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ROMANO MADERA

La cattiva infinità del desiderio e l’assenza di limiti nella cultura contemporanea.

La mia argomentazione, se prendiamo il titolo dei questo ciclo di incontri: il coraggio oltre
il limite, cercherà di dire, paradossalmente, che il limite della nostra cultura
contemporanea è di essere senza limiti e quindi bisogna avere il coraggio di superare
questo limite di essere appunto senza limiti.
Partirei dagli antichi perché gia qui è presente il tema dei desideri, di quelli che hanno una
certa stabilità e quelli cinetici cioè che non si arrestano mai. Epicureo distingue: desideri
naturali e necessari (per la sopravvivenza), desideri naturali ma non necessari (è naturale
aver sete ma non necessario bere vino), desideri né naturali, né necessari (ricchezza,
potere, fama). Se con i desideri di secondo tipo bisogna avere una certa moderazione gli
ultimi sono da evitare perché come dice Lucrezio l’uomo è affaticato perché insegue i
desideri cinetici, che per loro stessa natura non trovano mai soddisfazione e per questo si
parla di cattiva infinità del desiderio. I desideri, che sono il prodotto di un processo
naturale perché tutti gli esseri viventi si muovono verso il piacere e viceversa si
allontanano dal dispiacere, potrebbero degenerare in desideri infiniti. Allora bisogna
mettere in funzione qualcosa d’altro anch’esso naturale, cioè la “phronesis” : il buon uso
del senso o il discernimento equilibrato, coltivare la phronesis è una disciplina , un calcolo
della ragione che aiuta a far sì che il movimento naturale alla ricerca del piacere non
degeneri.
Il simbolo per eccellenza di questo desiderio illimitato è il timore della morte e quindi il
desiderio di un prolungamento infinito del tempo, dell’immortalità che finisce per
distruggere la possibilità di stare bene al mondo. Solo accettando il limite per Epicuro si
possono gustare le gioie della condizione mortale, il semplice godimento della vita nella
sua esistenza nuda.
Se ci chiediamo allora quali sono invece i rappresentanti dei desideri infiniti, quegli dei
che non cessano mai di essere soddisfatti, li troviamo nella ricchezza, nel potere, nella
gloria. L’accumulare ricchezza di per sé non ha limite perché non ha limite naturale (come
invece ad es. la fame), lo stesso il potere che oltre ad essere infinito è anche precario
(quando uno ce l’ha lo deve poi diffondere) così come precari sono la fama e la gloria.
Tuttavia queste tre degenerazioni dei desideri hanno una base naturale, secondo il mio
punto di vista, e allora bisogna indagare il perché di questi desideri frutto di esperienze
naturali e necessarie all’umano, e si scopre che è solo la loro enfatizzazione e
moltiplicazione ad essere distruttivi per l’uomo. Così la ricchezza è il sostituto del bisogno
primario di nutrimento, il potere è la trasformazione del bisogno elementare di sicurezza, la
fama è la trasformazione del bisogno anch’esso primario di riconoscimento. Ma se il
bisogno è naturale e ci permette di vivere, il desiderio è la trasformazione immaginativa
del bisogno, questo è possibile grazie alla nostra capacità di immaginare, è proprio
attraverso il lavoro dell’immaginazione che si è potuto produrre gli oggetti della tecnica,
l’immaginazione è infatti la capacità di vedere altrimenti una cosa: oggi noi possiamo
soddisfare molti bisogni attraverso i prodotti dell’immaginazione divenuti poi oggetti della
tecnica. Questa trasformazione dei bisogni in desideri se da un lato ci ha reso una vita più
ricca, dall’altro rischia di diventare una corsa verso desideri infiniti.
Se ben analizziamo pensatori come Epicureo e Platone pur nella loro diversità troviamo
una stessa base comune nella domanda: a cosa tende la vita filosofica? Superare quel
modo di vita che tende a soddisfare, senza mai esaurire, i desideri di ricchezza, fama,
potere. La filosofia allora in questa interpretazione è “un modo di vivere” non solo una
dottrina o un sistema filosofico.
Ma oggi è ancora così? Certo come è strutturata oggi la nostra società non è simile a
quella degli antichi, anche solo per il fatto che il problema della disciplina di questi desideri
riguardava una stretta minoranza di uomini, gli altri non potevano che avere bisogni
naturali e necessari anche se c’era il desiderio di diventare come quei pochi ( ieri come
oggi, pensiamo alla Cina).
Ora tuttavia questa dei desideri illimitati è diventata una dinamica universale, oltretutto
mentre allora la ricchezza aveva un valore d’uso, solo a partire dal ‘900 con la II
rivoluzione industriale il denaro è diventato generatore di denaro, bisogna vendere tante
merci per realizzare il profitto: è la civiltà dell’accumulazione economica che investe tutti gli
aspetti della vita: economico, sociale, culturale, dei rapporti . Oggi potremmo dire che “il
desiderio è diventato legge” e questa legge regge il nostro mondo a meno che non si
pongano dei limiti o qualcosa intralci il meccanismo, la caratteristica del nostro tempo è far
diventare merce ogni cosa, mercato di massa, consumismo, obsolescenza programmata
delle cose, neomania e da ultimo spettacolarizzazione della merce (attraverso la pubblicità
la merce deve diventare spettacolo per realizzare la vendita e quindi il profitto).
Questa può essere considerata una rivoluzione antropologica perchè gli stessi rapporti
sociali sono cambiati: i vecchi che appunto sono vecchi, superati, i singoli ridotti ad atomi,
folla solitaria. Si parla di cultura del narcisismo non perché l’uomo è diventato cattivo, ma
perché è la struttura del nostro mondo ridotto a spettacolo, competizione, performance,
ma non solo: parcellizzazione del lavoro e saturazione di tutti i tempi della vita (il lavoro col
computer a casa non finisce mai), reificazione, le “cose” vivono e gli uomini divengono
appendice delle cose stesse (vedi pubblicità) oppure maschere, apparenze, dove non
conta la persona ma la cosa, e tanto più la produzione diventa infinita tanto più siamo
invitati a rinnovare questo meccanismo deludente per definizione (l’infinità è deludente), il
desiderio non trova pace perché non si può accumulare, allora lo strumento è disporlo
orizzontalmente nel tempo ma ciò significa la cronicizzazione del desiderio.
Da questa assenza dei limiti naturali nascono nuove patologie come le crisi dei quadri di
identità e sappiamo che senza identità, senza racconto di se stessi non c’è
riconoscimento, questo è fonte delle cosiddette “patologie del sé” sulle quali non posso
fermarmi purtroppo ma basta citare: narcisismo, dipendenze, fobia, panico, disturbi
alimentari… l’incapacità cioè di vivere il corpo nel suo limite, non riconoscere nel proprio
corpo il principio dell’io, così “liquida” diventa la possibilità di percepirmi come diverso dal
mondo e il mondo mi invade.
John S. Mill ma anche altri economisti disse che una volta esauditi i bisogni materiali gli
uomini avrebbero potuto dedicarsi a coltivare “le grazie della vita”, beni più nobili, in effetti
oggi ci si dedita a tutt’altre coltivazioni e possiamo dire che la società dell’accumulazione
continua ha creato un mondo in cui l’interdipendenza di tutto da tutti è diventata una realtà
materiale che è solo distruzione e guerra per cui se non diventa anche una realtà spirituale
non può emergere la consapevolezza e la possibilità per tutti di coltivare quelle grazie
della vita che la tecnica stessa può rendere possibile.
Il desiderio illimitato non è di per sé un male perché fa parte della natura umana, ma può
degenerare oppure come per Epicureo risolversi nel nudo piacere di vivere dove il
desiderio stesso è superato perché è il puro essere per contemplare la vita che è.
La mistica filosofica, aldilà delle formulazioni filosofiche o appartenenze religiose, offre un
terreno di compresenza capace di accogliere non solo la pura ragione ma anche il
desiderio come posizione di valore. Per questo è necessario dare delle risposte al
desiderio illimitato per viver bene e stare dentro i limiti del desiderio ed essere coerenti con
la sua verità, che è poi la consapevolezza che non ci può essere appagamento di quelli
che sono i surrogati dei desideri (ricchezza, fama, potere). Il mistico è attento all’empirico,
cioè alle cose come sono e una coltivazione appropriata del desiderio rende più facile e
piacevole il godimento del limite perché tutto quello che deve esserci c’è.

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