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FABIO CECCARINI

DIO FA CASA
CON L’UOMO

LA COLLEGIATA DI
SAN GIOVANNI EVANGELISTA
IN CAPRANICA
NEL BICENTENARIO
DELLA SUA COSTRUZIONE

6 agosto 1801 – 6 agosto 2001

Effeci
Edizioni Capranica
In copertina: copia settecentesca della bolla “Piis et honestis” data a Roma da papa Bonifacio IX
il 23 ottobre 1400

© 2001 Effeci Edizioni


Via A. Gramsci, 9
01012 – Capranica (VT)
( 0761 678234
* effeci@thunder.it

Fotografie dell’Autore

Copertina di Enrico Fabiacci

ISBN 88-900697-0-9
Ai miei figli
Sara Giuseppina e Giuseppe Maria
battezzati a San Giovanni.
A mio padre e a mia madre
sposati a San Giovanni.
A mio padre e mio suocero
e a tutti gli amici
salutati per l’ultima volta
a San Giovanni.
Ringraziamenti

Tra quanti, con la loro grande disponibilità, hanno contribuito a farmi completare que-
sto lavoro, desidero ringraziare in maniera particolare Don Antonio Paglia, che mi ha consentito
senza esitazioni di accedere all’archivio parrocchiale; Silvia Ciomei, per le preziosissime ricerche
bibliografiche all’Alessandrina, senza le quali non avrei potuto portare in bibliografia un paio di
inedite “chicche” storiche su Capranica; mio nipote, Claudio Scarici, per le sue indispensabili
“consulenze” e traduzioni dal latino; Laura Orsi, senza cui non mi sarebbe mai venuta l’idea di
iniziare questo lavoro, e per il materiale bibliografico che mi ha fornito relativamente al tabernacolo;
mio cugino, Primo Lanzalonga, per i libri che mi ha spesso fornito e per le lunghe chiacchierate sul
divano di casa mia; Don Paolo Sabatini o.s.b. silv., per avermi simpaticamente presentato a
Don Ugo Paoli o.s.b. silv. (Vice-prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano); quest’ultimo e il
Dott. Luca Carboni (Segretario dell’Archivio Segreto Vaticano) per la disponibilità e la cortesia
dimostratami nelle mie richieste; i ragazzi del Settore Giovani di A.C. (Roberta, Martina,
Maria Grazia, Martina, Silvia, Sara, Stefania, Anna Rita, Elena, Silvia, Francesca Romana,
Simona, Enrico, Daniele, Enrico) a cui durante l’Avvento del 2000 ho potuto presentare la secon-
da parte di questo lavoro.
Un grazie tutto speciale, per concludere, va a Mamma – a cui parlavo di un libro su
Capranica già una ventina di anni fa – per avermi con amore e affetto “regalato” questa edizione e
per avermi insegnato insieme a mio Padre l’amore per questa terra e per la nostra gente, e natural-
mente a mia moglie, Teresa, una cosa sola con me, senza il cui amore e sostegno non ce l’avrei mai
fatta.
«Omnia figurate Christum annuntiant»
SANT’AGOSTINO

INTRODUZIONE

Quando, circa un anno fa, ho cominciato a mettere mano a


questo lavoro, l’obiettivo che mi prefiggevo era quello di fare
un’analisi testuale-iconografica del tabernacolo degli olii santi della
Chiesa di San Giovanni.
La motivazione era semplicissima. Nell’anno del Giubileo
dell’Incarnazione, anno intensamente eucaristico, come il Papa stesso
ha avuto modo di definirlo nella Bolla d’indizione Eucaristicum myste-
rium, mi sembrava opportuno utilizzare il bel tabernacolo murale della
nostra Chiesa Collegiata e le sue interessantissime figurazioni, per
proporre una catechesi sul Giubileo e sul sacramento dell’Eucaristia.
Altre volte mi era capitato di realizzare delle catechesi attra-
verso le immagini e il risultato che avevo ottenuto, o, almeno, che mi
era sembrato di ottenere, lo avevo senz’altro giudicato in modo posi-
tivo e soddisfacente. I diretti destinatari delle catechesi infatti, i ragaz-
zi dell’Azione Cattolica, avevano mostrato, almeno all’apparenza, di
gradire in maniera particolare quel modo di incontrarsi, così diverso
dai soliti schemi a cominciare dal luogo, mostrando un’attenzione e
un interesse maggiori di quanto non fossero abituati a fare.
Certo, l’effetto sorpresa era in qualche modo decisivo, ma
con esso collaborava anche la grande curiosità dei ragazzi che li spin-
geva a domandare, a scoprire, a capire il significato di questo o quel
6 Dio fa casa con l’uomo

particolare, con quel loro modo di fare spontaneo e così ordinatamente


casuale che sempre li contraddistingue.
Mi domandavo, allora, se questa maniera di fare catechesi, in
fondo antica come il cristianesimo, si potesse proporre ancora, con gli
opportuni adattamenti, a un uditorio di laici adulti.
E quale altra migliore occasione si sarebbe potuta sfruttare se
non quella offerta dal Giubileo?
In fondo si trattava di recuperare uno degli strumenti di e-
vangelizzazione più utilizzati nella storia della Chiesa – quanto at-
tualmente trascurato – che unisce alla forza comunicativa della parola,
la potenza espressiva dell’immagine.
Bastava documentarsi un po’ – mi ero convinto – prendere
un riferimento di qua… una notizia di là… cucire il tutto insieme… et
voil là ! Le jeux son fait!
Facile no? L’idea c’era, bastava realizzarla.
*

Però un’idea non può essere realizzata così, sic et sempliciter.


Ha bisogno di un progetto, di un metodo, di un procedimento che va
seguito secondo un suo sviluppo organico, coerentemente con
l’obiettivo da raggiungere.
Dopo l’entusiasmo iniziale, che mi aveva portato, o meglio,
ri-portato dopo qualche anno in Gregoriana, nei saloni odorosi di an-
tico della splendida Biblioteca, a raccogliere a capoccia bassa quanto più
materiale possibile, ecco che era necessario incominciare il lavoro di
ordinamento e organizzazione delle molte fonti raccolte secondo
quello che era il mio intendimento.
Null’altro, in sintesi, di un progetto di catechesi dei simboli
con cui tentare di trarre insegnamento da quella piccola opera d’arte,
mettendosi in rispettoso ascolto della sua parola fatta di immagini
che, al di là della loro virtù estetica, ci narrano anche e soprattutto
dell’intera storia della salvezza.
Ma, vista la straordinaria abbondanza di libri, documenti, ri-
viste, articoli che andavo via via accumulando – e che subito ne pro-
duceva altrettanta attraverso il metodo, tanto affascinante quanto
perverso, della “navigazione” tra i riferimenti bibliografici – contem-
poraneamente con la necessità di delimitare l’ambito della ricerca, si
Introduzione 7

veniva quasi imponendo un suo allargamento dai confini squisitamen-


te catechetici che, come si è visto, avevo pensato di non attraversare.
D’altronde – mi domandavo – considerare quel tabernacolo
come un testo, non significava pure conoscere le vicende storiche che
avevano fatto da sfondo alla sua realizzazione, il nome dello scultore
che l’aveva eseguito, lo stile artistico a cui si richiamava… insomma:
tutto il contesto che l’aveva prodotto? E in questo contesto, non a-
vrebbe dovuto essere in qualche modo considerata anche la chiesa
che ospitava il tabernacolo e… la stessa Capranica? Tra l’altro mi
sembrava anche di ricordare che la costruzione della nuova chiesa,
quella attuale, aveva preso il via nel 1801 e che, quindi, nell’anno in
corso si sarebbe celebrato il bicentenario di tale evento.
Per cui dovevo assolutamente allargare l’orizzonte e dividere il
lavoro in due parti: una essenzialmente storica, che si occupasse cioè
delle vicende storiche della tenda, del tabernacolo maggiore, ovvero, del-
la chiesa di San Giovanni; l’altra, prevalentemente iconografica e cate-
chetica, incentrata, invece, sul suo tabernacolo murale. Di più. Dovevo
anche arricchire il lavoro con qualcosa di inedito, qualcosa che fosse
completamente nuovo nel panorama storico capranichese e che nes-
suno mai, prima d’ora, aveva trattato e studiato. Qualcosa, dunque,
che non facesse assimilare questo lavoro all’ennesimo libro su Capra-
nica in cui si ripetono cose che si conoscono già.
* *

Ecco, dunque, Dio fa casa con l’uomo, un lavoro storico e cate-


chetico, sintetico e analitico, compilativo e di ricerca nello stesso
tempo, che si compone essenzialmente di due parti e di una appendi-
ce.
La prima parte si occupa delle vicende storiche relative alla
chiesa di San Giovanni Evangelista, considerate dalla fondazione ad
oggi e ricostruite sulla base dei documenti conservati presso
l’Archivio Parrocchiale, senza tralasciare una breve presentazione sto-
rica di Capranica.
La seconda è invece incentrata esclusivamente sul suo taber-
nacolo murale Quattrocentesco, inquadrato contemporaneamente
come oggetto liturgico ed opera d’arte, con una approfondita analisi
dei simboli e delle immagini che vi sono rappresentate.
8 Dio fa casa con l’uomo

Nell’appendice è infine presentata una raccolta di diciotto


documenti inediti dell’Archivio Parrocchiale, di cui il più antico risale
al 1400 e il più recente al 1825, che vengono trascritti e presentati per
la prima volta.

Il 6 agosto 2001 è trascorso il 200° anniversario dell’inizio


della costruzione della nuova chiesa di San Giovanni Ev..
Per questo motivo, benché il lavoro non sia generalmente
completo e terminato (poiché tanto altro ancora avrei da aggiungere),
mi sono convinto a divulgarlo per celebrare in qualche modo questa
ricorrenza. E seppure le pagine che si presentano non hanno esse
stesse carattere definitivo, in quanto avrebbero ancora la necessità di
essere migliorate, integrate, riviste e corrette, spero comunque di fare
cosa gradita al parroco, Don Antonio Paglia, e a tutti gli altri parroc-
chiani e capranichesi, pubblicandole in questa edizione limitata, nella
speranza anche di contribuire in qualche modo nella riscoperta delle
vicende storiche della nostra cittadina.
* *
*

In ultimo, appena qualche parola per il titolo.

Dio fa casa con l’uomo, è il titolo-slogan che ha accompagnato


l’Azione Cattolica durante il Grande Giubileo del 2000, in continuità
con le indicazioni della bolla d’indizione Incarnationis mysterium con cui
Giovanni Paolo II, il 29 novembre 1998, ha indetto ufficialmente
l’Anno Santo. Poiché tale slogan mi sembrava particolarmente adatto
a metaforizzare in una singola frase il mistero dell’incarnazione – cuore
della celebrazione giubilare – ho deciso di adottarlo come titolo di
questo breve lavoro.
Per questo, credo che gli altri aderenti e l’associazione tutta
non me ne vorranno.

Capranica, 24 ottobre 2001


9

SIGLE E ABBREVIAZIONI

Annales Minorum WADDING L., Annales Minorum aeu trium Ordinum a s. Francisco
institutionum, Firenze, ad claras acqua (Quaracchi), 1932
ASRSP Archivio della Società Romana di Storia Patria
ASPC Archivio Storico Parrocchiale di Capranica
ASV Archivio Segreto Vaticano
ASVT Archivio di Stato di Viterbo
BJ La Bible de Jerusalem, 1984 – Bologna 1990
BR Bullario Romano – Bullarum diplomatum et privilegiorum sanctorum ro-
manorum pontificum, Taurinensis Editio, Augustae Taurinorum
1871
BSS Bibliotheca Sanctorum, Enciclopedia dei Santi diretta da F. Caraffa,
14 vol., Roma 19903, 19923
CCC Catechismo della Chiesa Cattolica
CJC 1917 Codex Iuris Canonici, 1917
CJC 1983 Codex Iuris Canonici, 1983
COD Conciliorum Oecumenicorum Decreta, edizione bilingue, edd. G. Al-
berigo – G. A. Dossetti – P. P. Jeannou – C. Leonardi – P. Pro-
di, Bologna 1991
DA Dizionario d’Arte, a cura di L. Grassi e M. Pepe, Torino 1995
DACL Dictionnaire d'archéologie chrétienne et de liturgie, diretto da H. Leclercq
e F.Cabrol, 30 vol., Paris 1907
DBI Dizionario Biografico degli Italiani, a cura di M. Pavan, 53 vol., Roma
1960
DH DENZINGER H., Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum
de rebus fidei et morum, a cura di P. Hünermann, Bologna 1995
DHGE Dictionnaire d'Histoire ed de Geographie Ecclesiastiques, a cura di A.
Baudrillart et alii, 27 vol., Paris 1912-2000
DTB Dizionario di teologia biblica, a cura di X. Leon-Dufour , Genova
1976
DTF Dizionario di Teologia Fondamentale, diretto da R. Latourelle e R.
Fisichella, Assisi 1990
EC Enciclopedia Cattolica, diretta da S.E.R. Mons. P. Paschini, 12 vol.,
Firenze 1948-1953
EE Enciclopedia Ecclesiastica, diretta da S.E.R. Mons. A. Bernareggi, 7
vol., Milano 1942
EISLA Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Istituto
dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, diretta
da T. Gregory e I. Baldelli, Roma 1949-1951, 54 vol.,
EUA Enciclopedia Universale dell’Arte, Novara 1982
10

EURL Enciclopedia Universale Rizzoli-Larousse, 16 vol., Milano 1967


EV Enchiridion Vaticanum
GAMS GAMS P.B., Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae, quotquot innotue-
runt a Beato Petro Apostolo, Ratisbona 1873
HC RITZLER R. – SEFRIN P., Hierarchia Catholica. Medii et recentioris
Aevi, 8 vol., Patavii (Monasterii) 1913-19782
LC FABRE P. – DUCHESNE L., Le Liber Censum de l'Eglise romaine, 2
vol., Paris 1910-1952
LP DUCHESNE L. – VOGEL C., Le Liber Pontificalis, 3 vol., Paris 1955-
1957
MdS Il Messaggio della Salvezza, 8 vol., Leumann (TO) 1984-904
MGH G. H. PERTZ, Monumenta Germaniae Historica inde ab anno Christi
quingentesimo usque ad annum millesimum et quingentesimum, 20 vol.,
Hannoverae 1826-1926
MORONI MORONI G., Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro
sino ai nostri giorni, 54 vol. in 103 t., Venezia 1840-1854
RIASA Rivista dell’ Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte
NDL Nuovo Dizionario di Liturgia, a cura di D. SARTORE e A. M. TRIAC-
CA, Cinisello Balsamo (Mi) 19886
NDTB Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, a cura di P. ROSSANO – G. RA-
VASI – A. GIRLANDA, Cinisello Balsamo (Mi) 19886
PL MIGNE J.-P., Patrologiae Latinae cursus completus, 226 vol., Parisiis
1844-1864
RIS MURATORI L.A., Rerum Italicarum Scriptores, 27 vol., Mediolani
1732
RVC RUSSO F., Regesto Vaticano per la Calabria, 14 vol., Roma 1977-
1995
SB La Sacra Bibbia, traduzione dalla Volgata a cura di Monsignor
Antonio Martini, VII, Milano 1963, ristampa 1993

Per le abbreviazioni dei testi biblici si rimanda a BJ, p. 10


DIO FA CASA CON L’UOMO
I PARTE

APPUNTI STORICI SULLA


COLLEGIATA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

§ 1 – Introduzione storica; § 1.1 – Le fonti medievali su Capranica; § 1.2 – L’origine di Ca-


pranica; § 1.3 – Un contributo al dibattito storico; § 2 – La vecchia Chiesa di San Giovanni
Ev.; § 2.1 – Il contesto storico; § 2.2 – La fondazione; § 2.3 – Come era fatta la vecchia San
Giovanni?; § 3 – Il Capitolo della Collegiata: uno spaccato di vita capranichese; § 4 –
La nuova Chiesa di San Giovanni Ev.; § 4.1 – L’unione dei capitoli di San Giovanni e San-
ta Maria; § 4.2 – I lavori di costruzione dal 1801 al 1842; § 5 – Descrizione della chiesa
attuale.

§ 1 – Introduzione storica

Parlare della chiesa di San Giovanni, significa, in un certo


senso, parlare di Capranica, della sua storia, della sua arte. Soprattutto
in una terra come la nostra, dove il cristianesimo ha contribuito in
maniera così rilevante a fare la Storia, non potremmo immaginare di
slegare neppure per un momento le vicende umane della Chiesa, co-
me istituzione, da quelle dello Stato. Per questo, accostandoci dal
punto di vista storico a San Giovanni, come i capranichesi sono abi-
12 Dio fa casa con l’uomo

tuati affettuosamente a chiamare questo tempio, non possiamo pen-


sare di farlo trascurando Capranica. E si perché la storia di San Gio-
vanni è in un certo qual modo la storia stessa di Capranica. Non nel
senso che l’una e l’altra hanno avuto inizio contemporaneamente,
come se la storia fosse soltanto una semplice linea che si sviluppa
temporalmente da una origine verso il futuro, bensì come due com-
ponenti di una stessa famiglia in cui il più giovane guarda al più an-
ziano come una pianta le sue radici, senza le quali non potrebbe esi-
stere.
Le due storie si intrecciano, si sovrappongono, a tratti sem-
brano separarsi ma continuano comunque e sempre ad essere vicen-
devolmente dipendenti.
In questo paragrafo introduttivo dunque, che possiamo assi-
milare a una introduzione storica, riteniamo utile offrire al lettore una
presentazione di Capranica e della sua “vita” millenaria.
Non faremo però una nuova storia di Capranica. Ce ne sono
tante e il lettore più interessato, se vorrà, potrà leggersele autonoma-
mente scegliendone i titoli nell’elenco bibliografico o nelle note, che
abbiamo pensato abbondanti quasi da farle diventare un libro nel li-
bro. Qui cercheremo invece di fare sostanzialmente un sunto compi-
lativo degli studi relativi alle sue origini e delle fonti storiche medievali
che la riguardano direttamente. A queste notizie faremo seguire, in
maniera leggermente più approfondita ma pur sempre di carattere ge-
nerale, una presentazione del contesto storico che ha fatto da sfondo
alla fondazione della vecchia chiesa di San Giovanni, con
un’attenzione particolare alla complessa e caotica situazione politica
del tempo e alle condizioni socio-economiche della popolazione.
In tutto ciò, dove sarà possibile, cercheremo comunque di
arricchire il dibattito storico in corso aggiungendo nostri originali
contributi che riteniamo utili a farlo muovere dalle posizioni in cui
sembra essersi fermato da tempo, nella speranza che qualche “profes-
sionista” della storia possa approfondirli di più, svelandoci alcuni a-
spetti tutt’ora oscuri della vita di Capranica.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 13

§ 1.1 – Le fonti medievali su Capranica

“Caprarica – Castellum”. Sarebbe questa la prima menzione –


telegrafica ante-litteram per la sua brevità – certamente riferita a Capra-
nica. E’ contenuta in un documento della chiesa romana di Santa Ma-
ria in Via Lata in cui sono elencate le stazioni ubicate lungo la via
Cassia1. Nel 992 – l’anno in cui è stato redatto – Capranica sarebbe
una di queste.
Tuttavia è ancora dibattuta la tesi che sposterebbe a quattro
anni dopo, nel 996, la prima menzione ufficiale della Cittadina, stavol-
ta riportata in un diploma dell’imperatore Ottone III relativo ad una
conferma di beni concessa, in quello stesso anno, al monastero roma-
no dei Santi Bonifacio e Alessio sull’Aventino. Indicati tra le varie
proprietà del monastero, sono inclusi i beni di un certo Pietro e di
suo fratello Stefano e, tra questi, anche il Castello di “Capraricam cum
molendinis suis”2. Ma nonostante alcuni autori sono propensi a identifi-

1 Cfr. SERCIA G., La pretesa feudalità di Capranica e le concessioni di Paolo II sul ter-

ritorio di Vico, Ronciglione 1933, p. 3. LUTTRELL A., Capranica before 1337: Petrarch as
topographer, in, Cultural aspects of the italian renaissance: essays in honour of Paul Oskar Kris-
teller, ed. C. H. Clough, Manchester - New York 1976, p. 20, nota 35, afferma che di
tale documento non vi sarebbe traccia, rimandando al lavoro dello HARTMAN L., Ec-
clesiae S. Mariae in Via Latina tabularium, 3 vol., Vienna 1895-1913. Ma seguendo il
Sercia, GLORI S. - SANTONI P., «L’archivio storico preunitario del comune di Capra-
nica. Inventario», Rivista Storica del Lazio, III (1995) 257-335, p. 257, aggiunge che tale
menzione «secondo l’opinione di storici locali (…) si troverebbe nel Liber Transumpto-
rum antiquissimorum in pergamena spectantium ad sacrosantam ecclesiam Sanctae Mariae in Via
Lata per insignem Urbis collegiatam ed ad illis res, bona ac iura universa ac praesertim ad Mona-
sterium suppressum Sancti Cyriaci de Sacrosanctae Ecclesiae Collegiatae unitam cum omnibus suis
bonis (ASV, Archivio di S. Maria in Via Lata, I, 40)».
2 «…hoc est cortem quae dicitur Petrozano et castellum quod dicitur Sorbo

et Anzano et Capraricam cum molendinis suis, una et cum omnibus quae iam dicto
Petro vesterario et Stephano fratri eius pertinere visa sunt…». Il diploma è intera-
mente riportato in MGH, t. II, Ottonis II et III diplomata, doc. 209, pp. 620-621, e in
MONACI A., «Regesto di Sant’Alessio», ASRSP, XXVII (1904), pp. 371-374. Cfr. anche
SERCIA G., La pretesa feudalità, cit., p. 3 e p.29 (dove l’A. ha regestato il documento: «a.
996 – maggio 31: Ottone II, a preghiera di Leone abate di S. Alessio e di Nokterio,
vescovo di Liegi, conferma solennemente tutti i beni, diritti e privilegi spettanti al
monastero dei SS. Bonifazio ed Alessio»), nonché GLORI S. - SANTONI P., «L’archivio
storico preunitario…», cit., p. 257.
14 Dio fa casa con l’uomo

care Capraricam con Capranica3, altri affermano invece che i toponimi


del diploma vengano più facilmente individuati con alcune località nei
dintorni di Campagnano Romano4 (in cui esisteva la domuscultae di
Capracorum5), o nelle campagne di Cerveteri6, non mancando, infine,
chi ipotizza che il castello di cui si parla «potrebbe essere Capranica
Prenestina poiché i possedimenti confermati in quell’occasione al

3 Tra questi: SERCIA G., La pretesa feudalità, cit., p. 3; CHIRICOZZI P., Le Chiese

di Capranica, Roma 1983, pp. 15-16; MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, Roma
1994, p. 7. Aggiungiamo noi che una località denominata Pian del Sorbo esiste in terri-
torio di Vetralla, sulle pendici del monte Fogliano (IGM, f. 143 della Carta d’Italia, IV
NE, Capranica, 42°17’50’’ latit. N; 0°18’40’’ longit. O), probabilmente la stessa località
del Sorbo indicata nel Catasto Rustico del 1434 (cfr. A. CORTONESI, Colture e proprietà
fondiaria nella Capranica d’inizio Quattrocento. Prime ricognizioni, in AA. VV., Capranica me-
dievale. Percorsi di ricerca, a cura di A. Cortonesi, Capranica 1996, pp. 107-123: la località
del Sorbo è nominata fra i beni di un certo Pietro di Cecco a p. 118). Nella zona, comun-
que, il toponimo è tutt’altro che raro. Nell’elenco dei fondi della città di Sutri riporta-
to in TOMASSETTI G., La Campagna Romana antica, medioevale e moderna, 1976, III, pp.
244-245 ne è indicato uno denominato, appunto, “Sorbo valle” che l’a. individua tra
Sutri e Monterosi.
4 LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 19, nota 35. Oltre a supporre

l’identificazione di Capraricam con la dumusculta di Capracorum, Luttrell afferma che il


castello di Anzano potrebbe essere il castellum di Mazzano. Una località denominata il
Sorbo, esiste ancor oggi tra Campagnano e Formello, li dove sorge, immerso nel ver-
de delle macchie di castagno, il Santuario della Madonna del Sorbo. La corte di Pe-
trozzano, infine, non sarebbe altro che la curtis Petrozani individuata dal Tomassetti
(TOMASSETTI G., La Campagna Romana, cit., p. 272) nelle vicinanze del Tevere.
5 MARTINORI E., Lazio turrito. Repertorio storico ed iconografico di torri, rocche, castelli

e luoghi muniti della Provincia di Roma, Roma 1932, I, p. 16: «La Domusculta della Campa-
gna Romana, istituita da papa Zaccaria, e poi sviluppata da Adriano I, era un centro
di abitazioni, aderente a fondi coltivati, ove già esistevano la Chiesa, il molino,
l’ospizio ed i magazzini, che la Chiesa possedeva sotto la sua protezione. Il comples-
so degli abitanti prese il nome di militia. Scopo principale di questa istituzione fu il
ripopolamento e l’abitazione della campagna turbata dalle scorrerie dei barbari». Sulle
domusculte, v. DE FRANCESCO D., «Considerazioni storico-topografiche a proposito
delle domuscultae laziali», ASRSP, CXIX (1996). Secondo le fonti citate dall’autrice, Ca-
pracorum era ubicata fra Veio e Nepi, ma nonostante questa sia in assoluto la domu-
sculta più conosciuta e studiata, si ignora ancora la sua grandezza precisa benché è
unanimemente riconosciuto che essa aveva in Santa Cornelia e Monte Gelato i due
più importanti centri gestionali (pp. 18-19).
6 MORERA G., Le origini di Capranica. Una ricerca svincolata da suggestioni e leggende,

Viterbo 18/09/1998, p. 12. Anche precedentemente, tuttavia, l’autore ha sostenuto la


stessa tesi: cfr. MORERA G., Tragececo. Racconti capranichesi, Roma 1983, pp. 49-51 e
MORERA G., Capranica vista da vicino, Roma 1987, p. 37.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 15

monastero dei SS. Alessio e Bonifacio si trovano tutti a Sud di Ro-


ma»7.

Ma se qualche dubbio, come si è visto, può sorgere


sull’interpretare quel Capraricam come un sicuro riferimento a Capra-
nica, tutti gli autori convengono unanimemente nell’affermare che il
toponimo denominato Capralica, di cui si parla in un contratto di
compravendita del febbraio del 1050, non possa essere altro luogo se
non, appunto, Capranica8. In questo documento, una pergamena del
monastero romano dei SS. Cosma e Damiano, un tale «…Pietro, det-
to Tragececo, e Polla, Diletta e Maria sue figlie, col consenso di Cre-
scenzio “de Seniorittu”, loro zio e tutore, vendono a Stefania, figlia di
Renuccio, la propria porzione di un pezzo di casalino, posto dentro il
castello vecchio di Capralica, per il prezzo di sei soldi in argento»,
confinante con i beni di un certo Guido presbitero e per il rogito di “Io-
hannes iudex et tavellio civitate Sutrina” 9.
Il quadro delle fonti medievali dove è possibile trovare qual-
che riferimento a Capranica, si completa infine, con l’altra menzione
che si ha, sul finire del XII sec., negli Annales Camaldulenses. Qui,
nell’anno 1177, è riportato come Guidone, vescovo di Arezzo, per
risolvere in suo favore una vertenza che da tempo lo vedeva impegna-
to contro la diocesi di Siena, chiese ad un suo amico, tale “Gualfredus
de Papa habitantem in castello Caprallica prope Sutrium”, di recarsi al mona-
stero del Monte Soratte per prelevare un registro di papa Alessandro
III, in cui era contenuta una risolutiva sentenza sullo stesso argomen-
to, pronunciata già nel 1125 a favore della sua diocesi10.

7 GLORI S. - SANTONI P., «L’archivio storico preunitario», cit., p. 257, nota 3.


8 FEDELE P., «Carte del Monastero dei SS. Cosma e Damiano», ASRSP, XXII
(1899), pp. 92-93. La pergamena su cui è riportato il contratto, è la LVII della serie
appartenente al monastero e regestata dal Fedele.
9 Ibid. Della pergamena si segnala una traduzione dal latino all’italiano in

MORERA G., Tragececo, cit., pp. 83-84.


10 «Tunc episcopus Gui (…) direxit ad amicum suum, qui dicebatur Gualfre-

dus de Papa habitantem in castello Caprallica prope Sutrium, rogans eum, mox illum
ibi pater meus aperuit, & protinus ei capitulum praefate sententiae primum occumt
(…) In venit, quod volebat, & registrum illud totum detulit episcopo Gui. & episco-
pus ostendit illud curiae. Deinde (…), sicut mihi dixit, interfuit super antedictis eccle-
siis.»: MITTARELLI G.B., Annales Camaldulenses Ordinis Sancti Benedetti, Venetiis 1755, t.
IV, p. 75 [Liber trigesimus secundus, ab anno Christi MCLXXIII ad annum MCLXXVII,
16 Dio fa casa con l’uomo

Ma, al di là di queste laconiche citazioni, a differenza di altri


luoghi della Tuscia che frequentemente è possibile rinvenire negli an-
tichi documenti della Santa Sede e dei grandi monasteri romani, pos-
sessori ancora nell’XI e XII sec. di molte terre e castelli, il nome di Ca-
pranica, o, comunque, di un toponimo che possa ad essa riferirsi,
sembrerebbe permanere in tutto il Medioevo, in uno stato di oblio da
cui soltanto nel corso dei secoli successivi – e nemmeno tanto fre-
quentemente – sarà destinato ad uscire.
Di Capranica non si ha alcuna menzione, infatti, nel Liber
Censuum di Cencio Camerario11, né nel Liber Pontificalis, né, infine, nei
registri camerali della Curia del Patrimonio di San Pietro in Tuscia che
risalgono al XIV sec.12.

§ 1.2 – L’origine di Capranica

E se tale è la situazione per i secoli più vicini a noi – sulle cui


cause, prima ancora dell’andare a ricercarle, il solo domandarsene la
ragione è già un procedere oltre l’indole di questo paragrafo – se que-
sta è la scarsità di notizie, dicevamo, su cui si regge tutto il discorso
storico che riguarda Capranica durante Medioevo, ebbene, per ciò che
riguarda la sua fondazione e la sua nascita, la situazione – se possibile
– è ancora più complicata, poiché «l’origine della città (…) è a
tutt’oggi avvolta nella leggenda»13.
Nella più assoluta mancanza di notizie si muovono quindi le
ipotesi avanzate a riguardo dagli storici locali. Ipotesi che, tra questi,
negli anni hanno dato luogo a un vero e proprio dibattito a distanza,

pp. 37-76]. L’episodio è riportato anche in NISPI-LANDI C., Storia dell'Antichissima città
di Sutri. Jerone de'Tirreni, Larissa de'Pelasgi e città etrusca colla descrizione de' suoi monumenti
massime dello anfiteatro etrusco tutto incavato nel masso con pianta e restaurazione, Roma 1887,
pp. 397-398. LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 14 si limita invece ad una
sfuggevole brevissima menzione.
11 Nell’indice analitico dell’edizione del Liber Censuum, curata da Paul Fabre e

Luis Duchesne, si ritrova la menzione di Capranica (de Sutri), ma è un evidente errore


poiché i riferimenti portano invece a Capranica Prenestina.
12 Cf. FABRE P., «Un registre cameral du cardinal Albornoz en 1364», Mélanges

d'Archéologie et d'Histoire, VII (1887), 129-195, nonché id., «Registrum curiae Patrimoni
beati Petri in Tuscia», Mélanges d'Archéologie et d'Histoire, IX (1889), 299-320.
13 GLORI S. - SANTONI P., «L’archivio storico preunitario», cit., p. 257
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 17

spesso condito da notevoli accenti polemici i quali, se da un lato han-


no contribuito senz’altro a vivacizzare il discorso, dall’altro non han-
no aggiunto alcun elemento di novità allo stato della ricerca.
A parte, dunque, la antica e suggestiva leggenda, riferita dal
Thierry, secondo cui il popolo capranichese discenderebbe addirittura
in linea retta dal patriarca Giacobbe14, l’ipotesi che trova più credito
tra gli storici locali è quella che farebbe derivare Capranica dalla di-
struzione di Vicus Matrini che sarebbe avvenuta nel luglio del 77215.

14 Se è vero che tali vicende fossero affrescate nelle stanze dell’allora sede

municipale, a tale leggenda si dava ampio credito. Riferisce infatti MORERA G., Trage-
ceco, cit., pp. 41-43 (nonché in MORERA G., Le origini di Capranica, cit., p. 1),
dell’episodio (tratto dal libro di C. THIERRY, Les aux minerales de Capranica, Rome
1766) in cui il medico francese si prendeva licenza di rivolgersi ad un suo interlocuto-
re che voleva provare la verità di quella discendenza, dicendogli di “non sostenere cose
insostenibili”. Sullo stesso argomento anche MORERA G., Capranica vista da vicino, cit.,
pp. 19-27. E’ comunque da ricordare che una tale re-interpretazione in chiave mito-
logica della propria storia, che fa nascere da un’idea un fatto, è comune alla fonda-
zione di molte altre città, a cui molto spesso non è possibile risalire da un punto di
vista storico. Roma stessa lega le vicende della sua nascita alla leggenda di Romolo e
Remo. Vagheggiano interventi soprannaturali o addirittura di dei, anche le storie della
fondazione di Viterbo, che sarebbe stata fondata da Iafet figlio di Noè dopo il diluvio
(Cfr. DELLA TUCCIA N., Cronache e statuti della Città di Viterbo, ed. I. Ciampi, Firenze
1872, pp. 3-4; SCRIATTOLI A., I più notevoli monumenti di Viterbo, Viterbo 1998, pp. 7-8).
Analogamente Bieda, la cui fondazione “…sembra (…) si possa ascrivere (…) ai nepoti di
Noè, o ai figliuoli di lui…”(ALBERTI F., Storia di Bieda. Città antichissima della Toscana Su-
burbicaria, Blera 1981, p. 17). La traccia del mito del diluvio universale si ritrova anche
nella nostra Capranica. In relazione a ciò è da rilevare infatti che alcune cisterne ro-
mane in località “il Pozzo”, venivano tradizionalmente considerate dai contadini ca-
pranichesi come rifugi di cui gli antenati si servirono per sfuggire, durante il diluvio,
al fuoco che cadeva dal cielo (cfr. SARNACCHIOLI A., Capranica… piacere di conoscerla,
Guida a cura dell’Amm.ne Comunale di Capranica, Capranica 1994, p. 12).
15 Di questo parere sono il Thierry e il MORERA T., Capranica nella storia e

nell’arte, Roma 1994, p. 7. Su una posizione più sfumata è il CHIRICOZZI P., Le Chiese
di Capranica, Roma 1983, p. 16, che se non rifiuta la rigida datazione proposta dal Mo-
rera T., propende comunque per far derivare Capranica dalla distruzione di Vicus Ma-
trini. BALDASSARRE A.M e C., Capranica dalle origini ad oggi, Viterbo 2000, p. 19, non
aggiunge nulla di nuovo. Da segnalare, nel 1971, la decisione dell’Amministrazione
Comunale guidata dal Sindaco, dott. Pier Luigi Nicolini, di “fissare” al 7 luglio 772 la
nascita di Capranica. Al di là della forzatura storica, contro cui si scaglia MORERA G.,
Le origini di Capranica, cit., pp. 3-7, tale decisione è interpretabile, a nostro parere, solo
unicamente come un tentativo di mitizzazione fondante, ovvero, come momento
simbolico su cui focalizzare l’aggregazione della comunità capranichese. Nella stessa
direzione vanno infatti altre iniziative del Sindaco Nicolini, come i due inni della
18 Dio fa casa con l’uomo

Era questa un vicus, o meglio, una piccola mansio16 posta sulla


via Cassia, molto probabilmente legata alla famiglia romana dei Ma-
trini, i cui componenti compaiono tra i nomi dell’elenco dei Pontefici
Romani preposti al governo della Colonia Augusta Julia Sutrina17. La
zona dove sorgeva, corrisponde oggi con l’area circostante al gran ca-
sale delle Capannacce e alla piccola chiesina della Madonna di Loreto,
nome con cui è indicata nella mappa dell’Istituto Geografico Milita-
re18. Vi è chi ne ha ipotizzato, in passato, l’identificazione con “le
Torri di Orlando”19, poste nelle vicinanze dell’attuale frazione di Vico

banda musicale Viva Capranica! e Piccola Verde Patria, la fondazione della nuova Pro-
Loco intitolata a Francesco Petrarca e del suo giornale Capranica, piacere di conoscerla.
16 Le mansiones erano «…luoghi adatti al ricovero dei cavalli e delle altre bestie

da soma…» (MARTINORI E., Lazio turrito, cit., p. 23), ubicati lungo le vie consolari
romane. I vicus erano invece dei piccoli borghi che «…si formarono dalla riunione di
piccoli fondi, detti dai Romani heredii (…) che Romolo assegnò, come si crede, a cia-
scun cittadino…» (MARTINORI E., Lazio turrito, cit., p. 40).
17 La serie dei Pontefici Romani di Sutri è riportata in NIBBY A., Analisi stori-

co-topografico-antiquaria della carta de’ dintorni di Roma, Roma 18482, p. 141. Inoltre
l’esistenza di tale famiglia è anche attestata nel territorio circostante, da alcune iscri-
zioni ritrovate in alcuni bolli di mattoni e in un bollo su un’ansa di un’anfora (P. MA-
TRIN) rinvenuta dal Pasqui a Blera (ANDREUSSI M., Vicus Matrini, in «Forma Italiæ»,
Regio VII, Volumen IV, Roma 1977, p. 15). Sull’iscrizione mutila inserita nel muro
orientato a SE del casale delle Capannacce ([AU]GUSTA IUL[IA] [A]QUAM VICANIS), cfr.
NISPI-LANDI C., Storia dell'Antichissima città di Sutri, cit., p. 207 e 520, nonché AN-
DREUSSI M., Vicus Matrini, cit., pp. 69-79, n° 170 e relative note.
18 ANDREUSSI M., Vicus Matrini, cit.; ma specialmente l’introduzione e p. 68ss

(nn. 169ss). La zona a cui corrisponde l’area su cui sorgeva Vicus Matrini è quella che
nelle carte dell’IGM è contraddistinta dal toponimo Madonna di Loreto (IGM, f. 143 della
Carta d’Italia, IV NE, Capranica, 42°17’30’’ latit. N; 0°20’20’’ longit. O).
19 Cfr. MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit., p. 7 e BALDASSARRE

A.M e C., Capranica dalle origini, cit., p. 19, ma come hanno dimostrato ampiamente gli
studi dell’Anziani [ANZIANI D., «Les voies romaines de l'Étrurie Méridionale», Mélan-
ges d'Archéologie et d'Histoire, XXXIII (1913), pp. 210-212] e dell’Andreussi (vedi nota
precedente), tale identificazione è del tutto priva di fondamento. Riguardo alla men-
zione di Orlando, va ricordato che nella zona gli sono dedicati molti toponimi. Poco
lontano da “le Torri”, tra la statale Cassia e la statale n° 492, un gran campo con un
paio di grandi esemplari di quercia, è denominato “le Querce d’Orlando”. Poco sotto
Sutri, in direzione Roma, a poca distanza da “la Torraccia”, una grande e antica villa
recentemente ristrutturata prospiciente il bivio sulla Cassia per Bracciano e Bassano
Romano, si ricorda il toponimo “la Grotta di Orlando”. Forse l’origine di questi topo-
nimi legati al Paladino di Francia è legata all’altra antica leggenda sutrina secondo cui
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 19

Matrino, ma qui, oltre a due ruderi romani (monumenti funerari


dell’epoca repubblicana), sono ancora visibili invece le rovine di una
chiesa medievale, con una torre campanaria romanica20.

Carlo Magno, prima della sua incoronazione avvenuta a Roma la notte di Natale
dell’anno 800, avrebbe fatto sosta a Sutri.
20 Cfr. MAZZUCCATO O., «Ritrovamento dei resti di una chiesa medievale alle

“Torri d’Orlando”», Bollettino della Unione Storia e Arte, XII (1969), pp. 54-58 e id., «Ca-
pranica. Relazione sui saggi di scavo presso le “Torri d’Orlando”», Atti della Accademia
Nazionale dei Lincei. Notizie degli scavi di antichità, serie VIII, XXIV (1970), pp. 372-394. La
località è indicata sulla mappa dell’IGM con il toponimo “le Torri” (IGM, f. 143 della
Carta d’Italia, IV NE, Capranica, 42°16’50’’ latit. N; 0°18’30’’ longit. O). Nel 1969 sca-
vi archeologici hanno portato alla luce le fondazioni di una chiesa romanica lunga 37
m. e larga 21 m (la pianta ipotetica della chiesa è riportata in MAZZUCCATO O.,
«Capranica. Relazione sui saggi…», cit., p. 387, fig. 11). L’edificio sacro, già segnalato
dall’Anziani (ANZIANI D., «Les voies romaines…», cit., p. 210), si sviluppava su una
pianta a tre navate con sei campate ciascuna. Aveva tre absidi e una cripta che si può
ipotizzare ricavata almeno sotto il ciborio. A destra, in cornu epistolae, nello spazio della
larghezza della prima campata, era ricavata la torre campanaria, che a tutt’oggi è an-
cora in piedi. La facciata era probabilmente rettangolare, realizzata in tufo, con deco-
razioni di lesene semicircolari ed archetti pensili. Gli scavi hanno altresì evidenziato
che sulla facciata si apriva un solo portale, della larghezza di circa 2,00 m., con pro-
babile sovrastante rosone. Sulla base del confronto con le chiese tuscanesi di S. Pietro
e di S. Maria Maggiore, è possibile ipotizzarne una datazione tra il Mille e il XII seco-
lo dato che anche i frammenti ceramici sparsi all'intorno sono databili tra il XII e il
XIII sec.. In RASPI SERRA J., La Tuscia Romana. Un territorio come esperienza d'arte: evolu-
zione urbanistico-architettonica, Torino-Roma 1972, p. 60 (nota n° 160), si conferma la
dipendenza stilistica della chiesa dai modelli tuscanesi, benché la stessa autrice, data la
conformazione della zona absidale, ipotizzi inoltre vicinanze di forma alle chiese pa-
leocristiane della Tunisia e ad altri edifici sacri romanici comaschi e catalani dello
stesso periodo storico. Tra gli autori capranichesi vi è chi ne ha proposta
l’identificazione con la chiesa di Santa Maria in Campis (CHIRICOZZI P., Le Chiese, cit.,
p. 16; MORERA G., Capranica vista da vicino, cit., p. 27). E’, comunque, assolutamente
da scartare l’ipotesi che la chiesa sia stata distrutta contemporaneamente a Vicus Ma-
trini dal momento che le murature della torre campanaria depongono per epoche di
molto posteriori. Tra l’altro è il caso di ricordare che non si ha notizia dell’esistenza
di torri campanarie prima del IX sec., fatta eccezione per quella voluta per la basilica
Vaticana – la prima in assoluto – nel 760 circa, da papa Stefano II quale ex-voto, co-
me vuole la leggenda, dello scampato pericolo dell’invasione longobarda (SERAFINI
A., Torri campanarie di Roma e del Lazio nel medioevo, Roma 1927, p. 20). Anche SCRIAT-
TOLI A., Vetralla. Pagine di storia municipale e cittadina da documenti di archivio, Vitorchiano
(Vt) 1992, p. 60, ne propone comunque l’identificazione con Santa Maria in Campis.
In effetti tale chiesa, cui dipendeva l’omonima massa (cioè, tenuta, podere, da cui mas-
saro e massaia), doveva sorgere in quella stessa zona poiché ne viene menzionata
l’esistenza in una bolla di Papa Leone IV diretta nell’anno 852 al vescovo di Toscanel-
20 Dio fa casa con l’uomo

Secondo questa ipotesi, la fondazione di Capranica sarebbe


avvenuta ad opera degli scampati alla distruzione di Vicus Matrini.
Questi, infatti, si sarebbero attestati sul colle tufaceo su cui sorge Ca-
pranica in seguito alla feroce devastazione delle campagne intorno a
Blera – che, a sua volta, venne quasi distrutta – compiuta nell’estate
del 772 dai Longobardi21. Le operazioni militari di re Desiderio, che si

la, Omobono. La bolla, regestata in KEHR P.F., Italia pontificia.Regesta Pontificum Roma-
norum, Berlino 1908, II, p. 197, è riportata interamente in CAMPANARI S., Tuscania e i
suoi documenti, Montefiascone (Vt) 1856, II, pp. 92-108 e in PL, Innocentii III opera omnia,
t. II, doc. CXLII, coll. 1236-1242. Qui, nell’elencare le terre affidate a quella diocesi,
che si estendeva su un’area vastissima dalla Fiora al Monte Fogliano, viene ricordata
la “massam, quae nuncupatur Campi cum ecclesia s. Mariae infra se…” con tutto il territorio
intorno (CAMPANARI S., Tuscania, cit., II, p. 99). E dal momento che nella bolla la lo-
calità è menzionata subito prima della “…Massa quae vocatur Forum Casii…”, benché il
Campanari confonda S. Maria in Campi con Santa Maria di Forcassi, siamo del pare-
re, con lo Scriattoli, che la massa di Campi, con la chiesa di Santa Maria, debba essere
identificata con le rovine de “le Torri”. La bolla di Leone IV, tra l’altro, menziona a
nostro parere altri toponimi riferibili al territorio capranichese, che almeno per la par-
te situata a nord-ovest, doveva evidentemente ricadere nella diocesi di Toscanella. La
bolla nomina infatti una “…plebem S. Martini, quae est supra Sutrium cum vineis, terris,
silvis, massaritiis et tributariis ibidem commorantibus et cum omnibus eorum pertinentiis…” (p.
96) che forse potrebbe essere identificata con la chiesina che dà il nome alla omoni-
ma contrada, recentemente riportata alla luce dal Gruppo Archeologico Capralica, dal
momento che l’altra località San Martino tra Sutri e Monterosi, trovandosi più a sud,
è riportata tra i fondi del comune di Sutri elencati dal Tomassetti (cfr. TOMASSETTI
G., La Campagna Romana, cit., III, pp. 244-245). Per concludere: ammessa, e non con-
cessa, l’identificazione della chiesa di Santa Maria in Campis con quella alle Torri
d’Orlando, si potrebbe ipotizzare che questa, dal momento che risale certamente ad
un’epoca di molto posteriore alla bolla di Leone IV, sia stata edificata sul luogo ove
esisteva già un edificio di culto preesistente.
21 Cfr. ALBERTI F., Storia di Bieda, cit., p. 59: «Ma la strage, che fece de' Bieda-

ni, e la desolazione, che apportò a quell'infelice Città Desiderio Re, parimente de'
Longobardi, superò ogni altra precedente: imperocché, come si legge in Anastasio
Bibliotecario nella vita del Pontefice Sant'Adriano la ridusse, quasi all'ultima desola-
zione nell'anno del Signore 772. Desiderio Re dei Longobardi, pieno di superbia, ed
arroganza, fece molti mali, e commise molti omicidi, ladrocini, ed incendi, imperoc-
ché dirigendo l'esercito contro la Città Biedana nella Toscana; mentre i Biedani, sotto
la fiducia di pace, erano usciti in campagna per raccogliere le messi co' loro figli, ser-
vi, e ancora donne, all'improvviso il barbaro Re, col suo esercito, l'assalì , ed occise
quanti potè avere in mano, nobili, principali cittadini, ed uomini utili alla società, e
dopo aver seco portato via gran quantità d'uomini, e di bestiame, mise a ferro, e a
fuoco le convicine possessioni, riducendo la Città, e i cittadini quasi al nulla.»
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 21

trovava a capo dell’esercito longobardo22, avrebbero coinvolto, nella


loro ampiezza, anche la piccola stazione di posta, causandone la di-
struzione e il contestuale abbandono.

Ma a prendere in qualche modo le distanze da questa ipotesi,


tra gli autori locali, è il Morera G. che, al di là di esprimere certezze,
propende di più per identificare il “castello vetulo qui appellatur Capralica”
con un castello ecclesiastico di proprietà del monastero romano dei
SS. Cosma e Damiano, rappresentato a Sutri dal monastero di S. Gia-
como e Filippo. D’altronde lo stesso Morera osserva anche che il ca-
stello di Capranica non figura nell’elenco delle proprietà confermate
al papa nell’anno 838 da Ludovico il Pio, mentre figura quello di Su-
tri23, deducendo quindi che a quel tempo non doveva ancora esistere
alcun centro abitato con il nome di Capranica. Viceversa, il ricordato
contratto di vendita del casalino di Pietro detto Tragececo, nel feb-
braio del 1050, sarebbe, secondo lo stesso autore, una conferma, anzi,
il punto di partenza, per dimostrare che Capranica a quel tempo fosse
un piccolo borgo rientrante nella giurisdizione della Città di Sutri (do-
ve risiedeva il pubblico notaro, Giovanni), da cui molto probabilmen-
te provenivano i suoi primi abitanti (soprattutto pastori e coloni viti-
cultori), già dotato di una sua piccola pieve (individuabile con quella
di San Pietro), e con un proprio clero stabile (Guido presbitero), di-
pendente dal vescovo di Sutri24.

Da punti di vista diversi si muovono invece gli studiosi non


capranichesi.
Antony Luttrell, tra questi, avanza una originale ipotesi di let-
tura in chiave topografica delle due lettere che il Petrarca, nel gennaio
del 1337, inviò da Capranica al Card. Giovanni Colonna. Secondo
Luttrell, in quelle lettere Petrarca, da innamorato conoscitore
dell’antichità e delle glorie di Roma, si sarebbe domandato quali ori-
gini potesse avere Capranica che definisce “località poco nota ma circonda-

22 Per quanto riguarda queste, il Morera G., le definisce dimostrative (cfr. MO-
RERA G., Le origini di Capranica, cit., p. 6).
23 Cfr. MORERA G., Capranica vista da vicino, cit., pp. 29-30.
24 Cfr. MORERA G., Le origini di Capranica, cit., pp. 12-13.
22 Dio fa casa con l’uomo

ta da luoghi famosi”25. Egli, consegnando definitivamente «…Capranica


a quell’Evo Scuro (…) che seguì la disintegrazione dell’Impero Ro-
mano», si muove però seguendo soltanto alcune sue supposizioni che
esprimono in maniera implicita il suo atteggiamento di umanista26.
Infatti, per le sue attitudini classiche Petrarca «… avrebbe certamente
voluto menzionare qualche importante reperto o iscrizione trovata
nelle immediate vicinanze…» di Capranica, ma poiché egli nota che
questa «…non fu costruita sull’originale tracciato della via Cassia ro-
mana…», fu forse in qualche modo indotto a supporre che essa fu né
un insediamento pre-Romano né una città Romana27. Per tale motivo,
il poeta, che «…non ha informazioni precise e reali sulle origini del
castrum a Capranica (…) suppone che il suo nome derivi dalle capre
che in antico si alimentavano sulle pendici boscose del colle, e che
susseguentemente la salubrità dell'aria e la fertilità della terra portaro-
no ad attraccare sullo stretto e roccioso promontorio i primi colonizza-
tori che costruirono un castello sulla cima e coprirono tutto lo spazio
con molte case per quanto ne poteva contenere…»28.
Ma anche se il Petrarca fu del parere che la nascita di Capra-
nica non fosse da far risalire all’epoca romana, in realtà nel territorio
capranichese, come lo stesso Luttrell osserva, esistono comunque ve-

25 Cfr. PETRARCA F., Le Familiari. Libri I-IV, a cura di U. DOTTI, Urbino

1970, p. 320: «Locus ignobilis, fama nobilioribus cingitur locis».


26 Cfr. LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 11: «In describing

Capranica as an obscure or humble place surrounded by famous ancient sites, the


poet was expressing, at least implicitly, the typically humanist attitude of a man who
could write, “What else, then, is history, if not the praise of Rome?”; he was consigning
Capranica to a “Dark Age” – elsewhere he actually used the word tenebrae – which
followed the disintegration of the Roman empire».
27 LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p.11: «Capranica, by contrast, was

scarcely occuped until the central medieval period, and Petrarch, who would surely
have mentioned any significant remains or inscriptions found in the immediate vicin-
ity, was probably correct in supposing that it was neither a pre-Roman settlement nor
a Roman town; in fact it was not on the original Roman Via Cassia».
28 LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 13: «Petrarch had no real infor-

mation about the origins of the castrum at Capranica (…) he thought that Capranica's
name derived from the goats or capre which had fed in its ancient woodlands, and
that subsequently its healthiness and fertility had attracted settlers who built a castle
and covered the top of the narrow rocky promontory with as many houses as the
space would hold».
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 23

stigia di notevole interesse. Le Torri funerarie di Vico Matrino29, le


rovine di un’antica fattoria con villa patrizia in località Pecujaro30, e
quelle di un castello medievale probabilmente costruito su una preesi-
stente fortificazione romana in località il Castellaccio31, testimoniereb-
bero, infatti, l’esatto contrario di quanto pensava il poeta.
Recentemente, poi, vi è anche chi ha avanzato l’ipotesi con-
creta che l’abitato di Capranica fosse esistito addirittura in epoca ro-
mana, poiché potrebbe essere stato edificato sopra i resti di un preesi-
stente accampamento militare, un castrum. Lo dimostrerebbe l’assetto
urbanistico della zona del centro storico intorno alla attuale Piazza VII
luglio, caratterizzata da una pianta abbastanza regolare che ricorda da
vicino la conformazione degli accampamenti militari romani. Gli iso-
lati che caratterizzano la zona menzionata, separati tra loro da strettis-
simi vicoli della larghezza media di 60 cm. difficilmente percorribili a
piedi, potrebbero essere la traccia degli stretti canali per lo scolo delle
acque che separavano tra loro le singole insulae32.

29 Cfr. ANDREUSSI M., Vicus Matrini, cit., pp. 63-66, nn. 157-160.
30 Cfr. PARIBENI R., «Capranica di Sutri. Scavi in contrada Pecugliaro», Atti
della Accademia Nazionale dei Lincei. Notizie degli scavi di antichità, (1913), pp. 379-381. La
villa romana, di notevoli dimensioni, fu portata alla luce durante una scavo eseguito
nel 1913, effettuato per concedere ai signori Speranza, proprietari del fondo in que-
stione, la licenza ad impiantarvi una coltura, «…licenza che non si poteva dar loro
senza aver preventivamente esaminato l’importanza dell’antico edificio…» (p. 379).
Gli scavi portarono alla luce una grande fattoria romana dotata di ogni agiatezza, che
aveva l’accesso su una pubblica strada pavimentata con basolato (una strada che met-
teva in comunicazione Clodia e Cassia, cfr. ANZIANI D., «Les voies romaines…», cit.,
p. 214). La villa aveva uno sviluppo in lunghezza sulla via anziché in larghezza, dalla
strada verso il campo. I pavimenti erano mosaicati (p. 380) e in uno di questi, delle
dimensioni di mt. 4,00 x 2,60, era raffigurata Anfitrite, una divinità marina. La villa
era altresì dotata di ambienti destinati alla conduzione del fondo e per la torchiatura
dell’uva. Su una antica conduttura in piombo ritrovata durante gli scavi è riportata
l’iscrizione P.CLODIVS.VENERANDVS.FEC.
31 Cfr. LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 11 e nota n° 11 (pag. 18),

che rimanda allo studio di G. DUNCAN, «Sutri (Sutrium)», Papers of the British School at
Rome, XXVI (1958). Sul Castellaccio di Tinozzano, o Donazzano, v. anche MORSELLI
C., Sutrium, in «Forma Italiæ», Regio VII, Volumen VII, Roma 1980, pp. 107-110 (n°
96); nonché LOMBARDI L. – SANTELLA L., «Il Castellaccio di Caporipa (Capranica –
VT)», Informazioni, III (1994) 13-19, pp. 13-19. In particolare in quest’ultimo contribu-
to si ipotizza che il castello fosse di origine etrusca.
32 L’ipotesi, formulata dall’arch. Giancarlo Cataldi dell’Università di Firenze,

è riportata come notizia in BAGNAIA G. – GIUNTELLA E.V. – LANZALONGA P. –


24 Dio fa casa con l’uomo

§ 1.3 – Un contributo al dibattito storico

Ma se, in qualche modo, può esserci concesso di inserirci nel


dibattito storico in corso sulle origini del borgo capranichese, vor-
remmo farlo presentando alcune considerazioni elaborate durante il
lavoro di ricerca delle fonti e che ci fanno deporre più favorevolmen-
te per far rientrare la nascita di Capranica in quel vasto fenomeno di
ripopolamento delle campagne, favorito dalla diffusione del cristiane-
simo e dal conseguente incastellamento ecclesiastico, che si manifestò
in Italia e nella nostra regione a cavallo tra la fine del primo e l’inizio
del secondo millennio cristiano.

Giova, a tal proposito, ricordare innanzitutto che Vicus Ma-


trini era indicata sulla Tabula Peutingeriana33, dove compare menzionata
subito dopo Sutrium, e subito prima di Forum Cassi, la stazione di po-
sta successiva. Nell’Itinerarium Antonini34 la stazione non compare già
più, ma dal momento che sia la Tabula sia l’Itinerarium riportano le di-

SARNACCHIOLI A., «Capranica… piacere di conoscerla», Viaggia l’Italia, I (1998), pp.


20-35.
33 La Tabula Peutingeriana è una copia medievale di una carta stradale che risale

all’epoca romana. E’ custodita presso la Biblioteca Nazionale di Vienna secondo la


denominazione di Codex Vindomonensis 324. Fu rinvenuta nel 1507 da un certo Kon-
rad Celtes, bibliotecario dell’imperatore Massimiliano I, ma deve il suo nome al suo
secondo proprietario, il cancelliere di Ausburg (Augusta), Konrad Peutinger. La Ta-
bula si presenta come una pergamena di grandi dimensioni (6,80 mt. di lunghezza e
34 cm di altezza) formata da 11 distinti segmenta originariamente legati fra loro ma
staccati nel 1863. La carta rappresenta tutto il mondo conosciuto, dalle Colonne
d’Ercole (lo stretto di Gibilterra) all’India, ma il disegno delle varie terre non è in sca-
la, cosicché si ha una loro deformazione in senso longitudinale. Sulle strade, tracciate
con il colore rosso, è riportata la distanza in miglia romane tra i vari centri abitati e le
stazioni di posta. La datazione dell’originale romano, oscilla fra il III e il IV sec. d.C..
(cfr. D. TATARANNI – S. VIOLANTE, La Tabula Peutingeriana, «http://www.spolia.it»,
nonché MARTINORI E., Via Cassia (antica e moderna) e sue deviazioni, Roma 1930, p. 5).
34 L’Itinerarium Antonini ha una origine incerta in quanto non è possibile stabi-

lire a quale degli Antonini si può riferire. E’ certo, comunque, che si debba riferire ad
un epoca posteriore a quella dinastia poiché nell’itinerario si fa menzione di Costanti-
nopoli. Fu pubblicato per la prima volta a Colonia, nel 1600, da Andrea Scoto. Un
manoscritto cinquecentesco dell’Itinerario è conservato nella biblioteca comunale di
Venezia (cfr. MARTINORI E., Via Cassia, cit., p. 7).
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 25

stanze in miglia romane tra le varie stazioni della via Cassia, è possibi-
le stabilire a quale distanza si trovava Vicus Matrini da Roma. Dalla
lettura contemporanea di entrambi gli itinerari, si possono determina-
re le distanze in miglia che intercorrono tra Vicus Matrini e le stazioni
precedente (Sutrium) e successiva (Forum Cassi). E poiché la Tabula ri-
porta soltanto quella tra Vicus Matrini e Forum Cassi (IV miglia) omet-
tendo invece quella tra Sutrium e Vicus Matrini, mentre l’Itinerarium ri-
porta quella complessiva tra Sutrium e Forum Cassi (XI miglia), è possi-
bile dedurre, per differenza, la distanza tra Sutrium e Vicus Matrini (VII
miglia)35. Quindi, poiché la stazione di Sutrium nell’Itinerarium viene
posta a XII miglia da Vacanas, e questa, a sua volta, è posta a XXI mi-
glia da Roma, si desume che la distanza di Vicus Matrini da Roma era
pari a XL miglia36.

35 ANDREUSSI M., Vicus Matrini, cit., pp. 15-16.


36 L’Itinerarium Antonini, riportato in MARTINORI E., Via Cassia, cit., p. 7, era il
seguente: Roma; Baccanas, miglia XXI; Sutrio, miglia XII; Foro Cassi, miglia XI. Il Nibby
(NIBBY A., Analisi, cit., p. 136), propone un itinerario corretto che si basa
sull’Itinerario Antonino e che elabora al fine di inserirlo nella Carta de’ dintorni di Roma
che egli predispone nel 1827, dopo quindici anni di studi e rilievi topografici (basati
su complesse triangolazioni goniometriche), eseguiti insieme con l’inglese Sir William
Gell (l’itinerario del Nibby è riproposto anche in MARTINORI E., Via Cassia, cit., p.
8). Secondo il Nibby gli itinerari della Tabula Peutingeriana e di Antonino andrebbe-
ro quindi così rettificati: Roma; P. Milvius, miglia III; ad Sextum, miglia III; Veios, miglia
IV; Baccanas, miglia IX; Sutrium, miglia XII; Vicum Matrinum, miglia VIII; Forum Cassi,
miglia IV. Se ne dedurrebbe che Vicus Matrini si trovava a XXXIX miglia da Roma, an-
ziché a XL. Va tenuto conto, però, che l’itinerario del Nibby fa originare le distanze
da Roma dalla porta Flaminia moderna e che egli stesso indica in circa I miglio lo
scarto fra questa e quella più antica, per cui si ritorna nuovamente a posizionare Vicus
Matrini a XL miglia da Roma. Per quanto riguarda la Tabula Peutingeriana, va rettificato
quanto riportato e dall’Anziani (ANZIANI D., «Les voies romaines…», cit., p. 173) e
dal Martinori (MARTINORI E., Via Cassia, cit., p. 6), che non danno le distanze tra
Vicus Matrini e Forum Cassi. Il primo, addirittura, riporta la distanza di XVI miglia tra
Sutrium e Forum Cassi, confondendo la sottostante distanza riportata per la via Clo-
dia fra Foro Clodo e Blera (dimenticando che le distanze riportate sulla Tabula sono
sempre indicate sopra la linea che indica la strada). Il secondo indica con due punti
interrogativi le distanze fra Sutrium e Vicus Matrini e fra questa e Forum Cassi, quando
dalla lettura della Tabula è evidentissima l’indicazione della distanza fra queste due
stazioni (IIII miglia; cfr. AA. VV., Atlante storico-politico del Lazio, Roma-Bari 1996,
Tavv. XI-XII). Considerando inoltre che la Tabula non riporta la distanza in miglia del-
la stazione ad Sextum, ma che questa reca nel suo nome tale indicazione (che sarebbe
quindi al sesto miglio da Roma), l’itinerario della Tabula è il seguente: ad Ponte Julii
26 Dio fa casa con l’uomo

E una volta ricordata la distanza fra Vicus Matrini e Roma,


possiamo ora riferire un fatto che, per il suo verificarsi solo qualche
anno prima dell’ipotizzata rovina di Vicus Matrini nel 772, testimonia
invece a favore di una sua di molto precedente distruzione o abban-
dono. Riporta infatti il Liber Pontificalis, che il 13 ottobre 753 papa Ste-
fano II, recandosi ad un incontro con il re dei Franchi per chiedergli
appoggio politico e militare nella dura lotta contro i Longobardi,
giunto al quarantesimo miglio da Roma, ovvero al migliaro dove, co-
me abbiamo visto, sorgeva Vicus Matrini, fu spettatore, insieme con il
lungo corteo che lo accompagnava, di un segno luminoso nel cielo
(una meteorite) che, dopo aver lasciato dietro di se una lunga scia lu-
minosa, cadde verso nord in direzione del territorio longobardo37. Ta-
le segno, che una lezione diversa del Liber Pontificalis riporta, come
una visione, sottoforma di un gladio – ricordando da vicino, quindi, il
segno apparso a Costantino nel 313 durante la battaglia di Saxa Ru-
bra38 – venne interpretato dal pontefice e dal suo seguito come di
buon auspicio sull’incontro che il papa avrebbe dovuto avere di lì a
poco con il re dei Franchi, Pipino il Breve, che effettivamente venne
in suo aiuto e sconfisse Astolfo e i Longobardi. Ma a parte le inter-
pretazioni del testo e le varie lezioni con cui esso ci è stato tramanda-
to, salta immediatamente all’occhio che l’evento venga collocato ge-
nericamente al quarantesimo miglio da Roma anziché a Vicus Matrini.
Infatti, se questa fosse ancora esistita, perché mai il cronista non a-
vrebbe dovuto menzionarla? Perché, evidentemente, si deve ammet-
tere che già alla metà nell’VIII secolo quella mansio non esisteva più,

(Ponte Milvio); Via Clodia, miglia III; ad Sextum, miglia III; Veios, miglia VI; Vacanas,
miglia VIIII; Sutrio, miglia XII; Vico Matrini, miglia ?; Forum Cassi, miglia IIII. Pertanto,
con la deduzione operata grazie all’indicazione complessiva delle miglia tra Sutrium e
Forum Cassi recata dall’Itinerario Antonino, è nuovamente possibile stabilire che la
distanza fra Vicus Matrini e Roma era di XL miglia.
37 LP I, pp. 445: «Igitur coniungente eo fere quadragesimum miliarum Lan-

gobardorum finium, in una noctium, signum in caelo magnum apparuit, quasi globus
igneus ad parteme australem declinans, a Galliae partibus in Langobardorum partes.».
L’episodio è accennato anche in SCRIATTOLI A., Vetralla, cit., p. 66, nota 2.
38 Cfr. LP, pag. 445, variante alla riga 18. E’ il famoso “In hoc signo vinces”, che

tra l’altro si trova affrescato nella cappella del Crocifisso nella Chiesa di San Giovan-
ni.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 27

anche se da quanto tempo fosse stata distrutta o abbandonata non


possiamo dirlo.
Abbiamo già visto che tra i due itinerari più antichi (III e IV
sec.) c’è già qualche differenza poiché la Tabula Peutingeriana menziona
Vicus Matrini, mente l’Itinerario Antonino la omette. Tra l’epoca a cui
risalgono questi e l’episodio appena ricordato che ebbe come prota-
gonista il papa Stefano II, si inserisce il cosiddetto Itinerario Ravennate,
risalente al VII secolo, che sostanzialmente ricalca quello Antonino
ma sostituisce a Vicus Matrini una stazione denominata Magnensis39.
Ma negli itinerari successivi, che sono datati tutti tra la fine del primo
millennio e il XII sec., mentre si continuano a ricordare le stazioni vi-
cine, come Forum Cassi (che nell’itinerario di Sigerico da Canterbury,
del 990, diventa però Furcari), e Sutrium (che più tardi, nel 1154,
l’abate islandese Nikolaus di Munkathvera distinguerà in piccola e gran-
de Sutri)40, non si ha più menzione di Vicus Matrini, a significare, mol-
to probabilmente, che all’alba del secondo millennio fosse già da
tempo distrutta oppure abbandonata in favore di qualche altro luogo
molto meno indifeso e più naturalmente munito.
A parte, infatti, le prime grandi invasioni barbariche41, e
l’occupazione longobarda, che San Gregorio Magno descrisse come

39 Cfr. MARTINORI E., Via Cassia, cit., pp. 6-7. Secondo Andreussi (AN-
DREUSSI M., Vicus Matrini, cit., p. 15), il Geografo Ravennate con la menzione di Ma-
gnensis, intenderebbe riferirsi a Vicus Matrini che nel frattempo avrebbe mutato nome.
Secondo la stessa Andreussi , infatti, Magnensis «…è probabilmente riferibile alla Val-
lis Magna che nel 728 Liutprando non restituì insieme con Sutri al papa Gregorio II e
che secondo il Gamurrini (G.F. GAMURRINI – A. COZZA – A. PASQUI – R. MENGA-
RELLI, Carta Archeologica d’Italia, Firenze 1972, nota a p. 82) è il nome che, dopo
l’estinzione della famiglia dei Matrini, assunse la grande valle in cui era situato il Vi-
cus».
40 Cfr. ESCH A., La via Cassia. Sopravvivenza di un’antica strada, Roma 1996, p. 9.

L’itinerario dell’abate islandese Nikolaus di Munkathvera, distingue tra Sutarinn micli


(Grande Sutri) e Sutarinn litli (Piccola Sutri). Secondo Esch, la Piccola Sutri, che di-
stava dalla grande un giorno di cammino, è identificabile nella stazione di posta della
valle del Baccano. Per il Tomassetti (TOMASSETTI G., La campagna romana, cit., III, p.
248), invece, questa potrebbe essere sorta laddove attualmente sorge il convento di
Sant’Angelo, sulle pendici del Monte Fogliano, in territorio di Vetralla.
41 Particolarmente feroci e cruente furono quelle di Alarico nel 409 e di Gen-

serico nel 455. Da ricordare inoltre la ferocia della guerra gotica, fra Goti e Greci, che
si combatté per circa un ventennio nelle campagne di Roma.
28 Dio fa casa con l’uomo

particolarmente feroce e cruenta42, in cui Vicus Matrini potrebbe esse-


re quasi certamente rimasta distrutta, l’ipotesi dell’abbandono del pic-
colo centro abitato è tutt’altro che da scartare. Essa ha la sua ragion
d’essere all’interno di quel vasto e comune fenomeno che ha riguarda-
to lo spostamento di intere popolazioni da luoghi assolutamente indi-
fendibili e vulnerabili in favore di altri più naturalmente predisposti
alla difesa. Analogamente alla limitrofa stazione di Forum Cassi, la cui
popolazione si spostò su un vicino colle tufaceo fondando Vetralla,
Vicus Matrini potrebbe così essere stata abbandonata in favore dello
sperone tufaceo su cui è sorta Capranica, naturalmente più difendibile
grazie alle rupi scoscese dei suoi versanti e ai ruscelli che scorrono sul
fondo delle valli adiacenti43.

Ma, a nostro parere, la nascita del borgo di Capranica non deve


assolutamente e necessariamente essere collegata a Vico Matrino. An-
zi, potrebbe non esservi per nulla dipendente. Già il Nispi-Landi, in-
fatti, affermava che Capranica, come Bassano Romano, fosse in qual-
che modo una sorta di colonia sutrina44. Ed anche il Morera G., come
abbiamo sopra ricordato, è più incline a pensare che Capranica nasca
come pieve rurale della città di Sutri, di cui diventerà durante il XII
sec. la sua frazione più importante45. D’altronde, aggiungiamo noi sul-
la base di una semplice constatazione, la stessa preposizione semplice
di che fino a non molto tempo fa legava il nome di Capranica a quello
di Sutri (Capranica di Sutri), stava ad indicare in qualche modo la di-

42 I Longobardi fecero il loro ingresso in Italia dal nord-est, nel 565, ma solo

sul finire del secolo, sotto la guida di Agilulfo, si spinsero fino nei pressi di Roma. Il
santo papa Gregorio, ne descrisse le atrocità nelle sue Omelie, essendone stato egli
diretto testimone, ricordando come “….luctus aspicimus; desctructus urbes, eversa sunt ca-
stra, depopulati sunt agri, in solitudinem terra redacta est. Alios in captivitatem duci, alios detrun-
cari, alios interfici videmus…” (NIBBY A., Analisi, cit., p. XLIII).
43 Cfr. LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 13.
44 Cfr. NISPI-LANDI C., Storia dell'Antichissima città di Sutri, cit., p. 408: «E’ sto-

ria nota che meno Monterosi, ma più e veramente, Capranica e Bassano, sono sangue
sutrino».
45 Cfr. MORERA G., Capranica vista da vicino, cit., pp. 38-39. In effetti, come os-

serva lo stesso autore (ivi, pp. 12-13), la menzione del presbitero Guido, che compare
nel contratto nella sua qualità di confinante, dimostra in maniera eloquente che alla
metà dell’XI sec., Capranica era già dotata di proprio clero che vi risiedeva stabilmen-
te, dipendente dalla diocesi di Sutri, sotto la cui giurisdizione ecclesiastica rientrava.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 29

pendenza che in passato la prima aveva dalla seconda46. Per cui la na-
scita di Capranica, al di là di forzati sensazionalismi storici, potrebbe
semplicemente rientrare all’interno di quel vastissimo fenomeno di
popolamento delle zone rurali che caratterizzò l’alto medioevo e che
è conosciuto con il nome di “pievismo”. Verso la fine del primo mil-
lennio infatti, le campagne cominciarono ad organizzarsi in piccoli
centri abitati che venivano ad agglomerarsi attorno a una chiesa rura-
le. Questa venne ben presto a rappresentare il centro religioso del na-
scente borgo costituendosi in parrocchia di campagna, a volte eretta
in una chiesa con dignità arcipresbiterale, e quindi dotata di fonte bat-
tesimale, altre semplicemente in parrocchia dipendente da un’altra
chiesa matrice. Dall’organizzazione delle campagne strutturata in pie-
vi si passò poi, gradatamente, al cosiddetto “incastellamento”. Auto-
revoli studi storici hanno contribuito a dimostrare come tale fenome-
no sia stato non soltanto ampiamente diffuso in tutto il Lazio, ma
come si sia ripetuto in maniera pressoché identica tanto nella Campa-
gna, quanto nella Sabina, quanto nella Tuscia47. Nell’Alto Lazio, la
forma abitativa del castello cominciò a manifestarsi, convivendo pa-
rallelamente con quella plebana, già durante la metà del IX sec.48 ed in
qualche caso è sufficientemente provato che alcuni castelli sono sorti
nelle adiacenze di antiche pievi o nelle loro immediate vicinanze49.
Senza dubbio, dunque, si può affermare che il borgo di Capranica sia
certamente sorto intorno alla piccola plebs rurale di San Pietro che,
durante il X sec., doveva già esistere. E in questo senso, concordiamo
con il Morera G. quando afferma che il contratto di vendita del 1050

46 Lo stesso ragionamento vale anche per Bassano Romano che veniva chia-

mato Bassano di Sutri.


47 La portata di tale fenomeno è tale che non possiamo assolutamente adden-

trarci nella sua trattazione. Per gli approfondimenti del caso, v. il fondamentale studio
di TOUBERT L., Les structures di Latium médiéval, 2 vol., Roma 1973, e, particolarmente,
vol. I, cap. IV, sull’incastellamento. Per quanto riguarda l’organizzazione della pieve
nella Tuscia e nel Lazio settentrionale, E. PETRUCCI, Pievi e parrocchie del Lazio nel basso
Medioevo. Note e osservazioni, in, AA. VV., Pievi e parrocchie in Italia nel basso medioevo (sec.
XIII-XV), Atti del VI convegno di storia della Chiesa in Italia (Firenze, 21-25 sett.
1981), 2 vol., Roma 1984, pp. 907-920.
48 Cfr. E. PETRUCCI, Pievi e parrocchie, cit., p. 908
49 Cfr. E. PETRUCCI, Pievi e parrocchie, cit.. E’ il caso di Latera, Castellardo, Pe-

scia Romana, Murano, Musignano, Bulxi (p. 911), ma anche di Marta e Capodimonte
(p. 913).
30 Dio fa casa con l’uomo

di Tragececo costituisce in se ben più di una conferma, contenendo


interessanti riferimenti sia alla vicina Sutri, sia al fenomeno stesso
dell’incastellamento del borgo50.

§ 2 – La vecchia Chiesa di San Giovanni Ev.

§ 2.1 – Il contesto storico

LO SVILUPPO URBANISTICO DEL BORGO MEDIEVALE

Se nel Patrimonio la via Cassia non sempre sembrerebbe aver


portato benefici al territorio51, nel caso di Capranica, con il suo traffi-
co di merci da e verso Roma e il costante flusso di pellegrini verso la
sede di Pietro, deve aver contribuito in maniera significativa alla cre-
scita del centro abitato. Sul finire del X sec., infatti, la via Cassia ro-
mana è stata da tempo abbandonata. Dal piano di Paglianello, dove
arrivava, lasciato alle spalle il borgo di Sutri, inerpicandosi su per il
poggio di Crognano, si scosta ben presto dall’originale tracciato retti-
lineo che la conduceva dolcemente a Vicus Matrini, per scegliere un
terreno più accidentato e ondulato, fittamente contornato da boschi
di castagno, e ridiscendere a valle nei pressi di Capranica, all’inizio

50 La raccolta di pergamene del monastero dei SS. Cosma e Damiano regesta-

ta dal FEDELE P., «Carte del Monastero dei SS. Cosma e Damiano», cit., (1898 e
1899) non fa altro che confermare anche per l’area circostante Sutri che la forma di
insediamento urbano più adottata è quella del castello ecclesiastico. Cfr. anche TO-
MASSETTI G., La Campagna Romana, cit., III, pp. 233-234. Secondo il MORERA G., Ca-
pranica vista da vicino, cit., p. 35, il castello vetulo qui appellatur Capralica, sarebbe, infatti
«…un Castello (o casale) di tipo ecclesiastico (…) di proprietà dell’Abbazia Romana
[dei SS. Cosma e Damiano] rappresentata in loco dal Monastero sutrino di S. Giaco-
mo e Filippo».
51 La Cassia, come principale strada di comunicazione con Roma, portava in

Italia non solo miti pellegrini ma anche poderosi eserciti guidati dagli imperatori che
spesso scendevano nella Città Eterna per la loro incoronazione. Nel 1328, ad esem-
pio, il passaggio di Ludovico il Bavaro provocò gravi devastazioni alla Val di Lago e
alla stessa capitale del Patrimonio, Montefiascone, che subì il danneggiamento delle
mura. Il medesimo trattamento fu riservato a Gradoli; a Valentano che, più sfortuna-
ta, subì anche l’uccisione di non pochi suoi cittadini; a Marta, dove venne raso al suo-
lo un molino della Chiesa durante il passaggio di ritorno delle truppe verso la Ger-
mania (cfr. CALISSE C., «Costituzione del Patrimonio di S. Pietro», cit., p. 33, 52-54 e
ANTONELLI G., «Vicende della dominazione pontificia», cit., (1903), pp. 262-263).
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 31

della grande valle di Sutri52. Lo spostamento della strada verso valle,


senza dubbio dovuto al nascere del borgo capranichese, portò quindi
ad una decisa accelerazione demografica, tanto che alla prima origina-
ria piccola chiesa di San Pietro53, per far fronte alle accresciute esigen-
ze di culto della comunità, durante il XII secolo si venne ad aggiunge-
re la chiesa di Santa Maria Assunta che una antica pergamena esisten-
te presso l’archivio diocesano di Sutri vuole sia stata consacrata il 30
dicembre del 1103 dal papa Pasquale II, originario della vicina Bieda54.
Ma lo sviluppo e l’espansione del borgo sembra non voler arrestarsi,
tanto che, nel corso del XIII sec. un’altra chiesa si viene ad aggiungere
alle altre due più antiche. Sin dagli anni 1295-1298, infatti, è attestata
l’esistenza della chiesa di San Lorenzo (San Francesco), molto proba-
bilmente dotata di dignità collegiale, servita da un arcipresbitero ca-

52 Sul tracciato della via Cassia in prossimità degli abitati di Sutri e Capranica,

v. ESCH A., La via Cassia, cit., pp. 11-13, nonché, per una visione planimetrica, le
mappe dell’IGM elaborate in MORSELLI C., Sutrium, cit., e ANDREUSSI M., Vicus Ma-
trini, cit..
53 La chiesa di San Pietro potrebbe non essere stata l’unica pieve capraniche-

se. Da un documento dell’Archivio Parrocchiale (riportato in APPENDICE, doc. IV)


risulterebbe infatti che a contendere a quella di San Pietro la palma della chiesa più
antica di Capranica ci sarebbe l’altra della Madonna delle Grazie. Ancora negli anni
’70 del XVIII sec. infatti, si afferma “Che la nostra Chiesa di S. Maria sia stata eretta dopo le
due vetustissime Chiese della Vergine delle Grazie e di S. Pietro, e quella consagrata, e restata alla
nostra Filiale, niuno ne’ ha dubitato, e posto in questione ”.
54 Cfr. APPENDICE, doc. IV: “…Comprova d’antichità della Chiesa la di lei medesima

Consagrazione e giova ripeterla, seguita l’anno 1103, come dal proprio originale, e traduzione fatta-
ne dalla bo[na] me[moria] di Ale[ssandro] Cerrini, Cancelliere dell’una, e l’altra diocesi, non da
poco tempo, ma dall’anno 1669, che si da’ sub manicha S.S Illma e già riportata nella Storia della
Seconda Sagra Visita fatta dall’odierno Monsignor nostro Vescovo…”. La lettera è purtroppo
priva di data ma a giudicare dai contenuti (protesta contro il riconoscimento della
maternità ecclesiale di San Giovanni rispetto a Santa Maria e della conseguente di-
pendenza di questa su quella), si può datare nel ventennio precedente l’avvio delle
trafile burocratiche per l’ottenimento della bolla di unione dei due capitoli di San
Giovanni e di Santa Maria, che ebbe inizio nel 1794 e terminò nell’anno 1801, con la
lettera apostolica Assumptum ad nobis di papa Pio VII. Nella vecchia chiesa di Santa
Maria, demolita nel 1866, esisteva una lapide che ricordava la sua consacrazione nel
1103. Di tale lapide, come riporta MORERA G., Capranica vista da vicino, cit., p. 20, ne
fu testimone il medico francese Charles Thierry che la ricordò nel suo Les aux minera-
les de Capranica, Rome 1766. Sul biedano Pasquale II, F. ALBERTI, Vita di Pasquale II,
in ALBERTI F., Storia di Bieda, pp. 86-116; RENDINA C., I papi. Storia e segreti, Roma
1999, pp. 402-406..
32 Dio fa casa con l’uomo

nonico della cattedrale di Sutri55. Rispetto a quella più antica di Santa


Maria, San Lorenzo rivestiva quasi certamente il ruolo di chiesa ma-
trice del borgo, in origine sicuramente dotata di fonte battesimale.
Sembrerebbe un controsenso il fatto che la chiesa di San Lorenzo,
ubicata fuori del castello, sia stata prescelta come sede arcipretale,
quando sarebbe stato più logico insignire di tale dignità quella di San-
ta Maria. Tuttavia, tale schema è invece più frequente di quanto si
pensi, tanto che in Sabina costituiva addirittura quasi una regola fissa.
In una relazione di una visita pastorale del 1343 nell’elencazione dei
castelli visitati, si ricordano innanzitutto, per ciascuno di questi, le
chiese archipresbiterali delle quali molto spesso viene specificato che
non sono ubicate all’interno delle mura castrensi56, e solo dopo si pas-
sano in rassegna le chiese semplicemente parrocchiali, situate
all’interno del castello e quasi certamente prive di fonte battesimale57.

Durante il Trecento, l’abitato di Capranica aveva già coperto


interamente l’intero spazio edificabile sulla cima del colle tufaceo uti-
lizzando anche le aree più prossime ai due ripidi fianchi, dando luogo
ad una conformazione urbanistica che per il suo particolare aspetto
planimetrico viene detta “a fuso d’acropoli”, poiché ricorda da vicino la
forma di un fuso58. La chiesa di San Giovanni Evangelista, posiziona-
ta a metà strada tra il Castro Vecchio e la rocca costruita dagli Anguilla-

55 BATTELLI G., Rationes decimarum Italiæ nei secoli XIII e XIV. Latium, Città del

Vaticano 1946, pp. 415-416 (Decima triennale degli anni 1295-1298 – Civitatis Sutrine
(…) Predictum conputum factum est et ratio hiusmodi reddita per predictum collectorem d. Roberto
priori predicto de supradicta pecunia Sutrii, in domo heredum quondam Mincarelli, presentibus d.
Plano canonico Sutrino, archipresbitero S. Laurentii de Crapalica, Falcone notario et Vanne de
Aquapendente familiare d. Viterbiensis episcopi et Iacobino De Bene testibus vocatis et rogatis, sub
anno Domini millesimo CCLXXXXVII, temporibus d. Bonifazi VIII pp., mense novembris, die
XXVII, indictione X).
56 Cfr. E. PETRUCCI, Pievi e parrocchie, cit., p. 916
57 Cfr. E. PETRUCCI, Pievi e parrocchie, cit., ivi
58 Cfr. PICCINATO L., Urbanistica medievale, Bari 1978, p. 28. Sullo sviluppo ur-

banistico del centro storico capranichese si vedano anche: MARCONI P.L., Capranica di
Sutri, in, Quaderni di ricerca urbanologica e tecnica della pianificazione della Facoltà di Architettu-
ra di Roma, IV (1969) 107-109; LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 14; MORERA
G., Capranica. Il Centro Storico, fotostampa a cura dell’A. presso la Biblioteca Comunale
di Capranica, Capranica 14/05/1989; A. BARELLA, Forma urbana e sviluppo urbanistico,
in, AA. VV., Capranica. Invito a conoscerla, Roma 1984, pp. 18-20.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 33

ra al culmine dello sperone tufaceo, viene così fondata funzionalmen-


te allo sviluppo del borgo in questa zona del colle, allo scopo di sod-
disfare le esigenze di culto della parte di popolazione che vi abitava.
Alla fine del XIV sec. pertanto, Capranica poteva disporre di
ben quattro chiese distribuite in tutta la sua lunghezza, di cui San Pie-
tro e San Lorenzo, oltre ad essere rispettivamente la più piccola e la
più grande, erano anche quelle che aprivano e chiudevano la fila59.

LA VITA SOCIALE ED ECONOMICA A CAPRANICA

Come si viveva a Capranica nel Trecento?


Di fronte alla disastrosa situazione politica ed economica in
cui versava tutto lo Stato della Chiesa durante il XIV sec.60, è facilmen-

59 Si veda la TAB. 1 in APPENDICE, relativa al confronto delle dimensioni delle

chiese capranichesi.
60 Se il Giubileo del 1300, che si tradusse in un enorme successo religioso ed

economico, chiuse in maniera trionfale un secolo, il XIII, che tutto sommato può es-
sere ricordato come un periodo di relativa calma e prosperità, viceversa, sin dai suoi
primissimi anni, quello nascente non si presentò davvero secondo i migliori auspici.
Infatti, l’assurdo spostamento della Santa Sede ad Avignone in seguito alla salita al
soglio pontificio del francese Bertrand de Got, eletto il 5 luglio del 1305 con il nome
di Clemente V, segnò per Roma e per tutto il Patrimonio di San Pietro un periodo di
generale decadenza della vita politica, economica, culturale e civile. Nei settant’anni
circa di “cattività avignonese”, che vanno dal giorno dell’elezione di Clemente V fino
al 17 gennaio 1377, in cui Gregorio XI riporterà finalmente a Roma la sede petrina,
una serie di eventi drammatici – sia politici che naturali – si susseguono senza solu-
zione di continuità segnando indelebilmente questo periodo storico in un senso asso-
lutamente negativo. Riteniamo, comunque, che per meglio introdurre il lettore nel
particolare clima, tutt’altro che tranquillo, che spirava in quegli anni nella Città Eterna
e un po’ d’ovunque nelle terre del Patrimonio, sia utile citare un passo tratto dalle
Croniche di Roma redatte dall’Anonimo romano: «…la citate de Roma stava in gravissima
travaglia. Rettori non avea. Onne dìe se commatteva. Da onne parte se derobava. Dove era luoco, le
vergine se detorpavano. Non ce era reparo. Le piccole zitelle se furavano e menavanose a desonore.
La moglie era toita allo marito nello proprio letto. Li lavoratori, quanno ivano fòra a lavorare, era-
no derobati, dove? su nella porta de Roma. Li pellegrini, li quali viengo per merito delle loro anime
alle sante chiesie, non erano defesi, ma erano scannati e derobati. Li prieti staievano per male fare.
Onne lascivia, onne male, nulla iustitia, nullo freno. Non ce era più remedio. Onne persona periva.
Quello più aveva rascione, lo quale più poteva colla spada. Non ce era altra salvezza se non che
ciascheduno se defenneva con parienti e amici. Onne die se faceva adunanza de armati.» (ANONI-
MO ROMANO, Cronica, a cura di G. Porta, Milano 1981, Cron. XVIII, 111-112 – Edi-
zione Elettronica disponibile in download alla pagina web
«http://www.sestoacuto.it/»).
34 Dio fa casa con l’uomo

te immaginare che anche Capranica, come un qualsiasi castello del Pa-


trimonio di San Pietro in Tuscia61, non fosse davvero un’isola felice.
Per cui è in questo quadro fosco e travagliato che va collocata la te-
stimonianza di Francesco Petrarca durante il suo soggiorno caprani-
chese. Quando infatti, nel dicembre del 1336 egli arrivò a Capranica
ospite di Orso dell’Anguillara, durante il suo primo viaggio da Avi-
gnone a Roma, se da un lato fu molto colpito dalla bellezza dei luo-
ghi, che dipinse con somma maestria, dall’altro, nelle due lettere che
da qui indirizzò al cardinale Giovanni Colonna, restò grandemente
meravigliato dal generale scadimento dei costumi e dal clima di gran-
de paura ed incertezza che regnava.

«Dal poco che ho potuto osservare, qui c'è un'aria assai sa-
lubre…Sola da queste terre è bandita la pace e per quel crimine,
quale legge del cielo o destino o influsso maligno degli astri, non so.
Che potresti pensare? Armato, il pastore vigila nelle selve e non per
paura dei lupi, ma dei briganti; il contadino, chiuso nella corazza,
adopera l'asta per pungolare la terga del pigro bue; chi va a caccia di
uccelli copre le reti con lo scudo e il pescatore, come per attingere

61 Il Patrimonio di San Pietro venne ad essere considerato tutto lo Stato della

Chiesa, sui cui essa esercitava la propria sovranità. Del Patrimonio di San Pietro, che
si componeva in varie regioni (Campagna, Marittima, Ducato di Spoleto, Marca), «la
porzione giacente alla destra del Tevere» conservò il nome di Patrimonio di San Pietro a
cui venne aggiunta la determinazione «in Tuscia per significare la parte dello Stato
formata soltanto dai possessi toscani» [CALISSE C., «Costituzione del Patrimonio di S.
Pietro in Tuscia nel secolo XIV», ASRSP, XV (1892), p. 6]. Dal punto di vista geogra-
fico, nel XIV sec. «il Patrimonio di S. Pietro in Tuscia comprendeva (…) tutto il terri-
torio posto tra Radicofani e Roma, ed approssimativamente limitato dal Tevere, dal
Paglia, dalla Fiora e dal Mar Tirreno, accresciuto (…) di altri territori limitrofi, come
il comitato di Sabina e le terre degli Arnolfi, colle importanti città di Narni, Terni,
Rieti, Amelia e Todi.» (ANTONELLI G., «Vicende della dominazione pontificia nel
Patrimonio di S. Pietro in Tuscia dalla traslazione della sede alla restaurazione del-
l'Albornoz», ASRSP, XXV (1902), p. 356). Vedi anche AA. VV., Atlante, cit., tav. XXI.
Per la situazione politica nel Patrimonio durante la traslazione della Sede Apostolica
ad Avignone, v. anche ANTONELLI G., «Una relazione del Vicario del Patrimonio a
Giovanni XXII in Avignone», ASRSP, XVIII (1895), pp. 447-467, nonché, per avere
immediatamente un’idea del caos politico-istituzionale che regnava, id., «Una ribellio-
ne contro il vicario del Patrimonio Bernardo di Coucy (1315-1317)», ASRSP, XX
(1897), pp. 177-215. Per una visione complessiva dei rapporti tra Chiesa e Comuni, v.
invece ERMINI G., «La libertà comunale nello Stato della Chiesa, da Innocenzo III
all'Albornoz», ASRSP, XLIX (1926), pp. 5-126.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 35

acqua dal pozzo, tiene sospesa alla rozza fune un elmo rugginoso.
Insomma, qui non si fa niente senz'armi.»62

Abituato alle cortigianerie della corte papale ad Avignone, il


Petrarca non era certamente avvezzo a vivere in un clima del genere,
ma quello che altrove viene dipinto come un atteggiamento offensivo
nei confronti dell’operosità dei capranichesi e della loro ospitalità63,
altro non è che l’evidente conferma della situazione di incertezza,
paura e precarietà che predominava nella vita di tutti i giorni a Roma
e nel Patrimonio, in seguito alla traslazione della sede papale in Pro-
venza64. Nel micro-cosmo capranichese dunque, la vita scorreva via

62 PETRARCA F., Le Familiari, cit., II 12, 322


63 Cfr. MORERA G., Tragececo, cit., 5-18. Anche MODIGLIANI A., Vita quotidia-
na a Sutri (secoli XIV-XV), Manziana (Roma) 1996, 33-34, sulla base di documenti
d’archivio, riferisce delle frequenti liti tra la popolazione della vicina Sutri che spesso
si originavano per futili motivi, e a volte si concludevano addirittura con l’omicidio.
Anzi, in difesa e a sostegno della decisione del sindaco P.L. Nicolini, tanto vituperata
dal Morera, di intitolare la via principale del borgo a Francesco Petrarca (nonché
l’Associazione Pro Loco), aggiungiamo che durante il soggiorno capranichese, secon-
do alcuni (cfr. PACCA V., Petrarca, Bari 1998, 47; DOTTI U., Vita di Petrarca, Bari 1987,
75), il poeta, che si raffigura nella lettera XII (libro II), «aliquid quod posteritatem sibi
conciliet, assidue meditatem» («che medita continuamente qualcosa che gli acquisti il
favore dei posteri»), avrebbe maturato la decisione di scrivere l’Africa. Tra l’altro è
ancora il caso di ricordare che in quegli stessi anni imperversava tra Viterbo e Roma
una banda di ladroni di bestiame che terrorizzava le campagne e che la stessa situa-
zione romana, come abbiamo già visto, fosse del tutto simile. Inoltre quando si trat-
tava di difendere le proprie terre e il proprio lavoro, in passato non si guardava tanto
per il sottile poiché le liti per la proprietà erano assai frequenti. Riferisce, a questo
proposito, il NISPI-LANDI C., Storia dell’Antichissima città di Sutri, cit., pp. 424-425), di
una sentenza pronunciata il 26 ottobre del 1579 da «…Candido Zitello, commissio-
nario del Pontefice Gregorio XIII nella causa penale contro Fabio di Ser Santi, Meni-
co di Zaccaria e Galieno Michelli della terra di Capranica rei processati per un fatto si
sangue, avendo lasciati morti Angelo Falcinelli e Francesco Criboni di Sutri. Furono
condannati alla forca e confiscati tutti i beni (…) Il grave fatto era originato da certe
capre de’ ricordati e uccisi sutrini, andate a pascersi nella possessione dei capranichesi
uccisori; ed avvenne in contrada Capo de Ripa vicino il guado della vigna Zenobio
Caprari pistoiese e precisamente nella vigna di Gabriele Picchiori (…) nella lotta fe-
roce fra Sutrini e Capranichesi furono adoperate queste armi: spade, sterzi e archibugi
a ruota carichi di polvere e di palle di piombo. Il testo dice: “armati ensibus, stertis et –
archibusiis ad rotam – pulvere et pilis plumbei onutis…”»
64 Va ricordato ulteriormente come generalmente le campagne non fossero

assolutamente sicure. Tra il XIV e il XV sec., il Patrimonio fu teatro delle gesta di nu-
36 Dio fa casa con l’uomo

badando soprattutto a trovare il modo di conservarla più a lungo, di-


fendendosi come meglio si poteva e lavorando i campi posti fuori del-
le mura del castello.

Lo studio Capranica medievale, diretto dal prof. Alfio Cortone-


si, ci consegna una fotografia della situazione socio-economica capra-
nichese, ricavata dall’approfondito esame dei protocolli notarili con-
servati presso l’Archivio di Stato di Viterbo riguardanti Capranica65.
Durante il XIV sec., come è consuetudine nel Medioevo, la proprietà
dei terreni è ancora pressoché totalmente detenuta da pochi proprie-
tari, soprattutto enti ecclesiastici e qualche laico. Le chiese caprani-
chesi di Santa Maria e San Lorenzo, ma anche il vescovo di Sutri e il
monastero romano dei SS. Cosma e Damiano (che disponeva in loco
della cella sutrina dei SS. Giacomo e Filippo)66, sono proprietari di
canapaie, orti, vigneti, castagneti, boschi e campi, che concedono in
affitto per la lavorazione, a durate variabili e canoni fissi in denaro o
in natura67. Così pure, i proprietari laici procedono analogamente

merosi capitani di ventura – dal Fortebraccio al Tartaglia, dal Piccinino allo Sforza –
che lo fecero permanere in uno stato di continua e buia incertezza (cfr. CALISSE C.,
«Costituzione del Patrimonio di S. Pietro», cit., pp. 47-48). Particolarmente terribile,
poi, fu il passaggio del Guarnieri e della sua compagnia che spostandosi verso il cen-
tro della penisola dalla Campagna, dove aveva seminato ovunque rovina, nella prima-
vera dell’anno giubilare del 1350 si abbatté come un fulmine a ciel sereno sulle terre
del Patrimonio (cfr. ANTONELLI G., «Vicende della dominazione pontificia», cit.,
(1903), pp. 319-323). Ancora. Una setta di fuorilegge imperversò lungamente nelle
campagne durante gli anni ’20 senza che furono presi efficaci provvedimenti per limi-
tarne l’azione (cfr. ANTONELLI G., «Vicende della dominazione pontificia», cit.,
(1902), p. 388). E negli stessi anni infine, una banda di predoni di bestiame, seminò
diffidenza e paura nella già gravemente angheriata popolazione, compiendo numerosi
furti di animali. Tra i predoni si distinse in maniera particolare il romano Cecco
Angelucci, il quale durante il 1324, nel Patrimonio rubò qualcosa come ottomila
pecore uccidendo pastori e custodi (cfr. ANTONELLI G., «Vicende della dominazione
pontificia», cit., (1903), p. 251).
65 AA. VV., Capranica medievale. Percorsi di ricerca, a cura di A. Cortonesi, Capra-

nica 1996. Lo studio si basa sull’esame dei protocolli notarili di 6 diversi notai – tutti
originari di Capranica – per un arco di tempo che va dal 1340 al 1393.
66 Cfr. P. MASCIOLI, Le campagne di Capranica nel Trecento: conduzione fondiaria e

rapporti di lavoro, in, AA. VV., Capranica medievale, cit., pp. 9-89. In particolare, cfr. TA-
BELLA XII – Contratti stipulati dagli enti ecclesiastici e ospedalieri, pp. 81-83.
67 Le durate dei contratti oscillavano in genere dai 2 ai 9 anni. In qualche ca-

so, come per alcuni orti, si arrivava ai 19 o a durate perpetue (cfr. P. MASCIOLI, Le
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 37

dando in affitto le loro terre e proprietà, pur se per durate general-


mente più brevi rispetto agli enti ecclesiastici68.
Anche gli animali da lavoro, come i terreni, venivano affittati
a canoni annuali per periodi brevi. I due buoi che dai contratti risulta-
no essere impiegati costantemente ogni anno a Capranica, venivano
dati in affitto da gennaio all’autunno, quando avveniva la semina
dell’orzo e del frumento69. Le due bestie erano condotte all’aratro da
operai appositamente specializzati, detti bubulci, che venivano ingag-
giati per durate annuali, ed a cui veniva corrisposto un compenso che
consisteva normalmente in una parte del raccolto, una somma di de-
naro e il cosiddetto calciamentum, ovvero il vitto quotidiano70.
Il catasto rustico del 1434, uno dei più antichi d’Italia e cer-
tamente il più antico del Lazio, ci presenta comunque una proprietà
privata contadina abbastanza diffusa nelle varie contrade del comune
di Capranica71. Secondo il sistema dell’autodenuncia giurata, il capo-
famiglia rendeva una dichiarazione in cui elencava le proprietà che gli
competevano, la loro grandezza, la qualità, i confinanti72.
E’ la canapa, come per il resto del Patrimonio73, une delle
colture più diffuse nelle campagne capranichesi, ma anche il lino è si-
curamente presente. Altre colture prevalenti sono – naturalmente – il

campagne, cit., pp. 72-73). Per quanto riguarda i canoni, questi normalmente erano fissi
in denaro, ma a volte anche in natura sul prodotto della terra. I contratti, infine, po-
tevano essere a locazione semplice, o ad laborandum (ovvero con concessioni che soli-
tamente coincidevano con la durata pluriennale di un ciclo colturale completo: ad es.
il primo anno a maggese, il secondo a frumento). Su tali contratti, cfr. P. MASCIOLI,
Le campagne, cit., pp. 32-35.
68 Cfr. P. MASCIOLI, Le campagne, cit., p. 56.
69 Cfr. P. MASCIOLI, Le campagne, cit., pp. 41-42, 47-48.
70 Cfr. P. MASCIOLI, Le campagne, cit., pp. 48-49.
71 Sul Catasto quattrocentesco di Capranica, v. SERCIA G., La pretesa feudalità,

cit., e A. LANCONELLI, Il Catasto quattrocentesco di Capranica: esame preliminare, in, AA.


VV., Capranica medievale, cit., pp. 91-105.
72 Cfr. A. LANCONELLI, Il Catasto, cit., pp. 96-97.
73 Cfr. ZAGARI F., «Geografia della produzione: l’esempio dell’Alto Lazio tar-

domedievale», ASRSP, CXXI (1998), p. Sulla situazione generale degli scambi com-
merciali e per una visione complessiva del mercato durante il XIV sec., v. ARIAS G.,
«Per la storia economica del secolo XIV. Comunicazioni d’archivio ed osservazioni»,
ASRSP, XXVIII (1905), pp. 301-354.
38 Dio fa casa con l’uomo

frumento, necessario alla panificazione, e la vite, il cui saporito frutto


viene trasformato in vino e conservato nelle numerose grotte.
Altra occupazione prevalente è la pastorizia. Dai contratti del
tempo emerge una fiorente economia legata a questo settore produt-
tivo. Grazie ai contratti di soccida, che permettevano di associare ad un
terreno adibito a pascolo di un certo proprietario, l’allevamento e lo
sfruttamento di un gregge appartenente ad un altro, secondo una bo-
nam consuetudinem et bonum usum castri capralice, al fine di dividere in ac-
cordo fra le due parti l’accrescimento del numero dei capi, ogni greg-
ge si raddoppiava in media dopo circa tre anni74. Sono della metà del
Trecento contratti di soccida per greggi di 69 capre, o di 208 pecore.
Ed è del dicembre del 1345 un contratto di soccida di un gregge di
324 pecore di proprietà della contessa di Anguillara, Agnese Colonna,
stipulato con un certo Giannuccio, macellaro di Capranica75.
La popolazione, che intorno alla metà del secolo conta già
più di mille abitanti76, vive nelle case di tufo77. Lo schema tipico è la
casa a due piani con scala interna in legno e con orto annesso (domus

74 Cfr. LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 15.


75 Cfr. LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p. 15 e Appendice 2.I, p. 16.
76 Cfr. TOMASSETTI G., «Sale e focatico del Comune di Roma nel Medio E-

vo», ASRSP, XX (1897), p. 352 che pubblica il cosiddetto Elenco Romano-Senese, un


manoscritto quattrocentesco che ha come base un originale probabilmente stilato tra
la riforma tributaria operata da Cola di Rienzo nel 1347 e l’istituzione, nel 1385 circa,
del gabellarius generalis o maior del Comune di Roma. Nell’Elenco, tra le Civitates, terre et
castra districtus Urbis obligata ad sal et focaticum ac ad iura sequimentorum, grasciare, mensura-
rum, balistariorum et apodixarum Camere alme Urbis, nella Provincia Tuscie è menzionata
anche Crapanica che è obbligata per 25 rubbia di sale. Utilizzando per Capranica il
medesimo procedimento di calcolo che il Tomassetti azzarda per calcolare dal con-
sumo complessivo di sale la popolazione dell’intero Districtus Urbis (pp. 331-332), ot-
teniamo che la sua popolazione nella seconda metà del secolo XIV sarebbe stata di
circa 1.366 abitanti. Infatti:
1 rubbio = 294,46 kg
25 rubbia x 294,46 kg = 7.361,5 kg
7.361,5 kg ÷ un consumo medio di 7 kg/abitante = 1.051 abitanti
aumento del 30% per esenzioni, etc.: 1.051 ab. x 1,3 = 1.366 abitanti
77 Il tufo utilizzato per le costruzioni dei centri storici dell’Alto Lazio è per lo

più una ignimbrite tefritico-fonolitica omogenea, compatta e di colore giallo-rossiccio


con intrusioni laviche nere e pomicee. Cfr. R. CIGALINO, Case medievali a Vetralla, in,
AA. VV, Case e torri medievali, I, Atti del II° Convegno di Studi “La città e le case. Tes-
suti urbani, domus e case-torri nell’Italia Comunale (secc. XI-XV)”, Città della Pieve,
11-12 dicembre 1992, a cura di E. Guidoni e E. De Minicis, Roma 1996, pp. 171-178.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 39

cum orto). Questo è disposto normalmente verso i bordi esterni del


colle tra le case e le cinta muraria o immediatamente fuori da questa
in modo da essere facilmente raggiungibile e senza troppi pericoli.
Nella casa i tramezzi sono per lo più mobili, di legno di castagno o di
vimini intrecciati, e rivestiti di argilla o calce (il cosiddetto vinchiato,
perché fatto, appunto, di vinchi78). La tipologia edilizia in uso prevede
che l’abitazione venga posta al primo piano, a cui si accede mediante
una scala esterna o profferlo79. Nel piano inferiore, raggiungibile attra-
verso una scala interna in legno, sono situate le stalle e i ricoveri per i
piccoli animali domestici, soprattutto pollame. Secondo la classe so-
ciale del proprietario, non è raro che le case fossero dotate anche di
altri ambienti che le qualificassero in senso più o meno “signorile”.
Quelle più grandi, infatti, oltre alla camera da letto – generalmente
unica per tutta la famiglia – erano dotate anche di una sala, ovvero di
un ambiente atto al ricevimento degli ospiti80, nonché di altre stanze
sottostanti o adiacenti, come il cellarium, null’altro che un magazzino
adibito alle operazioni di vinificazione, il puteus, ovvero il pozzo per il
grano, il furnum, lo stabulum. Tuttavia, dall’esame di alcuni protocolli
notarili, sembrerebbe di capire che anche le grotte o i grottoni fossero
abitati (i griptones). Questi erano collocati solitamente al piano della
strada ed erano suddivisi in un primo ambiente con parete verso
l’esterno (gripta solarata) sotto cui poteva essere scavata una seconda
grotta (gripta terrinea)81.
Per il resto, la vita quotidiana a Capranica non deve essere
stata poi tanto diversa da quella delle altre cittadine medievali. Relati-
vamente a quella che si conduceva nella vicina Sutri durante il XIV e il
XV sec., ad es., siamo in grado di conoscerla secondo varie sfaccetta-

78 Cfr. G. BACIARELLO, Aspetti urbanistici e forme abitative di Capranica bassomedie-

vale, in, AA. VV., Capranica Medievale, cit., pp. 139-145. Il vinchio, nel gergo dialettale
capranichese, è il pollone, ovvero il germoglio che nasce dal tronco di una pianta. Il
GDGLI, riporta come significato estensivo dell’art. «vinco» (regionale «vinchio»),
ramoscello di salice, vimine.
79 Cfr. G. BACIARELLO, Aspetti urbanistici, cit., p. 140. Il profferlo (profferulus) è

un elemento tipico dell’architettura dei centri storici del viterbese. Su questo, si ri-
manda a L. CONTUS, Tipologie edilizie nell’architettura medievale a Viterbo: le case con profferlo,
in AA. VV, Case e torri medievali, cit., pp. 145-147.
80 Cfr. G. BACIARELLO, Aspetti urbanistici, cit., p. 141.
81 Cfr. G. BACIARELLO, Aspetti urbanistici, cit., p. 144.
40 Dio fa casa con l’uomo

ture attraverso i protocolli notarili dei notai sutrini contemporanei:


dalla stipula dei patti matrimoniali, ai testamenti; dalle liti che si con-
sumavano frequentemente nei vicinati, alle paci che seguivano;
dall’afflusso di pellegrini diretti a Roma, al commercio che si imbasti-
va con essi82.

I CONTI DI ANGUILLARA E CAPRANICA

Come è noto, durante il XIV sec. la signoria di Capranica era


detenuta dai Conti di Anguillara83, i quali dovevano possedere già da
qualche decennio il suo castrum. Per l’esattezza da circa il 1260, anno
in cui, secondo alcuni autori, Pandolfo II dell’Anguillara vi trasportò
le reliquie di San Terenziano, come bottino di guerra della conquista
di Todi84. Anche se allo stato attuale non è ancora provata in modo
certo la loro signoria su Capranica85, è comunque certamente provato

82 Cfr. MODIGLIANI A., Vita quotidiana a Sutri, cit..


83 Sui Conti di Anguillara, v. COLETTI G., «Regesto delle Pergamene della fa-
miglia Anguillara», ASRSP, X (1887), 241-285; SORA V., «I Conti di Anguillara dalle
loro origini al 1465», ASRSP, XXIX (1906), pp. 397-442; XXX (1907), pp. 53-118; AR-
TIOLI R., «La famiglia dei Conti Anguillara in Roma», Giornale – araldico – storico – gene-
alogico, I (1912), pp. 45-74; DBI, artt. «Anguillara, Deifobo», «Anguillara, Dolce»,
«Anguillara, Everso», «Anguillara, Francesco», «Anguillara, Pandolfo»; SIGNORELLI
M., Le famiglie nobili viterbesi nella storia, Genova 1969; SCANO G., «Altri documenti An-
guillara nell'Archivio Capitolino», ASRSP, XCVIII (1975), pp. 240-242; CAROCCI S.,
Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e nel primo Trecento,
Roma 1993, pp. 299-309; SANTONI P., «Un documento inedito di Pandolfo II Anguil-
lara: l'acquisto del “Castrum Donaççani” in Diocesi di Sutri», ASRSP, CXVI (1993),
pp. 113-120. Sulla famiglia, sin dal 1996 è stata annunciata una ricerca in P. MASCIO-
LI, Le campagne, cit., p. 9, nota 1. Inoltre, in proposito, anche il sig. Maurizio Villani sta
conducendo una sua autonoma ricerca.
84 Cfr. CHIRICOZZI P., Le Chiese, cit.,, p. 93; id. 1985, p. 30; MORERA T., Ca-

pranica nella storia e nell’arte, cit., 1994, p. 7.


85 Cfr SERCIA G., La pretesa feudalità, cit., pp. 4-5. Secondo l’autore,

«…nessuna notizia si ha (…) della infeudazione di Capranica agli Anguillara…», per


cui «…è facile dedurre che gli Anguillara si impadronirono di Capranica con gli stessi
sistemi e mezzi, con i quali avevano conquistato gli altri borghi e tenimenti…». Inol-
tre, secondo lo stesso Sercia, il loro dominio su Capranica «…fu tollerato dalla co-
munità per forza maggiore, e dalla Chiesa anche per forza maggiore, non essendo
questa in condizioni di tutelare efficacemente i suoi diritti…». Sulla stessa linea è
CHIRICOZZI P., Le Chiese, cit., anche se, nell’affermare che gli Anguillara avrebbero
usurpata la signoria di Capranica (p. 16) durante i primi anni della permanenza dei
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 41

da fonti documentali che lo stesso Pandolfo II ne conservava il pos-


sesso già nel 1281, anno in cui stipulava “in castra Craparice in domo olim
Rubei Crescentii castri predicti”, l’atto per l’acquisto del castello di Do-
nazzano86. Tuttavia il possesso di Capranica da parte della famiglia,
potrebbe risalire già precedentemente al 1243, anno in cui un certo
conte Pandolfo è catturato dalle truppe romane che conquistarono
Ronciglione e Capranica87.
La famiglia ha origini antichissime che si perdono nel sec. XI,
quando la menzione di un tale Guido, Conte di Anguillara, figlio di
Bellizone, è contenuta in una pergamena dell’archivio di Santa Maria
in Trastevere88. Fino al XIV sec., suoi esponenti di rilievo sono il con-
te Ramone, o Rainone, vissuto durante il XII sec. e il già ricordato
conte Pandolfo II89.
Durante il XIV sec., le notizie sui conti si fanno più frequenti.
Nell’aprile del 1331, nella rocca di Capranica, Orso di Anguillara e
suo fratello Francesco stipulano un atto con Cappello di Tolfanova a
cui concedono in affitto per 25 anni alcune loro proprietà ubicate nel
castello di Anguillara90. A cavallo tra il dicembre del 1336 e il gennaio
1337, nel castello di Capranica, lo stesso conte Orso ospita Francesco

papi ad Avignone (p. 58), segue probabilmente il Sercia. CAROCCI S., Baroni di Roma,
cit., p. 304, infine, ipotizza che la famiglia non sia nemmeno appartenuta al circuito
della grande aristocrazia romana, stante «…il totale silenzio mantenuto dai ricchi car-
tari monastici romani sulla presenza di qualsiasi possesso urbano o suburbano dei
conti; (…) l’assenza, davvero inspiegabile, di personaggi di tale levatura fra i senatori
del Duecento; infine, ancor più sorprendente, la mancanza degli Anguillara dalla lista
dei barones Urbis compilata nel 1305…».
86 Cfr. SANTONI P., «Un documento inedito di Pandolfo II Anguillara», cit..
87 Cfr. EGIDI P., «Le cronache di Viterbo scritte da frate Francesco d'Andre-

a», ASRSP, XXIV (1901), p. 309: «Havendo li Romani sentito come lo imperadore
s’era partito da Viterbo, vennero in adiutorio della Chiesa, et pigliarno Crapalica, e
disferno Ronciglione, et pigliarci el conte Pandolfo et mandarlo prigione ad Roma, et
poi pigliarno Vico.». Secondo l’Egidi, non vi sono dubbi che il Pandolfo di cui si par-
la «…sia da identificare col padre del Pandolfo dell’Anguillara che nel 1264 a capo de’
guelfi si oppose a Pietro (IV) da Vico e ne fu sconfitto e preso prigioniero presso Ve-
tralla» (ivi, p. 309, nota 4).
88 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», (1906), cit., p. 399
89 E’ da ricordare che presso l’archivio comunale di Toscanella – l’attuale Tu-

scania – era conservato l’albero genealogico della famiglia Anguillara. Cfr. SORA V., «I
Conti di Anguillara», (1906), cit., p. 404, nota 4.
90 Cfr. COLETTI G., «Regesto delle Pergamene», cit., p. 247, DOC. XVI.
42 Dio fa casa con l’uomo

Petrarca, che si reca a Roma. E successivamente, in seguito alla divi-


sione di terre operata nel 1346 dal Cola di Rienzo91 fra Orso I ed il
nipote Giovanni I, figlio del defunto Francesco, al primo toccherà in
sorte il castello di Anguillara, e al secondo quello di Capranica dando
così origine al ramo detto di Anguillara e Capranica distinto d’ora in poi
da quello di Anguillara, propriamente detto92. Alla morte di Giovanni,
avvenuta nel 1363 quando i suoi quattro figli erano ancora in tenera
età93, la successione del castello pervenne in linea diretta ai due conti
gemelli, Francesco e Nicola. E dopo la morte di questi, avvenuta ri-
spettivamente il 12 agosto del 1406 e il 26 luglio del 1408, il castello
appartenne per un certo tempo pro-indiviso a tutti gli eredi legittimi,
fino a che venne definitivamente assegnato in sorte a Giacomo del fu
Nicola che lo mantenne almeno fino agli anni quaranta del XV sec.94.
E’ attestato, infatti, che questi, in data 27 gennaio 1446,
«…per potersi bene reggere et gubernare et mantenersi in tutte le sue
terre et fortellizi maxime in nel castiello di Capralica et che nulla altra
persona potente potesse tollarli né sforzarli… elege et deputa per aiu-
tatore, defensore, aumentatore, et gubernatore lo magnifico et excel-
lente Signore Conte Everso Conte de Anguillaria»95. Ma, nel 1460,
Everso doveva essere venuto già da qualche tempo in possesso del
castello di Capranica, con modalità a tutt’oggi ancora ignote96, anche
se qualche autore, pensando alla sua personalità – che Pio II, nei suoi
Commentari dipinge come avaro del suo e avido dell’altrui97 – insinua che

91 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», (1906), cit., p. 436 e id., (1907), p.
103.
92 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», (1906), cit., p. 436
93 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», (1906), cit., p. 437. I gemelli France-
sco e Nicola, e le altre due figlie femmine di Giovanni, Iacoba e Angelella, saranno
affidati alla moglie Francesca, che verrà confermata loro tutrice [id., (1907), p. 103].
94 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», (1907), cit., p. 104.
95 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», (1907), cit., p. 104; SERCIA G., La pre-

tesa feudalità, cit., pp. 29-30


96 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», (1907), cit., pp. 104-105
97 Alla morte di Dolce, fratello di Everso, questi «…prese la tutela dei nipoti,

ma sostenne più la parte del ladro che del tutore; era per lui la rapina un diletto, av-
vezzo alle armi nocque non meno ai parenti e agli amici che ai nemici. Sempre ostile
ai Pontefici Romani (suoi sovrani diretti), avaro del suo, avido dell’altrui, non ebbe
nessun sentimento di religione, assolutamente ateo, usava ripetere che le anime degli
uomini come quelle delle bestie da soma sono mortali. Bestemmiatore e crudele uc-
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 43

egli venne in possesso del castello «forse anche senza rispettare i patti
del 1446»98. Il 16 febbraio del 1460 infatti, nel suo testamento, il ca-
stello di Capranica sembra aver cambiato di proprietà già da tempo,
poiché viene menzionato tra i beni che alla sua morte saranno tra-
smessi al figlio-erede Deifobo99.
Contro questi e il fratello Francesco infine, a causa della loro
politica aggressiva nei confronti dei castelli vicini, nell’estate del 1465
fu intrapresa una campagna militare ordinata da papa Paolo II, che
ebbe come conseguenza la fuga di Deifobo, l’arresto di Francesco, e il
ritorno di Capranica sotto la diretta sovranità della Chiesa che la eser-

cideva l’uomo con la stessa facilità che altri una pecora; escogitò supplizi dolorosis-
simi e mai prima conosciuti per martoriare i prigionieri che odiava. Mantenne con
prede e latrocini quei sudditi che furono disposti a servirlo in armi, gli altri schiantò
sotto il peso del più duro despotismo: dopo sei giorni di intenso lavoro nei propri
campi, erano costretti, stanchi, per vivere liberi da tributi, a lavorare per lui nel setti-
mo giorno che, secondo lui, si chiamava appunto domenica perché doveva esser de-
dicata al padrone, e il padrone diceva essere lui. Portava a forza nel suo palazzo le
mogli e le figlie loro, e le prostituiva, procurando ovunque gravi disordini morali con
stupri ed adulterii; né gli mancò la taccia infame dell’incesto, quasi avesse violato la
castità delle figlie. Fustigò spesso i figli e li assalì col ferro, saccheggiò le chiese; timi-
do con gli arditi, forte con i deboli, resistente alle fatiche e ai digiuni, se necessario;
nel riposo ubriacone, ingordo e lussurioso…» (PIO II [Enea Silvio Piccolomini], I
Commentari di Pio II, ed. a cura di G. Bernetti, Siena 1972-1976, I, XII, pp. 143-145).
98 Cfr. SERCIA G., La pretesa feudalità, cit., p. 5
99 Cfr. ADINOLFI P., Laterano e Via Maggiore, Roma 1857, pp 133-139, doc. IV.

Dopo aver provveduto a lasciare cospicui beni a tutti i suoi numerosi figli naturali e
alle sue amanti, Everso lascia «tucti laltri miei bieni stabili et mobili Castella Rocche
fortezze, tenute et terre rascioni actioni et onnie altra cosa lasso alli dicti miei heredi
universali Francesco et Deyphebo miei figliuoli legetimi et naturali li quali Francesco
et Deyphebo instituisco miei heredi universali colli modi condictioni et substitutioni
infrascripti. Cioe intra loro o se per questo mio testamento despositione et ultima
volonta facto lo partimento et divisione delle Castella terre et cose stabile in doi parti
cioe una parte sia et esser debbia Vetralla Jovi Viano con Ischia et Alceto suoi tenute.
Sancta Pupa e Carcari et questa sia con suoi rascioni et pertinentie de Francesco. Lal-
tra parte sia et esser debbia questa cioe Crapanica Ronciglione e Casale Vico e Casa-
mala suoi contrate Le rascioni le quale agio in Craparola Bieda Sancto Jovenale lo
Terzuolo et Luni suoi contrate Sancta Sivera la meta di Cervetere con loro rascione et
pertinentie et questa sia de Deyphebo». Everso concluse la sua esistenza il 4 settem-
bre 1464, presumibilmente all’età di circa settant’anni. Sul resto della vita di Deifobo
dell’Anguillara, CHERUBINI P., «Deifobo dell'Anguillara», cit., pp. 209-234, nonché
SCANO G., «Altri documenti Anguillara», cit., p. 241.
44 Dio fa casa con l’uomo

citò d’ora in poi mediante la forma di un governatorato cardinali-


zio100.

§ 2.2 – La fondazione.

La fondazione della vecchia chiesa di San Giovanni è ab im-


memorabili. Mentre, infatti, per l’antica chiesa di Santa Maria si ricorda
la data della consacrazione101, per quella di San Giovanni non si con-
serva alcun documento o lapide che possa testimoniarne la nascita.
Per tale motivo, dunque, si può certamente affermare che la
prima menzione ufficiale della chiesa si trova nella bolla “Piis et hone-
stis”, data a Roma il 23 ottobre 1400, con cui il papa Bonifacio IX, su
supplica dei Conti Francesco e Nicola dell’Anguillara, Signori di Ca-
pranica, concedeva la chiesa di San Lorenzo all’ordine francescano ed
elevava quella di San Giovanni Evangelista al titolo di collegiata, tra-
sferendovi di fatto la dignità fino allora appartenuta alla chiesa di San
Lorenzo.
Sul finire del XV secolo la menzione della chiesa di San Gio-
vanni Evangelista è poi contenuta in due documenti dei Registri Vati-
cani, sotto il pontificato di Alessandro VI Borgia, all’indirizzo di An-
tonio Monti, arciprete della chiesa, e datati rispettivamente 17 luglio

100 Sui cardinali governatori di Capranica, v. MORERA T., I cardinali governatori

di Capranica, Roma 1983. Tuttavia, mentre passa in rassegna la vita di ciascun gover-
natore, l’autore tralascia di trattare gli aspetti sociali e politici del governo. Per le vi-
cende intorno alla caduta del castello di Capranica, v. LEVI G., «Diario Nepesino di
Antonio Lotieri da Pisano (1459-1468)», ASRSP, VII (1884) 115-182, pp. 149-150, e
Chronicon Eugubinum, col. 1009, in RIS, t. XXI: «Il Signor Conte [il Piccinino] per il
comandamento del Papa andò a i danni di Diofebo figliuolo già del conte Adverso, e
avuto il detto comandamento partì da Ugubio a dì 26 di Giugno, e andò sotto, dove
stette tre giorni per aspettar l’altre sue genti, e dappoi andò a i danni del detto Diofe-
bo, e in 5 giorni acquistò l’infrascritte sue Terre in questo modo: A dì 11 di Luglio
ebbe un Castello, nominato Giove, adì 5 Caprajola, e Carbognano, a dì 6 Ronciglio-
ne, a dì 8 andò il prefato Conte a Caprinico, il quale s’accordò, e gli uomini presero
Francesco fratello di Diofebo. Ebbe la Rocca, e liberò Francesco: a dì 8 s’accordò
Vetralla. A dì 9 ebbe Viede, dove furono presi Francesco, il figliuolo, e il figliuolo di
Diofebo; la notte innanzi se ne fuggì Diofebo con quattro Cavalli. Si dice, che si por-
tò seco ventiquattromila Ducati».
101 Cfr. § 2.1 (nota n. 53), e APPENDICE, doc IV.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 45

1495102 e 16 dicembre 1496103, con cui lo stesso arciprete riceveva una


pensione annua di trecento ducati.
Altro importante documento in cui la chiesa viene nominata,
è infine il resoconto della visita apostolica ordinata da papa Gregorio
XIII ed eseguita il 29 gennaio 1574 da mons. Alfonso Maria Binarini,
vescovo di Rieti, che, a giudicare dalla fama di severità che lo accom-
pagnava, dovette essere particolarmente delicata, poiché volta ad im-
primere una decisa svolta del culto nel senso voluto dal Concilio di
Trento104.

102 Cfr. RVC, III, p. 77, doc. 13676: «Antonio Montes, familiari suo, provide-

tur de Archipresbyteratu ecclesiae S. Iohannis del Capranica, Sutrin. dioc..» (ASV,


Reg. Vat. 791, f. 264v-265).
103 Cfr. RVC, III, p. 97, doc. 13862: «Pro Antonio Montes, Canonico Bosa-

nen., pensio annua Triginta ducatorum super Archipresbyteratu ecclesiae S. Iohannis


de Capranica, Sutrin. dioc., quam resignavit, cum mandato Archiepiscopo Cusentin.
et Caputaquen. ac Theanen. Episcopis de executione.. » (ASV, Reg. Vat. 802, f. 59-
60v).
104 ASV, Congregazioni Vescovi e Regolari, Visita apostolica 33, ff. 12v-21r. La vi-

sita è menzionata anche in CHIRICOZZI P., Le chiese di Capranica, Roma 1983 che ne
riporta i contenuti, ma una segnatura d’archivio errata, nonché in CANONICI C. -
SANTONI P., Parrocchie, Chiese e Confraternite. Per una storia delle istituzioni religiose caprani-
chesi attraverso le carte dell’Archivio Storico Parrocchiale, Capranica 1997, p. 1. A parte
l’errore tipografico che affligge il cognome del Visitatore Apostolico (Bindarini anzi-
chè, correttamente, Binarini) è da notare, in quest’ultima pubblicazione, che il Cano-
nici appella il Visitatore col titolo di Cardinale mentre allo stesso, in realtà, non fu
mai conferita la porpora. Alfonso Maria Binarini (Bologna, 1510 - Camerino, 26 apri-
le 1580), vescovo di Rieti e Camerino, fu il protagonista della riforma del Collegio
Cardinalizio. Come riporta il von PASTOR L. F., Storia dei Papi dalla fine del medio evo,
Trento 1890, VIII, pp. 101-102, nel 1571 insieme all'Ormaneto presentò, in merito,
una dettagliata relazione al Papa Pio V (il francescano Michele Ghisleri, già vescovo
di Sutri, poi proclamato santo) in cui "…si dice anco che li reformatori [cioè Ormaneto e
Binarini, ndr] hanno detto al papa che sarebbe bene riformare li cardinali et le case loro, et non
lasciare che magnassero in argento et che facessero andare le loro famiglie vestite di longo et tenessero
un confessore in casa che ogni mese confessasse et comunicasse tutta la famiglia loro" (Aurelio Zi-
bramonti al duce di Mantova 13 gennaio 1571, Archivio Gonzaga in Mantova). Nel-
l'agosto 1566 fu incaricato dal papa di proceder alla visita apostolica delle chiese ro-
mane, insieme ad altri 3 visitatori. A proposito, "secondo i concetti di molti curiali i visitatori
procedevano «molto rigorosamente» tanto che in alcuni casi dette ordine di procedere all'arresto dei
parroci” (von PASTOR L. F., Storia dei Papi, cit., VIII, p. 127). Sul Binarini, infine, si veda
anche L. JADIN, Binarini, Alfonso-Maria, in DHGE, VIII, coll. 1498-1499; von PASTOR
L. F., Storia dei Papi, cit., IX, pp. 51-59; MORONI, 99, p. 172. Infine, sulla partecipazio-
ne del vescovo diocesano di Sutri e Nepi, mons. Girolamo Gallarati al Concilio di
46 Dio fa casa con l’uomo

Ma tralasciando, per il momento, questi altri pur importanti


documenti, vale la pena di focalizzare la nostra attenzione sulla bolla
“Piis et honestis”105, di cui presso l’Archivio Storico Parrocchiale di Ca-
pranica viene conservata una copia106.
Questa deve risalire molto probabilmente all’ultimo quarto
del sec. XVIII, cioè a quel periodo di dura contrapposizione, anche le-
gale, in cui sfociò la rivalità tra i cleri di Santa Maria e di San Giovanni
per la supremazia delle rispettive chiese, allorché ognuno dei due ca-
pitoli cercò di produrre quanti più argomenti possibili a favore della
propria tesi di primazialità. Il capitolo della chiesa di San Giovanni
dunque, da sempre sostenitore della tesi che quella propria fosse la
chiesa matrice di Capranica, deve averne commissionata la ricerca
presso l’Archivio Segreto Vaticano, magari incaricando della cosa
qualche agente romano. Il copista107 infatti, in alto a sinistra del do-
cumento annota diligentemente la segnatura archivistica: Reg. Lat. ex
lib: X: Bonifacij IX fol. 159 anno 11, e se avesse prodotto la copia diret-
tamente dall’originale non avrebbe avuto senso che ne avesse riporta-
ta anche la collocazione d’archivio. Dal controllo dell’esattezza di
questa segnatura poi108, è emerso che quella moderna è: Reg. Lat., 72,
ff. 157r-v (olim 159r-v) e che, pertanto, una volta i ff. 157r-v corrispondeva-
no ai ff. 159r-v, ovvero a quelli indicati sulla copia.

Trento, v. DE MARCHIS D., «Girolamo Gallarati, Vescovo di Sutri, e i suoi interventi


al Concilio di Trento», Rivista di Storia della Chiesa in Italia, LI (1997), pp. 97-142.
105 Della bolla si dà la trascrizione in APPENDICE, doc. I
106 L’Archivio Storico Parrocchiale di Capranica (ASPC) è stato di recente

ordinato e classificato dal Dott. Claudio Canonici, responsabile della diocesi di Civita
Castellana del progetto di conservazione e classificazione degli archivi ecclesiastici.
Contiene i documenti relativi alle due parrocchie di Santa Maria Assunta e di San
Giovanni Evangelista e numerosi documenti di varie confraternite laicali. A tutt’oggi,
purtroppo, non è stato ancora pubblicato il catalogo dell’Archivio. Tuttavia nel no-
vembre del 1995 materiale significativo dell’Archivio è stato messo in mostra presso
la Sala Nardini e di tale mostra è stato pubblicato il catalogo in CANONICI C. - SAN-
TONI P., Parrocchie, Chiese e Confraternite, cit..
107 A nostro parere, la copia conservata in archivio, per somiglianze di calli-

grafia, è stata redatta dal canonico Vincenzo Scagliosi, che fu anche segretario capito-
lare.
108 Per cui si ringraziano il vice-prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, Don

Ugo Paolo o.s.b.silv., e il segretario dott. Luca Carboni.


Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 47

Il documento, inoltre, viene ricordato anche da vari storici


locali in margine a ricerche sulle chiese o sulle opere d’arte caprani-
chesi.
Trento Morera, in Capranica nella storia e nell’arte (Roma 1994),
cita per due volte la bolla quando parla delle chiese di San France-
sco109 e di San Giovanni110. Tuttavia, se nel primo caso riporta la data
del 23 ottobre 1400, nel secondo la stessa diventa 13 ottobre 1400. E
a parte, comunque, le due diverse datazioni – sicuramente attribuibili
ad un errore di stampa – c’è da registrare invece che in entrambi i casi
intitola il documento “Dilectis filiis”. E questa volta erra, perché assu-
me come titolo l’inizio della formula di saluto (Dilectis filiis fratrum mi-
noris…), anziché il vero e proprio incipit del documento, ovvero
l’exordium (Piis et honestis…).
Anche mons. Pacifico Chiricozzi111, nel suo Le chiese di Capra-
nica (Roma 1983), cita il documento quando tratta della chiesa di San
Francesco112 e delle origini della vecchia chiesa di San Giovanni
Ev.113. Ne riporta la data (19 ottobre 1400)114, il Papa che l’ha emana-

109 MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit., p. 51


110 MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit., p. 75
111 Mons. Pacifico Chiricozzi, sacerdote diocesano e storico della diocesi

[Ronciglione, 11 settembre 1918 – 16 luglio 1998]. Frequenta il Ginnasio nel Semina-


rio Vescovile, a Sutri il Liceo e, nel Pontificio Seminario Regionale di Santa Maria
della Quercia, la Teologia. Ordinato sacerdote il 20 luglio 1941, iniziò come vicepar-
roco ad Anguillara Sabazia. Passò presto a Capranica dove divenne parroco della
chiesa di Santa Maria Assunta durante la Seconda Guerra Mondiale e fino al 1951.
Nello stesso anno diviene parroco di Santa Maria della Pace, in Ronciglione. Studioso
di arte sacra e di storia locale, ha scritto numerosi libri sulla storia della diocesi, so-
prattutto delle chiese e delle feste. Su Capranica ha scritto i libri Le chiese di Capranica,
Roma 1983; Maria Santissima delle Grazie, Roma s.d. (1983?); San Terenziano, Roma
1985 (già edito nel 1945); Maria Madre di Misericordia, Ronciglione 1987. Sulla Diocesi
di Sutri e Nepi ha invece prodotto la monumentale opera, Le chiese delle Diocesi di Sutri
e Nepi nella Tuscia Meridionale, Grotte di Castro 1990 (CECCARINI F.,
«http://ospiti.thunder.it/encyclocapranica/personaggi/c.htm»).
112 CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 58
113 CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 62
114 Anche il Chiricozzi erra la data, poiché quella esatta è il 23 ottobre 1400

cui corrisponde esattamente la data romana del X kal. Novembris. Per il computo del
tempo e le corrispondenze tra calendario giuliano e romano v. CAPPELLI A., Cronolo-
gia, cronografia e calendario perpetuo dal principio dell'era cristiana ai nostri giorni, Milano
19987, in particolare, per quel che riguarda la data che a noi interessa, cfr. p. 28.
48 Dio fa casa con l’uomo

ta (Bonifacio IX), e la motivazione: l’incolumità fisica dei canonici che


rischiavano la loro vita uscendo dal castello per andare a officiare a
San Lorenzo115. Subito dopo aggiunge poi la notizia di un breve apo-
stolico del papa Eugenio IV, intitolato “Piis et honestis”, che
nell’undicesimo anno del suo pontificato sanciva di fatto quanto da
tempo già si verificava, ovvero che la Chiesa di San Giovanni fosse
officiata da un capitolo di canonici, e che quella di San Lorenzo fosse
concessa all’ordine francescano dei frati minori. Ma questa notizia il
Chiricozzi la cita prendendola in toto da Bonaventura Theuli, di cui
riporta in appendice l’intero capitolo X riguardante le notizie storiche
sul convento di Capranica, senza avvedersi degli errori in cui lo stesso
Theuli incorre. Questi infatti, citando a sua volta il Wadding116, che
negli Annales minorum riporta integralmente il documento117, erra una
prima volta affermando che si tratterebbe di un breve, quando lo
stesso Wadding lo dice senz’altro una bolla118, e una seconda quando
incorre nella grossolana inesattezza storica di affermare che il docu-
mento di papa Eugenio IV, il cui pontificato cade tra il 1431 e il 1447,
sarebbe stato perorato dai Conti gemelli Francesco e Nicola, ignoran-
do, evidentemente, che questi fossero morti e sepolti già da tempo119.
Particolare che sicuramente conosceva il Wadding, essendo stato
guardiano del convento della Madonna del Piano120, e che passa inve-

115 Cfr. APPENDICE, doc. I, Bolla “Piis et honestis”: «…tamen Archipresbyter, et

Canonici ipsius Ecclesiae, a longis retroactis temporibus, propter guerrarum turbines,


et alias calamitates, quae in partibus illis, praeteritorum temporum causante malitia,
diutius viguerunt, in eadem Ecclesia residentiam non fecerunt…»
116 Cfr. THEULI B., Apparato minoritico della provincia di Roma, annotato e ag-

giornato dal p.m. A. Coccia (titolo della coperta: La provincia romana dei Frati Minori
Conventuali dall'orgine ai nostri giorni), Roma 1967, p. 72, nota 2
117 Annales Minorum, t. IX, pp. 566-567, doc. XLI
118 Annales Minorum, t. IX, p. 312: «Anno Christi 1400 - Bonifaci IX. Anno 11.

- Wenceslai Imp. Anno 22 et 23 - Religionis minorum anno 193. Conventus Caprani-


cae. Licentiam impertiit Ministro et Fratribus provinciae Romanae admittendi Eccle-
siam Sancti Laurentii, extra muros Castri Capranicae, Sutrinae Diocesis, alias Colle-
giatam, sed propter bella derelictam, quam offerebant Franciscus et Nicolaus Comi-
tes Anguillariae Ecclesiae patroni, et Castri Domini, ut prope eam Fratrum construe-
retur domilicium: Ita factum sub nomine Sanctae Luciae scribt Rodulphus: Bulla
incipit: Piis et honestis supplicum votis, X Kalendas Novembris»
119 Rispettivamente nel 1406 e nel 1408
120 Cfr. BALDUCCI G.B., Cenni storici sul santuario e convento della Madonna del Pia-

no a Capranica, Roma 1924, pp. 23ss.


Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 49

ce completamente inosservato al Chiricozzi, caduto così nell’errore di


avallare quanto affermato dal Theuli.
E la copia del documento conservata presso l’Archivio Segre-
to Vaticano non lascia dubbio alcuno che si tratti in realtà di una bol-
la, data a Roma, in San Pietro, il 23 ottobre del 1400, da papa Bonifa-
cio IX, il cui titolo è “Piis et honestis” 121.

Il contenuto del documento, al di là di quanto finora detto,


offre poi l’occasione per fare alcune considerazioni che vale la pena di
affrontare, poiché si collocano, a nostro parere, su un piano di assolu-
ta novità nel quadro delle ricerche storiche su Capranica.

L’EPOCA DELLA FONDAZIONE DELLA CHIESA

Nel 1400, l’anno in cui è spedita la bolla “Piis et honestis”, la


Chiesa di San Giovanni doveva esistere già da qualche decina d’anni,
forse dalla prima metà del Trecento. Non si può ragionevolmente
immaginare, infatti, che la Chiesa abbia acquistato nel giro di qualche
anno l’importanza necessaria per meritare di essere elevata a collegia-
ta. La Chiesa di Santa Maria, ben più antica, avrebbe aspirato a questa
dignità con più diritto. E il fatto che durante il XIV sec. non risultino
contratti di affitto di beni di proprietà della Chiesa di San Giovanni
non dimostra assolutamente che essa ancora non esistesse122. Il bel
campanile romanico che è stato fortunatamente conservato all’epoca
della demolizione della vecchia chiesa infatti, viene datato dal Serafini
al sec. XIII sulla base di somiglianze stilistiche con quello della catte-
drale di Sutri, consacrata nel 1207 da papa Innocenzo III123. E se solo

121 ASV, Reg. Lat., 72, ff. 157r-v (olim 159r-v)


122 Cfr. P. MASCIOLI, Le campagne, cit., pp. 9-89. In particolare, cfr. TABELLA
XII – Contratti stipulati dagli enti ecclesiastici e ospedalieri, pp. 81-83.
123 Cfr. SERAFINI A., Torri campanarie, cit., p. 234: «La maestranza che ha lavo-

rato nelle ornamentazioni a trilobo applicate alle trifore e quadrifore del campanile
della cattedrale di Sutri, ha lasciato un seguito a cui dobbiamo la torre campanaria
(fig. 588) del San Giovanni Battista della prossima Capranica. Si tratta di una torre
assai alta in proporzione alla sua grossezza, a cinque piani di fenestre, stranamente
cuspidata, e con quei caratteri alquanto imprecisi, che sono proprii di un’arte romani-
ca ritardataria e strettamente locale. Le fenestre – deturpatissime – erano già distribui-
te sino dalla origine in maniera abbastanza irregolare, e in quelle dei piani superiori si
nota l’incertezza nella scelta tra l’arco a pieno centro e l’arco acuto. Anche
50 Dio fa casa con l’uomo

fosse possibile confermare quanto ipotizzato dallo stesso autore, ci si


potrebbe addirittura spingere nella datazione della chiesa di San Gio-
vanni, sicuramente coeva al campanile, alla prima metà del sec. XIII,
ben prima, quindi, di quanto è possibile fare con i soli documenti.
Inoltre, va altresì rilevato che nel Catasto Rustico del 1434, la
chiesa risulta proprietaria di numerosi beni, così da rendere difficil-
mente ipotizzabile che tanti immobili li abbia accumulati nel trenten-
nio circa che intercorre dal momento della sua elevazione a collegiata
a quando viene formato il Catasto124.
Alla data della bolla di Bonifacio IX, dunque, la chiesa di San
Giovanni doveva esistere già da un pezzo, poiché dalla stessa risulta
che fino a quel momento essa era dipendente da quella di San Loren-
zo125. San Giovanni doveva essere, quindi, una semplice ecclesia parro-
chialis affidata a un presbiter rector contemporaneamente canonico della
collegiata di San Lorenzo, per cui è anche logico, quindi, che non
compaia mai nei protocolli notarili riguardanti affitti di beni ecclesia-
stici, spettando alla chiesa matrice il titolo di comparire negli atti.

SAN GIOVANNI CHIESA CASTRALE

Poiché gli Anguillara nella loro petizione al papa Bonifacio IX


indicano la chiesa di San Giovanni, e non un’altra, per trasferirvi il ti-

l’ornamentazione esterna degli architravi nelle fenestre – si è sempre avanti lo stesso


metodo costruttivo – risentì gli effetti di uguale incertezza, ma, non ostante qualche
timido accenno a motivi gotici, il suo insieme non esce dai confini delle concezioni
romaniche». Sulla consacrazione della cattedrale di Sutri, Santa Maria Assunta, vedi
NISPI-LANDI C., Storia dell'Antichissima città di Sutri, cit., p. 565; CHIRICOZZI P., La
cattedrale di Sutri “S. Maria Sutrina”, Roma 1982, p. 22; APOLLONJ-GHETTI B.M., «No-
tizie su tre antiche chiese in quel di Sutri: la Cattedrale, S. Michele Arcangelo (la Ma-
donna del Parto), S. Fortunata», Rivista di archeologia cristiana, LXII (1986)6, p. 74.
124 Sul Catasto Rustico del 1434, vedi nota n. 71 a anche A. CORTONESI, Col-

ture e proprietà fondiaria nella Capranica d’inizio Quattrocento. Prime ricognizioni, in, AA. VV.,
Capranica medievale, cit., pp. 107-123. Nel Catasto, però, non risultano per dichiarazio-
ne diretta i beni degli enti ecclesiastici. Questi è possibile desumerli dalla lettura delle
dichiarazioni dei singoli proprietari laici, quando definiscono le loro proprietà indi-
candone l’ubicazione (la contrada) e i confinanti. Tra questi, appunto, sono nominate
spesso le chiese capranichesi.
125 Cfr. APPENDICE, doc. I, Bolla “Piis et honestis”: «…sed in Ecclesia sancti Jo-

annis infra dictum castrum sita, et ab eadem Ecclesia sancti Laurentii dependente per
ipsos Archipresbyterum, et Canonicos divina officia peraguntur…».
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 51

tolo di collegiata fino ad allora appartenuto a quella di San Lorenzo,


potrebbe dimostrare, a nostro parere, la loro signoria sulla stessa e,
forse, un loro fondamentale ruolo nella sua fondazione. Va sottoline-
ato, infatti, come gli Anguillara non furono estranei nella fondazione
di nuove chiese o alla ristrutturazione di esistenti. E’ dibattuta l’ipotesi
che già verso la fine del secolo XIII, essi avrebbero contribuito alla
fondazione della chiesa di San Francesco a Ripa, in Trastevere126.
Inoltre, nella bolla è chiaramente affermato sia che gli Anguil-
lara possedevano uno jus patronato nella chiesa di San Lorenzo127, sia
che l’elevazione a collegiata di quella di San Giovanni si dovette al lo-
ro interessamento presso il pontefice128. Per cui, quindi, si potrebbe
pensare che essi vantassero diritti contemporaneamente su entrambe
le chiese. E con il trasferimento della sede dell’arcipretura da San Lo-
renzo a San Giovanni, si ebbe non soltanto l’elevazione a collegiata di
quest’ultima, ma anche lo spostamento della sede della castellania ec-
clesiastica. Per cui, all’alba del xv sec., San Giovanni divenne la nuova
chiesa castrale del borgo, succedendo in questo ruolo, a San Lorenzo

126 Cfr. CAROCCI S., Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel

Duecento e nel primo Trecento, Roma 1993, p. 304. L’A. ritiene dubbia la tradizione se-
condo cui Pandolfo I di Anguillara, nel 1229, avrebbe fondato San Francesco a Ripa.
Tuttavia, poiché l’origine della tradizione sarebbe da attribuire ad alcuni affreschi -
oggi perduti, ma descritti da un manoscritto cinquecentesco, in cui sarebbe stato raf-
figurato un cavaliere nell’atto di offrire a San Francesco le armi degli Anguillara - at-
tribuiti dal Vasari al Cavallini, attivo a Roma solo verso la fine del XIII secolo, a que-
sto periodo, ammesso che si sia effettivamente verificato, andrebbe collocato
l’intervento di qualcuno dei Conti di Anguillara nella fondazione della chiesa. Anche
CUSANNO A.M., «Contributo alla conoscenza dell'originario complesso edilizio degli
Anguillara in Trastevere», Bollettino d’Arte, Serie VI - LXXV (1990), p. 75, è del parere
del Carocci, portando l’argomentazione che “sembra d’altra parte improbabile che il conte
Pandolfo in questione possa essere Pandolfo I di dichiarata fede ghibellina, a meno che non si voglia
ipotizzare una conversione in età senile”. Inoltre la vita di Pandolfo II degli Anguillara ha
corrispondenza cronologica con la presenza di Pietro Cavallini a Roma, che affrescò
San Francesco a Ripa. Pandolfo II era marito di Giovanna di Gentile Orsini, nipote
di papa Niccolò III, protettore dell’Ordine Francescano dal 1263 al 1278 e sorella del
successivo protettore, il cardinal Matteo Rosso Orsini, che ricoprì questo incarico dal
1278 al 1305.
127 Cfr. APPENDICE, doc. I, Bolla “Piis et honestis”: «…quam querunt ad B.

Fanciscum Confessorum desiderant Ecclesiam S. Laurentii predictum quae de Jus


Patronatus ipsorum Comitum exsistis vobis assignare…»
128 ivi: «…sane petitio pro parte Dilectorum Filiorum Nobilium virorum

Francisci, et Nicolais, Comitum Anguillariae…»


52 Dio fa casa con l’uomo

che, molto probabilmente, era succeduta a sua volta alla chiesa di San-
ta Maria.
Da questo punto di vista, infatti, va ulteriormente ricordato
come durante il XIV sec., nei documenti ufficiali permangano con-
temporaneamente i toponimi Castrum novum e Castrum vetus, e che que-
sto fatto potrebbe essere il segno di un incastellamento avvenuto in
tappe e tempi diversi, per cui al primo castello ecclesiastico, primiti-
vamente incentrato sulla pieve di San Pietro e spostatosi successiva-
mente a Santa Maria, potrebbe aver seguito l’altro più recente, forse
legato proprio alla venuta a Capranica degli Anguillara, che aveva co-
me sede San Lorenzo, il quale sostituì , di fatto, quello più antico. Ab-
biamo visto altrove, infatti, come non fosse un controsenso che la
chiesa matrice fosse ubicata fuori dalla cinta muraria129.
Tra l’altro è da considerare ancora come la bolla assegni alla
chiesa di San Lorenzo un territorio parrocchiale che va dalla «…Porta
S. Antonii usque ad Pontem juxta Roccam dicti Castri existenti…»130.
Ciò significa, benché la chiesa di San Lorenzo fosse ubicata extra mu-
ros del castello, che l’attuale borgo percorso dal Corso Francesco Pe-
trarca esisteva già, in qualche modo, nel 1400131, magari con una cinta
muraria più modesta in cui certamente si apriva la Porta
Sant’Antonio.
Pertanto, nel 1400 Capranica poteva essere conformata con
un borgo più antico, interno, che occupava il promontorio dal Ponte
levatoio della Rocca fino alla chiesa di San Pietro e da un altro borgo,
esterno, che occupava la spianata intorno alla chiesa di San Lorenzo
fino alla porta di Sant’Antonio132. Questa conformazione urbanistica

129 Cfr. infra § 2.1.


130 Cfr. APPENDICE, doc. I, Bolla “Piis et honestis”
131 E’ interessante rilevare come LUTTRELL A., Capranica before 1337, cit., p.

14, ipotizzò tale eventualità notando che il borgo di Capranica mancava di una piazza
del mercato, tipica invece di quasi tutti i borghi medievali, e che questa poteva essere
ubicata nel borgo di fuori, di fronte alla chiesa di San Lorenzo.
132 Per quanto riguarda la Porta Sant’Antonio, cfr. MORERA G., Capranica vista

da vicino, Roma 1987, p. 94; MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit., pp. 39-40.
In MARTINORI E., Via Cassia (antica e moderna) e sue deviazioni, Roma 1930, p. 38 è ri-
portata la lapide che è stata posta a ricordo del nuovo assetto della porta, voluto nel
1641 da papa Urbano VIII, Barberini: URBANO VIII PONT. MAX – CAPRANICA – VIAE
CASSIA SIBI RESTITVTAE – PVBLICO AVCTA CVRSV – BENEFACTORI – ANNO SAL.
MDCLI.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 53

spiegherebbe, quindi, anche la differenziazione tra Castrum Vetus e


Castrum Novum esistente nel Catasto Rustico del 1434, finora sempli-
cemente attribuita alle differenti epoche costruttive del borgo intra
muros del castello (più antica per quello verso le chiese di Santa Maria
e San Pietro, più recente per la parte che va dalla Piazza VII luglio alla
rocca), ma in realtà da assegnare ai due borghi in cui sembra essere
stata divisa Capranica.

GLI ANGUILLARA E LA LORO SIGNORIA SU CAPRANICA

La bolla nomina più volte i conti di Anguillara definendoli


signori di Capranica. Ora, se fosse vero quanto affermano più autori,
che questi usurparono tale signoria133, sembrerebbe un controsenso
che il papa commettesse l’errore – a meno che non fosse costretto –
di avallare con un documento ufficiale tale stato di cose.
Siamo quindi del parere che, almeno in questo periodo stori-
co, essi fossero a pieno titolo feudatari di Capranica. Se infatti gli An-
guillara avessero usurpato quel feudo, dal momento che nulla di scrit-
to prova la loro effettiva signoria su di esso, perché, viceversa, non si
rammenta null’altro, sempre di scritto, che affermi il contrario? Che
affermi, cioè, che essi non ne erano stati ufficialmente investiti? E se
gli Anguillara usurparono Capranica, come devono essere letti alcuni
piccoli episodi che si verificarono durante il XIV sec., in cui Capranica
appare come un feudo fedele alla chiesa e gli stessi conti come suoi
paladini?
Il 13 agosto 1323, da Avignone, Giovanni XXIII scrive ad al-
cuni comuni e signori del Patrimonio affinché aiutino il rettore nella
guerra contro i ribelli. Nell’elenco dei signori a cui è rivolto l’invito
sono menzionati i “dil. Filiis nobilibus viris Pandulfo [et] Francisco comitibus
Anguoallare”, segno questo della loro indubbia fede guelfa134.
Nel maggio del 1354, durante la guerra di restaurazione con-
dotta dall’Albornoz contro Giovanni di Vico, il vescovo di Viterbo fu
costretto a risiedere a Capranica, da dove il 20 e il 21 di quel mese
mandava rifornimenti di cibo alle truppe ecclesiastiche assedianti Vi-

133 Vedi, in proposito, quanto già detto infra cap. I, § 1.3.5.


134 Cfr. ANTONELLI G., «Vicende della dominazione pontificia», cit., XXVII
(1904), pp. 331-333, doc. VIII.
54 Dio fa casa con l’uomo

terbo135. E poiché in quell’anno Capranica era posseduta dal conte


Giovanni, primo esponente del ramo della famiglia detto di Anguillara
e Capranica, è evidente che sia il castello che i conti, fossero fedeli alla
Chiesa.
Una generica menzione dei conti di Anguillara è contenuta al-
tresì nella Nomina Baronum et Nobilium de Provincia Patrimonii, ovvero
nella lista dei baroni che erano tenuti a partecipare al Parlamento di
Montefiascone, convocato dall’Albornoz nel 1354 per ricevere il so-
lenne giuramento di fedeltà alla chiesa136. E il 30 settembre di
quell’anno, Giovanni Comes de Anguillaria promette fedeltà al rettore
Giordano Orsini pro illis terris suis que sunti in provincia patrimonii137, tra
cui, dal 1346, è Capranica. Ma dal momento che in quello stesso giu-
ramento di fedeltà ogni barone prometteva anche di denunciare al ret-
tore i possessori di quei feudi che erano usurpati alla chiesa entro il
termine di un mese, risulta sinceramente difficoltoso il pensare che i
conti degli Anguillara venissero a Montefiascone a promettere una
cosa che non potevano assolutamente promettere se essi stessi fosse-
ro stati passibili di essere denunciati e se la loro posizione nei con-
fronti della chiesa non fosse stata più che legale138.
Pertanto, se nella bolla “Piis et honestis” è detto esplicitamente
che «…il castello di Capranica è soggetto al dominio temporale dei
conti di Anguillara…»139, ciò significa che essi, nel 1400, dovevano
esserne a tutti gli effetti i legittimi feudatari.

135 Cfr. ANTONELLI G., «Vicende della dominazione pontificia», cit., ASRSP,
XXVII (1904), p. 133.
136 Cfr. FABRE P., «Un registre cameral du cardinal Albornoz en 1364», Mélan-

ges d'Archéologie et d'Histoire, VII (1887), pp. 156-157


137 Cfr. FABRE P., «Un registre cameral», cit., p. 159
138 Cfr. FABRE P., «Un registre cameral», cit., p. 161: «Item promiserunt jura,

et possessiones, et bona Romane ecclesie existentia in Provincia dicti Patrimoni, per


eos seu alium vel alios, non superapprehendere et occupare, non suffocare, et appre-
hensa, suffocata, et occupata per eos, restituere infra unum mensem proximo secutu-
rum, et ab aliis apprehensa et occupata dicto domino Rectori vel suis successoribus et
Curie denuntiare infra terminum supradictum»
139 Cfr. APPENDICE, doc. I, Bolla “Piis et honestis”: «…nobilium virorum Fran-

cisci et Nicolai Comitum Anguillariae (…) castri Capranicae, Sutrin. dioecesis, quod
quidem castrum ipsorum Comitum dominio temporali subjectum…»
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 55

IL TITOLO A SAN GIOVANNI EVANGELISTA

Non abbiamo notizie certe circa il motivo per cui sia stato
scelto San Giovanni Evangelista, la cui festa ricorre il 27 dicembre,
come santo titolare della chiesa. Tuttavia, la bolla “Piis et honestis” par-
la semplicemente di chiesa di San Giovanni omettendo sempre la
menzione di Evangelista. Anche da questo punto di vista, quindi, vo-
gliamo affrontare qualche considerazione su un campo fin qui prati-
camente inesplorato, che persino la pregevole opera del Chiricozzi,
quasi sottovaluta nella parte in cui tratta delle feste e del culto della
collegiata capranichese140.
In tutto il territorio della diocesi di Civita Castellana, che è il
frutto della fusione della diocesi di Civita Castellana, Orte e Gallese
con quella di Sutri e Nepi avvenuta il 15 febbraio 1986, il titolo a San
Giovanni Evangelista non compare per nessuna chiesa parrocchiale
tra le 77 esistenti, fatta eccezione per la nostra. Se, poi, l’ambito di
una tale ricerca si restringe ancora all’area dell’antica diocesi di Sutri e
Nepi, la situazione non cambia certamente in meglio. Esistono tutta-
via alcune chiese parrocchiali intitolate a San Giovanni Battista so-
prattutto nel territorio della vicaria di Campagnano Romano (a Cam-
pagnano Romano, a Magliano Romano, a Morlupo e a Sacrofano), e
una nel territorio braccianese (a Manziana). A Civita Castellana esiste
invece una chiesa parrocchiale intitolata a San Giovanni Decollato (e
quindi, in pratica, al medesimo San Giovanni Battista)141. Titoli di
chiese non parrocchiali riferiti a San Giovanni (ma non direttamente
ed esplicitamente a San Giovanni Evangelista, anche se probabilmen-
te comunque riferibili all’apostolo), si trovano nei territori di Bassano
Romano (chiesa di San Giovanni Apollo), di Campagnano Romano
(chiesa di San Giovanni della Treggia, domus culta142, datata al secolo

140 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., pp. 73-74.


141 Cfr. CHIRICOZZI P., Le principali chiese della Diocesi lungo i secoli, in, La nostra
diocesi nel 50mo di sacerdozio del Vescovo S.E. mons. Marcello Rosina (1936-1986), ed. Chiri-
cozzi P. – Palazzi O., Civita Castellana 15 giugno 1986..
142 Sulle domusculte, cfr. nota n° 5.
56 Dio fa casa con l’uomo

IX), di Formello (chiesa di San Giovanni, secolo XIV) e di Nepi (San


Giovanni, secolo XVI) 143.
Come si vede, dunque, il culto di San Giovanni Evangelista
nel territorio di quella che era la diocesi di Sutri e Nepi, non risulta
particolarmente diffuso e radicato. Allora come è possibile che questo
culto sia arrivato a Capranica? Mons. Pacifico Chiricozzi a questo
proposito afferma: «…ci sfuggono ancora le ragioni particolari per le
quali è stato scelto questo titolo per la seconda chiesa castrale del cre-
sciuto castello, e che poi per le vicende successive, divenne chiesa
principale con il titolo di Collegiata e con la qualifica di Arcipretu-
ra»144.
La situazione diocesana del culto a San Giovanni Evangelista,
rispecchia comunque quella dell’Occidente cristiano, dove può vanta-
re titoli a chiese importanti, tra i quali la cattedrale di Roma, San Gio-
vanni in Laterano145, ma trova sicuramente una diffusione minore di
quello degli altri apostoli.
Tra l’altro, va ricordato che nelle altre chiese capranichesi a-
perte al culto e in quelle ormai chiuse da tempo, non risulta esistente
alcun altare dedicato a San Giovanni Evangelista. Né si conosce
l’esistenza di immagini del santo in una di queste. Anzi, da questo
punto di vista, è davvero singolare come nel 1574 il visitatore aposto-
lico non abbia trovato immagini di San Giovanni Evangelista nella
chiesa a lui intitolata, tanto che dovette ordinare di farne una e di po-
sizionarla sopra la porta d’ingresso146. Si potrebbe supporre, quindi,
che il culto di San Giovanni Evangelista non sia nato dalla spontanea
devozione popolare, ma, viceversa, sia stato in qualche modo come
portato dall’esterno e trapiantato in una comunità che aveva già una
consolidata tradizione in fatto di santi protettori, tant’è che non ha
trovato molto spazio per attecchire.

143 Cfr. CHIRICOZZI P., Le principali chiese della Diocesi, cit., pp. 108-109.
144 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 72.
145 Cfr. BSS, VI, coll. 788-789. Il titolo ufficiale della cattedrale di Roma è Ba-

silica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista al Latera-
no (cfr. Roma Sacra, n° 19, VI, settembre 2000)
146 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 65. Nella visita pastorale del Vescovo

diocesano S.E. Card. Savo Mellini del 1696, invece, l’immagine esiste ed è posizionata
sopra l’altare maggiore (cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 66).
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 57

Si pensi infatti al culto del patrono San Terenziano. Parte del-


le sue reliquie furono portate a Capranica come bottino di guerra dal
conte Pandolfo II dell’Anguillara dopo la conquista di Todi nel
1260147. Ed è probabilmente la presenza delle reliquie del santo e la
sua fama taumaturgica che, all’epoca della scelta dei santi patroni, tra
il secolo XIII e il secolo XIV, dovettero portare i capranichesi a pro-
clamarlo a voce di popolo, come tradizione orale vuole, patrono di
Capranica148. Le sue reliquie, al loro arrivo nel borgo, furono
conservate nella chiesa di Santa Maria nell’attesa che gli fosse dedicata
una chiesa. La differenza tra il culto di San Terenziano e quello di San
Giovanni Evangelista è quindi evidente e indurrebbe a far presumere,
dunque, che la chiesa di San Giovanni Evangelista non sia stata innal-
zata per devozione al santo dalla comunità capranichese, bensì diret-
tamente dai conti di Anguillara, signori di Capranica.
Se, infatti, la chiesa fosse stata costruita per devozione popo-
lare, perché non sarebbe stata intitolata a San Terenziano?
E come si spiega, infine, la presenza di chiese genericamente
intitolate a San Giovanni in quelli che furono i feudi e possedimenti
della famiglia Anguillara? A Bassano Romano, Magliano Romano,
Campagnano di Roma149, Vetralla esistono chiese non parrocchiali
risalenti al XIV sec., ovvero più o meno contemporanee della nostra
collegiata, intitolate al santo evangelista a cui, forse, la potente fami-
glia fu particolarmente devota150.

147 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 93, nonché, CHIRICOZZI P., San Teren-

ziano V. M. Patrono di Capranica, Roma 1985, nuova edizione, pp. 27-28


148 Cfr. CHIRICOZZI P., San Terenziano, cit., p. 28
149 CHIRICOZZI P., Le Chiese delle Diocesi di Sutri e Nepi nella Tuscia Meridionale,
Grotte di Castro (Vt) 1990, passim
150 Da questo punto di vista è bene ricordare che lo stesso conte Everso deve

essere stato in qualche modo devoto al culto di San Giovanni dal momento che, co-
me afferma l’Adinolfi (ADINOLFI P, Roma nell’età di mezzo, Roma 1881, pp. 264-265)
Everso lasciò per testamento la somma di 1.000 ducati d’oro a favore dell’Ospedale e
della Compagnia di San Giovanni al Sancta Sanctorum (cfr. anche il testamento di
Everso in ADINOLFI P, Laterano e Via Maggiore, cit., pp 133-139, doc. IV).
58 Dio fa casa con l’uomo

§ 2.3 – Come era fatta la vecchia chiesa di San Giovanni?

La vecchia chiesa di San Giovanni Evangelista doveva essere


un piccolo gioiello di architettura romanica. Le visite pastorali e le
carte conservate presso l’Archivio Parrocchiale ci consegnano una sua
descrizione abbastanza dettagliata, cosicché possiamo ricostruire in
qualche modo le sue fattezze originali. In particolare, grazie alla visita
pastorale del 1696151 del vescovo diocesano Card. Savo Mellini152,
siamo in grado di conoscere con sufficiente precisione le sue
dimensioni. La larghezza della chiesa sulla facciata era di circa 11,25
mt. (45 palmi); la lunghezza complessiva, dalla via pubblica alla rupe,
di circa 16,50 mt. (66 palmi). Aveva tre navate di una lunghezza di
circa 11,00 mt. (44 palmi), che si concludevano nel presbiterio,
sopraelevato di qualche gradino dalla navata stessa. In effetti,
considerando che nel resoconto della visita viene specificato che la
lunghezza del presbiterio non comprende quella dei gradini che dalla
navata centrale conducevano allo stesso, la chiesa dovrebbe aver
raggiunto una lunghezza complessiva di circa 17/18 mt.. Le navate
minori erano separate dalla nave maggiore da quattro colonne di
pietra, due per parte. Il presbiterio, inoltre, era leggermente più largo
delle tre navate, misurando infatti circa 13,50 mt. (54 palmi).
La chiesa, quindi, non era molto grande, anzi, era tanto pic-
cola che “…il Clero occupa la metà della pnte Chiesa Collegiata, benché vi stia
confusam.e senza poter ciascuno avere il suo proprio Stallo, e restando poco sito p.

151 CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., pp. 66-67


152 Savo Millini, romano, all’età di 31 anni è promosso all’ordine del subdia-
conato, diaconato e presbiterato, rispettivamente il 17 e il 31 marzo 1668 e il 18 no-
vembre 1668. Nel 1663 cosegue il dottorato in diritto alla Sapienza. Arcivescovo di
Cesarea (in partibus infidelium) dal 17 giugno 1675, il 28 dello stesso mese è nominato
assistente al soglio pontificio. Creato cardinale di S.R.E. il 1° settembre 1681 da papa
Innocenzo XI con il titolo di Arcivescovo di Cesarea, dal 22 dicembre dello stesso
anno è nominato vescovo di Orvieto. Il 12 agosto 1686 è trasferito al titolo cardinali-
zio di Santa Maria del Popolo e successivamente, il 12 dicembre 1689, a quello di San
Pietro in Vincoli. Vescovo di Sutri e Nepi dal 17 maggio 1694, muore il 10 febbraio
1701. Devoto di San Pio V (il francescano Michele Ghisleri, già suo predecessore
nell’episcopato sutrino e nepesino), donò al capitolo della Collegiata di San Giovanni
una reliquia del Santo ed avanzò la richiesta di nominarlo co-patrono di Capranica
insieme a San Terenziano (cfr. HC, V, pp. 11, 286 e 398).
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 59

il Popolo, e quello che rimane in Strada cagiona non poca indecenza, e distrazio-
ne”153.
Ma la relazione datata 8 agosto 1797 a firma dei capimastri
sutrini Gaetano Larabelli e Stefano Bisconti, allegata alla supplica a-
vanzata dal Capitolo di San Giovanni alla Sacra Congregazione dei
Vescovi e Regolari per domandare la sospensione della chiesa a causa
del suo stato di precarietà statica154, ci consegna ben altre misure, rive-
lando una chiesa tutt’altro che piccola. Secondo i due capimastri la
navata misurava infatti 92 palmi di lunghezza e 58 di larghezza, men-
tre il presbiterio, 25 di larghezza e 58 di lunghezza, per una lunghezza
complessiva di palmi 117 (ovvero, metri 29,25): più o meno le stesse
dimensioni di Santa Maria155.
Nella facciata principale, prospiciente la via pubblica, detta via
di mezzo, aveva tre entrate e su ognuna di esse una finestra. Sopra alla
porta centrale molto probabilmente non vi era un rosone poiché il
redattore del resoconto della visita non specifica la forma di tale fine-
stra limitandosi soltanto a registrarne l’esistenza (come fa invece per
quella di Santa Maria di cui dice che è rotonda156). Secondo alcuni, il
portale della chiesa doveva essere quello attualmente esistente presso
l’Ospedale Civico di San Sebastiano in corso Francesco Petrarca, an-
che se non è di nostra conoscenza alcun documento che attesti con
certezza tale eventualità157. Ai lati dell’altare maggiore erano anche

153 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f 238r – 12 ottobre 1769


154 APPENDICE, doc. XII.
155 Cfr. le dimensioni della chiesa di Santa Maria in APPENDICE, tab. I.
156 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 26.
157 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 145; GUGLIELMI C., «Considerazioni

sul portale dell'Ospedale di San Sebastiano in Capranica», Paragone, XXXIV (1983), p.


30, ma l’autrice riprende il Chiricozzi; MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit.,
p. 57, afferma – senza citare fonti – che il portale, proveniente da San Giovanni, dove
era stato portato in seguito al suo ritrovamento in uno scavo a Vico Matrino, fu eret-
to qualche anno prima della costruzione del nuovo ospedale, che sarebbe terminata
nel 1825; BALDASSARRE A.M e C., Capranica dalle origini ad oggi, cit., p. 67, afferma che
il portale è stato posizionato lì dove adesso si trova nel 1860, senza specificare, però,
l’origine di tale notizia. Sembrerebbe strano, infatti, che il portale sia stato montato
all’Ospedale in un tempo in cui i grandi lavori murari della chiesa erano già terminati
da più di un trentennio (su tali lavori, vedi oltre, infra § 4.2). Tuttavia, esiste un do-
cumento del 1825, e cioè degli anni in cui ferveva la costruzione della nuova chiesa di
San Giovanni, in cui è attestata l’esigenza da parte dell’Ospedale, di riparare il portale
60 Dio fa casa con l’uomo

due finestre, una per parte, che come le altre sulla facciata principale
erano dotate di vetri. Il campanile era staccato dalla chiesa, secondo
uno schema molto comune negli edifici sacri di stile romanico158, po-
sizionato in cornu epistolae, ovvero, a destra rispetto alla facciata princi-
pale, poiché la chiesa confinava con la casa dei signori Nardini (anco-
ra esistente tutt’oggi) e la casa dell’arciprete, che si trovava sopra la
sagrestia. La base della vecchia abside della chiesa, ancora visibile nel-
la sala parrocchiale159 (per la quale è divenuta il basamento di un bal-
concino a strapiombo sulla rupe), si viene così a trovare in una posi-
zione centrale tra il lato del campanile verso il ponte dell’orologio e il
lato del palazzo Nardini orientato verso l’attuale piazza del Duomo.
Dalla relazione dei capimastri Larabelli e Bisconti sappiamo anche
che il tetto delle navi era sorretto da quattro archi a tutto sesto (due
per parte) e da due archi a sesto acuto (uno per parte) ed inoltre che

d’accesso: «Illmo, e Rmo Sig.e. I Deputati della R. Fabbrica della nuova Chiesa di S. Giovanni
di Capranica Diocesi di Sutri Oratori ossequiosi di V.S. Illma, e Rma, divotamente gl’espongono
aver la nuova Fabbrica bisogno di esser premunita di ferro, per sostegno de’ legni che debbono sotto-
porsi al tetto della medesima. Il V. Ospidale di S. Sebastiano di Cap.ca sudetta ha la proprietà di
varie verghe di ferro, le quali servivano per sostener le trabacche che ora più non esistono in detto
luogo. Ha bisogno il sullodato Ospedale di esser provveduto di materazzi e che venga risarcita la
porta che ad esso introduce. Per provvedere ai bisogni di questo Luogo pio V.S. Illma, e Rma in
Sacra Visita concesse al Sig.r Domenico Scagliosi la facoltà di poter alienare le surriferite verghe di
ferro. Ora però essendosi smarrito il rescritto, e conoscendosi ancora mancante una porzione di dette
verghe gl’Ori pregano V.S. Illma, e Rma a volersi degnare di accordargli la facoltà di servirsi
dell’indicato ferro per la nuova Chiesa, il di cui Cassiere contribuirà al V. Ospidale la somma corri-
spondente al valore delle sudette verghe, di cui potrà prevalersi il Priore pro tempore per provvedere le
cose più necessarie, che delle grazia.» (ASPC, Carteggi, Fabbrica di San Giovanni: progetti, lavori,
spese per la nuova chiesa). Il rescritto vescovile con l’autorizzazione è del 25 novembre
1825.
158 Ad esempio le chiese tuscanesi, o la stessa cattedrale di Sutri dove il cam-

panile è stato inglobato nel corpo della chiesa soltanto durante il restauro settecente-
sco (cfr. APOLLONJ-GHETTI B.M., «Notizie su tre antiche chiese in quel di Sutri», cit.,
p. 76 ). Per la notizia che riferisce del campanile staccato dal corpo della chiesa, cfr.
APPENDICE, doc. X (relazione dell’architetto Giuseppe Barbieri).
159 La sala parrocchiale era in origine la sagrestia capitolare e vi si accedeva

dall’interno della chiesa attraverso la porta dirimpetto a quella dell’ingresso laterale su


via degli Anguillara. L’attuale sagrestia era invece cappella adibita ad oratorio intitola-
to di San Luigi Gonzaga, munita di un altare dedicato al santo (cfr. CHIRICOZZI P., Le
chiese, cit., p, 79). Negli anni cinquanta, mutò destinazione e venne adibita a sagrestia
con l’apertura di una piccola e brutta porta che deturpa l’abside e mal si inserisce nel-
la composizione architettonica dell’interno.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 61

le murature erano di tufo a vista. Sotto il pavimento di cotto delle tre


navate vi erano le cosiddette sepolture, ovvero il cimitero, dove veniva-
no tumulati i cadaveri160. La visita del 1696 inoltre ricorda che dalla
chiesa, attraverso 39 gradini di pietra, si accedeva al sottostante Ora-
torio del SS. Sacramento161. Nella relazione dei capimastri a questo
proposito è specificato che lo stesso era ricavato sotto al presbiterio,
sopraelevato, come si è detto, rispetto alle navate, per cui, molto pro-
babilmente, in origine doveva essere una cripta che col tempo ha mu-
tato destinazione. Dalla stessa relazione veniamo a conoscenza infine
che l’altare maggiore aveva un baldacchino con colonne in pietra e
legno e il pavimento del presbiterio era un semplice solaio rustico con
un mattonato probabilmente in cotto, come per il resto della chiesa.

§ 3 – Il Capitolo della Collegiata: uno spaccato di vita caprani-


chese

La chiesa di San Giovanni è chiesa collegiata. Ciò significa


che fino a quando le vocazioni sacerdotali permettevano di avere a
disposizione parecchi sacerdoti, essa era officiata stabilmente da un
collegio di canonici. L’erezione in collegiata era di competenza del
Papa e poteva riguardare, come è il caso di San Giovanni, anche le
chiese non cattedrali allo scopo di rendere più solenne la pratica degli
uffici divini. I chierici che componevano il collegio erano detti cano-
nici poiché, in origine, il vescovo attribuiva ad ognuno di essi un cano-
ne, ovvero uno stipendio che gli derivava dai beni della chiesa. Poi, col
passare del tempo, ogni canonico ricevette pian piano sia
l’amministrazione che il godimento della propria quota di patrimonio
capitolare, che fu detta prebenda. E queste acquisirono pian piano per-
sonalità giuridica fino a che, verso il XIII sec., divennero delle vere e
proprie fondazioni162.

160 I documenti notarili Quattrocenteschi, attestano di come tali sepolture

non fossero riservate esclusivamente ai parrocchiani. MODIGLIANI A., Vita quotidiana


a Sutri, cit., p. 27, riferisce infatti della volontà testamentaria espressa nel 1406 da una
tale Angelella vedova di Pietro Polçe, abitante in Sutri di essere sepolta in San Giovanni
perché di origini capranichesi.
161 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 76
162 Cfr. «Collegiate (Capitoli e)», EE, vol. II, pp. 210-212.
62 Dio fa casa con l’uomo

La vita canonica consisteva principalmente nella recita co-


mune dell’ufficio, che avveniva in coro, e nella collaborazione con il
vescovo amministrando collegialmente la parrocchia di competenza.
Le decisioni, quindi, venivano prese durante lo svolgimento di una
particolare riunione detta capitolo. Questo era congregato
dall’Arciprete, che di solito lo faceva intimare verbalmente, ovvero
convocare, dal Sagrestano il giorno prima per quello dopo, e si svol-
geva solitamente nella Sagrestia, detta appunto capitolare, anche se non
mancano casi in cui veniva congregato in altri luoghi, come a Villa
Paola, residenza capranichese del vescovo, durante le sue visite pasto-
rali. Inoltre, per questioni particolarmente urgenti alcune volte veniva
adunato lo stesso giorno della convocazione. E’ il caso, ad esempio,
di un capitolo celebrato l’8 gennaio 1807 che viene “radunato sul mo-
mento” per “…impedire lo straordinario suono della Campana della Nostra
Insigne Collegiata, contro ogni legge e contro ogni consuetudine iersera ordinato dal
Sig. Fran.co Cherubini Governatore di questa nostra Città per la sua udien-
za…”163.
Al capitolo partecipavano l’Arciprete, che lo convocava e
presiedeva, e tutti i canonici. Nel collegio capitolare, ognuno di essi
svolgeva un compito ben preciso. Vi era il Maestro delle Cerimonie, il Sa-
grestano (quando questo ufficio non fosse affidato ad un laico), il Depo-
sitario della Cassa, il Santese, il Camerlengo, il Decano, il Segretario (che di
solito svolgeva anche il compito di Archivista capitolare). La materia
delle decisioni era la più varia ma sempre inerente affari di ammini-
strazione del Capitolo, dei Canonicati, della Fabbrica e del culto. In
appendice al Libro Capitolare 1, che comprende gli anni dal 1717 al
1773, è riportato un indice analitico delle materie delle decisioni con il

163 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 47v. La faccenda diede il via ad un


contenzioso davanti alla Sacra Consulta, che venne curato direttamente da Roma
dall’ex segretario capitolare Don Vincenzo Scagliosi, nel frattempo trasferitosi nella
città. Ad ogni buon conto, la Consulta diede ragione al capitolo scrivendo diretta-
mente al Governatore di Capranica: «In regestis literarum Sacrae Consultae reperitur Episto-
la Scripta Gubernatori Capranicae sub die 18 Februari 1807, tenoris sequentis = Presso il Vo-
stro discarico relativo al suono della Campana per indicare l’Ora dell’Udienza, la Sa-
gra Consulta ha risoluto, che venga osservato il solito. Tanto dunque farete Voi che
segua, e Dio vi guardi. Datum ex Aedibus ejusdem Sacrae Consultae hac die 14 Martii supra-
dicti Anni currentis = N. Riganti» (ASPC, Carteggi, Capitolo San Giovanni. Corrispondenza
Curiali).
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 63

riferimento ai fogli del libro dove sono verbalizzate164. Ebbene, delle


risoluzioni ivi contenute, 75 riguardano i censi, 10 i canonicati, 19 le cause
giudiziali relative al capitolo (di cui 7 sono relative alle cause con i Be-
neficiati di Santa Maria), 12 sono quelle riguardanti la Comunità di Ca-
pranica, altrettante la Fabbrica, 7 riguardano le Giubilazioni165, lo stesso
numero i Legati Pii, 54 sono quelle relative agli officiali166, 7 agli oneri
camerali da pagare alla cancelleria vescovile di Sutri e al Seminario
diocesano e 2 agli oneri delle messe, 7 riguardano reinvestimenti e
riattamenti, 23 la sagrestia e i chierici, 7 le visite pastorali e i testimoniali.
Se volessimo, dunque, determinare il tempo di convocazione
medio che intercorre tra una riunione e la successiva, otterremmo che
nei 57 anni coperti dal Libro Capitolare in questione, il Capitolo si è
riunito per 223 volte ad una frequenza media di circa quattro volte
l’anno, cioè ogni tre mesi circa.

Riguardo alla materia minuta delle discussioni, si passa da ca-


pitoli in cui si devono decidere i deputati da mandare ad incontri im-
portanti, come ai Consigli della Comunità di Capranica o con il Ve-
scovo, fino a delibere riguardanti la concessione di crediti ai singoli
canonici o di anticipi sulle prebende dei rispettivi canonicati.
Tra l’altro, le deliberazioni capitolari in cui venivano deputati
dei canonici che dovevano incontrarsi con i responsabili della comu-
nità, i cosiddetti “communisti”, dimostrano come il clero non facesse
vita a parte rispetto al resto della popolazione, ma fosse chiamato a
partecipare alle decisioni fondamentali alla vita della cittadina. Il capi-
tolo è presente così con propri rappresentanti ai consigli di comunità
convocati dal Governatore per decidere il pagamento del chirurgo as-
segnato a Capranica dalla Congregazione del Buon Governo167, per il

164 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], ff. 270r – 284v: Index Resolutionum

Capitularium iuxta qualitatem rerum discussarum. Dispositus.


165 Le jubilationes erano le richieste avanzate alle sacre congregazioni romane

relative a vitalizi e pensioni da destinarsi a quei canonici che continuativamente ave-


vano reso servizio alla chiesa per un periodo di almeno quarant’anni.
166 Sono i capitoli che si tenevano alla fine di ogni anno, solitamente in di-
cembre, per rinnovare le cariche capitolari per l’anno successivo.
167 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 11v. Il deputato designato, il cano-

nico Don Giuseppe Rosa, vi parteciperà con il mandato di informare che il Capitolo
64 Dio fa casa con l’uomo

macello delle carni168 o per la conduttura dell’acqua169. Vi sono poi


capitoli convocati per trattare particolari argomenti, magari dettati
dall’urgenza, oppure per non sobbarcarsi eccessive responsabilità,
come in un capitolo in cui l’Arciprete Don Giovanni Bernardino For-
lani, dopo la vendita del legname ricavato dal taglio di una macchia,
“…propone (…) di ordinare di far chiudere a chiave la porta grande vicino al
Campanile con un bracciolo di ferro per maggior sicurezza, prima di porre in
Cassa il denaro proveniente dalla Macchia, intendendo io di non ricavarlo altri-
menti, e per ora consegnarlo ad una persona sicura, finché si è fortificata, e chiusa
d.a Porta…”170. Preoccupazione tutt’altro che eccessiva se si considera
che quel denaro doveva servire per la costruzione della nuova chiesa.
Le decisioni venivano sempre prese dopo una votazione a
maggioranza semplice, passando una bussola, il bussolo, entro cui i Ca-
nonici deponevano palle bianche per esprimere un voto a favore della
proposta, o palle nere, o negre, in caso contrario. Le proposte, poi, ve-
nivano sempre avanzate oralmente, arringando, pronunciando cioè un
vero e proprio discorso, il cosiddetto arringo. Ogni riunione infine, si
concludeva con una preghiera di rendimento di grazie al Signore e
con la recita dell’agimus171.

Nella diocesi il capitolo di San Giovanni era il più importante


dopo quello della cattedrale di Sutri. Nelle celebrazioni in cui tutto il
clero diocesano era riunito intorno al vescovo, infatti, esso aveva la
precedenza su tutti gli altri cleri presenti, a parte quello sutrino. Per
questo motivo, i canonici capranichesi erano stati insigniti del segno
dell’almuzia172 concesso loro nel 1729 con una bolla di papa Benedet-

non vorrà contribuire al pagamento del medico, ma di “volerne godere l’esentione stante
che la Comunità si è goduta e gode tutti li Pastori delli beni Ecclesiastici”.
168 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 43v
169 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 56v
170 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773].
171 Agimus tibi gratias, omnipotens Deus, pro univérsis beneficis tuis. Qui vivis et regnas

in saecula saeculorum. Amen (Ti rendiamo grazie, o Dio onnipotente, per tutti i tuoi im-
mensi benefici. O tu che vivi e regni, nei secoli dei secoli. Amen).
172 L’almuzia era una mantelletta di pelliccia munita di un cappuccio che ser-

viva a coprire il capo dei canonici per proteggerli dal freddo. Dall’almuzia ebbe origi-
ne la mozzetta.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 65

to XIII173. La richiesta dell’almuzia, come riportano le Notizie ad perpe-


tuam rei memoriam dei motivi per i quali il nostro Capitolo deliberò di fare la
spesa dell’Almuzia174 redatte dal canonico segretario Don Bartolomeo
Conti, fu avanzata al Santo Padre dopo che nel 1728 “il di già Castello
di Ronciglione” venne elevato al rango di Città ottenendo anche di “de-
corare col titolo di Colleggiata la primaziale chiesa del med.o Luogo”175. E poi-
ché per tale elevazione, il clero ronciglionese si sentì in diritto di so-
pravanzare quello capranichese, la cui dignità collegiale era vecchia già
più di tre secoli, il Capitolo – all’unanimità – pensò bene di ottenere
un segno esteriore che dimostrasse il suo status superiore, appunto
l’almuzia. E non importa se, per tale segno, i canonici dovettero poi
sobbarcarsi la bella spesa di 400 scudi, necessari “…per spedire le bolle
(…) compresoci anche le spese della Compra di esse almutie…”!176
Per lo stesso “orgoglio” capitolare, che aveva la sua ragion
d’essere nell’antichità del Capitolo, il collegio sarà portato più volte a
scontrarsi, anche davanti alle Congregazioni romane, con gli altri cleri
capranichesi di Santa Maria e di San Francesco.
E’ con il primo, tuttavia, che nascono i più gravi problemi.
Anzi, si potrebbe dire davvero che il Capitolo di San Giovanni fosse
pronto a sfruttare ogni occasione per dimostrare la propria suprema-
zia sul collegio dei Beneficiati di Santa Maria, e che questo facesse al-
trettanto per rivendicare ad ogni pie’ sospinto la propria indipendenza
dal Duomo. Si litiga per la facoltà di indossare la pianeta durante la

173 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 30r


174 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], ff. 37rv e altro foglio non numerato.
La numerazione del libro è interrotta. La pag. successiva alla 37 non è numerata. Poi
la numerazione riprende dalla pag. 38.
175 Ronciglione fu elevata al rango di Città con il motu proprio di papa Benedet-

to XIII, In supremo militantis Ecclesiae, dato a Roma il 28 maggio del 1728 (cfr. BR, t.
XXII, doc. CCXXV, pp. 652-654).
176 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 30r. E’ interessantissima la lista

delle voci – ben 35! – che concorrono alla spesa, a cui risulta dovesse contribuire an-
che la Comunità di Capranica. Il costo del piombo necessario alla bolla fu di ben 37
scudi e 65 bajocchi; la scritta della bolla ammontò a 22 scudi; la cordula serica con cui
veniva legata la pergamena costò invece solo 40 bajocchi (ASPC, Carteggi, San Giovan-
ni: culto, privilegi e indulgenze altari). Nel 1838, il Capitolo salirà ancora di dignità col so-
stenere una ulteriore spesa di 50 scudi necessari alla “…alla spedizione del Breve Apostoli-
co nella mutazione del Segno Capitolare dell’Almuzia in quello di Rocchetto e Mozzetta…”
(ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], ff. 119r-v - 12 febbraio 1838.
66 Dio fa casa con l’uomo

processione del Corpus Domini, che secondo il clero di San Giovanni


non sarebbe concesso a quello di Santa Maria177. Si litiga perché pres-
so la chiesa di Santa Maria, i Beneficiati espongono il SS. per alcuni
devoti di San Vincenzo senza aver prima domandato e ottenuto li-
cenza dal capitolo di San Giovanni178. Si discute, infine, per consenti-
re il passaggio della processione del patrono San Terenziano nel terri-
torio parrocchiale di San Giovanni179.
Tuttavia, vi sono anche occasioni in cui i due cleri si mostra-
no sorprendentemente uniti. Come quando si tratta di far valere le
proprie ragioni per protestare contro le eccessive tasse imposte dalla
Sagra Congregazione del Buon Governo180, o quando si tratta, ben più ipo-
critamente, di far vedere al vescovo la propria disponibilità ad obbe-
dire alle sue decisioni, come avvenne nel capitolo del 6 agosto 1767 in
cui fu decisa l’unione dei due cleri181, mentre in realtà fu fatto di tutto,
una volta lontano il pastore, per sconfessare ed invalidare quella deci-
sione.

Relativamente al numero di canonici che erano annessi alla


collegiata, questi, precedentemente all’unione con il clero di Santa
Maria, erano in numero di tredici, e successivamente a quella salirono
al bel numero di diciotto. Ma la crisi delle vocazioni e i rapidi cam-

177 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 52r – 22 giugno 1734: “…si propone

che dovendosi giovedì prossimo, festa del Corpus D.ni, far la solita processione con il Venerabile,
alla quale, come è il Solito, interverrà tra l’altri il Cap.lo di S. Maria, e dovendo Noi come Can.ci
portar la Pianeta in d.a processione a tenore del decreto di Monsig.r Ill.mo, sentendo che li beneficiati
vogliono ancor loro portar la pianeta, altrimente non intendono intervenire, anzi che vogliono impedir
che la processione non vada nella loro Parrocchia (…) si stima bene che si deputi uno ad effetto che
vada da Monsig.r Ill.mo Vesc.vo, acciò possa provvedere, a sentire il suo parere per ovviare ogni
scandalo che possa venire.”. Ma i Beneficiati di Santa Maria, giocando d’anticipo, citano in
giudizio davanti alla Congregazione dei Riti il Capitolo di San Giovanni (f. 52v – 2
luglio 1734) “…essendo Noi stati processionalmente il giorno del Corpus Dni nella loro parroc-
chia senza il di loro intervento per haver Noi havuta la facoltà da Monsig.r Vescovo, secondo il
processato fatto avanti il med.o, e perché li detti Beneficiati intendono di litigare avanti la d.a Sag:
Cong.ne; perciò si propone alle SS.VV. se si debba litigare…”. Per cui al clero di San Gio-
vanni, quasi prendendo atto della situazione, non spetta altro che decidere, con 8 voti
bianchi e 4 negri, di fare “…tutti gli atti necessarii per difendere le Nre raggioni…”.
178 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 74v – 3 maggio 1745
179 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 161v – 8 settembre 1760
180 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 174v – 25 ottobre 1761
181 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 221v – 6 agosto 1767
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 67

biamenti della società portarono a scendere pian piano e inesorabil-


mente il loro numero che già a fine ‘800 era ridotto a sette, e nel 1937,
precipitato drasticamente a tre.
Successivamente all’unione dei cleri avvenuta il 10 maggio
1801, durante la costruzione della nuova chiesa di San Giovanni, il
capitolo si spostò temporaneamente nell’altra di Santa Maria e a causa
della nuova composizione del capitolo e per evitare i soliti problemi
di convivenza tra i singoli componenti del capitolo, fu necessario pre-
disporre una dettagliata tabella che recasse l’indicazione dei celebranti
del giorno, i paramenti da utilizzare, le dignità a cui spettava la presi-
denza delle singole funzioni182.

Concludiamo questo veloce sguardo d’insieme sul Capitolo


della Collegiata parlando dell’amministrazione controllata che dovette
subire durante il periodo napoleonico183.

182 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], ff. 14v–19r. Il resoconto del capitolo

e la tabella di cui trattasi, sono riportati in APPENDICE, doc. XVI. Nonostante


l’avvenuta unione dei due cleri, la litigiosità all’interno del capitolo, soprattutto quan-
do erano in ballo decisioni riguardanti la rettoria di Santa Maria, continuò a permane-
re negli anni. Nel 1851 ha luogo l’ennesima controversia tra il rettore di Santa Maria,
Tempesti e il capitolo di San Giovanni avente come centro le celebrazioni in onore di
San Terenziano. Il risultato del lavoro di ricerca nell’archivio capitolare sui problemi
relativi e sul luogo della celebrazione dell’ottava della festa, svolto da 4 deputati capi-
tolari, 2 nominati dal capitolo e 2 dal rettore di Santa Maria, è riportato in ASPC, Li-
bri Capitolari, 5 [1848-1883], pp. 50-78, nonché pp. 87-93. Il 20 febbraio 1895, infine,
il vescovo mons. Generoso Mattei fu costretto ad emanare un suo “…decreto inteso alla
pace e concordia di questo M. R.ndo Capitolo. Avendo Noi conosciuto a prova che il Demone della
discordia domina fra questo Clero di Capranica, dopo di aver con longanime pazienza sperimentato
tutti i mezzi di pace e di concigliazione senza frutto, visto il grave pregiudizio che da ciò deriva al
grado ed alla dignità sacerdotale, visto il pubblico scandalo che ne viene al popolo, Noi a cui spetta
l’obbligo di conservare e promuovere nei nostri sacerdoti la pace, e la carità di Gesù Cristo, e il dirit-
to di raffrenare anche colle pene canoniche gli Autori della dissenzione e della discordia facciamo noto
a tutti e singoli i Canonici di questa Collegiata che: Chiunque opponendosi ai nostri giusti desideri si
farà in avvenire causa di dissenso, di discordia e di scandalosa avversione fra loro, sarà sottoposto
alla sospensione a divinis a nostro beneplacito. Ordiniamo inoltre che il presente letto in pubblico
Capitolo sia registrato sul libro degli Atti Capitolari dell’Odierna Adunanza. Capranica 20 feb-
braio 1895. X Generoso Vescovo”.
183 Sull’argomento: V.E. GIUNTELLA, L’Italia dalle Repubbliche Giacobine alla crisi

del dispotismo napoleonico (1796-1814), Torino 19652, nonché per i rapporti tra Stato e
Chiesa e la ristrutturazione della Chiesa durante il pontificato di Pio VII, v. F. AGO-
STINI, La riforma statale della Chiesa nell’Italia Napoleonica, in, AA. VV., Storia dell’Italia
68 Dio fa casa con l’uomo

Presso l’Archivio esiste un carteggio tra il Capitolo, il Prefetto


e il Volpolini, all’epoca pro-vicario diocesano di Sutri, che rivela par-
ticolari davvero interessanti.
A parte un editto del 1° ottobre 1813 che il Bureau del Segreta-
rio Generale emana per invitare i curati e il clero a collaborare contro
“…infami libelli che sono stati affissi in varj luoghi del Dipartimento che hanno
per iscopo di chiamare alla rivolta gli abitanti (…) perché questi scellerati, o auto-
ri, o propagatori siano denunziati all’Autorità locale…”184, il Capitolo era
anche sollecitato dalle pubbliche autorità a convocare il popolo per il
canto del Te Deum in occasione degli anniversari dell’incoronazione
di Napoleone185 o, per mano del Volpolini stesso, allo scopo di cele-
brare la “…vittoria riportata dall’arme Francesi sopra l’Eserciti Russi…”186.
D’altra parte, le stesse autorità ecclesiastiche diocesane dovevano ub-
bidire ai francesi obtorto collo poiché il 12 aprile 1814, da Sutri, il provi-
cario scriveva al Capitolo invitandolo a “…l’esposizione del SSmo Scram.o
nelle tre feste della pnte Pasqua (…) diretto ad implorare dal Signore un felice
ritorno a S. Santità…” e il successivo 12 maggio per far cantare il Te
Deum di ringraziamento per “…il recente ripristinato Governo Pontificio, e
cessato despotismo, e persecuzione…” nonché “…per averci ridonato
l’amatissimo nostro Pastore Monsig.r Vescovo, del cui bramato arrivo in questa
Città circa il 17 del corrente si hanno sicure speranze secondo le notizie recen-
ti…”187.

Religiosa, III., a cura di G. De Rosa, T. Gregori, A. Vauchez, Roma-Bari 1995, pp. 3-


23.
184 ASPC, Carteggio.
185 ASPC, Carteggio.
186 ASPC, Carteggio, (dal Volpolini in Sutri, 5 novembre 1812). E’ il caso di

sottolineare che quello di chiedere al clero speciali benedizioni e preghiere in occa-


sione delle guerre, non era un’abitudine soltanto francese. Durante la 1a Guerra
d’Indipendenza infatti, pervenne al Capitolo dalle autorità pontificie, l’invito affinché
“…si faccia un Triduo solenne all’Ente Supremo, onde inaugurare con le Benedizioni del Cielo la
Guerra Italiana…” e si recitino particolari orazioni come “…quella cioè che incomincia =
Deus, qui contenis Bella…”. Naturalmente, anche in questo caso “…chiunque si ricuserà di
eseguire, o d’intervenire sotto qualunque pretesto all’indicato Triduo sarà irreprensibilmente punito
con la multa di scudi venti, all’esazione della quale si procederà coattivamente dopo il termine di
giorni tre da decorrere dal venti corrente…” (cfr. ASPC, Libri Capitolari, 5 [1848-1883], p. 3
– 24 agosto 1849.
187 ASPC, Carteggio.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 69

§ 4 – La nuova Chiesa di San Giovanni Ev.

La nuova chiesa di San Giovanni Evangelista, come ci ricor-


da ancora oggi una lapide posizionata sopra la porta del fonte batte-
simale188, fu consacrata al culto il 1° di ottobre del 1842 dal Vescovo
diocesano mons. Francesco Spalletti. Ma la sua fabbrica fu un’impresa
lunga e difficile che impegnò il collegio capitolare e la comunità di
Capranica in un sforzo organizzativo ed economico senza precedenti
per circa novant’anni, dal sorgere dell’esigenza di costruire una nuova
chiesa più grande e adatta alle necessità del popolo, fino alla sua con-
sacrazione.
Per ricostruire le complesse vicende che hanno accompagna-
to la realizzazione del nuovo tempio, presso l’Archivio Parrocchiale
sono fortunatamente ancora disponibili una buona messe di docu-
menti, che testimoniano tutta la difficoltà dell’impresa.189.
Grazie a questi, possiamo distinguere varie fasi della costru-
zione della nuova chiesa che si possono più o meno sintetizzare come
segue:
1) preparazione alla costruzione e unione dei capitoli (1752-1800);
2) costruzione delle fondamenta fino al piano della chiesa (1801-
1813);
3) costruzione delle mura perimetrali fino alla quota dell’imposto
della volta (1814-1823);
4) costruzione della volta e della copertura (1824-1831);
5) completamento interno e preparazione per la consacrazione
(1831-1842);

188 Per il testo dell’iscrizione, vedi infra § 5.


189 E’ possibile ricostruire abbastanza agevolmente tale storia soprattutto gra-
zie ai libri capitolari poiché, a parte una lacuna di circa 25 anni (dal 1774 al 1799 com-
preso) contenuti da uno dei libri, andato incresciosamente smarrito, coprono un
periodo che va dall’anno 1717, fino al 1937, per un arco di ben 220 anni. Il libro capi-
tolare che è andato smarrito è il n° 2, ed è quello che conteneva anche la narrazione
degli eventi relativi al prodigio di cui fu al centro, il 18 luglio del 1796, il quadro della
Madonna Auxilium Christianorum. Oltre ai libri capitolari, si può altresì contare sui libri
delle spese e delle entrate, da cui risultano interessantissimi particolari, e su un copio-
sissimo carteggio, raccolto in cartelline con oggetti diversi, che riguarda computi me-
trici, contratti d’appalto, relazioni e perizie, corrispondenza con i legali romani e con i
funzionari delle cancellerie pontificia e diocesana.
70 Dio fa casa con l’uomo

6) altri lavori di completamento interno ed esterno (1843-1896)190.

§ 4.1 – L’unione dei capitoli di San Giovanni e Santa Maria;

Sicuramente la notizia più antica che riguarda la costruzione


della nuova chiesa risale all’anno 1757, allorché il 2 settembre, il capi-
tolo dei canonici è convocato dall’arciprete, Don Giovanni Bernardi-
no Forlani “…ad effetto di venire alla Deputazione di due Deputati, atti a far
lo Stato dell'entrata ed uscita delli Luoghi Pii, ad oggetto di porlo sotto l'Occhi di
Monsignor Illmo e Rmo Mornati nostro zelantissimo Vescovo, a fine di vedere, e
riconoscere, se nelli sopravanzi de med.i rap.ti [esista] un asse sufficiente, su di cui
si possa fondare la risoluzione della nuova Fabrica della sud.ta Chiesa Colleggia-
ta, e trattare ancora le compre de' siti adiacenti appartenenti a persone private, e
particolarmente a Domenico Falcone, che del proprio sito ha esibito la vendi-
ta...”191. Ma un altro documento dell’archivio, pervenutoci fortunata-
mente in copia192, testimonia che sin dalla visita pastorale del 1752 di
mons. Filippo Mornati, il Capitolo di San Giovanni e la Comunità di
Capranica, dal momento che la chiesa minacciava di crollare, comin-
ciarono a valutare l’opportunità di costruirne una nuova. Se non che,
ad ostacolare i progetti del Capitolo e della Comunità, si manifesterà
sin dall’inizio quello stato di cronica insufficienza economica che,
quando finalmente si riuscirà ad iniziarli, accompagnerà sempre i la-
vori e ne allungherà in maniera abnorme i tempi di realizzazione. No-
nostante questo, durante il 1758 verrà commissionato all’Architetto
Gaetano Fabrizzi193 il progetto della nuova chiesa, e contemporanea-

190 A proposito dei lavori di realizzazione della chiesa, è il caso, in questa se-

de, di correggere tutti quegli autori che indicano gli anni 1815-1842 come l’intervallo
di tempo in cui gli stessi furono avviati, eseguiti e terminati (CHIRICOZZI P., Le chiese,
cit., p. 61, 69; SARNACCHIOLI A., Capranica, in, Tuscia Minore, pubblicazione a cura dei
Comuni di Bassano R., Capranica, Oriolo R, Vejano, Roma s.d., tip. Grafica Giorget-
ti, p. 39; BALDASSARRE A.M e C., Capranica dalle origini ad oggi, Viterbo 2000, p. 78).
Vedremo infatti più avanti che i lavori ebbero inizio il 6 agosto 1801 e terminarono,
almeno per le murature, nella primavera del 1831. Allo stesso modo, vedremo altresì
come la già ricordata consacrazione della Chiesa eseguita da mons. Spalletti avvenne
circa undici anni dopo l’inizio effettivo del suo utilizzo.
191 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 141r
192 ASPC, Libro delle Bolle e dei Decreti, n° 57, f. 1v
193 Il progetto del Fabrizzi consiste di quattro tavole a colori, conservate in

cornice di legno e vetro, il cui titolo è: Tav. 1: Pianta; Tav. 2: Prospetto principale; Tav. 3:
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 71

mente si inizierà l’affannosa ricerca dei fondi necessari194. Ma la con-


tinua litigiosità tra il Capitolo dei Canonici della Collegiata di San
Giovanni e il Collegio dei Beneficiati della Rettoria di Santa Maria,
che esplose in tutta la sua deleteria gravità con una lunga causa davan-
ti alle Congregazioni romane in cui ogni chiesa sostenne il diritto di
supremazia sull’altra, contribuì a rallentare, anzi, a bloccare l’inizio dei
lavori. Il 6 agosto del 1767, infatti, davanti al Vicario Generale del
Vescovo, che presiedette i lavori di un capitolo generale a cui parteci-

Spaccato per longhezza (Piazza – Ponte); Tav. 4: Spaccato per larghezza (Ripe – Via princi-
pale). La Chiesa si doveva sviluppare in senso opposto rispetto all’orientamento
dell’attuale, con una piazza di non grandi dimensioni che veniva ricavata tra la parete
ovest del “campanile antico” e la “casa delli SSig.ri Nardini”, ovvero, nello spazio dove
attualmente sorge l’entrata laterale della Chiesa, la sagrestia, il corridoio verso la salet-
ta di San Giovanni e le scale che conducono all’abitazione del parroco. L’altare mag-
giore, quindi, veniva ad essere posizionato al posto della odierna piazza del Duomo,
nella parete in aderenza alla “Casa delli SSig.ri Forlani”, laddove un tempo sorgeva un
granaro di proprietà “delli SSig.ri Petrucci”, acquistato dalla Fabbrica per dare più spazio
alla costruzione della nuova Chiesa (da che se ne deduce che la piazza di San Gio-
vanni è di proprietà della Parrocchia. Tra l’altro, in alcune foto degli anni ’50, come,
ad es., quelle che ritraggono alcune spose nell’atto di essere accompagnate in Chiesa
prima della celebrazione del matrimonio, si vede ancora esistente uno scalino a filo
tra la parete della Chiesa verso la Via degli Anguillara e quella del palazzetto Forlani,
dove è l’attuale Casa della Comunità, prospiciente la stessa via. La piazza era dunque
sopraelevata rispetto alla Via degli Anguillara. Ciò è anche testimoniato dalla presenza
del gradino di travertino bianco davanti all’entrata della Chiesa, aggiunto al momento
dell’abbassamento della piazza, e dalla sopraelevazione, rispetto al piano attuale, della
porta della Casa della Comunità. Questa, se la piazza fosse sempre stata al livello at-
tuale, ed essendo la Casa posta a un piano più basso della piazza stessa, al momento
della sua apertura - che probabilmente è coeva alla costruzione della Chiesa e succes-
siva alla demolizione del granaro Petrucci – sarebbe stata impostata al piano stesso
della piazza e non ad un livello più alto.). Il campanile, pur essendo inglobato nella
pianta, veniva smantellato dal piano del tetto in poi, poiché veniva sostituita da una
cupola posizionata al centro della crociera. La lunghezza della nuova Chiesa era di
palmi romani di Architetto 268 = mt. 57 ca. e la larghezza di palmi 100 = mt. 22 ca.. La
mancanza di fondi finì per coinvolgere anche il Fabrizzi che aspettò non poco tempo
prima di ricevere i circa 100 scudi della sua parcella, che riscossero i suoi figli solo
dopo il 1773, dopo la sua prematura morte.
194 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 150r “…fu proposto che per dare prin-

cipio alla Fabrica della nuova Chiesa vi è precisa necessità di prendere per ora scudi mille ad interes-
se, ad effetto di comprare li siti, e che perciò questa nostra R. Fabrica esponga una supplica alla
Sagra Congregazione per ottenere la licenza di prenderli, e questo dice esser la mente di Monsignor
Vescovo…” ma il Capitolo decide di sentire “…l’Oragolo di Monsignore, che si degnerà riflet-
tere la gran povertà di questa nostra R. Fabrica…”.
72 Dio fa casa con l’uomo

parono sia i canonici di San Giovanni che i beneficiati di Santa Maria,


all’unanimità venne risoluto di avviare le pratiche per l’unione dei due
cleri sotto il capitolo di San Giovanni, trasformando i benefici di San-
ta Maria in altrettanti canonicati, onde poter contare su maggiori en-
trate per procedere alla costruzione della nuova chiesa195. Nonostante
l’apparente unanime accordo, e nonostante nel settembre del 1769
venga deciso dai capitoli congregati insieme di deputare un rappresen-
tante per ciascuno di essi in una commissione composta da tre mem-
bri della Comunità di Capranica e da tre membri del clero che si sa-
rebbe dovuta occupare della costruzione della nuova Chiesa,196 i dis-

195 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 221v “…Si propone (…) come ritro-

vandosi la Chiesa Collegiata non meno incapace a ricevere nelle pubbliche funzioni qsto popolo, che
in qualche parte minacciante imminente ruina, il che accadendo p. essere la sud.ta Chiesa situata alle
sponde di un’alta rupe, sarebbe impossibile di poterla ricostruire per la grandissima spesa che porta-
rebbero non tanto i fondamenti, che l’altezza delle mure, e la rifazzione del Campanile, quale pure
minaccia di rovinare. La Chiesa poi Collegiale di S. M.a per esser parimenti angusta, ed a tetto fa
forma di un vero fienile, di modo che si l’una, che l’altra Chiesa come principali diminuiscono più
tosto la vera divozione, e l’onore di Dio, che l’accreschino, e danno motivo al Popolo di concorrere in
qualche altra Chiesa piccola più angusta filiale, non solo per assistere al div.o Sagrificio, ma per
intervenire |f. 222r|ad altre funzioni fugendo p. la med.a congiuntura anche dalle Chiese pnti in
pregiudizio della propria anche perché non sente la spiegazione del S. Vangelo, nè predica ne’ Tempi
di Avvento, e Quaresima, né la dottrina Cristiana, in quelle feste, che incombe l’obbligo a’ rispettivi
curati di farla; ed all’esposizione del SS. Sag.to, ed alle pubbliche funzioni, nelle quali, lo stesso clero
per l’angustezza della Chiesa non puole stare unito, ed in capo dell’inverno è costretto recitare il di-
vin Officio in Sagrestia, da dove escono, ed entrono secolari a loro talento; Onde per riparare una
volta alli surriferiti inconvenienti, e per accrescere la divozione nella gloria di Dio si è pensato delle
due Chiese sud.e formarne una conveniente, con unire ambi li Cleri, ad una sola Chiesa con il titolo
tutti di Canonici, mentre coll’unione anche dell’entrate delle due fabriche verrebbe annualmente ad
accrescere non solo la magnificienza della Chiesa da farsi; ma di più il buon servigio tanto necessario
a Vantaggio non meno del Clero, che dell’Anime…”. Per la costruzione della nuova chiesa
si preventivò una spesa di circa 7.000 scudi e il Capitolo approvò all’unanimità la
proposta del Vicario (19 presenti; 19 voti a favore).
196 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], f. 238r-239r (vedi APPENDICE, doc.

III). I deputati dalla Comunità di Capranica “…avendo esso Monsig.re Nostro Ves.o Illmo, e
Rmo, persuasi ad assumersi la Deputazione, e soprintendenza di essa fabrica…” furono “…il
Sig.r Mse Filippo Accoramboni, ed il Sig.r Cavalier Gio. Bapta Thierij tra qui dimoranti, li quali
sono essi esibiti di dar tutta la più efficace mano ad'un'opera così pia, e necessaria alla Gloria di
Dio, commodo del Popolo, ed utile del Paese, con esibirsi anche d.o Sig.r Mse di contribuire, ad'ap-
plicare ad essa fabrica li Scudi cinquantacinque annui, che ora distribuisce in dote delle Zitelle, ogni
qualvolta ne ottenghi, come si procurarà, l'Indulto Apostolico…”. Il terzo deputato, con fun-
zioni di tenutario della cassa, fu Giovanni Porta che assunse l’incarico unitamente al
deputato ecclesiastico, un canonico di San Giovanni, Don Francesco Galeotti. Gli
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 73

sidi tra i capitoli cominciarono quando il rettore e i beneficiati di San-


ta Maria, forse timorosi di perdere autorità, sollevarono eccezioni alla
primazialità ecclesiale di San Giovanni. Anche di fronte al Visitatore
Apostolico, il Card. Pietro Colonna Pamphilj, nel 1774, i due capitoli
useranno tutte le armi persuasive in loro possesso per accattivarsene il
favore contro l’altra chiesa. In particolare, tra i documenti
dell’archivio, ne abbiamo scelti tre, trascritti in Appendice, che servo-
no bene a rappresentare questo stato di cose. Il primo, il più vecchio,
è una minuta di una lettera del capitolo di Santa Maria diretta a un su-
periore ecclesiastico, molto probabilmente al vescovo o addirittura al
Visitatore Apostolico, in cui si afferma ad ogni piè sospinto la supre-
mazia della chiesa di Santa Maria su quella di San Giovanni e la nega-
zione del contrario 197. Nel secondo, un Consiglio della Comunità di
Capranica dell’anno 1794, si ricordano gli ostacoli che si sono infrap-
posti alla costruzione della nuova chiesa, parlando apertamente dei
particolari dissidi sorti tra i due capitoli198. Nel terzo, una minuta di
lettera diretta probabilmente al vescovo, si parla infine
dell’opposizione all’unione dei capitoli fatta dal beneficiato di Santa
Maria, Don Giuseppe Mattia Francini, tanto incomprensibile se si
considera che egli stesso, in un precedente capitolo celebrato davanti
al vescovo il 10 luglio 1794, aveva prestato il suo consenso199.
A causa di questi dissidi, dunque, fu impossibile poter avviare
i lavori di costruzione della nuova chiesa che, di fatto, subirono uno
slittamento di circa 25 anni. E una volta terminato definitivamente il
contenzioso tra i due cleri200, con il riconoscimento, una volta per tut-

altri rappresentanti del clero furono, infine, Don Giovanni Domenico Forlani, in
rappresentanza del capitolo della Collegiata, e Don Giuseppe Scagliosi, in rappresen-
tanza del collegio dei beneficiati di Santa Maria.
197 Cfr. APPENDICE, doc. IV. Da tale documento risulta inoltre come il que-

stionare tra i capitoli avesse radici molto antiche, tanto che nel 1592 fu necessario
stipulare un Istrumento di concordia fra’ l’uno e l’altro Clero che però non fu mai rispettato.
198 Cfr. APPENDICE, doc. VI.
199 Cfr. APPENDICE, doc. VI.
200 E’ il caso di rammentare che in Archivio esiste una copiosissima corri-

spondenza tra il Capitolo di San Giovanni e l’avv. Giuseppe Luigi Flaviani, che era
stato incaricato di curare le cause in corso con i Frati Minori di San Francesco e con i
Beneficiati della Chiesa di Santa Maria. Del carteggio con il Flaviani restano ben 62
lettere. Il collegio dei beneficiati di Santa Maria invece, si affidò al legale Capocci
74 Dio fa casa con l’uomo

te, della supremazia della chiesa di San Giovanni, collegiata con arci-
pretura, su quella di Santa Maria, semplicemente collegiale e con ret-
toria201, il vescovo diocesano, mons. Camillo de’ Simeoni, poté final-
mente prendere a cuore personalmente la faccenda dirigendo ogni
suo sforzo per ottenere la grazia dell’unione dei due capitoli da parte
del pontefice. Le pratiche relative furono avviate nell’autunno del
1794 incaricando due funzionari della Dataria di seguire l’iter com-
plesso e lunghissimo per la spedizione della bolla. In particolare,
l’agente Pietro Pasini fu incaricato di occuparsi dell’unione dei benefi-
ci di Santa Maria, mentre l’abate Odoacre Landuzzi avviò le pratiche
necessarie all’unione dei due cleri, anche se nel corso del 1795 tro-
viamo che questo incarico fu passato al Pasini202. Finalmente, dopo
vari ostacoli, in cui buona parte dovettero farla anche le turbinose vi-
cende politiche del tempo e l’instaurazione della Repubblica Romana,
Pio VII, con la lettera apostolica Assumptum a nobis data a Venezia,
dall’isola di San Giorgio Maggiore il 27 marzo del 1801, concederà
finalmente la tanto sospirata unione dando altresì mandato al vescovo
mons. Camillo de’ Simeoni di applicarla con proprio decreto203.
L’unione dei due cleri avverrà quindi in forma solenne e definitiva in
data 10 maggio 1801 davanti allo stesso vescovo, nella chiesa di Santa
Maria204.

Camporeali, pure di Roma di cui nella cartella Capitolo S. Maria. Corrispondenza, si con-
serva una lettera (l’unica) del 28 aprile 1792.
201 Su questo argomento, cfr. la lettera dello spedizioniere Landuzzi al capito-

lo di San Giovanni (APPENDICE, doc. VIII). Da notare che il Chiricozzi (Le chiese, cit.,
p. 70), afferma invece, errando, che le due chiese erano entrambe di dignità collegiale.
202 ASPC, Carteggio Pasini. Finanziamento comunitativo alla fabbrica e altre questioni.

Il carteggio consiste di 51 lettere, la più vecchia datata al 4 ottobre 1794 e la più re-
cente all’8 ottobre 1800, ma sparse tra le altre carte dell’Archivio se ne trovano alme-
no un altro paio.
203 ASPC, Carteggio unione capitoli, Decreto Vescovile “In causas et causis”, dato a

Sutri il 9 maggio 1801.


204 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], ff. 12r-14r
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 75

§ 4.2 – I lavori di costruzione dal 1801 al 1842

Intanto, benché si fosse impegnati dal lato delle Congrega-


zioni romane, e soprattutto in Dataria205, per l’ottenimento della bolla
di unione, si predispongono i progetti per la nuova chiesa e si ricerca-
no i fondi necessari.
Da questo lato, anche la Comunità di Capranica sarà pronta a
collaborare in maniera più che concreta, sia mediante un proprio con-
tributo economico di tremila scudi206, che sarà versato nelle casse
dell’amministrazione della fabbrica a rate di trecento scudi l’anno, sia
con propri deputati che si impegneranno stabilmente insieme agli ec-
clesiastici per la realizzazione dell’opera207.
Per la costruzione della Chiesa si dovettero inoltre acquistare
alcuni terreni limitrofi al fine di dare più spazio alla costruzione. Il 2
novembre 1801 il Deputato per l’acquisto dei siti, il canonico Don
Luigi Roncetti, acquista “…un sito con alcuni muri diruti come dall’Istro ro-
gato dal Sig.r Capitan Petrucci (…) pel valore”208 di scudi 5, mentre altri

205 Fra le Congregazioni romane, la Dataria assumeva una notevole impor-

tanza poiché da essa dipendeva l’esame e l’approvazione delle istanze avanzate dai
singoli o dalle comunità riguardo soprattutto a privilegi e benefici. Tale approvazione
avveniva di solito con un atto ufficiale firmato dal Papa in persona (un breve o una
bolla) o dal cardinal Datario. Per questo motivo la congregazione era detta la Curia
Graziosa poiché, come riporta il Moroni, «…nel tribunale medesimo (…) si tratta di
grazie, le quali principalmente consistono in collazioni di benefizi, riserve di pensioni,
di destinazioni di coadiutorie per la futura successione, di concessione di abiti ed in-
segne prelatizie, come di cappa magna ec., di dispense di irregolarità, nonché di asso-
luzioni, dispense matrimoniali, ed altre simili materie di vari generi.» (MORONI, XIX,
p. 109).
206 Lo scudo romano era una moneta d’argento del valore di 10 giuli, fatto conia-

re da papa Benedetto XIV nel 1753. Fu in vigore fino al regno di Pio IX, il quale in-
trodusse la riforma del sistema metrico decimale e la lira pontificia (cfr. MUNTONI F.,
Le monete dei papi e degli stati pontifici, Roma 1972-1973, p. XXX). Il baiocco era invece il
nome popolare del bolognino romano, che a partire dal 1760 fu coniato in rame, per un
valore di 5 quattrini. La corrispondenza tra baiocco e scudo era originariamente (nel
1530) di 100 a 1 (100 baiocchi = 1 scudo), mentre tra baiocco e giulio era di 10 a 1 (10
baiocchi = 1 giulio). Tale corrispondenza subì nel tempo una forte svalutazione per
cui nel 1708 per 1 scudo erano necessari 165 baiocchi (cfr. MUNTONI F., Le monete,
cit., p. VII). Tuttavia, correntemente si continuò a cambiare 1 scudo ogni 100 baioc-
chi.
207 Cfr. APPENDICE, doc. VI.
208 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 104r
76 Dio fa casa con l’uomo

immobili furono acquistati in quello stesso anno dal Santese della


Fabbrica, il canonico Don Vincenzo Cenci, e precisamente il 14 ago-
sto 1801 “…una stalla posta alle redici del Campanile appartenente
all’Arcipretura…” per scudi 25 e, nello stesso giorno, “…due stanze poste
tra il Campanile, e Casa dell’Arcipretura appartenenti ai Canonicati posseduti
dalli S.i D. Filippo Iannotti, e D. Vin.zo Scagliosi…” per una spesa com-
plessiva di 85,97 scudi. Successivamente, nel 1803 si provvederà
all’acquisto dalla sig.ra Caterina Petrucci, di “…un Granaro, e Tinello
necessario per formare la Piazzetta, e la Facciata della Chiesa…” per un tota-
le di 179,31 scudi 209.

Contemporaneamente verranno ottenuti i preventivi econo-


mici per la costruzione e i pareri tecnici di alcuni architetti del tempo.
Tra questi, in particolare, dalle carte d’archivio troviamo che saranno
interpellati l’arch. Giuseppe Barbieri che, introdotto presso il capitolo
dal Marchese Accoramboni, presentò una propria relazione, ma an-
che l’architetto nepesino Lucaccini il quale, curiosamente, “…anche per
consiglio di questo degnissimo Vescovo…” rammentò al collegio capitolare
di ricordarsi di lui “…nell’elezzione dell’Architetto come mi avevano promesso
per mezzo suo [del Vescovo] due anni or sono…”210.
Tuttavia il progetto della Chiesa, di cui purtroppo non si ha
più traccia, fu affidato all’architetto romano Giuseppe Pelucchi (o Pe-
rucchi), anche se si ignorano le modalità della sua scelta211.

209 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 104v. Sulla

piazza del Duomo, v. nota n° 193.


210 Per la relazione dell’arch. Barbieri, v. APPENDICE, doc. X. Per quanto ri-

guarda le due lettere dell’arch. Lucaccini, v. invece ASPC, Cartella: fabbrica di San Gio-
vanni (progetti – lavori – spese per la nuova chiesa).
211 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 108r. L’arch.

Giuseppe Pelucchi, fu pagato in due rate tra il 1801 e il 1802. La prima, pagata il 27
luglio 1801 per scudi 66, era l’anticipo sul totale di 102 scudi richiesti per i disegni (16
scudi), per i viaggi (16 scudi) e per la diaria (il diatico, di scudi 70). Nel 1802, al 26
gennaio, fu saldata la somma rimanente di scudi 36. Nello stesso anno, il 15 aprile, gli
fu pagato il “…disegno del sotterraneo” per scudi 30, che aveva richiesto la sua perma-
nenza in cantiere per un periodo di dieci giorni (cfr. ASPC, Libro Conti Fabrica, 1, n.
46 – F/SG [1801-1828], f. 2r). Non vi sono pagamenti per gli anni 1803 e 1804, mol-
to probabilmente perché l’Architetto non fece alcuna visita al cantiere. Nel 1805 tro-
viamo invece l’unica, ed ultima, visita alla Fabbrica, per nove giorni, che fu pagata il
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 77

Al capo mastro sutrino Stefano Bisconti vennero invece affi-


dati i lavori di muratura. Con questi, nell’agosto del 1801 veniva stipu-
lato un contratto di appalto con prezzi a misura per la costruzione del
rustico della chiesa.
E l’inizio dei lavori, o almeno la simbolica posa della prima
pietra, dovette avvenire il 6 agosto 1801, un giovedì . Dal contratto di
appalto col Bisconti si deduce infatti che i lavori della Collegiata sono
“…sin da 6 del presente agosto cominciati…”212 e nonostante la copia del
contratto sia priva della data di stipula, dal libro dei conti risultano
regolari pagamenti alle sue maestranze sin dallo stesso mese di agosto
1801213. Poiché, dunque, il decreto d’unione dei due capitoli emanato
da mons. de’ Simeoni prevedeva che i lavori della nuova chiesa aves-
sero inizio entro tre mesi decorrenti dal giorno dell’unione – avvenuta
il 10 maggio 1801214 – gli stessi ebbero ufficiale inizio entro il termine
ordinato dal vescovo.
Ma l’approvvigionamento dei materiali, calce e pozzolane, era
iniziato già sin dal precedente marzo e risulta che almeno alcuni lavori
avessero preso il via già qualche giorno prima dell’avvio ufficiale215. I
lavori di demolizione, infatti, ebbero inizio il 24 luglio del 1801 e pro-
seguirono in preparazione dei successivi scavi di fondazione, che ini-
ziarono subito dopo a partire dal 6 agosto 1801 e fino alla fine di no-
vembre dello stesso anno per una spesa complessiva di scudi 90,73216.
Tra giovedì 6 agosto e martedì 27 ottobre furono gettate le prime
fondazioni ma fu necessario procedere ai “…vuotamenti di due pozze da

21 marzo per scudi 18. Il saldo finale, infine, è del 15 aprile 1802 e riguarda una visita
in cantiere di 10 giornate. Il Pelucchi, infine, tornerà in cantiere solo dopo il 1810.
212 APPENDICE, doc. XV.
213 Cfr. più avanti, nota n. 223.
214 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 13v
215 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 10v – 8 marzo 1801: “(...) Il Sig.r D.

Giuseppe Scagliosi uno dei Deputati della futura Fabrica della nuova Chiesa, e Custode, ed Am-
ministratore di due Macchie cedue coll'intelligenza di Monsignor Vescovo, e delle Sig.rie Loro ha
fatto tagliare la Selva di S. Vincenzo, ed ha fatto cocere una Fornace di Calce di circa 900: some.
In tali opere ha Egli speso circa scudi 200 a conto dei quali ha ricevuto scudi 69: Attualm.te è ne-
cessario il Carreggio di d.a Calce per ismorsarla vicino alla Fabrica, perciò il d.o Sig.r D. Giuseppe
richiede qualche sorta d'impronto; onde f. (...)”. Per tali anticipazioni è testimoniata una spe-
sa di scudi 64,40 (ASPC, Libri conti, n. 54, f. 75r).
216 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 105r
78 Dio fa casa con l’uomo

grano incontrate nelle linee dei fondamenti…” e alla loro successiva muratu-
ra217.
I lavori alle fondazioni subiscono un inevitabile fermo duran-
te i mesi invernali e riprendono solo al 2 di marzo del 1802 quando
alle demolizioni lavorano, fino al 27 dello stesso mese e poi a periodi
alterni fino al 3 settembre, “…Mro Paolo Zecca, Mro Domenico Lucidi per
demolire, e Giuseppe Pernella, ed altri…”. Nel maggio del 1803 da Giorgio
Nicolini viene demolita la casa dell’Arciprete, la sagrestia e parte
dell’Oratorio, mentre nei mesi di settembre ed ottobre si continua an-
cora a lavorare agli sterramenti e ai tagli dei tufi218. Lo spurgo del ci-
mitero sottostante la chiesa, che richiedeva il reperimento di un sito
adatto, costituì un altro motivo di rallentamento poiché nel dicembre
del 1803 ancora non si è proceduto219 e solo nel gennaio del 1804, tra
le proteste degli abitanti della zona preoccupati per la insalubrità
dell’aria, si inizia finalmente a provvedere trasportando le ossa nelle
sepolture dell’Ospedale di San Sebastiano220.
Nel 1804, alla fine di febbraio lo “…scarico della Chiesa vecchia
di San Giovanni, del tetto, e di porzione di muri…”221 doveva essere quasi
completato dal momento che il 24 di quel mese si pagano scudi 24
per tali lavori, ma dal 23 aprile al 19 maggio si continuano lavori di
“…sterri, demolizioni, fondamenti”, lavori che continuano ancora
nell’anno successivo per un importo abbastanza consistente (com-
plessivamente 74,06 scudi pagati a Giorgio Ferretti, Giorgio Nicolini
e Lorenzo Montori, che vi lavorano nel periodo dal 21 marzo al 5
ottobre) 222.

217 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 105r


218 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 105r
219 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 33r – 28 dicembre 1803
220 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 33v – 13 gennaio 1804.
221 Da un altro libro contabile risulta altresì che il 24 febbraio 1804, Giorgio

Nicolini è compensato con 22,00 scudi per lo “…scarico del tetto e demolizione della Chie-
sa Vecchia…” (ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 6r).
222 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 105v. Gli

importi degli anni successivi relativi a questa voce, diminuiscono proporzionalmente


con il progredire dei lavori di muratura, fino a terminare nel 1809 quando al 30 giu-
gno si pagano gli ultimi 7 scudi al Signor Carnevali per lavori di “…fond.ti e sterri”.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 79

Nei libri dei conti, la voce Capomastro fa registrare esiti dal


1801 al 1812. Il primo pagamento al Signor Stefano Bisconti, è regi-
strato per scudi 87,78 in data 7 novembre 1801 e riguarda lavori ese-
guiti fino al 25 agosto 1801. Nel 1802, il Bisconti riceve pagamenti il
mercoledì 3 febbraio (28,57 scudi), giovedì 11 marzo (50 scudi), saba-
to 10 aprile (61 scudi), sabato 8 maggio (31 scudi), venerdì 4 giugno
(63 scudi), per un totale di 234,57 scudi. Ma il 7 marzo del 1803, Ste-
fano Bisconti è morto e i pagamenti sono effettuati, in sua vece, a suo
figlio Camillo. A causa della morte del Bisconti, i lavori di muratura
dovettero subire un fermo abbastanza importante se il pagamento del
7 settembre a vantaggio dello stesso Camillo, è effettuato per soli 9,37
scudi. Ma durante quel mese, invece, i lavori dovettero procedere con
buona progressione poiché il 10 ottobre è effettuato un successivo
pagamento pari a 95,40 scudi223.
Camillo Bisconti conclude la sua parte di lavori alla Collegiata
durante il 1804, allorché si trovano 4 pagamenti a suo favore per la-
vori di muratura, effettuati ogni sabato per quattro settimane, a co-
minciare da sabato 28 aprile e fino a sabato 19 maggio per una spesa
complessiva di 70,10. Tuttavia, sin dall’ottobre del 1803, troviamo lo
stesso Bisconti affiancato da un secondo capomastro, Mastro Nicola
Campanelli, che continua ad esser pagato per lavori di muratura per
tutto il 1804224. E nel 1805 subentra ancora un altro capomastro. Il 18
marzo è infatti registrato un pagamento di scudi 15 in favore del
“…Sig.r Felice Carnevali sostituito per Capomastro in loco del S.r Stefano Bi-
sconti…”225. Con il Carnevali, per tutto il 1805 i lavori procedono ab-
bastanza speditamente fino al novembre dello stesso anno per un im-
porto di 181,50 scudi. E dopo la pausa invernale, anche nel successi-
vo 1806 non dovettero verificarsi particolari problemi poiché dal 15
marzo all’11 ottobre si registrano 15 pagamenti di importi pressoché
identici per un totale di 151 scudi. Ma a giudicare dall’importo della

223 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 109r.


224 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 6r. Il Campanelli viene
compensato con quattro pagamenti eseguiti il 28 febbraio 1804 (19,60 scudi), il 5
maggio (20 scudi), il 12 maggio (20,50 scudi) e il 19 maggio (10 scudi). Le maestranze
del Campanelli erano probabilmente forestiere perché il 31 dicembre del 1804 risulta
un pagamento di 3 scudi a “…Sante Baldi per (…) letti per li muratori…” (ivi).
225 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 109r.
80 Dio fa casa con l’uomo

spesa sostenuta durante il 1807, 142 scudi suddivisi in 7 pagamenti,


concentrati in un periodo tutto sommato breve (dal sabato 11 aprile
al venerdì 6 giugno), possiamo affermare che è questo l’anno in cui la
fabbrica deve aver progredito di più in rapporto ai tempi di esecuzio-
ne226. Negli anni successivi la fabbrica continua a progredire anche se
con molta lentezza. Nel 1808 vi sono 4 pagamenti in favore del ca-
pomastro, il 7, il 14, il 22 maggio e il 2 giugno, per un totale di 93,68
scudi227. Nel 1809, 4 pagamenti in denaro, il 27 e il 30 giugno, il 1 lu-
glio e il 14 agosto, e un pagamento in grano il 6 ottobre, per un totale
di 127,60 scudi; nel 1810, 2 pagamenti (il 14 gennaio per 10 scudi e il
28 settembre per 13,04); durante il 1811 un unico pagamento il 1
maggio per 95,50 scudi; nel 1812 un unico pagamento di 212 scudi
effettuato il 12 ottobre. E al 20 novembre di quell’anno è registrata la
notizia che “…essendo la Fabrica giunta al pavimento, il S.r Capomastro fece
la quietanza di tutti li suoi lavori…”228.

Di pari passo al progredire dei lavori di muratura, sono le vo-


ci di spesa per la calce e i trasporti, che al 1810 avevano raggiunto la
bella somma di 1.024,17 scudi229. La calce veniva acquistata da Stefa-
no Maccanti (per 825 some nel 1801), da Mastro Giovanni Maria Si-
moncini (322 some nel 1802 e 122 nel 1803), da Pietro Fontoni (980
some nel 1803). Collegata a quella per l’acquisto della calce era anche
la spesa per il trasporto dallo smorzo alla Fabbrica. Nel 1805 si acqui-
stano 100 some di calce viva da Bartolomeo Paolucci il 12 giugno per
19 scudi, e il 16 si provvede da parte di Marzio Marangoni, Carlanto-
nio Lanzalonga e Bartolomeo Paolucci, a trasportarla alla pozza dello
smorzo. Altri trasporti in quello stesso anno e per quelli successivi
saranno eseguiti da Luigi Nicolini, Giuseppe Coletta, Sebastiano Orsi,
Francesco Pernella, Giuseppe Onofri, Nicola Bini, Pietro Paolo Beni-
gni, Ubaldo Guiducci.
A “…cavar fuori dalla Grotta del S.r Marchese Accoramboni posta vi-
cino alla porta dell’acqua…” la pozzolana, lavorano dal 1801 al 1810,
Bartolomeo Orlandi “…cavatore di puzzolana…”, Mastro Vincenzo

226 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 109v.


227 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 110r
228 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 110r
229 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], ff. 119r – 121r
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 81

Lucidi, Giorgio e Luigi Nicolini, Giuseppe e Pietro Perugini, France-


sco Ottini, cavando più di 5.000 some di pozzolana (quelle documen-
tate)230, mentre Antonio Nicolini, Terenziano Alessi, Vincenzo Luci-
di, Marzio Marangoni, Sebastiano Orsi, Francesco Pernella, Giuseppe
Coletta, Sebastiano Porta, Cristofero Ciani, Giuseppe Galli, Girolamo
Badini, Paolo Zecca, Rocco Badini, Egidio Nicolai, Giuseppe Speran-
za, Basilio Piferi, Nicola Bini e Terenziano Alessi, provvedono al car-
reggio, ovvero a trasportarla fino alla Fabbrica. A tutto il 1810 il costo
complessivo sostenuto per l’acquisto e il trasporto di pozzolana am-
monta a scudi 719,88. Gli stessi operai lavorano al trasporto
dell’acqua necessaria per la malta per una spesa di complessivi scudi
65,84 al 1809. I sassi vengono acquistati in parte da Ignazio Aquilani
di Caprarola nel 1801, in parte vengono cavati direttamente dal tufo
delle fondazioni della Fabbrica nel 1802 “…per far luogo all’Oratorio”, in
parte recuperati dallo scarico di vecchie murature. La spesa per sassi e
relativo trasporto, a tutto il 1810 ammonta così a scudi 342,47.
Il legname necessario alle impalcature e ai ponteggi, viene
approvvigionato con il taglio della macchia appartenente alla Compa-
gnia di San Vincenzo (1801). Circa “…4800 pezzi consistenti in piane da
10, 12, 15, filagne da filo e travicelli”231, dopo la lavorazione vengono così
accatastati nel “…magazzino fatto nell’Orto del Ven. Ospidale” da dove,
pian piano, secondo le esigenze, sono prelevati e trasportati in cantie-
re. Nel 1806, filagne si acquistano da Nicola Forti e nel 1809 da Fran-
cesco Gragnotti. Al 1810 il costo per il legname ascenderà a 273,17
scudi.
Nel 1805 si acquistano da Agostino Bacci di Bieda gli
“…scalini che conducono all’Oratorio”, in peperino, per scudi 36232. Nel
1807 e nel 1808 sono registrati altri acquisti dallo stesso Bacci rispet-
tivamente per 10 e 6 scudi.
Alla voce “Spese di varie sorti”, sono registrate le spese relative
alle perizie, ai piccoli utensili (scope, pale, una botte per impostare l’acqua,
etc.)233. Nel 1803 e 1804 sono registrate spese per “…stanze, e letti ser-
viti pel Capomastro, e per i Muratori Forastieri…”. Altre piccole spese so-

230 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], ff. 125r – 127v
231 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 142r
232 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 152r
233 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], ff. 180r – 181v
82 Dio fa casa con l’uomo

no relative al legname (acquistato presso Giovanni Ceccarini), per il


risarcimento del campanile (a Giorgio Nicolini), per il perito
“…Giacinto Carabelli per avere misurato tutti li lavori fatti dal S.r Capomastro
fino al Piano della Chiesa…”, che per questo lavoro venne pagato il 1°
agosto 1809 per 4 scudi.
A tutto il 1812 la Fabbrica era già costata più di 5.500 scudi.

Ma l’occupazione francese, che intorno al 1811-13 si fece più


dura, costrinse la fabbrica a segnare il passo.
Già durante il 1810 si ebbero spese complessive di manodo-
pera per soli 23,04 scudi, di cui 10 versati come acconto al Carnevali il
14 gennaio di quello stesso anno234. E nel 1811, a parte una modesta
spesa per la manodopera del Carnevali, compensato il 1° maggio con
95,50 scudi235, sui libri contabili non è registrata alcuna spesa imputa-
bile al cantiere della nuova chiesa. L’anno seguente, tuttavia, i lavori di
muratura ripresero con decisione (212,11 scudi di spesa complessiva
versati al capomastro il 12 ottobre 1812) e si riprendono anche gli ap-
provvigionamenti dei mattoni per la realizzazione della chiesa vera e
propria, da Giuseppe Ripa236. Il 30 ottobre del 1812 si paga un accon-
to a Giuseppe Ripa di Bieda per “…3000 mattoni per impianto della Chie-
sa in 3. partite…”237.
Dal 1813 al 1822, durante il quale i muri perimetrali della
chiesa sono completati fino all’imposto delle travi della volta, la fab-
brica progredirà sempre abbastanza costantemente utilizzando tutte le
entrate annualmente disponibili. Nel 1813, il 20 giugno è registrato un
pagamento di 70 scudi effettuato all’architetto Pelucchi, per aver visi-
tato il cantiere e benché Mastro Carnevali il 22 gennaio riceva 6 scudi
“…in conto sulli lavori da farsi…”, quell’anno a lavorare alla fabbrica sa-
ranno maestranze esclusivamente capranichesi poiché le murature so-
no eseguite dai Fratelli Nicolini e da mastro Giuseppe Galli, padre del
Domenico che dal 1822 in poi porterà a termine l’opera238. Questi,

234 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 19v


235 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 21r
236 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 22r. Il Ripa è pagato il 23,
il 28 e il 30 ottobre per complessivi 8,21 scudi.
237 ASPC, Registro delle Notizie, Introiti e Spese, n. 58 [1801-1814], f. 157r
238 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], ff. 23r-25v.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 83

anche se quell’anno i lavori non ebbero un grande sviluppo, compare


per la prima volta durante il 1814, ma dal novembre del 1815 suo pa-
dre Giuseppe sarà l’unico capomastro che lavorerà alla fabbrica.
Nel 1816 si esegue una perizia dei lavori eseguiti, ordinata
dall’architetto (ma non è specificato di quale architetto si tratti), che è
“ricopiata” dal perito Giuseppe Giordani239. Ad ogni buon conto, il
costo complessivo della fabbrica a tutto il 1817 era già pari a 6.600
scudi.
Negli anni 1818, 1819, 1820, i lavori riprendono con maggior
vigore rispetto agli anni precedenti. In questo periodo si completano
le volte delle cappelle laterali, si proseguono i muri perimetrali della
chiesa, si approvvigionano calce, mattoni e pozzolana in grande quan-
tità. Nel 1817 al cantiere lavorano Pietro Paolo Benigni e Giuseppe
Lucidi per la cavatura della pozzolana, Giuseppe Tanci fornaciaro a
cuocere la calce, Giuseppe Galli alle murature, Luigi Nicolini alle ope-
re di scalpellino (pietra e peperino), Marzio Marangone ai trasporti
dell’acqua, della pozzolana e della calce dalla gorga dove si smorzava,
realizzata presso la fonte dell’acqua Carbona’, fino alla fabbrica240.
Durante il 1819 anche le donne vengono impiegate alla fab-
brica in lavori di assistenza al muratore Giuseppe Galli. In quell’anno
vengono registrate ben 425 gg. lavorative di donne, e 231 nell’anno
successivo241.
Nel 1821 il nuovo vescovo mons. Anselmo Basilici, che dal
1818 era subentrato al defunto mons. de’ Simeoni, nel 1816 creato
cardinale di S.R.E., prenderà finalmente in mano la situazione dando
un notevole impulso alla conclusione della fabbrica. Un altro capo-
mastro, Mastro Carlo Cecchini, lavora sin da quell’anno alla fabbrica.
A questi sono registrati regolari pagamenti settimanali dal 31 mar-
zo242, che si protraggono ininterrottamente per 13 settimane fino al
20 giugno. Le sue maestranze, evidentemente non capranichesi, allog-
giano da Sante Galeotti del Re che per il suo albergo riceve pagamenti
regolari ogni fine mese243.

239 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 30r


240 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], ff. 33r-34v
241 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], ff. 38r-40r
242 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 41r
243 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 42v
84 Dio fa casa con l’uomo

Il 18 ottobre del 1821 è registrato un pagamento al “…Sig.r


Architetto, p. cesso, ricesso, e giornate cinque, scudi 8,80…”. E forse non si
tratta già più del Pelucchi, bensì dell’arch. Francesco Paccagnini il
quale è menzionato esplicitamente l’anno successivo, quando il 23 a-
prile è pagato per una visita in cantiere di nove giorni244. Nel 1822
Domenico Galli è il nuovo capomastro della fabbrica. Dal 16 marzo
di quell’anno sono registrati regolari pagamenti settimanali a suo fa-
vore che si protraggono per 14 settimane fino al 15 giugno245 e dopo
la consueta pausa estiva, riprendono il 3 settembre continuando per
altre 12 settimane fino al 28 novembre, quando si fermano per
l’inverno246. L’interessamento del Vescovo mons. Basilici è tangibile.
Non solo, grazie al suo impegno e alla sua sollecitudine pastorale, da
quest’anno aumentano sensibilmente le entrate della fabbrica, e con-
seguentemente le spese che è possibile effettuare, ma anche nella scel-
ta di Domenico Galli egli dev’essere risultato senz’altro decisivo poi-
ché nella caparra versata allo stesso Galli il 21 giugno 1822 è esplici-
tamente detto “…caparra di lavori da farsi nella prossima lavoraz. di settem-
bre come d’Ordine di Mosnsig.r Ves.vo…”247. E la fabbrica lavora finalmen-
te a pieno regime tanto che non basta più un solo fornitore di mattoni
e a Giuseppe Ripa si viene così ad affiancare Pietro Boccini che il 31
ottobre riceve 14,68 scudi per “…n° 1600 Mattoni, e n° 16 Some Rottu-
me di Mattoni”248.
Nel 1823 iniziano i lavori del cornicione interno. Al 26 di
marzo si pagano i fratelli Pietro e Benedetto Marchetti “…per trasporti
di Pietre p. il Cornicione…”249. Il 6 aprile cominciano i pagamenti al Gal-
li che durano per 12 settimane fino al 20 giugno250, e poi, dopo la
pausa estiva, riprendono il 25 agosto per continuare ininterrottamente
fino al 31 dicembre251. In questa seconda fase dopo l’estate, il Galli
lavora all’armatura “…del voltone”. Giuseppe Ripa fabbrica infatti i
“…mattoni dell’Arcone” per cui riceve un pagamento di 5 scudi il 27

244 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 45r


245 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 45r
246 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 46r
247 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 45v
248 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 45v
249 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 47v
250 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 48v
251 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 49v
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 85

settembre. Continua l’assistenza dell’architetto Francesco Paccagnini.


Il 28 marzo Domenico Galli è rimborsato delle spese sostenute per
“…vittura di cavallo, stallatico, e letto, spedito in Roma p. discorrere con
l’architetto coll’intelligenza de’ i Sig.ri Deputati…”252. E il 6 maggio è regi-
strato un pagamento di 6 scudi al Paccagnini stesso per una sua visita
in cantiere la cui durata possiamo conoscere dal pagamento effettuato
a Clementina Petrucci che viene saldata “…per cibarii, e commodo di letto
p. giorni cinque all’architetto Pacagnini…”253.
A tutto il 1823 il costo complessivo della fabbrica ascendeva
a circa 10.200 scudi, e nel 1824 si sta finalmente terminando la volta,
cui lavora il Galli. Mons. Basilici, intanto, nella sua seconda visita pa-
storale, approva con soddisfazione l’andamento dei lavori e “…quanto
è stato operato…”, raccomandando nello stesso tempo “…alli Sig.ri De-
putati l’attaccamento, ed il pelo per sollecitamente perfezionare un’opera così san-
ta, e per questa popolazione così necessaria…”254.
Nel 1825 la volta è finalmente completata e si comincia
l’armatura del tetto. Il 3 febbraio di quell’anno viene pagato
“…Liberato Barella, e Compagni per aver coperto la Volta del Presbiterio…”,
ovvero l’abside che doveva essere protetta dalla pioggia255. Le visite
dell’architetto Paccagnini continuano e alla fabbrica Domenico Galli
viene affiancato dal “…Luigi Galli, ed altri lavoranti…”256. Alla fine
dell’estate si comincia la copertura e durante i mesi di novembre e di-
cembre si approvvigionano i materiali necessari: Giuseppe Ripa fab-
brica il 18 novembre mille pianelle, il 21 “…300 grondare da tetto…”, il
2 dicembre altre mille pianelle, il 12 trecento tegole maritate… e così
via fino alla fine dell’anno257.
Il 2 febbraio 1826 viene disarmata la volta del cappellone258 e
il successivo 13 aprile cominciano i lavori per la posa in opera dei ca-
nali di gronda che sono eseguiti da “…Maestro Carlo Del Grosso, stagni-

252 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 48r


253 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 49v
254 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 57r. L’intero resoconto

della Visita è riportato dal f. 56v al f. 57v.


255 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 59r
256 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 59r
257 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 61v
258 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 62r
86 Dio fa casa con l’uomo

no…”259, mentre le armature della volta e “…l’incavallatura del tetto della


tribuna…”, vengono eseguite dal falegname Giovanni Woderich260.
Durante lo stesso anno, il 10 agosto Domenico Galli è in Roma
“…dall’Architetto per approvare il disegno dell’Armatura della Volta…” e lo
stesso giorno riceve in pagamento l’anticipo contrattuale per la sua
esecuzione261. Nel febbraio del 1827 la volta è terminata e il Galli ri-
ceve il pagamento della quinta rata pattuita e ulteriori 10 scudi “…per
titolo di gratificazione per la Sua Vigilanza premura, ed attività nella Lavora-
zione della Volta grande della Nuova Chiesa”262.
Durante il 1828, ad opera del Galli, continuano e terminano i
lavori di copertura del tetto, mentre dallo stesso Galli è realizzata
“…la loggia dell’Abit.e del Sig.r Arciprete…”263. Nel 1829 si terminano i
lavori “…ad uso di stagnino per tutti i Canali di Latta per i tetti…”, che
vengono eseguiti da Giuseppe Rosa. Contemporaneamente, Luigi Ni-
colini realizza numerosi lavori in pietra e in peperino e Domenico
Galli, dal giugno al novembre, provvede al restauro del campanile264.
Alla fine dell’anno la chiesa era completamente coperta e nel 1830 i
lavori di muratura potevano dirsi oramai terminati tanto che durante
la primavera del 1831 la chiesa tornerà ad essere utilizzata per le fun-
zioni. Per questo fervono i preparativi e gli acquisti degli arredi e delle
suppellettili.
Il 16 marzo 1831, 20 scudi prelevati dalla eredità di Anna
Porta, sono “…pagati per la valuta di 12 candelieri, due croci, quattro contro-
lumi, e due paja di Cartaglori innargentate per la nuova Chiesa, come da ricevu-
ta…”265. Il 28 marzo vengono acquistate da Giovanni Battista Pasotti
“…sei canne di tela per fare le tovaglie nelli Altari della nuova Chiesa Collegia-
ta…”266. Il 30 marzo viene fatto restaurare “…il Quadro Vecchio di San
Giovanni…” e ai primi di aprile viene acquistato del carbone forte da
Giuseppe Tempesti “…per togliere qualche poca di umidità nella nuova Chie-
sa di San Giovanni”. Il 6 aprile, presso la sagrestia di Santa Maria ha

259 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 63r


260 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 59r
261 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 64v
262 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 46 [1801-1828], f. 67v
263 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, p. 7
264 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, pp. 9-10
265 ASPC, Libro conti n° 3 – Fabbrica, n. 54 [1786-1838], p. 260
266 ASPC, Libro conti n° 3 – Fabbrica, n. 54 [1786-1838], p. 260
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 87

luogo l’ultimo capitolo celebrato fuori dalla sede di San Giovanni


“…per venire all'elezzione di due Deputati Canonici per l'Assistenza alli Mis-
sionarj nell'Ottava di Pasqua di Resurrezione di Nostro Signor Gesù Cristo nel-
la Nuova Chiesa di S. Giovanni Evangelista” 267. L’11 aprile viene trasloca-
ta la sagrestia capitolare dalla chiesa di Santa Maria a quella di San
Giovanni per cui gli “…Uomini, che trasportarono dalla Chiesa di S. Maria,
alla Nuova Chiesa di S. Giovanni il Paratorio, altre Credenze, Cassette dei
Can.ci, Confessionari, ed altro…” ricevettero 60 bajocchi. Il 23 aprile si
acquista “…un calamaio, e un polverino Nuovo per la Sagrestia della Nuova
Chiesa Collegiata…”268. E finalmente, martedì 26 aprile 1831 il Capitolo
torna a riunirsi “…per ordine del M.lto Rdo Signor Arciprete Petrucci nella
Sagrestia della Chiesa di san Giovanni…”269.
La chiesa era finalmente terminata.

E’ davvero singolare come la chiesa sia stata utilizzata appie-


no per le normali funzioni religiose nonostante non fosse ancora so-
lennemente consacrata. Infatti, dall’aprile del 1831 al 1° ottobre 1842,
data in cui avvenne la consacrazione, corrono ben undici anni in cui
la chiesa ha funzionato a pieno regime per le celebrazioni liturgiche.
Dalla lettura dei libri dei conti conservati presso l’Archivio, infatti,
non c’è dubbio alcuno che ciò che abbiamo poc’anzi affermato si sia
effettivamente verificato. Già nel 1831 presso la Collegiata si riprende
il normale consumo di olio e di cera e ai 22 boccali di olio consumati
nella chiesa di Santa Maria, se ne aggiungono altri 18 consumati in
quella di San Giovanni270. Ma v’è di più. Durante l’Avvento anche a
San Giovanni, come a Santa Maria, si celebra la novena di Natale, per
cui sono necessarie dodici libbre di cera271 e nel 1834, per la festa del
Corpus Domini, in entrambe le chiese si espone il SS. Sacramento e si
celebra l’ottava della festa272.

267 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 81r


268 ASPC, Libro conti n° 3 – Fabbrica, n. 54 [1786-1838], p. 260
269 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 81v
270 ASPC, Libro conti n° 3 – Fabbrica, n. 54 [1786-1838], p. 262
271 ASPC, Libro conti n° 3 – Fabbrica, n. 54 [1786-1838], p. 262
272 ASPC, Libro conti n° 3 – Fabbrica, n. 54 [1786-1838], p. 303
88 Dio fa casa con l’uomo

Pertanto è chiaro che la chiesa sia stata utilizzata sin da subito


prima ancora della sua consacrazione e nonostante nell’interno della
chiesa i lavori continuassero di buona lena.
Il Galli, durante l’estate del 1831, è impegnato infatti nella
“…lavorazione in grande dell’interno della Chiesa…”273 e nello stesso anno
vengono stipulati contratti con il falegname Pietro Acherman, uno
svizzero stabilitosi molto probabilmente a Capranica, per l’esecuzione
di diverse opere in legno di noce, come le porte interne della chiesa e
gli armadi della sagrestia, e con Raffaele Arpignani a cui viene affidata
la realizzazione dei serramenti274.
Ma i lavori continuano. Nel dicembre del 1831 viene realizza-
to il nuovo pulpito ad opera di Giuseppe Tempesti275 e nel 1832 al
falegname Domenico Antonio Giardi viene commissionata la realiz-
zazione “…del Coro, del Bussolone ed Orghestra…”276. Quest’ultima sarà
realizzata a più riprese. Nel 1838 Domenico Galli lavorerà alla costru-
zione della cassa organica e per “…assicurare con catene di ferro,
l’Orghestra…”277. Nel 1839, in 22 giornate di lavoro, Angelo Morettini
di Perugia, assistito da Giuseppe Sacchi “…suo inserviente…”, procede
al montaggio dell’organo mentre lo stesso Domenico Galli
“…costruisce la scala per andare all’orghestra…” e procede al taglio della
“…volta della stanza di accesso…”278.
Con tutta probabilità, dunque, il collegio capitolare, d’intesa
con il vescovo mons. Basilici, deve aver deciso di aspettare che, per
procedere alla consacrazione, la chiesa fosse definitivamente termina-
ta anche all’interno. Ma il nuovo vescovo, mons. Francesco Spalletti,
al suo arrivo nel gennaio del 1841, deve invece essere rimasto assai
sorpreso da tale stato di cose. Il 28 marzo del 1842, si deputano allora
i fratelli Don Giovanni e Don Luigi Francini “…avendo sua Signoria
Illustrissima e Rdma nostro Monsignor Vescovo Diocesano ordinato di solenniz-
zare la consagrazione di questa Chiesa Collegiale di San Giovanni…”, affin-

273 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, p. 21


274 ASPC, Libro conti n° 3 – Fabbrica, n. 54 [1786-1838], p. 296
275 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, p. 31
276 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, p. 35
277 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, p. 55
278 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, pp. 60-63
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 89

ché predispongano tutto “…quanto può occorrere in simile circostanza”279.


Per ciò, si acquistano da Angelo Papini le dodici croci di terra cotta
necessarie alla consacrazione280; si incarica Felice Fabretti di procede-
re all’imbiancatura della chiesa281; si fa decorare dal francescano Padre
Carli l’altare maggiore282; si acquistano da Pietro Acherman, una sedia
di legno e la scala necessaria alla consacrazione delle croci283.
Il rito di consacrazione, quindi, potrà finalmente avvenire il
1° ottobre 1842 davanti a tutto il clero e al popolo capranichese fe-
stante.

§ 5 – Descrizione della chiesa attuale

La Chiesa di San Giovanni è una grande aula che dal punto di


vista prossemico, ovvero dal lato dei rapporti che intercorrono tra lo
spazio sacro e i suoi fruitori, è quanto mai di più funzionale possa
immaginarsi. Nell’unica grande navata centrale, celebrante e assem-
blea sono l’uno di fronte all’altro, reciprocamente bene in vista, a tut-
to vantaggio della celebrazione delle liturgie che, per questo motivo,
risultano sempre ben partecipate.
Anche la zona presbiteriale, caratterizzata dalla grande mensa
di marmo e dall’ambone fisso, pure in marmo, grazie alla sua posizio-
ne di leggera sopraelevazione rispetto all’aula, consente un’ottima vi-
sibilità e una immediata e attiva partecipazione da parte dei fedeli.

LA PIAZZA E LA FACCIATA

Nonostante il vescovo mons. Gaspare Maria Petocchi avesse


ordinato con proprio decreto, durante una sua visita pastorale del
1851, di portarla a compimento, la facciata della chiesa di San Gio-
vanni si presenta ancora rustica284. La cronica mancanza di risorse e-

279 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], p. 144


280 ASPC, Libro conti n° 1 – Fabrica [n. 52 – (1839-1857)], p. 47
281 ASPC, Libro conti n° 1 – Fabbrica, n. 52 [1839-1857], p. 47
282 ASPC, Libro conti n° 1 – Fabbrica, n. 52 [1839-1857], p. 49
283 ASPC, Libro conti n° 1 – Fabbrica, n. 52 [1839-1857], p. 50
284 ASPC, Libri Capitolari, 5 [1848-1883], pp. 27-39 - 1° agosto 1851: “…In

questa Nra Pma Sagra Visita Pastorale nel visitare la nuova Fabrica dell’Insigne Collegiata di S.
Giovanni Apostolo, ed Evangelista non senza nostro sommo dolore abbiamo osservato non essere
90 Dio fa casa con l’uomo

conomiche che aveva assillato gli amministratori della Fabbrica per


tutto il tempo della sua costruzione, deve aver infatti dirottato i pochi
denari disponibili nella realizzazione di opere ben più necessarie.
D’altronde, come osserva giustamente il Chiricozzi, chi mai avrebbe
dovuto godere della bellezza della facciata se essa non è visibile se
non dalla minuscola piazza prospiciente285? Lo stesso rustico è rima-
sto incompiuto in più punti lasciando visibile la muratura grezza degli
strati più interni, segno evidente che il completamento della facciata
non fosse sicuramente in cima alla lista delle priorità.
Ad ogni buon conto, la facciata è un misto di elementi tardo-
barocchi con più di qualche accento neoclassico, che non permettono
una sua netta classificazione all’interno di un preciso stile architetto-
nico.
Il finestrone centrale, riaperto in occasione del restauro del
1997, esisteva già in origine ma venne murato durante il 1859 da
Domenico Galli286 a causa delle infiltrazioni d’acqua che provocava
alla sottostante cassa organica287.

IL FONTE BATTESIMALE

Abbiamo già detto altrove che San Giovanni, come chiesa


arcipretale, era l’unica a Capranica ad essere dotata di fonte battesima-

ancora in tutte le sue parti ridotta a quella perfezione, che merita la Casa di Dio. Di fatti vedemmo
non ultimati il decente Oratorio sotterraneo, i muri di rinforzo dalla parte di Tramontana, il pro-
spetto dell’Organo nella Nave grande della Chiesa, e la rusticità dell’esterno de’ muri nella sua
Piazza, e lungo la strada di mezzo. Rilevammo eziandio non essere del tutto ripianati i debiti con-
tratti per la ricostruzione ed ampliazione della Fabbrica non essendo stati restituiti gl’argenti, ed
altri Oggetti de’ LL. PP., che per lungo tempo assegnarono tutte le loro Entrate a beneficio della
medesima. Cose tutte, che ci hanno altamente angustiato, e tanto più perché non sono pronti i mezzi
necessari per porvi riparo…”. Pertanto il Vescovo ordina che il denaro che sarà raccolto
per terminare la chiesa si dovrà utilizzare “…pmo per ultimare l’Oratorio Sotterraneo, e
muri di rinforzo, riconosciuti che saranno i conti del Sig.r Domenico Galli impresario; 2°
nell’adornare il prospetto dell’Organo; 3° nell’arricciare e dar la mezza tinta alli muri esterni della
Chiesa dalla parte di Levante e mezzo…”.
285 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, op. cit., p. 72
286 ASPC, Libro conti n° 4 – Fabbrica, n. 56 [1857-1878], f. 26r. La spesa, pari a

13,91 scudi, è riportata al 31 agosto 1859 (numero d’ordine 35).


287 Come, ad es., si riporta in ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, p. 65 dove

Domenico Galli, capomastro, è pagato in data 28 aprile 1840, per “…aver riparato
l’acqua che penetrava dal Fenestrone nella Cassa Organica…”.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 91

le. Questo doveva servire quindi, per tutta la popolazione capraniche-


se e anche per la parrocchia di Santa Maria i cui nati venivano battez-
zati a San Giovanni288.
Il fonte battesimale di San Giovanni, posto all’ingresso della
chiesa a sinistra, secondo l’antica tradizione di origine paleocristiana, è
di marmo bianco con vasca ovale e base triangolare. Di buona fattura,
non si conosce l’autore. Tuttavia sulle tre basi vi sono riportate le in-
segne del vescovo diocesano mons. Orazio Moroni289, e le seguenti
iscrizioni:
AVTORITATE
B.MI ·D·OR·I·MORONI
EPI·SVTRINI
----------
SVMPTIBVS
PAROCHIANO B
A·D·1586

Il coperchio in bronzo con scene del battesimo di Cristo che


ricopre il fonte vero e proprio, è un dono del comm. Preziotti e risale
al 1971.
Sopra la porta del fonte battesimale è la lapide che ricorda la
consacrazione della chiesa:

288 Sui registri dei battesimi veniva rigidamente annotato se il catecumeno ap-

parteneva all’una o all’altra parrocchia con formule del tipo: “de hoc loco et hac parochia
coniugibus” nel caso di bambini appartenenti alla parrocchia di San Giovanni o “de hoc
loco et Sanctae Mariae parochiae coniugibus” per quelli della parrocchia di Santa Maria (cfr.
CANONICI C. - SANTONI P., Parrocchie, Chiese e Confraternite, cit., p. 3). E’ interessante
notare che la parrocchia di Santa Maria è stata dotata di fonte battesimale dopo il
1917 con l’entrata in vigore del Codice di Diritto Canonico, che stabiliva di erigerlo
in ogni parrocchia (cfr. CJC 1917, can. 774: Ǥ 1. Quaelibet paroecialis ecclesia, revo-
cato ac reprobato quovis contrario statuto vel privilegio vel consuetudine, baptisma-
lem habet fontem, salvo legitimo iure cumulativo aliis ecclesii iam quesito. § 2. Loci
Ordinarius potest pro fidelium commoditate permittere vel iubere ut fons baptismalis
ponatur etiam in alia ecclesia vel publico oratorio intra paroeciae fines»). In pratica
per la chiesa di San Giovanni, la questione si tradusse in una secca perdita di prestigio
poiché veniva di fatto a cadere un altro motivo della sua superiorità sulla chiesa di
Santa Maria (cfr. CAVIGLIOLI G., Manuale di Diritto Canonico, Torino 19392, pp. 590-
591). La questione del nuovo fonte battesimale di Santa Maria fu affrontata in capito-
lo il 5 maggio 1918 quando si approvò un bozzetto dello stessa e la relativa spesa (cfr.
ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], f. 81r).
289 Cfr. GAMS, p. 709: Horatius Moroni, ep. 5.IX.1580 – X V.1604
92 Dio fa casa con l’uomo

DEO.UNI.TRINO.AETERNO
IN.HONOREM.IOANNIS.APOSTOLI
AEDEM.SACRAM
IN.AMPLIOREM.FORMAM.EDUCTAM
OMNIQUE.ORNATU.EXCULTAM
FRANCISCUS.SPALLETTIUS
EPISCOPUS.SUTRINUS.ET.NEPESINUS
SOLEMNIBUS.CAEREMONIIS.DEDICAVIT
KALENDIS.OCTOBRIBUS.ANNO.MDCCCXLII290

LA CAPPELLA DELL’ADORAZIONE DEI MAGI

Il primo altare sulla sinistra è dedicato all’adorazione dei Ma-


gi. La pala dell’altare e la mastodontica macchina lignea provengono
dalla Chiesa di San Francesco291. Si ignora l’autore del dipinto. Sulla
destra dell’altare appena sopra la balaustra in legno che lo divide dalla
navata della chiesa vi è una lapide con la seguente iscrizione:

Α Ω
HEIC QUIESCIT IN CHRISTO
IACOBUS CINTOLI PRESBIT. CAPRANIC.
PIETATE ET MORUM INTEGRITATE
PROBATISSIMUS
HUIUS INSIGNE ECCL. COLLEG.
S. IOANNES CANONICUS
ADOLES. STUDIO PIETATE ERUDIENDIS
XXVIII AN. DUX ET PRAECEPTOR
V. ECCL. PRLIS S. M. IN COELUM ASSUMPT.
RECTOR
IN FIDELIUM SALUTE PROCURANDA
IN DEVIS AD VIRTUTEM REDUCENDIS
IMCOMPARABILIS
QUI

290 Dio eterno, uno e trino. Francesco Spalletti, Vescovo Sutrino e Nepesino, questo tempio

sacro, innalzato in forma ampliata con ogni splendore abbellito, in onore di Giovanni Apostolo con
solenne cerimonia ha dedicato. Calende di ottobre dell’anno 1842. La lapide fu posta solo nel
1877 quando in ASPC, Libro Conti, n. 84 [1874-1892], p. 78 (esito 1977) si trova la
seguente voce: “Pagati al marmista di Viterbo Sig. Benedetto Passarelli per la lapide della Con-
sagrazione della chiesa Collegiata di S. Giovanni e trasporto da Viterbo a Capranica… £ire 45;
Al capo Mastro Sig. Domenico Fidoni per innalzare la sud. lapide nella sud. Chiesa… £ire 10”.
291 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 71
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 93

IN KAL. MAI. MDCCCLXXII


PIENTISSIME DECESSIT
AN. LXI. M. IX D. IV

FRATRES SORORES NEPOTES


NE INSIGNI SACERDOTIS MEMORIA
INTERCIDERET
P.P.

Nel restauro che nel 1997 ha interessato tutta la chiesa, que-


sta cappella è purtroppo rimasta esclusa, cosicché essa si presenta an-
cora abbastanza buia a causa delle sue decorazioni poco luminose.

LA CAPPELLA DEL SACRO CUORE

Il secondo altare a sinistra è dedicato al Sacro Cuore di Gesù,


il cui culto si è particolarmente sviluppato durante il XIX sec.. Nel
1917, su proposta dell’arciprete Don Sante Formaggi, si decise
l’acquisto di una nuova statua che il Capitolo non volle sostituisse il
dipinto esistente. Sulla questione emersero delle tensioni all’interno
del Capitolo che si risolsero con un compromesso davanti al Vesco-
vo, ovvero che la statua sarebbe stata acquistata ma solo per utilizzar-
la in occasione dei primi Venerdì , per il Triduo e per la Festa del Sa-
cro Cuore, conservando il quadro esistente292. La pala che ritrae il Sa-
cro Cuore, comunque, è stata rifatta nel 1972 dalla pittrice Anita Pa-
scelli Mattei direttamente dall’originale di Antonio Ciseri, dopo
l’incendio che ha interessato tutta la cappella293.
A sinistra rispetto all’altare è posizionata una lapide fatta mu-
rare nel 1850 dall’arciprete don Basilio Porta, dedicata alla memoria di
Suor Maria Anna Ridolfi294:

292 ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], pp. 79v-80r. Attualmente la statua in

questione è custodita nella stanza dirimpetto l’accesso laterale della chiesa.


293 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 70
294 ASPC, Libri Capitolari, 5 [1848-1883], p. 5. Nel verbale capitolare datato 31

agosto 1850 – l’ultimo dove compare come arciprete Don Basilio Porta – si legge:
“Illmi Signori. Il prelodato Sig. Arciprete [Basilio Porta] ha riportato Rescritto dall’Illmo Signor
Vicario Generale di Sutri ad una lettera, il tenore del quale si trascrive = Eccza revma = Mi ri-
volgo a V. Sig.ria Rdma, perché si degni accordarmi il permesso, onde poter eseguire un piccolo Sca-
vo nella Chiesa Collegiata di San Giovanni, essendo passata agl’eterni riposi Suor Maria Anna
Ridolfi Maestra Pia, e siccome nella medesima defunta si sono conosciuti Segni non equivoci di San-
94 Dio fa casa con l’uomo

MARIANNA.RIDOLFI
RARO.ESEMPIO.DI.PIETA’.MODESTIA.RELIGIONE
ALLA.EDVCAZIONE.DELLE.FANCIVLLE
PER.VENT’.ANNI
PRODIGO’.CVRE.INDEFESSE
NACQVE.LI’.XIX.AG.MDCCCXI
MORI’.LI’.XXX.AG.MDCCCL
L’.ARCIPRETE.D.BASILIO.PORTA
QVESTA.MEMORIA.POSE

Nella cappella è anche custodita una immagine di San Giu-


seppe, posizionata a destra dell’altare, nonché di San Gabriele
dell’Addolorata, conservata invece in una nicchia vetrata.

IL CAMPANILE ROMANICO

Nell’ingresso laterale su via degli Anguillara si apre la porta di


accesso al Campanile. Questo è l’unico elemento conservato della
vecchia chiesa romanica. E’ una torre campanaria di base quadrata,
che raggiunge una altezza di circa mt. 35. Alla base della torre è misu-
rata l’altitudine di Capranica pari a mt. s.l.d.m. 373. Data la sua altezza
che ne permette la visibilità da molto lontano, ne sono state misurate
le coordinate catastali dell’asse295.
Poiché il campanile, in origine, non era unito alla chiesa ma si
trovava da essa isolato, a causa del suono delle campane, che con il
loro ondeggiare ne hanno provocato lo slegamento delle murature,
nel tempo si sono resi necessari vari interventi e lavori di consolida-
mento e manutenzione. Sin dal 1671 si registrano, in archivio, lavori
al campanile296, e nel 1751 fu necessario “…di provvedere il rifacimento

tità, e per questo secondo il parere di varj Canonici, è mio desiderio poterne ottenere le facoltà, perché
venga tumulata in luogo separato senza il minimo dispendio della Chiesa. Di tanto la prego nella
Speranza di essere favorito. Passo colla più distinta stima a ripetermi = Basilio Arciprete Porta =
Sutri, 31 Agosto 1850 = Al Signor Vicario Foraneo di Capranica con tutte le facoltà
necessarie, ed opportune inteso il Capitolo legalmente adunato = F. Can.co Bisconti
Vicario Generale =”.
295 X (Nord) = + 36.896,99 ; Y (Est) = -22.451,260
296 ASPC, Libro Conti, n° 180. Al f. 74r sono registrate le seguenti spese soste-

nute per il riattamento del campanile: “…15,10 scudi dati a Giuseppe, e Domenico Iannotti
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 95

della Piramide del Campanile di questa Chiesa Colleg.ta, la quale di già minac-
cia ruina secondo la perizia d’alcuni Muratori…”297. Nonostante ciò ancora
nel 1772 furono eseguiti altri lavori di consolidamento298 e nello stes-
so anno si addivenne alla decisione di ridurre il suono della torre
campanaria per diminuire i problemi di dissesto statico provocati dal
moto delle campane299. Il 27 aprile 1906, un fulmine colpì la guglia e

muratori… 14,27 scudi dati a M° Ottavio Moscharini… 3,47 dati a Alessio Alessi scarpelli-
no… cento mattoni 1,20 scudi… travi presi dal Sig. Marino scudi 1,00…”.
297 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], ff. 92v – 94r
298
ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], ff. 251v – 252r - 18 Febbraio 1772:
“Il Rmo Sig.r Arcip.e Speranza propone alle Sig.rie Loro siccome essendo già stati affissi gli editti
per qlli che volevano attendere al riattamento di qsto nro Campanile in conformità di altro Caplo su
tal particolare tenuto sotto il di 28 Xmbre 1771, ed essendo di già venute alcune offerte, che qui si
leggono, potranno le Sig.rie loro Rme considerarle attentamte e sciegliere, chi di questa si abbia d a-
sciegliere, e qlla che più utile, e vantaggiosa per la nra Chiesa parerà s'abbia d'accettare. Il Can.co
D. Graziano Onofri arringando disse, che avendo considerato tutte le offerte esibite dal nro Seg.rio
gli pare più di tutte sii vantagiosa qlla data da M.o Filippo Manetti, e perciò quella sola accettar si
dovesse, esclusi tutti gli altri. Così, chi vorrà acconsentire ad d.o Arringo dii il suo voto favorevole, e
chi nò contrario e passato il bussolo furono trovati suffragi n.o sei bianchi, ed uno nero.
Tenore dell'Offerta soprad.a data da M. Filippo Manetti
Io Sotto offerisco alli lavori da farsi ad uso di Muratore nel Campanile dell'Insigne Chiesa Colleg.a
di S. Gio: di Capranica conn l'Infratti patti, e condizioni cioè
1° Che d.o Rmo Caplo sii tenuto, ed obbligato di darmi a mano a mano che si verrà lavorando
qualche somma di denaro per potere fare le provisioni necessarie, ed opportune per d.o lavo-
ro, ed il resto darmelo finito, che sarà d.o lavoro fino alla somma di scudi sessantotto.
2° Che io sii tenuto, ed obbligato a rifare una partita di Cantonato nel second'ordine di d.o Cam-
panile fatta tutta di Mattoni a' Cortina.
3° Che io sii tenuto, ed obbligato di far fare, e porre in opera due Catene di ferro della qualità delle
altre che vi sono.
4° Che io sii obbligato a rinboccare, a ristaurare alcuni spacchi di esso Campanile cioè qlli più
grandi, e i più necessari con fattezza delli ponti occorrenti per fare d.i lavori.
5° Voglio esser tenuto e obbligato ad impiegare del proprio tutti li legnami, e materiali per far d.o
lavoro.
6° Per rimediare al danno che porta il buco nella Palla in cima alla Piramide, alli legnami delle
Campane, per quanto mi si asserisce, è necessario lo Stagnaro, e per questo io solam.e voglio
esser obbligato a' farli li Conti ed altro commodo, che bisognerà al med.o per dare d.o lavoro,
in quanto poi al pagam.to sii tenuta la R. Fabbrica, e per essa il Sig.r Can.co Santese.
E affinché tanto la R. Fabrica, qnto il Reverendissimo Capitolo restino maggiorm.e assicurati di
quanto da me è stato promesso, nell'istrumento, che si farà mi obbligo dare per sicurtà M.
Filippo Zecca da Bassano accasato qui in Capranica, e M. Giu.e Marangoni = Io M. Fi-
lippo Manetti mi obbligo e s.a m.o pr.a”.
299 ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], ff. 261v - 28 dicembre 1772: “Il più

volte nominato Sig.r Arcip.e D. Bened.o Speranza avendo fatto alcune riflessioni, per venire molti
96 Dio fa casa con l’uomo

la distrusse parzialmente. I lavori di riparazione furono eseguiti su


progetto dell’Ingegnere viterbese prof. Federico Scoccianti dalla soc.
Labor di Capranica, che se li aggiudicò con trattativa privata, per un
importo di 3.372,72 lire di allora300. Oltre al rifacimento della guglia,
rifatta ben più ripida di quella distrutta, venne installato un parafulmi-
ne, ricostruito il cornicione e rifatta la scala interna di legno distrutta
anch’essa dal fulmine.
La campana mediana, del peso di 3000 libbre, è quella che fu
fatta fondere dal popolo capranichese ad un anno dalla liberazione
dagli Anguillara, su cui è la seguente iscrizione: X MENTE SAMTEM
SPONTANEA HONOREM DEO ET PATRYE LIBERATIONE X MCCCCLXVI X 301.

Il campanile è di stile tardo romanico, con influenze gotiche


ed ha tre ordini di finestre trifore con colonnine e decorazioni in pe-
perino grigio. Il Serafini, nella sua opera sui campanili medievali lazia-
li, è del parere che sia stato innalzato dalle stesse maestranze che rea-
lizzarono quello di Sutri, la cui cattedrale fu consacrata nel 1207 da
Innocenzo III302.
All’interno del corridoio d’accesso laterale alla chiesa, dirim-
petto alla porta di accesso al campanile, è posta la seguente lapide:

danni al nro Campanile, e per conseguenza la nra povera Chiesa esser sogetta al risarcimento di
esso, per il continuo suono a Doppio; venendosi con esso a scuotere tutta la Torre; quindi è, che sa-
rebbe di sentimento, inteso il parere delle Sig.rie Loro Rme unitam.e coll'Oracolo di Monsig.r Illmo,
e Rmo Vescovo, o dell''mo, e Rmo Sig.r Cardinale Visitatore [Card Pietro Colonna Pam-
philj], che non si suonino più a doppio se non che nelle feste di precetto, e nelle solenni che non possa
durare il doppio più di un'ora in circa intendendo sempre nell'Ave Maria dell'Aurora del mezzo
Giorno, e dell'Ave M.a della Sera, con una pena al Sag.no protempore contravvenendo di baj. Cin-
que, ciascheduna volta da approvarsi da Superiori c.e in caso di bisogno, come si costuma in tutti gli
altri luoghi, e furon tutti di un Commun consenso, che ciò si osservasse.”
300 ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], p. 55v. Poiché le finanze della fabbri-

ca non potevano permettersi la spesa, il Capitolo decise di chiedere contributi sia alla
diocesi “…con un istanza a S.E. Revma Mons. G. Bernardo Doebbing Vescovo degnissimo di
questa nostra Diocesi (…) perché voglia degnarsi concorrere al detto lavoro con qualche sussidio…”,
sia “…all’intera cittadinanza, affinché con le sue oblazioni venga a portare il suo aiuto alla Chiesa
per il compimento di detta opera…”, sia “…all’Eccellentissimo Municipio, perché dal suo bilancio
dia il suo sussidio…”, sia, infine, “…al Ministero di Gtazia, Giustizia e Culti, nonché
all’Economato Generale di Firenze per avere anche da questi dei congrui sussidi coi quali sopperire
alle spese dei lavori in parola…”
301 Cfr. MORERA G., Capranica vista da vicino, cit., p. 83.
302 Sull’argomento v. § 2.2, nota n. 123.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 97

FELIX⋅CACCHI
RAVENNAE⋅NATVS⋅ROMAE⋅DEGENS
MILITIAE⋅PVBLICAE⋅SECVRITATIS⋅CONSERVANDAE
CENTVRIO⋅STATIONIBVS⋅PRAEFECTVS
AVREO⋅NVMISMATE⋅A⋅LEONE⋅XII⋅PONT⋅OPTIMO⋅MAX
GREGORIO⋅XVI⋅PONT⋅O⋅M⋅EQVESTRI⋅ORDINE⋅S⋅GREGORII⋅M
ORNATVS
PIVS⋅IVSTVS⋅COMIS
HIC⋅CAPRANICAE
QVO⋅VALETVDINIS⋅CAVSA⋅SESE⋅CONTVLERANT
DIVTVRNA⋅VICTVS⋅AEGRITVDINE
INTER⋅HVMANISSIMOS⋅INCOLAS
IN⋅PACE⋅QVIESCIT
VIXIT⋅LX⋅OBIIT⋅CAL⋅NOV⋅MDCCCXXXVII
VXOR⋅FILII⋅MOESTISSIMI
POSVERVNT

L’ABSIDE

Il coro ligneo in noce da 21 posti realizzato tra il 1832 e il


1835, dal falegname Domenico Antonio Giardi è forse la cosa più no-
tevole visibile nell’abside. Sopra di esso è la pala d’altare raffigurante
S. Giovanni Apostolo nell’atto di scrivere l’Apocalisse nell’isola di Pa-
thmos, attribuita dal Morera T. al pittore romano Filippo Pozzi303.
Come recita la lapide posizionata sull’ingresso laterale della chiesa, la
pala è stata donata dal canonico Don Vincenzo Scagliosi:

TABVLA.IN.ALTARI.MAXIMO.PROPOSITA
IOANNEM.APOSTOLVM.REFERENS
APOCALYPSEM.IN.INSVLA.PATHMOS.DESCRIBENTEM
MVNIFICENTIÆ.DEBETVR.VINCENTI.SCAGLIOSI
SACERDOTIS.OLIM.HVIVS. ÆDIS.CANONICI
DOCTORIS.THEOLOGLEX.OFFICIALIBVS.PRIMIS
PER.ANNOS.XXVIII
CARDINALIS.SUMMI.ADMNISTRI.NEGOTIVS.PVBLICVS.CVRANDIS
QVI.COMITATE.PRVUDENTIA.MORVM.INTEGRITATE
CARVS.OMNIBUS
ROMÆ.PIE.DECESS.V.KAL.MART.AN.M.DCCC.XXXI
ÆTATIS.LXVIII

303 Cfr. MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit., p. 77


98 Dio fa casa con l’uomo

La pavimentazione in marmo di Trani, l’altare maggiore e


l’ambone in marmo rosso bugnato, sono stati realizzati nel 1974 per
far fronte alle rinnovate esigenze della liturgia secondo le linee ema-
nate dal Concilio Vaticano II304. Dall’abside, attraverso una piccola e
brutta porta che deturpa l’armonia architettonica dell’insieme, si acce-
de alla nuova Sagrestia, ricavata durante gli anni ’50 nell’oratorio fino
ad allora dedicato a San Luigi Gonzaga. Fino al secondo dopoguerra
infatti, la Sagrestia aveva sede nell’auletta attualmente adibita a sala
parrocchiale, dove è ancora oggi visibile un armadio di noce realizzato
dal falegname svizzero-capranichese Pietro Acherman per la custodia
dei libri liturgici e dei paramenti sacri. Vi si accedeva direttamente dal-
la navata centrale, da una porta oggi murata ubicata all’interno del
piccolo locale dirimpetto l’ingresso laterale della chiesa.
Sopra la porta che immette nel locale suddetto è murata la
lapide di commemorazione della benemerita benefattrice Anna Por-
ta305, la cui eredità contribuì non poco alla realizzazione delle opere di
rifinitura della chiesa:

304Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 70


305Sulla questione dell’eredità di Anna Porta, esistono 2 verbali in ASPC, Li-
bro Capitolare, 4 [1799-1848]. Il primo è del 18 novembre 1835 (ff. 108r - 109r). Il se-
condo è del 10 dicembre 1835 (ff. 109r - 111r). Nel primo verbale, il Vescovo Basilici,
con propria lettera datata Nepi, 7 novembre 1835, informa il Capitolo che la sig.ra
Anna Porta ha emesso un testamento in cui lascia i suoi beni alla Chiesa di San Gio-
vanni, che il Vescovo informa di voler “…incorporare fino da adesso all’Amministrazione
della Chiesa Colleggiata…” (f. 108v). L’eredità è abbastanza elevata perché da uno
“…stato compilato colla maggior esattezza possibile (…) risulta, che pagati li pesi rimangono per la
Chiesa circa li scudi sessanta…” (f. 108v). Nel secondo verbale, il Vescovo scrive nuo-
vamente al Capitolo da Nepi in data 8 dicembre 1835, per comunicare di aver
“…abbracciato il partit odi dare l’Amministrazione dell’Eredità della Chiara memoria di Anna
Porta riunita alla Chiesa per un triennio a cotesto Signor Canonico Cocozza [Giacomo]
coll’emolumento di annui scudi trenta…” (f. 109r). Segue, dal f. 109v a tutto il f. 111r, la
descrizione dello “…stato attivo, e passivo de’ Beni della pia Eredità…”. L’eredità era ab-
bastanza consistente. Solo in beni immobili urbani aveva una rendita annua di scudi
59.40 e le rendite per affitti di beni immobili urbani e rustici ammontavano a scudi
92.25. Detratti i pesi che gravavano sull’eredità (15 scudi di Dativa Reale, 25 di Dote
Annua, 18 per 100 Messe lette e una cantata, 3 scudi per un Anniversario, 9 scudi per
l’affitto Martorelli e 4 fra canoni e interessi di censo), e gli assegnamenti (72 scudi alla
vedova Maria Anna Porta, 30 a Maria Quaresima, 27 ad Anna Pernella e 12 scudi
“…per acconcimi…”), per un totale di 226 scudi, alla Chiesa rimaneva una rendita an-
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 99

PX
MEMORIAE.ET.PIETATI
ANNAE.PORTAE
FEMINAE.SINGVLARIS.EXEMPLI
QVAE.HVIC.TEMPLO.PLVRA.VIVENS.DONAVIT
REM.FAMILLAREM.VNIVERSAM.TESTAMENTO.RELIQVIT
VIXIT.AN.LXI.DECESSIT.VII.KAL.SEPT.AN.MDCCCXXXIII
COMPOSITA.EST.PROPE.SACRARIVM
SANCTISSIMI.CORDIS.D.N.IESV

Di fronte all’altare maggiore, oramai quasi completamente


consumata dall’usura del calpestio dei fedeli durante l’eucaristia, è una
lapide mortuaria su cui si legge:

Á X Ù
HIERONIMO PORTA CAPRANICENSIS
[ET]
BARBARAE ROCHI CENTVMCELLENSIS
…. …. …. ….IMIS …. ….SSIMIS
…. …. ….
…. …. ….
….SSIME ….
….NONIS ….
…. …. KALENDIS OCTOBRIS [MDCCC]LIX
….ONE MORTALIS ….
…. IC. RECONDITAE S.V….
…. IEM …. …. …. ….CAMINI
….CHARITATE … ….SCITIS

La volta dell’abside è affrescata con semplici motivi floreali e


puttini giocosi, mentre al cervello è rappresentata la colomba dello
Spirito Santo.

nua di 59 scudi (f. 111r). Nei voleri testamentari di Anna Porta vi era poi il periodico
ufficio della Via Crucis che avrebbe dovuto esser celebrato dal Capitolo per tutti i
venerdì dell’anno. Il vescovo Mons. Giuseppe Maria Costantini, con proprio decreto
del 14 dicembre 1888 fu costretto “…a riparare la passata negligenza…” ingiungendo
“…al Capitolo l’adempimento di tanto pietoso legato…” e investendo dell’incombenza il
santese pro-tempore (ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], f. 19v).
100 Dio fa casa con l’uomo

LA CAPPELLA DEL SS.MO SACRAMENTO

Questa cappella è senz’altro la più notevole dal punto di vista


artistico tra le quattro esistenti nella chiesa. Sul lato sinistro è posto il
monumento funerario in marmo di Carrara, in memoria del canonico
della cattedrale di Sutri, Don Filippo Francesco Petrucci, pregevole
opera dello scultore L. Carimini. L’iscrizione che riporta è la seguente:

Á X Ù
HEIC.QVIESCIT.IN.PACE.CHRISTI
PHILIPPVS.FRANCISCI.F.PETRUCCVS
AMPLISSIMO.APVD.SENENSES.GENERE
ARCHIPRESBYTER.COLLEGII.CANONICORVM
AEDIS.PRINCIPIS.SVTRINAE
VICARIA.POTESTATE.DIOECESI.PRAEFVIT
HVMANAS.ET.DIVINAS.DISCIPLINAS.DOCVIT
MORVM.INTEGRITATEM.ORANDI.STVDIVM
ERGA.MAGNAM.DEI.PARENTEM
ET.ALOISIVM.TVTOREM.IVVENTVTIS
DECESS.KAL.IVNIIS.AN.MDCCCLXIV
ANNOS.NATVS LXIX.M.V.D.XVI
VIVAS.IN.DEO
SACERDOS.CASTISSIME.MEMOR.TVORVM
VINCENTIVS.FR.FRANCISCVS.NEP.POSVERE

Nello stesso lato della cappella è altresì posizionato il taber-


nacolo per gli olii santi con stemma Anguillara, di cui avremo modo
di parlare diffusamente nella seconda parte.
Sull’altare del Santissimo, il ciborio di legno riproducente un
tempietto dalle forme palladiane ancora adibito a custodia eucaristica,
è opera di Pietro Acherman306.

306 ASPC, Libro conti – Fabbrica, n. 71, p. 23. Pietro Acherman, o Akermann,

era un ebanista svizzero di Civitate Lucernae (Lucerna) che si stabilì a Capranica negli
anni della costruzione della nuova chiesa di San Giovanni. Qui sposò Maria Nardini,
figlia di Cristoforo. Dai libri dei battesimi, sappiamo anche che il 25 gennaio 1830
ebbero un figlio, che chiamarono Mattia. L’Akermann, non era certamente un fale-
gname qualunque. Infatti, nei documenti ufficiali è quasi sempre menzionato come
ebanista. Inoltre, nell’atto di battesimo di Mattia, egli compare con il titolo di Dominus,
e la consorte Maria con quello di Donna, segno evidente che la parentela stretta con i
Nardini doveva avergli conferito una certa dignità sociale.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 101

Il quadro della Madonna Auxilium Christianorum, che nel 1796


fu oggetto di un fatto prodigioso307, è attribuito al pittore barocco
Carlo Maratta308, al cui stile è in effetti riconducibile data la forte so-
miglianza del soggetto con altre sue opere309.
Inoltre, i grandi angeli oranti che ornano l’altare sarebbero da
attribuirsi allo stuccatore Ridolfi dello studio del Canova310.
La cappella, già nel 1896 fu oggetto di un primo restauro in
occasione del centenario del prodigio della Madonna “che ha aperto gli
occhi”311.

307 Il 18 luglio 1796, alle ore 8,00, nella casa di Capitan Filippo Petrucci

(l’attuale parrocchiale Casa della Comunità), la Madonna ritratta nel quadro conserva-
to nella Cappella del Sacramento, cominciò improvvisamente a muovere gli occhi
aprendoli e chiudendoli. Del fatto prodigioso, oltre ai Petrucci, proprietari della casa,
e una certa Ersilia, una tarquinese loro ospite che per prima gridò al miracolo, fu te-
stimone l’arciprete di San Giovanni, Don Gerolamo Palazzi, altri canonici e molto
popolo (cfr. CHIRICOZZI P., Maria Madre di Misericordia, Ronciglione 1987, pp. 43 e
ss.). E’ interessante rilevare come tale prodigio non fu isolato nel Lazio ma si verificò
a Roma e quasi contemporaneamente in vari altri luoghi dello Stato Pontificio a parti-
re dal 9 luglio 1796 (cfr. FIORI N., Le madonnelle di Roma. Una rassegna suggestiva per la
riscoperta delle edicole sacre; Roma 1995, p. 12, nonché CHIRICOZZI P., Maria Madre di
Misericordia, cit., p. 62).
308 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 71, nonché MORERA T., Capranica nella

storia e nell’arte, cit., p. 77.


309 In particolare con la madonna raffigurata nel quadro riproducente

l’Immacolata Concezione custodito presso la chiesa romana di Santa Maria del Popo-
lo, la cui movenza ed espressione appare notevolmente somigliante a quella del qua-
dro capranichese.
310 Cfr. MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit., p. 77.
311 Cfr. ASPC, Libro Conti, n. 52 [1893-1937], p. 112: “Memoria. In quest’anno

1896, fu restaurata la Chiesa Collegiata di S. Giovanni Evangelista con consenso del Rendo Capi-
tolo, e l’artisti furono i Sig. Angelo e Filippo Bartoloni, pittori della Città di Ronciglione, e fu speso
soltanto per i pittori £. 3.740, più tra muratori, falegnami, stagnaro, ferraro, ripulire l’organo,
furono spesi in circa £. 464, in tutto fu speso £ire Quattromila Duecentoquattro £ire dico 4.204.
L’Ingegneri fu’ il Sig. Pietro Mattei, e i deputati del Rendo Capitolo furono fatti i Sig. Canonici D.
Filippo Speranza e D. Giuseppe Orsi, attuale Santese, e la Chiesa du aperta il giorno due Agosto
nel qual giorno fu celebrato il primo centenario di Maria Ssma che aprì i suoi benedetti occhi nel
giorno 18 luglio 1796 e detta festa riuscì con gran pompa, e con soddisfazione del N. ottimo Vesco-
vo Monsignor Mattei, del Clero, e del Popolo tutto, giacché vi furono due Vescovi il nostro M. Ge-
neroso Mattei, e il Vescovo di Bagnorea, oltre il clero, e il Seminario di Sutri, e furono fatti il ponti-
ficale in musica, con i musici di Roma diretta dal Sig. Tito Arcangeli e la messa la cantò il n. Ve-
scovo, quindi la sera solenne processione con la miracolosa Immagine della Ssma Vergine, che aprì i
suoi occhi, quindi orazione panegirica, ed in fine benedizione del Venerabile”.
102 Dio fa casa con l’uomo

LA CAPPELLA DEL CROCIFISSO

In questa cappella si conserva un crocifisso ligneo del xv sec.


che ogni anno viene portato in processione per le vie del paese
dall’arciconfraternita del SS. Sacramento. A questa, la cappella venne
affidata nel 1831, a costruzione della chiesa appena conclusa, durante
la costruzione della chiesa, per celebrare le proprie funzioni religiose
“…cioè 1) l'Officio de' Morti in l'Ottava, 2) il Vespero, e Messa cantata nella
Festa della SSma Croce, ed 3) altra Messa cantata coll'Officio nella Festa della
Madonna SSma di Loreto, coll'obbligo ancora ingiunto, che potranno godere di
queste concessioni finché sarò terminato l'Oratorio esistente sotto detta Chiesa, e
che fin d'adesso non possino vestirsi nella Sagrestia delli Sig.i Canonici suddetti, e
sieno tenuti a riconsegnare l'Altare sud.o nella maniera che lo ricevono. L'Altare,
che provvisoriamente le si assegna è quello a mano destra, allorquando si entra
nella Porta grande della Chiesa…”312.
La cappella è abbellita con scene sulla Santa Croce affrescate
dal prof. Domenico Fontana tra il 1889 e il 1890313. Sul lato sinistro è
rappresentata la battaglia di Saxa Rubra con l’imperatore Costantino
che assiste alla visione della croce nel cielo da cui promana la scritta in
greco, “εν τοιτο ενιχα”, mentre la didascalia della pittura è “IN HOC
SIGNO VINCES”. Sul lato opposto è invece riportata Sant’Elena, ma-
dre di Costantino imperatore, che presenta la reliquia della Santa Cro-
ce al Papa dopo averla ritrovata in Palestina. La didascalia “ECCE
CRVCEM DOMINE” riporta le parole che sarebbero state pronunciate
dalla Santa quando recò la reliquia al pontefice. Sulla volta della cap-
pella è invece affrescata una Trinità, con il Padre assiso in trono e le
braccia allargate al mondo, sulle cui ginocchia è riverso il Figlio Re-
dentore appena deposto dalla croce, e con lo Spirito Santo sotto for-
ma di colomba bianca che aleggia sulla scena.
Davanti all’altare della cappella, su una lastra di marmo, è
l’iscrizione:

312ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], ff. 81v-84r – 26 aprile 1831


313Così riferisce il MORERA T., Capranica nella storia e nell’arte, cit., p. 77. Da
parte nostra, segnaliamo che per quegli anni nessuna spesa è documentata a nome del
Fontana.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 103

ANNO JUBILAEI MCMXIII.

Sopra l’altare è installata una grande macchina d’altare baroc-


ca, in legno dorato, originariamente di proprietà della stessa
arciconfraternita del SS. Sacramento314.
Sulla trave del timpano reca l’iscrizione:

O BONE IESV SALVA NOS

LA NAVATA , LA VOLTA E LE DECORAZIONI INTERNE

La nave centrale della chiesa è stata restaurata nel 1997 con


un intervento finanziato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambien-
tali. Il restauro, diretto dall’arch. Simonetta, è stato volto a restituire
alla chiesa quella luminosità che le vecchie pitture non le davano, con
la rimozione delle scure decorazioni in finto marmo che appesantiva-
no notevolmente l’aula e le cappelle laterali. Dal restauro è rimasta
esclusa la volta della nave e la semicupola dell’abside, nonché gli altari
dell’Adorazione del Magi e del Crocifisso.
Le originarie decorazioni, compresa la volta, furono eseguite
nell’estate del 1896 dai pittori f.lli Angelo e Filippo Bartoloni su dire-
zione dell’arch. Pietro Mattei315.

314 ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], f. 78v – 24 luglio 1830: “…I membri

componenti della Ven. Confraternita del SS. Sagramento in Capranica, hanno umiliato supplica a
Sua Signoria Illma, e Revma Mons.r Vescovo Anselmo Basilici perché provvedendo i medesimi un
elegante altare dorato venga questo situato in una delle quattro cappelle della Chiesa di San Gio-
vanni Evangelista e la prelodata Sua Signoria Illma ne richiede il parere al nostro Capitolo. E a
tale effetto furono raccolte le V.S i voti bianchi furono sei e neri uno solo per cui rimane approvata la
richiesta…”
315 Vedi la Memoria riportata alla nota n. 311. Furono vagliate varie offerte sin

dal 1894 con l’esaminare il progetto delle decorazioni presentato dal pittore romano
Filippo Maccarelli (cfr. ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], f. 40r). Nel 1896, vista la
necessità di restaurare la chiesa in occasione del primo centenario della festa della
Madonna “che ha aperto gli occhi”, furono messi a confronto i bozzetti dei pittori Ange-
lo e Filippo Bartoloni, fratelli, e di Tito Franchi. Il disegno di quest’ultimo fu scartato
con la motivazione di una sua non meglio specificata non realizzabilità mentre i f.lli
Bartoloni furono scelti anche perché si sarebbero assunti “…la difficile impresa
dell’impalcatura per conto proprio con quella modicità di prezzo e per un tempo così lungo e anche
soddisfacente…” (ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], f. 45v).
104 Dio fa casa con l’uomo

Nelle lesene che decorano le pareti interne alla navata, sono


posizionate le dodici croci della dedicazione che vennero unte con il
sacro crisma da mons. Francesco Spalletti il giorno della consacrazio-
ne della chiesa316. Il restauro del 1997 ha restituito ai capitelli, ripro-
ducendola, l’originale doratura eseguita nel 1850 dall’artigiano capra-
nichese Felice Galeotti317.
Nella lesena tra il fronte battesimale e l’altare dell’adorazione
dei Magi, accanto ad una vaschetta per l’acquasanta, è collocata una
croce in bronzo per le indulgenze datata 1901, su cui è l’iscrizione:

OSCVLANTIBVS· CRVUCEM· HANC· IN· ECCLESIA


POSITAM· ET· RECITANTIBVS· PATER· INDVULGENTIA
100· DIERVM· SEMEL· IN· DIE

Al centro della croce si legge:

IESVS· CHRISTVS· DEVS· HOMO


VIVIT· REGNAT· IMPERAT
MCMI

316 Queste croci, tutt’altro che un semplice ornamento architettonico, faceva-

no parte dell’arredo liturgico necessario al rito della consacrazione di una chiesa (o


dedicazione). Tale liturgia viene descritta nella sua interezza e con molta dovizia di par-
ticolari in, MORONI, XI, pp. 238-255. Secondo il Moroni “il vescovo colla moltiplicità delle
croci, e colle aspersioni dell’acqua benedetta, intende purgare e santificare il luogo colla forza degli
esorcismi dai maligni spiriti” (p. 238). Alla cerimonia solevano essere invitati i vescovi
viciniori (p. 241); le croci dovevano essere posizionate ad un’altezza di dieci palmi
circa (un palmo corrisponde a circa 25 cm), sei per parte, e dovevano essere raggiunte
dal vescovo con una “comoda scala” (p. 242); questa “per la quale ascende il vescovo alla
unzione delle dodici croci, ci ricorda che l’ultimo e primario nostro fine è il paradiso. Le dette croci
(…) significano i dodici apostoli, i dodici patriarchi o i dodici profeti” (p. 248). Il rito costituiva
la liturgia più lunga e sontuosa tra quella contemplate dal Pontificale romano che se-
condo P. JOUNEL, Dedicazione delle chiese e degli altari, in, AA. VV., Arte e liturgia. L’arte
sacra a trent’anni dal Concilio, Cinisello Balsamo (Mi) 1993, pp. 318-349, poteva durare
anche 5 ore (p. 332). Il rito venne poi semplificato con il nuovo Ordo promulgato da
Giovanni XXIII il 13 aprile 1961, a causa delle frequenti cerimonie di dedicazione di
nuove chiese o ri-dedicazione di chiese distrutte dalla guerra, che i vescovi giudicava-
no molto gravose (p. 335). Paolo VI, infine, il 29 maggio 1977 ha promulgato il nuo-
vo Ordo dedicationis ecclesiæ et altaris che ha sancito una ulteriore semplificazione dei riti
consacratori (p. 336).
317 ASPC, Libri Capitolari, 5 [1849-1883], p. 236; nonché ASPC, Libro conti –

Fabbrica, n. 56, f. 6v: “…onde indorare i Capitelli come dalla risoluzione Capitolare…scudi
43…”.
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 105

Tale croce è posizionata accanto all’acquasantiera affinché i


fedeli, al loro ingresso in chiesa, toccandola e recitando la preghiera
del Padre Nostro, possano ottenere 100 giorni di indulgenza.

Al centro della volta è rappresentato S. Giovanni Evangelista,


con lo sguardo rivolto al cielo, mentre alle sue spalle si intravede Ca-
pranica (il ponte dell’Orologio). La fattura della pittura non è delle più
felici in quanto il Santo, che reca in mano un calice, così avvolto in
quel manto di colore blu scurissimo che lo copre da testa a piedi la-
sciandogli scoperto solo il volto, come spesso sostiene il popolo, so-
miglia più a una madonna addolorata o a una suora.
Intorno al santo, ai quattro punti cardinali, è rappresentato il
tetramorfo apocalittico318: a nord il leone di Marco, a ovest l’aquila

318 Secondo la tradizione i compilatori dei Vangeli furono identificati con i

quattro esseri viventi della visione dell’Apocalisse (Ap 4,8) che nella Chiesa di San
Giovanni è riportata nella grande tavola d’altare, e dalla visione profetica di Ezechiele
(Ez 1,5-21). L’accostamento dei simboli ai singoli evangelisti (due apostoli, Matteo e
Giovanni e due discepoli, Marco di Pietro e Luca di Paolo) è tradizionalmente dovu-
to all’incipit dei rispettivi evangeli per cui, seguendo questi, Matteo viene rappresenta-
to come un uomo di giovane aspetto poiché afferma l’umanità di Cristo iniziando a
parlare della sua genealogia; Marco, che apre con la predicazione del Battista nel
deserto per accentuare la divinità di Cristo e la sua figliolanza a Dio, è simboleggiato
da un leone; Luca, iniziando con il sacrificio vespertino di Zaccaria nel tempio per
puntare così ad evidenziare il sacrificio dell’uomo-Dio come salvatore dell’umanità,
viene accostato al bue, animale mansueto e vittima sacrificale per eccellenza; e
Giovanni, infine, viene paragonato a un’aquila per la sua celebre apertura sul Verbo
incarnato, che utilizzò contro le prime nascenti eresie che sul finire del I secolo e gli
inizi del II, negavano la divinità di Cristo. Attraverso questi simboli, si ha quindi la
sintesi del memoriale della vita di Gesù: homo nascendo, vitulus moriendo, leo resurgendo,
aquila ascendendo. Nella celebrazione eucaristica, si ha in qualche modo un richiamo di
questa simbologia laddove, nel Prefazio IV delle domeniche del tempo ordinario,
intitolato appunto “La storia della salvezza”, si ricorda che “Egli, nascendo da Maria
Vergine, ha inaugurato i tempi nuovi: soffrendo la passione ha distrutto i nostri peccati; risorgendo
dai morti, ci ha aperto il passaggio alla vita eterna; salendo a te, Padre, ci ha preparato un posto nel
tuo regno”. Così nel simbolo niceno-costantinopolitano dove si afferma che “egli a
motivo di noi uomini e della nostra salvezza discese dai cieli, e si incarnò per opera dello Spirito
Santo da Maria vergine, e divenne uomo, fu anche crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu
sepolto, e risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture, e ascese nel cielo, siede alla destra del Padre, e
di nuovo verrà con gloria a giudicare vivi e morti: il suo regno non avrà fine” (cfr. DH 150 –
recensione latina).
106 Dio fa casa con l’uomo

giovannea, a sud il fanciullo che simboleggia Luca, a est il bue di


Matteo.
Nella navata si aprono pure due nicchie vetrate entro cui so-
no custodite le immagini della Immacolata Concezione319 e di San
Giovanni Bosco.
Infine, sulla trave del cornicione, dipinta a mosaico, è la scrit-
ta riferita al santo titolare della chiesa, tratta dal Vangelo di Giovanni:

ISTE EST IOANNES QUI SUPRA PECTUS DOMINI


IN COENA RECUBUIT BEATUS APOSTOLUS
CUI REVELATA SUNT SECRETA COELESTI320

Sopra la porta che conduce alla cantoria è murata una lapide


che ricorda la dedicazione del vecchio altare maggiore fatta dal vesco-
vo diocesano mons. Vincenzo Vecchiarelli nel 1727, con la posa delle
reliquie del santo titolare Giovanni Apostolo ed Evangelista nello
stesso altare maggiore e di quelle dei santi Benedetto, Giustino e Vit-
tore321:

319 Il dogma dell’Immacolata fu proclamato da Pio IX l’8 dicembre 1854 con

la bolla Ineffabilis deus (cfr. DH 2800-2804). E’ significativo come in quell’occasione il


popolo di Capranica abbia partecipato con gioia e devozione alla nuova festa liturgi-
ca, che venne celebrata con molta solennità. Esattamente un mese dopo infatti, l’8
gennaio 1855, al Sagrestano Giovanni Arcieri furono rimborsati 3,90 scudi per le
“…spese occorse p. la Machina inalzata p. la maestosa, e brillante illuminazione sull’Altar Mag-
giore, e cornicione della Chiesa, p. il solenne Triduo della Immacolata Concezione…” (cfr. ASPC,
Libro conti n° 1 – Fabbrica, n. 52 [1839-1857], p. 50)
320 Cfr. Gv 13,25
321 La lapide fu fatta murare nel 1906 per decreto della seconda visita pastora-

le del vescovo Mons. Bernardo Doebbing (ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], f.


59r). Presso l’Archivio Parrocchiale esiste una raccolta di ben 83 autentiche vescovili
e cardinalizie relative a reliquie possedute dalle chiese capranichesi, di cui 59 sono
relative al secolo XVIII e 24 al sec. XIX. Oltre alle reliquie della Santa Croce, del Sacro
Cuore, di Sant’Anna, madre della Vergine Maria, di San Giuseppe, sposo della
B.V.M., del patrono San Terenziano (di cui si possedeva il cranio), e del santo titola-
re, San Giovanni Evangelista (di cui si conservava un pezzetto della veste), le chiese
capranichesi possedevano reliquie di tutto il collegio apostolico (Pietro, Filippo, Mat-
teo, Giacomo maggiore, Giacomo minore, Andrea, Tommaso, Giuda Taddeo, Barto-
lomeo e Mattia , che sostituì Giuda Iscariota), di tutti gli evangelisti (Matteo, Marco,
Luca e Giovanni), dell’apostolo Paolo, del Battista e di sua madre Elisabetta, nonché
altre reliquie riferite a Gesù Cristo stesso (frammento della colonna della flagellazio-
ne, della fune con cui fu legato il Signore durante la flagellazione, del Presepe “et ex
Appunti storici sulla collegiata di San Giovanni Evangelista 107

ANNO DOMINI MDCCXXVII DIE XXVI IVLII


ILL.MVS ET RMVS D· VINCENTIVS VECCHIARELLIVS
EPVS SVTRINVS ET NEPESINVS INS
C LL · ECCLESIAM HANC ET ILLIVS ALTARE MAIVS
IN HONOREM
IOANNIS APOSTOLI ET AVANGELISTAE
CONSECRAVIT ET DEDICAVIT
RELIQVIA S.S. BENEDICTI IVSTINI ET VICTORIS
IN EODEM · ALTARI INCLVSIT
IPSAMQ · VISITANTIBVS IN DIE ANNIVERSARIA
DICTAE CONSECRATIONIS CVIVSLIBET ANNI
QVADRAGENTA DIES DE VERA INDVULGENTIA
IN FORMAE ECCLESIAE CONSVETA CONCESSIT

LA CONTROFACCIATA E L’ORGANO

Nella controfacciata, è collocata la cantoria con il prezioso


organo Morettini datato 1839. L’artigiano perugino fu in quegli anni
notevolmente attivo nella zona costruendo fra gli altri, anche gli or-
gani della basilica di Santa Maria della Quercia e della chiesa di San
Pietro a Viterbo.
L’organo ha una tastiera in legno ed ebano da 50 tasti, con
pedaliera per bassi e due ordini di registri. In origine era anche dotato
di gran cassa e di cembali, azionati con un pedale dallo stesso organi-
sta. Il vecchio tiramantici322, a cui era affidato il compito di pompare

feno ubi reclinavit”). Tra le reliquie moderne possedute dalla Chiesa di San Giovanni è
da segnalare quella di San Pio V, il francescano Michele Ghisleri, che fu vescovo della
diocesi di Sutri e Nepi. La reliquia, parte di una sua veste liturgica, fu donata al Capi-
tolo della Collegiata di Capranica dal vescovo diocesano Card. Savo Millini, il quale,
poco prima della sua morte, così scriveva: “M.to Ill.mi, e M.to Re.di Sig.ri. Ho gusto, che le
SS.rie Vostre habbino ricevuta, e gradita la Relliquia del B. Pio V con la sua autentica, che io ho
regalata loro, e a cotesta lor Chiesa, e godrò, che la med.ma Relliquia venga venerata con tutto
l’osseguio possibile dalla loro divozione, e da tutto cotesto Cap.lo e resto di nuovo augurando loro il
colmo delle felicità. Roma 24 Aple 1700. Delle SS.rie V.V.. Aff.mo sempre. S. Card. Millini.”.
Lo stesso card. Millini insistette non poco, ma invano, affinché Pio V fosse proclama-
to co-patrono di Capranica insieme a San Terenziano.
322 Il tiramantici era l’uomo preposto a pompare, attraverso un grosso manti-

ce, l’aria necessaria al suono dell’organo. Normalmente a svolgere questo servizio era
sempre la stessa persona che per questo riceveva anche un compenso in denaro. Ad
es., al tiramantici Francesco Zagarola, nell’anno 1843 vennero liquidati 2,50 scudi
(ASPC, Libro conti n° 1 – Fabbrica, n. 52 [1839-1857], p. 65).
108 Dio fa casa con l’uomo

l’aria necessaria al suono, è stato sostituito da un motore elettrico in-


stallato negli anni ’60. Sulla cassa organica è riportata come motto,
una frase tratta dal Salmo 150:

LAUDATE EUM IN TIMPANO ET CHORO


LAUDATE EUM IN CHORDIS ET ORGANO323

Ai lati del bussolone d’ingresso, infine, sono posizionate le


statue del Redentore e di Sant'Antonio da Padova donate da un ano-
nimo benefattore nel 1913324.

323 SB, Sal 150, 3


324 ASPC, Libri Capitolari, 6 [1886-1937], f. 75r
DIO FA CASA CON L’UOMO
II PARTE

IL TABERNACOLO MURALE DI SAN GIOVANNI

§ 1 – Il tabernacolo; § 1.1 – Etimologia e fondamenti scritturistici; § 1.2 - Il tabernacolo come


arredo liturgico: origine e evoluzione; § 2 – Il tabernacolo murale di San Giovanni Ev.; § 2.1
– Descrizione fisica; § 2.2 - Inquadramento artistico: tra Mino da Fiesole e Isaia da Pisa; § 2.3 –
Considerazioni intorno alla datazione; § 2.4 – Dai documenti d’archivio; § 3 – Lettura del te-
sto simbolico; § 3.1 – I corni; § 3.2 – L’aquila; § 3.3 – Le figure angeliche; § 3.4 – La croce;
§ 3.5 – Le colombe che piluccano i frutti e quella nel timpano; § 3.6 – Salamone profeta; § 3.7 –
Isaia profeta; § 3.8 – Cristo; § 4 – Per una lettura simbolica complessiva.

§ 1 – Il tabernacolo

Oltre al tabernacolo degli olii santi della Chiesa di San Giovanni


Evangelista, oggetto di questo studio, nelle altre chiese capranichesi di San
Lorenzo (San Francesco) e di Santa Maria Assunta, ne esistono altri due la
cui datazione viene fatta risalire alla seconda metà del quattrocento. Dei tre
tabernacoli murali capranichesi, due - quello di San Giovanni e quello di San
Lorenzo - sono stati realizzati pressoché nello stesso periodo poiché, come
vedremo più avanti, vengono datati intorno al sesto decennio del secolo XV
110 Dio fa casa con l’uomo

(1450-1460)1. Il terzo, ovvero quello di Santa Maria, è invece datato, in calce,


MCCCCLXXXXIII (1493)2.

§ 1.1 – Etimologia e fondamenti scritturistici

Prima di parlare in modo dettagliato del tabernacolo della


chiesa di San Giovanni, riteniamo necessario dare ragione delle moti-
vazioni che stanno alla base della presenza, in generale, del tabernaco-
lo stesso in ogni edificio sacro, attraverso una veloce presentazione
etimologica del termine a cui faremo seguire brevi cenni a riferimenti
scritturistici che avranno il compito di delineare il senso del taberna-
colo rispetto alla fede cristiana cattolica.

Il tabernacolo (latino tabernaculum, da taberna, ovvero baracca


con assi di legno, bottega), è quella edicoletta che in tutte le chiese cu-
stodisce il Santissimo Sacramento - cioè le ostie consacrate dal sacer-
dote durante la liturgia eucaristica - conservato come segno della pre-
senza reale di Cristo nella comunità, e per il necessario conforto ai
malati e ai moribondi.
In particolare, la presenza di Cristo nel tabernacolo è diret-
tamente collegata con la perì cope evangelica «E la Parola si fece carne e
abitò fra noi» (Gv 1,14)3. E’ interessante, per il nostro scopo, focalizzare
l’attenzione sul verbo abitò che è la traduzione del greco Skçnoun, atti-
nente a skçnç, “tenda”, che letteralmente assume il significato di alzare
una tenda4. L’espressione attendarsi, che in tutto il NT ritroviamo sol-

1 Così F. NEGRI ARNOLDI, Tabernacoli, fonti battesimali e altari, in AA. VV., Il

Quattrocento a Viterbo, Roma 1983, pp. 342, 344.


2 Secondo un recente studio condotto dal prof. E. Guidoni, della Facoltà di

Architettura dell’Università di Roma, la realizzazione di questo tabernacolo sarebbe


da attribuire a Michelangelo Buonarroti. I risultati della sua ricerca sono stati illustrati
in un Convegno svoltosi il sabato 25 novembre 2000 presso la Chiesa di Santa Maria
Assunta, a Capranica.
3 La traduzione del testo originale presentata è quella di BROWN R.E., Giovan-

ni, Assisi 1997, p. 4, che si basa sui voll. 29 e 29A della Anchor Bible edita da Double-
day e C., New York. La C.E.I., La Sacra Bibbia, «editio princeps» 1971, traduce invece:
“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
4 Ibidem, p. 18
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 111

tanto nel libro dell’Apocalisse5, si ricollega direttamente con l’AT e


alle vicende del popolo ebraico in cammino verso la Terra Promessa.
In Es 25,8-9, infatti, Dio ordina agli Israeliti di fare una tenda (il ta-
bernacolo: skçnç) affinché Egli possa abitare in mezzo a loro. Il taber-
nacolo diventa quindi una sorta di santuario trasportabile (in ebraico,
‘ôhel m ‘çdh, tenda del convegno), fatto costruire da Mosè secondo le
prescrizioni avute direttamente da Dio sul Sinai, da «Bezaleel, Oliab e
tutti gli artisti che il Signore aveva dotati di saggezza e di intelligenza» (Es
36,1), allo scopo di custodire l’arca dell’Alleanza, segno della presenza
di Dio nel suo popolo. I capitoli 35-40 del libro dell’Esodo ci danno
una minuziosa descrizione del tabernacolo israelitico e degli arredi sa-
cri di cui era dotato, nonché varie altre indicazioni relative alle dimen-
sioni delle parti che lo componevano.
Un aspetto curioso del collegamento tra il Nuovo e l’Antico
Testamento, sta nel fatto che la radice skn del verbo greco “mettere la
tenda”, utilizzato dall’Evangelista Giovanni, è straordinariamente so-
migliante alla radice ebraica škn, che significa allo stesso modo «abita-
re», e che è alla base del termine tecnico shekinah, con cui la teologia
rabbinica indicava la presenza di Dio dimorante in mezzo al suo po-
polo. In particolare, alcuni targum6 riferiscono un uso del termine she-
kinah come sinonimo di Jahvè. Ciò allo scopo di preservare e salva-
guardare la sua trascendenza ogni volta si doveva considerarlo nel suo
rapporto con gli uomini. Ad esempio, la minaccia che Jahvè e il suo
spirito si allontaneranno da Israele riportata in Os 5,6, nel targum di-
viene la minaccia di far allontanare dagli uomini la sua shekinah, fa-
cendola salire fino in cielo.

5 In Ap 7,15 e 21,3 troviamo di nuovo il verbo Skçnoun, ma con accezioni dif-

ferenti da quella di Gv 1,14, dove indica espressamente una incarnazione terrena di


Dio nel Figlio Unigenito. Se nel primo caso, infatti, è usato per indicare la presenza di
Dio in cielo, nel secondo rappresenta la realizzazione della promessa dei profeti, in
quanto Dio abiterà con gli uomini e questi saranno il suo popolo.
6 Il termine ebraico-rabbinico targum, “significa semplicemente ‘traduzione’ nel senso
più comune del termine. Nel suo uso specifico indica, invece, la versione-parafrasi del testo sacro com-
piuta nel corso delle riunioni sinagogali” (cfr. P. STEFANI, «Lettura ebraica della Bibbia»,
NDTB, pp. 811ss.)
112 Dio fa casa con l’uomo

Poiché all’epoca della redazione del quarto evangelo (95-100


d.C.)7 la teologia della shekinah era conosciuta già da tempo, è possibi-
le che l’utilizzo del termine skçnoun sia in realtà un riflesso dell’idea di
Gesù come shekinah di Dio, anticipazione della sua presenza divina
che, secondo l’Apocalisse, sarà visibile agli uomini soltanto negli ulti-
mi giorni8.

§ 1.2 – Il tabernacolo come arredo liturgico: origine e evoluzione

Dopo aver velocemente esaminato le motivazioni che spie-


gano il tabernacolo dal punto di vista più intimamente teologico-
biblico, vogliamo ora considerarlo nella sua veste di oggetto liturgico
e, in quanto tale, occuparci della sua evoluzione nel tempo in ragione
della stessa evoluzione del culto e del pensiero teologico.

Considerato come arredo liturgico, del tabernacolo si


conoscono due funzioni diverse che variano secondo la sua
destinazione d’uso. Esistono così dei tabernacoli sacramentali, cioè
destinati ad accogliere e conservare il Santissimo Sacramento, e dei
tabernacoli che sono adibiti alla conservazione e alla custodia degli olii
santi, che vengono variamente utilizzati dalla liturgia. Poiché sia gli uni
sia gli altri possono definirsi sacramentali, nell’accezione del termine
che li riferisce all’uso che se ne fa in funzione di un determinato
sacramento (per l’eucaristia i primi; per il battesimo, la confermazione,
l’unzione degli infermi e l’ordine, i secondi), per distinguere i due tipi
senza incorrere nel rischio di confondere tale significato dell’aggettivo
sacramentale, con il suo sinonimo sacramentale riferito invece al
tabernacolo che viene utilizzato per la conservazione del Santissimo
Sacramento, adottiamo qui una terminologia che tenga conto del
contenuto materiale di ciascuno dei due tipi, preferendo parlare
quindi dei primi come di tabernacoli eucaristici – utilizzati, cioè, per
custodire la Santa Eucaristia – mentre dei secondi come di tabernacoli
7 Sull’argomento della datazione dei Vangeli si può contare su una bibliogra-

fia praticamente sconfinata. Noi abbiamo seguito SCHREINER J. – DAUTZENBERG G.,


Introduzione al Nuovo Testamento, Roma 1982, p. 614. Tuttavia in WIKENHAUSER A. –
SCHMID J., Introduzione al Nuovo Testamento, Brescia 1981, pp. 387-388, si trova una
posizione un po’ più sfumata (ultimo decennio del I sec.).
8 Cfr. BROWN R.E., Giovanni, cit., p. 46
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 113

mentre dei secondi come di tabernacoli degli olii santi – destinati, dun-
que, alla conservazione degli olii consacrati dal Vescovo durante la
Missa Chrismatis del giovedì santo9.
Benché la materia meriterebbe comunque una esposizione
più ampia e dettagliata10, non possiamo esimerci dal fornire dei cenni
di carattere storico sull’utilizzo nello spazio liturgico dei due tipi di
tabernacoli, considerando che, comunemente, i tabernacoli degli olii
santi costituiscono una variazione d’uso di vecchi tabernacoli eucari-
stici e che, pertanto, nella trattazione non sarà possibile procedere in
modo completamente separato per le due tipologie.

In epoca paleocristiana, all’interno delle chiese non esisteva-


no delle custodie adibite alla conservazione delle particole consacrate
che venivano invece consumate tutte durante la celebrazione eucari-
stica. Tuttavia, l’esigenza di conservare l’eucaristia per i malati e i mo-
ribondi (il cosiddetto viatico), aveva fatto nascere la consuetudine di
conservare in qualche modo il Corpo di Cristo. Non essendo stata
ancora introdotta una celebrazione quotidiana dell’eucaristia, che av-
veniva soltanto la domenica, presso i Padri della Chiesa si trovano
ben presto testimonianze di come era diffuso l’uso di consentire ai
semplici fedeli di portare nelle proprie abitazioni le particole consa-
crate - senza che, per questo, venissero richieste particolari attenzioni
o appositi cerimoniali11 - affinché potessero accostarsi all’eucaristia
anche quotidianamente. Tale uso era diffuso in Oriente come in Oc-
cidente, in Europa come in Africa. Tertulliano nell’Ad uxorem e nel De
oratione, Cipriano nel De lapsis, ma anche Ippolito, Basilio il Grande,

9 Tra l’altro, occorrerebbe scendere nella trattazione del significato più pro-

fondo del termine sacramento al fine di spiegarne il senso in rapporto alla vita della
Chiesa e, di conseguenza, dei fedeli in Cristo. Qui ci accontentiamo di accennare al
fatto che sacramento, dal latino sacramentum, è la traduzione del termine greco mysterion,
cioè mistero.
10 Per gli approfondimenti del caso: RIGHETTI M., Manuale di Storia Liturgica,

Milano 19592, vol. I, cap V (Gli edifici del culto e i loro accessori), pp. 416-489, non-
ché, G. RAPISARDA, La custodia eucaristica, in FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA, Gli spazi
della celebrazione rituale, Milano 1984, pp. 89-108.
11 MARTINA G., Storia della Chiesa, Roma 1980, p. 105. Soprattutto quando la
comunione veniva praticata sotto la sola specie del pane (poiché era normale la prati-
ca sotto le due specie), “i fedeli si portavano le particole a casa (…) dove la particola consacrata
era conservata in una cassettina, magari nella stanza da letto, senza tante cerimonie”.
114 Dio fa casa con l’uomo

Origene e Paolino Diacono nella sua Vita S. Ambrosii, attestano espli-


citamente la diffusione di tale pratica12.
Solo più tardi, durante il IV secolo, le ostie consacrate (dal lati-
no hostiam, vittima), venivano conservate in apposite nicchie adiacenti
all’aula in cui si officiavano i riti sacri, oppure direttamente nelle abi-
tazioni dei sacerdoti.

Ma l’uso di conservare l’eucaristia in un sacrario era noto già


dai tempi del concilio di Nicea13. Infatti il canone tredicesimo stabili-
va che i moribondi penitenti avevano il diritto di ricevere l’eucaristia
secondo un’«antica norma»14 della Chiesa. Norma questa che fa ritenere
che l’uso di conservare l’eucaristia in Chiesa abbia convissuto sin dai
tempi post-apostolici con quello di concedere ai fedeli di portarla nel-
le loro case.
Le notizie più antiche relative alla conservazione
dell’eucaristia nelle chiese si hanno nelle Constitutiones Apostolicæ, in cui
viene attestata l’esistenza di un luogo deputato alla conservazione
dell’eucaristia, il pastoforio, e della particolare ministerialità del diacono
che è incaricato di portarvi le particole avanzate dalla celebrazione eu-
caristica. Più tardi, soprattutto in Occidente, il luogo per la custodia
eucaristica fu individuato nel secretarium o sacrarium, null’altro che un
ambiente molto simile alle nostre sacrestie, dove solitamente
l’eucaristia era conservata in un armadio detto conditorium.
Durante il periodo del romanico, poi, le particole venivano
solitamente custodite e conservate nella cosiddetta colomba eucaristica,
una custodia pensile sospesa sull’altare, oppure in una nicchia colloca-
ta nell’abside.

12 Cfr. G. RAPISARDA, La custodia eucaristica, cit., pp. 90-93


13 Il Concilio di Nicea, fu il primo Concilio ecumenico della storia della Chie-
sa. Venne celebrato nell’omonima città dell’Asia minore (l’attuale città turca Iznik) nel
periodo dal 19 giugno al 25 agosto del 325. A Nicea, i circa 300 Padri conciliari che vi
intervenirono, definirono il cosiddetto Simbolo Niceno, ovvero il Credo che recitiamo
nella S. Messa. Fu convocato dall’Imperatore Costantino, che presenziò altresì ai la-
vori (COD, pp. 1-19).
14 CONC. (OECUM. I) NICÆNUM I, 19 Iun. – 25 Aug. 325, Can 13, De his qui in

obitu positi communiomen deposcunt [Di quelli che in punto di morte chiedono la comu-
nione. Verso i moribondi si osservi ancora l’antica norma per cui il pericolo di morte
nessuno sia privato dell’ultimo, indispensabile viatico], in, COD, p. 12
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 115

Intorno all’anno 1000 si diffonde, intanto, l’uso della


conservazione dell’eucaristia nelle custodie murali che venivano
ritenute più sicure e consone alla funzione di tabernacolo. Il Concilio
Lateranense IV (1216), recependo, di fatto, tale consuetudine,
prescrisse che l’eucaristia fosse conservata in un luogo sicuro e chiuso
a chiave15. E’ da questo periodo che si iniziano a trovare, quindi,
testimonianze di tabernacoli collocati su una parete absidale a lato
dell’altare (in cornu Evangelii). Notevoli esempi di tabernacoli murali
possono essere ammirati nella Basilica di San Clemente a Roma e nel
Duomo di Spoleto. Nel periodo gotico e del tardo romanico, le sacre
specie venivano anche custodite in una apposita torre eucaristica detta
turris o repositorium oppure in armadietti murali posti accanto all’altare
(armariòle).
Ma la custodia della santa riserva acquisisce una maggiore rile-
vanza durante il secolo XII e, ancor più, durante il secolo XIII. L’uso
della comunione, anche domenicale, era difatti così scaduto che lo
stesso Concilio Lateranense IV dovette prescrivere l’obbligo di comu-
nicarsi almeno una volta l’anno16.
Con l’istituzione della festa del Corpus Domini (1264)17, il culto
dell’eucaristia e delle ostie consacrate acquista allora una centralità
maggiore che porterà, come conseguenza, a dare alla collocazione del-
la custodia del Santissimo nell’edificio liturgico un’importanza mag-
giore e una centralità evidente. Già durante il XV sec. in Spagna e in
Italia si comincia a fissare il tabernacolo sull’altare maggiore. Nel cor-
so del XVI sec., subito dopo il Concilio di Trento, e soprattutto per la
particolare iniziativa del vescovo di Milano, San Carlo Borromeo –

15 CONC. (OECUM. XII) LATERANENSE IV, 11-30 Nov. 1215, Cost. 20 - De chri-

smate et eucharistia sub sera conservanda [Il sacro crisma e l’eucaristia devono essere cu-
stoditi sotto chiave. Ordiniamo che in tutte le chiese il sacro crisma e l’eucarestia
debbano essere conservati scrupolosamente sotto chiave, perché nessuna mano te-
meraria possa impadronirsi di essi profanandoli con usi innominabili], in, COD, p.
244
16 CONC. (OECUM. XII) LATERANENSE IV, 11-30 Nov. 1215, Cost. 21 - De con-

fessione facienda et non revelanda a sacerdote, et saltem in Pascha communicando [Della confes-
sione, del segreto sacramentale, del dovere di comunicarsi almeno a Pasqua. Ogni
fedele dell’uno e dell’altro sesso,… riceva con riverenza, almeno a Pasqua, il sacra-
mento dell’eucaristia], in, COD, p. 245
17 URBANUS IV, Bulla Transiturus de hoc mundo, 11 Aug. 1264 (DH 846)
116 Dio fa casa con l’uomo

promotore dei Decreti sui tabernacoli dei due sinodi milanesi del
1565 e del 1576 – e di quello di Verona, mons. Matteo Giberti – che
fa installare il tabernacolo sull’altare maggiore della cattedrale e rac-
comanda ai suoi preti di fare altrettanto nelle loro chiese parrocchiali
– tale uso diviene prima prescrizione rigorosa e, conseguentemente,
norma generale sanzionata finalmente da Papa Paolo V con
l’approvazione del nuovo Rituale Romanum (1614).
La teologia dell’eucaristia che il Concilio di Trento volle met-
tere in luce, fece si che il modo di disporre il tabernacolo nelle chiese
diventasse una conseguenza diretta della riscoperta del culto della
presenza viva di Gesù Cristo nell’ostia consacrata, culto che nel De-
creto sul Sacramento dell’Eucaristia, veniva ribadito e rinnovato pre-
vedendo esplicitamente di mantenere l’uso salutare e necessario di custo-
dire e conservare con cura la santa eucaristia nelle chiese18. Solo nelle
chiese di particolare importanza o in quelle dove era presente una
schola, per la conservazione e custodia delle ostie consacrate venne
dedicato un luogo appartato, normalmente un altare apposito (detto
del santissimo)19, in cui i fedeli potessero sostare in preghiera senza es-
sere disturbati,.
Ma le indicazioni del Concilio di Trento furono recepite in
maniera straordinaria dall’arte barocca che fece della collocazione del
tabernacolo sull’altare maggiore uno dei suoi punti di forza. Pur esco-
gitando, in sostanza, soluzioni architettoniche totalmente diverse da
quelle del passato, il tabernacolo del barocco conserva, generalmente,
una conformazione a tempietto con pianta centrale, sull’esempio del

18 CONC. (OECUM. XIX) TRIDENTINUM, 13 dic. 1545 – 4 dic. 1563, Sessio

XIII, 11 Oct. 1551, Decretum de sanctissimo eucharestiæ sacramento (COD, pp. 693-698)
19 L’evoluzione delle forme del culto durante il medioevo aveva favorito, in-

fatti, la celebrazione di messe private officiate da un sacerdote per intenzioni partico-


lari (per i defunti, per i malati, in onore di un santo protettore). Fatto, questo, che
aveva portato necessariamente, come conseguenza diretta negli arredi sacri, ad un
aumento spropositato del numero degli altari di ciascuna chiesa. Il simbolismo di un
solo Cristo – un solo altare veniva quindi a perdersi definitivamente. Si consideri che la
basilica vaticana contava più di trenta altari nel XII sec. e quasi settanta nel XVI sec..
La stessa chiesa di San Giovanni Ev. di Capranica, secondo il resoconto della visita
apostolica del 1574 (ASV, Congregazioni Vescovi e Regolari, Visita apostolica 33, ff. 12v-
21r, nonché la traduzione dal latino all’italiano in CHIRICOZZI P., Le Chiese di Caprani-
ca, Roma 1983, pp. 64-65), pur essendo molto più piccola della attuale, conteneva
ben 13 altari. Solo con il Concilio Vaticano II si è tornati ad un unico altare.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 117

tabernacolo del Bernini nella Cappella del SS. Sacramento in San Pie-
tro20. Caratteristica comune dei tabernacoli di questo periodo è poi la
trionfalità delle forme, esaltata altresì dalle decorazioni di contorno
(putti dorati, nubi argentate, mandorle radiose), allo scopo di esprime-
re la regalità della divinità di Cristo. Chi ha avuto l’occasione di sosta-
re in preghiera davanti allo stesso tabernacolo della basilica vaticana,
non può non aver ricevuto dall’insieme degli stucchi dorati, dalle alle-
gorie rappresentate, dalla maestosità dell’intera cappella – addirittura,
forse, di un opulenza stridente con il mistero dell’incarnazione di Ge-
sù nella povertà della stalla di Betlemme – un senso di unione e vici-
nanza a Dio – difficilmente esprimibile con semplici parole, che in un
certo senso costituisce una sorta di anticipazione terrena alla beatitu-
dine eterna.

Mentre il tabernacolo eucaristico continuerà a conservare so-


stanzialmente i caratteri attribuitigli dalla riforma tridentina fino ai
nostri giorni21, è in seguito all’approvazione del nuovo Rituale della
Messa da parte di Papa Paolo V che si vengono a creare le condizioni
per la nascita dei tabernacoli degli olii santi. Il progressivo abbandono
dei tabernacoli murali che, sostituiti da quelli installati sugli altari, per-
dettero d’un colpo la loro originaria funzione, favorì quindi un loro
riutilizzo come custodie per gli olii santi. Sono quindi probabilmente
da collocare intorno al XVII sec. le aggiunte in epigrafe che intitolano
ad un uso crismatico i tabernacoli marmorei delle nostre chiese e la
rimozione di alcune delle figurazioni che li ornavano22.

20 Cfr. F. NEGRI ARNOLDI, «Liturgici strumenti e arredi sacri», EISLA, pp.


663-664.
21 Nel Rinascimento non si hanno grandi variazioni se non sulla tipologia dei

materiali utilizzati che diventano molto più vari rispetto al passato (legno, marmo,
bronzo, etc.). Cfr. F. NEGRI ARNOLDI, «Liturgici strumenti e arredi sacri», cit., pp.
663-664.
22 Un esempio di queste rimozioni si ha, per es., nel tabernacolo della chiesa

di San Francesco. Qui rimane ancora visibile la base di un calice eucaristico che ori-
ginariamente era posizionato sopra l’ornato della nicchia centrale. Le brutte e malfat-
te riprese di calce ai lati della stessa nicchia, fanno inoltre ritenere che originariamente
anche qui fosse presente il motivo degli angeli oranti (cfr. F. NEGRI ARNOLDI, Taber-
nacoli, cit., p. 342, 344).
118 Dio fa casa con l’uomo

Con la riforma della liturgia apportata dal Concilio Vaticano II - pri-


ma con la costituzione Sacrosantum Concilium del 4 dicembre 1963 e
poi con le successive istruzioni del magistero23 - se, da un lato, si ten-
de ad operare una sostanziale semplificazione della forma del taber-
nacolo eucaristico, inteso come arredo liturgico, dall’altro, esso torna
ad essere definitivamente installato al di fuori dell’altare maggiore in
una cappella separata dal corpo più grande dell’edificio sacro24.

§ 2 – Il tabernacolo murale di San Giovanni Ev.

§ 2.1 – Descrizione fisica

Il tabernacolo murale della collegiata di San Giovanni Evan-


gelista, misura circa 230 cm di altezza per circa 84 cm di larghezza,
con un aggetto alla cornice del timpano pari a circa 17 cm. E’ costitui-
to da 4 pezzi distinti murati a calce, che descriviamo in ordine
dall’alto verso il basso:
1) il timpano e la sottostante trave decorata con testine di cherubini,
di circa 50 cm;
2) l’edicola, che rappresenta il corpo centrale ed in cui è compresa la
nicchia della custodia, alta circa 95 cm;
3) la mensola in cui è raffigurata l’aquila giovannea, di circa 52 cm;
4) lo stemma Anguillara e il sovrastante ciuffo di foglie ornamentali,
che misura circa 33 cm.
Al centro del corpo centrale, come si è detto, è la custodia
vera e propria con una porticina di legno dorato, munita di serratura,
di dimensioni 17 x 32 (H) cm, che racchiude la nicchia di 16 x 30 (H)
x 29 (P) cm, dove veniva riposto il SS. Sacramento.

23 Soprattutto l’istruzione emanata da Paolo VI nel 1967, Eucaristycum myste-

rium, in, EV 2,1349


24 Il Codice di Diritto Canonico del 1983 richiede che «il tabernacolo, nel quale si
conserva la santissima Eucaristia, venga collocato in una parte della chiesa o dell’oratorio che sia
insigne, visibile, ornata decorosamente, adatta alla preghiera» (CJC 1983, can. 938 § 2). Segno
della presenza dell’Eucaristia nel tabernacolo è una particolare lampada, che risplende
costantemente, «mediante la quale venga indicata ed onorata la presenza di Cristo» (CJC 1983,
can. 940). Dal punto di vista architettonico nella costruzione di nuove chiese si veda
anche MORRA L., «Edifici per il culto», in Manuale di progettazione edilizia. Fondamenti,
strumenti, norme, Milano 1992, p. 2023.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 119

Nonostante le operazioni di demolizione della vecchia chiesa


di San Giovanni e la costruzione della nuova abbiano reso necessaria
la rimozione del tabernacolo dalla sua sede originaria per collocarlo
definitivamente all’interno della cappella del Santissimo Sacramento25
– dove si trova da quasi duecento anni – le sue attuali condizioni
non sembrerebbero far ritenere che durante le operazioni di sposta-
mento abbia riportato traumi di grave entità. Soprattutto se ciò viene
messo a paragone con la sorte toccata ad altre opere d’arte della vec-
chia San Giovanni, come il portale e la lunetta dell’Ospedale Civico di
San Sebastiano che, evidentemente, hanno dovuto subire un tratta-
mento ben peggiore26.
Tuttavia, sono sicuramente attribuibili allo spostamento sud-
detto le fratture visibili sulla cornice sinistra27 del timpano e il vistoso
intervento a calce alla base della lesena destra (che ne ha cancellato le
modanature). Nella zona inferiore si notano, inoltre, la perdita
dell’angolo in basso a destra del libro, con leggera scheggiatura del
corno che da esso si origina, nonché altre rotture a carico del lembo
della pagina destra. Altre leggerissime lesioni si vedono, infine, sul
bordo esterno della lesena sinistra, all’altezza del capitello della semi-
colonna interna su cui poggia la figura di Salamone profeta, e sul bor-
do esterno del corno sinistro.

25 Per cui si rimanda alla I^ PARTE - § 4.


26 Sull’argomento e per una analisi dettagliata dell’opera dal punto di vista ar-
tistico, cfr. GUGLIELMI C., «Considerazioni sul portale dell'Ospedale di San Sebastia-
no in Capranica», Paragone, XXXIV (1983), pp. 30-47. E’ interessante far notare che la
lunetta dell’Ospedale Civico di San Sebastiano è forse l’opera d’arte capranichese che,
fatta eccezione per il santuario della Madonna del Piano, è stata oggetto di maggiore
attenzione da parte degli studiosi di storia dell’arte. A parte la citata Guglielmi, che,
peraltro, fornisce un’ampia bibliografia in proposito, si vogliono ricordare RICCI C.,
L’architettura romanica in Italia, Stuttgart 1925, figg. pp. 144-145; de FRANCOVICH R.,
«La corrente comasca nella scultura europea. I - La nascita; II - La diffusione», RIA-
SA, VI (1937), p. 79; LAVAGNINO E., Storia dell’arte medievale italiana, Torino 19602, pp.
399-400, fig. 318; GATTI R., «Precisazioni su alcuni portali romanici nell'Umbria me-
ridionale», Commentari, XVII (1966), pp. 16-24; PARLATO E. - ROMANO S., Roma e il
Lazio, Milano 1992, p. 390; nonché le più divulgative BOTTALI P., Lazio sconosciuto:
cento itinerari insoliti e curiosi, Milano 1983, pp. 57-58, fig. a pag. 58; STOPANI R., Guida
ai percorsi della Via Francigena nel Lazio, Firenze 1996, p. 49-51, fig. p. 51.
27 Il riferimento dx/sx è secondo chi guarda.
120 Dio fa casa con l’uomo

La superficie del marmo, soprattutto a causa del fumo delle


candele, in più punti si presenta visibilmente sporca di grasso e scorie
(ad es. sul libro, sullo stemma Anguillara, sui bordi delle lesene e delle
cornici del timpano, etc.). Lo stesso sporco ricopre in parte anche le
dorature28, che originariamente rivestivano le superfici in rilievo29, ora
visibili in maniera molto minore, soltanto nelle zone superiori in cor-
rispondenza dei cherubini sulla trave e delle vesti del Cristo e dei pro-
feti.
Alle mani e ai piedi del Cristo, in corrispondenza dei fori dei
chiodi, è stato aggiunto del colore rosso. Lo stesso colore macchia in
più punti la tunica: sugli orli delle maniche, della scollatura, sotto
l’ascella destra, sull’orlo inferiore (dove sembra uscire da sotto il man-
tello indossato a fascia).
La mensola inferiore, che sembra poggiare sulle foglie di a-
canto fuoriuscenti dallo stemma (utilizzato qui a guisa di un vaso), è
delimitata da due corni tra loro speculari. Questi hanno origine dagli
angoli inferiori del libro, aperto, su cui è l’iscrizione (aggiunta presu-
mibilmente durante il sec. XVII), OLEV(S) S(ANC)TVM INFIR-
MORV(M)30. Al libro sono saldamente ancorati i poderosi artigli
dell’aquila, la quale si presenta in una posa dinamica, con le ali aperte
in tutta la loro grandiosità, il capo leggermente reclinato in basso a
sinistra, con un artiglio, il sinistro, più disteso dell’altro, il quale invece

28 La doratura è un procedimento, conosciuto sin dall’antichità, con cui ven-

gono ricoperte con lamina d’oro le superfici. Il Vasari, nella sua Introduzione alle tre
Arti, parla in maniera dettagliata della doratura e “Del modo del mettere d’oro a bolo et a
mordente et altri modi” (cfr. «Doratura», DA, p. 231).
29 Il monumento funebre al canonico Francesco Petrucci, adiacente al taber-

nacolo murale di San Giovanni, conserva tutt’ora la doratura originaria. Per restare
nell’ambito dei tabernacoli murali, il tabernacolo contemporaneo a quello di San
Giovanni conservato presso la basilica romana di Santa Maria in Trastevere e attribui-
to a Mino dal Reame, presenta ancora oggi l’originaria doratura delle superfici. Una
foto di questo, ma in bianco e nero, è visibile nel sito web dell’Istituto per la Catalo-
gazione del Ministero dei Beni Culturali, all’indirizzo internet:
«http://fototeca.iccd.beniculturali.it/OGGOAWEB/sf» (alla schermata “parametri
di ricerca”, inserire: Mino dal Reame nel campo “autore”), nonché, stavolta a colori, nel
volumetto S. MARCHEI, S. Maria in Trastevere, Cinisello Balsamo (Mi) 1999, p. 37.
30 Sul tabernacolo murale della chiesa di San Francesco è la scritta OLEVM

INFIRMORVM; su quello della chiesa di Santa Maria invece è scolpito OLEVM


SANCTUM INFIRMORUM.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 121

si presenta diritto e contratto, a significare l’atto dello spiccare il volo


o, più probabilmente, a causa della posizione del capo che guarda ver-
so il basso, dell’aver appena afferrato il libro dopo una lunga picchia-
ta. Sulla mensola è poggiata una trave, decorata con motivi floreali, a
girali, su cui, a loro volta, sono poggiate le basi delle due semicolonne
che fanno da supporto alle figure dei profeti Salamone (a sinistra) e
Isaia (a destra), e delle due lesene laterali scanalate. Queste culminano
con un capitello con foglie di acanto su cui poggia la trave decorata
con tre testine di cherubini e due colombe in atto di piluccare i frutti
dei due festoni.
La parte centrale del tabernacolo è concava, con un effetto
che tende a riprodurre un senso di prospettiva e profondità: meno
accentuato nella zona inferiore, più evidente nella zona superiore
quando si tenta di riprodurre il catino absidale. In questo è il Cristo in
gloria, con aureola e mandorla radiosa, a braccia aperte, in posizione
ascensionale, e cornice di serafini. Le figure dei profeti Salamone e
Isaia, che recano un cartiglio su cui sono incisi i loro nomi, hanno
portamento solenne, la testa lievemente inclinata verso il basso, e lo
sguardo orientato verso la scena della gloria di Cristo. La nicchia cen-
trale è guardata da figure di angeli oranti, mentre altre due figure an-
geliche, in volo, sorreggono in trionfo la croce centrale.
Infine, la colomba dello Spirito Santo, dal timpano, sembra
assistere a tutta la scena, con le ali e la coda aperte, planando dall’alto
verso il basso.

§ 2.2 – Inquadramento artistico: tra Mino da Fiesole e Isaia da Pisa

Dopo la Toscana, l’alto Lazio viene sicuramente considerata


come l’area più ricca di tabernacoli sacramentali, al punto che alcuni
studiosi di storia dell’arte ne hanno addirittura classificata la tipologia
e approfondita in modo completo la simbologia delle figurazioni31.
Dal punto di vista artistico, i tabernacoli sacramentali a muro deriva-
no da tre principali prototipi. Due prototipi sono di scuola toscana e
vengono fatti risalire ai tabernacoli realizzati da Bernardo Rossellino,

31 Cfr. F. NEGRI ARNOLDI, Tabernacoli, cit., pp. 341 e 355, dove si cita l’opera

di H. CASPARAY, Das Sakramentstabernakel in Italien, Monaco 1965, e quella di X. BAR-


BIER DE MONTAUT, Les Tabernacles de la Renaissance à Rome, Arras, s.a.
122 Dio fa casa con l’uomo

a Firenze, per la Chiesa di Santa Maria Nuova nel 1449-50 (oggi cu-
stodito nella Chiesa di Sant’Egidio), e da Desiderio da Settignano per
la Chiesa di San Lorenzo, nel 1461, sempre a Firenze. Il terzo, che è
poi quello a cui vanno ricondotti i tabernacoli delle nostre chiese –
non solo capranichesi ma più in generale di tutta l’area viterbese – è
diffuso a Roma e nel Lazio. All’interno di queste tre grandi famiglie di
tabernacoli, anche nella stessa area laziale, esistono tuttavia numerose
varianti compositive che rendono difficile un raggruppamento secon-
do le varie botteghe esecutrici. Ciononostante, si può certamente af-
fermare che una frequente caratteristica dei tabernacoli delle chiese
della Tuscia meridionale è data dal coronamento a timpano classico
con l’inserimento della colomba dello Spirito Santo; minimo comune
denominatore ben visibile sia nei tre tabernacoli delle nostre chiese
capranichesi, sia in alcune di quelle dei paesi limitrofi32.
Caratteristica comune di tutti i tabernacoli degli olii santi è al-
tresì il loro mutamento di funzione e destinazione, da un uso eucari-
stico a custodie per l’olio santo, che si produce, come si è già detto,
contemporaneamente alla diffusione dell’uso di inserire la custodia
eucaristica all’interno della struttura stessa degli altari dopo il Concilio
di Trento.

Il tabernacolo murale di San Giovanni è un tipico esempio


del modello romano, probabilmente proveniente da una versione ela-
borata da Mino da Fiesole33, dalla cui bottega romana quasi certamen-
te è stato realizzato34, ed è caratterizzato da una distribuzione dello
spazio interno che consiste essenzialmente nella riproduzione di

32 Altri tabernacoli riconducibili allo stesso modello compositivo di quelli

capranichesi sono conservati presso la Chiesa di Santa Maria della Pace a


Ronciglione, nella cripta della Cattedrale di Civita Castellana (Tabernacolo Borgia),
nonché nella chiesa di san Pietro, sempre a Civita Castellana. Cfr. F. NEGRI
ARNOLDI, Tabernacoli, cit., p. 344.
33 Mino da Fiesole (Poppi, Casentino, 1429 – Firenze, 1484). Per la vita e le

vicende artistiche di maestro Mino da Fiesole, si rimanda al VASARI G., Le vite dei più
eccellenti pittori, scultori e architetti, introduzione di M. Marini, Roma 1991, Vita di Mino,
scultore, da Fiesole, pp. 444-447, nonché alle indicazioni bibliografiche contenute in
CAGLIOTTI F., «Mino da Fiesole, Mino del Reame, Mino da Montemignaio: un caso
chiarito di sdoppiamento d’identità artistica», Bollettino d’Arte, serie VI, LXXVI (1991),
pp. 19-86.
34 E’ di questo parere F. NEGRI ARNOLDI, Tabernacoli, cit., p. 342
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 123

un’abside con relativo catino absidale (soluzione, questa, che alcuni


farebbero risalire ad un perduto prototipo di Donatello35). Tuttavia
alcuni elementi decorativi rimandano alla sintassi abituale di un altro
scultore toscano, Isaia da Pisa36, che fu attivo nell’Alto Lazio sin dagli
anni Quaranta del XV secolo. Tra questi elementi sono, ad esempio, le
due figure angeliche poste ai lati della nicchia e le due colonnine late-
rali che sostengono le figure dei profeti Salomone e Isaia che si ritro-
vano in altre opere di Isaia da Pisa come, ad esempio, nel tabernacolo
della cattedrale di Tuscania. Come fa parte del linguaggio tipico di
maestro Isaia, il fascio di foglie di acanto che sembra nascere dallo
stemma Anguillara alla base della mensola. Queste similitudini fareb-
bero pensare in qualche modo a punti di contatto stilistici tra i due
maestri marmorari. Ipotesi, questa, secondo alcuni autori tutt’altro
che improbabile dal momento che l’influenza dell’opera di Isaia da
Pisa su quella di Mino da Fiesole sarebbe giustificata, oltre che da
contatti personali (che i due scultori ebbero «in occasione del docu-
mentato intervento nel demolito pulpito della Benedizione»37 della
basilica di San Pietro, in cui furono entrambi impegnati), anche dalla
particolare personalità di Mino da Fiesole che certamente possedeva
la capacità culturale di attuare una fusione degli stili preesistenti38.
Nel caso dei tabernacoli murali, comunque, resta sempre dif-
ficile indicare con certezza l’attribuzione dell’esecutore. Ciò anche
perché, quasi sempre, ci si trova dinanzi a prodotti di bottega che
normalmente venivano realizzati da aiuti e collaboratori del Maestro,
il quale si limitava a fornire sic et sempliciter il disegno dell’opera. Non è
difficile immaginare, quindi, che il tabernacolo della collegiata di San

35 Cfr. F. NEGRI ARNOLDI, Tabernacoli, cit., p. 342, nonché LA BELLA C.,

«Scultori nella Roma di Pio II (1458-1464). Considerazioni su Isaia da Pisa, Mino da


Fiesole e Paolo Romano», Studi Romani, XLIII (1995), p. 33
36 Isaia da Pisa, scultore toscano, figlio di Pippo di Gante da Pisa. Su Isaia da

Pisa le notizie a disposizione sono rare. Sulla sua attività viterbese, vedi F. NEGRI
ARNOLDI, Isaia da Pisa e Pellegrino da Viterbo, in AA. VV., Il Quattrocento a Viterbo, Roma
1983, pp. 324-340.
37 LA BELLA C., «Scultori nella Roma di Pio II», cit., p. 35. Il Pulpito o Loggia

della Benedizione, venne iniziato durante il pontificato di Pio II e completato sotto i


papati di Alessandro VI e Giulio II. Dal pulpito il Papa si mostrava ai fedeli e li be-
nediceva, attorniato da tutti i membri della curia romana.
38 Cfr. LA BELLA C., «Scultori nella Roma di Pio II», cit., p. 35
124 Dio fa casa con l’uomo

Giovanni sia un’opera realizzata a più mani39. Anche per questi motivi
il Muñoz preferì , per queste opere, una generica attribuzione a quelli
che propose chiamare i “Maestri dei cibori”40, anche se , come si è
visto, non si tratta affatto di opere di maestri specializzati nel genere,
ma di prodotti, cosiddetti “minori”, frutto del lavoro e dell’opera di
botteghe famose e affermate.
L’attribuzione a Mino da Fiesole resta poi ancora più
problematica dalla presunta esistenza del fantomatico maestro Mino
del Reame di cui il Vasari parla nelle sue Vite, come autore - per firma
in calce - di alcuni tabernacoli delle chiese romane stilisticamente
simili al nostro. E’ il caso, ad esempio, di quelli di Santa Maria in
Trastevere e di Santa Francesca Romana, firmati “OPVS MINI”.

§ 2.3 – Considerazioni intorno alla datazione del tabernacolo

La struttura del tabernacolo capranichese è simile a quella del


tabernacolo murale della Chiesa di Santa Francesca Romana ai Fori, a
Roma, con stemma Orsini, datato intorno al 1460 e attribuito a Mino
da Fiesole41. Forse per questo motivo anche il tabernacolo di San
Giovanni, come si è detto più sopra, viene datato intorno al sesto de-

39 Ciò è addirittura confermato nei fatti, dalle vistose differenze di stile tra le

figure dei profeti, solenni e curate, e quella del Cristo in gloria, che presenta, invece,
fattezze molto più semplici e grossolane.
40 Cfr. F. NEGRI ARNOLDI, Tabernacoli, cit., p. 341. Il prof. Antonio Muñoz

fu, durante gli anni ’20, l’esecutore del restauro della chiesa di San Francesco, che ce
l’ha restituita nelle sue originali fattezze romaniche.
41 La datazione è del Casparay ed è evidentemente condivisa da F. NEGRI

ARNOLDI, Tabernacoli, cit., p. 342, nonché da LA BELLA C., «Scultori nella Roma di
Pio II», cit., p. 32. A proposito dell’attribuzione del tabernacolo di Santa Francesca
Romana e della sua datazione, l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
del Ministero dei Beni e le Attività Culturali
(http://fototeca.iccd.beniculturali.it/OGGOAWEB/sf - alla schermata “parametri di
ricerca”, inserire: Mino dal Reame nel campo “autore”), in evidente contraddizione con
i suddetti autori, riporta per questo manufatto: Mino dal Reame… 1493… Su tale
discrepanza si veda anche CAGLIOTTI F., «Mino da Fiesole, Mino del Reame, Mino da
Montemignaio», cit., pp. 19-86, nonché LA BELLA C., «Scultori nella Roma di Pio II»,
cit., p. 32 il quale afferma che “sulla base della presenza dello stemma Orsini scolpito tra le
volute della mensola, la datazione del tabernacolo è stata generalmente messa in relazione con la
carica di titolare della chiesa rivestita dal cardinale Giovanni Battista Orsini tra il 1489 e il
1493”.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 125

cennio del secolo XV, e quindi nel periodo abbastanza ampio che va
dal 1450 fino al 1459 (1460).
Questa datazione – sempre difficoltosa e per forza di cose
approssimativa per le stesse ragioni che rendono difficile attribuire
con certezza la paternità di un opera a questa o a quella bottega di
marmorari – se pare concordare in pieno con la presenza a Capranica
di coloro che quasi sicuramente sono stati i committenti del taberna-
colo, ovvero i conti di Anguillara e Capranica, lascia tuttavia il campo
aperto per alcune considerazioni che vale la pena di affrontare.

Abbiamo detto già che il tabernacolo porta in basso lo


stemma della famiglia Anguillara con le due anguille “rampanti” in-
crociate. Volendo costituire, grazie a questo stemma, un terminus ad
quem, oltre il quale, cioè, non è ragionevole spingersi nella datazione
del tabernacolo – poiché non avrebbe senso immaginare una commit-
tenza Anguillara dopo tale limite temporale – eccolo determinato nel
1465, anno in cui la famiglia sarà cacciata per sempre da Capranica in
seguito alla sollevazione del popolo e alla guerra santa dei pontifici
contro di essa, bandita da Paolo II42.
Per fissare il terminus a quo, invece, è necessario considerare
alcuni avvenimenti storici che riguardano tanto la Chiesa di San Gio-
vanni, quanto la stessa famiglia Anguillara, che si svolgono preceden-
temente agli anni Cinquanta, fino addirittura agli inizi del Quattrocen-
to.
Abbiamo visto altrove come la Chiesa di San Giovanni venga
elevata al titolo di collegiata con la Bolla di papa Bonifacio IX “Piis et
honestis” del 23 ottobre 1400 e come tale richiesta fu avanzata a moti-
vo del rischio cui erano esposti gli stessi canonici per andare ad offi-
ciare nella chiesa di San Lorenzo, poiché ogni volta costretti ad uscire
dalle mura del castello. La nuova dignità di collegiata appena acquista-
ta nonché la crescente rivalità con il clero della Chiesa di Santa Maria,
potrebbe aver portato i suoi canonici, qualche decennio più in la,
d’intesa con in Conti di Anguillara, che certamente vantavano diritti
sulla Chiesa di San Giovanni, ad incaricare una delle tante botteghe

42 Per le vicende che portarono alla sollevazione del popolo capranichese

contro gli Anguillara, si rimanda alla I^ PARTE: § 2.1 – Il contesto storico – I CONTI DI
ANGUILLARA E CAPRANICA.
126 Dio fa casa con l’uomo

romane di realizzare una nuova custodia eucaristica, ovviamente a


spese degli Anguillara, che, come era d’uopo a quei tempi, a buon di-
ritto ne avrebbero poi dichiarata la paternità facendovi scolpire, ad
imperitura memoria, il loro stemma gentilizio delle due anguille ram-
panti.
Ma proprio la presenza di tale stemma, per quanto diremo
appresso, rappresenta un motivo, a questo punto, per ipotizzare una
datazione del tabernacolo più a ridosso del 1450 che, piuttosto, intor-
no al 1460. Ciò per la difficoltà di determinarne con esattezza il
committente che, come si è detto, è comunque e certamente un An-
guillara, ma… quale? Il Conte Giacomo, ultimo rappresentante del
ramo di Capranica? O, piuttosto, il Conte Everso del ramo di Anguil-
lara propriamente detto?
Abbiamo detto che lo stemma riportato sul tabernacolo è
quello delle due anguille rampanti a “croce di Sant’Andrea”. Tale
stemma, oltre che a San Giovanni, è visibile a Capranica nella chiesa
di San Francesco alla base delle due colonne che sorreggono il bal-
dacchino del cenotafio dei conti gemelli Francesco e Nicola, (seppure
con una leggera variante nella forma dello scudo), al centro del tim-
pano dello stesso monumento, e sulla parete sud dell’abside della
stessa chiesa (sul lato del Corso Francesco Petrarca).
Alcuni autori, inoltre, riferiscono che lo stemma originale de-
gli Anguillara è altresì visibile in Roma, presso l’omonima Torre, in
Trastevere; presso la sacrestia di San Francesco a Ripa, ancora in Tra-
stevere, su alcune lapidi sepolcrali posizionate in un corridoio; a Blera
e a Canepina43. In tutti questi casi lo stemma riporta, come a Caprani-
ca, le due anguille disposte a “croce di Sant’Andrea”. Va considerato
invece, che il Conte Everso ha fatto aggiungere allo stemma della
famiglia anche “un orso o un cinghiale che porta nella bocca un serpente o
un’anguilla”44. Un suo stemma siffatto è visibile sempre presso la Tor-

43 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara dalle loro origini al 1465», ASRSP,

XXIX (1906), pp. 401-402, nonché SIGNORELLI M., Le famiglie nobili viterbesi nella storia,
Genova 1969, p. 68
44 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», cit., ASRSP, XXIX (1906), p. 402. SI-
GNORELLI M., Le famiglie nobili viterbesi, cit., p. 68, riferisce, inoltre, che «il celebre E-
verso vi inserì anche l’orso con l’anguilla in bocca, quale riferimento all’acquisita pa-
rentela con gli Orsini».
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 127

re romana che appartenne alla famiglia45, in Piazza Sidney Sonnino,


attualmente sede della “Casa di Dante”46. Alcuni riportano inoltre,
che Everso contribuì con circa 200 ducati alla fabbrica, cominciata nel
1462, di un braccio dell’ospedale del Salvatore a Sancta Sanctorum e
che, per questo motivo, «…i guardiani dell’ospedale vollero affiggere
due lapidi sulle pareti del nuovo edificio: e che una di queste, ancora
affissa nel muro, verso la piazza, dell’ospedale di S. Giovanni in Late-
rano ha sopra lo stemma degli Anguillara un cinghiale con in bocca
un’anguilla o un serpe, e porta scolpite queste due parole “Everso Se-
cundo”».47
Ora, negli anni intorno al 1460, Everso era venuto già da
qualche tempo in possesso del castello di Capranica, anche se con
modalità a tutt’oggi ancora ignote48. Abbiamo già visto come questo

45 Una fotografia dello stemma eversiano si trova in, CUSANNO A.M., «Con-

tributo alla conoscenza dell'originario complesso edilizio degli Anguillara in Trasteve-


re», Bollettino d’Arte, Serie VI - LXXV (1990), p. 87, fig. 21. Lo stesso stemma, posizio-
nato sopra la cappa di un caminetto, è riportato a p. 86, fig. 20, nella riproduzione
particolare di alcuni elementi architettonici del palazzo anguillaresco, dal rilievo ese-
guito nel 1896.
46 Sulla Casa di Dante e il Palazzetto Anguillara, cfr. DE GREGORI L., «La

Torre Anguillara e la Casa di Dante», Bollettino del R. Istituto di Archeologia e Storia


dell’Arte, II (1928), pp. 111-117. Dopo il restauro della Torre e del Palazzotto, ultima-
to nel 1902, e «…dopo dieci anni dal suo inizio, a vari usi servì il rinnovato palazzot-
to fino a che non fu nel 1903 chiesto al Comune e ottenuto in affitto dal barone Sid-
ney Sonnino per la Lectura Dantis romana. (…)» (p. 114); «…la Casa di Dante fu isti-
tuita e il 18 gennaio del 1914 inaugurata con un discorso di Pasquale Villari su Dante
e l’Italia. (…)» (p. 115).
47. Cfr. ADINOLFI, Laterano e via Maggiore, Roma 1856, p. __. La descrizione

dello stemma di Everso non è però chiarissima e può trarre in inganno perché fareb-
be pensare a un unico stemma in cui, nella parte inferiore, starebbero le anguille in-
crociate, e nella parte superiore, il cinghiale con in bocca la serpe o l’anguilla. In real-
tà, lo stemma di Everso altro non è che lo stemma Anguillara nella versione visibile
sul sepolcro dei Conti Gemelli in San Francesco, dove, in luogo del cimiero che sorge
dalla parte superiore dello scudo, è rappresentato un cinghiale. Poiché anche Vincen-
zina Sora, citando l’Adinolfi, riprende la sua descrizione dello stemma… si potrebbe
esser tentati di pensare che non abbia mai visto dal vero lo stemma di Everso. Cfr.
anche SORA V., «I Conti di Anguillara», cit., ASRSP, XXX (1907), p. 86.
48 Cfr. SORA V., «I Conti di Anguillara», cit., ASRSP, XXX (1907), pp. 104-

105. Invece, SERCIA G., La pretesa feudalità di Capranica e le concessioni di Paolo II sul terri-
torio di Vico, Ronciglione 1933, p. 5, ipotizza addirittura che il Conte Everso venne in
possesso del castello di Capranica «forse anche senza rispettare i patti del 1446».
128 Dio fa casa con l’uomo

nel 1446, appartenesse al Conte Giacomo dell’Anguillara ramo di Ca-


pranica, il quale, in data 27 gennaio, stipulava un patto di reciproco
aiuto con il congiunto Everso49. Da questa data certa, la successiva a
nostra disposizione, altrettanto certa, è quella del testamento di Ever-
so del 16 febbraio 1464, in cui il castello di Capranica, invece, sem-
brerebbe aver cambiato di proprietà, poiché viene menzionato tra i
beni trasmessi al figlio-erede Deifobo50. Come al figlio Deifobo, del
resto, pervenne altresì la proprietà della stessa Torre trasteverina, da
sempre appartenuta al ramo capranichese51.
Poiché, infine, il patto tra il Conte Giacomo e il congiunto
Conte Everso, impegnava le parti per dieci anni dalla data della stipula
– patto che recava, tra l’altro, il dovere per la comunità capranichese
di “acceptare, reverire, et honorare el dicto magnifico Signore Conte Ever-
so…quanto la persona desso conte Jacouo propria”52 – potrebbe essere ra-
gionevole pensare che, come data limite, Everso e i suoi figli siano
venuti al possesso di Capranica non prima della scadenza dei dieci
anni, ovvero, non precedentemente al 1456 (quando non fosse, vice-
versa, che non vi siano pervenuti, invece, qualche anno prima)53.

49 Cfr. SERCIA G., La pretesa feudalità, cit., pp. 29-30


50 Cfr. I^ PARTE, nota n. 99. A Deifobo toccarono, oltre Capranica, anche
Ronciglione, Vico, Casamala e i diritti su Caprarola, Bieda, San Giovenale, Santa Se-
vera e la metà di Cerveteri. Il fratello Francesco, invece, ereditò Vetralla, Giove, Via-
no con Ischia e Alceto, S. Pupa e Calcata. Everso concluse la sua esistenza pochi me-
si più tardi, il 4 settembre 1464, presumibilmente all’età di circa settant’anni.
51 Cfr. CUSANNO A.M., «Contributo alla conoscenza dell'originario comples-

so…», cit., p. 76
52 Cfr. SERCIA G., La pretesa feudalità, cit., p. 30. In pratica è come se Everso

avesse potuto mettere una importante ipoteca sul futuro possesso di Capranica.
53 Va ulteriormente considerato infatti che i rapporti del Conte Giacomo con

i propri figli, non erano buoni. Dallo stesso documento si capisce chiaramente che tra
Giacomo e i due figli Giannantonio e Nicola doveva esistere qualche grossa difficoltà
perché “…essi figli desso Conte stiano et degano alli confini secundo alloro fo inpesto per li capitoli
innanzi passati exceptuatone…”. Non così con gli altri due figli Bartolomeo e Francesco
che il Conte Everso doveva aiutare nella conservazione della signoria su Capranica.
Cfr. SERCIA G., La pretesa feudalità, cit., p. 30. Una volta morto Giacomo, immaginia-
mo che non sarà stato molto difficile per Everso, con uno dei suoi celebri colpi di
mano, estromettere Bartolomeo e Francesco dal legittimo possesso di Capranica, for-
se anche approfittando dello stato di litigiosità in cui i fratelli si trovavano. Fatto sta
che dei quattro figli di Giacomo non si hanno ulteriori notizie.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 129

Tornando alla questione che solleva lo stemma Anguillara sul


tabernacolo di San Giovanni, si dedurrebbe dunque, per quanto si è
detto, che se il committente fosse stato il Conte Everso, e ammesso e
non concesso che egli già dal 1455 circa sia pervenuto in possesso di
Capranica, sembrerebbe strano e contraddittorio rispetto alla sua for-
te personalità, che egli non vi abbia fatto scolpire le proprie insegne
con il cinghiale e il serpente.
Resterebbe, allora, razionalmente, l’altra ipotesi, in verità
molto suggestiva, che il tabernacolo sia stato commissionato dal Con-
te Giacomo o da qualcuno dei suoi figli, in epoca – per così dire – di
“amministrazione controllata” degli eversiani. Ipotesi quindi che con-
fermerebbe, se solo fosse possibile verificarla con precisi riscontri do-
cumentali, per quel periodo purtroppo assenti, lo spostamento del
terminus a quo in direzione del 1450.
Giova ricordare, a questo proposito, che Mino da Fiesole la-
vorò a Roma già dal 1454, dove avrebbe eseguito un busto di Niccolò
Strozzi54, e che Isaia da Pisa a quei tempi aveva già realizzato molte
opere importanti (tra cui, secondo alcuni, il sepolcro di Papa Eugenio
IV, morto nel 1447), venendo supposta la sua presenza a Roma a
fianco del padre, Pippo di Gante da Pisa, già dal 1431 per i lavori al
Palazzo Vaticano55. C’è da dire, infine, che tra gli studiosi di storia
dell’arte è ancora aperto e vivo il dibattito intorno alle opere di questi
due grandi Maestri scultori, dibattito che non ha portato ad attribu-
zioni definitive di molte opere d’arte e, tra queste, anche degli esecu-
tori dei nostri tabernacoli, che alcuni farebbero risalire proprio alla
mano di Isaia da Pisa e alla sua grande carica di innovazione tipologi-
ca56.
Secondo una opinione abbastanza diffusa tra gli storici
dell’arte57, infatti, il tabernacolo di San Giovanni, nonché quelli della
chiesa di Santa Francesca Romana e del cortile del convento di
Sant’Agostino, in Roma, sarebbero gli unici rappresentanti di una
stessa tipologia ispirata ad un demolito tabernacolo eucaristico della
basilica di Santa Maria Maggiore. Questo, viene riconosciuto come

54 Cfr. A. M. CIARANFI, «Mino da Fiesole», EISLA


55 Cfr. F. NEGRI ARNOLDI, Isaia da Pisa e Pellegrino da Viterbo, cit., p. 324.
56 Cfr. LA BELLA C., «Scultori nella Roma di Pio II», cit., p. 28.
57 Cfr. LA BELLA C., «Scultori nella Roma di Pio II», cit., pp. 29-30.
130 Dio fa casa con l’uomo

opera di Isaia da Pisa anche dal Negri Arnoldi, che lo data alla secon-
da metà degli anni Cinquanta, pur ritenendo che i marmi residui non
possano far pensare a un tabernacolo. Ciò significherebbe, allora, che,
per alcune particolarità compositive cui più sopra si è accennato, il
nostro tabernacolo potrebbe essere stato realizzato nello stesso pe-
riodo dei marmi di Santa Maria Maggiore, ovvero tra il 1455 e il 1460.

Ma se queste nostre considerazioni non hanno portato ad al-


cuna conclusione definitiva, ciò non toglie, tuttavia, che non contri-
buiscano in qualche modo a supporre che fino a quell’epoca Caprani-
ca sia stata ancora sotto il dominio dei Conti di Anguillara del ramo
capranichese e che il Conte Everso sia pervenuto in suo possesso sol-
tanto verso la fine degli anni Cinquanta. Come, non possiamo saper-
lo.

§ 2.4 – Dai documenti d’archivio

Mons. Chiricozzi nel suo libro “Le chiese di Capranica”, riferi-


sce in ordine cronologico delle visite apostoliche e pastorali alla Chie-
sa di San Giovanni Ev. tra gli anni 1567 e 177358. Purtroppo nella
maggior parte di queste ci viene riportata una descrizione della chiesa
molto sommaria e superficiale, fatta eccezione per la visita apostolica
del 157459 e per la visita pastorale del 1696 (Card Savo Mellini) che
sono invece abbastanza ricche di particolari.
Per quanto riguarda il tabernacolo murale di cui ci occupia-
mo, questo viene esplicitamente menzionato soltanto dal resoconto
della visita apostolica del 1574 dove viene riportato che “…il Rev. Si-
gnore…prima vide e visitò il SS Sacramento che è conservato nel tabernacolo di
marmo incassato nel muro dentro una pisside di argento con il piede di legno ed è

58 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., pp. 63-68.


59 ASV, Congregazioni Vescovi e Regolari, Visita apostolica 33, ff. 12v-21r. La Vi-
sita fu eseguita, per incarico del papa Gregorio XIII, da mons. Alfonso Binarini, Ve-
scovo di Rieti (cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 176; CANONICI C. - SANTONI P.,
Parrocchie, Chiese e Confraternite. Per una storia delle istituzioni religiose capranichesi attraverso le
carte dell’Archivio Storico Parrocchiale, Capranica 1997, p. 1). Per un ulteriore approfon-
dimento vedi inoltre, I^ PARTE, nota n. 104.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 131

tenuto abbastanza decentemente, e detto tabernacolo era nella parte destra


dell’altare Maggiore…”60.
Fino a questa data, quindi, abbiamo l’assoluta certezza che il
tabernacolo sia stato utilizzato per lo scopo per cui fu realizzato, ov-
vero per la custodia del SS. Sacramento. Infatti, la visita apostolica del
1574 è contemporanea ai due sinodi della chiesa milanese del 1565 e
del 157661 in cui vengono emanate le prime indicazioni giuridiche sul-
la collocazione del tabernacolo sull’altare62.
Le successive visite pastorali, a cominciare da quella del 1627
di mons. De Paolis, non menzionano più la custodia marmorea, che
già da subito dopo il 1614, anno di entrata in vigore del nuovo Rituale
della Messa, con ogni probabilità, è stata adibita all’uso attuale di
tabernacolo per gli olii santi.

Degna di nota è la menzione di un documento conservato


presso l’Archivio Storico Parrocchiale63, riguardante alcuni lavori ese-
guiti per conto della Fabbrica di San Giovanni dal Maestro Domenico
del Grande da Capranica, per il compenso di 12 giulii e mezzo saldato
davanti al pubblico notaio Teodoro Petrucci, da Leandro dell’Orsi,
santese pro-tempore della Fabbrica, e alla presenza dell’Arciprete
Don Santi Rosa. L’atto è con una certa sicurezza databile, il 22 Feb-
braio 158564.

60 Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese, cit., p. 64.


61 Cfr. sopra, § 1.2.
62 Le indicazioni di cui si fa menzione provengono da San Carlo Borromeo e

dalla sua Instructio fabricae ecclesiae, cfr. KUNZLER M., La liturgia della Chiesa, Milano-
Lugano 1996, p. 385.
63 Cfr. APPENDICE, doc. II.
64 L’anno si può ricostruire dalle rotondità delle forme dei buchi lasciati

dall’abbondante inchiostro, che avendo indebolito la carta inumidendola, ha fatto


anche si che nel tempo corrodesse la carta stessa. La data è comunque confermabile
dai Libri dei Conti della Fabbrica, in cui per gli anni intorno al 1585 sono testimoniati
i pagamenti per le prestazioni di santesato a vantaggio di Leandro dell’Orsi. Inoltre
proprio in quegli anni Domenico del Grande compare come testimone in un atto per
la realizzazione di alcuni lavori di scalpellino eseguiti dal viterbese Vincenzo di Gia-
como Mattei di Baccio abitante in Capranica, detto mastro Cencio, alla Madonna del
Piano (cfr. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO F. T., «Giacomo Barozzi da Vignola e la
Chiesa della Madonna del Piano a Capranica», Arte e Accademia. Ricerche, studi, attività
dell’Accademia delle Belle Arti “Lorenzo da Viterbo”, 1988, p. 47, nota n. 74: ASVT, Nota-
132 Dio fa casa con l’uomo

Tra gli altri lavori eseguiti dal Maestro Domenico, è menzio-


nato quello per restu Tabernaculo a pietrella di esso… Di che genere e te-
nore fossero tali lavori non è possibile sapere di più, anche a causa
della quasi totale impossibilità di leggere tutta la parte scritta
sull’angolo inferiore destro del foglio. Tuttavia possiamo ipotizzare
che i lavori eseguiti siano stati unicamente di muratura escludendo
cioè la possibilità che lo stesso Maestro Domenico si sia dedicato a
opere di marmoraria o di scalpellino. A giudicare dalla data del docu-
mento che colloca difatti tali lavori solo 11 anni dopo la visita aposto-
lica di mons. Binarini, possiamo forse ipotizzare un precoce recepi-
mento delle norme del Sinodo Ambrosiano e lo spostamento del ta-
bernacolo dalla sua posizione originale – che si trovava in maniera
anomala in cornu epistolæ anziché in cornu evangeli – almeno al centro del
catino absidale, e cioè in linea con le direttive eucaristiche emanate dal
Concilio di Trento, che richiedevano una assoluta centralità delle cu-
stodie sacramentali.

§ 3 – Lettura del testo simbolico

Dal punto di vista iconografico, il tabernacolo del duomo, ri-


spetto agli altri due tabernacoli murali delle chiese capranichesi, è si-
curamente quello più interessante. E’ quello, cioè, che più si presta ad
una lettura simbolica del suo testo iconico, da cui scaturiscono note-
voli spunti catechetico-liturgici e richiami alla Sacra Scrittura.
Attraverso l’analisi dei soggetti che compaiono nella sua
composizione, cercheremo di dare una interpretazione complessiva
del significato di tutta la custodia. Cercheremo, in altre parole, di far
emergere quei significati che sono dietro alle singole immagini scolpite
sul tabernacolo, e, quindi, a tutta la scena che viene riprodotta.

rile Capranica 251, Nardini Aristotile [1589-1590], ff. 121r-122v [1589, ott. 18]:
…Actum in dicta ecclesia beate Marie de Plano extra Muros dicte terre iuxta sua latera presenti-
bus Dominus Bernardino Carletti magistro Dominico del Grande de Capranica et Domino Troiano
schiratti Architetto Jncola Suriani testibus.).
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 133

§ 3.1 – I corni

Procedendo dal basso verso l’alto, ripercorrendo, cioè, il mo-


to ascensionale che tutta la scena sembra avere grazie alla dinamicità
della figura del Cristo, e tralasciato lo stemma anguillaresco di cui ab-
biamo fin troppo parlato, non possiamo fare a meno di spendere
qualche parola, innanzitutto, sulla simbologia che è richiamata dai due
corni speculari nascenti dalla base del libro.
Questi, assenti negli altri due tabernacoli murali di San Fran-
cesco e di Santa Maria Assunta, rimandano in qualche modo alla abi-
tuale sintassi simbolica di maestro Mino dal Reame che li utilizza nella
mensola del tabernacolo murale di Santa Francesca Romana e in quel-
lo di Santa Maria in Trastevere. In particolare, da questo punto di vi-
sta è da rilevare come il tabernacolo trasteverino presenti una somi-
glianza più accentuata al nostro che non quello di Santa Francesca
Romana.
La presenza dei corni nel tabernacolo è sicuramente da ri-
condurre al libro dell’Esodo dove Bezaleel, su disposizioni di Mosè,
“fece l’altare di legno di acacia (…), fece i corni ai suoi quattro angoli: i corni
erano tutti di un pezzo” (Es 38, 1ss), che, come gli altri accessori
dell’altare, rivestì di rame. Il corno, comunque, presso il popolo ebrai-
co rivestì un’importanza fondamentale nelle liturgie e nei vari riti sa-
crificali a YHWH. In queste il sacerdote segnava le corna con il san-
gue della vittima sacrificale (cfr. Es 29,12), e attraverso le loro cavità
le preghiere del popolo d’Israele salivano, assieme al fumo degli olo-
causti, verso il Signore Onnipotente da cui poi discendevano nuova-
mente sotto forma di benedizioni e favori divini65. Ma le corna veni-
vano anche utilizzate nei riti di unzione dei re d’Israele. Il pastore
Davide, infatti, viene unto re ad opera del levita profeta Samuele il
quale, su mandato diretto del Signore, “prese il corno dell’olio e lo consacrò
con l’unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo Spirito del Signore si posò su Davide
da quel giorno in poi” (1 Sam 16,13). E’ chiara in questo caso l’analogia
con Gesù Cristo, il Messia, l’unto del Signore, mandato dal Padre per
la salvezza degli uomini, la cui potenza è tale da sconfiggere il pecca-
to. E’ su questo significato simbolico del corno come rimando alla

65 Cfr. CHARBONNEAU-LASSAY L., Il bestiario del Cristo, Roma 1994, p. 398


134 Dio fa casa con l’uomo

regalità e al messianismo di Cristo che i Padri della Chiesa, poi, insi-


steranno maggiormente. Tertulliano paragona la potenza di Cristo al
corno dell’orice e San Girolamo nella Volgata applicherà una parte del
cantico di Anna, madre di Samuele, direttamente a Cristo, quando
traduce “Dominus judicabit fines terrae, et dabit imperium regi suo, et sublima-
bit cornu Christi sui”66.
I frutti, soprattutto uva e agrumi, che dalle loro estremità
sembrano fuoriuscire in grande quantità, richiamano inoltre
l’iconografia del corno dell’abbondanza, che sin dall’antichità venne fre-
quentemente rappresentato nell’arte sacra. Benché nella Chiesa primi-
tiva la rappresentazione del corno dell’abbondanza non esprimesse
mai un vero e proprio significato simbolico, bensì assumesse soltanto
valenze squisitamente decorative67 – pur rappresentando un retaggio
della tradizione greco-romana, in cui simboleggiava i doni divini della
fecondità e della bontà – durante il tardo medioevo vi è chi ne accosta
l’immagine alle parole del Magnificat, “ha colmato di beni gli affamati” (Lc
1,53)68. Il corno dell’abbondanza viene dunque a significare la profu-
sione gratuita dei doni divini69. Rappresentato sovente con spighe di
grano e di altri cereali, esso richiama l’episodio delle sette spighe del
sogno del Faraone narrato in Gn 41,14-36, e l’interpretazione che ne
dà Giuseppe70. Nel nostro caso, è evidente la simbologia eucaristica

66 Cfr. CHARBONNEAU-LASSAY L., Il bestiario del Cristo, cit., p. 399, in cui la

traduzione letterale dell’A. è la seguente: “Il Signore giudica i confini della terra, dona la
potenza al suo Re e sublima il corno del suo Cristo”. E’ da rilevare che le parole corno, corna,
nel testo della Bibbia CEI vengono sempre tradotte, secondo il contesto, con dei
termini astratti quali forza, potenza, arroganza, etc., per cui la traduzione che riporta per
questo versetto è: “L’Altissimo tuonerà dal cielo. Il Signore giudicherà gli estremi confini della
terra; darà la forza al suo re, eleverà la potenza del suo Messia” (1 Sam 2,10). Questa lezione
era già stata adottata, in passato, nella traduzione della Volgata ad opera di Monsignor
Antonio Martini, del 1778 (SB), che riporta: “il Signore giudicherà la terra quant’ella è
grande, e darà l’impero al suo re, ed esalterà la gloria del suo Cristo” (1 Re 2,10).
67 Cfr. LECLERCQ H., «Corne d’abondance», DACL, II, col. 2966
68 Cfr. CHARBONNEAU-LASSAY L., Il bestiario del Cristo, cit., p. 403, dove viene

riprodotto un corno dell’abbondanza tratto dagli Archivi dell’Estoile Internelle, risa-


lente al XV-XVI sec.
69 Cfr. «Corne d’abondance», in CHEVALIER J., Dictionnaire des symboles Mythes,

rêves, coutumes gestes, formes, figures, couleurs, nombres, Paris 1973.


70 La simbologia delle spighe di grano e del corno non è patrimonio esclusivo

della cultura europea e medio-orientale. Riferisce REES E., Simboli cristiani e antiche radi-
ci, Cinisello Balsamo (Mi) 1994, p. 46, di “una cornucopia fatta con frumento, trovata in
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 135

dei due corni dell’abbondanza che si dipartono dai due angoli inferio-
ri del libro a voler significare, nel contesto del tabernacolo, i beni spi-
rituali, le primizie dell’amore Divino, che giungono all’anima attraver-
so l’Eucaristia71.

§ 3.2 – L’aquila

Rimanendo nella zona della mensola, passiamo ora ad analiz-


zare il significato della simbologia dell’aquila e del libro aperto. Anche
in questo caso, come per i due corni dell’abbondanza, è evidente la
similitudine con il tabernacolo di Santa Maria in Trastevere, dove vie-
ne, si, riprodotta l’aquila, ma senza il particolare del libro. Nel taber-
nacolo di Santa Francesca Romana invece, l’area tra i due corni nella
mensola è stata utilizzata per riprodurre lo stemma del committente,
la famiglia Orsini.
Ma prima di affrontare il tema dell’aquila, riteniamo opportu-
no, richiamare all’attenzione il significato generale delle figurazioni
zoomorfiche che diffusamente vengono utilizzate nell’arte medievale
e, in maniera più specifica, in quella cristiana.

«Noi moderni, abituati a servirci delle comodità, a solcare i


cieli e gli oceani, a mirare i prodigi della tecnica, siamo indubbiamente
dei superficiali nell’ambito degli interessi spirituali. Noi sorridiamo
degli animali. Quando non facciamo loro offesa riteniamo che il no-
stro dovere sia concluso»72. La nostra disabitudine a stare a contatto
con gli animali rispetto ai secoli passati, ci impedisce dunque di deco-
dificare nella giusta maniera il loro significato simbolico nell’arte. In-
fatti gli antichi avevano una concezione zoocentrica della vita, che
manifestavano nei campi più disparati. «Si pensi ai segni dello zodia-
co, alle mitofanie dei greci e dei latini nelle quali l’aspetto zoomorfo è
sovente protagonista della narrazione, alla selva delle figurazioni vege-
tali ed animali che – dai mosaici orientali, di Aquileia e di Ravenna alle

Guatemala”, dove “sette spighe di frumento, piene, rappresentano un raccolto abbondante, poiché il
sette è un antico numero che indica compiutezza”. E’ singolare, in questo caso, la straordina-
ria somiglianza con l’episodio del Sogno di Giuseppe.
71 Cfr. CHARBONNEAU-LASSAY L., Il bestiario del Cristo, cit., I, p. 403
72 Cfr. BORRARO P., «I bestiari medievali», Fede e Arte, XIV (1966), p. 508.
136 Dio fa casa con l’uomo

opulente e sobrie decorazioni delle cattedrali romaniche – intrecciano


un colloquio simbolista (…) nel suo accento iconografico»73. Soprat-
tutto grazie all’arte romanica si assiste ad uno sviluppo di figurazioni
zoomorfiche e fitomorfiche nell’arte cristiana, alla cui base sta una vi-
sione cosmologica religiosa che vede l’uomo totalmente immerso nel
creato assieme ad una concezione piramidale dell’ordine universale al
cui vertice è Dio e alla cui base sono gli animali74. L’uomo, come ri-
corda il Salmo 8, è al centro di questa piramide, poiché Egli lo ha fat-
to “poco meno degli angeli” e tutto ha “posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli
armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che
percorrono le vie del mare” (Sal 8, 6.7b-9). Ma ciò non è inteso ancora,
durante il medioevo, nel senso rinascimentale, ovvero come una con-
quista autonoma dell’uomo ottenuta soltanto grazie alle sue capacità
personali, bensì , come un dono diretto di Dio, che conferisce alla sua
creatura, seppure imperfetta e finita, il dominio e l’amministrazione
della «intera gamma delle creature soprattutto quelle viventi»75. Per-
tanto la raffigurazione zoomorfica nell’arte assume, in quella medie-
vale, una importanza dottrinale76, potremmo dire, catechetica, ovvero
occasione di crescita spirituale nel cammino di conversione personale
dell’uomo. Tuttavia, ciò non va inteso in senso assoluto, poiché le
rappresentazioni degli animali diventano col tempo anche dei puri e
semplici giochi decorativi del singolo artista che ben presto daranno
vita, nell’arte romanica, a dei veri e propri repertori – i cosiddetti be-
stiari - di bestie di tutti i tipi, reali e non, molto spesso anche mostruo-
se, la cui origine è da ricercare nelle culture orientali77.

73 ibidem
74 Cfr. AA.VV., «Zoomorfiche e fitomorfiche figurazioni», EUA, XIII, col.
942
75 Cfr. RAVASI G., I salmi¸ Milano 1992, p. 28
76 Cfr. AA.VV., «Zoomorfiche e fitomorfiche figurazioni», EUA, XIII, col.
942
77 Sull’argomento, BALTRUŠAITIS J., Il Medioevo fantastico. Antichità ed esotismi

nell’arte gotica, Milano 2000, passim


Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 137

Emblematico, per restare nell’ambito capranichese, è


l’esempio della lunetta dell’Ospedale Civico di San Sebastiano in cui
ad animali reali (i cervi, i passeri, i leoni) sono accostati altrettanti a-
nimali fantastici (le sirene-arpì e, i mostri, i rapaci), inseriti nelle volute
e nei racemi di una pianta di vite, in un contesto di quelle drôlerie me-
dievali ricche di sapienza didattica e di estri78. O, ancora, per comple-

78 Come già ricordato, sull’argomento si veda, GUGLIELMI C., «Considerazio-

ni sul portale dell'Ospedale di San Sebastiano in Capranica», cit., passim, e la bibliogra-


fia già citata alla nota n. 27. Dal punto di vista artistico il Lavagnino (Storia dell’Arte
Italiana, Torino 19602, pp. 399-400), riferisce la scultura capranichese «…a una diretta
ispirazione da miniature nordiche, (…) caratterizzato da quel tipico horror vacui che già
troviamo nell'età preromanica e dalla quale possono apparire come un raffinamento
ulteriore di motivi, portati a un'efficienza nuova di armonica stilizzazione. Racemi
disposti a volute trasmettono il loro moto circolare a strani esseri antropocefali che
ad essi s'avvinghiano, ultimo residuo d'un Medioevo fastoso; e intrecci viminei si
moltiplicano, intrecciandosi, a colmare lo spazio tra quelli, come una flora lussureg-
giante su un terreno troppo fertile: ma gli uni e gli altri non soverchiano, con l'umano
aspetto dei gesti, la serenità Cosmica che in sé li raccoglie, concludendo in pacificata
cadenza di modulazioni linearistiche», affermando infine che «…il più bell'esempio di
questo modo decorativo è la lunetta sulla porta dell'Ospedale civico a Capranica di
Sutri (fig. 319)». Tra gli autori locali, il Morera T. (Capranica nella storia e nell’arte, Roma
1994, p. 59), aveva già ripreso l’opinione del Lavagnino, ma senza citarne la fonte ed
anche il recente BALDASSARRE A.M e C., Capranica dalle origini ad oggi, Viterbo 2000,
pp. 67-68, si occupa della lunetta affermando che sarebbe una scultura «…in marmo
di epoca pagana…» ma con «…motivi provenienti dal basso romanico…» e comun-
que databile «…probabilmente verso la fine del XIII sec.». Sulla scultura altomedievale
cfr. anche RASPI SERRA J., Le diocesi dell'Alto Lazio. Bagnoregio, Bomarzo, Castro, Civita
Castellana, Nepi, Orte, Sutri, Tuscania, in «Corpus della scultura altomedievale», vol. VIII,
Spoleto 1974, soprattutto per quanto riguarda gli intrecci viminei che compaiono
sulla lunetta e nelle decorazioni dei capitelli, anche se l’autrice non comprende l’opera
tra quelle rientranti nel periodo storico che presenta. Tuttavia, benché la materia me-
riterebbe una ampia e completa trattazione, la complessa rappresentazione all’interno
della lunetta, è complessivamente interpretabile nell’ambito della eterna lotta tra bene
e male. Tra le foglie e gli intrecci viminei infatti, compaiono sia creature mostruose o
comunque fantastiche e non esistenti nella realtà, e per questo straordinariamente
cariche del mistero dell’ignoto e del male che possiede molte facce, sia animali reali a
cui l’iconografia cristiana ha sempre attribuito significati ben precisi. Ed è proprio la
presenza di alcuni simboli inequivocabilmente riferibili alla tradizione iconografica
cristiana che porta, a nostro parere, a considerare l’intera scena come una allegoria
della Chiesa, la vite, la cui esistenza è continuamente minacciata ed avversata dal ma-
le. In questo quadro quindi, i grappoli d’uva sarebbero i frutti, eucaristici, che la Chie-
sa porta nel mondo. Frutti che vengono piluccati da passeri affamati, che rappresen-
tano l’ingordigia (il seme mangiato dai passeri, di evangelica memoria), tralci che ven-
138 Dio fa casa con l’uomo

tare il quadro delle figurazioni zoomorfiche capranichesi di una certa


importanza, la cornice esterna del rosone della Chiesa di San France-
sco, purtroppo oramai difficilmente visibile a causa della friabilità del
tufo, in cui è una figurazione dello Zodiaco, forse versione semplifi-
cata di quelle esistenti presso le chiese tuscanesi79.
Ma altro impulso allo sviluppo delle figurazioni zoomorfiche
fu legato, durante l’alto Medioevo, al diffondersi e al concretizzarsi
delle leggende dei santi, nelle cui vite vengono molto spesso menzio-
nati animali che in qualche modo hanno rivestito un ruolo di primaria
importanza nell’esercizio delle virtù eroiche e nel conseguente cam-
mino verso la santità. Negli affreschi che adornano le chiese e nelle
statue dei santi, cominciano quindi a comparire animali che, in alcuni
casi, diventano addirittura l’attributo del santo stesso80. Durante il pe-
riodo gotico, anche se le raffigurazioni di animali si fanno più rare e

gono addentati da arpì e e da mostri terribili, tra cui si muovono i cervi che rammen-
tano il battesimo e l’appartenenza alla Chiesa di Cristo, e i leoni a cui è riferibile la
figura di Cristo stesso, “vitulus moriendo, leo resurgendo”. Infine, l’immagine di donna che
alcuni descrivono semplicemente come «… in attitudine calma e mesta…» (cfr. BAL-
DASSARRE A.M e C., Capranica dalle origini, cit., p. 68), non è altro che una ennesima
rappresentazione della stessa Chiesa, direttamente ispirata all’iconografia orientale
della Mater Ecclesia, che regna nei secoli per mandato di Gesù Cristo e per mezzo della
quale Egli si rende visibile “…tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20) (cfr. GU-
GLIELMI C., «Considerazioni sul portale dell'Ospedale di San Sebastiano», cit., p. 37).
L’esempio compositivo più prossimo a cui è riferibile la lunetta è la chiesa di Santa
Maria Maggiore a Tuscania, in cui sono raffigurati motivi simili a quelli della scultura
capranichese (GUGLIELMI C., «Considerazioni sul portale dell'Ospedale di San Seba-
stiano», cit., p. 41). In particolare, è interessante notare la straordinaria somiglianza
delle sirene-arpì e raffigurate a Capranica con quelle rappresentate nella chiesa
Tuscanese, che fanno ipotizzare l’attribuzione della lunetta di San Sebastiano ai
maestri comaschi e lombardi attivi nell’alto Lazio sin dal secolo XI (cfr. RASPI SERRA
J., Tuscania. Cultura ed espressione artistica di un centro medievale, Torino-Roma 1971, pp.
138, nota 70; 145; nota 144; 148, nota 183). Non esistono fonti documentarie, infine,
che attestano il ritrovamento della lunetta in uno scavo presso Vico Matrino (cfr., I^
PARTE, nota n. 157).
79 Cfr. PARLATO E. - ROMANO S., Roma e il Lazio, cit., p. 390
80 Cfr. AA.VV., «Zoomorfiche e fitomorfiche figurazioni», EUA, XIII, col.

943. E’ il caso, ad esempio, di Sant’Antonio Abate che viene raffigurato con il maiale,
o, più tardi, di San Rocco e dell’inseparabile cane. Nella Chiesa di San Nicola di Bari,
a Soriano al Cimino, è possibile ammirare una bellissima statua marmorea risalente al
secolo XIV, raffigurante Sant’Antonio Abate che, assiso in cattedra, ha ai suoi piedi un
maiale.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 139

più strettamente connesse a contesti narrativi e simbolici, si fanno tut-


tavia più solenni e maestose, preludio al ritorno della nobiltà
dell’antico che verrà attuata dagli artisti del Rinascimento, attraverso
una puntuale proporzionalità anatomica indice di una ben più accura-
ta indagine sulla bellezza ideale e sulla forma81.

E’ in questo contesto che si devono quindi collocare le figu-


razioni zoomorfiche del nostro tabernacolo, in cui l’aquila della men-
sola, i passeri della trave, la colomba del timpano, evidenziano
senz’altro una ricercatezza nelle forme e uno studio anteriore
dell’anatomia del mondo animale. Tuttavia, considerato il contesto
sacramentale e liturgico in cui sono inserite, esse rivestono un signifi-
cato che va senz’altro al di là della semplice decorazione.

Tornando, dunque, alla nostra aquila, raffigurata in quella po-


sa dinamica che le conferisce grande solennità e grandiosità di cui ab-
biamo già parlato in maniera più dettagliata, tra gli altri suoi significati
simbolici va senz’altro ricordato innanzitutto, quello particolare di
condurre le anime verso Dio, assegnatole già in antichità, e dai cri-
stiani giustamente conservato per l’Aquila-Cristo82.
Ma in questo caso, l’aquila è senza dubbio allusiva al titolo
della chiesa di San Giovanni Evangelista83 e alla specifica iconografia
del santo originantesi dal tetramorfo apocalittico (Ap 4,8) e dalla vi-
sione profetica di Ezechiele (Ez 1,5-21).
Secondo la tradizione, infatti, i compilatori dei Vangeli furo-
no identificati con i quattro esseri viventi della visione dell’Apocalisse
che nella Chiesa di San Giovanni è riportata nella grande tavola
d’altare.
L’accostamento dei simboli ai singoli evangelisti (due aposto-
li, Matteo e Giovanni e due discepoli, Marco di Pietro e Luca di Pao-
lo) è tradizionalmente dovuto all’incipit dei rispettivi evangeli per cui,
seguendo questi, Matteo viene rappresentato come un uomo di gio-

81 Cfr. AA.VV., «Zoomorfiche e fitomorfiche figurazioni», EUA, XIII, col.


944
82 Cfr. CHARBONNEAU-LASSAY L., Il bestiario del Cristo, cit., I, p. 140
83 Per la parte relativa al titolo a San Giovanni Ev., cfr. I PARTE, § 2.2, pp. 52
e ss.
140 Dio fa casa con l’uomo

vane aspetto poiché afferma l’umanità di Cristo iniziando a parlare


della sua genealogia; Marco, che apre con la predicazione del Battista
nel deserto per accentuare la divinità di Cristo e la sua figliolanza a
Dio, è simboleggiato da un leone; Luca, iniziando con il sacrificio ve-
spertino di Zaccaria nel tempio per puntare così ad evidenziare il sa-
crificio dell’uomo-Dio come salvatore dell’umanità, viene accostato al
bue, animale mansueto e vittima sacrificale per eccellenza; e Giovan-
ni, infine, viene paragonato a un’aquila per la sua celebre apertura sul
Verbo incarnato, che utilizzò contro le prime nascenti eresie che sul
finire del I secolo e gli inizi del II, negavano la divinità di Cristo. At-
traverso questi simboli, si ha quindi la sintesi del memoriale della vita
di Gesù: homo nascendo, vitulus moriendo, leo resurgendo, aquila ascendendo.
Nella celebrazione eucaristica, si ha in qualche modo un ri-
chiamo di questa simbologia laddove, nel Prefazio IV delle domeniche
del tempo ordinario, intitolato appunto “La storia della salvezza”, si ri-
corda che “Egli, nascendo da Maria Vergine, ha inaugurato i tempi nuovi:
soffrendo la passione ha distrutto i nostri peccati; risorgendo dai morti, ci ha aper-
to il passaggio alla vita eterna; salendo a te, Padre, ci ha preparato un posto nel
tuo regno”. Così nel simbolo niceno-costantinopolitano dove si afferma
che “egli a motivo di noi uomini e della nostra salvezza discese dai cieli, e si in-
carnò per opera dello Spirito Santo da Maria vergine, e divenne uomo, fu anche
crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto, e risuscitò il terzo giorno
secondo le Scritture, e ascese nel cielo, siede alla destra del Padre, e di nuovo verrà
con gloria a giudicare vivi e morti: il suo regno non avrà fine”84.

§ 3.3 – Le figure angeliche

Continuiamo dunque nell’analisi del testo simbolico riportato


sul tabernacolo, occupandoci delle figure angeliche oranti poste ai lati
della nicchia e di quelle in volo che sorreggono la croce, tralasciando,
per il momento, quelle che compaiono nella finta abside intorno al
Cristo glorioso.

Nell’iconografia cristiana, le figure angeliche compaiono soli-


tamente nel ruolo di personaggi che, come il coro nel teatro greco,

84 Cfr. DH 150 (Recensione latina)


Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 141

hanno il compito di interpretare e commentare tutta l’azione. Si pensi,


ad esempio, alle rappresentazioni delle via crucis, dove molto spesso
alcuni angeli sono presenti sullo sfondo della scena che riproduce la
statio, compartecipando così a tutta l’azione insieme agli altri perso-
naggi grazie alle loro pose e movenze di pianto o preghiera85. Anche
nel nostro caso, dunque, le figure angeliche che compaiono sul taber-
nacolo, e quindi anche quelle intorno alla figura del Cristo nella finta
abside, hanno lo stesso significato e funzione di commentare tutta la
scena della passione, morte e risurrezione di Gesù.
D’altronde gli angeli (ebr. mal’ak, messaggero, tradotto dai
LXX, come αγγελο∫, angelo)86, la cui esistenza è ammessa a comincia-
re dalla più remota antichità anche dal sentimento religioso di varie e
differenti culture nell’ambito dell’eterna lotta che vede contrapporsi il
bene al male87, sin dall’Antico Testamento assumono il ruolo di in-
termediari tra YHWH e gli uomini, di messaggeri delle parole divine
ai profeti, di protettori delle nazioni, di esecutori dei castighi di Dio88.
Per queste loro funzioni e per il compito particolare di essere
al servizio di Cristo per tutta la sua vita terrena89, essi compaiono

85 Cfr. BARTOLI L., La chiave per la comprensione del simbolismo e dei segni nel sacro,

Trieste 1982, p. 198


86 Cfr. M. GALOPIN – P. GRELOT, «Angeli», DTB, col. 56
87 E’ appena il caso di ricordare che per la fede cattolica l’esistenza degli ange-

li costituisce dogma di fede definito già nel simbolo Niceno (DH, 125: «Crediamo in
un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili»), in quel-
lo Costantinopolitano I (DH, 150) e in quello Lateranense IV (DH, 800), la cui dot-
trina è stata poi ripresa dal Vaticano I. La Scolastica, ed in particolare S. Tommaso,
ha prodotto quello che può definirsi il corpus dell’angelologia cattolica. Anche se alcu-
ni ambienti teologici moderni tendono a sminuire, fin anche a negare, purtroppo,
l’esistenza degli angeli, il fatto che la ragione umana non veda la necessità della loro
creazione ed esistenza, non preclude la somma convenienza che essi invece esistano
nel quadro del completamento del mondo spirituale, costituendo un gradino inter-
medio tra l’intellettualità finita dell’uomo e quella somma di Dio (cfr. A. PIOLANTI,
«Angeli», BSS, I, col. 1202). Tra l’altro, ricordiamo che la storicità della risurrezione di
Cristo – e quindi il fondamento stesso della nostra fede – è legato all’annuncio che
due angeli fecero alle donne la mattina di Pasqua. Sarebbe dunque il caso, al di la
dell’attuale revival new-age sugli angeli (libri, trasmissioni TV, film e telefilm) di riap-
propriarci in maniera più autentica del culto e della venerazione a loro dovuta.
88 Cfr. A. PIOLANTI, «Angeli», BSS, I, col. 1198
89 Cfr. M. GALOPIN – P. GRELOT, «Angeli», DTB, col. 59. Si leggano, ad es. i

seguenti passi del Vangelo: Mt 13,41ss; Mt 24,31; Mt 25,31; Mt 26,53; Gv 1,51


142 Dio fa casa con l’uomo

sempre nell’arte sacra, sin dai primi secoli dopo Cristo, dapprima rap-
presentati simili all’uomo, vestiti con tunica e pallio ma del tutto privi
di ali90, poi in tuniche bianche (albe) ma con grandi ali piumate91, fino
ad essere raffigurati, nel corso del XII sec., nelle vesti sacerdotali pro-
prie dei diaconi, a cui il dramma liturgico affidava le parti degli angeli,
in dalmatica ricamata e appuntata al petto con un fermaglio, oppure
in alba con fascia e stola92.
Senza tralasciare le rappresentazioni degli angeli e degli ar-
cangeli ad opera dei grandi pittori italiani del Duecento e del Trecen-
to, da Duccio di Boninsegna a Simone Martini a Giotto93, vanno pure
ricordate le raffigurazioni degli angeli e delle schiere celesti che ven-
gono date in numerosi codici medievali (salteri, bibbie) e nelle rappre-
sentazioni delle scene dell’Antico e del Nuovo Testamento riportate
nelle diverse biblie pauperum94, nello Speculum humanæ salvationis95 o

90 E’ la tipica iconografia che compare in alcuni affreschi delle catacombe di

S. Priscilla e in alcuni sarcofagi del museo del Laterano. Cfr. R. APRILE, «Angeli», I-
CONOGRAFIA, BSS, I, col. 1223
91 E’ il caso, ad es., degli angeli raffigurati sull’arco di trionfo della basilica di

Santa Maria Maggiore a Roma, dove assumono anche l’aureola (cfr. GRABAR A., Le
vie della creazione dell’iconografia cristiana. Antichità e medioevo, Milano 1999, fig. 41).
92 Cfr. R. APRILE, «Angeli», ICONOGRAFIA, BSS, I, col. 1224, nonché, van

LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, Milano 1999, pp. 184-185, fig. 11. Rappresen-
tazioni di questo tipo, con angeli in vesti liturgiche, si trovano nei dipinti di Jan van
Eyck (1390 ca.-1441) e Hugo van der Goes (1440 ca. – 1482)
93 Nelle raffigurazioni ad opera di questi maestri della pittura italiana medie-

vale, sostanzialmente simili tra loro, gli angeli vengono utilizzati nell’economia gene-
rale della scena nel loro tipico ruolo di commentatori e mediatori di tutta l’azione. Si
confrontino, ad es., l’affresco della Crocifissione con Francesco e frati in compassione, di
Giotto e scuola [1310-20], nel transetto nord della basilica inferiore di Assisi, con il
Gesù crocifisso tra malfattori, di Pietro Lorenzetti e aiuti [1320-1330], nel transetto sud
della stessa basilica. Il Vasari, nelle sue Vite, avrà modo di descrivere gli angeli dipinti
da Pietro Cavallini in una crocifissione affrescata nella stessa basilica inferiore di As-
sisi: «In aria fece alcuni Angeli, che fermati in su l’ali in diverse attitudini piangono dirottamente, e
stringendosi alcuni le mani al petto, altri incro[cic]chiandole, e altri battendosi le palme, mostrano
avere estremo dolore della morte del Figliuolo di Dio, e tutti dal mezzo in dietro o vero dal mezzo in
giù sono convertiti in aria» (Cfr. VASARI G., Le vite, cit., p. 198)
94 Un esempio di biblia pauperum, tratta da un libro d’ore francese del Quattro-

cento, è riportata in van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., pp. 319-324.
95 Cfr. BOESPFLUNG F. – HECK C., «L’Incarnazione e il senso delle immagi-

ni», Il mondo della Bibbia, X (2000), pp. 50-51, fig. 13, nonché, van LAARHOVEN J., Sto-
ria dell’arte cristiana, cit., pp. 325-327. Lo Specchio dell’Umana Salvezza (sec. XIV ca.), rac-
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 143

nell’Hortus deliciarum96, più vicine senz’altro, nella semplicità dei dise-


gni, alle linee non particolarmente raffinate degli spiriti alati raffigurati
sul nostro tabernacolo.
Ma oltre a commentare e a compartecipare all’azione, il senso
delle figure angeliche è anche quello, più squisitamente liturgico, di
ricordare la nostra unione spirituale con loro durante la celebrazione
della messa e del sacramento dell’eucaristia.
Nel Gloria, nel Prefazio e nel Santo97, viene ricordata la loro
unione con il popolo di Dio, riunito nella celebrazione dei santi mi-
steri, poiché alle gerarchie angeliche è demandata la celebrazione della
perpetua liturgia celeste di cui si parla nel libro dell’Apocalisse98.
E’ interessante notare la perfetta sovrapposizione dell’arte
con la liturgia: nella prima, come abbiamo detto, la funzione degli an-
geli è quella di essere compartecipi dell’azione con i loro gesti e le lo-
ro pose che sottolineano e commentano la scena; nella seconda, sia
pure in una dimensione che va al di fuori della sfera del sensibile in
cui noi siamo immersi, sono ugualmente compartecipi dell’azione li-
turgica, attraverso la loro preghiera di lode, insieme con l’assemblea
degli uomini costituita sulla terra.
Quindi, gli angeli oranti ai lati della porta di legno dorato che
racchiude la custodia eucaristica vera e propria, hanno la funzione di
ricordare l’atteggiamento di preghiera, adorazione e riverenza che si

conta in quaranta pagine ed altrettanti quadri, la vita del Salvatore, mettendo in rap-
porto ogni quadro con tre diversi episodi della storia antica.
96 Cfr. GRABAR A., Le vie della creazione, cit., figg. 192-193, 195-197, nonché,

BOESPFLUNG F. – HECK C., «L’Incarnazione e il senso delle immagini», cit., p. 46, fig.
7. L’Orto delle Delizie (Alsazia, 1180-1195 ca.), di Herrade de Landsberg, è una sorta di
vasta enciclopedia della storia della Salvezza, che accomuna, nella narrazione e nelle
immagini, elementi tratti dai racconti evangelici canonici a quelli derivanti dagli apo-
crifi. Conosciamo questo manoscritto nella versione ricostruita dal canonico Joseph
Walter dall’originale andato distrutto nel 1870. L’Hortus è attualmente conservato nel-
la Biblioteca Municipale di Strasburgo.
97 Cfr. MESSALE ROMANO, «Gloria»; «Præfatio»; «Sanctus», nonché, CCC, 335,

dove viene ricordato il Canone Romano e la liturgia dei defunti (In Paradisum deducant
te angeli). A questo proposito va ricordato anche quanto affermato dal Concilio Vati-
cano II: “Nella liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebra-
ta nella santa città di Gerusalemme, (…) con tutte le schiere della milizia celeste cantiamo al Signo-
re l’inno di gloria…” (SC, 8).
98 Cfr. Ap. 4, 8-11
144 Dio fa casa con l’uomo

deve avere nell’accostarsi al sacramento dell’eucaristia.


Quell’atteggiamento di adorazione che un secolo dopo i Padri conci-
liari tridentini ebbero a ricordare nel Decreto sul Sacramento
dell’Eucaristia, laddove, ricordando le parole dell’Apostolo, afferma-
no che “noi crediamo presente in esso lo stesso Dio, di cui l’eterno padre, intro-
ducendolo nel mondo disse: «lo adorino tutti gli angeli di Dio» (Eb 1,6)”99.
Prima di parlare dei due angeli in volo che sorreggono la cro-
ce, per i quali bisognerà fare un discorso a parte, notiamo un’ultima
caratteristica dei volti dei due angeli oranti. Questi, a differenza delle
espressioni di sgomento, di dolore o di gioia che tanto spesso trovia-
mo nei volti degli angeli raffigurati in tante opere d’arte, sembrano
inespressivi, quasi distaccati. Una contraddizione con quanto abbiamo
finora affermato sul loro ruolo di compartecipazione alla scena? Piut-
tosto che ad una scarsa capacità dell’artista, a nostro giudizio, è forse
più semplicemente un modo per rappresentare l’ordine spirituale100 a
cui gli angeli appartengono – posto che lo spirito puro, liberato dal
corpo sensibile, non possiede forma né espressione - nonché la loro
beatitudine spirituale derivantegli dalla visione del volto di Dio101.
Gli angeli in volo che sorreggono in trionfo la croce di Cri-
sto, a differenza di quelli oranti ai lati della nicchia, hanno, a nostro
parere, un senso molto più artistico che simbolico, anche se salta im-
mediatamente all’occhio la vistosa contraddizione data dal fatto che
un simbolo di sofferenza e di morte, come è la croce, viene portato
invece in trionfo dagli angeli. In altre parole, anche se riteniamo che
qui l’artista abbia voluto sfruttare gli spazi orizzontali a destra e sini-
stra della croce, che altrimenti sarebbero stati vuoti, completando, per
così dire, in un tutto armonico la composizione, non si può negare
che tale rappresentazione possa riferirsi, al contrario, al discorso sulla
sapienza del mondo che San Paolo mette in rapporto alla sapienza
cristiana quando afferma che “la parola della croce infatti è stoltezza per
quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di

99 CONC. (OECUM. XIX) TRIDENTINUM, 13 dic. 1545 – 4 dic. 1563, Sessio

XIII, 11 Oct. 1551, Decretum de sanctissimo eucharestiæ sacramento [Decreto sul santissimo
sacramento dell’eucarestia], in, COD, p. 695
100 Cfr. CHEVALIER J., Dictionnaire des symboles, cit., p. 37
101 Cfr. Mt 18,10: Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico

che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 145

Dio… noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i
pagani” (1 Cor 1,18.23). La croce è quindi degna di venerazione, tanto
da concepire che sia portata in trionfo, poiché non c’è risurrezione
senza il dolore della morte e non c’è gioia piena senza che sia passata
prima attraverso la purificazione del dolore.
Anche se l’iconografia del trionfo della croce ci riserviamo di
poterla analizzare più avanti, il medesimo tema iconografico dei due
angeli in volo che sostengono la croce ricorreva ad Assisi
nell’allegoria della Gloria del Crocifisso, purtroppo perduta, nel grande
affresco nel catino absidale lasciato incompiuto da Puccio Capanna102.
D’altronde, non ci si stupisca più di tanto se è vero – come è
vero – che la prima domenica di maggio di ogni anno
l’Arciconfraternita del SS. Sacramento porta in processione – e, quin-
di, in trionfo – per le vie del paese il grande crocifisso ligneo del XIV
sec. che è custodito nel primo altare a destra della Chiesa di San Gio-
vanni.

Infine, per completare il discorso sulle figure angeliche, va ri-


cordato che i quattro angeli in volo intorno al Cristo in gloria nella
finta abside rappresentano dei Serafini.
In seguito allo sviluppo della concezione dei nove cori, divisi in
tre gerarchie103, presente già parzialmente nella teologia cristologica pao-
lina104 e accolta già sin dal 386 d.C. da Cirillo di Gerusalemme,
l’iconografia, specie in oriente, tentò di diversificare le varie rappre-
sentazioni degli angeli con fattezze, colori, vesti diverse per ciascun
grado della gerarchia.

102 La ricostruzione di tale affresco secondo le descrizioni del Vasari, del

Ghiberti, dal Tossignani e da Frà Lodovico da Pietralunga, si deve al p. Leone Braca-


loni, nel 1956. Tale ricostruzione è riportata in MAGRO P., Il Sepolcro di San Francesco,
Assisi 1981, p. 26
103 Secondo questa concezione, sviluppata tra la fine del V sec. e l’inizio del VI

dallo Pseudo-Dionigi l’Aeropagita nel suo trattato De cælesti gerarchia, la prima gerarchia
comprende Serafini, Cherubini e Troni e ha come ufficio quello di contemplare e glorifi-
care Dio; la seconda, composta da Dominazioni, Virtù e Potestà, ha il compito di gover-
nare il mondo; alla terza, a cui appartengono Principati, Arcangeli e Angeli, è infine affi-
dato il compito di attuare ed eseguire i divini consigli. Per tutta questa parte si ri-
manda alla bibliografia già citata in materia.
104 Cfr. Col 1,16
146 Dio fa casa con l’uomo

Fra tutte, soprattutto le figure angeliche appartenenti alla


prima gerarchia - Serafini, Cherubini e Troni - ebbero una forte diver-
sificazione rispetto alle altre105.
I Serafini106, per noi particolarmente interessanti poiché raffi-
gurati al centro del tabernacolo, secondo la diretta ispirazione
dall’episodio biblico della vocazione del profeta Isaia (Is 6,1-3) furono
rappresentati da un capo a sei ali: due per coprirsi la faccia (per paura
di vedere Dio); due per coprirsi i piedi (per coprirsi le nudità e, eufe-
misticamente, il sesso); due semplicemente per volare107.
Analogamente i Cherubini108, che troviamo invece sulla trave
festonata del timpano, vennero rappresentati con un capo a quattro
ali (due per coprirsi il corpo e due per volare “dove lo spirito li dirige-
va”109), mentre i Troni110, come sgabelli ai piedi di Dio, secondo le fat-
tezze di anelli con ali (due per coprirsi il corpo111), concatenati fra lo-
ro e muniti di decine di occhi.
Per ciò che riguarda i nostri Serafini, quindi, possiamo dire
che essi hanno un senso in rapporto alla figura del Cristo glorioso e
alla sua messianicità, di cui avremo modo di parlare meglio e detta-
gliatamente più avanti, evocando l’immagine del Figlio dell’uomo di Gv
1,51: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e
scendere sul Figlio dell’uomo”.

§ 3.4 – La croce

Ma veniamo, dunque, alla croce nella trave d’abside sorretta,


in trionfo, dalle figure angeliche in volo.

105 Fatta eccezione per i soli tre Arcangeli maggiori (Michele, Gabriele, Raffa-

ele) che seguiranno una loro autonoma iconografia legata alla loro santità, gli angeli
della seconda e della terza gerarchia assumeranno varie figurazioni secondo la fun-
zione (ad es., angeli musicanti, annunzianti, giudicanti, combattenti con vesti di volta
in volta adatte alla funzione: militaresche, liturgiche, candide, etc.).
106 Letteralmente “i Brucianti”. Secondo ALONSO SCHÖKEL L. - SICRE DIAZ

J.L., I profeti, Roma 1996, p. 152, sono «esseri celesti in figura di draghi, il cui nome
indica relazione col fuoco o col fulmine».
107 Cfr. CHEVALIER J., Dictionnaire des symboles, cit., p. 37
108 Cfr. Ez 1, 6ss e 10, 12ss (il Tetramorfo).
109 Ez 1, 12
110 Cfr. Ez 1, 15ss
111 Ez 1,22
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 147

“Adoriamo la tua Croce, Signore,


lodiamo e glorifichiamo la tua santa risurrezione.
Dal legno della Croce
è venuta la gioia in tutto il mondo”112

E’ con queste parole che si apre il rito della adorazione della


croce nella liturgia del venerdì santo, durante il triduo pasquale113. Per
i cristiani la vera felicità nasce dalla contraddizione: è dalla sofferenza
della croce che scaturisce la gioia della risurrezione. La croce, per que-
sto, è il segno114 distintivo e caratteristico del cristiano che pur ricor-

112 Messale Romano, «In passione Domini», antifona al salmo 66


113 La venerazione della Santa Croce nel giorno del venerdì santo, ebbe inizio
durante il VII secolo, a Roma, dove si conservava una reliquia della croce di Cristo
donata da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, che la portò con sé dalla
terra santa nel 326. Il venerdì santo il papa usciva dal Laterano con la sacra reliquia
per recarsi alla basilica della Santa Croce - fondata dalla stessa Sant’Elena - dove ve-
niva venerata da tutto il clero e dal popolo romano, e dove veniva celebrata
l’Eucaristia. Più tardi, verso il secolo VIII, la liturgia si sviluppò secondo l’attuale “mis-
sa præsantificatorum”, ovvero con la celebrazione dell’eucaristia senza il rito della con-
sacrazione, che viene eseguito il giovedì santo. L’adorazione inizia mostrando una
croce scoperta (come solitamente avviene a Capranica, sorretta da due confratelli
dell’Arciconfraternita di Maria SS. delle Grazie), oppure velata. Nel caso sia coperta
da un velo, questo viene rimosso durante la recita dell’antifona Ecce lignum crucis. In
passato l’adorazione della croce, che i fedeli praticano, di norma, processionalmente
come per l’amministrazione dell’eucaristia e che consiste nel baciare il crocifisso o la
croce stessa, veniva accompagnata dai cosiddetti “improperi”, ovvero da frasi di rim-
provero che venivano messe in bocca a Cristo innalzato sul patibolo. (cfr. KUNZLER
M., La liturgia della Chiesa, cit., pp. 543-544). La festa, soppressa nel 1960,
dell’Invenzione della Santa Croce, che celebrava il ritrovamento della preziosa reliquia da
parte di Sant’Elena, cadeva il 3 maggio. In quel giorno, a Capranica, veniva trasporta-
to in processione solenne dall’Arciconfraternita del SS. Sacramento, il crocifisso li-
gneo custodito nel primo altare a destra della chiesa di San Giovanni Evangelista,
festa ora spostata alla prima domenica di maggio. E’ rimasta ancora nella liturgia, in-
vece, la festa del 14 settembre dell’Esaltazione della Santa Croce.
114 Per la definizione di “segno”, cfr. R. FISICHELLA, «Semeiologia», DTF,

pag. 1116-1117. Segno secondo Peirce è “qualcosa conoscendo il quale conosciamo qual-
cos’altro”, ovvero, secondo lo stesso Fisichella «tutto ciò che, fondandosi storicamen-
te, permette la conoscenza del mistero, creando le condizioni per la comunicazione
interpersonale». In teologia, ad ogni buon conto, il segno è sostanzialmente un mez-
zo attraverso cui il mistero diventa chiaro e acquista un significato. “Non a caso”, con-
clude Fisichella, nella Scrittura “l’ebraico «ôt» verrà reso anzitutto nel greco dei LXX con
148 Dio fa casa con l’uomo

dandoci, innanzitutto, la passione e la morte di Gesù Cristo per la re-


denzione dei nostri peccati, ci rammenta altresì come la nostra salita a
Dio passi, senza alcuna possibilità di farne a meno, attraverso l’amore
per il prossimo, immagine di Dio.
La croce, dunque, accompagnandoci costantemente in ogni
luogo di culto e durante le liturgie, rimanda sempre alla nostra appar-
tenenza alla Chiesa di Dio, in quanto battezzati, e al nostro destino di
salvezza, richiamando nel contempo molteplici significati a seconda
della sua forma, della sua posizione, del materiale con cui è fatta, del
gesto che viene fatto per tracciarla.
Non possiamo fare a meno di ricordare, infatti, che la croce,
in duemila anni di cristianesimo, è diventata parte integrante e fon-
damentale della nostra cultura, simbolo del sentimento religioso di
centinaia di generazioni di uomini che l’hanno venerata e tramandata
di padre in figlio.
Croci come vessilli, simboli di appartenenza, sulle vette aguz-
ze dei campanili, sugli stipiti delle porte d’ingresso delle città, sugli al-
tari, nei crocevia delle strade, nel gesto che compie il sacerdote per
benedire, nel nostro abbigliamento e nei nostri gioielli; croci, infine,
sulle tombe dei nostri cari morti.
Ci potremmo domandare se lo scultore autore del tabernaco-
lo, che è custodia delle particole consacrate dell’Eucaristia, poteva fa-
re a meno di lasciarlo sguarnito del segno caratteristico dei cristiani?
La risposta è no, anche se si potrebbe obiettare che non c’era nessun
motivo di ribadire nuovamente questo segno, dal momento che il ta-
bernacolo è in chiesa e che, quindi, si trova all’interno di un luogo sa-
cro contrassegnato all’esterno dalla croce del campanile e da quella sul
rosone della facciata. Si direbbe, dunque, conformemente all’odierno
modo di pensare così abituato alla continua novità, che quella croce
sia apparentemente ridondante. Ma quella croce non è la stessa delle
altre presenti nello stesso edificio sacro; ovvero, lo è nella sua essen-
za, nel suo significato simbolico che la fa segno distintivo del cristia-
no. Nel suo significato particolare è invece diversa dalle altre, poiché
richiama, non tanto per la sua forma quanto per la sua posizione e per

σεµειον (sçméion) poi con µυστηριον (mystêrion) prima che la Vulgata lo traducesse con si-
gnum”
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 149

il contesto del tabernacolo in cui si trova, tutta una serie di immagini


bibliche e di simboli che altre croci non richiamano.
Si pensi, ad esempio, ai significati simbolici e alle immagini
bibliche che sono richiamate dalle dodici croci della consacrazione
dell’edificio sacro, presenti nella chiesa di San Giovanni Evangelista
sulle lesene dell’aula e sull’abside a un’altezza da terra di circa 2,5 mt..
Queste, benedette e unte dal Vescovo diocesano durante il rito della
consacrazione della chiesa, alludono innanzitutto ai dodici apostoli (e
per questo motivo vengono dette apostoliche), ma anche alle dodici
porte della Gerusalemme celeste (Ap 21, 12ss)115.
Significati completamente diversi, invece, da quelli richiamati
dalle tre croci che i cristiani si tracciano sulla fronte, sulle labbra e sul
petto prima dell’ascolto del Vangelo durante la messa e che ricordano
come quella Parola debba essere sempre presente nella mente, sempre
proclamata dalle labbra, sempre assimilata dal cuore perché divenga
costitutiva del proprio essere rinnovato in Cristo.
Pertanto, la croce presente al centro del tabernacolo grazie al-
la sua particolare posizione a metà tra la nicchia che custodisce
l’Eucaristia e il Cristo glorioso nella finta abside, è un chiaro riferi-
mento ai temi dell’albero della vita e della scala di Giacobbe (Gn 28,12).
Il primo tema, quello dell’albero della vita, nasce in origine co-
me contrapposizione all’antico albero di morte del Paradiso Terrestre.
La liturgia della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, che cade il 14
settembre, ricorda: “nell’albero della Croce tu hai stabilito la salvezza
dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero
traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto”116. Nella liturgia del Venerdì
Santo, inoltre, anche l’inno alla croce, Pange, Lingua, gloriosi, di Venan-
zio Fortunato (530-610 ca.), fa riferimento alla croce come ad un al-
bero, recitando nel ritornello:
“O croce di nostra salvezza
albero tanto glorioso,
un altro non v’è nella selva,
di rami e di fronde a te uguale.
Per noi dolce legno, che porti

115 Su queste croci, cfr. I PARTE, nota n. 313, p. 100.


116 Messale Romano, «Esaltazione della Santa Croce», prefazio
150 Dio fa casa con l’uomo

appeso il Signore del mondo.”117


La tradizione della simbologia fondata sull’apparente con-
traddizione tra la croce e l’albero, dunque, è molto forte ed evidente
anche nella liturgia118.
Nell’iconografia, il motivo della croce/albero ricorre in uno
dei 12 pannelli delle porte bronzee fatte realizzare nel 1015 dal vesco-
vo Bernward per il Duomo della città di Hildesheim, nella Bassa Sas-
sonia, in Germania. Qui la crocifissione è rappresentata in antitesi
all’episodio della caduta di Adamo e Eva, in cui il vecchio albero, viene
sostituito dal nuovo119.
Ma il motivo della croce-albero continuerà a risuonare fre-
quentemente nell’arte medievale, nella pittura, nella scultura e nelle
illustrazioni dei codici amanuensi. Nell’abside della basilica romana di
San Clemente è raffigurato in un mosaico della metà del XII sec., det-
to del “Trionfo della Croce”, in cui dalla base del patibolo scaturiscono i
tralci di una vite, allegoria della Chiesa, che rimanda al vangelo di
Giovanni: “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5)120. La vera vite è quindi
il Cristo crocifisso, il cui sangue versato per la salvezza degli uomini, è

117 Il testo che abbiamo riportato è tratto dal Messale Romano, ma van LA-
ARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., p. 172, ne da’ una traduzione dal latino molto
più aderente al significato, perché svincolata dall’esigenza di dare la necessaria musi-
calità all’inno allo scopo di recitarlo cantato:
“Alto albero, piega i tuoi rami,
addolcisci il tuo nocciolo duro,
e abbandona la rigidità
che ti appartiene.
Il Corpo del più alto re
pende da un dolce fusto.”
118 La cerimonia dell’adorazione della S. Croce del Venerdì Santo che abbia-

mo descritto più sopra (vedi nota n° 136), era connessa, tra l’altro, alla figura di Sa-
lomone. Riferisce infatti una pellegrina – Egeria - che visitò i luoghi santi agli inizi del
V sec., che durante la cerimonia dell’adorazione nel Venerdì Santo, il diacono presen-
tava al bacio dei fedeli l’anello di Salomone (cfr. BAGATTI B., «Altre medaglie di Salo-
mone Cavaliere e loro origine», Rivista di Archeologia Cristiana, XLVII (1971), n. 3-4, p.
342). Sullo stesso Salomone, avremo modo di parlare più avanti.
119 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., pp. 96-97, nonché, fig.

25.
120 Tale allegoria ricorre, come già detto, anche a Capranica, nella lunetta

dell’ex Ospedale Civico di San Sebastiano (vedi nota n. 78).


Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 151

paragonato al vino che sgorga dalla pigiatura dell’uva, frutto della mi-
stica vigna121.
Anche per San Bonaventura da Bagnoregio la croce è para-
gonabile a un albero. Nel suo Laudimus de Sancta Cruce afferma infatti:
“La croce è albero adorno,
consacrato dal Sangue di Cristo,
colmo di ogni frutto,
di cui le anime godono,
quando si nutrono di superni
cibi, nella via del cielo.”122
Lo stesso San Bonaventura nel Lignum Vitæ, opera che rag-
giunse in Europa una grande notorietà e diffusione, tanto da essere
tradotta in olandese con il titolo Don Hout des lovens e da vedere alcune
sue parti aggiunte alla liturgia, espone ancora una volta le sue conside-
razioni sui significati della croce utilizzando l’allegoria di un albero
frondoso che dà molti frutti: ogni frutto, appeso a un singolo ramo,
rappresenta una delle virtù del Cristo123.
Anche se la croce rappresentata nel tabernacolo murale di
San Giovanni non riporta foglie o rami, il contesto eucaristico in cui è
inserita, come abbiamo già accennato, fa si che salti immediatamente
all’occhio l’allusione all’albero della vita, tema tutt’altro che scono-
sciuto nel medioevo, che ricorda ai fedeli la similitudine tra i frutti
materiali dell’albero, che danno nutrimento al fisico, con i frutti spiri-
tuali del corpo di Cristo, che viene mangiato dai fedeli per la remis-
sione dei peccati e a cui ci si accosta per trarre nutrimento spirituale e
la vita eterna124.
Per rimanere nel contesto capranichese infine, si pensi per un
istante alla grande croce che durante le nostre processioni viene tra-
sportata per le vie del paese da ciascuna delle tre grandi confraternite.
Il cosiddetto tronco o crocione con le sue fattezze di grossi e nodosi
tronchi d’albero non è altro che un riproponimento del concetto della

121 E’ la cosiddetta allegoria del Torchio mistico. Sin dall’epoca patristica fu fre-

quente accostare la nascita della Chiesa al sangue misto a siero che fuoriuscì dal co-
stato di Cristo, trafitto dalla punta della lancia di un soldato romano.
122 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., pp. 172-173.
123 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., p. 183.
124 Cfr. Messale Romano, Istituzione e Consacrazione
152 Dio fa casa con l’uomo

croce-albero che ribadisce e conferma, se ce ne fosse ancora bisogno,


di quanto tale motivo allegorico sia ampiamente diffuso nella devo-
zione popolare e, molto di più, nel patrimonio iconografico cristia-
no125.

Accenniamo ora brevemente all’altro significato della croce,


quello, cioè, che richiama il senso ascensionale di tutta la scena. Que-
sto concetto, del discendere prima e, soprattutto, del salire, poi, è ri-
chiamato dalla trionfalità della croce, confermata dalla posizione degli
angeli che la sostengono eseguendo, quindi, una sorta di corteggio
glorioso al patibolo, e dalla conseguente antinomia del morire (disce-
sa) e del risorgere (salire, ascendere).
Per questo motivo, la croce in questo contesto richiama an-
che l’immagine della scala di Giacobbe (Gn 28,10-12)126, un mezzo di
collegamento tra terra e cielo, tra l’uomo e il suo creatore, in cui il
continuo salire e scendere degli angeli non è altri che un modo per
ricordare l’altrettanto continua comunicazione tra Dio e gli uomini.

§ 3.5 – Le colombe che piluccano i frutti e quella nel timpano

Abbiamo poc’anzi ricordato il significato eucaristico della


croce intesa come albero della vita fondato sull’analogia frutti materiali
- frutti spirituali. Aggiungiamo ancora che tale analogia è stata vista ri-
siedere, sin dall’epoca dei Padri, in molte significative immagini tratte
dall’Antico Testamento (come, ad es., è il caso dell’enorme grappolo
d’uva portato al di qua del Giordano dagli uomini inviati da Mosè, di
cui si parla in Nm 13,23, interpretato come una prefigurazione squisi-
tamente eucaristica di Gesù Cristo crocifisso anticipante, di fatto, la
beatitudine di cui godrà chi entrerà nel Regno di Dio)127.

125 Cfr. CECCARINI F., «Un “tronco” e un uomo. L’albero della vita», Voce, VI

(2001), aprile 2001, p. 21. Per un completamento dei significati della croce in rappor-
to alla simbologia dell’albero, cfr. de CHAMPEAUX G. – STERCKX S.., I simboli del medio-
evo, Milano 1981, pp. 308-356.
126 Gn 28,10-12: “Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in

un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guancia-
le e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima rag-
giungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa”.
127 Cfr. BARTOLI L., La chiave, cit., p. 128)
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 153

Lo stesso senso eucaristico hanno, dunque, i frutti traboccan-


ti dal corno dell’abbondanza e quelli di cui si compone il festone della
trabeazione del timpano, tra testine di Cherubini, piluccati da due co-
lombe128.
E’ proprio l’aggiunta dei due volatili che, anzi, schiude defini-
tivamente la porta al significato eucaristico di tutto il contesto, poiché
nel loro bianco candore, nella loro graziosità e docilità, richiamano
alla mente la semplicità, la purezza e la pace interiore delle anime che
si nutrono dell’eucaristia129.

La colomba è forse il simbolo che l’arte cristiana, sin


dall’inizio, ha utilizzato più spesso per rappresentare lo Spirito Santo
e Cristo Gesù, ma anche - e ciò molto più frequentemente di quanto
non si creda - per rappresentare il singolo fedele e, più tardi, la Vergi-
ne Maria.
Ma l’arte cristiana non si è accontentata di utilizzare colombe
qualsiasi tra le tante specie esistenti che appartengono alla famiglia
ornitologica dei Columbus, bensì soltanto la femmina della specie Co-
lumbus palumbus (il colombaccio) e quella della Columbus livia (il piccio-
ne torraiolo), tra cui ve ne sono varietà ed esemplari completamente
bianchi.

128 Il tema dei volatili che piluccano l’uva ricorre anche nella lunetta dell’ex

Ospedale Civico di San Sebastiano. In questo contesto, GUGLIELMI C., «Considera-


zioni sul portale dell'Ospedale di San Sebastiano», cit, p. 36, afferma che gli uccelli ivi
rappresentati sarebbero dei passeri, assegnando ad essi un senso eucaristico. Conside-
rata però l’interpretazione complessiva che la stessa autrice da’ della lunetta, e che si
riassume nell’eterna lotta tra il bene e il male, riteniamo, invece, che i passeri siano
qui rappresentati nella loro accezione negativa, molto frequente nell’iconografia cri-
stiana, che li vuole simbolo di ingordigia e, più in generale, del maligno. In questa
veste costituiscono infatti un richiamo alla parabola del Seminatore in cui mangiando
parte del seme (Mt 13,4) si inseriscono più coerentemente nel quadro del maligno
insieme alle altre creature mostruose che compaiono nella rappresentazione (le sire-
ne-arpì e e le chimere), che attentano con le loro fauci all’integrità della mistica vigna,
cercando di strapparne i tralci.
129 Cfr. BARTOLI L., La chiave, cit., p. 47; CHARBONNEAU-LASSAY L., Il bestiario

del Cristo, cit., I, p. 26. Questi sono alcuni dei significati universali della colomba che
traggono le loro radici direttamente nella Sacra Scrittura (pace: l’episodio di Gn 8,8-14
in cui una colomba porta il ramoscello d’ulivo a Noè; semplicità: Mt 10,16, in cui, nel
quadro del discorso missionario, Gesù istruisce gli apostoli a essere “prudenti come i
serpenti e semplici come le colombe”).
154 Dio fa casa con l’uomo

In tale veste, la colomba compare da subito nell’iconografia


cristiana per rappresentare lo Spirito Santo (come, ad es. sul capo di
Maria nel mosaico del grande arco trionfale di Santa Maria Maggio-
re)130 o di Cristo stesso (è il caso delle colombe che compaiono su al-
cune lampade131 in terracotta risalenti al II sec., o di quelle sovrastanti
labari militari sulle monete coniate da Costantino nel IV sec.), poiché
alcuni accostavano il valore numerico del nome greco della colomba
(perìstera), a quello della sigla “ΑΩ” definita da Gesù stesso come sua
immagine132, cui sarebbe equivalente.

§ 3.6 – Salamone profeta

Tra tutte le figure che compaiono sul tabernacolo, quella di


Salamone profeta è forse quella più problematica.
Se, infatti, la sua presenza può essere facilmente spiegata nel
contesto eucaristico di cui si parla, soprattutto alla luce
dell’iconografia che lo riguarda, la stessa iconografia costituisce, tutta-
via, un problema di non facile soluzione, a cui, tra l’altro, non contri-
buisce in alcun mondo lo stesso titolo di profeta, recato dal cartiglio,
che, semmai, rappresenta un ulteriore elemento da risolvere.
Ma procediamo per ordine.

Affermava Sant’Agostino che “per mezzo degli uomini e alla ma-


niera umana Dio parla a noi, perché parlando così ci cerca”133.

130 I mosaici di Santa Maria Maggiore sono stati fatti eseguire dal Papa Sisto

III (432-440), subito dopo il Concilio di Efeso (431). Mentre è molto frequente che la
colomba compaia nelle scene del battesimo di Cristo, è rarissimo, invece, che sia pre-
sente in un’annunciazione. Cfr. P. AMATO, Arte-iconologia, in AA. VV., Arte e liturgia.
L’arte sacra a trent’anni dal Concilio, Cinisello Balsamo (Mi) 1993, pp. 567-598.
131 Cfr. CHARBONNEAU-LASSAY L., Il bestiario del Cristo, cit., I, p. 22, dove si

riporta che Tertulliano scriveva di quelle lampade: “La colomba serve ordinariamente a
raffigurare Cristo”.
132 Cfr. Ap 21,6
133 Cfr. ALONSO SCHÖKEL L. - SICRE DIAZ J.L., I profeti, Roma 1996, p. 16.
Nella stessa opera, da p. 16 a p. 93 è riportata una dettagliata analisi del fenomeno
profetico e delle sue implicanze nonché le varie tipologie di profetismo che l’AT ci ha
fatto conoscere. Vedi anche E. TESTA, Il profetismo in generale, MdS, pp. 13-137.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 155

Nel dialogo tra Creatore e creatura, che continuamente è in


atto, secondo le parole del Vescovo africano il profetismo non è stato
che uno di questi mezzi con cui Dio ha voluto ricordare all’uomo, at-
traverso l’uomo, il suo amore per lui. Lungi dall’essere un’arte divina-
toria o una particolare forma di predizione del futuro, come in manie-
ra distorta a volte si tende a credere, il profetismo biblico consisté,
viceversa, nella denuncia dei falsi riti del tempo operata per mezzo di
uomini chiamati direttamente da Dio134, fino alle estreme conseguen-
ze: fino a provocare, cioè, lo scontro tra un’intera società, indifferen-
te, in ultima analisi, alla scomoda parola del profeta, e Dio stesso che,
nel suo disegno d’amore per il suo popolo, come un Padre premuroso
mai ha rinunciato a educarlo per conformarlo all’immagine
dell’uomo-Adamo della creazione.
Se è vero, dunque, che queste sono le caratteristiche del pro-
fetismo biblico e del profeta in genere (nebiim), risulta difficile, fran-
camente, cercare di poterle adattare alla figura di Salomone che
l’Antico Testamento135 ci consegna come una personalità complessa e
contraddittoria.
Dal punto di vista storico136, infatti, può dibattersi la questio-
ne della legittimità della sua salita al trono d’Israele - che a differenza
di Saul prima e di Davide suo padre, poi, non avvenne per designa-
zione divina o per acclamazione popolare, bensì con un colpo di stato
o una congiura di palazzo - in rapporto al dono fattogli direttamente
da Dio di avere un «cuore» (una mente) intelligente per poter gover-
nare il suo popolo secondo il desiderio che egli stesso espresse presso
il santuario di Gabaon e che molti vedono come una legittimazione
divina dell’usurpazione del potere.
Può essere discussa la contraddittorietà della sua personalità -
caratterizzata, si, da un’enorme saggezza (grazie al dono avuto da Dio
proprio a Gabaon e che sarà tale da consentirgli di restaurare e co-

134 Si vedano, nei vari libri profetici, gli episodi comuni a tutti i profeti della

loro chiamata e vocazione (intesa come risposta affermativa e disponibile alla realiz-
zazione del piano di Dio). Particolarmente suggestive le vocazioni di Isaia (Is 6,1-13),
Geremia (Ger 1,4-9), di Ezechiele (Ez 1-3).
135 Sulla storia del Re Salomone, figlio di Davide e III Re d’Israele, cfr. 1 Re

1,1 – 11,43
136 Per questa parte, cfr. SOGGIN J. A., Storia d’Israele, Brescia 1984, pp. 119-

145.
156 Dio fa casa con l’uomo

struire città, il Tempio d’Israele137, il palazzo reale; di portare a termi-


ne trattati commerciali e alleanze militari con le nazioni circonvicine;
di essere omaggiato dalla visita della Regina di Saba e di emettere giu-
dizi proverbiali138), ma anche da un’inesplicabile insensatezza (che lo
porterà a essere odiato dai suoi stessi sudditi a causa della sua dissen-
nata politica di oppressione fiscale, operata per il mantenimento della
sua corte incredibilmente fastosa, nonché della sua infedeltà religiosa)
139.

Ma se tutto ciò costituisce, comunque, materia di dibattito,


l’argomento che non può essere assolutamente discusso, poiché privo
di qualsiasi fondamento scritturistico, è il suo appartenere al fenome-
no del profetismo classico poiché Salomone non può essere conside-
rato un profeta nel senso stretto del termine biblico di nebiim.

137 Il Tempio d’Israele fu fatto costruire da Salomone in circa 8 anni e fu da

egli stesso consacrato al culto (1 Re 8,1ss). Dopo varie profanazioni, fu distrutto defi-
nitivamente nel 70 d.C. ad opera delle legioni romane comandate da Tito (cfr. SOG-
GIN J. A., Storia d’Israele, cit., pp. 484 ss.).
138 Emblematico è il famoso giudizio detto del Re Salomone (1 Re 3,16-28): Un

giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse: "Ascol-
tami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in
casa. Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c`è
nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché
essa gli si era coricata sopra. Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio
fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto. Al
mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L`ho osservato bene; ecco, non
era il figlio che avevo partorito io". L`altra donna disse: "Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo
è quello morto". E quella, al contrario, diceva: "Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quel-
lo vivo". Discutevano così alla presenza del re. Egli disse: "Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il
tuo è quello morto e quella dice: Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo". Allora
il re ordinò: "Prendetemi una spada!". Portarono una spada alla presenza del re. Quindi il re ag-
giunse: "Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all`una e una metà all`altra". La madre del
bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: "Signore,
date a lei il bambino vivo; non uccidetelo!". L`altra disse: "Non sia né mio né tuo; dividetelo in
due!". Presa la parola, il re disse: "Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua
madre". Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunziata dal re e concepirono rispetto per il re,
perché avevano constatato che la saggezza di Dio era in lui per render giustizia.
139 Cause, queste, che alla sua morte (926 a.C.), porteranno allo scisma del re-

gno nei due stati del nord (Regno d’Israele) e del sud (Regno di Giuda), secondo
quanto preannunciato da Dio stesso in 1 Re 11,1-13.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 157

E sin qui per quanto riguarda il titolo di profeta riportato nel


cartiglio.
Dal lato iconografico, invece, la situazione, se è possibile, si
ingarbuglia sempre di più.
Poiché Salomone non fu mai venerato come santo né presso
i cristiani, né presso gli ebrei, nonostante egli compaia nella genealo-
gia di Cristo in quanto figlio di Davide (Mt 1,6-7)140, l’iconografia cri-
stiana ha quasi completamente trascurato la sua figura che non si in-
contra mai, nei primi secoli, sugli affreschi delle catacombe e sui bas-
sorilievi dei sarcofagi141.
Tuttavia, nelle poche rappresentazioni di Salomone che sono
giunte fino a noi, è frequente vederlo raffigurato nelle vesti di mago
capace di scacciare il demonio e di guarire malattie come la rabbia o
l’epilessia (specie in oriente, in Grecia e a Costantinopoli, su alcune
tavolette magiche o su filatterie). Il fatto che egli venga così conside-
rato è dovuto soprattutto all’immensa scienza e sapienza donatagli da
Dio che faceva ritenere che egli potesse tutto sul maligno. Grazie alla
sua sapienza sul mondo animale e vegetale, che gli permetteva di co-
noscere le varie virtù magiche delle piante, si riteneva anche che egli
fosse il fondatore della scienza erboristica e, soprattutto, della botani-
ca medica; inoltre, anche nel mondo musulmano, dopo il VII sec., si
continuò la credenza intorno all’anello di Salomone, che gli permetteva
di capire il linguaggio degli animali e di divinare il futuro grazie
all’ausilio di una speciale coppa.
Secondo tali credenze, figure di Salomone compaiono su di-
verse monete in cui solitamente è rappresentato a cavallo nell’atto di
trafiggere un demone nelle sembianze di allettanti forme femminili.
Il testo che spiega l’origine dell’iconografia di Salomone che
compare su medaglie, amuleti, medaglioni, è il “Testamentum Salomo-
nis”, un documento giudeo-cristiano datato intorno al V sec., dove si
afferma che egli vince le insidie del maligno grazie allo speciale anello

140 Cfr. da SPINETOLI O., Matteo, Assisi 19935, pp. 51-56. La genealogia di

Cristo presentata dal vangelo di Matteo, pur valida dal punto di vista teologico, è as-
solutamente fragile dal punto di vista storico poiché “è un elenco incompleto, impreciso,
approssimativo, (…) attribuisce a ogni gruppo 14 nomi, mentre in realtà il primo e il terzo ne con-
tano, in fondo, solo 13” (p. 51).
141 Cfr. «Salomon», DACL, XV, t. I, coll. 588-602
158 Dio fa casa con l’uomo

consegnatogli dall’arcangelo Michele142, elemento questo, che, come


già ricordato, anche la liturgia del Venerdì Santo utilizzò durante il
rito dell’adorazione della croce.
Ma il Testamentum, probabilmente, non fu l’unica fonte a cui i
vari medaglisti si ispirarono poiché in esso non si menziona mai Sa-
lomone a cavallo ma solo in trono, mentre, al contrario, alcuni parti-
colari del documento non vengono mai sfruttati e compariranno solo
più tardi nell’iconografia di San Giorgio, che raccoglierà l’eredità del
re israelita (come, ad es., il drago a tre teste)143.
E’ poi nel medioevo che la figura di Salomone venne in qual-
che modo riscoperta. Nella scultura, la sua immagine compare più
frequentemente nel romanico, soprattutto francese, nei portali delle
cattedrali di Chartres, Strasburgo, Corbeil. Sia in queste che in altre
rappresentazioni, Salomone è sempre raffigurato con vesti regali con
corona e scettro e, in qualche caso, con il libro della Sapienza sulla
sinistra. A Venezia, nella Basilica di San Marco, compare in un mosai-
co del sec. XII-XIII in cui, oltre alle vesti regali, presenta l’aureola. Ma
tali tipi iconografici persistono anche nelle riproduzioni delle scene
del Giudizio di Salomone nonché in quelle che ricordano la visita della
regina di Saba come, ad es. in un frammento in smalto dell’altare di
Nicolas di Verdun del 1187144 o negli affreschi di Andrea di Bonaiuto
a Firenze in Santa Maria Novella, Cappella degli Spagnoli.
Alla luce di queste fonti iconografiche, così diverse e lontane
dalla raffigurazione del Salomone che compare sul nostro tabernaco-
lo, si comprenderà la difficoltà di rapportarne la presenza a tutto il
contesto.
Tuttavia, la giustificazione del titolo di profeta attribuito al Sa-
lamone qui raffigurato può essere ricercata soltanto in relazione alla
figura del Cristo in gloria - verso cui, insieme al profeta Isaia, sembra
orientare lo sguardo - e, di conseguenza, in riferimento al suo Corpo
custodito nel tabernacolo.
Il primo riferimento della figura di Salomone a Cristo può es-
sere senz’altro rappresentato dall’esigenza di figurare il dono della Sa-
pienza - le cui bellezze sono descritte in Sap 6,12-21 - che, tra i singoli

142 Cfr. BAGATTI B., «Altre medaglie di Salomone», cit., p. 332


143 Cfr. BAGATTI B., «Altre medaglie di Salomone», cit., p. 339
144 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., p. 119
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 159

doni dello Spirito Santo enumerati da Isaia nel passo messianico di Is


11,2, raggiunge in Cristo il suo massimo esempio. L’iconografia, infat-
ti, ha utilizzato spesso vari personaggi biblici per rappresentare i doni
dello Spirito dopo che questi furono spiegati nell’anno 382 nel sino-
do di Roma, durante il pontificato di papa Damaso (366-384)145. E’
Cristo stesso, infine, che nei sinottici si paragona a Salomone, la cui
sapienza fu così grande da far muovere verso di lui la Regina di Saba,
mentre molti figli di Abramo saranno condannati in eterno per aver
rifiutato colui che è molto più di Salomone146.
Il secondo riferimento è relativo alla genealogia di Cristo do-
ve Salomone viene enumerato in quanto figlio di Davide.
L’evangelista Matteo lo indica come capostipite del secondo gruppo
di quattordici generazioni che va dalla instaurazione del Regno alla
deportazione a Babilonia. Poiché la divisione degli antenati di Giu-
seppe in tre grandi gruppi di quattordici generazioni risponde con
ogni probabilità all’esigenza di figurare una somma perfezione in Cri-
sto - in cui il 14, multiplo di 7, numero perfetto per eccellenza che il
popolo ebraico riferiva direttamente a Dio, denota appunto comple-
tezza nella perfezione in quanto doppiamente perfetto - non possia-
mo non ritenere che anche il posto occupato da Salomone, che è il
ventisettesimo a ritroso da Giuseppe ma anche il primo del secondo
gruppo, non risponda a una qualche simile esigenza numerologica,
tanto cara ai giudeo-cristiani a cui l’evangelista Matteo si rivolge. Il
numero 27, infatti, 9 volte multiplo di 3, che richiama la completezza
dell’uomo: intelligenza, volontà, memoria147, costituisce una sorta di
richiamo alla somma perfezione che si raggiunge soltanto nella perso-
na di Cristo. La figura di Salomone dunque, avrebbe la funzione di
prefigurare profeticamente la perfezione di Cristo, in cui tutte le cose
si ricapitolano (Is 11,1-10).

145 Cfr. DH 178. Tale spiegazione fu operata attraverso citazioni scritturisti-

che in base alla loro aderenza alla persona del Cristo. Nel Decretum Damasi, con cui
Papa Damaso recepisce le conclusioni del Sinodo di Roma sullo Spirito Santo, sono
contenute tali citazioni per ciascun dono dello spirito: spirito di sapienza: 1 Cor 1,24;
spirito d’intelligenza: Sal 32,8; spirito di consiglio: Is 9,6; spirito di fortezza: 1 Cor 1,24; spirito di
scienza: Ef 3,19-Fil 3,8; spirito di verità: Gv 14,6; spirito di timore di Dio: Sal 111,10-Pr 9,10.
Cfr. anche BARTOLI L., La chiave, cit., p. 75, p. 246.
146 Cfr. Mt 13,42 // Lc 11,24
147 Cfr. BARTOLI L., La chiave, cit., p. 21.
160 Dio fa casa con l’uomo

Salomone, inoltre, ricordato dal popolo come re pacifico (1


Re 1,38-39), rimanda alla messianicità di Cristo in quanto unto dal Si-
gnore, poiché dopo aver ricevuto l’unzione regale dal sacerdote Za-
dok, entra in Gerusalemme a cavallo di una mula, prefigurazione
dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme nella settimana della passione
(Mt 21,1-11).
Ma, ancora, Salomone richiama il giudizio finale (1 Re 3,16-
28) che opererà Cristo al suo ritorno nella gloria, la parusìa (Mt 24,29-
31), riferimento che si lega direttamente con il Cristo che ascende al
cielo rappresentato al centro della scena.
E, finalmente, lo specifico titolo di profeta qui attribuito a Sa-
lomone può anche essere giustificato in rapporto alle numerose con-
cordanze tra il libro della Sapienza, attribuito al re sapiente benché
l’autore vero resti anonimo, con la teologia neotestamentaria di Paolo
e Giovanni sul Verbo incarnato che attinge, di fatto, alla riflessione
sulla Sapienza contenuta nel libro dell’A.T.148.

§ 3.7 – Isaia profeta

Tra tutti i profeti dell’Antico Testamento, Isaia è senza dub-


bio quello cui l’arte cristiana ha attribuito da sempre più spazio, so-
prattutto in conseguenza della sua particolare attività profetica incen-

148 Cfr. G. RAVASI, «Sapienza (libro)», NDTB, pp. 1442-1447. A p. 1445 l’A.

indica le concordanze, che riportiamo di seguito, tra il N.T. e il libro della Sapienza:
Sap 7,26: la sapienza è immagine dell’eccellenza divina
// Col 1,15: Cristo è immagine del Dio invisibile;
Sap 7,26: la sapienza è riflesso della luce eterna
// Eb 1,3: il Figlio è riflesso della gloria del Padre;
Sap 8,3; 9,4: intimità della sapienza con Dio
// Gv 1,1.8: intimità del Verbo col Padre;
Sap 7,21; 8,6; 9,1.9: funzione creatrice della sapienza
// Gv 1,3.10: funzione creatrice del Verbo;
Sap 8,4; 9,9; 10,11.17: onniscenza della Sapienza
// Gv 5,20: onniscenza del Verbo;
Sap 7,23; 11,24.26: amore di Dio per gli uomini
// Gv 3,16-17: amore di Dio per gli uomini;
Sap 7,28: amore di Dio per chi ama la sapienza
// Gv 14,23; 16,27: amore del Padre per chi ama il Figlio.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 161

trata sulla predizione della nascita del Messia e le sofferenze che a-


vrebbe dovuto patire per la salvezza del popolo d’Israele.
Isaia, figlio di Amos149, nasce probabilmente intorno al 760
a.C., durante il regno di Ozì a-Azarì a (767-739) in un epoca di relativa
tranquillità e benessere per il regno di Giuda. Periodo in cui, come
riporta il libro delle Cronache150, vengono innalzate nuove fortifica-
zioni a Gerusalemme; l’esercito viene riformato e ottiene importanti
vittorie contro i Filistei, gli arabi, i meunì ti; vengono attuate delle mi-
gliorie agricole. Nell’anno della morte del re Ozì a (740-739), Isaia ri-
ceve la vocazione al ministero profetico che eserciterà durante i regni
dei re Iotam (739-734), Acaz (734-727) e Ezechì a (727-698). La tradi-
zione vuole che egli sia morto martire successivamente all’anno 701,
presumibilmente sotto il regno di Manasse (697-643) che ordinò, co-
me riferisce il Talmud, di giustiziarlo tagliandolo a metà con una sega
chiuso in un tronco di cedro. Tradizione che venne più tardi accolta
dai Padri, soprattutto da Giustino, Tertulliano, Gerolamo, ma del tut-
to priva di fondamento151.
Isaia è il profeta dell’incarnazione e della passione. Program-
ma questo, che potremmo dire già iscritto nel suo nome, proprio
perché il suo significato, Jeða’jâhû, ovvero, YHWH salva, esprime e de-
finisce in maniera eloquentissima la sua missione profetica indicando
che solo da YHWH è da aspettarsi la salvezza152. Programma, che
sviluppa e presenta, del resto, in tutto il suo libro: il Messia dovrà na-
scere da una vergine (7,14); sarà Dio e Uomo (9,6; 11,1ss); nascerà
come un virgulto dalla casa di Iesse (11,1); avrà su di se lo Spirito del
Signore e i suoi sette doni (11,2); la sua venuta riconcilierà il creato e
ristabilirà la pace nell’universo intero: il lupo dimorerà con l’agnello, il
vitello pascolerà insieme al leone (11,6ss); si leverà a vessillo per tutti i
popoli (la croce di Cristo: 11,10); giudicherà tutti i popoli della terra
(24,1ss). E ancora, annuncia di nuovo la venuta del Messia (40,1ss); la

149 Non ci sono motivi per ritenere che sia il figlio del profeta Amos di Tekòa

(cfr. ALONSO SCHÖKEL L. - SICRE DIAZ J.L., I profeti, cit., p. 105)


150 Cfr. 2 Cr 26
151 cfr. ALONSO SCHÖKEL L. - SICRE DIAZ J.L., I profeti, cit., p. 105
152 cfr. F. SPADAFORA, «Isaia», BSS, VII, coll. 927-940
162 Dio fa casa con l’uomo

sua passione (50-53); l’avvento della città santa (60,3ss; 62);


l’instaurazione di cieli nuovi e terra nuova (65,17)153.
L’importanza che Isaia ebbe sin dai primordi del cristianesi-
mo è quindi commisurata alla straordinaria portata del suo ministero
profetico. Per questo motivo lo si incontra già nella Chiesa paleocri-
stiana a cominciare dalle catacombe. In quelle di Santa Priscilla e di
Santa Domitilla, per esempio, lo troviamo raffigurato insieme alla
Vergine Maria come rimando esplicito alla profezia di Is 7,4: Ecce Vir-
go concipiet et parturiet Filium et vocabitur Emmanuel… Sia nell’una che
nell’altra catacomba è sempre raffigurato alla sinistra della Vergine
(alla destra di chi guarda), con il rotolo delle scritture sulla sinistra e la
destra che indica una stella a otto punte154, simboleggiante la luce le-
vatasi su Gerusalemme con la nascita dell’Emmanuele (Is 60,1-6). Ma
se a Santa Priscilla è sbarbato, vestito del pallio dei filosofi e con san-
dali ai piedi, nell’affresco di Santa Domitilla, che risale alla seconda
metà del III sec., indossa una più modesta tunica155.
Eccezion fatta per queste prime immagini di Isaia,
l’iconografia caratteristica che di lui si andò affermando sin dai primi
secoli, è quella che lo vede rappresentato nell’aspetto di un vecchio
ancora in forze e nello stesso tempo dal portamento solenne, ma an-
che di un uomo maturo e vigoroso con folta barba e capigliatura ri-
gogliosa156.
In queste fattezze lo vediamo raffigurato nell’episodio della
visione di Dio fra due serafini e la purificazione delle sue labbra con
un carbone ardente ad opera di uno di questi (Is 6,1ss). In un mano-
scritto del VII sec. custodito presso la Biblioteca Apostolica Vaticana
che contiene la Topografia Cristiana di Cosma Indicopleuste del VI sec.,
Isaia è rappresentato in ginocchio, barbuto, con tunica, sandali e au-
reola, in un atteggiamento che esprime sorpresa e meraviglia per la

153 Bisogna tener conto che dal cap. 40 lo scrittore non è più lo stesso dei

primi trentanove capitoli. Per i restanti capitoli infatti, gli esegeti parlano di Deutero-
Isaia (e molti parlano addirittura del cosiddetto Trito-Isaia), per le evidenti differenze
stilistiche tra le due parti del libro e per il mutato contesto storico (quello dell’esilio a
Babilonia) in cui i capp. 41-66 sono ambientati. Questi sono anche i motivi per cui
dal cap. 40 in poi, i temi sembrano ripetersi.
154 Il numero 8 è il numero che rappresenta la pienezza dei tempi.
155 Cfr. H. LECLERCQ, «Isaï e», DACL, coll. 1557-1582.
156 Cfr. C. COLAFRANCESCHI, «Isaia», ICONOGRAFIA, BSS, coll. 940-944.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 163

visione di Dio e dei serafini157. Analoga rappresentazione è quella che


si trova nella Bibbia di Carlo il Calvo a Parigi, Biblioteca Nazionale,
all’incipit del suo libro profetico.
In Italia, soprattutto nel XII-XIII secolo, Isaia viene raffigura-
to come un vegliardo con la barba bianca, in tunica e sandali ai piedi
e, spesso, un cartiglio sulla sinistra su cui è il passo del suo libro rela-
tivo all’Ecce Virgo concipiet, ovvero alla nascita dell’Emmanuele. Tale
figurazione ricorre, ad esempio, a Venezia, nella Basilica di San Mar-
co, sulla pala dorata dell’altare maggiore (X–XIII sec.) e in due diversi
mosaici (XII-XIII sec.), nonché nel duomo di Monreale, in un mosaico
sulle pareti della solea (fine XII sec.), qui aureolato.
Che Isaia sia stato da sempre considerato come il più grande
fra tutti i profeti, oltre ad essere testimoniato dall’essere spesso rap-
presentato al fianco della Vergine Maria, è anche provato dalla solen-
nità e ricchezza delle sue vesti (il pallio, i sandali) - che deriva anche
dalla credenza che egli fosse un aristocratico o, quantomeno, di casa
nobile158 – nonché dal fatto che gli sia sempre riservata, nelle rappre-
sentazioni in cui c’è l’esigenza di raffigurare anche altri profeti, la po-
sizione più importante.
Nella tav. XIV dell’Hortus deliciarum viene rappresentato per
primo. Nel grande rosone del transetto nord della cattedrale di Char-
tres, dedicato a Maria e ai suoi antenati (XIII sec.), Isaia - raffigurato
insieme con altri 11 profeti - occupa la posizione più importante: in
alto (a h. 12,00)159. Ciò perché nelle rappresentazioni dell’arte medie-
vale esistevano delle convenzioni consolidate, per cui l’inserimento di
persone in una composizione doveva rispondere a un ordine ben pre-
ciso. Secondo questo, i personaggi più nobili e importanti dovevano
essere collocati al centro della composizione, mentre le altre figure in
ordine di importanza. Ad esempio, nelle crocifissioni il Buon Ladrone

157 Cfr. H. LECLERCQ, «Isaï e», DACL, col. 1580, fig. 5992
158 Cfr. ALONSO SCHÖKEL L. - SICRE DIAZ J.L., I profeti, cit., p. 107. E’ priva
di qualsiasi fondamento la notizia che Isaia fosse “un personaggio aristocratico, politicamen-
te conservatore, nemico di rivolte e di profondi cambiamenti sociali”, poiché anche se appare
evidente che “il profeta sia nemico dell’anarchia e la consideri un castigo (…) ciò non significa che
egli appoggi la classe alta”. Lo stile scrittorio del profeta ha comunque fatto ritenere che
egli si fosse formato a Gerusalemme, dove sarebbe anche nato e cresciuto (cfr. ibidem,
p. 105).
159 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., pp. 156-158
164 Dio fa casa con l’uomo

era sempre raffigurato a sinistra di chi guardava (ovvero alla destra di


Cristo crocifisso); e dallo stesso lato era pure collocato Longino, ov-
vero il soldato romano che trafisse con la lancia il costato di Cristo, a
significare, come per il Buon Ladrone, la sua successiva conversione
al cristianesimo, da sempre attestata dalla tradizione160. Isaia, inoltre, è
l’unico personaggio dell’AT rappresentato su uno dei 12 quadri che
compongono un avorio del IX sec. raffigurante Cristo Trionfante,
proveniente da Aquisgrana e oggi custodito a Oxford, Bodleian Li-
brary161. Nella stessa cattedrale di Chartres, infine, Isaia è raffigurato
su una vetrata del più alto transetto (1230 ca.), mentre porta Marco
evangelista sulle spalle poiché l’esegesi allegorica del XII sec. utilizzò
spesso le figure dei profeti che nell’Antico Testamento avevano pre-
visto il Nuovo162, dando luogo a questo genere di rappresentazioni
tanto originali quanto curiose.

Per completare il discorso su Isaia, infine, c’è da ricordare il


suo culto come santo, che era attestato soprattutto in Oriente a Co-
stantinopoli, dove gli veniva dedicata una grande venerazione soprat-
tutto per via della guarigione del moribondo Re Ezechì a riportata in 2
Re 20,7. Nel corso del XII sec., si hanno ancora notizie di un libro che
avrebbe dovuto contenere un completo repertorio delle guarigioni
miracolose attribuite al santo. In Italia il culto di Isaia santo si svilup-
pò anche in seguito ai ritrovamenti delle sue reliquie che tutt’ora ven-
gono conservate e venerate nella cattedrale di Brindisi e nelle chiese
di Santo Stefano e San Giovanni in Monte a Bologna163. Nei martiro-
logi se ne celebrava la festa al 6 luglio.

160 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., p. 156
161 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., p. 87, fig. 12
162 Cfr. van LAARHOVEN J., Storia dell’arte cristiana, cit., p. 125
163 cfr. F. SPADAFORA, «Isaia», BSS, VII, col. 939
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 165

§ 3.8 – Cristo

Ed eccoci giunti, finalmente, al termine della nostra analisi


iconografica e simbolica, occupandoci della figura di Cristo intorno a
cui ruotano tutte le altre presenti sul tabernacolo.
Il Cristo raffigurato nella finta abside è chiaramente un Cristo
in gloria: la posa in cui è ritratto, la mandorla radiosa in cui appare, i
serafini che lo contornano, sono tutti elementi che appartengono
all’iconografia del Cristo trasfigurato nella gloria. Gloria che, per i ri-
chiami scritturistici che suscita, non necessariamente deve far pensare
alla sola ascensione in cielo che, come vedremo, è l’episodio evangeli-
co a cui sicuramente lo scultore si è ispirato, ma anche all’immagine
del Figlio dell’Uomo e del suo ritorno nella gloria per giudicare i vivi e i
morti: la parusìa.
Questa rappresentazione di Cristo, nel racconto che si svi-
luppa attraverso le varie figure che compaiono sul tabernacolo, è in-
centrata cioè sul momento finale della sua storia terrena, che sancisce
in qualche modo il termine della sua incarnazione e, contemporanea-
mente, l’inizio della vita della Chiesa riunita intorno al Risorto. I rac-
conti dell’ascensione che Luca ci lascia al termine del suo vangelo (Lc
24,50ss) e all’inizio del libro degli Atti (At 1,9ss), hanno come centro
il Cristo risorto che si accommiata dai suoi discepoli. Si basano cioè
su un Cristo sensibile, che si vede e che si fa’ toccare da Tommaso nel
cenacolo, disinteressandosi completamente di quello che è il suo nuo-
vo stato in seguito alla risurrezione. Ma mentre Luca ci descrive in
maniera abbastanza dettagliata l’ascensione di Cristo al cielo, ne lui né
gli altri evangelisti sono in grado di descriverci in qualsiasi modo la
risurrezione. Ed è per questo motivo, probabilmente, che nel taber-
nacolo non compare questo episodio della vita di Cristo, ovvero
l’evento che costituisce la conseguenza cronologica della croce, e che
rappresenta il fulcro della fede cristiana. Tra l’altro, sin nei primissimi
schemi catechetici che parlano in sequenza della croce e della risurre-
zione164, la Chiesa ha sempre accompagnato alla passione e morte di

164 Si pensi ad esempio alla predicazione di Pietro nella sinagoga dopo la


pentecoste in At 2,14-36. Egli parla delle sofferenze di Cristo (v. 23: “voi l’avete
inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso”) e subito dopo della sua risurrezione
(v. 24: “ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte”). Dopo aver
proseguito portando la sua testimonianza (v. 32: “questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi
166 Dio fa casa con l’uomo

Gesù al mistero della risurrezione. Ma, come è evidente, la descrizio-


ne della risurrezione ha costituito per gli evangelisti un problema di
non poco conto, a causa dell’assoluta mancanza di testimoni oltre gli
angeli.
Così , analogamente, dal punto di vista iconografico si è per-
ciò riscontrato il medesimo problema e, per molti secoli, non compa-
re mai alcuna rappresentazione di Cristo nell’atto di risorgere. Solo sul
finire del Romanico cominciano a comparire le primissime rappresen-
tazioni soprattutto grazie all’influsso del dramma liturgico in cui, nel
corso del XII sec., veniva realizzata con un uomo che usciva avvolto
in un lenzuolo da una cassa o da un sarcofago165. Seguendo queste
messe in scena anche l’arte comincia a raffigurare la risurrezione con
sepolcri lievemente socchiusi da cui fuoriescono le sole mani del Ri-
sorto, magari aiutato da alcuni angeli che spostano la pesante pietra
sepolcrale o lo afferrano per le braccia aiutandolo ad uscire.
Per queste difficoltà oggettive, pertanto, l’iconografia ha,
quasi assolutamente trascurato la risurrezione come fatto, preferendo
invece dedicarsi agli episodi della vita di Cristo meglio descritti dai
Vangeli.
Ed è per questi motivi, dunque, che nello sviluppo cronolo-
gico delle figurazioni che compaiono sul tabernacolo - sviluppo che si
origina dalla croce, continua nella nicchia-sepolcro e che avrebbe do-
vuto concludersi con la rappresentazione della risurrezione - si salta
direttamente all’ascensione. E come se nel racconto si fosse operata
una ellissi temporale, un salto di tempo e di spazio, che proietta chi
guarda direttamente alla gloria del Cristo. La risurrezione è frutto sol-
tanto della capacità di completamento del lettore il quale, conoscendo
la narrazione del vangeli, è in grado di riconoscere in quell’immagine
quella del Risorto.
Quindi il Cristo che si trova al centro della finta abside è un
Cristo trasfigurato nella gloria sfolgorante e luminosa che riassume in

tando la sua testimonianza (v. 32: “questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti se siamo testi-
moni”), solo alla fine del discorso parla dell’ascensione, citandola in maniera non e-
splicita, ma facendola intendere come causa sottintesa dell’innalzamento di Gesù alla
destra di Dio (v. 33).
165 Cfr. THOMIEU M., Dizionario d'iconografia romanica, Milano 1997, pp. 336-

337.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 167

se l’annuncio profetico dell’Antico Testamento e la sua realizzazione


nel Nuovo. E’ un Cristo che mostra i fori delle mani a ricordo della
sofferenza della Croce, quasi voglia convincere gli indecisi e converti-
re gli increduli – come lo fu Tommaso nel cenacolo – che egli è dav-
vero risorto. E’ un Cristo che, pur nelle fattezze semplici e persino
rozze (così lontane dalla solennità e dalla bellezza di Isaia), ha vinto la
morte e il suo pungiglione166 e per questo sembra voler accogliere a
braccia aperte l’umanità intera redenta grazie al suo sacrificio. E’ un
Cristo trionfante incoronato dell’alloro dei vincitori idealmente mate-
rializzato dalla presenza della ghirlanda sull’arco trionfale della finta
abside, e a cui i serafini che lo contornano tributano la stessa gloria e
onore del Padre, perché egli è immagine del Padre e “vedendo il quale si
vede anche il Padre”167. E’ un Cristo, infine, che sembra levarsi dalla cro-
ce sottostante, staccarsi fisicamente dallo strumento di sofferenza, dal
“legno” che lo vide morire al culmine della sua passione, per manife-
stare la sua potenza dopo la risurrezione in una mandorla di raggi
sfolgoranti di luce.

Ma dal punto di vista iconografico, data la centralità della fi-


gura di Cristo nella fede cristiana, il repertorio delle immagini a dispo-
sizione è praticamente sconfinato168. Noi ci soffermeremo, allora,
sull’iconografia che più ci interessa, ovvero su quella della gloria e
dell’ascensione e, conseguentemente, sui significati ad essa correlati
della parusìa e del giudizio.

Dopo un primo periodo in cui Cristo viene rappresentato in


forma anonima, ovvero non differenziata rispetto ai vari personaggi
insieme a cui compare, a partire dal IV secolo seguono via via delle

166 “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Cor 15,55-
56)
167 DV 4a (cfr. Gv 14,9)
168 Cfr. H. LECLERCQ, «Jesus Christ», DACL, VI, t. II, coll. 2393-2468, presen-
ta un Corpus di tutti i monumenti di rilevanza artistica e archeologica “sur lesquels est
figuré le Christ” - a cui si rimanda - citando in totale 439 opere d’arte suddivise in: af-
freschi catacombali (dal n. 1 al n. 180); mosaici (181-223); bassorilievi e sculture (224-
423); avori (424-426); papiri (427); gemme (428); oreficeria (429); miniature (430-
431); fondi di coppe (431-432); amuleti (433-439). Lo studio di Dom Leclercq, co-
munque, tranne rare eccezioni è circoscritto entro il primo millennio cristiano.
168 Dio fa casa con l’uomo

raffigurazioni in cui Egli occupa invece una posizione centrale o co-


munque predominante. Oltre alle prime raffigurazioni della gloria – in
cui compare in trono e circondato da angeli – da questo periodo in
poi si cominciano ad avere anche una varietà di temi teologici che,
tradotti in immagini, tendono alla spiegazione dei cosiddetti titoli cri-
stologici, con cui Cristo è appellato nei Vangeli169, portando a una
sorta di molteplicità e varietà nelle sue rappresentazioni. In questa
sorta di “polimorfismo”, Cristo appare ora nei tratti di un vecchio
con la barba, dal portamento regale e solenne, per sottolineare la stes-
sa divinità del Padre e, più tardi, la consustanzialità con Lui170; ora
come un bambino, in grembo a sua madre o neonato disteso su una
patèna, per rappresentare la realtà della transustanziazione171; ora co-
me un giovane imberbe, di bell’aspetto, vigoroso, ma gentile e aggra-
ziato, oppure come un uomo maturo con la barba, dal volto delicato
e sereno, a significare la molteplicità dei volti di Dio il quale in molti
modi diversi si manifestò ai profeti prima dell’incarnazione di Cristo
(Eb 1,1-2)172.

169 I titoli cristologici, ovvero i modi con cui Gesù è appellato nei Vangeli, sono:

Figlio di Dio, Figlio dell’Uomo, Cristo, Messia.


170 Nel concilio di Nicea, celebrato nel 325, viene definito che il Figlio ha la

stessa natura divina del Padre; divinità che Ario, un sacerdote di Alessandria nato nel
260 ca., e i suoi seguaci (cosiddetti ariani), negavano. Dalle controversie trinitarie che
furono l’oggetto delle dispute teologiche del IV secolo, si svilupparono poi, nel suc-
cessivo, quelle cristologiche che ebbero termine con le definizioni dei concili di Efeso
(431) e Calcedonia (451) sulla cosiddetta unione ipostatica del Padre e del Figlio, ovve-
ro sulla loro consustanzialità (Cfr. MARTINA G., Storia della Chiesa, cit., pp. 64-89).
171 Cfr. SPIESER J.M., «Dall’anonimato alla gloria delle immagini. Da Roma a

Bisanzio dal III al XV secolo», Il mondo della Bibbia, X (2000), p. 7. E’ il Cristo amnos
che, riprendendo l’immagine dell’agnello sacrificale (amnos), serviva a rendere esplici-
to il mistero della transustanziazione nell’eucaristia, ovvero, della presenza reale del
corpo di Cristo nella particola consacrata. A queste immagini che ritraevano un bam-
bino come vittima sacrificale, e che molto spesso venivano completate con la raffigu-
razione di San Basilio e San Giovanni Crisostomo nei paramenti liturgici - che com-
parivano, secondo la tradizione, nella loro qualità di scrittori ed estensori del testo
della liturgia eucaristica - veniva attribuita la capacità di convertire gli increduli, so-
prattutto musulmani, i quali veduta l’immagine del celebrante che si appresta a sacri-
ficare un bambino, subito si convertono dopo averne compreso il senso.
172 Cfr. SPIESER J.M., «Dall’anonimato alla gloria delle immagini. Da Roma a

Bisanzio dal III al XV secolo», cit., p. 4


Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 169

In questo quadro, di sostanziale molteplicità iconografica del-


la figura del Cristo, le raffigurazioni della sua gloria, intesa come a-
scensione al cielo ma anche come parusì a e giudizio finale, presentano
da subito una serie di elementi caratteristici che nel tempo non varie-
ranno mai, se non nel modo di rappresentare le singole figure, che
subirà le influenze degli stili artistici via via succedentesi nel tempo.
Oltre alla centralità della figura di Cristo che sarà sempre conservata,
gli altri elementi caratteristici nelle rappresentazioni della gloria saran-
no: il trono, su cui siede il Salvatore; lo sgabello, posto ai suoi piedi; i
quattro esseri viventi del tetramorfo apocalittico, che Sant’Ireneo fece
simboli della funzione di Cristo (re, sacerdote, uomo e spirito); la
mandorla di raggi luminosi o le nubi che compaiono alle spalle della
figura del Cristo.
Una delle prime rappresentazioni della gloria che presenta gli
elementi caratteristici suddetti si trova a Salonicco in un mosaico del
540 ca. attribuito a Horios David, in cui Cristo è raffigurato seduto su
un arcobaleno con la destra alzata, con la quale sembra salutare gli
uomini e contemporaneamente esprimere la sua accoglienza, e la sini-
stra che reca un cartiglio riportante un adattamento di Is 25,9-10: “Ec-
co il nostro Dio nel quale speriamo…” a sottolineare la sua divinità a im-
magine di Dio173. Sempre in Oriente, più tardi, Cristo è ancora rap-
presentato in trono con i quattro esseri viventi posizionati ai quattro
punti cardinali. E’ il caso di una miniatura della Bibbia di Vivien
dell’846 ca., conservata a Parigi, Biblioteca Nazionale174, in cui Cristo
è rappresentato come Pantocrator, ovvero come “Signore di tutte le co-
se”, ma a figura intera175. In questa rappresentazione, oltre al Tetramor-

173 Cfr. SPIESER J.M., «Dall’anonimato alla gloria delle immagini. Da Roma a

Bisanzio dal III al XV secolo», cit., p. 14


174 Cfr. BOESPFLUNG F. – HECK C., «L’Incarnazione e il senso delle immagi-

ni», cit., pp. 42-43.


175 Il Cristo Pantocrator, secondo l’imperatore d’Oriente Leone IV (l’Isaurico),

doveva essere rappresentato a mezzo busto, come se vegliasse dall’alto delle absidi su
cui era raffigurato, su tutto ciò che accade sulla terra (cfr. SPIESER J.M.,
«Dall’anonimato alla gloria delle immagini. Da Roma a Bisanzio dal III al XV secolo»,
cit., p. 22). Il Pantocrator è sempre solenne, con barba, aureolato, con la destra alzata
per benedire (l’indice e il medio accoppiati e lievemente piegati e il pollice che tiene
piegate le altre due dita) e con la sinistra impegnata a reggere il libro della vita (su cui
spesso sono le iniziali Α e Ω). Una celebre rappresentazione del Pantocrator in Italia è
170 Dio fa casa con l’uomo

fo, i quattro profeti maggiori compaiono ai lati degli esseri viventi (I-
saia a nord, sull’aquila giovannea; Daniele a est, vicino al giovinetto
che rappresenta l’evangelista Matteo; Geremia a sud, subito sotto al
bue lucano; Ezechiele a ovest, insieme al leone marciano). Ai quattro
angoli della rappresentazione compaiono i quattro evangelisti nell’atto
di scrivere i rispettivi libri (Giovanni in alto a sinistra; Matteo in alto a
destra; Marco e Luca in basso, rispettivamente a sinistra e a destra).
Tale rappresentazione esprime che nella rivelazione divina tutto ri-
sponde a una grande armonia; tanto che il Signore, annunciato dai
profeti, si è fatto carne in Gesù Cristo secondo i Vangeli. Secondo lo
schema generale suddetto, l’iconografia della gloria rimarrà sostan-
zialmente invariata sia nelle miniature dei manoscritti come, ad esem-
pio, nel Cristo in gloria della Bibbia della Staatliche Bibliothek di Bam-
berga, risalente al X sec.176, sia sugli affreschi delle absidi, come in
quello della chiesa di San Clemente a Thaull in Catalogna (Spagna),
risalente a circa il 1125177.
Ma la gloria di Cristo raffigurata sul nostro tabernacolo, men-
tre presenta alcuni degli elementi iconografici caratteristici di questo
genere di rappresentazioni, come le figure dei due profeti, la mandor-
la, l’aureola e i serafini (quattro, come gli esseri viventi della visione di
Ezechiele e nel tetramorfo apocalittico), si discosta invece per la
mancanza del trono su cui Cristo siede, o dello sgabello posto ai suoi
piedi.

Per meglio comprendere la raffigurazione del Cristo sul no-


stro tabernacolo, vale la pena allora, di analizzare i particolari descrit-
tivi della scena dell’ascensione che i Vangeli ci presentano. Ci sembra
infatti di poter affermare che il maestro autore del bozzetto abbia se-
guito quasi fedelmente i racconti evangelici dell’ascensione i quali, tra-
scurati dagli evangelisti Matteo e Giovanni, sono invece ripresi da
Marco e da Luca. Il primo ne parla nella cosiddetta conclusione canonica
lunga (16,9-20) - sicuramente una aggiunta tardiva alla conclusione ve-

nel duomo di Monreale (PA), che il regista Franco Zeffirelli utilizzò nel 1971 per le
riprese del film Fratello Sole, Sorella Luna.
176 Cfr. GRABAR A., Le vie della creazione, cit., p. 235, fig. 187
177 Cfr. BOESPFLUNG F. – HECK C., «L’Incarnazione e il senso delle immagi-

ni», cit., p. 52
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 171

ra e propria del suo vangelo, che termina invece al v. 8 del cap. 16,
basata sulla conoscenza dei vangeli di Luca e Giovanni. Luca invece, è
anche il più prodigo di particolari e ne parla nella conclusione del suo
Vangelo (24,50-53) e all’inizio del libro degli Atti degli Apostoli (1,6-
12).

Vangelo di Marco Vangelo di Luca Atti degli Apostoli


16. 19 Il Signore Gesù, do- 24. 50 Poi li condusse fuo- 1. (…) 9 detto questo, fu
po aver parlato loro, fu as- ri verso Betània e, alzate elevato in alto sotto i loro
sunto in cielo e sedette alla le mani, li benedisse. 51 occhi e una nube lo sot-
destra di Dio. 20 Allora essi Mentre li benediceva, si trasse al loro sguardo. 10 E
partirono e predicarono staccò da loro e fu porta- poiché essi stavano fis-
dappertutto, mentre il Si- to verso il cielo. 52 Ed sando il cielo mentre egli
gnore operava insieme con essi, dopo averlo adorato, se n’andava, ecco due
loro e confermava la parola tornarono a Gerusalemme uomini in bianche vesti si
con i prodigi che con grande gioia; 53 e sta- presentarono a loro e dis-
l’accompagnavano. vano sempre nel tempio sero: 11 «Uomini di Galile-
lodando Dio. a, perché state a guardare
il cielo? Questo Gesù, che
è stato di tra voi assunto
fino al cielo, tornerà un
giorno allo stesso modo
in cui l’avete visto andare
in cielo». 12 Allora ritorna-
rono a Gerusalemme dal
monte detto degli Ulivi,
che è vicino a Gerusa-
lemme quanto il cammino
permesso in un sabato.

Dall’esame dei tre testi178, così messi a confronto, possiamo


desumere alcuni elementi che ritroviamo nella raffigurazione presente
sul tabernacolo.
Ma prima di farlo è necessario porre brevemente l’attenzione
sull’utilizzo dei verbi dell’ascensione che è sempre al passivo: fu assun-
to in cielo (Mc); fu portato verso il cielo (Lc); fu elevato in alto (At).
Luca (24,52) utilizza il verbo anepherto lat. ferebatur (portare) e
il verbo epèrthe, lat. elevatus (elevare) per rimarcare, molto probabilmen-

178 I testi riportati nella tavola sinottica sono quelli della traduzione della Bib-

bia della CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La Sacra Bibbia, «editio princeps»,


1971.
172 Dio fa casa con l’uomo

te, il senso del distacco dai suoi discepoli. Ciò vuol significare innanzi-
tutto che da questo momento ha inizio il tempo della Chiesa che, dal
precedente mandato missionario, assume il valore di testimoniare i
patimenti del Cristo e la sua risurrezione dai morti predicata d’ora in
poi in suo nome a partire da Gerusalemme (Lc 24,46-48)179. Ma
l’utilizzo di queste forme verbali passive dimostrato anche in maniera
inequivocabile che è il Padre l’artefice di tutto: è Lui che, material-
mente, eleva il Figlio in cielo, a sigillare in qualche modo il suo pro-
getto d’amore per l’umanità iniziato con l’annuncio dell’angelo a Ma-
ria.
Ed è per questi motivi quindi, che l’ascensione venne raffigu-
rata anche con l’immagine di un uomo il quale, salendo la china di
una montagna, veniva tratto in cielo da una mano fuoriuscente da una
fitta coltre di nubi180.

LA POSA DELLA FIGURA DEL CRISTO.

Cristo si presenta con le braccia aperte, spalancate, in un ul-


timo gesto allo stesso tempo di commiato e di benedizione. Dal rac-
conto di Luca apprendiamo che l’ultimo saluto terreno tra Cristo e i
suoi discepoli, avviene dopo aver compiuto il cammino verso Betània
(Lc 24,50), che richiama i viaggi missionari intrapresi prima della pas-
sione insieme ai suoi discepoli, attraverso particolari gesti liturgici: le
mani elevate al cielo, la formula di benedizione. Nel primo gesto è
quasi l’indicazione della direzione che egli stava per prendere che lo fa
protendere verso il cielo; nel secondo, una preghiera particolare rivol-
ta al Padre per i suoi discepoli, il cui contenuto e tenore può essere
desunto dalla lettura del capitolo 17 del vangelo di Giovanni (la pre-
ghiera sacerdotale)181. Gesù parte, quindi, e si accommiata dai suoi.
Ma ciò non avviene nella tristezza, bensì nella gioia. La stessa posa del
ginocchio sinistro, leggermente piegato, fa si che la sua figura riceva
uno slancio e una dinamicità che permette di immaginarne il tragitto
verso l’alto. La croce è lontana e i giorni della sofferenza e della pas-

179 Cfr. BARTOLI L., La chiave, cit., p. 238


180 Cfr. BOESPFLUNG F. – HECK C., «L’Incarnazione e il senso delle immagi-
ni», cit., p. 46.
181 Cfr. da SPINETOLI O., Luca, Assisi 1982, pp. 743-744
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 173

sione anche. Ma della passione e della croce porta ancora ben visibili i
segni: le ferite dei chiodi sulle palme delle mani e sul dorso dei piedi,
indicate con una punta di colore rosso appena percettibile alla vista.
Lo sguardo è rivolto fuori della scena a cercare i suoi discepoli che lo
venerano in atteggiamento adorante. Gesù li guarda e li benedice, ma
non dalla croce, bensì dal cielo. E questo è anche per la Chiesa un
motivo di gioia e di attesa fiduciosa della parusì a, il suo ritorno per la
vittoria finale su tutte le forze avverse. E’ il momento del passaggio di
consegne tra il Cristo storico e visibile, il Cristo che per tre anni ha
vissuto con i suoi discepoli dividendo con loro la fatica quotidiana
della predicazione del Regno di Dio, e la sua Chiesa, d’ora in poi se-
gno della sua presenza allo stesso tempo tanto invisibile, quanto con-
creta nel pane eucaristico.
Il gesto delle braccia alzate rimanda inoltre alla sua
invincibilità, allo stesso modo di Mosè in Es 17,10ss che durante la
battaglia con Amalek, antico popolo arabo, sostenuto da Aronne e
Khur tiene le braccia in alto e prega continuamente.

LA MANDORLA RADIOSA

Gli Atti degli Apostoli ci ricordano come Gesù scompare ben


presto nella gloria sfolgorante e nella nube che lo sottrae allo sguardo
dei suoi discepoli. La gloria (gr. doxa, lat. maiestatis), sul tabernacolo
viene tradotta iconograficamente attraverso la mandorla radiosa, la
cosiddetta vescica piscis che è sempre utilizzata per indicare la divinità.
Nel tempo, l’iconografia ha spesso identificato gloria e nube
nell’unico simbolo della mandorla, motivo stilizzato posto sempre alle
spalle delle persone divine (Padre, Figlio e Spirito Santo), che avvolge
l’intera figura con raggi di luce fuoriuscenti da dietro. Tale motivo è
molto spesso completato, come qui, da corteggi di angeli o da singole
ali che contornano la figura. La mandorla ricorda quindi la luminosità
della gloria delle persone divine che è elemento caratteristico di tutte
le manifestazioni teofaniche. Mosè, sceso dal monte Sinai con le due
tavole della legge, “non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggian-
te”182 per aver parlato con il Signore e per essere stato al cospetto del-

182 Es 34,29. Nell’ebraico scritto, che è completamente consonantico e viene

di volta in volta vocalizzato rispetto al contesto della frase, il verbo karan (irradiare,
174 Dio fa casa con l’uomo

la sua gloria la quale “appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante
sulla cima della montagna”183. Il racconto marciano della Trasfigurazio-
ne184, posto cronologicamente dopo l’episodio di Cesarea di Filippo,
pur nella semplicità del linguaggio che utilizza – caratteristica di tutta
l’opera di Marco - è quanto mai espressivo laddove, per esprimere la
luminosità accecante della gloria di Cristo, riporta che “le sue vesti
[quelle di Cristo] divennero splendenti, bianchissime” al punto che “nessun
lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”.
Altro elemento teofanico che accompagna la luminosità sfol-
gorante della gloria, è la nube o nuvola, che nel quadro della manife-
stazione divina solitamente segue cronologicamente la prima. La nube
è un richiamo alla shekinah, la presenza spirituale di Dio nella tenda - il
tabernacolo185- e quindi allusione allo Spirito Santo. I due elementi,
gloria e nube, compaiono sempre insieme e spesso sembrano con-
fondersi l’un l’altro indefinitamente come sul Sinai (Es 25,16) e nella
presa di possesso della tenda da parte di Dio (Es 40,34).

I SERAFINI E I PROFETI

Il racconto degli Atti riporta l’arrivo di due esseri celesti, due


personaggi vestiti di bianco (At 1,11). Come l’incarnazione era stata
annunciata dagli angeli, così il ritorno di Cristo al Padre è nuovamente
spiegato ai frastornati discepoli dagli esseri celesti. Il numero due è il
numero minimo richiesto dal diritto giudaico per una testimonianza
valida e incontrovertibile186 e tale numero si lega direttamente ai due
angeli presenti davanti alla tomba nel racconto della resurrezione (cfr.
Lc 24,4), raffigurati sul tabernacolo ai lati della porticina che racchiu-
de il Santissimo. Qui, alle figure angeliche che contornano il Cristo è

raggiare) e il sostantivo keren (corno), hanno in comune la stessa radice consonantica


krn. San Gerolamo, nella Vulgata, riferendosi al volto di Mosè disceso dal Sinai, tra-
duce allora cornuto anziché raggiante. Questa è la ragione per cui Michelangelo ha raffi-
gurato il suo Mosè (conservato oggi nella Chiesa romana di San Pietro in Vincoli, in
viale Cavour) con due piccoli corni posti poco sopra la fronte.
183 Es 24,17
184 Mc 9,2-13. L’episodio della Trasfigurazione è riportato anche dagli altri
due sinottici: Mt 17,1-13; Lc 19,28-36
185 Es 40,34; 1 Re 8,12-13
186 Cfr. BARTOLI L., La chiave, cit., p. 237
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 175

stata data sembianza di Serafini e ne è stato aumentato il numero a


quattro, probabilmente per richiamarne l’affinità con il Tetramorfo
apocalittico (Ap 4,8) e con la visione di Ezechiele (Ez 1,5-21; 10,9-
22), e per significare la divinità di Cristo a cui, come il Padre, le gerar-
chie angeliche tributano lo stesso onore. Al motivo del corteggio an-
gelico si aggiungono poi le anime dei giusti dell’Antica Alleanza, ora
liberati dalla discesa di Cristo nello sheol, negli inferi. Così le figure dei
profeti assumono anche un ruolo di rappresentanti di tutti i giusti che
hanno preceduto Cristo. E’ in questo contesto, infine, che si può ri-
condurre anche il senso delle colombe-anime187 che insieme ai cheru-
bini completano il quadro nella trave del timpano.

§ 4 – Per una lettura simbolica complessiva

Volendo riferire l’intera rappresentazione a modelli simbolici


universali che possano essere utilizzati come filo logico per una pos-
sibile lettura catechetica, si potrebbe cercare di farlo secondo due
schemi principali che potrebbero essere seguiti nel loro sviluppo per
una lettura sistematica del tabernacolo attraverso i simboli e le imma-
gini ivi riportate. Una sorta di biblia pauperum, insomma, che, nella cul-
tura delle immagini per eccellenza, come lo è quella in cui viviamo,
potrebbe essere validamente sfruttata per meglio esplicare concetti
catechetici/teologici a volte difficilmente rappresentabili proprio a
causa della nostra abitudine materialistica a percepire e a ritenere no-
zioni in qualche modo solo concrete e sensibili.

§ 4.1 – Modello cronologico: Cristo principio e fine (la Storia della Salvezza)

Il primo di questi modelli potrebbe essere quello che ricon-


duce e interpreta l’intera scena secondo un movimento che cronolo-
gicamente si origina dall’incarnazione di Gesù Cristo, annunciata dai
profeti, che si realizzerà pienamente con il suo ritorno nella gloria.
Seguire cronologicamente tale movimento significa quindi ripercorre-

187 Cfr. LURKER M., Dizionario delle Immagini e dei simboli biblici, ed italiana a cu-

ra di G. Ravasi, Cinisello Balsamo (Mi) 1990, p.57


176 Dio fa casa con l’uomo

re le tappe dell’intera storia della salvezza sulla base delle parole del
simbolo niceno-costantinopolitano:

Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per
opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu se-
polto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo,
siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare
i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.

E’ uno schema che riporta al concetto di Cristo come Centro


della Storia, che l’iconografia orientale materializzò nel cosiddetto Vec-
chio dei Giorni e che riprende in un certo senso la stessa teologia del
Verbo incarnato, che sin dall’inizio “era presso Dio e era Dio” (Gv 1,1).
Da Cristo, principio e fine, Alfa e Omega, si dirama e sviluppa tutta la
storia della salvezza. Annunciata prima nell’Antico Testamento dai
profeti, di cui le figure di Salomone e, soprattutto, Isaia, autore del
libretto dell’Emanuele e dei canti del servo sofferente di Iahvè, ne co-
stituiscono la simbolica allusione, è realizzata poi nel Nuovo Testa-
mento con la passione e morte di Gesù Cristo (evocata dalla presenza
delle croce, strumento di sofferenza, ma anche e soprattutto di sal-
vezza); la sua risurrezione (rappresentata dalla porticina del taberna-
colo con gli angeli oranti ai lati e che rimandano al sepolcro svuotato
del corpo di Cristo ma riempito con il pane consacrato); la sua gloria
(riferimento all’ascensione dopo la pasqua, e anche alla parusìa, cioè al
ritorno di Cristo nella gloria per giudicare i vivi e i morti e instaurare il
suo Regno “che non avrà fine”).
Una variante a tale schema cronologico può essere costituita
in rapporto al movimento discensionale-ascensionale che suggerisce
l’intera scena, secondo il seguente schema:
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 177

Riferimenti iconografici
1 – incarnazione (nascita)
2 – passione
Discesa
3 – morte la croce
4 – discesa agli inferi

la porticina del tabernacolo con gli angeli


5 – risurrezione
Ascesa oranti ai lati
6 – ascensione il Cristo in gloria
contornato
Parusì a 7 – parusì a dai serafini

In definitiva, quello che si va proponendo è uno schema ca-


techetico squisitamente cristologico che sia in grado di toccare i temi
di Cristo come immagine del Padre, della sua stessa sostanza divina,
della sua umanità, della unione ipostatica delle sue due nature.

§ 4.2 – Modello prospettico: la Croce come centro tra cielo e terra

Il secondo modello simbolico a cui possiamo riferire tutte le


figurazioni presenti sul tabernacolo è quello suggerito dalla prospetti-
va secondo cui è stato disegnato. Riferendo gli spazi architettonici ri-
prodotti (la finta abside, soprattutto) e le varie figure che sembrano
muoversi al loro interno a una prospettiva con unico punto di fuga
centrale posizionato sull’incrocio dei due bracci della croce, e con la
linea di terra passante sulla base di questa, possiamo notare la diversa
grandezza dei vari elementi che conferisce profondità a tutta la scena.
La croce diventa così più piccola rispetto alle figure degli an-
geli oranti ai lati della porticina di legno che, quindi, si trovano in
primo piano al fine di catturare immediatamente e inevitabilmente
l’attenzione di chi guarda.
Ma la croce, pur se in secondo piano, diventa tuttavia
l’elemento intorno a cui tutti gli altri si originano, in una sorta di con-
seguenzialità; diventa il centro dove il cielo e la terra si incontrano; il
punto di contatto tra le realtà sensibili e le realtà invisibili; la soluzione di
continuità tra il sopra e il sotto; il segno di contraddizione che riassume
in sé la vita e la morte, la salute e il dolore, la gioia e la sofferenza.
178 Dio fa casa con l’uomo

Secondo questo modello catechetico-visivo che vede la croce


come “centro”, l’immaginaria linea di terra che passa sulla base della
croce fa si che la scena sia divisa in due grandi aree.
Nel supero, ovvero nella parte in alto, si trovano tutte le realtà
invisibili che in qualche modo attengono alla sfera del divino: il Cristo
in gloria, i Serafini (a cui è demandato il compito della contemplazio-
ne di Dio), i Cherubini, i profeti, le colombe-anime assunte alla beati-
tudine eterna. Si tenga presente, infatti, che nella Bibbia, il cielo è
sempre dimora della divinità e spesso questo termine è utilizzato per
indicare Dio stesso.
Nell’infero, viceversa, si muovono le realtà visibili e sensibili,
in una parola “incarnate”, che denotano una loro imperfezione spiri-
tuale. E’ in questa sfera che si muove l’uomo, essere finito, spirito in-
carnato, che non comprende se non nella sua sensibilità materiale. La
terra, dove l’uomo vive (Sal 115,16; Sir 5,1) è anche lo sgabello di Dio
(Is 66,1)
Tra le due sfere, Dio si muove per visitare gli uomini discen-
dendo sulla terra (Gn 11,5; Es 19,11ss; Sal 144,5) e risalendo poi nel
cielo (Gn 17,22). Tra le due sfere soltanto agli angeli, nel loro ruolo di
messaggeri ed esecutori degli ordini divini, è consentito di spostarsi
liberamente.
E così al corpo trasfigurato di Cristo in gloria che attiene alla
sfera celeste e a cui non è possibile per l’uomo accostarsi se non con
l’intelletto, ecco che viene contrapposta iconograficamente la nicchia
in cui viene custodito il corpo sensibile di Cristo-eucaristia, che Egli ci
ha voluto lasciare con l’ultima cena affinché stesse sempre con noi,
tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20).
Attorno a Cristo ruota tutto, come intorno alla stella polare
ruota il firmamento, insieme alle sette stelle dell’Orsa maggiore e alle
quattro costellazioni del Leone, del Toro, dell’Aquila e dello Scorpio-
ne, che secondo gli antichi aveva un volto umano188.
Cristo è quindi il “centro” cosmico, l’ombelico del mondo,
da cui tutto si diparte189.

188 Cfr. BARTOLI L., La chiave, cit., p. 37


189 Sul concetto simbolico di “centro”, cfr. ELIADE M., Trattato di storia delle re-
ligioni, Torino 1999, pp. 345 e ss. e id, Immagini e simboli, Milano 1993, pp. 29-54.
Il Tabernacolo murale di San Giovanni Ev. 179

Utilizzando di nuovo le parole del simbolo niceno-


costantinopolitano, la croce diventa poi anche occasione per meditare
su Dio e la sua opera creativa: “Credo in un solo Dio, padre onnipotente,
creatore del cielo e la terra, di tutte le cose visibili e invisibili”. La croce diventa
il luogo dove grazie al sacrificio di Cristo “piacque a Dio di fare… riconci-
liare a sé tutte le cose” (Col 1,19-20); il luogo dove sarà possibile per il
lupo dimorare insieme con l’agnello e per il vitello pascolare con il
leoncello 190; il luogo dove la creazione si riconcilia con il suo creato-
re; il luogo dove l’immagine dell’uomo, deturpata dal peccato, torna
finalmente alla sua bellezza originale secondo il piano sapiente di Dio.

«Nel mistero della Chiesa,


gli uomini del nostro tempo
vedranno il volto del Dio vivente e,
pieni di speranza vera, diranno,
come l’Evangelista Giovanni
“noi abbiamo contemplato la Sua gloria”
(Gv 1,14)»191

190 Cfr. Is 11,6-8


191 Cfr. SUPERBO A., «Venne ad abitare in mezzo a noi», Nuova Responsabilità,
XIII (1999), n° 5, p. 5
APPENDICE

DOCUMENTI D’ARCHIVIO
Doc. I
ASPC, Bolla “Piis et honestis” di Bonifacio IX 1

Bonifacio IX, su petizione dei Conti Francesco e Nicola Anguillara, Signori


di Capranica, concede la chiesa di San Lorenzo alla Provincia Romana dell’ordine
francescano dei Frati Minori ed eleva la chiesa di San Giovanni Evangelista al titolo
di collegiata – Roma, 23 ottobre 1400.

Dilectis Filiis ministro Provincialis


et Fratribus Ordinis Minorum
Provinciæ Romanæ Secundum
Morem dicti Ordinis

Piis et honestis supplicum votis illis praesertim, qui2 ad Divini Cultus augumentum,
et Sacrae Religionis, sub qua devotum, et Sadulum exhibetis Domino Sacra[la]tum3,
propagationem levare4 dignoscuntur Libenter annuimus, eaque favoribus proesequi-
mur opportunis5 sane petitio pro parte Dilectorum Filiorum Nobiliorum6 virorum
Francisci, et Nicolais, Comitum Anguillariae nobis super exposita continebat, quod
licet Ecclesia S7. Laurentii extra muros Castri Cap.cae Sutrin. Dioecesis, quod quidem
Castrum ipsoruam Comitum dominio temporali subjectum fore dignoscitur Collegia-
ta existat, et in ea certus Canonicorum numerus et praebendarum distinctio habeatur,
tamen Archipresbiter, et Canonici ipsius ecclesiae a longis retroactis temporibus
propter guerrarum turbines, et alias calamitates, quae in partibus praeteritorum8
temporum causante malitia, diutius viguerunt in eadem Ecclesia residentiam non fece-
runt, prout nec faciunt de praesenti, sed in Ecclesia S. Ioannis infra dictum Castrum
sita, et ab eadem Ecclesia S. Laurentii dependente p. ipsos Archipresbiterum, et Ca-
nonicos Divina officia peraguntur.9 Cum autem sicut eadem petitio subjungebat præ-
fati Comites de propria Salute ricogitantes, ac cupientes terrena in Coelestia et tra-
snsitoria in aeterna felici Commercio Commutare ob singularem devotionis affectum,
quem gerunt ad B10. Franciscum Confessorem desiderent Ecclam S. Laurentij prae-

1
La Bolla è in copia. Sul margine sx in alto del foglio è scritto: Reg: Vat: ex
lib: 4: Boni||facij IX: fol: 159: anno||11:
2
quae (Wadding)
3
famulatum (Wadding)
4
cedere (Wadding)
5
Il Wadding trascrive un punto e torna a capo, ma nella nostra copia il testo
prosegue senza interruzioni. In effetti il Wadding divide la bolla in quattro parti e in
questo punto, secondo la sua suddivisione, termina la prima parte, l’exordium, e
comincia la seconda che consiste nella petizione presentata dai Conti di Anguillara.
6
nobilium (Wadding)
7
sancti (Wadding)
8
il Wadding trascrive: …partibus illis, praeteritorum
9
Fine della seconda parte (Wadding). Inizio della parte relativa
all’assegnazione della chiesa di San Lorenzo all’ordine francescano.
10
beatum
184 Dio fa casa con l’uomo

dictam quae de Jus Patronatus11 ipsorum Comitum exsistit vobis assignare, ac pro usu
et habitatione unius Guardiani et fratrum vestri Ordinis deputare, eiusque habitatio-
nes et Edificia, quae pro magna parte diruta exsistunt propriis sumptibus, ac etiam
hominum dicti Castri piis Elemosinis12 restaurare proponant pro parte ipsorum Co-
mitum nobis fuit humiliter supplicatum, ut ipsis faciendi praemissa vobisque conden-
di Ecclesiam S. Laurentij cum Campanili, Campana, Coemeterio, Claustro, Hortalitiis,
habitationibus, domibus, et aliis officinis necessariis factis, et faciendis13, et cum Ter-
ritorio sito in ipsius Ecclesiae S. Laurentii circuitu a porta S. Antonij usque ad Pontem
iuxta Roccam14 dicti Castri existentem | verso | et quibusdam hortalitiis sementis
unius salmae, vel circa seminis juxta eamdem Ecclesiam situatis recipiendi, et retinen-
di licentiam concedere dictamque Ecclesiam S. Ioannis Collegiatam erigere de benigni-
tate Apostolica dignatemur.15 Nos igitur Comitum eorumdem devotionem et opera
plurimum in Domino Commendantes hujusmodi supplicationibus inclinati praefatam
Ecclesiam S. Ioannis auctoritate Apostolica tenore praesentium in Colleggiatam eri-
gimus, ac praedictis Comitibus praemissa faciendi, et adimplendi, vobisque eamdem
Ecclesiam S. Laurentii, cum campanili, campana, coemeterio, plaustro, hortalitiis,
domibus, habitationibus, et officinis hujusmodi Constructis, et Construendis, nec
non cum Territorio supradicto recipiendi, ac pro vestro usus et habitattione perpe-
tuao habendi, et retinendi fel. Record. Bonifacij PP: VIII16 Praedecessoris nostri ne-
quaquam obstant. plenam, et liberam Auctoritate Apostolica licentiam17 elargimur,
jure tamen Parochialis Ecclesiae, et Cujuslibet alterius in omnibus semper salus18 vo-
lumus insuper, et vobis de ulterioris19 dono gratis20 eadem auctoritate concedimus,
quod Guardianus et fratres huiusmodi, qui in dictis domibus pro tempore morabun-
tur omnibus privilegiis etc. gaudent sed quomodolibet potiuntur per hoc autem Ar-
chipresbitero, et Canonicis hujusmodis, qui nunc sunt, et erunt pro tempore nullum
volumus praejudicium generari, quin fructus redditus, proventus jura obven. et emo-
lumenta Archipresbiteratus, ac Canonicorum, et praeben. hujusmodi libere, et integre
sicut prius perpetuis temporibus percipere valeant, et habere. Nulli ergo. X Datum
Romae apud S. Petrum X Kalendas Novembris anno XI MCCCC.

Bolla di Concessione di S. Francesco de’ Padri Conventuali F.S.21

11
jurepatronatus (Wadding)
12
eleemosynis (Wadding)
13
fiendis (Wadding)
14
rocham (Wadding)
15
fine della terza parte (Wadding). Inizio della quarta ed ultima parte relativa
all’erezione in collegiata della chiesa di San Giovanni.
16
il Wadding trascrive: …fel. Rec. Bonifacii Papae VIII
17
il Wadding trascrive: …Apostolica, tenore praesentium, licentiam…
18
salvo (Wadding). Dopo la parola salvo, il Wadding aggiunge anche un
punto.
19
uberioris (Wadding)
20
gratiae (Wadding)
21
Scritto a margine del foglio in senso longitudinale
Documenti 185

Doc. II
22
ASPC, San Govanni. Lavori alla chiesa
Mastro Domenico del Grande, di Capranica, per mano del santese pro-
tempore della fabbrica di San Giovanni, Leandro dell’Orsi, riceve un saldo pari a 12
giulii e mezzo per aver eseguito alcuni lavori di muratura nella chiesa – Capranica,
22 febbraio 1585.

[Addì ] 22 di Feb.ro [1585]23

Per la presente per mano di me Theodotii Petrucci serà noto [a] ||


Ciascuno come maestro Domenico del Grande da Capranica || presente publi-
camente perse, et lui in mia presentia, [ce] di || te […] in fatti ha havuto, et
recenti da Leandro || del’orsi al presente santese della Fabrica di S. Iovanni
|| presente, et sbursante iulii dodici, et mezzo per || [silt.a] restu del Taber-
naculo a pietrella di esso || et di tutti Lavori fatti da [esso] maestro Domeni-
co per || alla fabrica fino al presente di per cose parieti || liberi, et in tutto
assolvette et Leandro, presente, || et in nome di essa fabrica avetti [promet-
tendo] || più detta Fabrica ne suoi per lo tempo || […] molestare si altre-
menti volse esser || tenuto, à tutti danni si, et scabie [et santese] || Leandro

22
Il documento è purtroppo in pessimo stato. Presenta vistosi buchi; il lem-
bo dx in basso quasi completamente accartocciato; fori in corrispondenza di molte
lettere corsive tonde come a, b, d, g, etc.; è di dimensioni: 20,5 ca. x 26,5 ca. cm, in
unico foglio; molto probabilmente è staccato da un Libro Capitolare o da un Libro
Conti, dal momento che sul verso si legge il numero di pagina 147. In questa sede
se ne da’ comunque, la sua trascrizione provvisoria
23
L’anno del documento si può ricostruire con sufficiente sicurezza grazie
alle rotondità delle forme dei buchi lasciati dall’abbondante inchiostro, che avendo
indebolito la carta inumidendola, ha fatto anche si che nel tempo corrodesse la car-
ta stessa. La data è comunque confermabile dai Libri dei Conti della Fabbrica, in cui
per gli anni intorno al 1585 sono testimoniati i pagamenti per le prestazioni di sante-
sato a vantaggio di Leandro dell’Orsi. Nello stesso anno l’arciprete della collegiata è
Sante Rosa. Tra l’altro, proprio in quegli anni Domenico del Grande compare come
testimone in un atto per la realizzazione di alcuni lavori di scalpellino eseguiti dal
viterbese Vincenzo di Giacomo Mattei di Baccio abitante in Capranica, detto mastro
Cencio, alla Madonna del Piano (cfr. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO F. T., «Giacomo
Barozzi da Vignola e la Chiesa della Madonna del Piano a Capranica», Arte e Ac-
cademia. Ricerche, studi, attività dell’Accademia delle Belle Arti “Lorenzo da Viter-
bo”, 1988, p. 47, nota n. 74: ASVT, Notarile Capranica 251, Nardini Aristotile [1589-
1590], ff. 121r-122v [1589, ott. 18]: …Actum in dicta ecclesia beate Marie de Plano
extra Muros dicte terre iuxta sua latera presentibus Dominus Bernardino Carletti
magistro Dominico del Grande de Capranica et Domino Troiano schiratti Architetto
Jncola Suriani testibus.).
186 Dio fa casa con l’uomo

et la presentia del Reverendo prete [Santi Rosa] || presente Arciprete […] allo
maestro Domenico […] || […]ella fussi […], a, detta Fabrica […] || [prese]nti
per l’una come per altra parte […] || […], et obligo, et tra loro fatto […] ||
[…], et cossi puro […] sen[…] || insando si, et pregando, me d’[…] || la
presente, et di maestro menici si […] || insieme con il detto Reverendo Arcipre-
te […] || di […] Idem Theod. Petrucci || Io prete santi rosa Arciprete affer-
mo quanto [sopra] || Io menico a fermo come se contene.
Documenti 187

Doc. III
r r
ASPC, Libri Capitolari, 2 [1717-1773], ff. 238 -239
I capitoli della Chiesa Collegiata di San Giovanni e Rettoriale di Santa
Maria, congregati di fronte al vescovo Mons. Filippo Mornati, eleggono due deputati
ecclesiastici, uno per ogni clero, per la costruzione della nuova fabbrica – Caprani-
ca, 12 ottobre 1769 – Verbale Capitolare.
r
f. 238

Ai 12 Ottobre 1769
Essendo stato convocato ed'adunato Capitolo Gen.le dell'una e l'altra Chiesa Collegia-
ta di S. Gio. Evangelista di Capranica, e Collegiale di Santa Maria di d.o Luo-
go, per ordine e d'avanti di Monsig.re Illmo, e Rmo Filippo Mornati Vesc.o di
Sutri, e Nepi, il quale qui ancora si trattiene per la Sagra Visita. Si propone al-
le Sig.ie LL. che riconoscendosi sempre più la necessità di fabricare una nova
Chiesa capace a ricevere tutto il Popolo, e da potersi in'essa esercitare con
commodo, e decoro tutte le S. Funzioni, tanto più che pnte24 si trova accre-
sciuto il n.o de Sig.ri Canci, e Beneficiati li quali qualora si uniscono secondo il
solito nelle Comuni Funzioni, e specialm.e qdo in esse assiste Monsig.r Illmo
Vesco, come si è sperimentato nella di Lui permanenza, il Clero occupa la
metà della pnte Chiesa Collegiata, benché vi stia confusam.e senza poter cia-
scuno avere il suo proprio Stallo, e restando poco sito p. il Popolo, e quello
che rimane in Strada cagiona non poca indecenza, e distrazione. Perciò, es-
sendo stato più volte discorso, e procurati effettivam.e varj piani, e mezzi p.
essa nuova Chiesa, non si è mai potuto venire alla risoluzione; ed'effettiva
conclusione, e ciò specialmente per la discordia de' poveri, p. la quale sono
sempre insorte nuove difficoltà per le quali impedire, e superare, avendo esso
Monsig.re Nostro Ves.o Illmo, e Rmo, persuasi ad assumersi la Deputazione, e
soprintendenza di essa fabrica il Sig.r Mse Filippo Accoramboni, ed il Sig.r
Cavalier Gio. Bapta Thierij tra qui dimoranti, li quali sono essi esibiti di dar
tutta la più efficace mano ad'un'opera così pia, e necessaria alla Gloria di Dio,
commodo del Popolo, ed utile del Paese, con esibirsi anche d.o Sig.r Mse di
contribuire, ad'applicare ad essa fabrica li Scudi cinquantacinque annui, che
ora distribuisce in dote delle Zitelle, ogni qualvolta ne ottenghi, come si pro-
curarà, l'Indulto Apostolico. Ciò non ostante, desiderando esso Mons.re Il-
lmo, e Rmo nostro Vescovo, che si eleggano due Deputati ecclesiastici, uno
p. ciascun Capitolo, li quali unitam.e colli sud.i due Sig.ri, ed altri due | f. 238v
| quali si lasciarà l'arbitrio di elegere in questa Comtà, abbino tutte le facoltà
necessarie, ed opporne con l'approvazione sempre di esso Monsig.r Illmo
Vesc.o di stabilire il Sito, il disegno, e l'esecuzione dell'opera di essa nova
Chiesa, ed'anche di prestare il Consenso p. l'imposizione de' Censi passivi ne-
cessarj a farsi p. d.a Fabrica fino alla somma, che sarà necessaria, e p. ora di

24
Presentemente
188 Dio fa casa con l’uomo

scudi 6.000 da prendersi a rata secondo il bisogno, e questi imporsi proposi-


natam.e sopra li fondi delle Fabriche dell'una, e dell'altra Chiesa pagandosene
però li frutti con il compenso delli assegnamenti da destinarsi sicuri per d.a
nuova Fabrica, e specialm.e oltre li accennati scudi 55, delle doti di esso Sig.e
Mse Accoramboni scudi 25, annui, che il Sig.r Ab.e Giuseppe Ant.o Gennari
Priore di questa Comtà si è esibita più volte rilasciare, e contribuire p. d.a Fa-
brica durante d.o sud.o officio scudi 50, annui da prendersi dall'entrate dell'O-
spidale atteso l'Affitto p. dodici anni accresciuto, e con applicare p. tal'opera
tutto ciò, che la med.a Comtà contribuisce p. le feste frà l'anno, quali asse-
gnamti tutti si debbono esigersi, e colare in mano di due Deputati della Cassa
come anche tutto ciò, che p. qualunque altra maniera di offerta, ed elemosina
si raccoglierà in essa Chiesa, quali deputati debeno tenere una chiave p. cia-
scuno con il libro da notarsi in esso distintam.e tutto l'Introito, ed esito della
med.a Cassa, da passare il tutto p. mezzo di mandati, ed'ordini sotti dalli sud.i
Deputati, e passati da Monsig.r Illmo Ves.o, o suo Vicario Gle de speciali man-
dato = E p. tale effetto esso Mons.r Ves.o qui presente propone p. Cassieri, e
Deputati della Cassa il Sig.r Gio. Porta, ed il Sacerd.e D. Franc.o Galeotti, ac-
ciò anche le Sig.e LL. vi concorrino con loro voto.
Il Sig.r Arcip.e Speranza inerendo al savissimo sentimento di Monsig.re Illmo Vesc.o è
di parere, che si faccino due Deputati, e p. tal effetto p. il Capitolo della Col-
legiata di San Giovanni ha chiamato, e nominato il Sig.r Can.co D. Gio.
Dom.co Forlani, qualora piaccia alle Sig.e Loro, per l'Approvazione se ne passi
il bussolo. | f. 239r | Passato il bussolo furno trovati Suffragi n.o 9, tutti bian-
chi. Il Sig.r D. Gio. Bapta Palazzi p. il Capitolo di S. Ma. nomina, e chiama il
Sig.r D. Giuseppe Scagliosi, e p. ciò è di sentimento se ne passi il bussolo.
Passato furno trovati suffraggi, tutti bianchi. Li nominati Cassieri furno ap-
provati, viva voce, e resa la solita grazia si terminò il Capitolo. Pnti a d.o Capi-
tolo.
Sig.ri Arcip.e e Can.ci
Il Sig. Arcip.e D. Bened.o Speranza
Il Sig. Can.co D. Graziano Onofri
Il Sig. Can.co D. Girolamo Tufi
Il Sig. Can.co D. Filippo Iannotti
Il Sig.r Can.co D. Matteo Cenci
Il Sig.r Can.co D. Nicola Santucci
Il Sig.r Can.co D. Ignazio Petrucci
Il Sig.r Can.co D. Odoardo Tufi Proseg.o
Il Sig.r Can.co D. Lorenzo Cavicchioni
Il Sig.r Can.co D. Gio. Dom.co Forlani
Il Sig.r Can.co D. Giovanni Petrucci
Sig.ri Beneficiati
Il Sig.r D. Fran.co Galeotti
Il Sig.r D. Ant.o Cristallini
Il Sig.r D. Giuseppe Scagliosi
Il Sig.r D. Terenziano Cherubini Odoardo Can.o Tufi Pro Seg.o
Documenti 189

Doc. IV
25
ASPC, Carteggio unione capitoli
Il clero di Santa Maria solleva eccezioni alla primazialità della chiesa di
San Giovanni. Minuta di lettera senza data.

f. 1

Illmo Signore

Sebbene nella pma risposta da noi data siasi sufficientemente dimostrato la vana ed
insussistente pretensione della Chiesa di S. Giovanni di Maternità e Maturità so-
pra la nostra di Santa Maria, perché nata quella posteriormente, e che anzi la no-
stra ritenga tutti quei requisiti ricercati per una vera Collegiata; Contuttociò se
da quella anno ben compreso che l’Idea de’ Beneficiati non è stata di presumerla
tale intendendo benissimo che al solo Pontefice è riservato il decorare una Chie-
sa col titolo di Collegiata, bensì l’anno creduta e con stabil e raguardevole fon-
dameto la tengono e la chiamano Chiesa Collegiale Pma Chiesa Parrochiale eret-
ta in Capranica co’ suoi Coadiutori, Chiesa, che non riconosce superiorità, e di-
pendenza, senon dal proprio Vescovo. Chiesa eguale negli onori, e nei pesi
all’altra di S. Giovanni, ed inferiore di dignità per esser stata esaltata e decorata
col titolo di Collegiata. Speriamo di non stancarla colla semplice lettura mà di-
mostrarlo con brevità e con chiarezza.
Che la nostra Chiesa di S. Maria sia stata eretta dopo le due vetustissime Chiese della
Vergine delle Grazie e di S. Pietro, e quella consagrata, e restata alla nostra Filia-
le, niuno ne’ ha dubitato, e posto in questione. Il solo Sig.r Canonico Scrittore si
è reso singolare, ed affaticato con una bella frondata, erudita, eloquente, e mai
intesa descrizione, con ingegnosa si ma eronea interpretazione; ma la constante
tradizione gli dice il contrario, la Costruzione delle Fabriche, e Sito glie lo dimo-
stra, e tutti i monumenti antichi, e moderni lo comprovano, dicendosi da tutti
presentemente Castel Vecchio, o Castel Vecchio di Maria, Castel nuovo, Gio-
vanni Som.o 2°. 1:
Comprova d’antichità della Chiesa la di lei medesima Consagrazione e giova ripeterla,
seguita l’anno 1103, come dal proprio origi| f. 2 | nale, e traduzione fattane dal-
la bo:26 me:27 di Ale[ss] Cerrini, Cancelliere dell’una, e l’altra diocesi, non da po-
co tempo, ma dall’anno 1669, che si da’ sub manicha S.S Illma e già riportata
nella Storia della Seconda Sagra Visita fatta dall’odierno Monsignor nostro Ve-
scovo, acciò ne comprenda la Critica arbitraria, e spiritosa del sudetto lodato
Sig.r Can.co Scrittore.
Le tre stanze annesse alla Chiesa, e che avevano l’ingresso entro la med.ma una per il
Rettore, le altre due per i Coadiutori, le quali ruinorno ne’ mesi passati, e resta-

25
minuta di lettera su carta, 18,5 x 26,3; lettera su 2 fogli 37 x 26,3 piegati a
metà; 8 facciate di cui 5 scritte con margine sx 5 cm; dx 0.
26
bona
27
memoria
190 Dio fa casa con l’uomo

tane l’effigie delle sole porte, chiaramente ci dicono, che in tempo di Pasquale
Secondo eravi il Clero in Santa Maria, ne può dirsi fabricate posteriormente,
poiché l’ingresso per quella del Rettore era nella metà dell’antico muro alla de-
stra, come ocularmente si conosce e per le altre due in un angolo nel fine del
muro di d.a Chiesa. Sicché quell’assaluta oibò sembra non abbia luogo.
L’onestà del contrario Scrittore e del Capô28 Capitolare di S. Giovanni ci rende per-
suasissimi a non dubitare che porranno in questione, che la nostra Chiesa tutti
quei medesimi onori, e pesi, che decorosamente gode et adempie la Collegiata,
come è stato dimostrato dell’antecedente risposta ed in caso contrario co’ do-
cumenti alla mano si confermaranno, sicché la Collegiata della Nra Chiesa non
può impugnarsi, così chiamata da propri Vescovi Som.o 1°. 2:
Gli atti di sobordinazione che dice il Sig.r Can.co prestarsi dal Clero di S. Maria alla
Collegiata non sono di tanto peso quanto si è figurato poiché posti in esatta bi-
lancia li trovarono nella sua uguaglianza.
Nel terzo giorno della Rogazione il Sig.r Arciprete porge la consueta Benedizione =
E disposizione del Cerimoniale, che la persona di grado maggiore sia la Benedi-
zione. | f. 3 | Tutte le processioni Solenni = In S. Maria il Clero di S. Giovanni
va a principiare la Solenne Processione del Salvatore la sera dei 14 Agosto, e
nell’altra Solenne, e Popolare dei 129 ed otto di Settembre fa’ lo stesso.
1. Il Clero di S. Maria = Il Clero di S. Giovanni lo restituisce a S. Maria all’Ore 21.
Il giorno della Festa, e tutto l’anno si conserva in essa.
2. Il pmo Suono = Si dice lo disponga il Cerimoniale come decorata di Collegiata.
3. In S. Giovanni la chiara mem. di Monsig.r Silvestri con decreto in Sagra Visita
esenti il Clero di S. Maria da non prestar l’ubidienza nella lor Chiesa.
4. La sede de’ publici Rappresentanti = In S. Maria per essere angusta non vi è sito
da porla;
5. Le acque Battesimali = E’ verissimo.
6. Dal Sig.r Arciprete = Il Clero di S. Maria per semplice convenienza perché invi-
tato, e intervenuto ai Capitoli per commune interesse;
7. La Ven. Compagnia = Il medesimo officio l’adempia in Santa Maria l’altra del
Protettore.
Ecco l’elenco glorioso, tanto pomposamente portato in trionfo da un semplice venti-
cello svanito.
Prudentemente deve ognuno persuadersi, che il Sig.r Can.co estensore inavedutamen-
te abbia dato in Sommario il Cantante (così lo chiama), Istrumento di concordia
fra’ l’uno e l’altro Clero, stipolato l’anno – 1592. poiché se maturato lo avesse
con scrupolosa riflessione il certo non l’averebbe posto per fondamento della
Maturità di San Giovanni; essendo pur troppo a sua notizia la Teorica legale,
che quando ad un concordato per solenne, che sia, opporre gli si possa
l’inosservanza per una Centenaria, questa lo prevale, le prescrive, e lo dichiara |
f. 4 | come fatto non fosse, o in tutto, o in parte. Avrebbe anche compreso la
necessità di Spolverare qualche altro protocollo per rinvenire la ratifica promes-
sa a Nome del (…) de Martinis. Condizioni necessarie per la sussistenza, e vali-

28
Cap[itol]o (?)
29
Non si capisce il numero. Presumiamo 1, festa del patrono San Terenziano
Documenti 191

dità del decantato Istromento, e per maggior chiarezza lo andaremo esaminando


punto per punto.
Nel concordato si dice = Che il Rettore di Santa Maria debba co’ suoi Chierici (,due
erano i Beneficiati Chierici ed uno solo vi intervenne) terminato l’officio nella
sua Chiesa, si dovesse portare a quella di S. Giovanni a celebrare l’uffizi, e le be-
nedizioni. Quantunque le parole ad celebrazione officiorum et Benedictionum30
potrebero essere molto significanti, tuttavia per ora senza inoltrarci in altre
isposizioni, che forse non sarebbero disprezzabili, li ommoniamo Cento e più
anni d’inosservanza, e di contraria consuetudine Som: 1°.3°.
Al secondo Articolo di regolamento per le processioni, con dovere procedere
l’Arciprete alla destra del Rettore, il Can.co del Beneficiato, il pmo coll’Almuzia,
e Cotta, il secondo colla semplice Cotta si porrebbe tra’ il Clero Secolare di Ca-
pranica quel rito pratticato in Roma fra i Domenicani, e Francescani nelle pro-
cessioni dei loro Santi Fondatori. Articolo mai pratticato, ed a non eseguirsi,
quantunque non gli ostasse la medesima consuetudine constantissima Contraria,
Come gli osta, Som.o 1°.4.
L’altre Convenzioni, perché reciproche, sono state abbracciate, ricevute, e si osserva-
no fra ambi le Chiese; non comprese quelle, che sono volontarie, ed ove ricevo-
no li Prebendari, e chi v’interviene un piccolo emolumento, de’ quali anno varia-
to di tempo in tempo, ed ognuna delle Chiese nelle loro Filiali, e giurisdizione. |
f. 5 | La sempre memorabile, chiara memoria di Monsig.r Silvestri fin dall’anno
1746 previdde le vane, ed inutili Scissure che insorte sarebbero fra le due Chiese
di S. Giovanni e di S. Maria di Superiorità di preminenze, e che l’averebbero
portate anche su’ i Tribunali, con provide leggi, nella Sacra visita, inteso l’uno e
l’altro Clero, dichiarò, e definitamente decretò, che il clero di S. Maria non
dovesse essere in veruna maniera sogetto, e dipendente da quello di S.
Giovanni, mà soltanto a lui med.mo, e suoi successori. Ecco le parole = Quod
actus omnes in nullo modo interpretari valeant, et possint, quod sint
prejudiciales Clero, et Ecclesie Se Marie, circa aliquam subiectionem erga
Ecclesiam S. Ioannis, a qua dictum Clerum nullo modo dependere definitive
pronunciavit, sed interpretandum esse subiectum Persone, Dominationis sue
Mme e Rme, et Successorum tantumodo non alias, aliter, nec alio modo31.
Ecco sodisfatto quasi di volo, così ci lusinghiamo alla scrittura data in contrario, fer-
mata la Collegialità della nra Chiesa dimostrata insustente la decantata concordia
nella parte pte, che più interessava la Collegiata, ed autenticata con sentenza de-
finitiva l’indipendenza della Nra Chiesa con sentenza definitiva in ordine, tanto
alla vera collegialità, ed indipendenza della Collegiata.
Che Q32.

30
La sottolineatura è in calce
31
La sottolineatura è in calce
32
Che è quanto
192 Dio fa casa con l’uomo

Doc. V
ASPC, Registro delle bolle, dei rescritti e dei decreti, n. 57
I capitoli della Chiesa Collegiata di San Giovanni e Rettoriale di Santa
Maria, congregati di fronte al vescovo Mons. Camillo de’ Simeoni, prestano i con-
sensi necessari all’unione dei due cleri sotto la Collegiata di San Giovanni – Capra-
nica, 10 luglio 1794 – Verbale Capitolare.
r
| f. 22 |

In Nomine Domini Amen


Ego infrascriptus per praesentes fidem facto, qualiter die 20 Iulii 1794= in generali Capitulo ad
Archipresbitero, et Canonicis insignis Collegiatae Sancti Ioannis Evangelista una cum Recto-
re, et Beneficiatis Ecclesiae Sancta Mariae de Assumpta corum Illustrissimo, et Reverendissi-
mo Do=| f. 22v |mino Camillo de Simeonibus Episcopo Sutrino, et Nepesino abito propo-
situm, et resolutum fuit prout sequitur videlicet.
Oggi, che siamo alli dieci di Luglio 1794 per ordine, e comando dell’Illustrissimo, e
Reverendissimo Monsignor Vescovo alla di lui presenza nella stanza della Villa
Paola in occasione della Sagra Visita si è radunato il Capitolo generale composto
dai Signori Arciprete, e Canonici di San Giovanni, e Signor Rettore, e Beneficia-
ti di Santa Maria al quale sono intervenuti l’infrascritti molto Reverendi Signori
= Arciprete Don Girolamo Palazzi = Canonici Don Filippo Iannotti = Don
Domenico Cocozza = Don Luigi Roncetti = Don Lorenzo Cavicchioni = Don
Vincenzo Cenci = Don Francesco Orsolini = Don Gabriele Palazzi = Don
Francesco Coletta = Don Francesco Porta = Don Giovanni Sutrini = Rettore
Don Vincenzo Clarioni = Beneficiati Don Giuseppe Scagliosi = Don Giuseppe
Mattia Francini = Ed io infrascritto Canonico Segretario.
[Lo … che] sempre attivo dell’Illustrissimo, e Reverendissimo Monsignor Vescovo
Camillo | f. 24r | Simeoni ha fatto congregare le Signorie Loro per attendere
un’attestato sincero dell’amore, che hanno pel culto di Dio, e per la disciplina
della Chiesa, e per l’amore della Patria. L’oggetto della di lui premura è l’unione
dei due Cleri di San Giovanni, e di Santa Maria, e la fabbrica di una nuova Chie-
sa, che non dovrà venire in conseguenza. Ricordandosi egli, che la divisione dei
due Capitoli per lo passato è stata l’occasione di varii disturbi, e di varie inquieti-
tudini, molte delle quali la vanità dell’uguaglianza tutt’ora accesa prevedendo,
che con tal modo sieno per sradicarsi molti mali, e sieno per promuoversi varii
vantaggi, conoscendo, che le attuali circostanze dimostrino l’unione dei due Cle-
ri utile per il Capitolo di San Giovanni, e necessaria per Capitolo di S. Maria, at-
tesa la scarsezza degl’individui seguendo le vestigia di Monsignor Mornati, e
dell’eminentissimo Cardinal Pamfili, quali si presero varie cure pel medesimo
oggetto, ed inerendo ai Sentimenti pubblici, che dimanda tale unione come
mezzo necessario per ottenere la Fabbrica di una nuova Chiesa, perciò per to-
gliere in un colpo solo tanti inconvenienti, e promuovere un’infinità di vantaggi
pro=| f. 24v |pone alle Signorie loro di esaminare, e deliberare l’articolo se
debba supplicarsi la Suprema autorità Pontificia per ottenere la licenza primo
dell’incorporazione del Clero di Santa Maria nel Capitolo dei Signori Canonici, e
Documenti 193

secondo per l’approvazione dei patti, leggi, e condizioni, che si faranno per ren-
dere costante il sistema del Clero, ed illesi e pacifici i diritti generali, ed indivi-
duali di tutti i membri.
Voglia il cielo, che nella discussione di un tal affare non interloquisca il capriccio, e
l’inquieto spirito di partito, la vanità dell’ambizione, e la torbidezza
dell’interesse, e che solo si ascoltino le sagre voci del culto divino, della Disci-
plina Ecclesiastica, dello Spirito di Fratellanza, e dell’amore vero alla Patria. Tut-
to ciò si lusinga ottenere dalle Signorie loro il zelantissimo, e vigilantissimo no-
stro Prelato. Intanto attende i loro sinceri sentimenti intorno all’articolo
dell’unione dei due Cleri, quali sono pregati a manifestare.
Dopo aver Monsignor Vescovo pronunciato un discorso, in cui, espresse i soprascrit-
ti sentimenti, e dopo di aver letta la soprascritta proposta si alzò il Signor Arci-
prete Don Girolamo Palazzi, ed arringando così si spiegò = Le premure, e le ri-
chieste dell’Illustrissimo, e Reverendissimo | f. 25r | Monsignor Vescovo sono
troppo giuste, e degne del suo zelo. Esse hanno la mira di tirar fuori la radice ai
disordini ecclesiastici, ed a promuovere la pace, e la maggiore attività nel Clero,
giacché le forze unite fanno ripromettere un migliore effetto. Esse tendono a
multiplicare il culto, e l’onore di Dio, ed a togliere alla Patria l’incommoda ver-
gogna di non avere una Chiesa decorosa, e capace di raccogliere l’intiera popo-
lazione. L’opporsi a tutti questi primari vantaggi io lo reputo un attentato contro
Dio, e contro gl’uomini. Non dubito che tutti sieno persuasi di tali verità, e che
sieno persuasi dell’utilità, e necessità dell’unione dei due Capitoli, come ne furo-
no persuasi i nostri Antecessori, che fecero la medesima riflessione ai 6 di Ago-
sto 1767 =; ma poi non seppero eseguire. Prego intanto, che si raccolghino i vo-
ti segreti, affinché chi voglia approvare la proposta incorporazione dia il voto
bianco, e chi non voglia approvarla dia il voto nero. Apertosi lo Scrutinio furo-
no trovati tutti i voti bianchi con soddisfazione di Monsignor Vescovo.
Ora sono pregate le Signorie loro a pro=| f. 25v |porre, discutere, e decidere i pri-
marii patti, leggi, e condizioni, che crederanno necessarie, ed opportune per
l’esecuzione, e sistemazione del già risoluto.
Il Signor Canonico Roncetti propone i seguenti articoli = 1° Che il Signor Rettore
della aver la precedenza a tutti gl’altri Canonici nel posto del Coro, ma non già
al Signor Arciprete essendo l’Arcipretura Dignità, e ciò tanto nel presente, quan-
to per tutti i Rettori futuri = Secondo, che i posti, ed i Stalli in Coro dei Signori
Canonici, e dei Presenti Signori Beneficiati sia promiscuamente per ragione di
tempo dell’Ordinazione in Sacris, come che i Signori Benefiziati fossero stati
sempre Canonici; in avvenire poi sia juris ordine servato.
Passatosi per l’una, e l’altra proposta, ed apertosi in seguito lo Scrutinio furono trova-
ti i voti tutti bianchi, onde restarono accettati li due sopradetti patti con appro-
vazione di Monsignor Vescovo.
Dal Signor Canonico Cocozza furono proposti i due seguenti patti cioè = Che
nell’associazione dei Cadaveri ad oggetto di diminuire la spesa agl’Eredi, quale
dovrà crescersi, mul= | f. 26r | tiplicandosi il numero dei Canonici si fissi un
Ebdomada composta di una metà del Capitolo, e così divisa una metà abbia per
capo il Signor Arciprete, e l’altra metà il Signor Rettore, dichiarando per patto, e
condizione espressa, che quella metà di Capitolo ebdomadario dovrà unitamen-
194 Dio fa casa con l’uomo

te al Capo, o Arciprete, o Rettore, che si ha andare liberamente tanto nell’una,


quanto nell’altra Parrocchia, così ché il Morto sarà della Cura di Santa Maria, e
l’Ebdomadario sia il Signor Arciprete a questi appartenga l’associazione, e se ne
astenga il Signor Rettore, e così viceversa = Secondo che nell’andare ad associa-
re un Cadavere tutto il Capitolo appartenga la Stola al Signor Arciprete tanto
nell’una quanto nell’altra parrocchia.
Raccoltisi i voti segreti son soddisfazione di Monsignor Vescovo furono ritrovati tut-
ti bianchi, onde restarono accettati li due sopradetti Articoli.
Si propone in appresso dal Signor Canonico Cavicchioni l’articolo, che segue cioè =
Tutto ciò, che riguarda il punto lucroso, ed oneroso delle due Cure resti separa-
tamente in quel sistema istesso, in cui si è sempre ritrovato; in sequela di tal
massima il Signor | f. 26v | Rettore dovrà secondo il solito celebrare privata-
mente tutte le Messe pro Populo della sua Parrocchia di Santa Maria, ed il Si-
gnor Arciprete, e Canonici, compresivi i Signori Beneficiati dovranno per turno,
escluso però sempre il Signor Rettore celebrare secondo il solito le Messe pro
populo della Parrocchia di San Giovanni, dichiarando, che la spartizione della
Cera sia secondo il costume, cioè una rata resta ai Signori Canonici, due rate al
Signor Arciprete, ed altrettante al Signor Rettore.
I voti tutti bianchi accettarono la proposta con aggradimento di Monsignor Vescovo.
Finalmente il Signor Don Giuseppe Scagliosi propone il seguente economico Artico-
lo = Godono i Signori Beneficiati alcuni Lagati Pii Capitolari con alcuni pesi di
Messe, e non volendosi egliono privare di una tale loro distribuzione, perciò si
accordi durante la loro vita abbiano da percepire privatamente il totale fruttato,
e sodisfarne rispettivamente i pesi con patto per altro, che in caso di vacanza di
alcune degl’Attuali Beneficiati, o Rettorie, quella porzione si debba porre nella
Cassa comune con i Signori | f. 27r | Canonici, e che nelli pesi si sostituisca
quel Canonico, che sarà di turno per dire l’ultima Messa, in appresso si sostitui-
sca il terzo per le suddette porzioni Beneficiali entrino come sopra nella Cassa
Comune fino alla totale distruzzione di un tale inconveniente si costituisca, ed in
appresso il lucro, ed il peso sia comune a tutti i Signori Capitolari Canonici.
Restò approvato un tal patto provisionale con i voti tutti bianchi, e con condiscen-
denza di Monsignor Vescovo.
Si pregano le Signorie loro ad eleggere due Deputati, i quali si dieno il carico di esa-
minare, accordare, e progettare dei punti, e delle leggi, che possino facilitare la
già decisa unione, e procura di sciogliere quei dubbi, ed urti, che potranno acca-
dere dell’accozzamento dei diritti lasciando sempre illesi gl’articoli di sopra ac-
cordati, ed in appresso presentare a Monsignor Vescovo il resultato delle loro
operazioni per ottenere la conferma.
Il Signor Arciprete propose il Signor Canonico Cocozza, ed il Signor Rettore propose
il Signor Don Giuseppe Scagliosi.
Passatosi lo Scrutinio restò apporvato l’elezzione dell’uno e dell’altro con piacere di
Monsignor Vescovo.
| f. 27v | Siccome l’oggetto delle cure dell’Illustrissimo, e Reverendissimo Nostro
Pastore non è solamente il buon sistema del Clero, ma ancora la Fabbrica di una
nuova Chiesa, perciò è necessario eleggere due Deputati, ai quali si dia l’incarico
di formare un piano eseguibile del noto oggetto, ed ai quali si commetta di pre-
Documenti 195

gare questa nostra Communità, affinché anche essa voglia eleggere i suoi Depu-
tati da combinare coi Deputati Ecclesiastici il sopradetto piano. Sono pregati a
nominare i soggetti.
Il Signor Canonico Cocozza propose il Signor Canonico Cavicchioni, ed il Signor
Don Giuseppe Mattia Francini progettò il Signor Don Giuseppe Scagliosi, ed a
pieni voti furono approvati ambedue.
L’Illustrissimo, e Reverendissimo Prelato applaudì all’elezzione di ambedue, ed in
appresso recitato l’Agimus e licenziò i membri tutti del Capitolo generale.

Vincenzo Canonico Scagliosi Segretario.


196 Dio fa casa con l’uomo

Doc. VI
33
ASPC, Carteggio unione capitoli
Il Consiglio della Comunità di Capranica, delibera uno stanziamento a
favore della fabbrica di San Giovanni – Capranica, 9 agosto 1794

| f. 1 |

In Nomine Domini Amen

Fidem facto per intes Ego Notos Sut.s et Illma Communitatis Capranice Secretarius infrascriptus
qualiter in publico Generali Consilio habito sub die Nona Augustii 1794 inter egtera propo-
situm, et resolutum fuit pront infrabidelicet ==
E’ ben noto alle Sig. LL. di qual cattiva costruzzione siano ambedue le nostre Chiese
par rocchiali, che oltre essere incapaci per questa Popolazzione minacciano an-
che Ruina, Sanno anche se quante volte si è pensato alla maniera onde potere
effettuare la Fabrica di una nuova Chiesa a gloria di Dio e bene Spirituale della
Popolazione med.a nell’Anno 1786 con Lettera de’ 23 Settembre a’ preghi di
questa Communità, a Popolo sé […] anche la Sagra Congregazione del | f. 2
|Buon Governo di approvare, che questa Communità somministrasse la Som-
ma di Scudi 1500: per la compra della Chiesa de’ Padri Bernesi abbandonata da
detti Padri per indi permutarla con quella de’ PP. Conventuali, nel cui Sito do-
veva costruirsi la nuova Colleggiata, che poi non ebbe effetto sì per essere ritor-
nati i Padri Osservanti Bernesi ad occupare la loro Chiesa, e Convento, si anche
per per qualche discrepanza insorta frà i due Capitoli di queste Chiese, discre-
panza che ha fatto sempre un’argine all’edificazione di una nuova, e necessaria
Chiesa. Sembra ora, che un tale ostacolo possa essere tolto mercé la vigilanza, e
la premura, che si è data nell’ultima Sagra Visita Mons. Illmo, e | f. 3 | Rmo
Nostro Vescovo, il quale radunati, ed uniti avanti di se ambedue i Capitoli di S.
Gio: e di S. Maria, hà saputo farle comprendere non solo la necessità della loro
unione in un sol Capitolo, ma anche quella della fabrica di una nuova Chiesa in
maniera che di unanime consenso la di loro unione mediante la quale si sarà un
sol Capitolo unito nella Ven. Insigne Chiesa Collegiata di S. Gio. Evangelista, e
siccome una tal unione resta fissata per fase fondamentale di una nuova Chiesa,
così in quella stessa occasione elessero anche due Deputati nelle Persone delli
RR. Sig.ri Canco D. Lorenzo Cavicchioni, e D. Giuseppe Scagliosi, incomben-
sando essi non solo a fare il piano per detta nuova Fabrica, ma ancora | f. 4 | a’
tutto partecipare alle Sig.rie LL. affinché unite le forze del Clero, e de’ Luoghi Pii
della Communità, del Popolo si avesse alla per fine da ottenere l’intento di vede-
re una volta costruita a’ Gloria di Dio la nuova Chiesa tanto necessaria per que-
sta Popolazione: i nominati Sig.ri Deputati Ecclesiastici hanno adempito
all’incombenza datagli con aver partecipato tutto alle Sig.rie LL. mediante un

33
carta, 19 x 26; 8 facciate – foglio da 38 x 26; piegata nel senso longitudi-
nale a 9,5 cm.; l’8a facciata presenta un bollo a secco con stemma cardinalizio e
scritta “ EST IN CANCELLARIA APOSTOLICA ”
Documenti 197

foglio, che si legge, e che in sostanza contiene quanto si propone per sentirne le
di Loro Risoluzioni =
Adunatosi frà Sig.ri Consiglieri su tal particolare lungo, e maturo discorso, finalmente
il Sig.e Cap. Eugenio Forlani uno di essi arringando disse: Esser superfluo il
rammentare qui quanto sia necessaria la Costruzzione di una nuova Chiesa,
giacché | f . 5 | da tutti si sa, e se ne vede ocularmente la necessità: devesi rin-
graziare prima Iddio, e poi la vigilanza, e premura di Monsig.r Illmo Vescovo, e
mediante la quale si è ottenuto l’unione in un sol corpo de’ due Capitoli, unione
che di fa’ sperare sicuramente l’edificazione della nuova Chiesa senza di cui sa-
rebbe quasi impossibile poterla ottenere, conferma si è sperimentato ne’ tempi
passati. Seguita dunque una tal unione, che deve servir di base al presente tratta-
to, sono di parere, che questa nostra Communità debba anch’essa prestarsi per
la somministrazione di qualche annua certa somma da impiegarsi per la bramata
Fabrica, unitamente all’altre annue Somme certe, che si averanno dall’unione
delle Fabriche di | f. 6 | Ambedue le Chiese, e de’ Luoghi Pii, al qual effetto
sono anche di sentimento che si debbano eleggere dal Consiglio due Soggetti, i
quali unitamente alli Deputati Ecclesiastici si prestino per formare un piano so-
do, e stabile per fissare un annuo certo assegnamento da darsi da questa nostra
Communità con l’approvazione de’ superiori per la nuova Fabrica della Chiesa
da prendersi dall’annuali rendite di questa Communità, o’ da qualunque altro
fronte, che crederanno più conveniente alli presenti tempi, e circostanze ed in
Deputati elegersi li Sig.i Cap. Filippo Petrucci, e Pio Porta come Soggetti ben
prattici de’ pubblici interessi, con la Legge però che il piano med.o prima
dell’esecuzione debba proporsi in altro Consiglio | f. 7 | per ottenere
l’approvazione. Si passi pertanto il Bussolo, e chi vorrà approvare un tal Senti-
mento dia il voto bianco favorevole, e chi no’ negro contrario. Distribuiti per-
tanto i voti, e quelli raccolti, furono trovati tutti bianchi favorevoli, onde restò a
pieni voti approvato=

(omissis)34

34
Autentica notarile notar Filippo Petrucci segretario della Comunità di Ca-
pranica.
198 Dio fa casa con l’uomo

Doc. VII
35
ASPC, Carteggio unione capitoli
Mons. Camillo de’ Simeoni, vescovo di Sutri e Nepi, informa il Cardinal
Datario sulla necessità e opportunità di unire i cleri di San Giovanni e di Santa Ma-
ria sotto l’unica Collegiata di San Giovanni – Nepi, 13 agosto 1794 – copia di lette-
ra.

| f. 1 |
Copia

Emo e Illmo Sig. Sig. Cne Col.mo

Sebbene il Popolo di Capranica sia composto di circa 1800 Anime, non ci sono che
due sole Chiese (oltre quella de’ Religiosi Conventuali) e queste amendue mi-
naccianti ruina, ed incapaci di poter contenere il Popolo per la loro angustia;
Queste due Chiese sono officiate da due Capitoli, uno col titolo di Canonici, e
l’altro di Beneficiati con due respettivi Curati. Fin da moltissimi Anni indietro si
pensò alla costruzione d’una nuova Chiesa ovvero all’ampliazione d’una delle
due già esistenti né mai si è fin ora eseguito il pensiero forse p. mancanza de’
mezzi necessari. Nell’Anno 1767 ne fù riassunta l’idea e fù progettato che dai
due Capitoli se ne formasse uno solo facendo convertire li beneficiati in tanti al-
tri Canonici anche perché la Chiesa fosse meglio assistita, e le Sagre Funzioni si
facessero con quel decoro che si conviene. Quindi nell’Anno sudo 1767 ne fù
avanzata Supplica in nome de’ Canonici e Beneficiati e Popolo alla S. Congne
del Concilio, perché si concedessero all’Ordinario le facoltà d’unire le dte due
Chiese ed applicare per la nuova Fabbrica alcune rendite e sopravvanzi de’ Luo-
ghi Pii. la Supplica fù rimessa al vescovo per informazione, ma restò il tutto in
sospeso, e si riassunse nel 1774 in occasione della Visita Aplica fatta dalla ch:
mem: del Card Pamphily, si fecero allora dei piani, e dei scandagli per la spesa
della Fabrica, e mi do’ a credere che retto il Defunto Emo riferisse alla S. Con-
gne de’ Vescovi, ciò non ostante però l’Affare rimase nella meda sospensione di
prima In contingenza della Terza mia Visita Pastorale di do Luogo si sono fatte
| f. 2 | dal Clero e dal Popolo nuove istanze per l’Unione delle due Collegiate in
una sola, e per la Costruzione d’una Chiesa. Il bisogno in oggi è maggiore tanto
per una Nuova Chiesa, o almeno per ridurre una di esse a miglior forma, quanto
anche per l’Unione delle due Collegiate in una sola, e questa da stabilirsi per ora
in36 in San Giovanni, ed in appresso37 quella Chiesa che verrà edificata, e ampliata.
Queste due Chiese oltre la loro strettezza sono in pessimo stato: le Funzioni
non possono farvisi con quel decoro che si richiede p mancanza di Soggetti. La
Chiesa in specie di S. Maria resta officiata dal rettore, e quattro Beneficiati, di

35
carta, 20 x 27; 4 facciate – 40 x 27; piegata nel senso longitudinale a 10
cm. e in senso trasversale in 4 parti
36
Inserito tra le righe fra le parole stabilirsi e in
37
Inserito tra le righe prima della parola quella
Documenti 199

modo che dandosi il caso che il rettore debba occuparsi per la Cura, e qualche
Beneficiato si ritrovi o Infermo, o assente resta la Chiesa officiata da uno o due
con scandalo ed ammirazione del Popolo. Restano vacanti alcuni Benefici, ma
per la tenuità di essi non v’è chi vi aspiri. L’Unione de’ Medesimo non è esegui-
bile essendo tutti di patronato, e spettanti a diversi Patroni. Per evitare dunque
qto disordine, e perché possa poi più facilmente eseguirsi il progetto d’una
Nuova Chiesa necessaria per tutti li riflessi al commodo di quel Popolo, ed al
Culto di Dio d’è implorata intanto la grazia di poter formare dei due Capitoli
uno solo, officiando tutti in una meda Chiesa. Ridonda ciò in onore e gloria di
Dio, perché le SS. Funzioni si faranno colla dovuta decenza e Maestà. Non v’è
pregiudizio d’alcuno, poiché le collazioni rimangono nel loro stato primievo, e
meramente si cambierà il nome di beneficiato in quello di Canonico facendosi la
sola incorporazione dei Membri dell’una e dell’altra Chiesa senza toccare le Pre-
bende, che avranno a restare come sono attualmente. Ecco qual è da tutti li suoi
estremi l’oggetto della Supplica unimiata all’E.V. in | f. 3 | nome del Clero Se-
colare e del Popolo di Capranica, ed ecco il dettaglio de’ fatti che opportuna-
mente ad […] o creduto di farle. Dall’epoca istessa in cui fu’ incominciato a
pensare alla costruzzione d’una nuova Chiesa, e dalle consecutive premure che
ne portarono il Defonto Vescovo Mornati, e il Visitatore Apostolico si ha
l’argomento del positivo bisgono in cui se n’è sempre conosciuto quel Popolo e
questo bisogno è passato cogl’anni al grado di vera necessità. Intanto frà le
Buone Misure conducenti al fine bramato, e frà li migliori temperamenti, onde
riparare li disordini, e rendere più decorosamente servita la Chiesa di Dio deve
considerarsi l’Unione indicata. Questa è quella che implorasi ad mezzo di V. E.
dalla Stà di Nro Sigre, e per questa unisco alla Suppliche del Clero e Popolo di
Capranica anco le mie. E siccome dell’esecuzione di qta Unione potranno na-
scere delle difficoltà e sul diritto, e sull’interesse specialmente nelle respettive
Masse Capitolari non che nel carico di servire a quella Chiesa che resterà priva
d’Officiatura, così sarebbe necessario che si accordassero all’Ordinario le facoltà
di poter comporre, e stabilire ciò, che crederà più espediente per il Servizio di
Dio, e della Chiesa obbligando il Curato di quella, che come si disse resterà pri-
va da Officiatura, a continuarvi l’Amministrazione de’ Sagramenti, almeno fino a
tanto che non sia fabbricata una nuova Chiesa che fosse commoda al Popolo
dell’una e dell’altra Cura. Tanto debbo umiliare col ritorno dei fogli all’E.V.
nell’atto che pieno di profondissima venerazione bacio la S. Porpora
Dell’E.V.
Nepi 13 Agosto 1794

Umilisso Devotisso ed Obbmo Servitore


Camillo Vesc:o di Sutri e Nepi
200 Dio fa casa con l’uomo

Doc. VIII
38
ASPC, Carteggio unione capitoli
Osservazioni al modo di procedere per l’ottenimento della bolla d’unione
dei due cleri di San Giovanni e Santa Maria, avanzate dall’incaricato presso la Da-
taria, Abate Odoacre Landuzzi – lettera non datata – settembre 1794.

Fuori

|f. 8|

Eccezzioni alla Grazia della


Unione fatte dall’Uffiziale39
Di Dataria
7bre 1794

Dentro

|ff. 1-2|: bianchi

|f. 3|

Prima che la Supplica in nome del Clero Secolare della Terra di Capranica Dio.i di
Sutri venga riferita dall’Emo Pro = Dat:o al S. Padre si fa un dovere lo spedizio-
niere incaricato di rilevare alcune difficoltà che possono rendere difficile il Con-
seguimento della Grazia, ed impossibile l’esecuzione della med.a p. parte del
Clero Postulante.
Non può negarsi che la Chiesa di S. Gio: Evangelista sia Collegiata composta d’un
Arciprete e 13 Canonici; all’incontro l’altra di S. Maria è Chiesa Parrocchiale ed
ufficiata Collegialiter dalli sette Beneficiati in essa eretti; ma non puol dirsi Col-
legiata: l’unione delli due Cleri farà un ottimo espediente ma il voler confondere
li Beneficiati di S. Maria con li Canonici di S. Giovanni è lo stesso che dire voler
erigere sette tenui Benefici insufficienti ad congruam in Canonicati; qta sola e-
spressione di erezzione di Benefici in Canonicati portarebbe una spesa enorme
p. la spedizione delle Bolle d’Unione ed Erezione; ed in tal | f. 4 | caso lo stesso
Spedizioniere non può a meno di suggerire al Clero sud.o che sarebbe assai me-
glio impiegar qto denaro nell’Edificio della nuova Collegiata.
Il progetto combinato anco con l’Ufficiale di Dataria farebbe di domandare l’Unione
dellei due Capitoli nella Chiesa Collegiata di S. Giovanni lasciando li Canonici e
l’Arciprete dalla med.a nel loro primiero Stallo e li Beneficiati di S. Giovanni in
Stallo separato sando a questi il diritto d’ottare alli Canonicati a misura della loro

38
carta, 19,5 x 27; lettera su 2 fogli 39 x 27 piegati a metà; 8 facciate di cui
5 scritte a metà in senso longitudinale; piegata in senso longitudinale a 9,75 cm. e
in senso trasversale in 4 parti.
39
La calligrafia è certamente dell’Abate Landuzzi.
Documenti 201

anzianità nel Sacerdozio; il rettore poi di S. Maria potrebbe erigersi in Seconda


Dignità cioè Arcidiaconato con il peso della Cura dell’Anime che già aveva qual
rettore di S. Maria è necessario però sapere quale sia la vendita certa della sua
Rettoria e quali gl’incerti della Stola (mentre se qti fossero assai tenui non sareb-
be si facile ottenere l’erezione della Rettoria in Dignità). | f. 5 | Inoltre convien
esprimer la rendita precisa tanto dell’Arcipretura quanto delli 13 Canonicati di S.
Giovanni, e così pure delli Benefici di S. Maria, li nomi de’ possessori il quanti-
tativo de’ Pesi di Messe che ciascuno di ddi beneficiati soa annesso al suo Bene-
ficio, specificare quelli che sono di Patronato Laico, e quelli che sono di Libera
Collazione, e rispetto alli Benefici Vacanti, e che non vengono cercati d’alcuno
p. esser insufficienti ad congruam, si deve cercare ogni mezzo perché li patroni
acconsentano alla Soprressione de’ Medesimi e con le rendite di qti o si eigga un
Canonicato di Patronato nelle stesse famiglie, ovvero si applichino per la fabrica
della nuova Collegiata.
Monsig.r Vescovo nella sua Informazione p. quanto si mostri impegnato nell’assunto
Piano pure non lascia di porre in vista al Card.e Pro=Dat:o che fina dal 1767 fù
avanzata istanza alla S. Congne del Concilio e quantunque si facessero de’ piani
per | f. 6 | la fabbrica della nuova Chiesa, per l’Unione de’ due Cleri [così ] pure
l’Affare rimase poi sospeso [così ] egli domanda la facoltà di comporr e stabilire
quello crederà espediente nell’Unione sud.a, ma nulla dice circa il mezzo che si
propone p. venir subito all’effettuazione del progetto di D.a Fabbrica e con la
creazione d’un Censo sopra le Masse Capitolari, se la Comunità si obblighi a pa-
gar una data somma … cosa ch’era troppo necessaria per far veder al S. Padre
che le cose sono già stabilite. E siccome tanto dallo Spedizioniere che dal Sig.r
Uffic:e si è preveduto che facendosi dell’istanza avanzata la relazione al S. Padre
anco con il voto favorevole di Monsig.r Vescovo non si otterrebbe l’intento, ed
ottenendosi non sarebbe eseguibile perciò si è pensato di far sospendere tale re-
lazione e di porre in vista al Rmo Clero di Capranica quello che potrebbe esser
combinabile p. tutto li titoli, ed avutisi | f. 7 | gl’opportuni riscontri e schiari-
menti si farà un dovere lo spedizioniere Scrivente avanzar alla riapertura de’
Tribunali in Novembre nuova Istanza al S. Padre; prevenendoli che il tutto deve
costà sistemarsi p. Atto Capitolare affinché non vi nascano etichette e non vi
siano de’ malcontenti.
Ch’è quanto.
202 Dio fa casa con l’uomo

Doc. IX
40
ASPC, Carteggio unione capitoli
Memoria dei deputati preposti a comporre il dissenso tra il Capitolo di San
Giovanni e il beneficiato di Santa Maria, Don Giuseppe Mattia Francini, che aveva
avanzato protesta contro l’unione dei cleri – documento non datato.

| f. 1 |

Che nel Generale Capitolo tenuto avanti Mons.r Illmo, e Rmo Vescovo li 10: Luglio
1794. in occasione della Sagra Visita, nel quale fù risoluta, ed accettata l’Unione
del Ven: Capitolo di S. Maria a quello di S. Giovanni, ed al quale intervenne e fù
presente il Rev. Sig.r D. Giuseppe Mattia Francini Avv.rio41 fù anche a pieni voti
risoluto = Che il Sig.r Rettore di S. Maria dovrà secondo il solito celebrare priva-
tivamente tutte le Messe pro Popolo della Sua Parrocchia, ed i Sig.ri Arciprete,
e Canonici compresivi i Sig.ri Benefiziati42 dovranno p. turno, escluso però sem-
pre il Sig.r Rettore, celebrare secondo il solito le Messe pro Populo della Parr.a di
S. Giovanni = E similmente a pieni voti fù risoluto = che godendo i Sig.ri Bene-
fiziati alcuni | f. 2 | Legati Pii particolari con alcuni pesi di messe, e non volen-
dosi eglino privare di tale loro distribuzione, perciò si accordi, che, durante la lo-
ro vita43, abbiano da percepire privativamente il totale fruttato e sodisfarne re-
spettivamente i pesi e con i patti diffusamente espressi in detto Generale
Capitolo. La di cui copia publica resta negli atti prodotta. Di più lo stesso Sig.r
D. Giuseppe Mattia Francini come Possessore che i dae Beneficii
temporaneamente uniti, inerendo alii Consensi di già prestati da Patroni di detti
Beneficii44 sotto li 26: Agosto 1795: prestò ogni suo necessario, ed opportuno
consenso, affinché soppresse a dette sue Prebende il titolo di beneficio
venghino le med.e erette in Canonicati da unirsi cogli altri Canonici di questa
Ven. Insigne Chiesa Collegiata di S. Giovanni Evangelista in tutto, e p. tutto a
seconda del consenso di già p. detta Unione Capitolarmente prestato45. P. tutto
ciò dunque premesso non sanno i Deputati Comparenti Capire da qual Spirito
sia stato mosso il Sig.r D. Giuseppe Mattia Francini a fare la protesta, la quale di
altro non tratta che di cose di già risolute, e da esso stesso solennemente46 | f. 3
| mente accettate. Se una tal protesta non si volesse attribuire ad una
dimenticanza nel S.r Francini di quanto aveva egli fatto, e fatto, dovrebbe
attribuirsi ad un’invasione di Spirito Maligno tendendo a frastornare un opera
40
carta, 19 x 25,2; lettera su 1 foglio 38 x 25,2 piegato a metà; 4 facciate di
cui 3 scritte a metà in senso longitudinale
41
Molto probabilmente: Avversario
42
La sottolineatura è in calce
43
La sottolineatura è in calce
44
La sottolineatura è in calce
45
La sottolineatura è in calce
46
al lato esterno della facciata 2, in corrispondenza della riga “totalmente
e a
prestato” si legge: P. conf. di legge nel di lui consenso la di cui Copia pub. negli
atti letta prodotta, ed estratta dagli originali documenti prodotti in Roma nell’officio
del notariato della Cancellaria Apostolica
Documenti 203

tendendo a frastornare un opera così buona, pia, e che tutta risguarda la47 mag-
gior Gloria di Dio, e quando mai ciò fosse, il che non si dovrà mai credere
ammetta il S.r Francini, che opponendosi all’esecuzione delle Bolle Apostoliche
spedite , ed ottenute anche in forza de’ consensi dal med.o prestati, và incontro
all’Ecclesiastiche censure, ed all’indignazione di Dio, e de’ SS. Apostoli Pietro e
Paolo nella med.a Bolla minacciata sollo le parole nulliergo Hominum liceat48.
In vista p. tanto che consensi prestati dallo stesso Protestante Franceini essendo
del tutto nulla ed insussistente la di lui protesta si fa istanza a sua Sig.ria Illma p.
chè quella venga rigettata, e non possa ulteriormente impedire la piena esecu-
zione delle Apostoliche Bolle (…)

47
Corsivo nostro. le parole in corsivo sostituiscono le originali parole, can-
cellate con riga in calce, tendente alla
48
La sottolineatura è in calce
204 Dio fa casa con l’uomo

Doc. X
ASPC, San Giovanni. Lavori alla chiesa
Relazione ai Deputati per la nuova fabbrica, presentata dall’Arch. Giu-
seppe Barbieri – 29 marzo 1796.

Perizia della Fabrica


della Chiesa
Marzo 1796

Diversi sono stati i pareri sopra alla Riedificazione della Chiesa Collegiata della Terra
di Capranica dall’anno 1758 a questa parte, ed ora che si ritornano a rinovare
i progetti: su di Essa ha voluto l’Illmo Sig.r March.e Accoramboni con i Dpu-
tati unito di d.a Chiesa, che io sottoscritto Architetto ne prendessi l’impegno di
esaminare Essi Progetti su Luogo med.o, e dicesi ciò che per la verità credo.
Per adempire a quanto mi è stato richiesto mi portai sotto li 22 Marzo in d.a Terra,
ove in compagnia dell’Illmi Sig.ri Deputati, quali sono li Sig.ri D. Lorenzo
Can.co Cavicchioni, D. Giuseppe Scagliosi, Filippo Petrucci, Pio Porta, mi
portorno immediatam.te al sito destinato per la nuova Riedificazione della
Chiesa sud.a ove diversi sentimenti, e pareri furono enunciati da Essi Sig.ri
Deputati. Quello peraltro, che più mi piacque fu l’opinione fissata di gettare a
terra qualunque progetto per abbracciare il più valevole, quale è quello della
discreta Economia per cui viddero Essi med.i che niuno di Essi progetti po-
tevano assolutam.te servire all’impegno da Essi determinato. In prova del ve-
ridico zelo, e del progetto sud.o mi mostrorno un Disegno fatto dal fu Archi-
tetto Fabrizi; che per dire il vero poco mi prestai ad esaminarlo, perché a
colpo di vista mostrava esser privo di quello, che da Essi Deputati si richiede
oltre l’essere di quello stile (che a giorni nostri vediamo) vale a dire privo dei
veri, e buoni principi, e privo di quella semplicità, che richiede il senso com-
mune, e la buona maniera di fabricare, oltre la spesa di Scudi 30/m49. che oc-
correvano per la sua esecuzione, di cui ne convennero anche li Deputati
med.i ed allora si diedero in braccio a quanto io proposi.
Il sito dunque dove vogliono fare la Chiesa unisce a quella che che || presentemente
esiste, ed il Campanile che resta isolato dalla d.a Chiesa, ed intesta al sito de-
stinato. Volendo andare avanti a passi certi, credetti cosa dovuta di esaminare
la quantità della Popolazione, che servir deve la nuova Chiesa, la quale mi fu
data in num.o di 2/m50. dai Deputati sud.i, e con questa traccia determinai il
calcolo certo dell’aera occorrente per d.a Popolazione, e dopo ciò presi di vi-
sta immediatam.te il progetto dell’Economia tanto raccomandata, proposta, e
fissata da Essi Sig.ri Deputati. Volendo servire la verità dell’Economia giusta
che si richiese, niuno potrà negare, che non deve lasciarsi esclusa la Chiesa,
ed il Campanile che esiste, perché la Chiesa ha tutta la parte inferiore sotto la

49
30.000
50
2.000
Documenti 205

medesima, la quale serve ad uso di Oratorio, in ottimo stato, e la parte supe-


riore, ch’è la Chiesa stessa può servire in parte alla nuova Chiesa, ed il resto
ad uso di Sagristia, Coro d’inverno, ed abitazione per il Curato. Il Campanile
farebbe una accusa a qualunque grande Architetto sene penzasse la perdita
del med.o colla sua demolizione, perché è d’una elevazione, che corrisponde
al proprio uso, come di stile gotico, ognun vede quanto vanta la sua antichità,
ed è in istato di non cedere alle nuove forze delle fabricazioni, che si dovran-
no collocare ad esso vicino. Onde dalli tre punti fissi dee partir l’idea della
nuova Chiesa, quali sono l’area sufficiente alle 2/m. Persone, servirsi della
Chiesa ch’esiste e non escludere il Campanile dal servizio per la nuova Chiesa
da costruirsi. Per adempir dunque agli oblighi di sopra propostomi nel sito
che siegue dovrà collocarsi la nuova Chiesa la quale sarà composta nell’area
sufficiente alla Popolazione con num.o 6 altari oltre l’ara massima, coro, bat-
tisterio, e tutti ||e tutt’altro che per l’uso di se stesso vi richiede, non escluso
il proseguimento dell’Oratorio, che per natura del sito istesso deve venire
sotto la Chiesa med.a Fatto tutto questo il sito che per essa fabrica è assegna-
to resta anche maggiore, e per conseguenza formarà una piccola piazza, la
quale verrà ingrandita coll’acquisto d’un Granaro spettante alla famiglia Pe-
trucci.
Tutto ciò che di sopra resta deciso non amette dubio, che serve alla volontà Econo-
mica di Essi Deputati, ed infatti fatto il calcolo della spesa occorrente, senza
dubio alcuno non deve passare li Scudi 12/m. in prova del vero non averò io
med.o difficoltà di antistare alla somma fissata. Tanto è quanto devo attesta-
re, e confermare secondo la mia perizia pratica, e coscienza.
In fede p. questo dì 29 Marzo 1796

Giuseppe Barberi
206 Dio fa casa con l’uomo

Doc. 11
ASPC, San Giovanni. Lavori alla chiesa
Istanza presso la Sacra Congregazione dei Vescovi, e Regolari, presen-
tata dal Capitolo di San Giovanni per ottenere la sospensione della Chiesa di San
Giovanni a causa di rischio statico e la facoltà di officiare altra chiesa – Lettera sen-
za data, con rescritto in calce del Card. Tidei.

Emi, e Rmi Sig.ri


L’Arciprete, e Canonici dell’Insigne Collegiata di S. Giovanni di Capranica, Diocesi di
Sutri, Ori51 umi52 dell’EE.VV. devotamente espongono, come la di Loro
Chiesa ritrovasi in tale pessimo Stato, che non solo nella Mura Laterali com-
poste di Materiali di cattiva qualità, vi sono delle aperture, ma restan ancora
fuori di piombo, che secondo il Giudizio dei perito si rende necessaria la
demolizione, tanto più che li Fondamenti pure restano in più punti rilasciati,
e sono poco sufficienti a sostanere il fabricato. Il Pavimento poi di detta
Chiesa, ripieno di moltissimi Vani di Sepolture, ancor questo non solo è mal
sicuro, ma ha di già principiato a ruvinare; giacché non ha molto, che si sfon-
dò una partita di volta della longhezza di Palmi 20. e 25. di Larghezza, e si
portà appresso la Mensa di un Altare Laterale con suoi Ornamenti, come il
tutto rilevasi dalla Copia di Perizia di due Capi Mastri Muratori, che si umilia
all’EE.VV.; p. il qual motivo molti dei Canonici malvolentieri vanno ad uffi-
ciare in detta Chiesa, ed il Popolo si astiene di andare alle Sagre Funzioni. In
vista di ciò gli Ori supplicano l’EE.VV. a degnarsi sospendere detta Chiesa, e
concedere insieme le Facoltà necessarie, ed opportune a Monsig.r Vescovo di
Sutri, affinché ne destini altra agli Suppliccanti, ove possano ufficiare, e sod-
disfare insieme gli Oblighi addetti alla sud.a Chiesa Collegiata. Che q53.
Die 16 Xbris 1797.
Sacra Congregatio Emorum S.R.C. Cardinalium Concilii Tridentini Interpretum, attenta Relatio-
ne Episcopi Sutrini, benigne commisit eidem, ut, veris existentibus narratis, pro suo arbi-
trio, et conscientia Oratoribus gratis indulgeat, juxta petita per triennium tantum, sitandiu
exposita Fabricae causa perduraverit et in Ecclesia ad Episcopo designanda, et praesertim
Patruum Ordinis Minorum Conventualium, accedente famen eorumdem consensu capitula-
riter prestando
D: Card.is Tidei
Gratis et. Q. seram
P.A. Alberici

51
Oratori
52
umilissimi
53
Che quanto, formula con cui normalmente si chiedevano i documenti di
supplica
Documenti 207

Doc. XII
ASPC, San Giovanni. Lavori alla chiesa
Perizia dei capi mastri muratori Giacinto Larabelli e Stefano Bisconti, di
Sutri, sulle pericolose condizioni statiche della chiesa di San Giovanni – Sutri, 8 a-
gosto 1797.

f. 1

Perizia allegata alla Supplica alla Sagra Cong.ne de’ Vescovi, e Regolari.

Perizia della ruina accaduta,


e prossima ad accadere
della Chiesa
Agosto 1797

Essendo stati Noi infrascritti Capi Mastri Muratori incaricati dal Reverendissimo Capi-
tolo p. descrivere lo Stato della Fabrica, in cui si ritrova presentemente la V54.
Chiesa Collegiata di S. Giovanni nella Città di Capranica, il dì 5 del corr.e55 ci
siamo portati a tal’effetto in d.a Città, e con l’intervento delli R.mi S.ri Arci-
prete, ed altri Canonici abbiamo avuto motivo in primo luogo rilevare il vano
della Chiesa, che è di una lunghezza di palmi Novantadue, e di una larghezza
di palmi Cinquantotto. Visitato poi, ed esaminato con ogni diligenza il muro
di tufo, che gli forma telaro attorno, ed altri due muri intermedi composti
con quattro archi a’ tutto sesto centinati, e due archi acuti, che reggono
l’Armatura del Tetto. Ritroviamo nel muro vecchio laterale del telaro dalla
parte verso la Sagrestia, e Campanile una parte di muro in longhezza di palmi
Sessantasei, alto dal piano della Chiesa fino alla gronda del tetto palmi Qua-
ranta, formato con Materiali di cattiva qualità, e di una grossezza molto tenue
di palmi due, e un quarto inteso in più parti, ed aperto con molte Crepacce di
qualche considerazione, anzi per la Longhezza di palmi Trentatrè è fuori di
piombo verso il vano della sud.a Chiesa circa tre quarti di palmo, che secon-
do il nostro debole Sentimento, acciò non possa accadere qualche danno no-
tabile, lo stimiamo da’ dimolirsi. | f. 2 | Il muro di Tufo poi, che gli fa’ offi-
cio di fondamento alla descritta partita, e resta nel Sotterraneo in altezza di
palmi Ventiquattro circa p. quanto si è potuto visitare, richiede parimente di
esser dimolito, ritrovandosi in più parti gravido, e rilasciato di una grossezza
composto poco sufficiente p. il muro descritto, che gli pianta sopra, che se
non avesse avuto due traversali di muro, che lo tengono a’ freno, certamente
sarebbe da’ qualche tempo caduto. L’altro muro laterale del telaro verso la
Casa delli SS.ri Nardini p. la Longhezza di palmi Trentacinque, e p. l’Altezza
di palmi quaranta lo ritroviamo nel med.o Stato, e in tutto simile alla soprad.a
partita descritta. Il rimanente poi del sopradetto telaro, e muri intermedi di

54
Venerabile
55
Il giorno 5 del corrente mese di agosto (1797)
208 Dio fa casa con l’uomo

d.a Chiesa sono tutti muri vecchi di Tufo composti, e lavorati con Materiali
cattivi, rilevando in essi molti distaccamenti nell’Angoli, e crepacce tanto
nell’Archi acuti, e centinati, e nelli vani delle finestre. Sicché li consideriamo
p. muri poco stabili, tanto più che sono costruiti di una grossezza miserabile.
Nel pavimento della sopranominata Chiesa vi sono moltissimi vani di Sepol-
ture, non abbiamo potuto rilevare in che Stato si ritrovano li muri, e volte
delle med.e possiamo bensì asserire, che circa Venti giorni cascò una partita
di volta in d.o pavimento, portandosi appresso la mensa | f. 3 | di un altare
laterale con due Colonne di legname, e suo ornamento.
Visitati li muri da un Maestro Muratore di d.a Città giudicò, che non fossero sufficienti
li Muri a’ sostenere la nuova Volta, stimo bene p. ora di formarci un Solaro
rustico p. la Longhezza di palmi Venti, e larghezza di palmi quindici. Final-
mente rileviamo nel sito dell’Altare Maggiore, e Coro della longhezza di pal-
mi Cinquant’otto, e larghezza di palmi Venticinque circa. Il pavimento è
composto di un Solaro rustico con mattonato sopra, che copre il vano
dell’Oratorio Sotterraneo. Sopra a’ d.o Solaro resta piantata la mensa
dell’Altare Maggiore di Muro con due Colonne, ed altro ornamento di le-
gname, con il tempo inavvenire p. mancanza di qualche testa di legno, che
potrà marcire, portarà la rovina di tutto l’Altare descritto.
Che p. esser tutto la pura verità, ne abbiamo formato la presente descrizione secondo
la nostra prattica, e Coscienza.
F. Sutri questo dì 8 Agosto 1797

Giacinto Larabelli Pub.o Capo Mastro Muratore


Stefano Bisconti Capo Mastro Muratore.

E per mercede scudi 2.50


Documenti 209

Doc. XIII
ASPC, Registro delle bolle, dei rescritti e dei decreti, n. 57,
v r
ff. 65 – 85
Lettera apostolica “Assumptum a nobis”
Pio VII concede la soppressione dei benefici esistenti presso la Chiesa di
Santa Maria e la loro erezione in canonicati presso la Collegiata di San Giovanni,
acconsente all’unione dei capitoli di San Giovanni e di Santa Maria sotto la Colle-
giata di San Giovanni Ev, definisce l’ordine di seduta dei canonici negli stalli del co-
56
ro da osservare da tutto il clero – Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore, 27 mar-
zo 1800.

Pius Episcopus Servus Servorum


Dei Venerabili Fratri Episcopo Sutrino
Salutem, et Apostolicam Benedictionem.

Assumptum a nobis super imperscrutabilis Dei judicio licet meritis imparibus Summi
Apostolatus Officium exigit, ut universam Apostolici Ministeri curam,
praecipuamque sollecitudinem ad cingendium Divinum cultum, et Ecclesia-
rum decorem his a praesertim temporibus, (…)

(omissis)

Datum Venetiis ex Monastero Sancti Giorgi Majoris Anno Incarnationis Domini Mil-
lesimo Octingentesimo Quinto Kalendas Aprilis Pontificatus Nostri Anno I = Loco
= X = Plumbi =

56
L’ordine da osservare era il seguente: primo l’Arciprete, secondo il Retto-
r
re, terzi tutti gli altri canonici per ordine di anzianità (f. 76 ).
210 Dio fa casa con l’uomo

Doc. XIV
57
ASPC, Carteggio unione capitoli
L’agente in Dataria, Pietro Pasini, comunica al segretario capitolare, Don
Vincenzo Scagliosi, che la Bolla per l’unione dei capitoli è firmata dal Papa – Roma,
27 settembre 1800.

Recto

A. C.58
Roma 27. 7mbre 1800

Ieri l’altro venne segnata da Sua Santà la Supplica della nra Unione. Presen-
tem.e gira dai Revisori; fa gli altri soliti giri dagli Ufficiali di Dataria. La Bolla è già
scritta, e nella Cancellaria di venerdì 3 e di martedì 7 del prossimo Ottobre verrà sen-
za meno spedita in Cancellaria, ed il dì 8. sarà il tutto ultimato, e passato alle mie ma-
ni non solo la d.a Bolla, ma anche il Transunto autentico. Così siamo in appuntamen-
to e con lo Spedizioniere, e con gli Ufficiali, che devono Registrare la d.a Bolla, e far-
ne il Transunto. Non si può pma di d.o tempo disbrigare, perché la materia è lunga, e
merita dei giorni di Tavolino, come voi stesso vedrete.
Debbo avvertirvi, che già quasi tutti gli ufficiali restano ammirati della tenuità della
Tassa, che è stata loro fatta dalle Loro Propine; e strepitano poi nel sentire, che si
vuol loro pagare in moneta ridotta. Lo Spedizioniere si vergogna in far tal figura, e si
protesta di non volerla fare. Vi sono delle Partite, che non passano lo Scudo, e sono
di 3.5 baj. ed una di 8 Pavoli, che dovendosi pagare a riduzzione si sentirà anche in
questa dello strepito, come l’ho dovuto sentire questa mattina con il Giovane di59
uno dei revisori, che in materia sì voluminosa la sua Propina era di 2 e per quietarlo
ed aver subito la Revisione gli ho dato altri ….3060 Pavoli. Onde vi prevengo, che la
spesa ascenderà di più dei Scudi 67. Se potete sollecitarmi l’altro Denaro per il Sig.r
Argenti ne scriverò a Monsig.e.
Per Mercoledì vi significherò il Risultato della Supplica data |Verso| agli Spogli. Il
Sig.r Can.co Volpolini Giovedì mandò l’Informazione. Ieri mi presentai a Monsig.r
Carpegna, che favorì di dirmi, che l’avrebbe fatta riferire nella Congne di Martedì .
Spero ottenere l’intento. Salutatemi D. Peppe, la Sig.ra Lonta, e tutti di Vra casa, e di
volo abbracciandovi sono

V.o Aff.mo Amico


Pri. Pasini

57
carta vergata, 17,6 x 24,7; lettera
58
Amico Caro
59
Le parole in corsivo sono post-scritte in calce fra le righe e si collocano tra
le parole in tondo
60
La riga in corsivo è post-scritta fra la precedente e la seguente in tondo.
Documenti 211

Doc. XV
ASPC, Fabbrica di San Govanni
(progetti – lavori – spese per la nuova chiesa)
Minuta di atto pubblico per contratto di appalto stipulato nell’agosto 1801,
tra i deputati della Fabbrica e il capo mastro Stefano Bisconti, di Sutri, per la costru-
zione della nuova chiesa – documento senza data – agosto 1801.

| f. 1 |

Con la pnte da valere quanto publico, e giurato Istro Rog.to p. mano di publico Nota-
ro l’infrascritti Sig.ri Deputati tanto Ecclesiastici che Secolari eletti in quanto
all’Ecclesiastici dal loro Capitolo, ed in quanto alli Secolari dal publico Con-
seglio servendosi delle facoltà dategli dalli respettivi Capitolo, e conseglio
spont.e in nome de’ medesimi, ed in ogni altro miglior modo hanno concedu-
to, e concedono al Sig.r Stefano Bisconti Capo Mastro muratore della Città di
Sutri qui presente, ed accettante, la Fabrica della nuova Chiesa Collegiata di
questa Città di già, e fino dalli 6 del corrente Agosto incominciata, a sola fat-
tura con li seguenti prezzi, patti, Capitoli, e Condizioni.
Pmo. Che d.o Sig.r Bisconti sia tenuto, ed obbligato p. conforme promette, e si obbli-
ga formare tutta quella quantità di muro di fondamento da lavorarsi con tufo,
ed61 a mano ad uso d’arte di quella grossezza che le verrà ordinata, o dal Sig.r
Architetto, ovvero da essi S.ri deputati a norma della Pianta da sottoscriversi
dalli stessi S.ri Deputati, e dal sud.o Si.r Bisconti fino al piano del pavimento
della nuova Chiesa, compreso volte di Cimiterio, e Seppolture, e compreso i
Ponti; armature di volte62 ed appombiatura63 del rustico rabbocato da ambi le
parti ed arricciato in una sola parte64 al prezzo di baj. ottanta la Canna di
palmi duecento.
Secondo. Altri muri di fondamento65 rabboc| f. 2 |cati, ed arricciati da ambedue parti
al prezzo di baj. novanta la Canna pavimenti di palmi duecento p. Canna.
Terzo. Tutti li muri di tufo d’elevazione che si edificaranno dal pavimento fino alla
gronda del tetto conprese Ponti66 le volte, Ponti, facciata della Chiesa, e
compresa l’appombatura del Rustico, ed aggetti rustici rabboccati, ed arriccia-
ti da ambi le Parti al prezzo come sopra di sola fattura di Scudo uno, e baj.
venticinque la Canna di palmi duecento p. Canna.
Quarto. Tutti li muri di volta da lavorarsi sopra l’Armatura di legname tanto delle
Seppolture, e Cimiterio, quanto delle Cappelle della Chiesa, Navata, Tribuna,
Sagrestia, ed altro dovranno essere ragguagliati a raggione di muri e con
quell’augumento che verrà deciso dal Sig.r Architetto Giuseppe Perucchi a

61
In sostituzione delle parole da cavarsi, cancellate.
62
Parole aggiunte a margine.
63
appiombatura
64
Cancellatura in calce
65
Cancellatura in calce
66
Cancellatura in calce
212 Dio fa casa con l’uomo

tenore de’ vani, ed armature che occorreranno, e detti muri di volta cioè quelli
che si faranno dal pavimento in sù67 a sola fattura e compresa l’Armatura spicco-
natura, ed Arricciatura al prezzo di Scudo uno, e bajocchi venticinque la
Canna
Quinto. Per fattura di Tetto pianellato ed armato di Carrarecci, ed Arcarecci o travicel-
loni68 con colmarecci, e gronde, e muratura di bocchette a Scarpa al grezzo
compresa la tiratura in alto dell’occorrente legname, e materiali di bajocchi Settanta la
Canna di palmi cento, e se il tetto sarà tavolato al pezzo di baj, Sessanta la
Canna.| f. 3 |
Sesto. Per fattura di un’Incanalatura composta con Corda, o Cordicella con paradossi
di legnotto, e monaco, tiratura in alto de’ legnami posta in opera, e ferrata
Scudi …
Settimo. I Sig.ri Deputati della Fabrica saranno tenuti, ed obbligati con denari della Cassa
della Fabrica69 somministrare al Sig.r Bisconti Capo Mastro Settimana p. Set-
timana il denaro occorrente p. la Spesa di ciascuna settimana.
Ottavo. Li Sig.ri Deputati in tre volte promettono, e si obbligano con i denari della
Cassa della Fabrica far saldare al sud.o S.r Bisconti i Lavori fatti, ed il primo
Saldo dovrà farsi terminati i fondamenti, ed armati al piano della Chiesa. Il
secondo Saldo dovrà farsi all’imposto della volta della Tribuna, e Navata. E
finalmente il terzo Saldo dovrà farsi terminato tutto il rustico, ed il tetto.
Nono. Che a Carico, e spese del Sud.o S.r Bisconti Capomastro sia tutto il Cordame
occorrente p. tirare in altro il legname, Burbure, e Secchioni con i loro neces-
sarii Cordami.
Decimo. A conto, e spese della fabrica dovrà essere il trasporto nelle Piazze del La-
voro, che saranno fissate | f. 4 | dal Sud.o Capomastro, de’ Sassi, Calce, A-
qua, Legname ed altri materiali occorrenti, e similmente restarà a carico e
conto della Fabrica tutto il ferramento necessario p. l’incavallature, chiodi p.
le candele, e Ponti, e le Scale di legno, e finalmente a carico della med.a fabri-
ca dovranno essere le demoliture de’ muri vecchi, spurghi, tagli, e cavo de’
fondamenti su de’ quali però dovrà presiedere e dirigere lo stesso S.r Bisconti Capo Ma-
stro, affinché tutto possa eseguirsi secondo le regole dell’arte, e pianta, e disegno di d.a nuo-
va fabrica formato.70
Undecimo. A conto della stessa Fabrica dovrà assegnarsi al Sud.o Capomastro il
commodo di una stanza p. la monizione, ed altra stanza p. servizio del Capo
Mastro con un letto, e biancaria di Letto p. il Soprastante.
Duodecimo. Di tutti gli altri Lavori che non Sono stati qui descritti, come di colla,
aggetti rustici con stabilitira, ornati, mattonati, fornitura in opera aver raggio-
ne a suo tempo con doversene formare i suoi giusti, ed onesti prezzi, e quan-
do vi fossero altri Artisti concorrenti alli sudetti non stabiliti Lavori si con-
viene che a paro prezzo debba essere Sempre preferito il Sud.o Sig.r Bisconti
Capomastro.

67
Parole aggiunte a margine.
68
Parole aggiunte a margine
69
Parole aggiunte a margine
70
Parole aggiunte a margine
Documenti 213

E finalmente d.o Sig.r Stefano Bisconti Capo mastro promette, e si obbliga eseguire,
e far eseguire tutti i di sopra | f. 5 | sopra descritti Lavori con tutta perfezio-
ne, secondo le regole dell’arte e la Pianta, e disegno p. detta nuova Chiesa
formato dal Sig.r Giuseppe Perucchi Architetto, altrimenti in ogni, e qualun-
que caso vuol esser tenuto a tutti, e singoli danni, e pregiudizii dichiarandosi di
più che qualora nel presente Contratto si fosse mancato a qualche espressione, e condizione,
che secondo la natura del Contratto si fosse dovuto esprimere, e fissare ambi le Parti inten-
dono in tutto ciò che si fosse potuto mancare di rimettersi all’uso, consuetudine, e regola
dell’arte med.a p. che così p. patto non solo in questo, ma in ogni altro miglior
modo.
E p. la piena osservanza di quanto sopra si è fissato, e stabilito l’infri Sig.ri Deputati
ne’ Respettivi nomi come sopra, e detto S.r Bisconti Capomastro si obbligano
acnhe nella più ampla forma della Rev. Cam.a Apostolica in ogni miglior
modo.
Capranica qto dì … 71

71
Ovviamente, essendo una minuta, manca di data.
214 Dio fa casa con l’uomo

Doc. XVI
v r
ASPC, Libri Capitolari, 4 [1799-1848], ff. 14 – 19
Il capitolo di San Giovanni, congregato presso la Sagrestia di Santa Ma-
ria, delibera su alcune questioni necessarie l’avvio dei lavori della fabbrica (acquisto
di siti) e per l’ufficio capitolare nell’anno liturgico – verbale capitolare.

| f. 14v |

Sia col nome di Dio, e di San Giovanni

Oggi che siamo ai 21 Agosto 1801, si è radunato il nostro Capitolo al quale sono in-
tervenuti l'infri
Sig.ri = Arciprete = Don Girolamo Palazzi
Rettore = Don Vincenzo Clarioni
Canonici = Don Filippo Iannotti
= Don Giuseppe Scagliosi
= Don Domenico Cocozza
= Don Lorenzo Cavicchioni
= Don Luigi Roncetti
= Don Vincenzo Cenci
= Don Giuseppe Mattia Francini
= Don Gabriele Palazzi
= Don Francesco Coletta
= Don Francesco Porta
= Don Giovanni Sutrini
ed io infr.o segretario
Fra li siti necessari ad acquistarsi per ogetto di costruirvi sopra la Fabrica della Nuova
Chiesa vi sono il tinello, la stalla, ed il Granaro appartenenti all'eredità Petrucci.
Il Sig.r Can.co Roncetti Deputato per gli acquisti di detti siti con intelligenza della
Sig.ra Caterina vedova, ed usufruttuaria del Sig.r Luigi Petrucci ha fatto stimare li
suddetti stabili, quali in tutti danno la somma di scudi 205:93: Il piano fatto dal sud.to
Sig.r Deputato per un tale affare fu che per la somma di scudi 47:10: si farebbe quie-
tanza, ed estinzione d'un Cenzo in sorte principale scudi 16: arretrato nei frutti nella
somma di scudi 31:10: appartenenti alla Ven. Compagnia di San Terenziano ed impo-
sti sopra i beni dell'eredità del sud.to Luigi Petrucci; inoltre per la somma di scudi
150: si farebbe accollare ala nostra Rev. Fabrica di San. Giovanni Ev. la metà d'un
Cenzo di sorte principale scudi 300: che la suddetta eredità ha a favore dei RR.PP. di
San Nicola dei Perfetti di Roma all'usura di un 4 per cento; e finalmente per la som-
ma residuale di scudi 8:85: si combinerà con la vedova | f. 15r | suddetta saldando
altri Canonici, ed il residuo pagandolo.
In seguito d'un tal sistema, già cognito alle SS.VV., li Sig.ri Deputati Ecclesiastici, e
Secolari destinati per la costruzzione della Nuova Chiesa hanno presentato il proget-
to alla Sagra Congregazione dei Vescovi, e Regolari, la quale ha accondisceso alla Ri-
chiesta dell'approvazione con patto che si stabilischino li Fondi, che rendino annual-
mente la somma di scudi 15:, acciò questi si depositino in Cassa, e poi servino pel
Documenti 215

investimento dei sud.ti scudi 16: e per estinzione dei scudi 150: permettendo che un
tale deposito si incominci ad eseguire dopo tre anni. Si richiede dunque dalle SS.VV.,
che prestato il consenso per effettuare il sud.to Contratto, stabilischino li Fondi per
l'annuale Rendita scudi 15: da depositarsi.
Per più chiara intelligenza dell'affare si legge la Supplica, ed il Rescritto:
Il Sig.r Can.co Don Vincenzo Cenci disse arringando, che in quanto al consenso per
istipolare il contratto non vi dee essere difficoltà alcuna, atteso che la necessità lo ri-
chiede. In quanto a li fondi che rendino la somma richiesta, egli dice, esser suo sen-
timento che vi stabilisca il prato posto in contrada Pecugliaro confinante Filippo Co-
cozza, Francesco Corsi, ed altri, appartenente alla Rev. Fabrica di San Giovanni Ev. il
quale rende l'annuo affitto di scudi 11; ed inoltre il canone di scudi 5:20: che è impo-
sto nella casa di Sante Baldi nella Parrocchia di Santa Maria, confinate col Canonicato
Fraticelli, e beni della Rev. Fabrica di San Giovanni, ed altri: appartenente alla Ven.
Compagnia di San Terenziano, perciò chi vorrà approvare un tal sentimento dia il
voto bianco ƒ:
Apertosi lo Scrutinio furono trovati voti tutti bianchi nel numero di 12: non avendo
votato i Sig.ri Chierici.
Il Sig.r Arciprete presenta un foglio nel quale si leggono le seguenti proposte
In coerenza dello stabilimento fatto dalli Sig.ri Deputati della Fabrica della Nuova
Chiesa è bene che il Sig.r Can.co Santese prenda tutta la Cera per formare una sola
Cassa con l'obbligo di somministrare tutta la Cera occorrente a tutte le Compagnie,
accettuate | f. 15v | del Salvatore, e delle Grazie: il qual sistema s'intenda durare per
tutto il tempo della Fabrica suddetta perciò chi vorrà approvare ƒ:
Apertosi lo Scrutinio furono trovati i voti tutti bianchi
Essendosi tra noi divise nel Capitolo Generale dei 10 Luglio 1794 l'Ebdomade per le
Associazioni dei cadaveri è bene di stabilire al presente l'emolumento che si dee per-
cepire tanto quando interviene la metà del Capitolo, quanto quando interviene tutto il
Capitolo; e lo stesso emolumento si stabilisca nelle Messe Cantate e Vespri e in occa-
sione di Feste, e Anniversari; onde ƒ:
Il Sig.r Rettore arringando disse che in avvenire l'emolumento dell'Associazione, che
per lo passato nel Capitolo di S. Gio: era b. 75: ed in quello di S.a Maria b. 50 non
compresi li Sagrestani, Chierici, e Stole, in avvenire si stabilisca in scudi 1:50 per tutto
il Capitolo, e b. 75 per la metà. Che ogni Notturno sia come l'Associazione; che ogni
Messa Cantata abbia l'emolumento istesso dell'associazione, e più l'elemosina della
Messa, e più il pagamento del Diacono, e Suddiacono, quali non potranno servire se
non nel caso: che intervenga tutto il Capitolo. Dichiarando che colli sud.i emolumenti
di scudi 1:50: e respettivamente di b. 75: vi si debbino soddisfare anche li Chierici, il
Sagrestano, e la Stola, onde o niente, o poco s'accresca all'antico sistema; perciò ƒ:
Apertosi lo Scrutinio furono trovati i voti tutti bianchi
Essendo stato esposto per molti giorni un Foglio in cui si leggevano descritti i Giorni
delle Funzioni, le Cerimonie, i Capitolari, e li paramenti convenienti, acciò le Sig.rie
Loro l'avessero considerato, ed esaminato pma di approvarlo, perciò attualmente si
legge, e dopo la lettura sono pregati a manifestare i Loro sentimenti:
216 Dio fa casa con l’uomo

| f. 16r |
Foglio
da esaminarsi, correggersi, e decidersi
nel primo Capitolo
J. JJ. JJJ. JV.
Giorni Sogetti ai quali Paramenti che si
Cerimonie che si usono
nei quali v’è Fun- appartengono le adoperano nelle
nelle Funzioni Capitolari
zione Capitolare Funz.i Capit.i Funzioni Capitolari
1. 1. 1. 1.
Si recita l’Offizio tutto Ad arbitrio del
Tutte le Domeni- letto, eccettuato il Santese purché sieno
Ebdomadario
che Vespro che si canta. distinti dai paramenti
Si canta la Messa. delle Messe private
-------------- -------------- -------------- --------------
2. 2. 2. 2.
Tutte le Feste,
anche le tolte dal Come al num. 1: Ebdomadario Come al num. 1:
precetto nel 1799
-------------- -------------- -------------- --------------
3. 3. 3. 3.
Assiste alla Predica la
Tutti i giorni di
metà del Capitolo, nelle ............. .............
Quaresima
Feste tutto.
-------------- -------------- -------------- --------------
4. 4. 4. 4.
Si recita l’Offizio. Si can-
tono l’ultime tre Lezzio-
Pmo Gennaro ni, il Te Deum, il Bene- Seconda Dignità Lama d’Argento
dictus, Messa parata, e
Vespro
-------------- -------------- -------------- --------------
5. 5. 5. 5.
5: Gennaro Vespro Parato Prima Dignità Lama d’Argento
-------------- -------------- -------------- --------------
6. 6. 6. 6.
Come al num. 4: Si ag-
giunge alla Messa la
6 Gennaro Pma Dignità Lama d’Argento
promulgazione delle
Feste Mobili
-------------- -------------- -------------- --------------
7. 7. 7. 7.
Come al num. 1: Messa
2. Febraro Pma Dignità Damasco bianco
Parata, e Processione
-------------- -------------- -------------- --------------
8. 8. 8. 8.
Dom.ca
Come al num. 7: Ebdomadario Dobletto.
Quinquag.a
Documenti 217

v
| F. 16 |

9. 9. 9. 9.
Martedì di Carne-
Processione Pma Dignità Dobletto
vale
-------------- -------------- -------------- --------------
10. 10. 10. 10.
Messa Cant.a parata, e
Ceneri Pma Dignità Dobletto
Predica tutti
-------------- -------------- -------------- --------------
11. 11. 11. 11.
Tutti i Venerdì di Messa Can.a e Processio-
Ebdomadario Dobletto
Marzo ne (*)
-------------- -------------- -------------- --------------
12. 12. 12. 12.
Martedì Santo Mes.a Can.ta e Passio Ebdomadario Dobletto
-------------- -------------- -------------- --------------
13. 13. 13. 13.
Mes.a Can.ta Passio.
La mattina
La sera Off.o delle Tene-
Mercoledì Santo Ebdomadario. La sera Dobletto
bre letto. Lezzioni e Be-
pma Dignità.
nedictus cant.e
-------------- -------------- -------------- --------------
14. 14. 14. 14.
Pma, Terza, Sesta, e No-
na lette. La Funzione del
SSmo Sepolcro cant.o
Giovedì Santo Pma Dignità Lama d’Argento
Vesp.o e Comp.a lette. Il
Resto come al num. 13
per la sera.
-------------- -------------- -------------- --------------
15. 15. 15. 15.
Venerdì Santo Come al Num.o 14: Pma Dignità Damasco
-------------- -------------- -------------- --------------
16. 16. 16. 16.
Com.e sop.a si canta
Sabato Santo Pma Dignità Damasco
Compieta
-------------- -------------- -------------- --------------
17. 17. 17. 17.
Pmo Giorno di Come al num.o 4: più si
Pma Dignità Lama d’Argento
Pasqua canta Terza
218 Dio fa casa con l’uomo

r
| F. 17 |

18. 18. 18. 18.


Seconda Festa Come al num. 4: Seconda Dignità Lama d’Argento
-------------- -------------- -------------- --------------
19. 19. 19. 19.
Messa Can.ta e Processio-
25. Aprile Ebdomadario Dobletto
ne
-------------- -------------- -------------- --------------
20. 20. 20. 20.
Tre giorni di Ro-
Come al num. 19. Ebdomadario Dobletto
gazioni
-------------- -------------- -------------- --------------
21. 21. 21. 21.
Vigilia
Vespri parati Seconda Dignità Lama d’Argento
dell’Ascens.e
-------------- -------------- -------------- --------------
22. 22. 22. 22.
Ascensione Come al num. 4: Seconda Dignità Lama d’Argento
-------------- -------------- -------------- --------------
23. 23. 23. 23.
2. Maggio Vespro parato Pma Dignità Lama d’Oro
-------------- -------------- -------------- --------------
24. 24. 24. 24.
Messa cant.a e Vespro
3. Maggio Pma Dignità Lama d’Oro
parati. Proces.e
-------------- -------------- -------------- --------------
25. 25. 25. 25.
Sabato avanti la 3.a
Vespri Parati Pma Dignità Stoffo rosso
Dom.ca di Mag.o
-------------- -------------- -------------- --------------
26. 26. 26. 26.
Dom.ca 3.a di Mag.o Come al num. 4: Ebdomadario Stoffo rosso
-------------- -------------- -------------- --------------
27. 27. 27. 27.
Mattina. Funzione
Sabato di Penteco- dell’acqua battesimale, e Mattina Stoffo. La
Prima Dignità
ste Messa Cantata parate. sera Lama d’Oro
Sera. Vespro parato.
-------------- -------------- -------------- --------------
28. 28. 28. 28.
Giorno di Pente-
Come al num. 17. Pma Dignità Lama d’Oro
coste
Documenti 219

v
| F. 17 |

29. 29. 29. 29.


Seconda Festa Come al num. 4: Seconda Dignità Lama d’Oro
-------------- -------------- -------------- --------------
30. 30. 30. 30.
Vigilia del Corpus
Vespri parati Pma Dignità Lama d’Argento
Domini
-------------- -------------- -------------- --------------
31. 31. 31. 31.
Come al num. 4:
Corpus Dni Prima Dignità Lama d’Argento
S’aggiunge la Processione
-------------- -------------- -------------- --------------
32. 32. 32. 32.
La sera s’aggiunge la Pro-
Dom.ca fra l’ottava
ces.e nella Par.a di S.a Ma- La sera la Sda Dignità Lama d’Argento
del Corpus Dni
ria
-------------- -------------- -------------- --------------
33. 33. 33. 33.
Come al num. 4: per tutti
Ebdomadario.
Ottava del Corpus gli otto giorni. Esposiz.e
L’ultima sera Pma Lama d’Argento
Dni del Ssmo mattina, e sera.
Dignità
L’ultima sera Proces.e
-------------- -------------- -------------- --------------
34. 34. 34. 34.
24. Giugno Messa Cant.a Parata Seconda Dignità Damasco
-------------- -------------- -------------- --------------
35. 35. 35. 35.
28. Giugno Vespri parati Pma Dignità Lama d’Oro
-------------- -------------- -------------- --------------
36. 36. 36. 36.
29. Giugno Come al num. 17: Pma Dignità Lama d’Oro
-------------- -------------- -------------- --------------
37. 37. 37. 37.
14 Agosto Vespri parati in S.a Maria Seconda Dignità Lama d’Argento
-------------- -------------- -------------- --------------
38. 38. 38. 38.
Si aggiunge al solito in S. In S. Gio:
15 Agosto Gio: Messa Cant.a in S.a l’Ebdomadario. In S.a Lama d’Argento
Maria Maria la Sda Dignità
220 Dio fa casa con l’uomo

r
| F. 18 |

39. 39. 39. 39.


Vespro parato e Proces-
31 Agosto Prima Dignità Lama d’Oro
sione
-------------- -------------- -------------- --------------
40. 40. 40. 40.
Come al num. 4:
In S. Gio: Pma Digni-
S’aggiunge la Processio-
1 7bre tà; al Monte la secon- Lama d’Oro
ne, e Messa cant.a Parata
da Dignità
al Monte La sera Proces.e
-------------- -------------- -------------- --------------
41. 41. 41. 41.
7 Settembre La sera Proces.e ............. .............
-------------- -------------- -------------- --------------
42. 42. 42. 42.
Come al num. 1:
8 Settembre Ebdomadario Lama d’Argento
S’aggiunge la Proces.e
-------------- -------------- -------------- --------------
43. 43. 43. 43.
1.a Dom.ca
Come al num. 4: Seconda Dignità Lama d’Argento
d’Ottobre
-------------- -------------- -------------- --------------
44. 44. 44. 44.
31 Ottobre Vespri parati Prima Dignità Damasco
-------------- -------------- -------------- --------------
45. 45. 45. 45.
1 Novembre Come al num. 4: Pma Dignità Lama d’Argento
-------------- -------------- -------------- --------------
46. 46. 46. 46.
Offizio di Morti
2. Novembre Prima Dignità Damasco
Cant.o e Mes.a Parata
-------------- -------------- -------------- --------------
47. 47. 47. 47.
In un giorno feria-
Mes.a Cant.a parata di
le dell’ottava dei Prima Dignità Damasco
Requie
Morti
-------------- -------------- -------------- --------------
48. 48. 48. 48.
24 Dicembre Vespri Parati Prima Dignità Damasco
-------------- -------------- -------------- --------------
49. 49. 49. 49.
25 Dicembre Come al num. 4: Prima Dignità Lama d’Argento
Documenti 221

v
| F. 18 |

50 50 50 50
La Mattina Sda Di-
26 Dicembre Messa cantata, e Vespro parati Lama d’oro
gnità, la Sera la Prima
-------------- -------------- -------------- --------------
51 51 51 51
27 Dicembre Come al num. 17 Pma Dignità Lama d’oro
-------------- -------------- -------------- --------------
52 52 52 52
Vespri Parati, e Benediz.e del La sera Prima Digni-
31 Dicembre Lama d’argento
SSmo tà
= Adde =
53 53 53 53
Pma Domenica Come al num. 4: e Processio-
Prima Dignità Lama d’argento
d’Agosto ne
222 Dio fa casa con l’uomo

Terminata la lettura del Foglio insorse il S.r Canco Roncetti ed arringando così s'e-
spresse. Il Foglio esposto alla publica esame, e correzzione di ciascuno avendo rice-
vuto le necessarie correzzioni, ed essendo stato letto dal Segretario colle correzzioni
già fatte sono di sentimento che debba approvarsi, e sanzionarsi come Legge Capito-
lare. Due riforme però mi sembrano necessarie. Una è quella che nella Dom.ca terza
di Maggio s'incontrano gli Officj dei Santi Martiri della Chiesa di S. Giovanni, e l'Of-
ficio di S. Gordiano, Santo Martire della Chiesa di S.a Maria. Essendo presentem.te
ambedue le Chiese officiate da un solo Capitolo è impossibile d'adempire a due obli-
ghi diversi, perciò sono di sentimento che s'ab= | f. 19r | bia da supplicare la Sgra
Cong.ne dei Riti per traslare il giorno dell'Officio di San Gordiano. L'altra è la Pro-
cessione dei venardì di Marzo nella quale si recitano le Litanie dei Santi. Una tal Fun-
zione era una volta frequentata dalla Divozione popolare; attualm.te è terminato qua-
si affatto il concorso, giacché altri non v'intervengono che ragazzi per divertimento, e
qualche Donna; perciò sarei di sentimento di togliere tale processione, e solamente
recitare subito la Predica le Litanie dei Santi in Chiesa, come accade nei giorni piovosi
dei sud.i Venerdì . Intendo però sempre che di tutti questi miei sentimenti sene otten-
ga non solo la Loro approvazione; ma anche quella dei Superiori. Perciò chi vorrà
approvare f:. In seguito sorse il S.r Rettore, e disse = Protesto di nullità sopra, e qua-
lunque punto propostosi nel Foglio letto, giacché non appartiene a Noi a fare le Leg-
gi, ma bensì all'Illmo, e Rmo Monsig.r Vescovo attese le facoltà assolute concessegli
dalla S.a Mem. di Pio VI. e confermate dal Sommo Pontefice Pio VII. Parlò appresso
il Sig.r Can.co Cavicchioni e disse contro la Protesta con tali parole = Il Foglio letto
non contiene leggi nuove, ma la narrativa delle consuetudini alle quali sono state date
quelle modificazioni che richiedeva necessariam.te la combinazione dell'Unione dei
due Capitoli. Secondariam.te Monsig.re med.o ha ordinato in voce che si facessero
tali Leggi. Terzo dovendosi il sud.o Foglio fare approvare dai Superiori chiaram.te s'in-
tende che l'autorità legale non viene da Noi, perciò prego che si passi lo scrutinio
sopra l'arringo del S.r Can.co Roncetti. Si passa lo scrutinio per l'approvazione, od
esclusione dell'arringo del Sig.r Can.co Roncetti.
Apertosi lo Scrutinio furono trovati undici voti bianchi, ed uno nero non
avendo votato il Sig.r Rettore perché non ha voluto;
Si disse l'Agimus f.

Così è Vin. C. Scagliosi Seg.rio.


Documenti 223

Doc. XVII
ASPC, San Giovanni. Lavori alla chiesa
Minuta di contratto di appalto stipulato su carta bollata da baiocchi 6, tra
Mastro Domenico Galli, fu Giuseppe e i deputati della Fabbrica, Domenico Antonio
Scagliosi e Giuseppe Tempesti, per la costruzione della nuova chiesa di San Gio-
vanni Evangelista – Capranica, 1° maggio 1824

| f. 1 |

== Nel Nome di Dio Così Sia ==

Col presente contratto da valere sarà noto, e manifesto come Domenico Galli murato-
re figlio del defunto Giuseppe nato, e domiciliato a Capranica promette, e si
obbliga di eseguire i lavori della nuova Fabrica della Chiesa Collegiata di que-
sto Luogo, incominciando il Lavoro dal punto in cui si trova attualmente fi-
no all’altezza di tutto l’attico, dove deve impostare la volta compresa final-
mente la facciata, di contraforti, che devono rinfiancare le med.e volte colli
seguenti patti, e capitoli, e condizioni.
1°/ Il muro dovrà farsi dal Galli […] si obliga a misura, […] muro rustico colla
sola rabbocatura eguale a quella che esiste presentemente.
2°/ Sarà a carico del Galli tutta la fattura di d.i muri, compresa la gente a servizio;
3°/ Sarà a carico della nuova Fabrica, e p. essa a carico dei qui sot.i deputati, Cal-
ce, Puzzolana, Saffi, acqua, Chiodi, Legname, e tutt’altro occorrente p. la la-
vorazione dovendo il Galli esser tenuto alla sola manodopera.
4°/ Si considera l’acqua che attualmente esiste nelle Vasche, e Calce Smorzata in
Fabrica, e nella ricognizione come posta in piazza, e che sia a carico del Galli
| f. 2 | il farla trasportare a sue spese, senza che […] domandare compenso
alcuno. In caso però mancasse l’acqua e Calce questa dovrà essere a carico
cioè il trasporto fino entro la Fabrica della deputazione.
5°/ Il Galli si obliga a seguire il lavoro ad uso e stile delle migliori arti, e non ri-
trovandosi il Lavoro regolare sia in libertà della deputazione di far subito tra-
lasciare, senza che il Galli possa domandare bonifico alcuno, oltre ad’esser
tenuto all’amenda de’ danni quante volte sia riconosciuto quale dal un Perito
dell’arte.72
6°/ Pagherà la d.a nuova Fabrica, e p. essa la diputazione al Galli p. ogni Canna
di trenta Scudo uno, e con detto prezzo resta compresa la fattura de’ Ponti
occorrenti; spigoli, piombature, aggetti, di pilastri, e architrave dell’ordine in-
terno fasce, e qualunque altra necessità che possa aver l’arte, come pure il ru-
stico del piccolo […] dall’attico, all’imposto della volta, come ancora resta
compreso l’aggetto in rustico della piccola Cornice esterna sotto li tetti della
facciata della casa dell’arciprete.
7°/ Per il lavoro del Cornicione interno della Chiesa p. quello che manca, dovrà il
Galli aggettando in rustico coll’istesso modino, ed eguale a quello fatto in

72
Le parole in corsivo sono aggiunte tra le righe in tondo.
224 Dio fa casa con l’uomo

parte p. il prezzo di bajocchi trentacinque p. ogni Canna andante senza altro


aumento di sorte alcuna. | f. 3 |
8°/ In quanto poi alla facciata della Chiesa il Galli si obbliga a seguire il lavoro a
forma del disegno che gli verrà presentato, e l’eseguirà ai seguenti prezzi.
Per il muro a Scudo uno la Canna, compresa anche l’architrave dell’ordine.
Per li Capitelli dei Pilastri, ed altri agetti, e Cornicione a bajocchi trentaciqnue
p. ogni Canna andante.
9°/ Sarà tenuto il Galli di segnare tutti li lavori che farà in ogni giorno di festa, e
in ogni sera che lavorerà.
10°/ il detto lavoro dovrà essere terminato dal Galli conforme si obliga entro il
giorno dieci Luglio prossimo.
11°/ Terminato d.o Lavoro dovrà farsi dai Sig. deputati misurare, e riconoscere.
12°/ Il Galli riceverà p caparra d.o Lavoro Scudi Cinquanta, entro al giornata di
domani; e poi incominciato il lavoro dovrà ricevere Scudi dieci in ogni fine di
Settimana ed il Saldo dell’importo del lavoro al termine di Esso. E p. la ple-
naria osservanza delle cose […] si obbligano le parti alla più ampla forma del-
le Leggi veglianti. Capranica pmo maggio 1824
Domenico Galli mi obbligo quanto sopra ===
Domco Ant. Scagliosi Dep.to; Gius.e Tempesti deputato
Documenti 225

Doc. XVIII
ASPC, Registro delle bolle, dei rescritti e dei decreti, n. 57
Supplica alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari presentata dal
Capitolo di San Giovanni e la Comunità di Capranica, al fine di contrarre un debito
di 2.000 scudi necessari alla realizzazione della copertura e del tetto della nuova
Chiesa – documento senza data con rescritto del Prefetto Card. Pacca, datato 5
agosto 1825.

| f. 85 | Eminentissimi, e Reverendissimi Signori


v

Il Capitolo dell’insigne Collegiata di San Giovanni Evangelista, ed il Magistrato della


Comune di Capranica Diocesi di Sutri, Oratori Ossequiosi delle Signorie Loro Emi-
nentissime, e Reverendissime non potendo più soffrire la ridicola ed indecente co-
struttura della Chiesa aperta nella loro Patria alla celebrazione de’ divini misteri, che
per più titoli dal vigilantissimo loro vescovo è stata giudicata degna di sospensione,
desiderosi del decoro della Casa di Dio hanno più volte deliberato di trovar mezzi
efficaci per venire con sollecitudine al cuoprimento della nuova Chiesa, che già trova-
si corredata del piedritto sopra il Cornicione. Nel giorno sedici del mese di Gennaro
corrente Anno adunatosi il Consiglio Municipale col intervento del Deputato Eccle-
siastico fissò un’annua sovvenzione di scudi trecento fino all’ultimazione della Nuova
Chiesa, ed estinzione del Debito, che conosceva espediente doversi contrarre per il
proseguimento dei lavori nella suddetta Fabbrica, con la condizione (come rilevasi da
Copia au= | f. 86r | tentica della citata risoluzione Consiliare sotto li 16 Gennaro,
che insieme col presente foglio si umilia) che i Luoghi Pii destinati a contribuire per
l’avanzamento deella nuova Chiesa proseguano colle annue rendite a contribuire,
come si pratica attualmente fino all’ultimazione di essa, ed estinzione del Debito, e
che tutti i tagli delle Macchie cedue di Castagno di pertinenza de’ LL. Pii suddetti si
riserbino in parte per ismorzare il debito, che si va’ a contrarre, del quale col assegno
dei Scudi trecento pagherà la Comune i frutti compensativi, erogando il residuo per la
costruzione della Nuova Fabbrica. La Sagra Congregazione del Buon Governo con
venerato dispaccio del 26 Marzo si è degnata di approvare la risoluzione presa come
si è esposto nell’Adunanza del 16 Gennaro. In conferma di ciò aggiungesi altra Copia
autentica della Lettera del Governatore di Sutri diretta al Gonfaloniere di Capranica.
In virtù di questa benigna condiscendenza della prelodata Sagra Congregazione han-
no determinato gl’Oratori di contrarre per ora una debito di due mila Scudi, che cre-
donsi sufficienti a cuoprire la Nuova Chiesa di volta, e di | f. 86v | tetto. Pregano
pertanto le Signorie loro Eminentissime, e Reverendissime a volersi degnare di pre-
stare il loro assenzo perché venga ipotecata una porzione dei Fondi dei Luoghi Pii, i
quali ora per il secondo Decennio contribuiscono colla loro rendita all’avanzamento
della Nuova Chiesa a tenore del Breve Apostolico spedito ai 30 Agosto 1817, come
ancora perché questi (meno i Canonicati, ed i Beneficii, che terminato il Decennio
sarà più espediente di conferire) concorrano colla Comune suddetta non solo a
somministrare per il compimento della Chiesa, ma ancora dopo, che sarà terminata la
medesima ad estinguere il debito, che si contrae. Che della grazia.
226 Dio fa casa con l’uomo

TABELLA 1
Dimensioni delle chiese capranichesi desunte dal resoconto della visita
73
pastorale del 1696 del vescovo diocesano card. Savo Mellini .

Lunghezza Larghezza Dimensioni Superfici


(in palmi) (in palmi) in metri (in m2)
S. Pietro Presbiterio: 14 27 3,50 x 6,75 24
Navata(unica): 40 33 10,00 x 8,25 83
Lunghezza complessiva: 54 13,50 -
Superficie complessiva: 107
S. Maria Presbiterio: 20 44 5,00 x 11,00 55
Navata (unica): 95 54 23,75 x 13,50 321
Lunghezza complessiva: 115 28,75 -
Superficie complessiva: 376
S. Giovanni Presbiterio: 22 54 5,50 x 13,50 74
Navata (tre): 44 45 11,00 x 11,25 124
Lunghezza complessiva: 66 16,50 -
Superficie complessiva: 198

73
Cfr. CHIRICOZZI P., Le chiese di Capranica, Roma 1983, pp. 21, 26, 66
Documenti 227

TABELLA 2
Serie degli arcipreti parroci della chiesa di San Giovanni Evangelista dal
1495 ad oggi.


1495 – 1496 Antonio Montes

1574 – 1575 Antonio Luzzitelli
1575 – 1582 Gabriello Sega
1582 – 1592 Santi Rosa
1592 – 1628 Cerrino Cerrini

1635 – 1663 Giovanni Battista Grossi

1667 – 1684 Giuseppe Petrucci

1708 – 1728 Ignazio Petrucci
1728 – 1748 Diletto Cocozza
1748 – 1767 Giovanni Bernardino Forlani
1767 – ? Benedetto Speranza
? – 1814 Girolamo Palazzi

1818 – 1844 Filippo Petrucci
1844 – 1850 Basilio Porta
1851 – 1896 Tommaso Porta
1897 – 1904 Mons. Luigi Grimaldi (Economo Spirituale)
1904 – 1921 Sante Formaggi
1921 – 1934 Luigi Persiani

1936 – 1960 Luigi Micheli
1960 – 1982 Antonio Pompei
1982 – Antonio Paglia
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FOTOGRAFIE
Fotografie 239

Foto 1: Copia Settecentesca della Bolla “Piis et honestis” data a Roma da papa
Bonifacio IX il 23 ottobre 1400 (cfr. APPENDICE, doc. I)
240 Dio fa casa con l’uomo

Foto 2: Atto pubblico Notaio Teodoro Petrucci, tra Mastro Domenico del
Grande e il santese della Fabbrica di San Giovanni, Leandro dell’Orsi
Capranica, 22 febbraio 1585.
Fotografie 241

Foto 3: Frontespizio del Liber in quo adnotatur risolutiones omnes Capitulares Reve-
rendissimi Capitoli Insignis Collegiata Ecclesia Sancti Ioannis Evangelistae Civi-
tatis Capranice – 1717 usque ad annum 1773
242 Dio fa casa con l’uomo

Foto 4: Fonte battesimale datato 1586 con le insegne del vescovo di Sutri e
Nepi, Orazio Moroni
Fotografie 243

Foto 5: Autentica delle reliquie di San Giovanni Evangelista – 23 febbraio


1765 – Domenico Giordano, arcivescovo di Nicomedia

Foto 6: Autentica della reliquia della Santa Croce – 17 gennaio 1794 – Fran-
cesco Saverio Passeri, arcivescovo di Larissa
244 Dio fa casa con l’uomo

Foto 7: Notizie ad perpetuam rei memoriam sulla spesa dell’almuzia


Fotografie 245

Foto 8: San Giovanni Ev., esterno, facciata


246 Dio fa casa con l’uomo

Foto 9: San Giovanni Ev., esterno, vista dalla SS. Cassia


Fotografie 247

Foto 10: San Giovanni Ev., esterno, torre campanaria romanica


248 Dio fa casa con l’uomo

Foto 11: Registro delle Notizie, Introiti e Spese sulla costruzione della nuova
Chiesa
Fotografie 249

Foto 12: San Giovanni Ev., interno, abside e presbiterio


250 Dio fa casa con l’uomo

Foto 13: San Giovanni Ev., interno, volta della nave


Fotografie 251

Foto 14: San Giovanni Ev., interno, controfacciata


252 Dio fa casa con l’uomo

Foto 15: San Giovanni Ev., interno, altare del SS. Crocifisso
Fotografie 253

Foto 16: San Giovanni Ev., interno, Filippo Pozzi (attr.), pala dell’altare mag-
giore raffigurante San Giovanni Ev. mentre scrive l’Apocalisse
254 Dio fa casa con l’uomo

Foto 17: San Giovanni, interno, particolare, croce delle indulgenze

Foto 18: San Giovanni, interno, particolare, capitello angolare


Fotografie 255

Foto 19: San Giovanni Ev., interno, Cappella del SS. Sacramento, Carlo Maratta
(attr.), Madonna Auxilium Christianorum
256 Dio fa casa con l’uomo

Foto 20: San Giovanni Ev., interno, Cappella del SS. Sacramento, Pietro Acher-
man, Tabernacolo del Santissimo, legno dorato
Fotografie 257

Foto 21: San Giovanni Ev., interno, bottega di Mino da Fiesole (attr.), taberna-
colo degli olii santi con stemma Anguillara
258 Dio fa casa con l’uomo

Foto 22: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, Stemma An-
guillara
Fotografie 259

Foto 23: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare del
libro con iscrizione OLEV[M] S[ANC]TVM INFIRMORV[M]

Foto 24: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare di
una mensola con palmetta araba
260 Dio fa casa con l’uomo

Foto 25: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare del
Cristo nella gloria con contorno di serafini

Foto 26: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare del
trionfo della croce
Fotografie 261

Foto 27: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare
della porta della custodia con angeli oranti

Foto 28: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare del
timpano con colomba dello Spirito Santo
262 Dio fa casa con l’uomo

Foto 29: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare di
Salomone profeta

Foto 30: San Giovanni Ev., interno, Tabernacolo degli olii santi, particolare di
Isaia profeta
Fotografie 263

Foto 31: Figurazioni zoomorfiche capranichesi, San Francesco, particolare del


rosone in tufo con rappresentazione dello zodiaco

Foto 32: Figurazioni zoomorfiche capranichesi, Ospedale Civico di San Seba-


stiano, Portale con lunetta, particolare di cervi e leoni
264 Dio fa casa con l’uomo

Foto 33: San Francesco, bottega romana, tabernacolo degli olii santi

Foto 34: Santa Maria, bottega romana, tabernacolo degli olii santi
265

INDICE

Introduzione p. 5

Sigle e Abbreviazioni p. 9

DIO FA CASA CON L’UOMO – PARTE I


APPUNTI STORICI SULLA COLLEGIATA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

§ 1 – Introduzione storica p. 11
§ 1.1 – Le fonti medievali su Capranica p. 13
§ 1.2 – L’origine di Capranica p. 16
§ 1.3 – Un contributo al dibattito storico p. 24

§ 2 – La vecchia chiesa di San Giovanni Evangelista p. 30


§ 2.1 – Il contesto storico p. 30
LO SVILUPPO URBANISTICO
DEL BORGO MEDIEVALE p. 30
LA VITA SOCIALE E ECONOMICA A CAPRANICA p. 33
I CONTI DI ANGUILLARA E CAPRANICA p. 40
§ 2.2 – La fondazione p. 44
L’EPOCA DI FONDAZIONE DELLA CHIESA p. 49
SAN GIOVANNI CHIESA CASTRALE p. 50
GLI ANGUILLARA E LA LORO SIGNORIA
SU CAPRANICA p. 53
IL TITOLO A SAN GIOVANI EVANGELISTA p. 55
§ 2.3 – Come era fatta la vecchia San Giovanni? p. 58

§ 3 – Il Capitolo della Collegiata:


uno spaccato di vita capranichese p. 61

§ 4 – La nuova chiesa di San Giovanni Evangelista p. 69


§ 4.1 – L’unione dei Capitoli di S. G. e di S. M. p. 70
§ 4.2 – I lavori di costruzione dal 1801 al 1842 p. 75
266

§ 5 – Descrizione della chiesa attuale p. 89


LA PIAZZA E LA FACCIATA p. 89
IL FONTE BATTESIMALE p. 90
LA CAPPELLA DELL’ADORAZIONE DEI MAGI p. 92
LA CAPPELLA DEL SACRO CUORE p. 93
IL CAMPANILE ROMANICO p. 94
L’ABSIDE p. 97
LA CAPPELLA DEL SS. SACRAMENTO p. 100
LA CAPPELLA DEL CROCIFISSO p. 102
LA NAVATA, LA VOLTA E LE DECORAZIONI INTERNE p. 103
LA CONTROFACCIATA E L’ORGANO p. 107

DIO FA CASA CON L’UOMO – PARTE II


IL TABERNACOLO MURALE DI SAN GIOVANNI

§ 1 – Il tabernacolo p. 109
§ 1.1 – Etimologia e fondamenti scritturistici p. 110
§ 1.2 – Il tabernacolo come arredo liturgico:
origine e evoluzione p. 112

§ 2 – Il tabernacolo murale di San Giovanni Ev. p. 118


§ 2.1 – Descrizione fisica p. 118
§ 2.2 – Inquadramento artistico:
tra Mino da Fiesole e Isaia da Pisa p. 121
§ 2.3 – Considerazioni intorno alla datazione p. 124
§ 2.4 – Dai documenti d’archivio p. 130

§ 3 – Lettura del testo simbolico p. 132


§ 3.1 – I corni p. 133
§ 3.2 – L’aquila p. 135
§ 3.3 – Le figure angeliche p. 140
§ 3.4 – La croce p. 146
§ 3.5 – Le colombe che piluccano i frutti
e quella nel timpano p. 152
§ 3.6 – Salamone profeta p. 154
§ 3.7 – Isaia profeta p. 160
§ 3.8 – Cristo p. 165
LA POSA DELLA FIGURA DEL CRISTO p. 172
LA MANDORLA RADIOSA p. 173
I SERAFINI E I PROFETI p. 174
267

§ 4 – Per una lettura simbolica complessiva p. 175


§ 4.1 – Modello cronologico: Cristo principio e fine p. 175
§ 4.2 – Modello prospettico: la Croce come
Centro tra cielo e terra p. 177

APPENDICE – Documenti d’archivio p. 181

BIBLIOGRAFIA GENERALE p. 229

FOTOGRAFIE p. 237

INDICE p. 265

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