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A p r i l G r e i m a n

A cura di Silvio Lorusso e Matteo Catacchio


Lavoro di ricerca realizzato per
il corso di Storia della Grafica
tenuto da Carlo Vinti.

Facoltà di Design e Arti

Università IUAV di Venezia

A cura di Silvio Lorusso e Matteo


Catacchio

Testi composti in Verdana

2008
Stile ed autoespressione 2

Rapporto con la committenza 7

Autonomia ed autoproduzione 9

Scrittura e creazione di contenuti 10

Opposizione ed attivismo politico 11

Arte e design, cultura alta e cultura di massa 12

Interdisciplinarità 14

Lavoro di gruppo, regia, direzione artistica 16

Intervista ad April Greiman 17

Bibliografia 20

1
April Greiman dichiara di non avere uno sti-
le. Difficile prendere posizione riguardo a questa
affermazione. La biografia essenziale sul catalogo
“California Wave: etc.etc.” la descrive così: «April ~
Greiman […] ha contribuito a definire lo stile “New
Wave” della grafica, l’architettura e l’arredamento
d’interni». Generalmente tutti i designer classificati
come “New Wave” tendono immediatamente a di-
staccarsi da questa etichetta. April Greiman non fa
eccezione. Ella aggiunge alla New Wave che, na-
scendo dalle ceneri del modernismo e dello Swiss
style, rinuncia alla presunzione di oggettività, al
metodo, quindi ad una visione ed un segno perso-
nale del designer, una componente fondamenta-
le, che è l’utilizzo del computer, in particolare del
Macintosh, riflettendo costantemente sulla materia
dell’immagine, sull’esaltazione dell’elemento infor-
matico, video e tipografico, disposti in un’immagi-
ne unica attraverso una stratificazione complessa
che tende a riflettere la complessità della realtà, o
almeno la molteplicità e multimedialità di essa. Il
lavoro di April Greiman ha contribuito a definire una
sottocategoria chiamata “Techno Wave”.
Se attraverso un’operazione informatico-con-
cettuale si attribuisce alla variabile “stile” il valore/
significato di “linguaggio” si possono definire con
maggiore facilità le costanti del lavoro di April Grei-
man. Ella si forma al Allgemenine Kunstgewerbe-
schule di Basilea con professori del calibro di Ar-
min Hofmann e Wolfgang Weingart, il vero punto
di rottura con lo Swiss Style, dai quali apprende la
sensibilità per la composizione, il dinamismo, l’uti-
lizzo consapevole e innovativo della tipografia, an-
che se afferma: «La maggior parte dei professori ¬
non parlava inglese, loro insegnavano in silenzio e
con il linguaggio del corpo. Poi, per me, il professore
sparì ed io imparavo da me stessa, un’esperienza

~ [a cura di] Giorgio Camuffo, Pacific wave : Californian graphic


design, Udine, Edizioni Magnus, 1987
¬ [a cura di] Liz Farrelly, April Greiman: Floating ideas into time
and space, London, Thames and Hudson, 1998

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dal valore inestimabile». Ma in un’ulteriore occasio-
ne racconta: «Molte persone hanno contribuito al ∫
mio progresso, specialmente i miei professori alla
Basel Kunstgewerbeschule, Armin Hofmann e Wol-
fgang Weingart. Un contrasto perfetto: l’intenso,
calmo, riduttivo approccio di Hofmann e l’additivo,
complesso, emozionale approccio di Weingart. Ero
impressionata dal fatto che nel corso di Hofmann
si poteva passare un semestre studiando un detta-
glio, mentre nel corso di Weingart si poteva lavo-
rare contemporaneamente su venti variazioni dello
stesso tema».
La prima fase del suo lavoro, precedente all’av-
vento dell’informatica come strumento di design è
caratterizzata comunque dall’utilizzo di numerosi
elementi nella pagina, l’equilibrio della quale è dato
dal “conflitto” tra di essi. La pagina può essere de-
finita un campo di battaglia. April Greiman, come
peraltro il suo collega Dan Freidman, quasi sempre,
sviluppa uno spazio tridimensionale, una profondità
che permette ai vari elementi di fluttuare: «Provavo ∆
a rendere bidimensionale una affermazione tridi-
mensionale, per incorporare il tempo e lo spazio».
L’immagine, anticipando il workflow dei contempo-
ranei software di editing, è multilayer, stratificata.
Esempio chiave è il poster del 1982 per il Californian
Institute of Arts, nel quale la profondità è data oltre
che da una foto di sfondo di uno spazio molto vasto,
anche dal primo piano di un volto, ed infine dalla
presenza di una mano che mantiene la composi-
zione annullandone la veridicità. Il testo lavora in
perfetta combinazione con l’immagine, anzi è esso
stesso immagine. Altro esempio è il poster del 1984
per i giochi olimpici di Los Angeles, un’immagine di
un uomo pare fuoriuscire da un quadrato e avan-
zare verso lo spettatore, e le ombre suggeriscono
ancora uno spazio tangibile. Apoteosi della volontà

∫ April Greiman, Hybrid Imagery: The Fusion of Technology and


Graphic Design, New York, Watson-Guptill Publications, 1990
∆ AaVv., Graphic Design in America: a visual language history.
Minneapolis, Walker Art Center, 1989

3
tridimensionale è il poster del 1983 “Your Turn, My
Turn”, il quale fa uso della tecnologia stereoscopica e
quindi fornito con occhiali il cui design è curato dalla
stessa Greiman. Altra tendenza comune alla New
Wave ed al post-modernismo è la citazione libera,
il riutilizzo decontestualizzato; si veda a proposito
l’identità visiva del 1979 per il China club di Los An-
geles, gli elementi ripresi sono esplicitamente quelli
del costruttivismo russo, di El Lisitskji, ma utilizzati
limpidamente come pura decorazione insieme ad
“eretiche” pennellate vicine al Bleu Reiter.
L’indagine successiva è rivolta al video, April
Greiman comincia a filmare paesaggi, persone in
movimento, etc. per poi, successivamente, fotogra-
fare i fotogrammi “congelati” e usarli nei suoi lavori.
Un poster del 1982 per la Society of Typographic
Arts contiene 9 frames di un modellino costruito
dalla Greiman stessa con forme geometriche ed una
striscia di testo. I frames sono stati poi colorati e
inseriti nel poster.
Il passaggio al Macintosh segna una svolta che
non è soltanto tecnica: mentre gli altri designers
erano diffidenti nei confronti del nuovo strumento,
la Greiman ne subisce il fascino, ne intuisce gli svi-
luppi e le potenzialità. Parlando del Macintosh af-
ferma «E’ un processo ibrido, che permette di unire ~
una diversità di teconologie e immaginari». Sot-
tolineandone l’immediatezza, afferma l’intervento
dell’intuizione e del caso nel processo progettuale,
anticipando così tendenze odierne come il glitch che
pone l’accento sulle valenze estetiche dell’errore
nelle attrezzature tecnologiche. April Greiman af-
ferma: «il Mac è un vero colpo di genio: lo strumen- ¬
to del Caso. Molto più che un semplice mezzo per
visualizzare le idee, è il primo strumento veramente
intelligente, in quanto interviene nel processo cre-
ativo.», anche questa affermazione ad oggi risulta

~ AaVv., Graphic Design in America: a visual language history.


Minneapolis, Walker Art Center, 1989
¬ [a cura di] Liz Farrelly, April Greiman: Floating ideas into time
and space, London, Thames and Hudson, 1998

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discutibile, considerando l’attuale ricerca, da par-
te dei designer, della libertà dalle strutture e dalle
preimpostazioni dei software.
Opera che racchiude la poetica di April Greiman
è il poster “Graphic Design in America” per il Walker
Art Center. In questo poster un’unica bandiera ame-
ricana è composta da quattro diverse immagini: la
prima è tratta da un francobollo, la seconda da una
litografia ad offset, la terza da un frame video e
l’ultima infine da un trattamento al computer di una
foto.
L’autoespressione, concetto quasi “program-
matico” della New Wave, viene affermato, forse per
la prima volta, in maniera diretta, esplicita dalla
Greiman, nel poster del 1989 “Does it make sen-
se?” per il numero 133 della rivista Design Quar-
terly del Walker Art Center. L’innovazione parte dal
formato, il poster racchiude le tipiche trentadue pa-
gine della rivista in un sola pagina piegabile. Il ti-
tolo stesso pone un dubbio, chiedendo “si capisce?”
April Greiman dimostra di non porsi il problema del-
la ricezione del messaggio, o quantomeno di por-
lo in maniera diversa, concedendo un ruolo attivo
all’utente/spettatore nel creare significato. Questo
poster è il primo lavoro completamente sviluppa-
to su Macintosh. April Greiman sviluppa un artwork
che non si può definire autocelebrativo, perché non
celebra il suo lavoro, ma mostra la Greiman stes-
sa, cercando di evidenziarne l’intimità, il passato,
l’immaginario, le riflessioni sul genere umano e solo
dopo tutto questo il suo lavoro. Il retro del poster
contiene diverse immagini, ognuna di tipo differen-
te: digitalizzata, fotogrammi video, particolari della
texture televisiva. Oltre a ciò una serie di pensieri,
aneddoti, idee su temi vari; una sorta di cut-out.
L’autoespressione non si identifica solo attraverso il
“mezzo” del graphic design, ma anche attraverso la
produzione di pensiero.

5
Altro esempio di libera espressione è l’iden-
tità visuale del suo studio: anche qui la composi-
zione si articola su più livelli, uno sfondo bianco nel
quale fluttuano forme semplici e in primo piano il
testo di memoria Weingartiana con diverse crenatu-
re. April Greiman descrivendo questo lavoro non fa
riferimento alle avanguardie ma ad un simbolismo
universale: « […] il quadrato giallo rappresenta la ~
terra; il triangolo verde il fuoco, e anche la natura
dinamica di una triade; l'ovale rappresenta la sacra-
lità e il sé».
All’accusa di decorativismo, April Greiman ri-
sponde così: «La forma è contenuto. Così è l’emo- ¬
zione, la texture, le parole, i simboli, il colore e la
tecnologia». Ma parlando di ciò che vedeva a New
York afferma: « […] Ho iniziato a percepire che mol- ∫
te cose che vedevo erano solo forma e nessun con-
tenuto». Oltre a ciò, la funzionalità del suo lavoro è
stata spesso messa in discussione, e probabilmente
un’affermazione di Weingart può valere anche per
April Greiman: «Penso che gli stimoli visivi dei miei ∆
testi siano una compensazione adeguata per la bas-
sa leggibilità degli stessi». In definitiva April Grei-
man non fa differenza tra contenitore e contenuto
e la comunicazione punta più sull’impatto che sulla
ragione: «Il design deve sedurre, formare e prima ±
di tutto evocare una risposta emozionale».

~ April Greiman, Hybrid Imagery: The Fusion of Technology and


Graphic Design, New York, Watson-Guptill Publications, 1990
¬ ∆ ± Dario Russo, Free Graphic, la grafica fuori dalle regole
nell'era digitale, Milano, Lupetti, 2006
∫ AaVv., Graphic Design in America: a visual language history.
Minneapolis, Walker Art Center, 1989
6
Il contesto culturale californiano (e più in ge-
nerale americano), l’habitat industriale e l’approccio
di April Greiman sono stati fondamentali per lo svi-
luppo dei suoi progetti. La California pareva essere
un’isola felice nell’isola felice che erano gli Stati Uni-
ti. Come già successo in passato con le avanguardie
riportate in America a causa dei regimi totalitari, an-
che il graphic design poteva permettersi una libertà
estremamente maggiore, una maggiore irriverenza,
e una sperimentazione più attiva. Ancora di più nel-
la West Coast, dove lo stile di vita era piuttosto alto,
le aziende fiorenti, l’attenzione all’originalità molto
forte, si pensi a Los Angeles, a Hollywood, etc. Oltre
a ciò si assiste alla nascita di una moltitudine di in-
dustrie di alta tecnologia (silicon valley), una novità
assoluta, con nessun passato alle spalle col quale
doversi confrontare. In questo contesto April Grei-
man si muove a suo agio, essendo la prima a dare
valenze estetiche e simboliche al mezzo informatico
e tecnologico. Oltre alle industrie, tra i clienti si an-
noverano molte istituzioni culturali come musei (Los
Angeles County Museum of Art, Los Angeles Insti-
tute of Contemporary Arts, Southern Californian In-
stitute of Architecture, MoMA, Walker Art Center),
riviste (Art Direction, Wet, Workspirit, Pc World) e
persino negozi (Vertigo, Tse Cashmere) e ristoranti
(China Club).
April Greiman osserva: «La mia ricerca per- ∞
sonale riguarda ciò, che nel mio cuore, io ritengo
importante esplorare e descrivere. […] Per coinci-
denza sembrano esserci clienti che sono interessati
nello stesso tipo di contenuti».
Il primo cliente di rilievo per un lavoro innova-
tivo è il Wet magazine, per questa rivista, in colla-
borazione con Jayme Odgers progetta una coper-
tina coloratissima con carte giapponesi, particolari
nascosti, gradienti.

∞ [a cura di] Liz Farrelly, April Greiman: Floating ideas into time
and space, London, Thames and Hudson, 1998

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Nel 1978 April Greiman diventa art direc-
tor per il Californian Institute of Arts, dove grazie
ad un’ampia attrezzatura video ha potuto portare
avanti un’intensa sperimentazione per i successivi 5
anni. Per questa istituzione realizza il poster promo-
zionale descritto in precedenza, il CalArts Viewbook,
una sorta di rivista interna, dei poster contenenti i
bollettini d’ammissione e le varie carte intestate.
La sua opera più nota, la già citata “Does it
make sense?” è commissionata da Mickey Fried-
man per Design Quarterly, quest’ultimo lascia to-
tale libertà ad April Greiman perché il suo lavoro
è il contenuto stesso del magazine. Questo accade
piuttosto spesso, infatti April Greiman lavora molto
per aziende interne al settore come l’Aiga, l’annuale
della grafica negli Stati Uniti, la Society of Typogra-
phic Arts, etc. In più April Greiman si è dedicata
maggiormente al design di pagine singole, quindi
artworks, che non implicano particolari restrizioni.
Riguardo i suoi clienti afferma: «Tutti i miei ~
clienti vengono da me per passaparola , quindi sup-
pongo che loro abbiano visto qualcosa prodotto da
noi, o hanno sentito parlare bene di noi da qualche
altro cliente». Afferma inoltre di essere stata molto
fortunata nell’aver avuto clienti illuminati.

~ Intervista ad April Greiman via mail, in data 5/11/2008

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Buona parte del lavoro dello studio Made in
Space è dedicata alla sperimentazione, essendo la
poetica stessa di April Greiman inscindibilmente le-
gata alla tecnologia in evoluzione. Quindi un vero e
proprio laboratorio dove si provano nuove tecniche,
nuovi strumenti, nuove opportunità; grazie ad una
gestione scattante e flessibile dello studio si ricava
del tempo da dedicare alla sperimentazione; al ri-
guardo la Greiman afferma: «Lo studio si munirà di ¬
un nuovo pezzo della strumentazione per provarlo,
o giocherò con qualche nuovo software se mi tro-
vo tra un lavoro e l’altro. Posso provare quasi ogni
programma soltanto giocando fino a quando non mi
scontro con qualcosa di interessante».
Oltre al design, lo studio porta avanti una
produzione puramente artistica, di cui ne è un buon
esempio il lavoro fotografico del 2006 intitolato
“Drive-by Shooting”, esso è composto da una serie
di fotografie a bassa risoluzione scattate dall’auto in
corsa. Su queste foto sono praticate una lunga serie
di modifiche digitali che ne accentuano il valore pit-
torico. Le foto sono stampate a larga scala in modo
tale da mettere in evidenza la texture digitale. Il
paesaggio originale sembra diventare pretesto per
spostare l’attenzione su un paesaggio che è quel-
lo dell’immagine e non del contenuto di essa. Una
gamma di colori estremamente saturi accentua an-
cora l’effetto decontestualizzante.

¬ [a cura di] Liz Farrelly, April Greiman: Floating ideas into time
and space, London, Thames and Hudson, 1998

9
April Greiman ha sviluppato concetti e spiega-
to la sua poetica nel libro Hybrid Imagery scritto
con Eric Martin, interaction designer su Macintosh.
Il libro è chiamato “immaginario ibrido” perché il
processo di April Greiman tende a collegare pro-
cessi diventati ormai isolati, quindi “ibridarli”, in un
modo simile a quello delle civiltà primitive in cui non
vi era distinzione tra le discipline. In prima istan-
za viene descritto il processo di stratificazione, che
all’inizio tende all’illusione della terza dimensione,
mentre dopo diventa più concettuale e aumenta il
numero di informazioni. Il secondo argomento trat-
tato è l’avvento del Macintosh, di come cambia ra-
dicalmente il processo progettuale, di funzioni che
oggi ci paiono scontate come l’Undo. April Greiman
riflettendo su questo strumento afferma: «Il pen- ~
siero tradizionale lo definirebbe un ottimo modo per
correggere gli errori. In realtà, si impara a pensar-
lo come un motivo per procurarli. Gli errori sono
incidenti, e gli incidenti spesso rivelano possibilità
inaspettate». April Greiman intuisce inoltre che il
computer permette di risparmiare tempo, ma so-
prattutto permette di analizzare più possibilità. In-
fine descrive così la maggiore innovazione: « […] ¬
la tecnologia digitale riduce tutti i media in un solo
strumento che parla un solo linguaggio digitale. […]
Un suono è generato, editato e ricordato come un
unico pattern degli stessi bits che descrivono un co-
lore». Successivamente vengono descritti con no-
tevole lungimiranza gli obiettivi futuri dello studio:
l’interattività e il “wholographic-environment”, «Una ∫
pratica e poetica unità che trascende vecchie strut-
ture. La simultaneità prende il posto della sequen-
za, della separazione e della gerarchia».

~º April Greiman, Hybrid Imagery: The Fusion of Technology


and Graphic Design, New York, Watson-Guptill Publications, 1990

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Il lavoro di April Greiman raramente assume
un significato sociale e ancor più raramente una
posizione politica. D’altronde il contesto california-
no non poneva particolari tensioni sociali, almeno
all’apparenza: un ambiente florido, fatto di strade
assolate, un clima culturale avanzato e intenso, e
spiagge per surfisti.
Un estratto degli influssi in California per April
Greiman recita così: «[…] Lo strip, l’autostrada co- ∆
stiera del Pacifico, la spiaggia dei bicipiti, gli skin-
heads, far la spesa in macchina, il vino zifandel, il
chardonnay, frullati di papaya, hot dogs al peperon-
cino, pessimo caffè, controcultura, Esalen, Big Sur,
Carmel, tecnologia, divertimenti, design […] ».
In ambito sociale April Greiman realizza tre la-
vori di particolare rilievo: un poster del 1987 per
la Caremark, il cui tema è la sanità in America, un
francobollo del 1995 che celebra il settantacinquesi-
mo anniversario dell’emancipazione femminile e un
poster del 1988 commissionato dal governo france-
se per il bicentenario della Rivoluzione Francese. Il
poster per la Caremark ha un asse centrale di sim-
metria definita dai serpenti intrecciati che rappre-
sentano la medicina, su questa base si inseriscono
numerosissimi elementi simbolici come la bandiera
americana, l’aquila, il triangolo, etc. Il francobollo
contiene i concetti di eguaglianza, progresso e liber-
tà, uniti ad immagini di cortei sessantottini e della
casa bianca. Infine il poster per il governo francese
mostra un serpente ed un uccello con al centro una
foto del pianeta Terra; l’uccello rappresenta la pace
e la libertà, mentre il serpente rappresenta il cam-
biamento.
Seppur senza consonanza con gli ideali e gli
scopi di Barbara Kruger, in alcuni lavori April Grei-
man si avvicina al suo metodo fatto di frasi lapida-
rie, a volte sconnesse, che creano significato lavo-
rando con l’immagine e diventando slogan.

∆ [a cura di] Giorgio Camuffo, Pacific wave : Californian graphic


design, Udine, Edizioni Magnus, 1987

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Di certo non si può affermare che quello della
Greiman sia stato un progetto grafico dal carattere
elitario: molte infatti sono le influenze della cultura
pop che ancora si trascinava a fine anni ‘70, e che
presto sfociarono in quello che fu riconosciuto come
lo stile Memphis; già dai suoi primi lavori la Greiman
si scosta dagli elementi più palesi dell’International
Style per abbracciare una cultura grafica più “ame-
ricana” e meno “svizzera”, molto vicina al Pop, in
cui le immagini sono montate su retini di pixel nella
stessa maniera in cui Lichtenstein aveva impiegato
i punti di colore nei suoi quadri. Questo approccio
formale è portato avanti nei lavori successivi attra-
verso uno sguardo trasversale tra una cultura alta
ed una cultura di massa tipicamente americana,
quella delle grandi forme, dei pesi in contrasto, dei
colori saturi… un’ottica del “pieno” che spesso si
traduce in un caos della pagina e confluisce verso
un pubblico così aperto che va dagli utenti del risto-
rante China Club a quelli del Walker Art Center di
Minneapolis.
La Greiman non si è riservata ad un target
particolare, al contrario la sua utenza è piuttosto
eterogenea: attraverso il mass-media più forte, la
televisione si è aperta ad un pubblico inconsapevole
con videoproduzioni per la Lifetime Television o gli
spot per Esprit; poi ha spesso abbracciato quella
che Paula Scher chiama la Corporate Culture, a vol-
te blanda quando applicata a piccoli enti come la
Vertigo, Fresco Restourant, China Club o di grande
rilievo quando accostata a collaborazioni con la AOL
Time Warner o la SCI-Arc - fino ad approdare ad un
livello più “alto”, quello dell’arte, in cui la designer
si è inserita per gradi, prima con lavori per il Cer-
ritos Performing Art Center, il Walker Art Center, il
Southern California Institute of Architecture, il Los
Angeles Institute of Contemporary Arts e il Califor-

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nia Institute of the Arts, fino ad arrivare al MoMa di
New York.
Questa attenzione per la società di massa, te-
lespettatori e pubblivori ai quali sono introdotti nuo-
vi canoni visuali, è esplicitata appunto nel poster
creato per il MoMa, in cui, spiega la designer, tempo
ed evoluzione rappresentano come «I media grafici ~
si sono evoluti da significati fotomeccanici verso il
dinamico poster in movimento che è la televisione»:
c’è un nuovo linguaggio visuale a cui i designer ri-
spondono nel postmoderno, «Television is the new
poster» afferma la Greiman. La tecnologia digitale
ha espanso l’intero universo del design, della grafi-
ca in particolar modo, divenendo un mezzo di svolta
radicale; nonostante questo, l’arte ha continuato ad
essere un elemento inscindibile dai lavori di April
Greiman: le influenze di un lontano stile Cubista ri-
modellato sulle nuove possibilità - all’epoca, pro-
dezze- tecniche, rievocazioni neo-Dada e accenni
agli accostamenti squadrati e dinamici dei Proun di
El Lisitskji verso una sorta di costruttivismo hi-tech,
sono nascosti dietro le appuntite prospettive, gli az-
zardi cromatici e le manipolazioni spaziali in logotipi
e poster vari.
Procedendo con “un piede in due scarpe” sin
dall’introduzione del Mac, la Greiman non ha mai
tralasciato l’arte per le nuove tecnologie grafiche,
né tanto meno, come dichiara lei stessa, ha mai
distinto tra arte e design: formatasi nel design gra-
fico come nella fotografia non ha mai scisso le due
discipline perché, afferma, «It isn’t what I do, it’s ¬
who I am».

~ April Greiman, Hybrid Imagery: The Fusion of Technology and


Graphic Design, New York, Watson-Guptill Publications, 1990
¬ [a cura di] Liz Farrelly, April Greiman: Floating ideas into time
and space, London, Thames and Hudson, 1998

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L’interdisciplinarità in April Greiman assume un
significato particolare, la disciplina si fa strumento
e molte di esse si contaminano a vicenda, quindi
si ha videomaking, informatica, fotografia in opere
singole.
Mettendo da parte l’“immaginario ibrido”, il
lavoro di April Greiman non si può definire unica-
mente graphic design in quanto i progetti spaziano
dalle installazioni, ai siti web, al color design, etc.
Il primo lavoro al di fuori del campo del gra-
phic design sono gli spot video per Esprit del 1985,
6 secondi per “Esprit Sport” ed altri 6 secondi per
“Esprit Kids”. April Greiman anima dei modelli fo-
tografati in diverse pose attive, in seguito trasferiti
in video per creare dei rapidi slide-show, ed infine
aggiunge transizioni e testo. Anche il suono viene
curato dalla Greiman che edita e sincronizza delle
voci su un sintetizzatore.
Il lavoro successivo nel campo video è sta-
to commissionato nel 1987 da Lifetime Television:
delle brevissime sequenze che pubblicizzavano la
tv stessa. Per questo lavoro April Greiman unisce
scene filmate a mano nel deserto a texture fatte di
pixel, con ulteriori livelli che interagiscono con lo
sfondo. Il progetto generale è basato su un quadra-
to centrale che contiene una sequenza che fluttua
su uno sfondo contenente un’latra sequenza, oltre
a tutto ciò il logotipo della tv. Il progetto si è dimo-
strato estremamente economico, infatti è costato la
metà di uno spot comune. Uno di questi spot non è
stato mai messo in onda perché si riteneva che lo
spettatore potesse pensare che il televisore fosse
rotto.
L’installazione “wave” realizzata a Venezia,
permette ad April Greiman di passare realmente
alla terza dimensione; ella compone le lettere del-
la parola Wave, ognuna in un carattere diverso su

14
degli steli d’acciaio flessibile, insieme all’icona Mac
della mano, ripetuta due volte, un occhio ed infi-
ne una specie di diagramma concentrico; questa
composizione cresce su quello che può sembrare un
giardino sghembo, la cui zigzagante recinzione è ri-
coperta con dei pattern creati in digitale.
Nel 1995 April Greiman affronta l’ambito del
web con il sito per Limbex e il motore di ricerca
Web Compass L’immagine principale per Limbex è
una fotografia satellitare di L.A. Basin, il luogo dove
l’azienda si colloca. Cercando di concepire il web
come spazio tridimensionale, Arpil Greiman realizza
una versione 3-d della fotografia già citata. Per Web
Compass progetta invece una serie di icone adatte
sia all’utilizzo sui monitor in bianco e nero che su
quelli più avanzati a colori.
L’occasione di passare all’archigrafia arriva nel
1991 quando l’architetto Barton Myers chiede alla
Greiman di realizzare dei pattern oltre all’usuale
immagine coordinata per il Cerritos Center in Cali-
fornia. April Greiman, utilizzando uno dei primi Mac
a colori, realizza una serie di motivi che vengono
utilizzati per i tessuti all’interno, per le mattonelle
sulle pareti e stampati in trasparenza sulle ringhiere
di vetro delle scale. April Greiman afferma: «Cerri- ~
tos presentava un’ottima occasione per giocare con
lo spazio e la scala».

~ [a cura di] Liz Farrelly, April Greiman: Floating ideas into time
and space, London, Thames and Hudson, 1998

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April Greiman è direttrice di uno studio fondato
nel 1976 e attualmente chiamato, Made in space. Lo
studio conta due assistenti al progetto, due interni,
un account. Pur essendo relativamente un piccolo
studio, porta avanti progetti di ogni tipo: corporate
identity, web design, design di superfici e materiali,
installazioni ambientali, segnaletica, video e virtua-
le, arte.
Il suo interesse per la costruzione ambientale
l’ha portata a collaborare con architetti come Emilio
Ambasz & Associates, Will Bruder Architects, Frank
O. Gehry & Associates e RoTo Architects. Con essi
ha sviluppato progetti di segnaletica, allestimento,
color design.
Parlando del suo studio April Greiman rac-
conta: «All’inizio c’ero solo io, un assistente, ed un ~
contabile part-time. Adesso è un gruppo di dieci
persone e più, e molto più lavoro. Allo stesso tem-
po, sono attivamente coinvolta in tutto quello che
produciamo e continuo a porre l’accento sulla spe-
rimentazione, l’esplorazione di nuovi strumenti, e
l’espressione di un obiettivo personale come la no-
stra ragione di essere. […] Quando ho cominciato,
io ero la mia stessa produzione part-time. Alla fine,
con un po’ più di membri e l’inclusione di tecnologia
video e informatica, lo studio si è evoluto in un or-
ganismo più complesso. Io sono ancora il capo. Io
incontro ancora i clienti, definisco il problema e, con
loro, sviluppo il concept. Creo ancora lo schizzo in-
ziale utilizzando la mia penna Stabilo, colori Prisma,
oppure il computer, quindi lo passo all’assistente
che continuerà a svilupparlo con me».

~ April Greiman, Hybrid Imagery: The Fusion of Technology and


Graphic Design, New York, Watson-Guptill Publications, 1990

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Intervista ad April Greiman via e-mail in data
5/11/2008

>Credi nel concetto di “stile” ? Ritieni di averne


uno? Come lo definiresti?

No, Non ritengo di avere uno stile.

>Quale margine di libertà ti lasciano i tuoi clienti?


Qual'è la relazione tra clienti e autoespressione?

Tutti i miei clienti si rivolgono a me per passaparo-


la, quindi suppongo che loro abbiano visto qualco-
sa prodotto da noi, o abbiano sentito parlar bene
di noi da qualche altro cliente, e quindi si sentono
affini all'estetica e al concetto di cui hanno sentito
parlare.

>Quali sono i caratteri distintivi dei tuoi progetti su


commissione? E di quelli autoprodotti? Quali sono
le differenze? Quali le consonanze? Cosa producono
questi due diversi modi di lavorare?

Non ho una risposta per questo.

>In quale misura e in quale modo il designer riesce


a produrre pensiero? Attraverso quale mezzo? In
che modo hai cercato di creare contenuti attraverso
la pratica del design grafico?

Soltanto un terzo circa del nostro business e del-


le nostre commissioni hanno fatto parte del settore
del graphic/branding design durante questi ultimi
anni. Per la maggior parte, i clienti si rivolgono a noi
aspettandosi un aiuto nei contenuti, nel generare
concetti e un pensiero originale, non solo il look dei
loro prodotti o delle loro soluzioni. Il nostro lavoro,
che noi chiamiamo Transmedia Design, si colloca in
queste categorie, (e può essere visto sul nostro
sito: www.madeinspace.la) Creazione dell'imma-

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gine coordinata e del brand (per esempio www.
makcenter.org, o www.sciarc.edu, o www.rotoark.
com;), Design del colore, delle superfici e palet-
te dei materiali per architetti ed edifici (puoi dare
un'occhiata ai nostri lavori/progetti come questo su
www.rotoark.com;), Design ambientale, Segnaleti-
ca, Commissioni artistiche (per esempio il Wilshire
Vermont Station, oppure un'installazione con i LED
per l'Accenture Tower a Minneapolis, in progress)
Design virtuale (gli spot per Esprit, Lifetime Televi-
sion, U.S. West, siti web per www.MAKcenter.com)
ed infine Arte pura (www.drive-byshooting.com).

>Qual’è la volontà del designer d’incidere sul conte-


sto sociale? In quale misura il tuo lavoro incide nel
contesto sociale? Qual’è la tua opinione riguardo la
situazione politica attuale?

Oggi è una giornata d'elezioni. L'America è passa-


ta attraverso 8 anni terribilmente negativi e impro-
duttivi. Spero che oggi la nostra politica subisca un
cambiamento, che Obama venga eletto e il sistema
completo, produttivo, cooperativo, diplomatico so-
stituisca la politica della guerra e si ritorni alla salu-
te e ad una economia prospera.

>Ti definisci un’artista o una designer? Come convi-


vono questi due modalità nel tuo lavoro?

Ho un piede in entrambi i mondi, e fin dall'intro-


duzione e dal mio utilizzo del Mac (1984) non ho
mai fatto differenza tra i due. Ho studiato il graphic
design e la fotografia, quindi non ho mai distinto tra
le discipline. Non è quello che faccio, è quello che
sono.

>Come si è sviluppato il tuo lavoro nelle collabora-

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zioni con altre discipline? Quali discipline influiscono
e alimentano maggiormente il tuo lavoro?

Le cose che mi influenzano maggiormente sono la


musica, l'arte, l'architettura e la natura.

>Com’è strutturato il tuo studio? Quanti siete? In


che modo vengono proposte le idee? Chi le giudica?
Quali sono le gerarchie? Chi decide?

Io dirigo un piccolo studio. Abbiamo uno o due assi-


stenti al progetto, due interni, un account. In questo
modo posso spendere la maggior parte del giorno
facendo le cose che amo e che mi ispirano ad avere
un pensiero ed un'energia forti alti e salutari.

>Grazie mille

Prego.

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Bibliografia

[a cura di] Liz Farrelly, April Greiman: Floating ideas into time and space, London, Thames and
Hudson, 1998

[a cura di] Giorgio Camuffo, Pacific wave : Californian graphic design, Udine, Edizioni Magnus, 1987

April Greiman, Hybrid Imagery: The Fusion of Technology and Graphic Design, New York, Watson-
Guptill Publications, 1990

AaVv., Graphic Design in America: a visual language history. Minneapolis, Walker Art Center, 1989

Dario Russo, Free Graphic, la grafica fuori dalle regole nell'era digitale, Milano, Lupetti, 2006

Anna Gerber, All Messed Up, Unpredictable Graphics, London, L.King, 2003

Wolfgang Weingart, Typography / \Weingart!, Baden, Lars Muller, 2000

Rick Poynor, No More Rules: Graphic Design and Postmodernism, London, L.King, 2003

Robert Carter, American Typography Today, New York, Van Nostrand Reinhold, 1993

Sitografia

http://www.madeinspace.la/MadeInSpace.html

http://www.aiga.org/content.cfm/medalist-aprilgreiman

http://jenniferfidler.com/images/greiman_presentation.swf

http://www.mkgraphic.com/greiman.html

http://www.xs4all.nl/~maxb/items-greim-eng.htm

http://www.artscapemedia.com

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