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"Innis" - Il Bias
Pubblicato da Tommy a 6.03
Bias è una parola che si può tradurre in "propensione tendenziosa". Il bias circoscrive la proprietà
specifica di un medium. E in quanto proprietà, il bias di un mezzo di un mezzo di comunicazione
segna la demarcazione tra quello che un medium può fare e quello che non può fare. Il concetto di
bias racchiude in se non soltanto la piena originalità della teoria di Innis, ma anche il senso della sua
utilità per la riflessione attuale sui media. Bias indica "il pregiudizio" oltre che "l'influenza
deformante".
L'influenza deformante:
è la propensione di un medium per il governo dello spazio o per la vittoria sul tempo e struttura in
maniera profonda i caratteri della civiltà in cui è adottato.
Pregiudizio:
Se i media danno la loro impronta all'aspetto complessivo di una civiltà, condizionano anche i
sistemi di pensiero nati all'interno di essa. Per questa ragione, è impossibile una conoscenza
oggettiva e non parziale di altre civiltà, sottoposte all'influsso di altri media dominanti.
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"Innis" - trasformazioni e conseguenze provocate dalla
stampa
Pubblicato da Tommy a 5.27
L'enorme espansione dell'industria della stampa e l'affermazione della libertà di espressione,
favorirono la nascita dei monopoli, ed intensificarono i sentimenti nazionalisti.
Tutti questi cambiamenti provocarono delle profonde conseguenze sul destino degli imperi: la
concentrazione di un mezzo di comunicazione porta con se un condizionamento nello sviluppo
culturale della civiltà, che di conseguenza sarà interessata o all'importanza dello spazio e quindi
dell'organizzazione politica, o al tempo e quindi dell'organizzazione religiosa.
L'introduzione di un secondo medium tende a frenare l'influenza del primo, e a creare le condizioni
adatte alla crescita dell'impero.
L'impero bizantino da esempio, emerse da una fusione tra gli effetti del papiro sull'organizzazione
politica e gli effetti della pergamena sull'organizzazione ecclesiastica. Il dominio della pergamena
ha portato, nella storia dell'occidente, al monopolio dell'organizzazione ecclesiastica, che a sua volta
provocò l'introduzione della carta, favorevole invece allo sviluppo delle istituzioni politiche. Con
l'avvento della stampa, la carta facilitò lo sviluppo effettivo dei vernacoli, e diede espressione alla
loro vitalità nella crescita del nazionalismo.
L'adattabilità dell'alfabeto alla produzione industriale su larga scala, diventò la base
dell'alfabetizzazione, della crescita della pubblicità e del commercio. Il libro, quale prodotto
specializzato della stampa, e successivamente il giornale, rafforzarono la posizione della lingua
come base del nazionalismo.
La capacità di sviluppare un sistema di governo in cui l'influenza della comunicazione possa essere
controllata, ed in cui sia possibile raggiungere una gestione equilibrata dello spazio e del tempo,
rimane il problema di tutto il mondo occidentale.
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La mediologia intende inoltre essere una sorta di ecologia dell'ambiente mediologico, che debray
riassume nel concetto di "mediasfera".
Le tre mediasfere:
La grafosfera - contrassegnata dalla stampa, vede l'aumento del numero di scritti che incentiva una
lettura privata e la definizione di un individuo razionale ed al centro del mondo.
La videosfera - Figlia dei media audiovisivi, si instaura invece con la fagocitazione (assorbimento)
di ogni realtà nell'ambito del visivo, allorquando l'abbondanza incontrollata di immagini scandisce
il vivere sociale.
Inoltre secondo Règis Debray le tre cesure mediologiche dell'umanità, vale a dire la scrittura; la
stampa; e l'audiovisivo, corrisponderebbero a tre regni distinti di immagine:
• L'idolo (associabile alla logosfera) - con esso si mette in opera uno sguardo senza oggetto,
in quanto esso si pone come semplice traduttore di istanze trascendenti. "teocrazia".
• L'arte (associabile alla grafosfera) - l'arte pone il soggetto dietro lo sguardo: sottolineando la
centralità dell'uomo anziché del divino. "ideocrazia".
• L'audiovisivo (associabile alla videosfera) - caratterizzato dalla TV e dal flusso incessante di
immagini ed informazioni digitalizzate. Con il visivo si può parlare a pieno titolo di una
visione senza sguardo "videocrazia".
TV democratica o antidemocratica?
La videosfera appare secondo l'autore, come un habitat di una società cinica, disordinata, priva di
solidi legami sociali e di valori stabili, schiava del presente ed incapace di partorire argomentazioni
razionali. Secondo Debray con la TV l'individuo va incontro a varie forme di inattitudine:
• Inattitudine alla negazione - porta alla formazione di spiriti incapaci di cambiare il mondo
poichè incapaci di concepire argomentazioni contrapposte.
• Inattitudine alla generalità - si sarà attenti agli individui, alla singolarità del vivente, ma
anche privi di ancoraggi collettivi, di riferimenti simbolici condivisi.
• Inattitudine all'ordinamento - ossia la capacità di gestire le situazioni con versatilità e
scioltezza, ma anche l'assenza di vigoroso spirito critico.
• Inattitudine alla flessione temporale - saremo esseri senza memoria , esseri che vogliono
tutto e subito.
Con l'avvento della videosfera e in particolare della TV, grazie alla quale si è passati da una "civiltà
simbolica" ad una "civiltà indiziale", non solo è cambiata la percezione della realtà in quanto tale,
ma ha cambiato radicalmente la dinamica politica e della vita pubblica, insomma Debray si trova di
fronte uno "stato immagine" debole e falso, che invece di governare si vede costretto a sedurre per
rincorrere il consenso popolare. La televisione definisce i canoni figurativi, estetici che "l'uomo di
stato" deve possedere, a prescindere dalle qualità governative effettive.
Oggi la videosfera ha portato l'individuo ad una confusione tra il "reale e il "visibile". "io vedo"
ha sostituito "io comprendo" .
(prima parte)
Signor Debray, si può rintracciare una data o un contesto di nascita per la Médiologie?
Si, il 1979 "Le pouvoir intellectuel en France". Alla fine di questo libro annuncio l'emergenza di
questa disciplina.
La médiologie è stata definita come una falsa scienza.
Non è una scienza. E non è né vera né falsa. É un campo di razionalità che non pretende la
scientificità. Non considero che la sociologia sia una scienza; affinché si possa parlare di scienza è
necessario che vi sia un sapere cumulativo e un consenso fondamentale tra gli imperativi di questa
scienza. Dubito che le scienze sociali rispondano a queste caratteristiche.
Quindi potremmo considerare piuttosto la médiologie come una "forma mentis"?
Si come uno sguardo sul mondo. Più un modo particolare di conoscere che un dominio preciso di
conoscenze.
Mediologia e médiologie: quali le differenze?
I Media possono essere considerati come un caso particolare di Mediazioni, le quali rappresentano
l'interesse della mediologia. La mediologia, infatti, è lo studio delle interazioni tra tecnica e cultura
o lo studio delle mediazioni della tecnica della cultura o lo studio delle conseguenze simboliche
delle rotture tecnologiche. Quindi il dominio, o meglio, lo sguardo copre un campo molto più vasto
rispetto a quello dei mass media. La mediologia non è una sociologia dei media. La Mediologia
rappresenta un modo di guardare la cultura dal basso e di mettere in relazione due domini di realtà
generalmente sconnessi quali, da una parte, il campo delle "idéalités" o delle produzioni culturali e,
dall'altra, il campo delle produzioni tecniche.
Qual è la differenza tra la vostra teoria e quella di Mc Luhan?
La teoria di Mc Luhan è incentrata soprattutto sui Mass Media, non é costruita razionalmente, è
geniale da un punto di vista intuitivo ma non ha l'ampiezza storica e filosofica o antropologica della
mediologia.
Voi avete comunque affermato che possiamo definire McLuhan come uno dei padri fondatori
della médiologie.
Si, certamente è un padre che bisogna riabilitare. Mc Luhan è un poeta, non lo dico in senso
peggiorativo. Lui è un poeta e noi dei prosatori.
Parafrasando Roland Barthes, si può dire che non si dà médiologie, scienza dei media, se essa
non finisce per assumersi come medioclastia, distruzione e conflitto con e dentro i media?
No, la mediologia non è medioclastica; la mediologia vorrebbe astenersi dai giudizi di valore e
vorrebbe descrivere delle tecniche dei mezzi, delle mediasfere e non è affatto coinvolta in un
combattimento contro i mass media; anche se privilegiando la trasmissione tenta di valorizzare le
istituzioni, i corpi mediatori, ovvero la scuola, la chiesa, lo stato, i musei piuttosto che i mass media
Nel manifesto della mediologia del '99 lei sostiene la necessità che vi è tra la tecnica e la
cultura. È come voler promuovere la cultura del saper fare? Come lo si potrebbe fare? A chi
conviene meno che venga attuata questa "rivoluzione culturale"?
La mediologia non fa al caso degli idealisti e degli spiritualisti, anche se ho fatto io stesso degli
studi di mediologia degli studi cristiani e notamente su dio, unico e personale (nel mio libro Dieu,
un' itinere) in generale lo spiritualismo non ama che gli si ricordino le basi materiali della cultura.
Cultura e tecnica sono generalmente viste come antitetiche.
In che modo, per lei, si differenziano informazione e comunicazione e dove si colloca la
trasmissione?
La trasmissione è il trasporto dell'informazione nel tempo, la comunicazione è il trasporto
dell'informazione nello spazio. L'informazione può essere definita attraverso un
algoritmo,l'informazione è matematica, è l'inverso di una probabilità d'apparizione. L'informazione
è un logaritmo. La mediologia è fondamentalmente una dottrina della trasmissione, non della
Comunicazione.
In molti Paesi si alzano pesanti critiche alla Comunicazione. In Italia Perniola, un noto
filosofo, oppone alle aberrazioni della Com l'estetica; anche Enrico Grezzi, in tempi non
sospetti ha mostrato il suo scetticismo nei confronti della stessa. Ramonet parla di tirannia
della Comunicazione. La Com è veramente così pericolosa o queste critiche sono solo una
conseguenza di una cattiva applicazione della stessa?
È una questione molto complessa alla quale non si può rispondere in qualche parola. È assurdo
diabolizzare la Comunicazione; bisognerebbe prima dare un senso preciso a questo termine e c'è
molta polemica politico-ideologica dietro, quindi la mediologia vorrebbe astenersi.
Louise Merzeau, nel numero 6 dei "Cahiers de Médiologie" (Pourquoi des mediologues?),
parla di Hypersphère (la "Sfera di internet"): questa nuova dimensione ha preso il posto della
videosfera o ne rappresenta solo un ampliamento?
No, penso che ci sia una rottura ma diciamo che la videosfera esula l'accezione strettamente tecnica
della parola. La videosfera letteralmente sarebbe solamente il mondo dell'immagine televisiva con
supporto numerico. Oggi siamo nella numerosfera e la televisione rientra come un caso particolare
all'interno di un macro sistema tecnico che è numerico. Dunque siamo nella numerosfera.
Crede che i nuovi media possano rappresentare una nuova frontiera della democrazia e del
governo o è solo un'utopia?
Il termine di nuova frontiera è molto ideologico. É un termine religioso che appartiene all'universo
politico americano che non capisco esattamente cosa voglia dire in una descrizione storica. Si, ci
sono delle rotture, delle soglie, ma non lo so se il numerico rappresenta un cambiamento nel modo
di governare. Rappresenta sicuramente un cambiamento nell'accumulazione scientifica,
nell'organizzazione sociale, ma nel sistema politico non sono sicuro.
Cosa pensa del concetto di intelligenza collettiva introdotto da Pierre Levy?
Credo che sia un'utopia concreta del mio amico Pierre Levy, che non tiene conto delle differenze di
cultura, di lingua, ma dona valore ad una nuova circolazione e accessibilità dei
dati scientifici. Una mondializzazione del sapere che non è molto positiva. In ogni modo nessuna
rivoluzione mediologica è completamente positiva o completamente negativa. Ognuna ha i propri
inconvenienti, ma, d'altra parte, tra i vantaggi del numerico c'è sicuramente un progresso
formidabile nell'accumulazione delle conoscenze. E soprattutto nell'archiviazione e nell'accessibilità
delle stesse. Perchè malgrado tutto Einstein ha scoperto la relatività con una matita e un foglio di
carta.
A quando risale la prima forma di interazione tra Stato e Videosfera?
Aneddoticamente al 1968, l'anno dell'introduzione dei mass media nella politica.
Ne "Lo Stato Seduttore" lei parla di umanitarismo come oppio degli uomini di stato,
affermando che la concezione di Stato Umanitario si colloca negli anni 80-90. Si sentirebbe di
dire che lo Stato Umanitario ha visto la sua fine oppure siamo ancor in pieno regime?
Bella domanda. No, credo che lo Stato umanitario sia in declino perchè ognuno si sta rendendo
conto che l'umanitario non ha una collocazione politica e che il famoso diritto o dovere d'ingerenza
negli affari interni di un paese serve come punto d'onore solo per l'imperialismo economico e
politico più brutale. Quindi credo che lo Stato Umanitario si trovi enormemente destabilizzato dagli
eventi Iracheni .
Da un punto di vista mediatico, la guerra in Iraq rappresenta una nuova guerra? Mi riferisco
ai video degli ostaggi, alle decapitazioni in diretta, alle immagini delle torture. Che succede?
La prima guerra mondiale è stata una guerra tra il libro e il giornale, vinta dal giornale; la seconda
guerra mondiale è stata una guerra tra il giornale e la radio, vinta dalla radio; la guerra del Vietnam
è stata una guerra tra la radio e la televisione vinta dalla televisione e l'attuale guerra in Iraq è la
guerra tra la televisione e il numerico, vinta dal numerico.
Quale è il vostro rapporto con i "Nouveaux philosophes?"
Nessun rapporto con i nuovi filosofi, che sono dei giornalisti, essenzialmente. I nuovi filosofi sono
interessanti come fenomeno perchè è veramente l'introduzione dei mass media nella filosofia.
Ovvero, il filosofo diviene il suo proprio pubblicitario e si avvicina all'università per indirizzarsi
direttamente all'opinione pubblica. Salta sulla testa dei suoi colleghi, dei suoi padri: è una
rivoluzione demagogica. Ma non ho alcun rapporto con questo movimento, mi interessa come
oggetto di riflessione ma in ogni modo il contenuto è completamente vuoto.
Il concetto di bainframe:
IL bainframe (cornice mentale) è una struttura di percezione ed interpretazione fisiologica,
cognitiva e sensoriale della realtà creata dalla forgiatura del nostro cervello da parte delle tecnologie
di elaborazione delle informazioni. Ogni nuovo mezzo di comunicazione, in sintesi configurerebbe i
nostri emisferi celebrali delineando sostanziali modifiche neuronali, fisiologiche cognitive e perfino
corporee, creando insomma cornici che circoscrivono le modalità con cui intendiamo il mondo e
reagiamo ad esso.
La tecno-psicologia:
De Kerckhove, avanza l'idea di una tecno-psicologia, ossia lo studio della psicologia intesa non
come qualcosa di universale ed immutabile, ma come attributo psichico di individui soggetti
storicamente all'azione delle innovazioni tecniche. Per l'autore una psico-tecnologia è una
tecnologia che con le sue stesse parole emula, estende o amplifica le funzioni senso-motorie,
psicologiche e cognitive della mente. Così facendo riformulano la nostra idea di realtà. Egli si
riferisce in particolar modo ai mezzi di comunicazione elettronica che ci hanno permesso di entrare
in una vera e propria era delle psicotecnologie.
Per quanto riguarda l'identità di gruppo, Meyrowitz afferma che un gruppo si sente tanto più
unito, quanto meno le informazioni di cui ogni suo membro dispone sono condivise da estranei.
Inoltre il chiaro concetto di "noi" di un determinato gruppo dipende dalla forte condivisione di
comportamenti da scena e da retroscena (leggi il significato di scena e retroscena nel post
successivo). Di conseguenza i media elettronici, nel momento in cui offrono nuovi modi per svelare
tali comportamenti, mutano l'identità di un gruppo.
Per quanto riguarda invece la "socializzazione" Meyrowitz sostiene che: in ogni processo di
socializzazione gli individui tendono ad assumere informazioni condivise, ma specifiche, del
gruppo di riferimento. il processo di socializzazione secondo lo studioso, è cambiato perché mentre
prima dei media elettronici l'accesso alla conoscenza proprio dell'età adulta si poteva avere o
tramite la frequenza di luoghi fisici o la lettura, oggi grazie alla tv, i processi di informazione sono
accessibili a tutti, dai bambini agli anziani. In questo senso l'accesso alle informazioni non è più
legato ai luoghi fisici, ma adesso sono i media stessi a determinare il senso del luogo, quindi
determinano il modo di interpretare i ruoli. Inoltre questa fusione di ambienti diversi porta a
condividere i comportamenti da scena a retroscena, per cui il ruolo autorevole dell'adulto perde
significato, una volta che il bambino riesce a decodificare i comportamenti di retroscena.
La tesi di Meyrowitz è che i media elettronici non ci influenzano tanto con i loro contenuti, quanto
modificando la geografia situazionale della nostra vita sociale.
Meyrowitz sostiene che i media , e in particolare la tv, ha eliminato i confini tra palcoscenico e
retroscena, rendendo visibili tutti gli angoli della società.
Oggi infatti attraverso la tv, è possibile conoscere il retroscena, dei gruppi a cui non si appartiene.
Meyrowitz ha ragione nel sostenere che, rispetto al pensiero di Goffman, non esiste più identità
tra luogo e informazione perché la tv ha illuminato ma nello stesso tempo anche eliminato tutti i
retroscena unificando ciò che prima era separato.
L'avvento dei media elettronici implica lo sfaldamento della situazione dei luoghi. La situazione
cambia pur non modificandosi il luogo fisico, di conseguenza cambia l'idea di soggettività. La
situazione non va più strutturata al luogo fisico ma dall'accesso delle informazioni. O meglio, dalla
capacità di accesso degli individui alle informazioni che i sistemi trasmettono.
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L'industria culturale:
Pubblicato da Tommy a 2.18
L'espressione industria culturale è scelta da Harkheimer e Adorno, in opposizione al concetto di
cultura di massa. Se quest'ultima, infatti, rappresenta la creatività culturale degli strati socialmente
più bassi e conserva un pur esiguo margine di libertà rispetto alle forze sociali ed economiche
dominanti, l'industria culturale non ha nulla di spontaneo: non è altro che uno strumento tramite il
quale la società capitalistica riversa le sue norme e i suoi valori su una massa inerte e atomizzata.
Attraverso l'industria culturale, la società capitalista mette in scena la sua inesausta auto-
celebrazione e ribadisce la capillarità del suo potere, a cui nulla e nessuno sfugge. I difensori di
questo sistema sostengono che non è in gioco nessuna forma di dominio autoritario, ma secondo
Adorno e Harkheimer quello che si instaura è in realtà un " circolo di manipolazione e bisogno"
in cui le aspettative preformate dell'industria vengono interiorizzate a tal punto dallo spettatore che
gli si presentano con la naturalezza dei desideri e delle ambizioni spontanee.
Secondo Adorno, nell'era dell'industria culturale l'individuo non decide più autonomamente: il
conflitto tra impulsi e coscienza è risolto con l'adesione acritica ai valori imposti. L'uomo è in balia
di una società che lo manipola a piacere: Il consumatore non è sovrano, come l'industria culturale
vorrebbe far credere, non è il suo soggetto bensì il suo oggetto. Cioè la società è sempre la
vincitrice e l'individuo è soltanto un burattino manipolato dalle norme sociali.
L'individualità è svuotata del suo potenziale critico e al suo posto si instaura una pseudo-
individualità alienata, completamente in balia delle forze sociali: "la particolarità del "se" è un
prodotto sociale brevettato che viene falsamente spacciato come naturale.
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domenica 24 agosto 2008
Walter Benjamin
Pubblicato da Tommy a 10.04
Il suo contributo più significativo è senza dubbio il breve saggio
"L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica".
L'opera d'arte - dice Benjamin - prima dell'avvento dell'epoca della
riproducibilità tecnica, godeva dello statuto di autenticità ed
unicità. Un quadro ad esempio era un pezzo unico, originale ed
autentico, ossia irripetibile e destinato ad un godimento estetico
esclusivo nel luogo in cui si trova. Questa sua autenticità,
irripetibilità e esclusività di godimento estetico viene da Benjamin
chiamata "Aura". L'Aura è una sorta di carisma insito nell'opera
d'arte, un elemento quasi magico che ha a che fare con la sua
unicità. Diversamente l'opera d'arte nell'epoca della sua
riproducibilità tecnica è sottoposta ad un processi di decadenza
dell'aura. Cioè tanto è unico un quadro quanto labile e ripetibile è
la sua immagine (es. foto), eliminando quasi totalmente i concetti
di creatività, genialità, valore eterno e di mistero, poichè la
riproducibilità tecnica ha l'effetto di rendere le cose, spazialmente e
umanamente, più vicine, desacralizzandole.
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Le tre tappe:
La comunicazione si pone così come risposta assoluta alla grave crisi del XX secolo. Tre sono le
tappe secondo Breton che portano allo sviluppo di questa moderna nozione unificante che si giova
dell'interazione tra le principali tecniche della comunicazione ed il contesto sociale in cui esse
agiscono.
• La prima tappa è rappresentata dalla nascita della cibernetica intesa come scienza del
controllo dell'informazione in relazione agli uomini e alle società.
• La seconda tappa è rappresentata dall'intenzione esplicita di impiegare la nozione di
comunicazione anche nell'analisi e nell'azione politico-sociale.
• L'ultima tappa è rappresentata dall'evoluzione nel dopoguerra della società occidentale, che
emerge dalle macerie del conflitto mondiale con la sua voglia di rivalsa e pone le basi
effettive per la definitiva consacrazione dell'idea di comunicazione come valore utopico.
Homo communicans:
Breton sulla basi di alcune teorie di uno studioso di nome Weiner afferma che qualsiasi fenomeno è
considerato come interamente costituito dagli insiemi di relazioni di cui fa parte, la sua essenza è
completamente definita in termini di informazione e comunicazione. Ogni fenomeno diventa così la
risultante delle informazioni che può scambiare nelle reti in cui accede. Tutto questo ha dati vita ad
una nuova definizione antropologica dell'uomo. Si tratta della concezione dell'homo communicans,
che secondo breton è un essere senza interiorità e senza corpo, che vive in una società senza segreti,
un essere interamente rivolto al sociale, che esiste soltanto attraverso l'informazione e lo scambio in
una società resa trasparente. Grazie alle nuove tecnologie dell'informazione (internet), l'uomo
diventa un essere informazionale collettivo, portando alla confusione tra la sfera pubblica e quella
privata, indebolendo l'individualità, i rapporti diretti e il concetto di corpo inteso come incontro
fisico.