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Ho già affrontato l’enigma dell’età della Terra, adesso tocca alla sua origine,
o meglio, alla sua straordinaria atmosfera.
Per la maggior parte della sua storia l’uomo ha creduto che la Terra fosse immutabile ed eterna,
salvo quando accadevano i terremoti, alluvioni o le eruzioni vulcaniche che ne rimodellavano
l’aspetto; in questi casi le colpe di questi eventi venivano attribuite alle divinità, esseri
soprannaturali che avevano il compito di vigilare sulla condotta e la morale umana e che si
arrabbiavano e punivano in questo modo la scelleratezza dell’uomo. Per questo all’aria, invisibile e
intangibile, ma sede dei più comuni e violenti fenomeni naturali come inondazioni, tempeste e
anche siccità, era generalmente attribuito il regno delle divinità più potenti: Zeus, ad esempio, oltre
ad essere continuamente alla ricerca di nuove amanti, era sempre arrabbiato per qualcosa, e
scagliava fulmini e saette come punizione divina.
Adesso sappiamo che non è così, non crediamo più a certe superstizioni, anche se il cammino è
ancora incerto e non concluso; non crediamo più alla teoria geocentrica e alla Terra piatta, anche
se ci sono ancora sacche di resistenza di questo mito ancora oggi, come la Flat Earth Society che
si propone di dimostrare la piattezza della terra con un filo a piombo e uno specchio d’acqua.
Ma esiste un’altra credenza dura a morire: l’immutabilità dell’atmosfera, o meglio della sua
composizione principale: 78% di azoto e il 20% di ossigeno, più altri gas che sommati fanno il
rimanente 2%.
Non è sempre stato così: nell’arco dei 4,5 miliardi di anni di vita del nostro pianeta l’atmosfera
planetaria è cambiata più volte sostituendosi completamente alla precedente.
Lo spettacolo degli anelli non durò a lungo: nei primi 100 anni i frammenti di crosta terrestre
proiettati in orbita cominciarono a coagularsi tra loro formando la Luna ad appena 22.500
chilometri dalla Terra, la quale generava forze di marea sulla crosta ancora fusa (1.600° centigradi)
3.400 volte più forti di quelle di ora e deformando la struttura interna del pianeta, stabilizzandone
l’asse di rotazione rispetto al piano di rivoluzione a circa 23° e rallentandone notevolmente la
rotazione, un po’ come un pattinatore che piroetta allarga le braccia per fermarsi.
Anche il gigantesco nucleo fece la sua parte generando a sua volta tensioni nella parte superiore
del mantello abbastanza forti da impedire la formazione di un’unica crosta solida: è l’inizio della
formazione delle zolle continentali.
Le comete
La rivoluzione fotosintetica
Una premessa: a quel tempo il Sole era circa il 20% più piccolo di oggi e l’energia solare da sola
non bastava a mantenere l’acqua allo stato liquido: il metano, che è un gas serra 23 volte più
efficace dell’anidride carbonica, suppliva alla mancanza di energia con un poderoso effetto serra,
che però venne a mancare quando fu sostituito dall’ossigeno.
Questo provocò il rapido congelamento degli oceani fino all’equatore trasformando un pianeta
ricco di vita, una vita che ne aveva ristrutturato pesantemente la composizione chimica superficiale
e atmosferica, in una enorme palla di neve di quasi 13.000 chilometri di diametro.
Come è andata poi a finire, sarà l’argomento di un prossimo articolo, restate sintonizzati.
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