamente estendendo i risultati ottenuti a tutte le macchine geometricamente simili; una
grandezza cinematica, quale il numero di giri nell'unità di tempo n; alcune grandezze dinamiche
relative al fluido evolvente, quali la densità ρ e la viscosità µ; ed infine delle grandezze operative,
quali la portata massica, ed i valori della pressione all'aspirazione p1 ed alla mandata p2 della
macchina. Del pari importanti sembrano essere la temperatura del fluido e la sua elasticità, ma si
preferisce continuare prescindendone, dimostrando successivamente che i numeri adimensionali
dedotti contengono implicitamente tali parametri.
Ed allora, anche in questo caso, l'analisi dimensionale permette di affermare che la relazione:
.
f (d, n, ρ, µ, m , p1, p2)
può essere vantaggiosamente sostituita da una relazione tra quattro gruppi adimensionali, il primo
dei quali può subito dedursi con il rapporto dei due parametri delle stesse dimensioni:
p2
Π1 = β = .
p1
Il rapporto di compressione così ritrovato è agevolmente collegabile alla prevalenza della
macchina, mentre nei gruppi successivi occorre rendere adimensionali gli altri due parametri
operativi, cioè la portata massica e la velocità di rotazione. Senza applicare pedissequamente il
procedimento illustrato per la ricerca dei quattro gruppi adimensionali, è possibile, selezionando i
.
parametri d, ρ, p ed m , scrivere:
d a ⋅ r b ⋅ p c ⋅ m = [ M 0 L0 T 0 ] ,
.

da cui può ricavarsi il gruppo:


.
m
Π2 = 1 1 .
d 2 p 12 ρ12
In esso può sostituirsi l'espressione della densità dedotta dall'equazione di stato:
p
ρ=
RT
dove R, costante caratteristica dei gas, è data da :

R=
( m)
in cui ℜ è la costante universale ed (m) il peso molecolare del gas.
Si introduce così il parametro temperatura e si perviene all'espressione del secondo gruppo
adimensionale cercato:
.
m RT1
Π2 = .
d 2 p1
Selezionando invece i parametri d, ρ, p ed n, è possibile scrivere:
d a ⋅ ρ1b ⋅ p1c ⋅ n = [ M 0 L0 T 0 ]

da cui può ricavarsi il gruppo:


1
dnρ 2
Π3 = 1 .
p2
Allo stesso modo del gruppo precedente, in esso può sostituirsi l'espressione della densità dedotta
dall'equazione di stato, così pervenendo al terzo gruppo adimensionale cercato:
dn
Π3 = .
RT1
Il quarto gruppo adimensionale non può che essere il numero di Reynolds, nella forma:
.
m
Π4 =
µd
In definitiva, l'espressione cercata può scriversi nella forma:
⎛ m. RT . ⎞
⎜ dn m⎟
ϕ⎜ β, 2 , ⎟ = 0.
1
,
d p1 RT µd
⎝ 1 ⎠
I suoi termini però, nel caso essa venga utilizzata per lo studio delle caratteristiche di una data
macchina elaborante sempre lo stesso fluido, possono essere ulteriormente semplificati perché in
tal caso le grandezze d ed R si mantengono sempre costanti, ottenendosi, per la portata massica e
per la velocità di rotazione adimensionalizzate, le espressioni:
.
m T1 n
,
p1 T1
che, a rigore, adimensionalizzate non sono, a meno di non tenere sempre presente che la
semplificazione apportata fa riferimento a grandezze numeriche e non dimensionali.
Non resta che osservare che il gruppo adimensionale riferito alla portata massica non è altro che il
numero di Mach, confermando l'inutilità di considerare, tra i parametri iniziali, l'elasticità del
fluido. Infatti, ricordando che:
. p
m = ρ cd 2 = cd 2
RT
sarà:
p1
. cd 2 RT1
m RT1 RT1 c
Π2 = 2 = 2 = =M
d p1 d p1 RT1
essendo: vs = RT1 ed: M =c / vs , con c velocità del suono.
Per completezza, si ricorda che la potenza adimensionalizzata si esprime come prodotto della
portata massica adimensionalizzata per il carico adimensionalizzato, cioè:
. .
m RT1 H m RT1 H P
2 ⋅ 2 2 = 2 ⋅ = 2 ;
d p1 n d d p1 RT1 d p1 RT1
e la coppia adimensionalizzata come rapporto tra la potenza ed il numero di giri adimensionalizzati,
cioè:
P RT1 C
2
⋅ = 3 .
d p1 RT1 nd d p1
1.4. LA SIMILITUDINE ED ALCUNE SUE APPLICAZIONI

1.4.1.LA SIMILITUDINE

Il concetto di similitudine è insito nello stesso enunciato del teorema del π. Infatti, per una
data macchina, mantenere inalterati tutti i valori dei parametri fisici da cui dipende l'andamento di
un fenomeno sotto osservazione significa semplicemente ritrovare quel punto di funzionamento,
mentre mantenere inalterati i valori dei gruppi adimensionali significa operare in diversi punti di
funzionamento, caratterizzati da diversi valori dei parametri fisici, ma in cui si mantiene inalterato
l'andamento del flusso, ovvero simili i triangoli di velocità ed inalterato il valore del rendimento
della trasformazione energetica. Se tutti i valori dei gruppi adimensionali restano inalterati, il
fenomeno si ripete in perfetta similitudine. E' chiaro che la macchina deve essere descritta nei
dettagli dal punto di vista geometrico, ma resta fondamentale lo scopo dello studio: se si desidera
studiare il comportamento di una macchina ben individuata basta, come si è visto, selezionare una
sola variabile geometrica o dimensione. Le caratteristiche Q, H di una turbooperatrice per diversi
valori di n, fig. 2, si trasformano quando vengono riportate in termini adimensionali, ad esempio
sul piano (Π1, Π2) esse si riducono alla curva della fig. 3, unica per qualunque velocità, in cui la
dispersione dei risultati è collegabile all'aver trascurato gli altri gruppi adimensionali influenti sul
fenomeno. E nei gruppi stessi è ancora possibile trascurare la dimensione geometrica perché,
trattandosi di una stessa macchina, questa resta la stessa. Certamente la similitudine geometrica
resta operante, proprio perché si tratta della stessa macchina. La compattazione delle curve
caratteristiche dimensionali in una sola adimensionale è possibile perché nei gruppi considerati è
presente una delle grandezze dimensionali n, le cui variazioni possono essere neutralizzate con la
variazione opportuna degli altri parametri operativi Q, H e P, per mantenere inalterato il valore del
gruppo. Ne consegue che a ciascun punto della curva, caratterizzato da una coppia di valori dei
gruppi Π1 e Π2, corrispondono infiniti punti sulle curve dimensionali alle varie velocità, tutti
caratterizzati da simili condizioni di flusso ed, in definitiva, dallo stesso valore del rendimento. Le
curve di isorendimento riportate sulla fig. 2 descrivono situazioni di simili condizioni di flusso e
quindi condizioni di similitudine. Esse sono delle parabole con il vertice nell’origine degli assi, la
cui espressione analitica può ricavarsi eguagliando appunto i valori dei due primi gruppi
adimensionali relativi a due punti qualunque appartenenti a due curve caratteristiche contraddistinte
da due diversi valori della velocità di rotazione. Valgono pertanto le relazioni:

1 = 2 ⎫⎪
Q Q
n n ⎪
1 2⎪
⇒ H = cost.
H H ⎬
1 = 2 ⎪ Q2
n 2 n 2 ⎪⎪
1 2⎭

Nel caso occorra studiare il comportamento di una serie di macchine geometricamente simili, sarà
sufficiente selezionare una sola dimensione lineare. Quando invece si desidera studiare il flusso
all'interno di una turbomacchina, così come in ogni problema di flusso attorno ad un corpo
immerso in esso, essendo la forma delle palette o dei canali o del corpo immerso un fattore
determinante, se non lo scopo dello studio, occorrerà selezionare due o tre parametri geometrici: è
il caso della progettazione fluidodinamica delle turbomacchine.
η = cost. η = cost.

Fig. 2

Π2

Π1

Fig. 3
1.4.2.LA TEORIA DEI MODELLI

La principale applicazione della similitudine nel campo delle macchine a fluido é senz'altro
la teoria dei modelli, peraltro ben nota ed applicata in altri campi in cui occorre studiare il
comportamento e le caratteristiche del moto di un corpo immerso, parzialmente o completamente,
in un flusso; nel campo dell'ingegneria navale, ad esempio, ci si serve dei modelli per lo studio in
vasca ed in quello dell'ingegneria aeronautica, dei modelli per le sperimentazioni nel tunnel del
vento.
Riferendosi per semplicità al caso di una macchina a fluido incompressibile, il problema é quello di
costruire un modello di una turbomacchina su cui sperimentare in laboratorio, al fine di ricavarne
utili informazioni sulle prestazioni, ed in particolare sul rendimento, da trasferire, con la maggiore
attendibilità possibile, ad un prototipo, geometricamente simile, da realizzare in un secondo
momento. E' questo, ad esempio, il caso di una grande macchina idraulica, motrice od operatrice,
della quale, per ragioni commerciali, occorre conoscere preventivamente il rendimento: è ben noto,
infatti, l'importanza della conoscenza di tale parametro fondamentale nella determinazione dei costi
di esercizio di una macchina che, in uno con quelli di impianto, determinano la convenienza della
sua scelta commerciale. Note le grandezze dei principali parametri operativi, è possibile passare al
progetto della macchina per il suo proporzionamento in vera grandezza. In mancanza di dati certi
sulle prestazioni del prototipo così progettato, desumibili da esperienze effettuate su manufatti
analoghi, si pone il problema di sperimentare su di un modello in scala ridotta. Occorre
determinare, in relazione alle proprie disponibilità sperimentali, ovvero dei campi di variabilità
disponibili nel proprio laboratorio per le grandezze dei parametri operativi, il rapporto di scala
geometrico in cui costruire il modello.
Alla luce di quanto osservato a proposito della similitudine, notando che nel caso specifico ha
interesse un solo parametro geometrico e che la scala è rappresentata proprio dal rapporto tra le
dimensioni di tale parametro in relazione al modello ed al prototipo, è possibile ricavarla
imponendo la condizione di uguaglianza di tutti i valori dei gruppi adimensionali essenziali
ricavabili per lo specifico problema. La difficile pratica attuazione di tale obiettivo può essere
scavalcata riducendo il discorso ai due gruppi più importanti: naturalmente il risultato non potrà
essere quello corretto ed occorrerà apportare le opportune correzioni per tener conto dell'influenza
su di esso dei parametri trascurati. Nel paragrafo successivo si tratterà di tale problema.
Per ricavare allora la scala del modello, basta eguagliare le espressioni dei primi due gruppi
adimensionali relativi al modello ed al prototipo:
Qm Qp Hm Hp
3 = 3 , 2 2 = ;
nmd m npd p n m d m n 2p d 2p
sostituendo il valore del rapporto tra le velocità di rotazione ricavato dalla prima relazione nella
seconda:
3
nm d p Qm
= ,
n p d 3m Q p
H m d 2m n 2m
= 2 2 ;
Hp d p np
si perviene alla espressione del rapporto geometrico di scala in funzione dei parametri operativi del
modello e del prototipo:
1 1

dm ⎛ Qm ⎞ ⎛ Hp ⎞ 4
2

= ⎜ ⎟ ⋅⎜ ⎟
d p ⎜⎝ Q p ⎟⎠ ⎝ H m ⎠
ed infine, con la sostituzione ai simboli delle effettive grandezze, al valore numerico del
coefficiente di scala. E' opportuno ricordare ancora che il valore di dp è quello del prototipo
progettato per il funzionamento definito dalla portata Qp e dalla prevalenza dell'impianto da
realizzare, mentre Qm ed Hm sono rispettivamente la portata e la prevalenza effettivamente
disponibili nel laboratorio sperimentale per le prove sul modello; tutte le dimensioni di questo si
dedurranno dalle omologhe dimensioni del prototipo nel rapporto di scala.

1.4.3 - L'EFFETTO SCALA

Una volta determinata, con le ipotesi assunte, la scala del modello da costruire per ottenere
informazioni su di un prototipo progettato, costruito il modello, le prove su questo non potranno
essere semplicemente trasferite al funzionamento del prototipo in corrispondenza dei valori assunti
a base del progetto per le reali grandezze delle variabili operative. In pratica il valore raggiunto per
il rendimento del prototipo non coinciderebbe con quello misurato sperimentalmente sul modello.
Tale discordanza è dovuta al fatto di non aver tenuto conto, nella determinazione del rapporto di
scala, delle variazioni di tutti gli altri numeri adimensionali al di fuori dei due mantenuti fissi ed a
tale discordanza si attribuisce il nome di effetto scala, impropriamente attribuendo gli effetti delle
variazioni degli altri gruppi alle variazioni geometriche della scala.
Il problema è ora quello di correlare la variazione dei valori del rendimento tra modello e prototipo
alle variazioni dei parametri e dei gruppi non tenute in conto, misurate realmente sulle effettive
realizzazioni o stimate per interpolazione o estrapolazione sui risultati delle analisi storicamente
acquisiti.
Per tenere in conto le variazioni degli altri gruppi e collegarle numericamente alle variazioni del
rendimento va ricordato storicamente l'approccio del Moody, il quale, nelle ipotesi di perdite
dovute al solo attrito, con esclusione quindi degli inevitabili urti tra la vena fluida e la palettatura,
nonché di flusso stabilizzato nella regione del turbolento, ricavò un’espressione che, sia pure solo
nella forma, è ancora oggi in uso.
E' ben noto che, se si indica con Hp il valore di tutte le perdite energetiche specifiche che si
verificano all'interno di una macchina a fluido incompressibile, il rendimento di questa può
esprimersi come:
H −H p Hp
η= =1−
H H
ovvero:
Hp
=1− η
H
La prima ipotesi assunta consente di valutare le perdite percentuali con l'espressione generale:
l v2
Hp = f
d 2
e pertanto:
1 l v2
f =1− η .
H d 2
La seconda ipotesi consente di esplicitare il coefficiente di attrito f che compare nell'espressione
precedente, che in tal caso e come può facilmente notarsi nella zona dell'abaco di Moody in
corrispondenza degli alti valori del numero di Reynolds è indipendente dal valore di questo, ma
varia solo in funzione della rugosità relativa, che, per le costruzioni correnti, può a sua volta essere
collegata all'inverso della dimensione lineare, con una legge che grossolanamente si esprime come:
f ≅ 1/dn. In conclusione:
1 1 l v2
=1− η
H dn d 2

Applicando la relazione trovata al modello ed al prototipo e rapportando le due espressioni:


1 l m v 2m
1 − ηm d nm d m 2H m
= ,
1 − ηp 1 lp vp
2

d np d p 2H p
osservando poi che lm /dm = lp /dp stante la similitudine geometrica tra modello e prototipo, e che
v2m /Hm = v2p /Hp per la vigente similitudine cinematica, si perverrà alla relazione di Moody:
1 − ηm ⎛ d p ⎞
n

=⎜ ⎟
1 − ηp ⎝ d m ⎠
La relazione trovata presenta una certa validità nel campo delle turbine idrauliche, in cui possono
ritenersi accettabili con buona approssimazione, le ipotesi poste a base della trattazione. Per le
turbine Kaplan un ricercatore ha verificato una migliore applicabilità della relazione di Moody
nella forma:
1 − ηm
n
⎛ Re p ⎞ ρd 2H
= 0,5 + ⎜ ⎟ ⋅ 0,5 , con Re = ,
1 − ηp ⎝ Re m ⎠ µ
in cui solo il 50% delle perdite si ritengono dovute all'attrito, mentre la restante parte resta costante
e dovuta presumibilmente agli urti che avvengono al bordo di attacco delle pale e che può essere
utilizzata anche in un certo intervallo a cavallo del punto di massimo rendimento.
Per pompe e compressori, macchine di dimensioni generalmente più contenute, laddove le
dimensioni del modello e del prototipo sono più vicine ma la scabrezza superficiale può essere
notevolmente diversa a causa dei diversi procedimenti tecnologici utilizzati per la loro lavorazione,
l'introduzione del numero di Reynolds al posto di una dimensione lineare nella formula di Moody
sembra, anche qui, più razionale. E così alcuni ricercatori hanno proposto per tali macchine
espressioni del tipo:
1 − ηm ⎛ Re p ⎞
n

=⎜ ⎟
1 − η p ⎝ Re m ⎠

1.5. IL NUMERO DI GIRI SPECIFICO: LA SUA UTILITA' NELLA SELEZIONE


DI UNA TURBOMACCHINA PER UN USO DETERMINATO E
NELL'EVOLUZIONE DELLE FORME COSTRUTTIVE

La ricerca di un parametro unico, da utilizzare nella scelta di una turbomacchina per un uso
specifico, probabilmente ha preso le mosse dall'osservazione di un diagramma del tipo di quello
illustrato nella fig. 4 e riferito alle turbine idrauliche, le prime a svilupparsi industrialmente e
quindi a permettere una sufficiente raccolta di dati storici.
Sul diagramma sono riportate le prestazioni, in termini di portata e prevalenza e relative alle
condizioni di miglior rendimento, di un gran numero di realizzazioni. Da esso si evince il
raggrupparsi dei punti rappresentativi di ciascun tipo di macchina: le Pelton in corrispondenza di
alti valori del salto utilizzato e bassi delle portate smaltite, le Kaplan in corrispondenza dei bassi
salti e delle grandi portate e le Francis per i valori intermedi di tali parametri.
E' da notare esplicitamente che l'osservazione effettuata prescinde dal considerare le dimensioni
della macchina.
Pelton

Francis

Kaplan

Fig. 4

Il Camerer giunse così a definire un raggruppamento di parametri operativi in base al quale si


poteva giungere a giustificare il comportamento illustrato e che chiamò numero di giri
caratteristico:
1
P2
ns = n 5
,
H4
ove P era misurata in hp, H in feet ed n in giri/min.
Una definizione sintetica del numero di giri specifico di una data macchina, nella formulazione del
Camerer può essere quella del numero di giri di una macchina, geometricamente simile alla
macchina data, che, sotto il salto unitario, sviluppa la potenza unitaria.
Una tale definizione non esprime alcun concetto, ma è soltanto la ovvia traduzione di una relazione
matematica.
Ben altro significato assume invece lo stesso raggruppamento di parametri operativi, quando lo si
deduce dall'analisi dimensionale. Ciò sarà fatto per una macchina operatrice solo perché di queste
macchine ci si sta occupando, ed in tal caso è più conveniente sostituire alla potenza la portata.
Si tratta di formulare un gruppo adimensionale in cui compaiano soltanto parametri operativi,
mentre in esso non intervenga alcuna dimensione lineare. Nell’ipotesi di validità della similitudine
geometrica per tutte le macchine esaminate, tale ultima condizione assicura che il gruppo avrà
significato per tutte le macchine geometricamente simili. Dalla combinazione dei primi due gruppi
adimensionali ricavati e precisamente di quelli che esprimono la portata e la prevalenza
adimensionalizzate, è possibile eliminare la dimensione lineare:

1 1 3 1
Π ⎛ Q ⎞ ⎛n d ⎞
2 2 Q 2 2 4 2
Π6 = = ⎜ 3⎟ ⋅⎜ ⎟ =n 3 .
1
⎝ nd ⎠ ⎝ H ⎠
3
Π 4
2 H4
Il numero trovato può comunque assumere, per ogni macchina ed alla stregua degli altri parametri
adimensionali, un’infinità di valori in relazione alla variazione del valore dei parametri che esso
contiene. Se si conviene di dedurre il suo valore in corrispondenza dei valori assunti dai parametri
costituenti, in corrispondenza delle condizioni di massimo rendimento, si giunge a definire un
parametro unico per ogni gruppo o famiglia di macchine geometricamente simili e vale a dire il
numero di giri specifico di quella particolare famiglia di macchine simili. Può così intendersi
l'effettiva importanza di questo fondamentale gruppo adimensionale, che può definirsi come quel
particolare raggruppamento di parametri operativi che permette, in macchine geometricamente
simili, l'instaurarsi di simili ed ottime condizioni di flusso.
Tale numero prende il nome di numero di giri specifico ed è formalmente uguale al Π6, solo che
ora i vari parametri che vi compaiono sono presi nella condizione di massimo rendimento della
macchina.
E’ facile collegare l’espressione del Camerer in unità del sistema tecnico (P in CV e H in m) al
numero di giri specifico Π6 ottenuto con l’analisi dimensionale:
1
⎛ QH ⎞ 2
⎜γ ⎟
1 1 1 1 1
P 2 ⎝ 75 ⎠ ⎛ 1000 ⎞ Q 2 1
Q 2
Q2
= (13,3) n 3 = 3,65 ⋅ n 3 ,
2
ns = n =n = n⎜ ⎟ 2
5 5
⎝ 75 ⎠ 3
4 4
H H H4 H4 H4

La sua funzione, nel determinare il tipo di macchina più idoneo al funzionamento in una data
applicazione, discende poi dalla osservazione che conviene che la macchina da selezionare presenti
il migliore valore possibile del rendimento. Determinati cioè, per ogni applicazione, i valori delle
variabili operative richieste in relazione alla caratteristica esterna del circuito da servire, il valore
del numero di giri specifico che ne consegue determinerà univocamente il tipo o la famiglia di
macchine da utilizzare.
La stessa espressione di ns permette sinteticamente di comprendere la scelta effettuata, in relazione
alle prestazioni richiedibili: per piccoli valori del numero di giri specifico la macchina da adottare
per conseguire il miglior rendimento è la macchina centrifuga, caratterizzata da piccole sezioni di
attraversamento rispetto alle dimensioni della macchina e da notevoli deviazioni palari; per grandi
portate e piccole prevalenze, la necessità di contenere le velocità del fluido e di imprimere ad esso
deviazioni di limitata entità consigliano l'uso di macchine con grandi sezioni di attraversamento e
con pale costituite da profili alari, ovvero di macchine assiali.

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