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FISICO Maino
In realtà queste affermazioni non sono affatto scontate, almeno a livello filosofico.
Infatti nel corso dei secoli si è assistito ad un ampio dibattito intorno a tali
questioni e non solo per le diverse posizioni assunte dagli studiosi nel tentativo di
dare una risposta al problema, ma anche per il modo in cui di volta in volta veniva
posta la questione e per il significato attribuito, nei vari periodi storici, ai termini
mente e corpo.
Un po' di storia....
Salucci (1997) ritiene che l'evoluzione storica, in ambito filosofico, del problema
del rapporto tra mente e corpo possa essere divisa in tre fasi:
Nel corso del Seicento la concezione di una natura tutta animata, governata da
forze simili a quelle che operano all'interno dell'uomo lascerà il posto alla
concezione portata avanti dalla scienza moderna che proporrà un'immagine
della natura inanimata, fatta di corpi che si muovono seguendo leggi
puramente meccaniche . Da questo punto di vista è facile intuire che le nozioni
di anima di origine platonica o aristotelica non hanno più alcun valore.
In effetti, come scriverà Cartesio, gli animali si muovono solo per una disposizione
dei loro organi (Cartesio, Discorso sul metodo, parte V).
Cartesio segna una pietra miliare nel processo che consente di determinare le
condizioni per la nascita di una scienza dell'uomo. Infatti da questo momento in
poi si aprono due strade agli studiosi
Da questo punto di vista gli empiristi con Locke, Hume e Kant pur non
negando l'esistenza dell'anima, e la liceità di un'indagine metafisica sulla
sua essenza, distinguono tra i prodotti dell'anima, in termini di
processi ed effetti, e sostanza che la compone. In questo senso i
primi possono essere studiati scientificamente, i secondi solo
attraverso la metafisica. Pertanto la prospettiva di tali autori prende
in considerazione non l'entità mente ma l'attività, gli stati o le funzioni
mentali da un lato e dall’altro lo studio dei rapporti mente-corpo teso a
ricercare le corrispondenze tra processi mentali e processi corporei. In
particolare David Hume individuò nelle associazioni i processi
fondamentali che regolano l'intelletto, mentre il compito di affrontare i
legami tra mente e corpo fu affrontato principalmente da un medico,
David Hartley, che, pur adottando una posizione dualistica (scriverà nel
1794 che l'uomo consiste di due parti, l'anima e il corpo), si muoveva
nella scia del programma enunciato da Locke che aveva più volte
affermato l'esistenza di un'interazione tra corpo e operazioni
dell'intelletto. In modo ancor più risoluto con Alexander Bain si
affermò la necessità di dare una base neurofisiologica ad ogni studio
del comportamento; è sua l'affermazione secondo la quale la mente è
completamente alla mercè delle condizioni corporee. Secondo tale
autore infatti il movimento precede la sensazione e questa a sua volta
precede il pensiero.
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Il problema nell'epoca contemporanea, l'approccio fisiologico
La medesima conclusione è valida anche se ci poniamo da un punto di vista
fisiologico. Infatti, è ormai da tempo provato che i sistemi nervoso, endocrino e
immunitario comunicano tra loro.
Ciò significa ancora una volta che la mente, le emozioni e il corpo non sono
entità separate, ma interconnesse. Basti pensare ad esempio che gli stessi
messaggeri chimici che operano in modo estremamente esteso sia nel cervello
che nel sistema immunitario sono anche quelli più frequenti nelle aree neurali che
regolano le emozioni.
Alcune delle prove più convincenti dell'esistenza di una via diretta che permette
alle emozioni di avere un impatto sul sistema immunitario sono state fornite da
David Felten. Tale studioso partendo dall'osservazione che le emozioni hanno un
potente effetto sul sistema nervoso autonomo , ha scoperto che le cellule
immunitarie possono essere il bersaglio dei messaggi nervosi. Per contro
sembra che una condizione mentale serena determini un migliore
andamento delle forme patologiche e una minore probabilità di ammalarsi.