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I canali ionici
I canali ionici sono costituiti da proteine che attraversano la membrana, unite tra loro a formare un
poro. Ciascuna subunità è dotata di una regione superficiale idrofobica che si unisce efficacemente
al doppio strato lipidico. Con la loro apertura permettono il passaggio di ioni, come K+, Na+ e
Ca2+, dal fluido extracellulare al citosol.
Esistono canali ionici con selettività ionica: come quelli selettivamente permeabili al K+, quelli
selettivamente permeabili al Na+ e quelli selettivamente permeabili al Ca2+.
Esistono anche canali ionici con variabilità all'accesso: cioè possono aprirsi o chiudersi in base al
cambiamento del microambiente locale della membrana.
Potenziale di riposo
L'interno del neurone è elettricamente negativo rispetto all'esterno che è elettricamente positivo.
Questa differeneza fissa, detta potenziale di riposo, viene mantenuta quando il neurone non genera
impulsi.
Il potenziale di riposo di un tipico neurone è di circa -65 mV. Questo potenziale di memebrana a
riposo negativo all'interno del neurone è assolutamente necessario per il funzionamento del SN.
La pompa sodio-potassio: struttura e funzioni
I gradienti di concentrazione ioniche sono indotti dall'azione di pomepe ioniche presenti nella
membrana neuronale. La pompa sodio-potassio è una proteina associata alla membrana che
trasporta ioni attraverso la membrana contro il loro gradiente di concentrazione, con dispendio di
energia metabolica (ATP). L'azione di questa poma assicura che gli ioni K+ siana concentrati
all'interno del neurone e che gli ioni Na+ siano concentrati all'esterno.
IL POTENZIALE D'AZIONE
Per iniziare un potenziale d'azione ci deve essere una variazione della permeabilirtà della
membrana: si aprono, oltre ai canali voltaggio dipendenti K+, i canali voltaggio dipendenti Na+ e si
genera una depolarizzazione, cioè gli ioni Na+ entrano, con maggiore frequenza degli ioni K+, nel
citosol rendendolo più positivo. Se la depolarizzazione supera il livello di soglia si genera un
potenziale d'azione. Tutto ciò succede nella terminazione presinaptica.
Il potenziale d'azione induce l'apertura dei canali voltaggio-dipendenti Ca2+, nella membrana
postsinaptica, che attravaerso l'esocitosi permettono il rilascio del neurotrasmettitore dalle
vescicole. Il neurotrasmettitore si lega al recettore che se apre i canali Na+ genera un PPSE, se apre
i canali Cl- genera un PPSI.
Spieghiamo ora le caratteristiche del potenziale d'azione.
Soglia. Il potenziale d'azione di membrana raggiunge il livello di soglia e i canali voltaggio-
dipendenti selettivi per il sodio si aprono. Così che la permeabilità ionica della membrana favorisce
il sodio rispetto al potassio.
Fase crescente. Quando l'interno della membrana è caratterizzato da un potenziale elettrico
negativo, vi è una considerevole forza che agisce sugli ioni Na+. Tali ioni entrano improvvisamente
nella cellula attraverso i canali per il sodio causando una rapida depolarizzazione della membrana.
Potenziale a punta. Poiché la permeabilità relativa della membrana favorisce vistosamente il
passaggio del sodio, il potenziale di membrana si sposta a un valore critico superiore a 0 mV.
Fase decrescente. L'attività dei due tipi di canale contribuisce al verificarsi della fase decresente.
Innanzitutto, i canali selettivi per il sodio si inattivano. In secondo luogo i canali per il potassio si
aprono di colpo (la depolarizzazione della membrana li spinge ad apreirsi 1 msec prima). Quando la
membrana è fortemente depolarizzata si verifica una significativa forza sugli ioni K+, per cui questi
ioni escono dalla cellula attraverso i canali aperti e il potenziale di membrana diventa nuove
negativo.
Iperpolarizzazione. I canali voltaggio-dipendenti selettivi per il potassio si aggiungono alla restante
permeabilità al potassio della membrana. Poiché la permeabilità al sodio è bassa, il potenziale di
membrana si sposta verso il potenziale di equilibrio causando un'iperpolarizzazione relativa a
potenziale di membrana a riposo fino a che i canali per il potassio si chiudono di nuovo.
Periodo refrattario assoluto. I canali per il sodio si disattivano quando la membrana diventa
fortemente depolarizzata. Essi non possono venire attivati nuovamente e non si può verificare un
altro potenziale d'azione fino a che il potenziale di membrana non diventa sufficientemente negativo
da attivare i canali.
Periodo refrattario relativo. Il potenziale di membrana rimane iperpolarizzato fino a che i canali per
il potassio si chiudono. Di conseguenza, è necessaria una maggiore corrente depolarizzante per
portare il potenziale di membrana a livello di soglia.
Abbiamo visto che i canali e il movimento di ioni che li attraversa sono in grado di spiegare le
proprietà del potenziale d'azione. Tuttavia è importante sottolineare che sullo sfondo c'è sempre la
pompa sodio-potassio in attività. La pompa sodio-potassio lavora continuamente per trasportare
indietro gli ioni Na+ attraverso la membrana. La pompa mantiene i gradientei di concentrazione
ionica che, durante il potenziale d'azione, guidano gli ioni Na+ e K+ attraverso i loro canali.
SINAPSI NEUROMUSCOLARE
Il fuso neuromuscolare
Profondamente, all'interno dei muscoli scheletrici, vi sono strutture specializzate chiamate fusi
muscolari. Un fuso muscolare, detto anche recettore di stiramento, consiste di diversi tipi di fibre
muscolari scheletriche specializzate, ospitate dentro una capsula fibrosa. Nella regione mediana
(capsula), un gruppo di assoni Ia si avvolge intorno alle fibre muscolari del fuso. I fusi e i loro
assoni Ia, specializzati per rilevare i cambiamenti di lunghezza del muscolo (stiramento), sono
esempi di propriocettori.
Gli assoni del gruppo Ia sono i più grossi assoni mielinizzati del corpo, il che significa che essi
conducono i potenziali d'azione in modo davvero velocissimo. Gli assoni Ia entrano nel midollo
spinale attraverso le radici dorsali, si ramificano rapidamente e formano sinapsi eccitatorie sia con
gli interneuroni sia coi motoneuroni alfa dei corni ventrali.
(Una volta che delle sinapsi neuromuscolari hanno prodotto l'accorciamento di un muscolo, flessore
o estensore che sia quindi la flessione o l'estensione di un'articolazione, abbiamo bisogno durante e
dopo questi eventi di informazioni su quello che sta succedendo, queste informazioni sono
coinvogliate in particolare dai fusi neuromuscolari. Il fuso neuromuscolare è costituito da una
capsula che racchiude fibre muscolari intrafusali, cioé dentro la struttura che racchiude il fuso
neuromuscolare, dalle quali prendono sinapsi delle fibre sensoriali afferenti, che vanno verso il
midollo spinale. Queste fibre afferenti coinvogliano al midollo spinale un'informazione di tipo
meccanico. Quando le sinapsi fanno accorciare il muscolo entrano in gioco anche le fibre
motoneuronali gamma, per consentire al muscolo di rimanere sempre inattivo rispetto allo stato del
muscolo. L'allungamento di un muscolo prende il nome di stiramento. Quando il muscolo si contrae
ad opera della sinapsi si accorcia, quando un muscolo viene transitoriamente stirato si allunga.
Quando le fibre intrafusali disposte in parallelo al muscolo vengono stirate insieme al muscolo,
quanto maggiore è lo stiramento tanto maggiore è la deformazione meccanica che queste fibre
afferenti subisco quindi comunicano che il muscolo è stato stirato. Il fuso neuromuscolare è il
recettore per eccellenza del riflesso da stiramento, stiramento dei muscoli, che comunica
inforamzioni sullo stato istantaneo o dinamico di allungamento dei muscoli, un recettore muscolare
localizzato a varie altezze nel ventre muscolare in parallelo alle fibre extrafusali. Viene innervato da
fibre sensoriali di grande diametro che cumunicano le deformazioni dinamiche del muscolo e da
fibre motorie che lo mantengono allungato e accorciato a seconda in maniera proporzionale allo
stato di allungamento o accorciamento del muscolo, cioé si tratta di un sistema sempre sensibile a
rilevare le variazioni di lunghezza del muscolo.)
Arco riflesso
Nella sua forma più semplice, la stimolazione di un nervo sensoriale (afferente) da parte di un
organo di senso o di un recettore è seguita dalla trasmissione dello stimolo a un nervo motorio
(efferente) che a sua volta determina una risposta in un organo effettore, ad esempio un muscolo che
si contrae o una ghiandola che produce una maggiore quantità di secreto. Un processo di questo tipo
prende il nome di arco riflesso.
I riflessi rappresentano una risposta del nostro corpo alle sollecitazioni esterne e, per molti aspetti,
sono alla base di alcuni meccanismi di difesa. Se ci pungiamo accidentalmente il polpastrello con
uno spillo, siamo indotti a ritrarre subito la mano, con un movimento immediato e involontario.
Infatti le due caratteristiche dei riflessi sono la velocità della reazione, percepita come immediata, e
la involontarietà del gesto (non occorre "pensare" di farlo). Allo stesso modo, se alla guida di un
autoveicolo un animale ci taglia la strada, siamo portati a sterzare bruscamente senza valutare le
conseguenze del gesto. La parte più evidente, ovvero il movimento meccanico indotto dal riflesso,
è solo l'ultima fase e l'effetto di un complesso meccanismo di trasmissione neuromuscolare. Il
riflesso risulta quindi la risposta riproducibile e involontaria a uno stimolo periferico (cioè
percepito dagli organi di senso) che, recepito da due o più neuroni, genera un comando inverso che
raggiunge un organo periferico che attua la risposta allo stimolo. Si tratta quindi di un percorso in
due sensi, una sorta di circuito che vede tre elementi: l'organo recettore, che percepisce lo stimolo
(esempio la pelle del polpastrello punto), le fibre nervose sensoriali, che trasmettono il messaggio
al sistema nervoso centrale, e l'organo effettore, che realizza il movimento. Il percorso di
trasmissione, ovvero la via di conduzione nervosa, è detta arco riflesso. La velocità del movimento
e la sua immediatezza sono determinate dall'arco riflesso e dalla sua capacità di trasmettere gli
impulsi.
L'arco riflesso può essere costituito, nella sua versione più semplice, da due soli neuroni, che sono
le unità morfofunzionali del tessuto nervoso. Il neurone è costituito dalla cellula nervosa e dai suoi
prolungamenti, tramite i quali si trasmettono gli impulsi; questi ultimi sono generati da reazioni
chimiche prodotte da speciali sostanze citoplasmatiche (neurotrasmettitori) come l'acetilcolina e la
noradrenalina. Nell'arco riflesso semplice uno dei due neuroni ha il compito di ricevere lo stimolo
dalla periferia (neurone afferente) e il secondo quello di trasmettere il comando del riflesso in senso
inverso (neurone efferente). L'arco riflesso può essere più complesso se tra i due neuroni si
inseriscono altri neuroni per "allungare" la catena trasmissiva e rendere più complesso il riflesso.
Esempio ben conosciuto di riflesso è il riflesso patellare, in cui si dà un colpo con un martelletto
appena sotto la rotula e la gamba si estende. Lo stimolo viene recepito dalle fibre sensitive,
trasmesso al midollo spinale che a sua volta trasmette lo stimolo motorio alle fibre del muscolo del
quadricipite della coscia, che fa flettere la gamba. Altro riflesso è quello pupillare, in cui la pupilla
si allarga o si restringe in base alla luce incidente.
Anche se per definizione il riflesso è una risposta involontaria, è stato dimostrato che alcuni riflessi
possono essere condizionati, nel senso che sono provocati non tanto da un'azione cosciente, ma da
una conoscenza acquisita. Il primo a dimostrare l'esistenza dei riflessi condizionati fu il fisiologo
russo Pavlov nel 1903. Egli condusse questo esperimento: ogni volta che dava da mangiare a un
cane, suonava una campanella in modo che il cane associasse il suono del campanello al cibo.
Quindi provò a suonare solo il campanello (senza portare il cibo) e dimostrò che il cane rispondeva
con il classico stimolo sensoriale associato al cibo: la sua salivazione aumentava. Questo riflesso
innato era stato riprodotto in assenza dello stimolo sensoriale che naturalmente lo produce (la vista
e l'odore del cibo), ma grazie a uno stimolo artificiale (il suono del campanello). Si trattava quindi
di un esempio di riflesso condizionato da un evento artificiale.
Le ricerche moderne studiano quindi l'influenza del grado di concentrazione del soggetto o di
condizionamenti esterni sui riflessi per comprendere meglio quanto i meccanismi di difesa o di
reazione innati possano essere modificati o perfezionati dall'esterno.
(Il riflesso in antichità veniva definito da Cartesio circuiti elementari che mettono in comunicazione
il mondo esterno con il mondo esterno e viceversa. Sistema che potrebbe costituire un nucleo di
base per consentire al movimento di verificarsi. I motoneuroni sono localizzati nella lamina IX del
corno ventrale. Nella zona centrale della sostanza grigia si trovano gli interneuroni che permettono
di organizzare i movimenti, qui sono concentrate le sinergie che traducono il pensiero in un
movimento. Le informazioni sensoriali provengono da neuroni i cui corpi cellulari sono localizzati
nei gangli delle radici dorsali. A livello delle corna dorsali arrivano le afferenze, mentre a livello
delle corna ventrali partono le efferenze. Le regioni più assiali sono localizzate in posizione mediali,
via via le porzioni più distali sono localizzate più lateralmente.)
Sensazione e percezione
Dalla forma più elementare di recezione dell'informazione sensoriale, cioè la sensazione: ciò che si
crea quando uno stimolo adeguato attiva un recettore specifico, si passa attraverso tutta questa serie
di processi ad una forma più integrata, complessa e creativa di esperienza cosciente dello stimolo
che è appunto la percezione.
Come gli stimoli meccanici dell'ambiente esterno vengono rilevati dal nostro sistema recettoriale e
processati in step successivi nell'organizzazione gerarchica che caratterizza i nostri sistemi
sensoriali.
Il lemnisco trigeminale
La sensazione somatica del volto è per lo più dovuta ai grandi nervi trigeminali(V paio dei nervi
cranici), che entrano nel cervello a livello del ponte. Gli assoni sensoriali a largo diametro del nervo
trigemino recano informazioni tattili dai meccanocettori cutanei. Essi fanno sinapsi nei neuroni di
secondo ordine nel nucleo trigeminale ipsilaterale, che è analogo al nucleo della colonna dorsale.
Gli assoni del nucleo trigeminale decussano e proiettano nella parte mediale del nucleo VPM del
talamo. Da qui, l'informazione è inviata alla corteccia somatosensoriale o S1.
L'OCCHIO E LA RETINA
Fotorecettori
Il segmento esterno dei fotoreccettori contiene una grande quantità di dischi membranosi
contenenti fotopigmenti, i quali assorbono la luce, provocando di conseguenza modificazioni del
potenziale di membrana del fotorecettore.
Esistono due tipi di fotoreccettori: i fotorecettori a bastoncelli, contengono molti dischi, maggiore
concentrazione di fotopigmenti e maggiore sensibilità alla luce eseguono maggiormente il loro
lavoro in condizioni di luminosità notturna, e i fotoreccettori a coni, contengono pochi dischi
membranosi quindi meno sensibili alla luce eseguono la maggior parte del loro lavoro in condizioni
di luminosità diurna.
Fototrasduzione
I fotorecettori convertono, o trasducono, l'energia luminosa in modificazioni del potenziale di
membrana.
Per molti versi questo processo è analogo alla trasduzione dei segnali chimi in segnali elettrici che
avviene durante la trasmissione sinaptica. Nel fotorecettore la stimolazione luminosa del
fotopigmento attiva le proteine G, che a loro volta attivano un enzima effettore capace di modificare
la concentrazione citoplasmatica della molecola di secondo messaggero. Questa modificazione
provoca la chiusura dei canali ionici di membrana, alterando il potenziale di membrana. Il
potenziale di membrana del segmento esterno dei bastoncelli è di circa -30 mV.
I fotorecettori sono sempre depolarizzati al buoio a causa di una corrente di sodio entrate, la
corrente al buio. Il sodio entra nei fotorecettori attraverso un canale GMPc dipendente. La luce
porta all'attivazione di un enzima che distrugge il GMPc, facendo perciò cessare la corrente di Na+
ed iperpolarizzando la cellula.
La risposta di iperpolarizzazione alla luce è innsescata dall'assorbimento di radiazione
elettromagnetica da parte del fotopigmento di membrana dei dischi sovrapposti nel segmento
esterno dei bastoncelli. Questo fotopigmento si chiama rodopsina, una proteina recettrice legata ad
un agonista chimico. La proteina recettrice è chiamata opsina, mentre l'agonista chimico retinale.
L'assorbimento della luce provoca una modificazione nella conformazione molecolare del retinale,
tale da attivare l'opsina, questo processo viene chiamato “sbiancamento”.
Lo “sbiancamento” della rodopsina stimola una proteina G presente sulla membrana dei dischi e
denominata transducina, la quale a sua volta attiva l'enzima effettore fosfodiesterasi (PDE) che
riduce drasticamente la concentrazione di GMPc, quindi provocando la chiusura dei canali Na+ e
l'iperpolarizzazione di membrana.
Ogni molecola di fotopigmento attiva molte proeteine G e ogni enzima PDE disattiva più di una
melecola di GMPc. Questa amplificazione permette al nostro sistema visivo di rilevare la minima
quantità di luce.
Si potrebbe riassumere così la reazione biochimica a cascata attivata dalla luce in un fotorecettore.
Al buio, il GMPc si lega ad un canale per il sodio, provocando una corrente entrante di Na+ e la
depolarizzazione della cellula. L'attivazione della rodopsina attraverso l'energia luminosa induce la
proeteina G (transducina) a trasformare il GTP in GDP, che a sua volta attiva l'enzima
fosfodiesterasi (PDE). Il PDE idrolizza il GMPc, facendo così cessare la corrente al buio.
Il processo di fototrasduzione nei coni è virtualmente lo stesso dei bastoncelli, l'unica grande
differenza consiste nel tipo di opsina dei dischi membranosi dei segmenti esterni dei coni. I coni
della nostra retina contengono una delle tre opsine che confersicono ai fotopigmenti sensibilità
spettrali diverse, quindi possiamo parlare di coni “blu”, di coni “verdi” e di coni “rossi”.
AREE EXTRASTRIATE
IL SISTEMA UDITIVO
La corteccia uditiva
La corteccia udivi primaria (A1) corrisponde all’area 41 di Brodmann del lobo
temporale. La struttura della A1 e delle aree uditive secondarie sono per molti versi
simili alle corrispondenti aree della corteccia visiva.
Nella rappresentazione tonotopica in A1, le basse frequenze sono rappresentate in
posizione rostrale e laterale, mentre le alte frequenze sono rappresentate in posizione
caudale e mediale.
Un altro principio organizzativo è costituito dalla presenza di colonne di cellule con
interazioni binaurali simili: cellule che rispondo in misura maggiore alla stimolazione
contemporanea di entrambe le orecchie piuttosto che a una delle due orecchie
separatamente e cellule che vengono inibite se entrambe le orecchie vengono
stimolate.
Il motivo di una maggiore conservazione delle funzioni in seguito a lesioni della
corteccia uditiva è che entrambi gli orecchi inviano efferenze alla corteccia di
entrambi gli emisferi. Gli studi compiuti su animali da esperimento indicano che
lesioni più piccole possono produrre deficit di elaborazione piuttosto specifici.
LE CORTECCE MOTORIE
LINGUAGGIO E AFASIA
Ruolo fisiologico della dopamina sulle 2 vie dei GdB: effetti da carenza/
eccesso di neurotrasmettitore
Nella via diretta, afferenze inibitorie, transitoriamente attive, provenienti dal nucleo caudato e dal
putamen proiettano ai neuroni inibitori, tonicamente attivi, del segmento interno del globo pallido
che, a loro volta, proiettano al complesso dei nuclei VA/VL del talamo. Sono indicate anche
afferenze eccitatorie, transitoriamente attive, che giungono al nucleo caudato e al putamen della
corteccia cerebrale.
Durante il periodo di inattività, i neuroni del globo pallido risultano spontaneamente attivi e di
conseguenza inibiscono il VL; l'attivazione corticale (1) eccita i neuroni del putamen, che (2)
inibiscono i neuroni del segmento interno del globo pallido, i quali (3) liberano le cellule del Vlo
dall'inibizione permettendo loro di diventare attive. L'attività dl Vlo fa aumentare l'attività della
AMS.
Nella via indiretta, neuroni inibitori, transitoriamente attivi, del nucleo caudato e putamen
proiettano ai neuroni inibitori, tonicamente attivi del segmento esterno del globo pallido. Notare che
l'effetto della proiezione dopaminergica della sostanza nera sui neruoni della via indiretta è
inibitorio. I neuroni del globo pallido (segmento esterno) proiettano al nucleo subtalamico, il quale
riceve anche una fotre eccitazione della corteccia. A sua volta, il nucleo subtalamico proietta al
globo pallido (segmento interno), dove la sua azione eccitatoria transitoria contrasta l'azione di
disinibizione della via diretta. In questo modo la via indiretta modula gli effetti della via diretta.
Normalmente quando la via indiretta è attivata da segnali di orignie corticale, i neuroni della
corteccia sono in attività e inibiscono i neuroni GABAergici , tonicamente attivi, del segmento
esterno del globo pallido. Di conseguenza le cellule subtalamiche diventano più attivee, in virtù
delle loro sinapsi eccitatorie con le cellule pallidali del segmento interno e nigrali della parte
reticolata, potenziano l'efferenza inibitoria dei gangli della base. Pertanto, a differenza della via
diretta che, quando attivata, riduce l'inibizione tonica, l'effetto finale della via indiretta è quello di
aumentare le influenze inibitorie dei gangli della base sui motoneuroni superiori. La via indiretta
può così essere considerata come “un freno che agisce sulla normale funzione della via diretta”.
L’insula e il disgusto
L'insula si attiva in modo particolare in presenza del disgusto. Viene localizzatta nella profondotà
del solco Silviano. Si attiva sia quando annusiamo che quando assaggiamo un cibo disgustoso e
persino di fronte a disgusto cognitivo, come l'osservazione di un'espressione facciale che esprima
disgusto.
Possiamo riconoscere quello che l'altro sta provando sfruttando un meccanismo che di fatto è una
rappresentazione esterna di quella stessa emozione (empatia). Alcune regioni dell'insula vengono
attivate simultaneamente sia quando proviamo disgusto olfattivo che quando vediamo l'espressione
facciale di qualcun'altro che prova disgusto. Quindi i neuroni dell'insula hanno un comportamento
di tipo specchio.