Vous êtes sur la page 1sur 24

Satana - Lucifero 317

ADELE CIPOLLA

SATANA - LUCIFERO

1. Le Scritture e gli interpreti

Il personaggio medievale di Satana-Lucifero1, invenzione plurise-


colare di un’identità narrativa nata dalla teologia ma teologicamente
impossibile, si sviluppa tra le speculazioni dei commentaria biblici,
la letteratura liturgica e devozionale (Vitae Patrum, visiones, omelie,
sacre rappresentazioni) e le arti figurative, rintracciandosi l’impulso
originario alla sua invenzione nel lavorio degli interpreti su pochi, irre-
lati e reticenti passi delle Scritture. Le necessità dottrinali, che sul pia-
no ontologico proclamano la non esistenza del diavolo, restano irretite
nella forte presenza iconico-narrativa di questa figura del non-essere.
Il luogo scritturale delle prime apparizioni del personaggio è il
“concilio divino” o “assemblea celeste”2 (deputata a regolare gli af-
fari terreni): di qui partono angelologia e demonologia3. I membri del
concilio divino, “figli di Dio” o “esercito celeste”, vengono chiamati
da Jahveh a rendere conto dell’amministrazione della giustizia: «Dio si
alza nell’assemblea divina, / giudica in mezzo agli dei» (Salmi 82,1).
Nel libro di Giobbe4, uno dei membri del concilio divino ha un nome
specifico (non ancora un nome proprio), satan. Il significato basilare di
satan in ebraico è “avversario”, ma in Giobbe esso indica l’“accusato-
re” in un’azione giudiziaria5, un ruolo che, diversamente dal Satana del

1
J.B. Russell, Lucifer. The Devil in the Middle Ages, Ithaca, Cornell, 1984; H.A. Kelly, Satan.
A biography, Cambridge, University Press, 2006, pp. 189 e ss.
2
Cfr. Primo libro dei Re 22,19-23, e Isaia 6,1-4. R.C. Branden, Satanic conflict and the plot
of Matthew, New York, Lang, 2006, p. 13.
3
M. Cacciari, L’angelo necessario, Milano, Adelphi, 1994; Riwkah Schärf, La figura di
Satana nel Vecchio Testamento, in C. Gustav Jung, La simbolica dello spirito, Torino, Einaudi,
1959 (I ed.: Zürich 1948).
4
Cfr. Zaccaria, 3,1: « Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all’angelo
del Signore, e satana era alla sua destra per accusarlo» (le citazioni bibliche sono tratte dall’edi-
zione CEI).
5
Il libro di Giobbe, illustrato da Blake come il Paradise Lost di Milton, è composto di cornici
prosastiche ed eziologiche e di un dialogo sapienziale-morale. La figura di Satana compare solo
nelle cornici (più recenti del nucleo poetico centrale), che risalgono al VI-V secolo a.C.
318 Adele Cipolla

Nuovo Testamento (che in greco sarà satanâs e in latino satanas), non


necessariamente implica malvagità:

Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche


Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?».
Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». Il Signore
disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come
lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». Satana
rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? [...] Tu hai
benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. Ma sten-
di un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». Il
Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender
la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore. (Giobbe 1,6-12)

I Settanta traducono satan con diábolos (latino diabolus), il cui si-


gnificato è “calunniatore”, e non con un nome proprio: di qui “Satana”
e “diavolo” diverranno intercambiabili nel greco neotestamentario6.
Per lievi scarti, le apparizioni nei libri canonici dell’Antico Testamen-
to variano il personaggio, aggiungendo dettagli che risulteranno utili
alla successiva elaborazione cristiana: Satan viene usato come nome
proprio, e agisce come maligno seduttore, non più soltanto come ac-
cusatore7.
Il passo successivo si compie attraverso la letteratura apocalittica
giudaica. Il pensiero apocalittico, «la madre della teologia cristiana»8,
è improntato a un crescente interesse per il mondo angelico e la descri-
zione del demoniaco (come tentativo di motivare l’esistenza del male)
si complica: vi agiscono vari aspetti del diavolo, con nuovi nomi (come
Belial/Beriar e Mastema/Satana)9, e se ne prevedono le future punizio-
ni. Il libro pseudoepigrafo 1 Enoch (cap. 6)10 recepisce e struttura in-

6
Branden, Satanic conflict, cit., p. 69.
7
Primo libro delle Cronache 21,1: «Satana insorse contro Israele. Egli spinse Davide a cen-
sire gli Israeliti».
8
E. Käsemann, New Testament questions of today, London, SCM, 1969, p. 133; R.H. Charles,
The Apocrypha and Pseudoepigrapha of the Old Testament, I, Oxford, Clarendon Press, 1913;
A.-M. Denis, Introduction aux pseudépigraphes grecs d’Ancien Testament, Leiden, Brill, 1970.
9
Mastema è la personificazione dell’ebraico mastemah “inimicizia, persecuzione” (Branden,
Satanic conflict, cit., pp. 18 e ss.).
10
Il Primo libro di Enoch, che sopravvive integralmente solo in una versione etiope, è una
compilazione di tradizioni apocalittiche frammentarie, in parte orali, attribuite a Enoch, il settimo
patriarca dopo Adamo (Denis, Introduction aux pseudépigraphes grecs, cit., p. 15). Oggi viene
collocato tra il III e il VII secolo (in passato lo si assegnava al I secolo): H. Ansgar Kelly, The Devil
in the Desert, «Catholic Biblical Quarterly», 26, 1964, pp. 190-220: 203-204.
Satana - Lucifero 319

formazioni sparse dell’Antico Testamento e alcuni oscuri versetti della


Genesi11 nella legenda dei “guardiani” (gli spiriti caduti sulla terra per
concupiscenza delle donne umane) e della loro mostruosa discenden-
za12; l’Apocalisse di Sofonia13 fa agire nel concilio divino due classi di
angeli, una nobile, l’altra bestiale, quest’ultima designata ad accusare
l’umanità davanti a Dio.
L’identificazione tra satanâs e diábolos, autorizzata dai Settanta,
continua nei sinottici del Nuovo Testamento (ad esempio nella “ten-
tazione di Cristo” e nella “parabola del seminatore”), dove, in Marco
e Matteo, i due termini si alternano: «Allora Gesù fu condotto dallo
Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo» (Matteo 4,1) [Marco
1,13: «da Satana»]14. Talora i Vangeli attribuiscono al diavolo i nomi
degli dèi dei “gentili”, come Beelzebul (Marco 3,22-26)15. Nel Vangelo
di Luca (10,18), infine, in un’enigmatica sentenza visionaria di Gesù
(«Io vedevo Satana cadere dal cielo come la folgore»), la leggenda del-
la caduta (letterariamente feconda nel Medievo volgare), già apparsa
desultoriamente nella tradizione pseudoepigrafica, riceve il suo sigil-
lo evangelico, pronta per successive rielaborazioni16. Il Satana che i
Vangeli canonici ci restituiscono e che le Lettere paoline confermano
(enfatizzandone la perversa connessione con le donne)17, può chiamarsi
anche diábolos o con i nomi degli dèi rifiutati del politeismo, controlla
i dèmoni (aprendo la strada alle storie di possessione e alla caccia alle

11
Genesi 6,1-4: «Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro
figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne
vollero. [...] C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si
univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’anti-
chità, uomini famosi».
12
I “guardiani” concepiscono i giganteschi nephilim, che portano sulla terra le arti e la corru-
zione; nei Giubilei sono angeli caduti, progenitori di una genia di spiriti malvagi.
13
Branden, Satanic conflict, cit., p. 23; James H. Charlesworth, The Old Testament Pseude-
pigrapha, New York, Doubleday, 1983. Il testo greco di Sofonia (I secolo a.C.) è andato perduto
(salvo alcuni frammenti rinvenuti nell’Ottocento in due manoscritti egiziani) e ne sussiste solo
la versione copta (Georg Steindorff, Die Apokalypse des Elias, eine unbekannte Apokalypse und
Bruchstücke der Sophonias-Apokalypse, Leipzig, Hinrichs, 1899).
14
Per la parabola del seminatore cfr. Marco 4,14-15 e Matteo 13,37-42. Cfr. anche Matteo
25,41 «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli».
15
Matteo 12,24-28.
16
La lettura congiunta del passo di Luca con Isaia 14,12 (cfr. infra) darà sostanza scritturale
alla leggenda patristica della caduta (Frank S. Kastor, The Satanic Pattern, in Satan, a cura di
Harold Bloom, Philadelphia, Chelsea House, 2005, pp. 55-69: 57).
17
Prima lettera di Pietro 5,8 («Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro,
cercando chi divorare»); Prima lettera a Timoteo 5,15 («Già alcune purtroppo si sono sviate
dietro a Satana»).
320 Adele Cipolla

streghe), svolge il ruolo principale di tentatore (quale era stato il ser-


pente per Eva: Genesi 3,1-6) e su di lui si addensano fosche previsioni
di futuri castighi attraverso il fuoco e ricordi di un’originaria catastrofe.
L’identità dai nomi molteplici viene infine ratificata, insieme al mito
della caduta, nell’Apocalisse (12,9): «Il grande drago, il serpente anti-
co, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra,
fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli».
Questi i dati neotestamentari consegnati all’esegesi della Patristica
dei primi secoli. Nella sequela degli appellativi di Satana, manca an-
cora quello più fertile di sviluppi futuri, Lucifero. Le origini dell’ap-
pellativo lucifer non hanno alcuno stigma negativo: nel latino classico
esso è un terminus technicus del linguaggio scientifico passato ai poeti:
per Cicerone (De natura deorum, 2, 20, 53), è uno dei nomi della stella
Venere18. È la Vulgata di san Girolamo (347-420) a stabilire l’ambigua
polisemia che chiamerà “Portatore di luce” il Principe delle Tenebre:
«Come mai sei caduto dal cielo, / Lucifero, figlio dell’aurora?» (Is aia
14,12). La stella che cambia nome cambiando posizione suggerisce
l’allegoria di Lucifero che, scivolando sulla ruota dei cieli (in Chau-
cer sarà ormai, come per altri eroi decaduti, la rota fortunae)19 diventa
Satana. Girolamo, infatti, nella pericope di Isaia citata qui sopra, ren-
de con lucifer l’ebraico Helel (titolo del re di Babilonia, del quale si
preannuncia l’imminente caduta)20, identificando l’astro splendente del
mattino col capo degli angeli ribelli21. L’identità maligna delle appari-
zioni sataniche diffratte nei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento
si dota ora del nome di Lucifero.
Nel frattempo, la Patristica orientale aveva interrogato l’ontologia
satanica. Per Origene di Alessandria (185-251)22, Dio crea per primi
degli esseri intelligenti che, con libero arbitrio, scelgono di allontanarsi
da Lui. Le Intelligenze che meno se ne distaccano (chiamate ággeloi,
“angeli”, secondo un uso consolidato) mantengono un corpo etereo; le

18
«La stella di Venere, che in greco si chiama phosphóros, in latino si chiama Lucifer quando
precede il sole, quando lo segue si chiama Vespero».
19
Nel Racconto del monaco (cfr. infra, p.***).
20
Helel ben Shahar, “lo Splendente, il Figlio dell’Aurora”, potrebbe essere stato una divinità
caananita (Hugh R. Page, The myth of cosmic rebellion. A study of its reflexes in Ugaritic and
biblical literature, Leiden, Brill, 1996 [Vetus Testamentum / Supplements, 65]; Kelly, Satan. A
Biography, cit., pp. 189 e ss.).
21
Girolamo, Commentarium in Isaiam, 14, Patrologia Latina, XXIV, col. 161: Russell, Satan,
cit., pp. 131-132.
22
J.B. Russell, Satan. The early Christian tradition, Ithaca, Cornell, 1994, p. 123.
Satana - Lucifero 321

intelligenze che precipitano sulla terra, avranno corpi di materia rozza


e saranno gli umani; quelle sprofondate più in basso, nel ventre della
terra, saranno dèmoni. In questi termini, la caduta è una differenziazio-
ne ontologica, non un’aberrazione etica; tuttavia il piano ontologico e
quello morale si confusero, poiché la caduta venne sentita come conse-
guenza di una perversione della volontà: il diavolo, creato come ange-
lo, ha scelto l’insensatezza del peccato. Seppure ontologicamente esso
sia non-essere, Satana esiste quale forza morale negativa. La caduta
delle Intelligenze, per Origene23, è avvenuta prima della creazione del
mondo materiale (creato allo scopo di recuperare il bene perduto nella
caduta), causa perciò non può esserne stata l’invidia per Adamo (come
vuole una tradizione concorrente, rappresentata soprattutto nell’Islam),
ma l’orgoglio di sostituire la propria alla volontà di Dio: superbia e
orgoglio saranno i nomi che l’esegesi medievale assegnerà a questa
volontà aberrante.
La cronologia della storia sacra proposta da Origene (per cui l’uma-
nità viene creata dopo la caduta dei ribelli, a suo risarcimento)24 con-
sentirà di fare il passo ulteriore, collegando diversi luoghi dell’Antico
Testamento e sostenendo che Lucifero (da Isaia) e il Dragone (ossia
il Leviatano del libro di Giobbe) fossero identici a Satana. Attraverso
Lucifero, l’Intelligenza caduta, la prima e la più insigne tra le crea-
ture colpevole di orgoglio, Satana ascenderà al rango di personaggio
epico e, nella lunga età feudale, vedrà la propria ribellione ascritta
all’ambito della tragica dialettica tra signori e vassalli. L’unificazio-
ne definitiva delle molte facce del diavolo, e il collegamento con gli
spiriti caduti, rappresenta il tramonto della leggenda dei “guardiani”
del libro di Enoch (che tuttavia influenzò, per vie difficilmente rico-
struibili, capolavori delle nascenti letterature europee, quali il Beowulf
anglosassone)25.

23
Ivi, pp. 123-129.
24
L’idea sopravvive nella Scolastica (Russell, Lucifer, cit., pp. 115-151).
25
Russell, Satan, cit., p. 132. Per Enoch e il Beowulf, oltre ai “classici” Robert E. Kaske,
Beowulf and the Book of Enoch, «Speculum», 46, 1971, pp. 121-131, e Ruth Mellinkoff, Cain’s
Monstruous Progeny in «Beowlf». Part I: Noachich Tradition, «Anglo-Saxon England», 8, 1979,
pp. 143-162; Ead., Cain’s Monstruous Progeny in «Beowlf»: Part II: Post-Diluvian Survival,
«Anglo-Saxon England», 9, 1980, pp. 183-197, si veda Apocryphal texts and traditions in Anglo-
Saxon England, a cura di Donald G. Scragg e Kathrin Powell, Cambridge, Brewer, 2003, soprat-
tutto Elizabeth Coatsworth, The Book of Enoch and Anglo-Saxon Art, pp. 135-150.
322 Adele Cipolla

2. I nomi di Satana

Origene conosce per il diavolo una serie di nomi di origine dispa-


rata (allegorie, antonomasie, imprestiti – talora parodizzati – dalla te-
onimia dei gentili): Diabolos o Zabulus, Satana, Dragone, Lucifero,
il Maligno, l’Accusatore, l’Avversario, il Ladrone, Belial, il Serpente,
Beelzebub, il Tiranno, Azazel, lo Sterminatore, il Principe di questo
mondo26. È ormai definitivamente stabilita l’identità narrativa tra il ser-
pente della Genesi, il Satana/diavolo, accusatore nel concilio divino e
tentatore di Cristo, Lucifero, l’angelo caduto, e il drago dell’Apocalis-
se. Col tempo questa identità molteplice si complicherà ulteriormente,
e si aggiungeranno nuovi nomi, talora bislacche invenzioni “intercon-
fessionali”, poiché sempre nuove divinità politeistiche poterono esse-
re declassate a demoni, sempre nuovi vizi personificati nei panni di
Satana27. Lo Pseudo-Dionigi Areopagita28, un monaco siriaco del VI
secolo, aveva fondato una rigida gerarchia delle creature angeliche,
con al vertice i Serafini. Questo ordinamento raggiunse l’Occidente
attraverso Gregorio Magno. Gli scrittori occidentali unirono la tradi-
zione secondo la quale il diavolo era stato il più grande degli angeli
alla graduatoria dello Pseudo-Dionigi e fecero di Lucifero un serafino
(assunto impossibile per Dionigi, per il quale gli ordini angelici più
alti non avevano contatti con la terra). Già Origene aveva immaginato
che gli angeli caduti avessero eletto Satana quale loro principe, un’idea
che risaliva all’apocalittica e giungerà fino a Milton: più tardi, attra-
verso il recupero del naturalismo neoplatonico, l’universo diabolico
si arricchisce di dèmoni, figure minori, i sudditi di Satana-Lucifero (i
diavoli impersonali e innominati che già popolavano la letteratura, il
folklore e le arti figurative dell’Alto Medioevo occidentale), esportan-
do la monarchia, dalla terra e dai Cieli, anche all’Inferno. Restavano
irrisolti i dubbi sulla qualità ontologica del diavolo, sulla dialettica tra
storia sacra e storia mondana e sulla relazione causale e cronologica
tra la caduta degli angeli ribelli e quella umana nel peccato originale,
tra il demonio e la materia. Agostino di Ippona (354-430), la cui de-
26
Russell, Satan, cit., p. 132; J.B. Russelll, The Devil. Perceptions of evil from antiquity to
primitive Christianity, Ithaca, Cornell, 1988, pp. 215-216, 228.
27
Nel nome di Beelzebub/Beelzebul, “signore delle mosche”, si cela forse la parodia ebraica
di un teonimo dei Filistei. Molto più tardi, nelle chansons de geste, si immaginerà una trinità
diabolica, Apollo, Maometto e Tervagant, attribuendola al “politeismo” dei musulmani (Russell,
Lucifer, cit., p. 58).
28
Ivi, pp. 11-12.
Satana - Lucifero 323

monologia emerge dalle speculazioni su predestinazione e libero ar-


bitrio29, prolungò la confusione tra male ontologico e male morale30;
aggiornando la teoria evemeristica, Agostino aveva spiegato le divinità
politeiste e l’idolatria come creazioni della hybris umana sostenute dal
demonio, fondando una struttura argomentativa che avrà molta fortuna
nel Medioevo occidentale, quando la Chiesa dovrà confrontarsi con i
paganesimi delle nazioni barbariche neoconvertite, da cui sarebbe sca-
turita l’Europa31. Nel poema anglosassone di Beowulf (tramandato da
un manoscritto dell’XI secolo)32 i culti ancestrali vengono banalizzati
in una descrizione demonologica di maniera, e gli dèi tribali vengono
identificati con il Diavolo, l’Assassino di anime, gast-bona (Beowulf,
vv. 175-83a). L’interpretazione demonologico-evemeristica dei molti
dèi darà a Satana/Lucifero la capacità di acquisire nomi sempre nuo-
vi (ben oltre la già pingue nomenclatura satanica di Origene), via via
che nuovi “politeismi” (quale fu inteso dalla propaganda di età crocia-
ta anche l’Islamismo) andavano affrontati con l’attività missionaria.
Il codice Palatinus Latinus 577 della Biblioteca Vaticana conserva un
frammento manoscritto dell’VIII secolo carolingio, una formula batte-
simale tradotta in volgare, a uso dei catecumeni della nazione sasso-
ne (sottomessa e convertita da Carlo Magno con una guerra, dal 772
all’804). Qui, nella abrenunciatio diaboli, tre divinità del politeismo
da estirpare vengono identificate col diavolo: «Respondet: Io rinuncio
a tutte le opere e a tutte le parole del diavolo, a Thunaer e Wôden e
Saxnôt e a tutti gli esseri maligni che sono loro compagni». Tuttavia, se
una lettura in chiave agostiniana è presupposto costante per la fissazio-
ne letteraria degli dèi tribali perduti, forzata appare la loro inclusione
nel repertorio del Satana medievale33, del quale assumono tratti speci-
fici (come ad esempio Loki, il dio trickster della letteratura norrena del
secolo XIII) senza risolvere in lui la propria identità divina.
Decisiva, in Occidente, fu la demonologia di Gregorio Magno, che
affronta le contraddizioni già emerse nella teologia del diavolo sul pia-
no etico, nei Moralia in Iob (579-602), e paradossografico, nei Dialogi

29
Confessioni, VII, 12-20.
30
Robert M. Cooper, Saint Augustine’s Doctrine of Evil, «Scottish Journal of Theology», 16,
1963, pp. 256-276.
31
Gerd W. Weber, Euhemerismus, in Reallexikon der germanischen Altertumskunde, VIII,
Berlin-New York, de Gruyter, 1991, pp. 1-16.
32
Sterminata la bibliografia e le questioni critiche sul poema anglosassone. Per il lettore ita-
liano costituisce un’eccellente introduzione: Beowulf, a cura di G. Brunetti, Roma, Carocci, 2003.
33
Russell, Lucifer, cit., pp. 43-44.
324 Adele Cipolla

(593-594): da Gregorio dipenderanno sia Isidoro di Siviglia (560-636)


che il monaco anglosassone Beda (672 ca.-735). Nel 563 il Concilio di
Braga, indetto contro le eresie dualistiche, aveva smentito recisamente
qualsiasi facoltà creativa del diavolo, che, per Gregorio e i suoi succes-
sori, è solo privazione. Tuttavia il pensiero occidentale che da Grego-
rio si diparte sarà spesso irretito nelle difficoltà di spiegare l’esistenza
del male e di definire il ruolo soteriologico di Cristo. Anche Gregorio
adopera per il diavolo una nutrita serie di nomi, implementando il re-
pertorio già affermato con due ulteriori figurae mostruose del demonio
(Behemoth, coccodrillo e serpente, e il Leviatano di Giobbe, assimilato
al draco cadente di Apocalisse 12), ma usando moderatamente Lucifer,
perché consapevole di come esso fosse anche epiteto di Cristo (Mora-
lia in Iob, 29, 32). Isidoro di Siviglia (Etymologiae, VIII, 11) aggiun-
gerà teonimi di tradizione classica (Febo, Diana, Saturno), preparando
l’interpretatio Satanica degli dèi barbarici di cui si diceva sopra. Al-
cuino di York (735-804), maestro alla schola palatina di Carlo Magno
e impegnato sul doppio fronte del contrasto agli ultimi rigurgiti delle
eresie dualistiche (e alla blasfemia giudaica) e alle residue enclaves
politeistiche entro i confini dell’impero, dividerà il mondo in due set-
tori, uno pertinente a Cristo e ai giusti, l’altro a Satana e ai pagani, agli
eretici, ai giudei e ai peccatori34.
Gregorio (sulla scorta del monachesimo orientale e di Cassiano)
aveva infatti concepito il mondo come campo di battaglia di due eser-
citi eternamente contrapposti (dove i giusti formano il corpo mistico
di Cristo e i reprobi il corpo del diavolo), senza riuscire a eludere lo
scoraggiante quesito sulla fonte prima del male (già implicito nel li-
bro di Giobbe e nelle scene veterotestamentarie in cui Dio consente a
Satana di indurre gli uomini in tentazione). La risposta è che anche il
male causato dal diavolo per concessione divina trovi un suo scopo nel
disegno provvidenziale, e così l’Anticristo (o gli Anticristi), ipostasi di
Satana che, secondo Gregorio, si succedono sulla tragica scena della
storia35. Nel corso del Medioevo, prevarrà l’idea che ci sarebbe stato
un solo Anticristo, la bestia pasciuta dal drago al cui cospetto «tutta la
terra fu presa d’ammirazione» (Apocalisse 13), e che il suo avvento
avrebbe preluso al Giudizio. Nell’XI secolo, il De ortu et tempore Anti-
christi di Adso di Montier-en-Der ne fa il pupillo di Lucifero, allevato,

34
Ivi, pp. 70 e 268.
35
Ivi, p. 269.
Satana - Lucifero 325

nell’imminenza della fine dei tempi, per l’ultimo tentativo satanico di


opporsi al regno di Dio. Ripetute personificazioni dell’Anticristo fun-
zionarono come strumento polemico, nelle controversie religiose che
culminarono con la Riforma, e in letteratura servirono a rappresentare
drammaticamente i timori escatologici. Nel IX secolo, in Baviera, una
mano sconosciuta trascrive malamente sui fogli bianchi di un codice36
uno sciatto componimento (misto di versi visionari e prosa omileti-
ca) che gli studiosi hanno denominato Muspilli37. Al suo interno, una
breve sequenza di versi allitterativi annuncia il duello escatologico tra
Elia e l’Anticristo e la distruzione del mondo attraverso il fuoco: «Ho
sentito raccontare / dai sapienti delle cose mondane, // che l’Anticristo
// lotterà con Elia. // La feroce creatura ha imbracciato le armi, / ora
avviene la battaglia fra quei due: // i campioni sono talmente forti, /
talmente grande la posta. // Elia combatte // per la vita eterna, // vuole
fortificare il regno / per i giusti: // perciò gli darà aiuto / il Signore dei
Cieli. // L’Anticristo sta al fianco/ dell’Avversario antico, // dalla parte
di Satana, / che lo sprofonderà: // perciò cadrà ferito / sul campo di bat-
taglia, // e in quella circostanza / non sarà vincitore. // Molti uomini di
Dio credono, tuttavia, // che Elia sia destinato a essere ferito / durante
la battaglia. // Ecco, il sangue di Elia / gocciola al suolo: // ardono le
montagne, // non un albero resta // sulla terra, / le acque si disseccano,
// la laguna si assorbe, / il cielo arde di fiamme, // cade la luna, / bru-
cia la terra di mezzo, // non resta pietra; /arriva, sulla terra, il giorno /
dell’espiazione, // viene col fuoco / a visitare le creature: // nessuno,
allora, potrà aiutare i propri consanguinei / al cospetto del Muspilli»
(Muspilli, vv. 37-57)38.

36
Commissionato dall’arcivescovo di Salisburgo per l’imperatore Ludovico il Germani-
co, contiene il Sermo de symbolo contra Iudaeos, Paganos et Arianos pseudoagostiniano (CLM
14098: http://daten.digitale-sammlungen.de/~db//0003//bsb00033085/images/).
37
La bibliografia è sterminata: una rassegna critica dello stato dell’arte in Valentine A. Pakis,
The Literary Status of «Muspilli» in the History of Scholarship: two Peculiar Trends, «Amsterda-
mer Beiträge zur älteren Germanistik», 65, 2009, pp. 41-60.
38
Muspilli, l’hapax dal quale il testo riceve il titolo, è un termine oscuro (con un’altrettanto
oscura corrispondenza, tre secoli più tardi, in un toponimo infernale del mito nordico), che allude
alla fine del mondo e al Giudizio. Traduco da H. Mettke (Hrsg.), Älteste deutsche Dichtung und
Prosa. Ausgewählte Texte, literaturgeschichtliche Einleitung, althochdeutsche und altsächsische
Texte, neuhochdeutsche Fassungen, Leipzig, Philipp Reclam, 1982.
326 Adele Cipolla

3. L’ekphrasis del diavolo

A Bisanzio, nell’XI secolo, Michele Psello39 attribuisce ai dèmoni


una sostanza invisibile, oscura e opaca (contro quella chiara e luminosa
degli angeli), capace di infinite trasformazioni, di forma e di sesso (e di
patire, con carnale sofferenza, le percosse dei santi), e un intelletto ot-
tuso e ferino (che appare nei comportamenti bestiali degli indemoniati,
posseduti da spiriti minori e animaleschi), ma, all’occasione, la facoltà
di parlare tutte le lingue. Nonostante le contraddizioni tra teologia ed
etica e le domande insolute sulle relazioni tra male e materia, al princi-
pio del Medioevo è già possibile delineare le caratteristiche basilari di
una fisiognomica del diavolo, dove ai tratti nobili e serafinici di Luci-
fero si sovrappongono e poi si sostituiscono la bestialità e la malvagità
ottusa dei diavoli minori: il corpo satanico viene rappresentato nelle
arti figurative e nel folklore40 (alimentato, oltre che da imprecisabili
sopravvivenze precristiane, dai generi più popolari della letteratura de-
vozionale, omelie, vite dei santi, visioni), anche se, nei generi letterari
alti, il Satana epico è presente come potente voce fuori campo piuttosto
che come forma corporea definita.
Per il Concilio di Toledo del 447, il diavolo è una figura gigantesca,
nera, cornuta, con piede caprino, orecchie d’asino, artigli, occhi feroci,
denti digrignati, fallo smisurato e lezzo sulfureo41. Alla sua bestiali-
tà aveva alluso già la tradizione pseudo-epigrafica: gli animali, il cui
aspetto Satana andava assumendo, erano stati attributi delle divinità
politeistiche, e l’identificazione con queste ultime fu un fenomeno di
grande portata nei secoli della polemica tra paganesimo e cristiane-
simo. Le manifestazioni mutevoli del diavolo includono un bestiario
sterminato: serpente e drago, scimmia, e poi gatto, pipistrello, capro
(per interferenza di Pan, dal quale Satana deriva corna, zoccoli e fallo),
basilisco, centauro, fenice, grifone e salamandra (gli animali fantasti-
ci). Come nei Bestiari, gli animali sono selezionati in base ai vizi (an-
tropomorfi) loro attribuiti (si pensi alle tre fiere del I canto dell’Inferno,
lonza, leone e lupa, che allitterano con Lucifero e lo prefigurano): la
plurivocità dei sensi possibili nelle Scritture secondo l’esegesi medie-
vale farà di alcuni di questi simboli (ad esempio il grifone)42 dei segni

39
De operatione Daemonum.
40
A. Graf, Il diavolo, Milano, Treves, 1890.
41
Russell, Lucifer, cit., p. 259.
42
Bestiari medievali, a cura di L. Morini, Torino, Einaudi, 1996.
Satana - Lucifero 327

ancipiti, capaci di significare contemporaneamente il Cristo e il suo


antagonista infernale. I caratteri bestiali talora si mescolano ai tratti
umani: le figure ibride sui rilievi romanici, negli affreschi, nelle minia-
ture dei codici, nei mosaici sono figure del diavolo. A partire dal 1000,
dapprima in Inghilterra, poi in Germania e nel resto d’Europa, il diavo-
lo diviene un essere mostruoso, ibrido di uomo e bestia; dal XV secolo
fiammingo il grottesco entra nella rappresentazione, inscenando una
psicologia dell’inconscio religioso entro un’arte ancora didascalica43.
Scendendo con Virgilio nella Giudecca, Dante intravvede nell’o-
scurità una sagoma enorme, mulino a vento o profilo distorto dei tre
vertici della croce: sono le tre facce e le tre paia di ali di Lucifero, un
diavolo uno e trino, parodia della Trinità. Il Lucifero dantesco, dei Se-
rafini di Isaia, mantiene ormai soltanto le sei ali (ridotte a ripugnanti ali
di vispistrello, simbolo di tenebre e cecità): dal loro battito inane gela-
no le acque del Cocito, che imprigionano il gigante tricefalo fino al de-
retano. Conosciamo il Lucifero della Giudecca per dettagli ripugnanti,
come nella drammatica uscita dall’Inferno, quando Dante, per la svolta
decisiva, fa leva sulle sue cosce irsute a cui si è abbarbicato (Inferno,
XXXIV, v. 139). La rappresentazione dantesca di Lucifero organizza in
un sistema teologicamente coerente e significativo l’ekphrasis diabo-
lica stabilita nel genere delle visiones, che parte con la Visio Pauli44
e conosce esempi autorevoli nell’Alto Medioevo (i viaggi nell’Aldilà
raccontati da Gregorio, Beda e da altre fonti), in cui progressivamente
le tematiche visionarie e apocalittiche si piegano a finalità propagan-
distiche e politiche45. La Commedia ne è la prova più alta (come il
poeta sa e rivendica all’inizio del II canto: «Io non Enëa, io non Paulo
sono»)46. La letteratura visionaria, molto popolare, travalica presto i
confini del latino e offre precoci esempi volgari, quale la Visione di
Adamnan (irlandese Fís Adamnáín, in un manoscritto del 1100 ca.) e

43
Russell, Lucifer, cit., pp. 154-156; A. Köppen, Der Teufel und die Hölle in der darstellen-
den Kunst, von den anfangen bis zum Zeitalter Dantes und Giottos, Jena, Berlin, 1895; Princeton
Index of Christian Art (ICA): http://ica.princeton.edu/
44
L’Apocalisse di san Paolo, apocrifo del IV secolo, fu accessibile al Medioevo in una serie
di redazioni latine.
45
Nell’Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda, la Visio Fursei e la Visio Drythelmi.
Nella “visione di Carlo il Grosso”, tramandata da Ariulfo, Guglielmo di Malmesbury (secolo XII)
e Vincenzo di Beauvais (secolo XIII), il protagonista viene fornito dall’angelo guida di un gomito-
lo luminoso, affinché non si perda nel «labirinto delle pene infernali»: J. Le Goff, La nascita del
Purgatorio, Torino, Einaudi, 1982 (I ed.: Paris 1981), pp. 126-137: 134.
46
Inferno, II, vv. 13-33 (La Commedia secondo l’antica vulgata, 4 voll., a cura di G. Petroc-
chi, Firenze, Le Lettere, 1994).
328 Adele Cipolla

soprattutto la Visio Tnugdali, che fu influente sulle successive rappre-


sentazioni dell’Inferno e di Lucifero fino a Dante. Il racconto del viag-
gio oltremondano toccato in vita al cavaliere irlandese Tnugdal (che, a
differenza di altri viaggiatori dell’Aldilà e anticipando Dante, si trova
in grave stato di peccato), venne fissato per la prima volta in latino a
Regensburg nel 1149, tradotto in tedesco alla fine del secolo e poi di-
vulgato attraverso una lunga serie di nuove traduzioni e adattamenti47.
Come in altre visioni, l’anima di Tnugdal compie il suo percorso con la
guida di un angelo e, come in Dante, le stazioni del viaggio corrispon-
dono a un catalogo dei peccati capitali e culminano nella descrizione di
Satana/Lucifero. Nell’Aldilà il cavaliere viene dapprima conteso agli
angeli da uno sciame di diavoli anonimi mostruosamente ibridi: occhi
fiammeggianti, zanne lunghe e nere, corpo di drago e coda di scor-
pione; artigli rostrati d’acciaio; grandi ali nere. Quindi viene condotto
nella bocca dell’Inferno, dove Satana, nero come la pece, gigantesca e
spropositata forma umana, è incatenato sui carboni ardenti nel fondo di
una fossa. Dotato di migliaia di braccia e di mani, cattura le anime con
la coda uncinata, le mastica, le ingoia e poi le espelle, di nuovo vive e
pronte a nuovi tormenti.
Come le forme, anche i colori del demonio sono mutevoli. L’asso-
ciazione più immediata (derivata dalla dicotomia giovannea tra luce e
tenebre) gli attribuisce il nero: nel Basso Medioevo, quando fiorì il mo-
vimento crociato, i popoli dalla pelle scura divennero ipostasi demo-
niache, e i monoteisti musulmani furono accusati d’idolatria. Il rosso,
colore del sangue e del fuoco, è un secondo colore del diavolo, e al-
trettanto il verde (allusione al suo ruolo di cacciatore di anime, poiché
verde era la livrea dei cacciatori): il diavolo veste una cotta verde nel
Racconto del frate di Chaucer, e incarnazione diabolica è il cavaliere
del Sir Gawain and the Green Knight. Nel canto XXXIV dell’Inferno,
i tre volti di Satana (prefigurati dalle tre bestie del I canto) hanno cia-
scuno un colore diverso (e diversi dal nero che caratterizza i demoni
in altri luoghi della cantica)48: «L’una dinanzi, e quella era vermiglia; /
l’altr’eran due, che s’aggiugnieno a questa / sovresso ’l mezzo di cia-
scuna spalla, / e sé giugnieno al loco de la cresta: / e la destra parea tra
bianca e gialla; / la sinistra a vedere era tal, quali / vegnon di là onde ’l
Nilo s’avvalla» (Inferno, XXXIV, vv. 39-45).
47
Il testo è tramandato da 150 mss. latini e in circa tredici volgarizzamenti: J.-M. Picard - Y.
Pontfarcy, The Vision of Tnugdal, Dublin, Four Courts Press, 1989.
48
XXI, v. 29; XXIII, v. 131; XXVII, v. 113.
Satana - Lucifero 329

La scelta allude alla parabola del gelso (Luca 17,6), la pianta dalle
bacche che mutano colore, interpretata da sant’Ambrogio quale simbo-
lo del diavolo e da sant’Agostino della croce. La demonologia di Dante
attinge alla tradizione cristiana, alla Scolastica, alle visiones, al pen-
siero greco-romano e musulmano. Nelle rare apparizioni sulla scena
dantesca (la più cospicua nell’ultimo canto dell’Inferno) Satana è più
ripugnante che terrificante, perché lo scopo “ortodosso” di Dante è la
rappresentazione della sua vacuità (in consonanza con la Scolastica): la
mancanza di un’azione diretta del diavolo rappresenta la sua mancanza
di essere, tanto che Dante lo esclude completamente dalla scena del
Descensus ad inferos (Inferno, IV, vv. 52-63)49. Nell’Inferno Satana e
demoni sono di rado in scena e le pene stesse vengono amministrate ai
dannati senza un loro attivo intervento.
Nei vari cerchi, Satana s’incarna in Caronte (III), Minosse (V), Cer-
bero (VI), Plutone (XII), le Furie e Medusa (IX), Minotauro e i Centauri
(XII), Gerione (XVII), i giganti (XXXI): se i Padri della Chiesa rappre-
sentavano gli dèi antichi come dèmoni, l’amore per la classicità spinge
Dante a sostituirli con figure mitologiche funeste, collegate all’Ade50.
Dante soggettivizza la nomenclatura dei diavoli: quelli minori sono,
per lo più, “demoni” o “diavoli”, ma il diavolo è Lucifero, Satana o
Belzebù (Dite per Virgilio: Inferno, XXXIV, vv. 16-21). Nell’ottavo cer-
chio della quinta bolgia (canti XXI-XXIII), Dante presenta uno sciame di
spiriti minori, i Malebranche, che, nelle Malebolge, guidati da Mala-
coda, con gli artigli da cui prendono il nome, trattengono le anime dei
barattieri dentro un lago di pece ribollente51. Privi della solennità dei
diavoli maggiori, i Malebranche danno vita a scene comiche e scato-
logiche in cui giocano un ruolo i nomi, per lo più inventati dal poeta:
Malacoda, Scarmiglione, Barbariccia, Alichino (un personaggio fol-
clorico che compare nella “caccia selvaggia” e diventerà Arlecchino),
Calcabrina, Cagnazzo, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiaca-
ne, Farfarello, Rubicante.

49
Infra, p. **
50
Questa lettura “umanistica” del demonio è longeva: tornerà nell’Ovide Moralisé, XIV seco-
lo, e nel Racconto del mercante di Chaucer (Russel, Lucifer, cit., p. 304).
51
Nel Muspilli “pece” è metonimia per l’Inferno (vv. 5, 22, 26).
330 Adele Cipolla

4. Inferni

Per arrivare a Dante, è necessario, dopo l’etimologia e l’ekphrasis


del diavolo, ripercorrere lo sviluppo della topografia infernale, che con
la fisiognomica s’intreccia: secondo le speculazioni su macrocosmo e
microcosmo52, l’arte medievale fa coincidere Satana-Lucifero con l’In-
ferno e, fuor di metafora, la bocca dell’Inferno sono le fauci spalancate
nelle quali il primo peccatore sovrannaturale sbrana i dannati. Se così
è, evidentemente, in fondo alla natural burella dantesca, nelle boc-
che di Lucifero, già tre secoli prima, in una miniatura del manoscritto
anglosassone detto Junius Book53, il testone di un Satana scimmiesco
accoglie gli spiriti malvagi che, precipitando giù dai cieli, perdono
l’angelica parvenza, trasformandosi in eidola deformi54. Prima di tutto
questo, l’Inferno (che patisce le stesse difficoltà dottrinali del demo-
nio) ha una storia lenta quanto i suoi abitanti. Due le denominazioni
ebraiche, Sheol (interpretato dai Settanta come Haides) e Gehenna, che
nel Nuovo Testamento sono entrambi luoghi sotterranei di pene e tor-
ture. Tuttavia nella Patristica invalse la distinzione per cui la Gehenna
(una cavità infuocata, come promesso da Cristo ai peccatori subornati
dal demonio: «nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi an-
geli», Matteo 25,41) era un luogo di eterni tormenti e Hades (una landa
brumosa, come l’Ade classico) un luogo di purificazione: si predispone
così la gradualità dei castighi oltremondani che troverà compiutezza
nella Commedia, dopo la “nascita del Purgatorio”55. La distinzione tra
i due toponimi si perderà nelle traduzioni latine, che, per entrambi, co-
nosceranno solo la denominazione di Inferi (con tutte le sue possibili
derivazioni): l’ambiguità sopravvive nelle lingue europee, sia in quelle
neolatine (con i derivati da Inferi, fr. enfer, it. inferno, ecc.), sia in quel-
le germaniche (con i derivati da *halja- “luogo celato, sotterraneo”:
cfr. ingl. hell, ted. Hölle).

52
R. Finckh, Minor mundus homo: Studien zur Mikrokosmos-Idee in der mittelalterlichen
Literatur, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1999.
53
T.H. Ohlgren, Insular and Anglo-Saxon illuminated manuscripts: An iconographic catalo-
gue, c. A.D. 625 to 1100, New York, Garland, 1986.
54
Russell, Lucifer, cit., p. 96.
55
Subito dopo essere stati creati, gli angeli devono sostenere la prima prova: alcuni scelgono
la fedeltà, altri il peccato, altri restano neutrali (Inferno, III, vv. 37-39). L’idea degli angeli “igna-
vi” si rafforza con l’invenzione progressiva del Purgatorio, e al terzo stato delle anime corrispon-
derà la categoria degli angeli neutrali.
Satana - Lucifero 331

Uno dei contesti più produttivi per la topografia infernale sono le


visiones, dove, come abbiamo visto, appaiono, disiecta membra, alcuni
dei luoghi infernali (per lo più sede delle punizioni attraverso il fuoco
e il gelo) la cui morfologia, nella struttura dantesca, diverrà necessaria
sul piano dottrinale. L’Inferno, per la teologia scolastica, più che un
luogo specifico era privazione di Dio. La materialità della descrizione
dantesca è possibile sul piano figurale, come rappresentazione del fi-
nalismo etico dell’Universo. Lucifero cade dal cielo come un fulmine,
provocando nell’emisfero boreale la voragine dell’Inferno (mentre la
terra inorridita si ritrae nell’emisfero australe a formare la montagna
del Purgatorio). L’Inferno è il centro della terra e Lucifero, imprigio-
nato nelle tenebre e nel ghiaccio, ne è il polo negativo: ogni essere,
nell’Universo, si muove verso Dio o verso il diavolo (che è aberra-
zione, silenzio, assenza, privazione e vuoto). L’Inferno digrada sotto
peccati sempre più pesanti, fino ai traditori e a Satana, schiacciato da
tutto il peso del mondo (Paradiso, XXIX, v. 57). Satana è negazione e
Dante vuole ritrarre la sua vana immobilità: è sepolto nella caverna
buia della Giudecca, in una tomba che è parodia del Santo Sepolcro;
l’oscurità che lo circonda contrasta con la luce che inonda il cielo, e lo
stagno gelato che lo imprigiona scricchiolando è antinomia allegorica
dell’acqua vivificante del battesimo. Il IX cerchio, il Cocito, è gover-
nato direttamente da Lucifero, e una delle sue zone, la Giudecca, è il
luogo di Giuda e dei traditori (il tradimento sovverte l’ordine dell’U-
niverso): Giuda ha tradito il Figlio e, all’inizio del tempo, Lucifero ha
tradito il Padre. Tnugdal e altri testi visionari rappresentavano i diavoli
nell’atto di sbranare i dannati: Dante riserva queste bestiale nefandezza
a Satana, che, masticando le sue vittime, mescola lacrime e bava, paro-
dia ributtante delle lacrime e il sangue versati sulla croce.

5. Le azioni di Satana

a) Cadute

Nel repertorio delle letterature medievali, Satana è protagonista


di tre eventi che hanno riflessi universali, la caduta, al principio della
creazione, la tentazione di Eva, al principio della storia, e il duello
con Cristo agli Inferi, nell’imminenza del Giudizio56. La legenda del-
56
Kastor, The Satanic Pattern, cit., p. 55.
332 Adele Cipolla

la caduta, che abbiamo visto formarsi nell’interpretazione cristiana di


alcune allusioni veterotestamentarie, era passata anche all’Islamismo.
Nel Corano (7, 11-12) il capo dei ginn57 ribelli, Iblis58, viene scacciato
dal cielo per aver rifiutato di inchinarsi davanti ad Adamo. Iblis (che
dopo la colpa sarà chiamato Shaitan)59, creato dal fuoco, per suberbia e
gelosia non accetta di ossequiare la creatura plasmata dalla terra. Una
dottrina islamica eterodossa attribuisce la colpa di Iblis a un eccesso
di amore (egli non può prostrarsi ad altri che a Dio stesso) e delinea la
condanna come eterna privazione dell’oggetto amato.
Una complessa psicologia del peccato sta a monte dell’epicizzazio-
ne della caduta di Lucifero, che avrà una rigogliosa fioritura nell’In-
ghilterra altomedievale (secoli VIII-XI), in un’età molto attenta ai temi
sociali dell’ubbidienza e della ribellione. Due codici redatti intorno
all’anno 1000, noti come Exeter Book e Junius Book, trasmettono, tra
gli altri, una sequela di poemi epici volgari in versi lunghi allitterativi
(le forme sono le stesse impiegate nel Beowulf), i cui eroi sono Lucifero
e Cristo, attori di un’eterna contesa che parte dalla caduta, al principio,
e arriva al descensus agli Inferi, nell’imminenza della fine dei tempi. I
due eterni duellanti sono designati col lessico che, nella lacunosamente
tramandata poesia profana (Beowulf e poco altro), indica le relazioni
gerarchiche all’interno dell’aristocrazia tribale e il conflitto si gioca
intorno all’obbligo della fedeltà guerriera. Due poemi tramandati nello
Junius Book, noti come Genesi A e B, inseriscono la caduta degli angeli
ribelli, ancora ignota all’Antico Testamento, entro la Genesi. Nei testi
del manoscritto Junius (il nome deriva dall’antiquario che ne fu, alla
metà del XVII secolo, il primo editore)60, Satana-Lucifero, ribelle per
superbia, ha il rango di personaggio epico (senza essere contaminato
dai tratti animaleschi che lo predisporranno a derive comiche, come
quelle dei canti XXI-XXIII dell’Inferno), anticipando il protagonista del
Paradise Lost. Una miniatura a tutta pagina (c. 3), in apertura del ma-
noscritto, descrive in stazioni parallele (su fasce orizzontali successi-

57
I ginn, simili ai dáimones del paganesimo greco-romano, sono esseri creati dal fuoco,
ontologicamente inferiori agli angeli.
58
Il termine (più antico del Corano) potrebbe essere un imprestito da diábolos e compare più
spesso in relazione alla leggenda della caduta.
59
La relazione tra Iblis e Shaitan rispecchia quella tra satanâs e diábolos.
60
Caedmoni monachis paraphrasis poetica Genesios, Amsterdam, 1655. Il manoscritto, sco-
perto dall’arcivescovo Ussher, fu donato a Francis Junius nel 1651. Datato tra la fine X e l’inizio
dell’XI secolo, è illustrato da 51 disegni a penna in inchiostro bruno, con rare inserzioni di blu,
rosso e nero, databili al 1100 ca.
Satana - Lucifero 333

ve) le fasi della caduta61. Nelle scene più alte, Lucifero, ancora immer-
so nella gloria celeste, indossa solenni vesti di angelo. Precipitando,
però, i ribelli, deformati nelle smorfie della caduta, sono svestiti (la
nudità oscena è, infatti, un contrassegno iconico del demonio). Nella
fascia più bassa, infine, la metamorfosi è compiuta: Lucifero, legato tra
le zanne dell’Inferno, con lunghi artigli neri e, sulla testa, un cappello
a sonagli, si è trasformato in Satana.
Milton, a Londra, aveva frequentato Junius e ne avrebbe potuto
consultare i manoscritti (si tratta tuttavia di pure speculazioni)62; al-
trettanto speculativa la relazione con l’Adamo caduto di Serafino della
Salandra, tragedia sacra pubblicata a Cosenza nella prima ed unica edi-
zione nel 1647, certamente prima del poema miltoniano63. L’epicizza-
zione di Satana nella poesia anglosassone diventa un luogo comune:
nel Racconto del monaco64, Chaucer (1344-1400) ne fa uno dei casi
paradigmatici dell’incostanza di Fortuna, primo di un lungo repertorio
di esempi biblici e antichi, con Adamo, Sansone, Ercole, Nabuccodo-
nosor, Alessandro, Cesare, Creso e molti altri.

b) Tentazioni

Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal


Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non
dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al
serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare,
ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non
ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma
il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che
quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste
come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che
l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per

61
L. Lockett, An Integrated Re-examination of the dating of Oxford, Bodleian Library, Junius
11, «Anglo-Saxon England», 31, 2002, pp. 141-173. Il ms. è consultabile online al sito: http://
image.ox.ac.uk/show?collection=bodleian&manuscript=msjunius11
62
J. Martin Evans, Paradise Lost and the Genesis Tradition, Oxford, Clarendon Press, 1968;
Stella P. Revard, From Metanoia to Apocalypse: «Paradise Lost» and the Apocryphal «Lives of
Adam and Eve», «The Journal of English and Germanic Philology», 104, 2005, pp. 80-102.
63
C.S. Lewis, Satan, in Bloom, Satan, cit., pp. 27-34; S. della Salandra, Adamo caduto, revi-
sione, saggio, traduzioni e note a cura di F. Giacomantonio, Roma-Pisa, Serra, 2009.
64
Heere bigynneth the Monkes Tale De Casibus Virorum Illustrium.
334 Adele Cipolla

acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede


anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. (Genesi 3,1-6)

Il serpente tentatore della Genesi era entrato presto nella costituzione del Sa-
tana medievale e la scena della tentazione è una di quelle ricorrenti nelle arti
figurative e nelle forme del teatro liturgico65. Intervengono delle novità nell’a-
zione: nel Mystère d’Adam, un testo anglo-normanno del XII secolo, redatto in
francese antico con didascalie in latino66, Diabolus tenta Adamo prima di Eva,
con una deviazione, di matrice feudale e sessista, dal canone veterotestamen-
tario (il diavolo si rivolge prima al padrone dell’Eden, poi a sua moglie), che
era già apparsa nella Genesi B anglosassone. Dal XIII secolo appaiono nelle
arti figurative serpenti con volto umano, simbolo della complicità nel peccato
fra uomo e diavolo; per sottolineare le maggiori responsabilità di Eva, che
emergevano gradualmente negli sviluppi dell’episodio scritturale, il serpente
può (come per Pietro Comestore, Historia Scholastica, Liber Genesis 21),
avere un “volto di vergine”67. La tentazione, patita da Adamo nell’Eden e da
Cristo, novello Adamo, nel deserto, si riflette infinite volte nell’agiografia,
fin dalle Vitae dei Padri del deserto, poi con i santi nuovi nelle nuove terre di
missione: la recursività, caratteristica della narrativa medievale, si spiega sul
piano ontologico, dove l’azione storica del santo ripete infinitamente l’azione
divina di opposizione alle lusinghe del male. I mistici, pur predicando l’ina-
nità del Diavolo, se ne ritennero i bersagli preferiti: Bonaventura racconta
che san Francesco aveva dovuto sopportare per tutta la vita le tentazioni del
Maligno, che gli instillava voracità e lussuria e, soprattutto, la desperatio,
la mancanza di fiducia nell’assoluto potere di Dio, il peccato di orgoglio di
Satana-Lucifero68.

c) Irruzioni agli Inferi

Dal II secolo la risposta più diffusa al quesito di cosa Cristo avesse


fatto nei tre giorni prima della Risurrezione era che avesse affrontato
la morte nel suo regno sotterraneo. Sulla base di pochi dettagli oscuri
dell’Apocalisse (21), delle Lettere di Paolo e delle Lettere Cattoliche

65
Russell, Lucifer, cit., pp. 304, 334-336.
66
E. Auerbach, Adamo ed Eva, in Id., Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale,
Torino, Einaudi, 1956, con un saggio introduttivo di Aurelio Roncaglia (I ed.: Bern 1946), pp.
157-188.
67
Russell, Lucifer, cit., p. 298.
68
Ivi, pp. 226, 311; G. Agamben, Il demone meridiano, in Id., Stanze. La parola e il fantasma
nella cultura occidentale, Torino, Einaudi, 1977.
Satana - Lucifero 335

(Efesini 4,8-9, Ebrei 13,20, Prima lettera di Pietro 3,19), i commen-


tatori69 fissarono la dottrina secondo la quale, nei tre giorni agli Inferi,
Cristo avesse predicato ai pagani e convertito e salvato i giusti (rima-
nendo aperta la questione dei destinatari dell’azione soteriologica). Dai
commentari, la credenza, entrando nel Credo di Sirmio nel 359, passò
nella letteratura omiletica e nella liturgia del Sabato Santo, diffonden-
dosi in Spagna nel VI secolo e in Gallia nel VII; dall’VIII secolo la dot-
trina fu fissata nella liturgia romana.
Il modello delle successive rielaborazioni è, ancora una volta, un
testo pseudoepigrafico, il cui nucleo deve essersi costituito già nel II
secolo e che verrà poi trasmesso nel Vangelo di Nicodemo (di cui si
sono salvate diverse recensioni, la prima delle quali è attestata in un
palinsesto del V secolo)70, un testo estremamente influente sul Me-
dioevo letterario e figurativo (poiché libri, affreschi, rilievi ispirati al
descensus venivano realizzati contemporaneamente e la notorietà del
soggetto, oltre la ristretta cerchia dei litterati, includeva l’intera co-
munità cristiana). Dipanandosi dalla speculazione teologica verso le
realizzazioni narrative e drammaturgiche, l’episodio della discesa di
Cristo agli Inferi viene inscenato in forma dialogica, col Signore delle
Tenebre a colloquio col Salvatore o con l’Inferno stesso (in latino Ha-
des), che, come abbiamo visto, all’occorrenza veniva antropomorfizza-
to e agiva come persona del dramma escatologico.
Una volta stabilita e divulgata, la leggenda continuò ad ammettere
varianti di grande rilevanza dottrinale: a chi era stata rivolta l’azione
soteriologica di Cristo? Ai soli Patriarchi? Agli Ebrei giusti nati prima
della sua venuta? Ai pagani che avevano vissuto rettamente, o addirit-
tura all’intera comunità dei dannati imprigionati oltre le porte di Ade71?
La teoria scolastica della salvezza come sacrificio indebolirà la rilevan-
za teologica della discesa agli Inferi, tuttavia l’episodio sopravvisse a
lungo come ispiratore delle arti figurative, rafforzato dall’immagine
guerresca di matrice feudale del Christus victor72, che aveva favori-
to il successo del Descensus ad Inferos nella letteratura inglese, tra il

69
C. Alessandrino (150-215 ca.) fu uno dei primi ad integrare il Descensus ad Inferos negli
atti della Redenzione e Tertulliano (155-230 ca.) introdurrà la vivida immagine di Cristo che
svelle le cancellate e le porte del regno infernale.
70
The Medieval «Gospel of Nicodemus»: Texts, Intertexts and Contexts, a cura di Z.
Izydorczyk, Tempe, Arizona, Medieval & Renaissance Texts & Studies, 1997.
71
Russell, Satan, cit., p. 117-119.
72
R.V. Turner, Descendit ad Inferos: Medieval Views on Christ’s Descent into Hell and the
Salvation of the Ancient Just, «Journal of the History of Ideas», 27, 1966, pp. 173-194.
336 Adele Cipolla

periodo anglosassone e quello anglo-normanno73. I manoscritti anglo-


sassoni di Junius e Exeter collegano la prima e l’ultima sconfitta di
Satana, tramandando anche dei poemi incentrati sulla scena della vit-
toria infernale di Cristo, che nelle versioni inglesi prenderanno il titolo
di Harrowing of Hell (“Incursione all’Inferno”). Nello Junius Book,
il cosiddetto Christ and Satan (il titolo redazionale menziona i due
duellanti escatologici) è scandito tra “Caduta dei ribelli”, “Irruzione in
Hell” e “Tentazione di Cristo”.
«Il terrore gli piombò addosso, // il tuono davanti al Giudice, / che
piegò e incendiò // le porte dell’Inferno. [...] // Gli esseri scellerati, /
[...] // furono tutti / scossi dall’orrore, // si lamentavano, / nella sala del
vento. // «È dura: / ora giunge la tempesta, // il Capitano con la truppa,
/ il Principe degli Angeli. // Procede davanti a lui / una splendida luce:
// la contemplavano, / un tempo, i nostri occhi, // finché fummo là in
alto, / insieme agli Angeli. // Con la potenza della sua gloria, / adesso
annienterà // le sofferenze che abbiamo provocato. / Ora giunge il ter-
rore, // il tuono davanti al Signore: / ben presto la masnada dei malvagi
// [...] / dovrà espiare le sue scelleratezze. // È, in persona, / il figlio
del Signore, // Condottiero degli Angeli. / Guiderà le anime // in alto,
via di qui, / e d’ora in poi noi sopporteremo // l’umiliazione, / effetto
della sua collera». // [...] Giunse allora il fragore degli angeli, // il tuono
al rosseggiare dell’aurora: / il Signore in persona // aveva sopraffatto
l’Avversario. / La faida fu aperta, allora, // all’albeggiare, quando il
terrore giunse» (Christ and Satan, Harrowing of Hell, vv. 382-404).
L’Harrowing of Hell ispirerà, su un registro completamente diver-
so, la scena madre del Piers Plowman, redatto in recensioni diverse
dal frate minore William Langland tra il 1360 e il 1400 (negli anni di
Chaucer)74. Nel poema allegorico di Langland (una prova estrema del
genere visionario, in cui Will viene condotto in sogno a visitare il re-
gno celeste e quello infernale, con la guida di Piers l’Aratore e di una
lunga serie di figure allegoriche), il diavolo serve alla satira sociale
e prende nomi differenti (Ragamoffyn, Belial, Astarot), due dei qua-
li, Lucifer e Satoun, si alternano (spesso immotivatamente) nel ruolo

73
P. Dendle, Satan unbound: The devil in Old English narrative literature, Toronto, Univer-
sity of Toronto Press, 2001; Karl Tamburr, The Harrowing of Hell in Medieval England, Cam-
bridge, Brewer, 2007.
74
W. Langland, The vision of William concerning Piers the Plowman in Three parallel texts,
2 voll., a cura di W.W. Skeat, Oxford, Clarendon Press, 1886; C. Brewer, Editing Piers Plowman:
The evolution of the text, Cambridge, Cambridge University Press, 1996.
Satana - Lucifero 337

principale. Nel Piers, la scena del Descensus è introdotta da un dialo-


go tra Satoun e Lucifer (che discettano sulla legittimità della pretesa
diabolica sulle anime) quindi, il Sabato Santo, irrompe in scena Cristo
armato come un cavaliere. La sconfitta di Lucifero sarà per sempre, e
i diversi episodi scritturali e pseudoscritturali ripetono infinitamente la
sconfitta originale e necessaria. Oltre alle questioni teologiche su male
e soteriologia, ne deriva una difficoltà a mettere i fatti in successione
cronologica: Michele e Cristo che schiacciano Satana sotto il tallone
diventano figure intercambiabili.

6. Il patto: Basilio, Teofilo, Faust

Le vite dei santi, i sermoni e le rappresentazioni liturgiche in volga-


re, nel corso dell’XI secolo, diventano un ponte verso le nuove forme
narrative profane che caratterizzeranno il Basso Medioevo. Il genere
delle vitae era stato messo a punto con quelle dei Padri del deserto,
nelle quali, agli esordi dell’agiografia cristiana, Satana aveva giocato
un ruolo attivo, come sfidante e oppositore dei santi. I Dialogi di Gre-
gorio75, il più influente repertorio agiografico della cristianità occiden-
tale dell’Alto Medioevo, hanno spesso a che fare con il diavolo, spesso
attore di una banale aneddotica della tentazione, con alcuni spunti che
verranno recuperati più tardi, nella demonizzazione delle religioni pre-
cristiane (come nella storiella del sacrificio di una testa di capro offerta
dai Longobardi al demonio: Dialogi, 3, 28), o nell’antisemitismo e nel-
la caccia alle streghe (come nella storiella dell’ebreo che si pente e si
converte, dopo aver assistito nottetempo, in un tempio di Apollo, a un
concilio satanico: Dialogi, 3, 7).
Le vite dei santi erano parte della liturgia di determinate feste e le
Sacre Rappresentazioni (misteri, miracoli, moralità ) derivarono dalla
liturgia in latino76. Di qui si svilupparono interi cicli di drammi sacri
che rappresentavano le fasi principali della storia della salvezza (dram-
mi della Passione, della Pasqua e del Corpus Domini). In questi testi il
teatro nascente è il tramite tra il diavolo della letteratura e quello del-
le arti figurative. L’identificazione tra Lucifero e Satana è ormai cosa

75
Gregorius I Magnus, Dialogorum Libri IV De Vita Et Miraculis Patrum Italicorum, in
Patrologia Latina, LXXVII. Nel Basso Medioevo, invece, il repertorio agiografico di maggior
successo fu la Leggenda dei santi di J. da Varazze, la Legenda Aurea.
76
Russell, Lucifer, cit., pp. 334-336.
338 Adele Cipolla

fatta, tuttavia il personaggio può scindersi e (come abbiamo visto nel


Piers Plowman) inscenare un contrasto tra le due facce del doppio sata-
nico77. L’onomastica del diavolo si sviluppa ulteriormente (talvolta ac-
centuando i tratti comici che abbiamo visto nei Malebranche), per una
ridda di diavoli minori, che variano, parodizzano, contaminano i nomi
di inveterata tradizione. La novella di Belfagor arcidiavolo, un’estre-
ma laica e misogina parodia delle visiones, fu pubblicata per la prima
volta nel 1545, e quindi, nel 1549, attribuita a Machiavelli. Ambientata
al tempo di Carlo d’Angiò, fa la satira della Firenze contemporanea
attraverso la visione di un pio uomo, che descrive non i tormenti infer-
nali, ma quelli terrestri del povero diavolo Belfagor, afflitto da una mo-
glie petulante78. La prospettiva misogina aveva accompagnato la narra-
zione sul diavolo sin dai primordi: la sua potenza impone al diavolo di
essere maschio ma, con Belfagor, il suo destino finale è quello di essere
rispedito all’Inferno dalle donne. D’altronde, sempre sul versante del
comico, i nomi del diavolo e dell’Inferno erano entrati, con Boccaccio,
nel repertorio degli eufemismi sessuali:

Le donne domandarono: – Come si rimette il diavolo in inferno?


La giovane, tra con parole e con atti, il mostrò loro. Di che esse fecero sì gran
risa che ancor ridono [...].
Poi l’una all’altra per la città ridicendolo, vi ridussono in volgar motto che il
più piacevol servigio che a Dio si facesse era il rimettere il diavolo in inferno;
il qual motto passato di qua da mare ancora dura.
E per ciò voi, giovani donne, alle quali la grazia di Dio bisogna, apparate a
rimettere il diavolo in inferno, per ciò che egli è forte a grado a Dio e piacer
delle parti, e molto bene ne può nascere e seguire (Decameron III, X)79.

L’agiografia e i generi drammatici conoscono una variante della re-


lazione seduttiva tra Satana e gli umani, concepita nei termini di un
“patto” formale80 (parodia del battesimo e dell’investitura feudale)81,

77
La inveterata opposizione tra Lucifero (prima e dopo la caduta) e Satana (dopo la caduta),
si evolve nell’idea della superiorità di Lucifero e di Satana quale suo luogotenente.
78
N. Machiavelli, Novella di Belfagor; L’Asino, a cura di Maurizio Tarantino, introduzione
di M. Martelli, Roma, Salerno Editrice, 1990.
79
G. Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, Firenze, Le Monnier, 1960. Il testo è con-
sultabile al sito Decameron Web: http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/dweb/texts/
80
A. D’Agostino, Il patto col diavolo nelle letterature medievali. Elementi per un’analisi
narrativa, «Studi Medievali», XLV, 2004, pp. 699-752.
81
Alfonso X, nella Cantiga 216, parla di «vassalo do demo» (D’Agostino, Il patto col dia-
volo, cit., p. 34).
Satana - Lucifero 339

che, prima di Faust, trova le sue più lontane rappresentazioni in due


storielle di ampia diffusione, una legata alla vita di san Basilio82, l’al-
tra a un personaggio di nome Teofilo83. La storia di Teofilo di Cilicia
(di origine anatolica, redatta in greco nel VII secolo e poi in latino nel
IX) venne ripetutamente raccontata, in moltissime lingue, nell’arco di
mille anni84: è all’origine della leggenda di Faust85 e contribuì, divul-
gando il patto satanico, a fornire argomenti alla caccia alle streghe. Un
prete perseguitato dal proprio vescovo, spinto all’esasperazione, viene
persuaso da un mago ebreo a stringere alleanza con Satana. L’ebreo gli
procura un incontro notturno in una plaga deserta (siamo già nelle con-
venzioni del sabba), dove Teofilo giura per iscritto fedeltà a Lucifero.
Al momento di pagare, però, Teofilo si appellerà alla Madonna (che,
nell’età della Scolastica, diviene la nemica di Satana) e un miracolo
mariano strapperà il contratto dalle mani del diavolo: Teofilo, per in-
tercessione della Vergine, verrà infine salvato. Il plot poteva servire a
propagandare, insieme, il culto della Madonna e l’antisemitismo; servì
anche alla polemica contro l’eresia, poiché degli eretici, prima che del-
le streghe, si sostenne che sottoscrivessero contratti col Maligno.
Il patto svela la dimensione giuridico-legale che il diavolo poteva
assumere (attualizzando la remota funzione di accusatore nell’Antico
Testamento): un tema fortunato, che attraversa i generi letterari, è quel-
lo dei processi del demonio all’umanità. Nel contrasto De Sathana cum
Virgine di Bonvesin de La Riva (1240-1315)86, un diavolo loico (Sata-
nax, lo drag, l’inimigo) accusa i continui furti di anime inflittigli dalla
pietosa intercessione di Maria. Dall’invenzione narrativa e teatrale, il
“processo del diavolo” entrò addirittura nei manuali di giurisprudenza,
come quello redatto nel 1359 da Bartolo da Sassoferrato (Processus
Satanae contra Dominam Virginem coram judice)87. Qualche anno più
tardi, nel 1382, Jacobus Palladinus da Teramo, vescovo di Spoleto, re-
dige una Consolatio peccatorum, seu Processus Luciferi contra Jesum
82
Vita Sancti Basilii Caesareae Cappadociae Archiepiscopi, da un prototipo greco del V-VI
secolo. La versione più nota è nella Legenda Aurea (1260-1298 ca.), dalla quale la trama arrivò
fino a Lope de Vega.
83
Le legendae parallele di Basilio e Teofilo ispirano due poemetti di Hroswitha di Gander-
sheim (X secolo): entrambi conoscono il motivo del patto scritto col demonio, che nel primo testo
è motivato dalla lussuria, nel secondo dalla vanagloria.
84
D’Agostino, Il patto col diavolo, cit., p. 9.
85
J.W. Smeed, The Devil, in Bloom, Satan, cit., pp. 71-94.
86
Le opere volgari di Bonvesin de la Riva, I, a cura di G. Contini, Roma, Società Filologica
Italiana, 1941.
87
Russell, Lucifer, cit., p. 263.
340 Adele Cipolla

Christum, detta nel colophon Liber Belial (poiché Belial è il difensore


di Lucifero nella prima parte del processo, in cui Cristo deve discolpar-
si dall’irruzione agli Inferi )88.
Dettagliato sarà, alle soglie dell’evo moderno, il patto vergato col
sangue dal doctor Faust per Mephistopheles (o Mephostophiles, “che
non ama la luce”), ultimo nome di Satana, un calembour dal greco sul
cui significato si è inutilmente interrogato Goethe. Questa volta non ci
saranno pentimento e miracolo, la condanna della superbia conoscitiva
sarà irrevocabile. In chiusura del Faustbuch del 158789, raccontando
«Del lamento del dottor Faustus dall’Inferno e di indicibili pene e tor-
menti», le ultime parole del protagonista («Me la sono voluta: adesso
devo aggiungere la beffa al danno») scagionano Satana il tentatore: il
titanismo e le sue colpe sono ormai una faccenda umana.

88
Ibidem.
89
Historia von D. Johann Fausten, Text des Drucken von 1587, kritische Ausgabe hrsg. von
S. Füssel - H.J. Kreutzer, Stuttgart, Reclam, 1988.

Vous aimerez peut-être aussi