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la leggo abitualmente con attenzione e stimo le sue opinioni ma, a proposito del suo articolo contro
ulteriori benefici fiscali per la famiglia (Quoziente familiare? In Italia meglio di no, “il Riformista”, 16
novembre 2010), sono in totale disaccordo. La sua posizione mi pare anzi condensare alcuni dei luoghi
comuni che hanno fino ad ora impedito a questo paese di avere una politica seria, o per lo meno equa, sulla
famiglia.
Il quoziente familiare
In verità, se c’è una ragione d'essere nella proposta del quoziente familiare, questa sta proprio nel
considerare che anche i figli sono persone, non costi da detrarre, peraltro in misura infima. A far
propendere per meccanismi analoghi al quoziente familiare non dovrebbe quindi tanto essere la tutela della
famiglia, quanto lo stesso principio di uguaglianza e di pari dignità delle persone, al di là della loro età e del
fatto che producano attualmente o meno un reddito.
Tanto più che il quoziente familiare c'è già, ma si applica solo alle coppie separate o divorziate, dove è
possibile detrarre dalle tasse l'intero importo dell'assegno di mantenimento corrisposto al coniuge e ai figli,
ben oltre le detrazioni minime per i familiari a carico.
Eppure il nostro ordinamento, al di là dei paroloni sulla tutela dell'infanzia, discrimina ancora
profondamente i suoi cittadini più piccoli e le loro famiglie, in primo luogo negando di fatto loro i diritti
politici. In questo senso appariva interessante la proposta del suo collega Luigi Bobba, che proponeva
venisse attribuito alle madri l'esercizio del diritto di voto relativo ai figli minori.
In conclusione mi pare che la sua proposta tenda a privilegiare i ricchi contro i poveri, i singoli contro le
famiglie, chi lavora già contro chi non ha lavoro. Una proposta perfettamente in linea con chi vede nella
famiglia patriarcale un male da estirpare. Una posizione molto diffusa anche e soprattutto nelle classi
intellettuali, di cui oggi paghiamo le conseguenze con un paese stanco, impoverito, demotivato, senza
futuro. Una posizione che tuttavia mi pare continui a riproporsi con rinnovata ottusità. Io la ringrazio di
averla espressa con la solita chiarezza, dandomi modo di rifletterci e di esprimere una mia opinione.
Mi perdoni la lunghezza, ma lei ha un incarico pubblico ed è una persona intelligente: pensavo fosse un mio
dovere di cittadino quello di esporle le ragioni di una parte del paese sfruttata e discriminata: quella
costituita dalle famiglie numerose e con figli. Le sarò grato dell'attenzione
Cordiali Saluti
3 Il numero medio di figli desiderato è pari a circa 2,1, molto più alto degli attuali livelli di fecondità (1,3 figli per donna): cfr. Istat:
in Italia meno figli di quelli desiderati, in “Vita”, 21 giugno 2006.
4 Oggi le famiglie monoreddito sono il 72 per cento del quintile più basso della popolazione e solamente il 10 per cento del
quintile più alto: D. Del Boca, Perché l'Italia ha bisogno di womenomics, in “Lavoce.info”, 16.03.2010 .
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