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IL BULLISMO:
UN’ ORGANIZZAZIONE POLITICA EMBRIONALE
di Liliana Montereale
Dipartimento dell’Individuo - “Campus degli Studi e delle Università di Pomezia”.
Responsabile Laboratorio di Criminologia - “Campus degli Studi e delle Università di Pomezia”.
Psicologa, Criminologa, Ricercatrice, specializzata in elaborazione modelli di profiling nell’ambito dell’analisi della criminologia del soggetto
e dell’individuo.
Responsabile area “Psicologia” Ce.A.S.- “Centro Alti Studi per la lotta alla violenza politica e al terrorismo.”
In veste di consulente, partecipa alla elaborazione scientifica, alla progettazione e alla realizzazione (anche con attività di formazione forma-
tori) di modelli formativi nei seguenti ambiti:
Prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo;
Azioni di prevenzione contro la violenza su soggetti deboli (stalking, pedofilia, mobbing, etc.);
Sicurezza in contesti urbani.
Svolge attività relative alla percezione del rischio nei sistemi complessi, in particolar modo nell’ambito di alcuni progetti internazionali.
Queste competenze sono state, inoltre, indirizzate alla realizzazione e alla gestione di vari siti internet che il Centro ha svolto per suo proprio
conto o per conto di enti terzi.
E’ inoltre responsabile di redazione della “Rivista Italiana di Sicurezza” e della rubrica “I Quaderni del Campus”.
per la mancanza di oggettivazione delle scienze psicologiche Dipende da cosa viene insegnato. […]
(Montereale, 2007) (1), rischiano di frammentare l’orientamento “Tutto ciò che muore” è un romanzo di John Connolly, una
metodologico e di ridurlo a meri criteri di sostegno al singolo. cupa storia di violenza e di sangue. Verso la fine della storia,
Si delinea cosi una nuova tipologia di analisi generale del il protagonista del romanzo chiede all’autore di spaventosi del-
problema, che precede ed indirizza gli ulteriori studi appli- itti (aveva, ad esempio, ucciso e scuoiato anche la figlia) per-
cativi di settore: l’assetto personologico del soggetto-bullo ché lo avesse fatto. Glielo chiede direttamente. E direttamente
deve essere analizzato in parallelo rispetto alle dinamiche l’assassino gli risponde: “perché potevo”. Perché ne avevo sem-
socio-relazionali che si scatenano nel gruppo. Se un approc- plicemente il potere. Il bullo è sfacciato perché sente di averne
cio di tipo globale, che comprenda i molteplici aspetti di semplicemente il potere. Sa che può, come si dice in un gio-
un fenomeno, è auspicabile in qualunque campo di ana- co noto di carte, “sparigliare”, modificare l’ordine logico delle
lisi, nel caso del bullismo risulta di estrema importanza, regole acquisite e riformularle posizionandosi al centro”. (2)
perché identifica e struttura le dinamiche che conducono a
quegli specifici esiti comportamentali. E’ il gruppo dei pari L’ emergere di studi sistematici in Europa al problema del bul-
che determina il soggetto bullo, che, infatti, nella sfera pri- lismo viene tradizionalmente fatto risalire ad uno studio con-
vata o in presenza di referenti adulti non mette in atto com- dotto nel 1983 nei Paesi Scandinavi, all’interno di una cam-
portamenti violenti, siano essi di tipo fisico, verbale o psico- pagna nazionale antibullismo promossa dal Ministero della
logico. Lo studio quindi non può limitarsi all’indagine clinica Pubblica Istruzione norvegese, diretto da Olweus (3). I risultati
dell’individuo, ma va indirizzato all’analisi del contesto socio- della ricerca, che prevedeva la somministrazione di un ques-
relazionale e dell’organizzazione del suo gruppo di riferimento. tionario appositamente creato (Olweus, 1996) su un campione
di 715 scuole, (sia scuole elementari che scuole medie) per
“[…] il bullismo è la gestione del rapporto di dominanza in- un arco di età che varia dagli 8 ai 16 anni, mostrarono come
terno ed esterno ad un gruppo. Ed evolve, da una fase “in cui il circa il 15% del campione complessivo norvegese, era sta-
il comando è più nettamente gerarchico” ad una fase in cui to coinvolto nel fenomeno del bullismo, in qualità di attore
“i bambini obbediti cominciano già a manifestare una certa o di vittima, in una percentuale che vedeva il 9% degli stu-
specificità: alcuni sono capi riconosciuti in un certo settore, al- denti nella categoria di vittima e il 7% in quella di bullo.
tri in altri campi” . In ogni caso, come mostra un celeberrimo Una seconda ricerca svolta in Olanda, nella città di Bergen
studio di Merei nel lontano 1949 o addirittura Hanfman nel su un campione di 2500 studenti tra i 10 e i 15 anni, mostra
1938, anche in un giardino di infanzia si possono tracciare le una diminuzione significativa (50%) del fenomeno in seguito
differenze individuali. Però, per quanti stili comportamentali all’attuazione di un programma di intervento specifico nelle
riusciamo a individuare e definire, sempre è possibile “tirare scuole. I risultati ottenuti hanno dato esiti maggiormente posi-
una linea che divide i capi dai seguaci” e che “sebbene diversi tivi nelle successive edizioni dell’intervento (Olweus, 1991)(4) .
bambini possono essere capi in situazioni diverse (...), i seguaci
sono sempre seguaci: si mettono al seguito di qualsiasi capo” .
Dunque: leadership, differenziazione funzionale e cleavage, i tre pre-
supposti di ogni organizzazione politica. E violenza, come ogni parto. (1) Montereale L., (2007), “Il problema della Psicologia” in www.ceasonline.com.
(2)Ceci A., (2007), “Saggio sulla fenomenologia delle organizzazioni politiche
Il parto di ogni ragazzo nel sistema sociale può avvenire o con la embrionali – del rapporto di dominanza nel gruppo” in www.ceasonline.com.
violenza dell’autoaffermazione o con l’educazione dell’ autoreal- (3)Olweus D., (1996), “Bullying at school: knowledge base and an effec-
izzazione. tive intervention program” in Annals of the New York Academy of Sciences.
(4) Olweus D., (1991), “Bully/victim problems among schoolchildren: Basic facts
and effects of a school based intervention program” in The development and treat-
ment of childhood aggression, D. J. Pepler & K. H. Rubin (Eds.), Hillsdale NJ, Erlbaum.
Dai dati delle ricerche gli studiosi rilevarono che i bulli dichi- c) le caratteristiche del contesto (habitat, stili educativi famil-
arati rappresentavano il 6,7% dei maschi e il 12,4% delle fem- iari), allo scopo di elaborare nuovi programmi di intervento.
mine, contro il 12,7% dei maschi e l’8,3% delle femmine vit- Nel tentativo di fornire una visione globale del fenom-
time di atti di violenza. Del campione esaminato il 22,5% delle eno, appare subito evidente la quasi totale mancanza di stu-
vittime riporta l’accaduto ai suoi insegnanti mentre il 42,9% di, tranne che nel dato giapponese, sulle caratteristiche del
dichiara che gli insegnanti non ne sono a conoscenza (Morita gruppo, che è il primo motore degli atti di violenza interna.
et al.,1999)(9) . “Il fenomeno coinvolge, inoltre, un grande nu- Una recente indagine curata da Ballerini (12) per l’a.s. 2007/08
mero di spettatori: il 51% degli studenti cerca di non essere presso la Scuola Primaria di Fiorenzuola “S. Giovanni Bosco”
coinvolto quando assiste a episodi di prepotenza mentre il 64% mostra come il 42,9% del campione sia stato vittima di maltrat-
trova divertente osservarli (Daulton, Akinori, 2000)(10) . tamenti da parte dei compagni e il 34,3% ne sia stato l’artefice.
Contrariamente alle tendenze del fenomeno riscontrate Lo stesso studio viene applicato alla Scuola Secondaria di Pri-
nei paesi europei, il bullismo aumenta con l’età”. Gli sci- mo Grado di Fiorenzuola “G. Gatti”, su un campione di 131
enziati giapponesi ebbero il merito di affiancare agli studi alunni, per un totale di 6 classi, di età compresa tra i 10 e i
sulla psicologia individuale del soggetto (in questo caso 15 anni, per l’83,2% del campione di nazionalità italiana, e il
suicida bullo – vittima) quelli sulla microsociologia del 14,5% di nazionalità straniera.
gruppo scolastico, sottolineando il ruolo degli “osserva-
tori” ( , bōkansha) e il dinamismo dei ruoli in base al
contesto e alle circostanze (da bullo a vittima e viceversa).
In Italia, rispetto alle prime ricerche di Olweus, occorre atten-
dere un decennio affinché si avvii il primo progetto nel 1993,
curato da Ada Fonzi (11) , che elaborò un questionario a partire
da quelli di Olweus (1991) e Whitney e Smith (1993) (Università
di Cosenza, Università di Firenze, P. K. Smith dell’Università di
Sheffield), adattandolo alla situazione italiana. Il questionario
venne somministrato ad un campione di 1379 alunni di III,
IV e V elementare e di I, II e III media delle scuole di Fire-
nze e di Cosenza, rilevando un’altissima percentuale (46% a
Firenze e il 38% a Cosenza) di vittime di bullismo. Anche lad-
dove gli indici sembravano diminuire (circa il 30% a Firenze e
il 27% a Cosenza degli alunni delle scuole medie), la media si
attestava comunque al di sopra di quella europea (Fonzi, 1997).
Un dato preoccupante che diede l’avvio a ulterio- (9)Smith P. K., Morita Y., Junger T. J., Olweus D., Catalano R., F. & Slee, P., (1999),
The nature of school bullying: A cross-national perspective, London UK, Routledge.
ri studi e ricerche, orientati soprattutto ad indagare (10)Daulton FE., Akinori S., (2000), Bullying and Biracial Children in Japan, The
a) le caratteristiche dei soggetti (differenze di genere, caratter- Language Teacher.
istiche di personalità); (11)Fonzi A., Genta M.L., Menesini E., Bacchini D., Bonino S., Costabile A., (1999),
Italy in: Smith e al., The nature of school bullying, London and New York, Routledge.
b) le caratteristiche della scuola (ubicazione, dimensione della (12) Ballerini A., (2008), Report RICERCA ALUNNI a.s. 2007/08, Scuola Primaria
Scuola); di Fiorenzuola “S. Giovanni Bosco”.
1. TABELLA VITTIME
2. TABELLA VITTIME
Dai grafici emerge chiaramente l’importanza del fenom- Le tipologie di violenze subite riguardano storpiature dei
eno su scala nazionale (26 % per le vittime e 20% per i bul- nomi o prese in giro per aspetto fisico e comportamenti vari
li), e come la percentuale del dato relativo non sia da sot- (25%), e attribuzioni di caratteristiche del sesso opposto (25%).
tovalutare (7,6% per le vittime e 15,3% per i bulli). I risultati
mostrano inoltre come il bullo molto di rado agisca individ-
ualmente, affiancandosi più facilmente ad altre 2 o 3 per-
sone (50%) per lo più maschi (60%), di nazionalità itali-
ana (60%) ed appartenenti alla classe della vittima (60%).
3. TABELLA % VITTIME
4. TABELLA % VITTIME
Non esiste a tutt’oggi una grande quantità di dati ufficiali del 31,7% al Centro, il 31,5% nelle Isole, e il 25% al Sud. Il 59,9%
fenomeno a livello nazionale: gli studi riguardano perlopiù dei bambini identifica il bullismo negli atti di prepotenza di
circoscritte realtà locali (di solito pochi istituti scolastici ) che, un compagno più forte nei confronti di uno più debole e che,
sebbene rilevanti da un punto di vista di trend, non lo sono di questi, il 27,8% ha subito “brutti scherzi”, il 26,6% è stato
altrettanto dal punto di vista di stand, poiché non consen- bersaglio di prese in giro e di offese (25,6%), mentre il 13,5% ha
tono di quantificare il fenomeno su larga scala. La scarsità di subito un furto, l’11,5% percosse e minacce l’11,1%. I maschi
ricerche statistiche sistematiche se, da un lato, è attribuibile realizzano punteggi superiori in tutti i campi, tranne nel caso
alla carenza di fondi del settore, dall’altro va imputata alla dell’isolamento dal gruppo (20,2% per le femmine, 14,9% per i
“novità” del fenomeno, o meglio alla novità dell’attenzione maschi). L’ età dei bulli sembra essere la stessa delle vittime nel
scientifica e mediatica al fenomeno. Se gli episodi di prepo- 17,8% dei casi mentre risulta più grande solo nel 9,7%. Risultati
tenza, infatti, sono sempre esistiti nelle scuole (ne parlava interessanti si rilevano nelle tipologie di reazione alle violenze:
persino De Amicis), è solo nell’ultimo decennio che l’elemento il 16,3% del campione esaminato dichiara di non aver reagi-
acquisisce preoccupazione e interesse di rilievo scientifico. to, il 13,2% si è rivolto ad un adulto (insegnante o dirigente
Il problema principale però risiede nell’impossibilità, o meglio scolastico, contro l’8,4% che si è rivolto ai genitori e il 7,5% ai
nell’estrema difficoltà, del rilevamento e soprattutto della clas- compagni), l’11,7% ha reagito verbalmente, il
sificazione dei dati. Il concetto di violenza che viene indagato 9,8% attivamente (venendo alle mani), il 5,9%
è controverso ed estremamente soggettivo, oltre che di diffi- è fuggito e solo il 3,6% si è messo a piangere.
cile spiegazione. Quando i criteri di rilevazione sono di tipo L’ indagine si è incentrata anche sulle emozioni delle vit-
esclusivamente percettivo, come nel caso della violenza psico- time: la rabbia è il sentimento prevalente (31%), seguono la
logica o verbale, non è possibile oggettivarli, creando in tal pena per la vittima (28,8%) e la paura (18,1%) per i maschi,
modo difficoltà sia per l’analista che per il soggetto esaminato. mentre per le femmine la reazione prevalente è la paura
Ecco perché se da un lato il numero oscuro può avere un’entità rile- (25,7%). Fra gli osservatori ci sono sia i sostenitori dei bul-
vante, dall’altro si rischia di creare falsi allarmismi nella popolazi- li (il 22% prova divertimento) ed addirittura gli ammira-
one, etichettando ogni comportamento fra pari come bullistico, tori (l’1,9% prova invidia per le azioni del bullo); il 16,5%
senza il supporto di una chiara consapevolezza del fenomeno. si rivolge ai compagni più grandi e il 15,2% aiuta la vittima.
Come dato attendibile ci si riferisce di solito al “RAPPORTO
NAZIONALE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E
DELL’ADOLESCENZA - Telefono Azzurro – Eurispes” che
rileva come il 30% dei bambini italiani è stato testimone di
atti di bullismo: il 35,9% a Nord-Ovest, il 26,8% a Nord-Est, il
Intenzionalità
Sistematicità
Asimmetria di potere
Il campione viene intervistato anche in merito ai possibili me- Nella letteratura scientifica internazionale si riscon-
todi di risoluzione del problema: secondo il 32,1% la soluzione tra un sostanziale accordo fra le varie definizioni di bul-
è affidata agli adulti, mentre il 21,5% sostiene l’efficacia di con- lismo, tutte risalenti alle prime formulazioni di Olweus.
vincere il bullo a non commettere più atti di prepotenza. Ricor- Per definirsi bullistico, un atto di violenza deve assumere le
rerebbe ad una soluzione punitiva il 17,7%, mentre il 10,6% caratteristiche della:
cercherebbe il sostegno del gruppo per aiutare la vittima, che • Intenzionalità
solo nel 3,3% dei casi viene esortata a reagire alle angherie. Un • Sistematicità
dato significativo se si tiene conto che le condotte di contrasto • Asimmetria di potere
riguardano rimproveri (26,1%) e provvedimenti disciplinari Un atto bullistico è quindi diverso da un atto criminale ge-
(19,6%) tra cui il colloquio con i genitori (16,6%) e l’intervento nerico poiché è determinato volontariamente dall’attore, che
del Dirigente scolastico (9,2%). Solo una piccola percentu- lo perpetra ripetutamente e sistematicamente nel tempo, nei
ale del campione sostiene il disinteresse da parte degli inseg- confronti di un soggetto più debole per età, prestanza fisica o
nanti (2,8%), o la mancanza di attenzione al problema (6,3%). numerosità.
Evidentemente le campagne di sensibilizzazione nelle scuole
(56,2%) hanno avuto l’effetto di rendere sia i bambini che gli
operatori scolastici più attenti e consapevoli del problema.
LE EMOZIONI
Rabbia 31%
Pena per la vittima 28%
Paura/Femmine 25,7%
Divertimento 22%
Paura/Maschi 18,1%
Cerca aiuto dai
più grandi 16,5%
Aiuta la vittima 15,2%
LE SOLUZIONI
Punizione 17,7%
Liliana Montereale