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Effetti nei conduttori metallici

Struttura dei conduttori metallici


Per meglio comprendere le proprietà dei conduttori metallici prese in esame in
questo seminario, è necessario costruire un modello della struttura atomica della
materia. Sebbene una trattazione rigorosa dell’argomento non possa prescindere
dalla teoria della Meccanica Quantistica, in prima approssimazione è possibile
spiegare il comportamento dei conduttori attraverso una trattazione classica
in cui gli elettroni di conduzione di un metallo si comportano alla stregua di
molecole di un gas contenute in una scatola.
I metalli allo stato solido presentano una struttura di tipo cristallino, in cui
gli atomi sono disposti in una matrice regolare in cui ogni atomo occupa una
posizione fissa all’interno di un reticolo e oscilla per agitazione termica intorno
ad una posizione di equilibrio.

Figura 1: Esempio di matrice cristallina

Nella matrice cristallina la distanza tra due atomi contigui è dell’ordine della
dimensione di ciascun atomo, di conseguenza le proprietà di ogni singolo atomo
sono significativamente influenzate dalla presenza degli atomi circostanti. Gli
elettroni più fortemente legati al nucleo, quelli che occupano i livelli più interni,
non sono influenzati apprezzabilmente dalla presenza dei nuclei contigui, men-
tre gli elettroni più esterni (elettroni di conduzione) si trovano ad una distanza
media dal loro nucleo di riferimento che è paragonabile alla distanza tra i nu-
clei degli atomi vicini. Le perturbazioni che essi subiscono da parte dei nuclei
circostanti possono essere dunque rilevanti. Dal momento che i nuclei sono di-
stribuiti regolarmente nella matrice, la forza netta di cui risentono gli elettroni
più esterni è mediamente nulla. Questo non vale in prossimità della superficie
del metallo, in cui la simmetria è rotta e gli elettroni risentono di una forza
media netta che tende a mantenerli intrappolati all’interno del materiale. Dal
momento che la dimensione degli elettroni è trascurabile se confrontata con le
dimensioni atomiche, anche se ogni atomo contribuisce con due o tre elettroni
di conduzione, il volume complessivo degli elettroni è piccolissimo in confronto
al volume del materiale e le cariche negative si possono considerare talmente
disperse da non interagire apprezzabilmente tra loro all’interno del metallo.
Gli elettroni di conduzione si trovano dunque in una situazione similare, in
prima approssimazione, a quella in cui si trovano le molecole di un gas conte-

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Figura 2: Elettroni di conduzione liberi di muoversi nella matrice cristallina

nuto in un recipiente. Si può quindi pensare di applicare ad essi alcuni risultati


qualitativi della teoria cinetica del gas (modello di Drude). A causa dell’enorme
numero di particelle in esame (se anche ogni singolo atomo contribuisse con un
singolo elettrone di conduzione, in una mole di metallo avremmo da studiare il
comportamento di N = NA = 6.022 · 1023 particelle, cioè risolvere un sistema
composta da ≈ 1023 equazioni differenziali!) l’unico approccio ragionevole al
problema è di tipo statistico. L’obiettivo diventa dunque quello di determinare
non tanto il comportamento di ogni singola particella in esame, quanto la di-
stribuzione di probabilità che una singola particella ad una data temperatura
T abbia una certa velocità. Determinare la distribuzione delle velocità equivale
poi a determinare la distribuzione delle energie cinetiche degli elettroni, nota la
massa me dell’elettrone.
Il calcolo è dovuto a Maxwell e il risultato, nell’ipotesi che in assenza di
forze esterne tutte le direzioni di moto siano equiprobabili, è una distribuzione
statistica delle velocità o energie cinetiche che prende il nome di distribuzione
di Maxwell-Boltzmann. In particolare, la funzione che descrive la distribuzioni
di energia cinetica degli elettroni è la seguente::
 
dn 2πn p Ec
ρ(Ec ) = = 3/2
Ec exp − (1)
dEc (πkb T ) kb T

dove n è il numero di e− per unità di volume, kb = 1.28·10−23 J/K è la costante


di Boltzmann e ρ(Ec ) rappresenta il numero di elettroni per unità di volume
con energia cinetica compresa tra Ec e Ec + dEc quando il metallo si trova
ad una data temperatura T . Il modello di Drude consente delle valutazioni
quantitative circa la velocità di agitazione termica degli elettroni nel metallo e
l’energia cinetica media, per esempio a temperatura ambiente. Utilizzando la
eq. (1), si può dimostrare che, in analogia al risultato della teoria cinetica dei
gas:
3
E c = kb T (2)
2
da cui si ricava la velocità media a temperatura ambiente (T = 300 K):
s r
2E c 3kb T
v= = ≈ 1.2 · 105 m/s (3)
me me

Il modello qui proposto rende conto in maniera soddisfacente del comporta-


mento qualitativo degli elettroni di conduzione in un metallo, ma una trattazione

2
Figura 3: Funzione della distribuzione delle velocità di Maxwell-Boltzmann per
diverse temperature

più rigorosa e quantitativamente più precisa non può prescindere dalla teoria
della Meccanica Quantistica. In particolare, come conseguenza del principio di
esclusione di Pauli, la legge di distribuzione di velocità degli elettroni di con-
duzione non risponde alla statistica di Maxwell-Boltzmann, ma è derivata dalla
statistica di Fermi-Dirac ed è nota come distribuzione di Fermi:

dn 3πn E
ρ(Ec ) = =  c  (4)
2EF 1 + exp − Ec − EF
dEc 3/2

kb T

dove EF prende il nome di Energia di Fermi ed è una costante dipendente dal


metallo considerato.
Il valore di velocità media a temperatura ambiente ricavato dalla eq. (3)
sottostima di circa un ordine di grandezza il valore sperimentale, che è in accordo
con le previsioni della teoria della Meccanica Quantistica secondo cui:
r
2EF
v= ≈ 1.6 · 106 m/s (5)
me

nel caso del rame (EF ≈ 7 eV ).

Lavoro di estrazione
Secondo il modello descritto, gli elettroni di conduzione sono dunque liberi di
muoversi all’interno del metallo come particelle di un gas in una scatola. Essi
sono tuttavia intrappolati dentro al conduttore, dal momento che la forza eser-
citata dai nuclei carichi positivamente e agente sugli elettroni è in media nulla
soltanto all’interno della scatola. In prossimità delle pareti del conduttore, la
rottura della simmetria produce un effetto di confinamento. Facendo riferimen-
to alla figura 4, lo strato atomico alla superficie del conduttore agisce come una
barriera di potenziale per gli elettroni di conduzione. Ciò implica che il singo-
lo elettrone per poter fuoriuscire dal metallo deve compiere un certo lavoro a
spese della propria energia cinetica, oppure ricevere dall’esterno una opportuna
quantità di energia.
Il lavoro di estrazione Le è definito come la quantità di energia che deve
essere fornita ad un elettrone per strapparlo ad un conduttore a potenziale

3
Figura 4: Rappresentazione dello strato di carica alla superficie di un conduttore

elettrostatico nullo, alla temperatura di 0 K e portarlo all’infinito con velocità


finale nulla.
Essendo l’energia cinetica iniziale e finale del processo nulla, il lavoro compiu-
to nel processo di estrazione comporta una corrispondente variazione di energia
potenziale. Da un punto di vista elettrostatico si può dunque dire che esiste una
differenza di potenziale (d.d.p.) tra l’interno del conduttore e l’infinito. Ponendo
come di consueto V∞ = 0, per il potenziale interno Vi si ricava:
Le
Le = −Ep = −e(V∞ − Vi ) = eVi → Vi = (6)
e

Effetto termoionico
L’energia necessaria a compiere il lavoro di estrazione può essere fornita agli elet-
troni in diversi modi. Una possibilità è per esempio quella di trasferire energia
agli elettroni di conduzione del metallo tramite illuminazione con luce di una
opportuna lunghezza d’onda, si parla in questo caso di Effetto Fotoelettrico.
Un’altra possibilità è riscaldare il metallo al fine di portare l’energia cinetica
media degli elettroni ad un valore prossimo al lavoro di estrazione. In questo
modo aumenta la probabilità che un elettrone di conduzione si trovi in prossi-
mità della superficie del metallo con una velocità diretta verso l’esterno ed una
energia cinetica maggiore del lavoro di estrazione. L’emissione di un elettrone
in questo caso avviene per effetto termoionico.
Se il conduttore è isolato, esso viene a possedere una carica positiva crescen-
te al crescere del numero di elettroni estratti e inizia ad esercitare una forza
attrattiva sugli elettroni liberi tale da riportarli all’interno del materiale. Si
realizza quindi un equilibrio dinamico in cui il numero medio di elettroni emessi
nell’unità di tempo è pari al numero medio di elettroni ricatturati dal metallo.
La situazione è differente se il metallo è collegato a terra e avviene dunque un
rimpiazzo delle cariche emesse per effetto termoionico. In tal caso si genera una
corrente la cui intensità è fortemente dipendente dalla temperatura. La den-
sità di corrente generata per effetto termoionico in funzione della temperatura

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risponde alla legge di Richardson:
 
Le
j = AT 2 exp − A/m2 (7)
kb T

dove A è una costante comune a tutti i metalli e pari a:


4πme ekb
A= ' 1.2 · 106 A/m2 K 2
h3
con h = 6.62 · 10−34 Js costante di Planck.
La densità di corrente emessa può essere ulteriormente accresciuta e con-
trollata tramite l’utilizzo di un campo elettrico esterno intenso, diretto verso il
metallo. Si parla in questo caso di effetto Schottky e l’espressione della legge di
Richardson viene modificata nel modo seguente:
"  3 1/2 #
2 Le e E 1
j = AT exp − + A/m2 (8)
kb T 4π0 kb T

per campi elettrici sufficientemente intensi (E ≈ 107 V /m), il secondo termine


dell’esponenziale può diventare dominante e si verifica il fenomeno dell’emissione
a freddo.
L’emissione termoionica è il fenomeno fisico alla base del funzionamento dei
tubi a vuoto, i primi componenti elettronici attivi, in grado cioè di amplificare un
segnale elettrico, della storia. Soppiantati dalla tecnologia dei semiconduttori,
i tubi a vuoto trovano ancora applicazione ai giorni nostri in particolari sistemi
audio in alta fedeltà e per amplificazione di segnali di elevata potenza (' kW ).

Effetto Volta
Osservazioni sperimentali:
• si consideri una coppia di dischi metallici di cui uno collegato a terra e
sostenuti da due manici isolanti. Si facciano combaciare i dischi e si elimini
il contatto di terra. Se a questo punto si separano bruscamente i due dischi
si osserva che quando sono fatti dello stesso materiale, non si misura alcun
sbilanciamento di carica tra i due dischi; qualora siano invece fatti di due
metalli diversi, essi risultano carichi con segni opposti;
• si consideri l’apparato sperimentale descritto in figura 5. Un sottile filo
metallizzato pende dal soffitto della gabbia conduttiva. Il piatto, che è
elettricamente collegato al filo tramite la gabbia, può essere avvicinato
progressivamente al filo tramite una vite micrometrica. Se il filo e il piatto
sono di metalli diversi, essi si attirano reciprocamente e se sufficientemente
vicini, il filo si appoggia al piatto. Ciò non avviene se i metalli costituenti
il filo e il piatto sono uguali.

La differenza tra i potenziale elettrostatici misurati nelle vicinanze dei due me-
talli elettricamente in contatto di Figura 5 (b) misura l’Effetto Volta. Sulla base
di osservazioni sperimentali simili a quelle pocanzi descritte, Alessandro Volta
espresse la seguente legge:

5
Figura 5: Apparato sperimentale per evidenziare l’effetto Volta

Prima Legge di Volta. L’effetto Volta, cioè la differenza di potenziale


tra punti vicini a due conduttori metallici posti in contatto, è indipendente
dalla forma, dalle dimensioni, dalla posizione relativa e dal potenziale a cui
è eventualmente tenuto uno dei due conduttori, dipende invece dalla natu-
ra chimica dei due conduttori, dalle loro condizioni fisiche (temperatura,
forma cristallina ,...) e dal dielettrico circostante.
L’effetto Volta dipende fortemente dalle condizioni in cui si trovano le superfici
dei metalli a contatto (pulizia, umidità, ...) e varia tipicamente tra qualche
decimo di Volt e pochi Volt.
Il contatto tra due metalli diversi può essere sostituito da un collegamento
indiretto tramite un terzo o più conduttori, a formare una catena. Tale catena
viene detta regolarmente aperta quando gli estremi sono costituiti da due pezzi
dello stesso metallo.

Seconda Legge di Volta. In una catena regolarmente aperta di


conduttori metallici tenuti tutti alla stessa temperatura, l’effetto Volta
tra gli estremi è uguale a quello misurato nel contatto diretto dei due
metalli posti agli estremi.
In particolare, nel caso di una catena regolarmente aperta e isoterma, l’effetto
Volta è nullo.
Tutti i conduttori che soddisfano la seconda legge di Volta, vengono detti
conduttori di prima classe o conduttori metallici (è il caso dei metalli e di
molte leghe in cui la conduzione della corrente è dovuta solo agli elettroni di
conduzione). Quei conduttori che inseriti in una catena di conduttori metallici
ne alterano il comportamento e infrangono la seconda legge di Volta, vengono
chiamati conduttori di seconda classe o conduttori elettrolitici.
Misurando gli effetti Volta di tutti i conduttori metallici rispetto ad un con-
duttore di riferimento è possibile ordinare i vari conduttori secondo il valore
decrescente dell’effetto Volta e costruire cosı̀ una serie voltaica. Dalle leggi di
Volta si comprende come l’ordinamento della serie sia indipendente dal metallo
di riferimento scelto. In Tabella 1 è riportata una serie voltaica con materiale
di riferimento Rame.

6
Metallo ∆V [V ]
Sodio 2.37
Magnesio 1.20
Zinco 0.78
Piombo 0.54
Stagno 0.35
Ferro 0.10
Rame 0.00
Argento -0.05
Oro -0.16
Platino -0.24

Tabella 1: Serie voltaica del Rame

Interpretazione dell’effetto Volta Consideriamo per semplicità una cop-


pia di metalli, per esempio Rame (Cu) e Zinco (Zn), inizialmente separati tra
loro. Per strappare un elettrone a Zn è necessario compiere un lavoro di estra-
zione LZn = 3.68 eV , mentre per strapparlo a Cu è necessario un lavoro di
estrazione LCu = 4.46 eV . Per portare dunque un e− dal rame e depositarlo
sullo zinco è necessario aumentare l’energia potenziale dell’elettrone esattamen-
te di ∆V (Cu, Zn) = 4.46 − 3.68 V = 0.78 V e compiere dunque un lavoro pari
a 0.78 eV . Di contro, il processo inverso che consiste nel trasferire un elettrone
dallo zinco al rame è esotermico, infatti libera una quantità di energia pari pro-
prio a 0.78 eV . Un elettrone di conduzione dello zinco che si trova in prossimità
della superficie di contatto tra il rame e lo zinco quando attraversa la superficie
sperimenta un guadagno di energia pari alla differenza dei lavori di estrazione.
Realizzato il contatto, si avrà complessivamente un flusso di cariche negative
dallo zinco verso il rame. L’equilibrio sarà raggiunto quando la differenza di po-
tenziale che si viene cosı̀ a creare tra rame e zinco pareggia la differenza esistente
nei lavori di estrazione dei due materiali.
Tuttavia attraverso questo meccanismo non è possibile generare una corren-
te, dal momento che se il circuito si chiude e una nuova superficie di contatto
viene creata, un elettrone che ha attraversato la prima giunzione non guadagna
energia nel riattraversare la nuova superficie di contatto.

Effetto Seebeck
Quanto appena puntualizzato non è più vero se le temperature delle due giun-
zioni non sono esattamente uguali. Si consideri una catena regolarmente aperta,
come quella mostrata in Figura 6.
Sperimentalmente si osserva che se le temperature assolute delle giunzioni TA
e TB sono diverse, si sviluppa ai capi della catena una differenza di potenziale
dipendente da TA e TB , ma non dalla temperatura degli estremi della catena,
purché sia la stessa. Questo effetto prende il nome di effetto termoelettrico o
effetto Seebeck e la catena prende il nome di termocoppia, mentre la forza
elettromotrice (f.e.m.) cosı̀ generata è detta f.e.m. termoelettrica. Per accresce-
re la f.e.m. vengono realizzati dispositivi in cui tante termocoppie sono collegate
in serie. Si parla in questo caso di termopile.
Se gli estremi di una termocoppia sono uniti e le due giunzioni mantenute ad

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Figura 6: Catena regolarmente aperta rame-ferro-rame

una temperatura differente, nel circuito cosı̀ formato si ha un passaggio continuo


di corrente. Tale effetto fu osservato per la prima volta nel 1821 da Thomas J.
Seebeck.
Dal momento che l’efficienza di generazione di corrente è piccola (tipica-
mente < 10% per questo tipo di dispositivi), il loro impiego come generatori di
f.e.m. è limitato ad applicazioni particolari (per esempio in campo spaziale),
tuttavia le termocoppie e le termopile trovano larghissimo impiego come sensori
di temperatura.
L’interpretazione fisica dell’effetto Seebeck è immediata in termini di effet-
to Volta e concetto di lavoro di estrazione. Infatti il lavoro di estrazione di
un metallo dipende, seppure debolmente, dalla temperatura. Poiché i lavori di
estrazione di due metalli differenti variano in modo differente con la tempera-
tura, ne segue che la differenza di lavoro di estrazione alle due giunzioni sarà
diversa a causa della differente temperatura delle giunzioni stesse. In questo
modo, finché non si ripristina l’equilibrio termico tra le giunzioni, una f.e.m.
netta si mantiene e quindi può circolare una corrente se il circuito viene chiuso.

Effetto Peltier
Se in una catena di conduttori diversi viene fatta scorrere una corrente, si osserva
che le diverse giunzioni cambiano temperatura, in particolare se per un certo
verso di scorrimento della corrente una giunzione si scalda, si raffredderà al
passaggio di una corrente di verso opposto. Tale effetto fu osservato per la
prima volta da J. C. A. Peltier nel 1834. Se la resistenza dei conduttori è
sufficientemente bassa, il calore dissipato per effetto Joule può essere comunque
minore del calore assorbito dalla giunzione che si raffredda e dunque si può avere
un raffreddamento netto rispetto all’ambiente.
L’effetto Peltier non va confuso con l’effetto Joule. Nel caso dell’effetto Joule,
si verifica sperimentalmente che il calore dissipato dal conduttore è proporzio-
nale al quadrato della corrente che lo attraversa. Nel caso dell’effetto Peltier,
si dimostra che la quantità di calore assorbita o ceduta dalle giunzioni è invece
direttamente proporzionale alla carica che ha attraversato la giunzione. Il fat-
tore di proporzionalità viene detto coefficiente di Peltier ed è dipendente dalla
temperatura. Se Q è la quantità di calore che deve essere ceduta alla giunzione
tra i metalli A e B affinché rimanga costante la sua temperatura T e q è la
carica passata dal metallo A al metallo B, il coefficiente di Peliter ΠA,B (T ) è
cosı̀ definito:
Q
ΠA,B (T ) = [V ]
q

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La convenzione prevede che ΠA,B (T ) sia positivo quando la giunzione assorbe
calore e negativo nel caso contrario.
Lo stesso effetto che si verifica nelle giunzioni metalliche, si verifica anche in
giunzioni a semiconduttore. Lo schema di principio del singolo elemento Peltier
è rappresentato in figura 7.

Figura 7: Schema di una giunzione Peltier

Come nel caso delle termocoppie, molte giunzioni Peltier vengono collegate in
serie e organizzate all’interno di celle, come mostrato in figura 8. Controllando
il verso e l’intensità della corrente che fluisce nella cella è possibile determi-
nare il flusso di calore attraverso la cella di Peltier, che da un punto di vista
termodinamico agisce come una pompa di calore.

Figura 8: Schema di un modulo termoelettrico a cella di Peltier

L’applicazione più importante di questi dispositivi è il raffreddamento attivo


e la termostatazione. In questo caso un sensore di temperatura legge la tem-
peratura del dispositivo che si desidera termostatare e un opportuno circuito
elettronico si occupa di comandare la corrente all’interno della cella in modo

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da mantenere costantemente al valore impostato la temperatura di lavoro del
dispositivo da termostatare.
A fronte di modeste efficienze elettriche, i moduli termoelettrici a celle di
Peltier consentono pesi e ingombri ridotti e un controllo attivo della tempera-
tura gestito elettronicamente e realizzato completamente a stato solido. Queste
caratteristiche li rendono una soluzione alla stato del’arte in molte applicazio-
ni che spaziano dal raffreddamento attivo di componenti elettronici (come le
CPU di molti calcolatori), alla realizzazione di celle refrigeranti completamente
a stato solido, al controllo di temperatura di dispositivi optoelettronici.

Informazioni utili reperibili sul web


Si presentano di seguito alcuni link a documenti o siti internet di interesse
riguardo alle applicazioni, alla fisica e al dimensionamento di dispositivi che si
basano sull’effetto Seebeck e sull’effetto Peltier.

Termo-Elettricità
• Il sito della International Thermoelectric Society.

Termocoppie e Termopile
• Il sito (tra i tanti) di un costruttore.
• Specifiche tecniche di termocoppie e sensori termici industriali.

Dimensionamento moduli TermoElettrici a cella di Peltier


• Un efficace documento in italiano sulla fisica del funzionamento e le equa-
zioni di riferimento per il dimensionamento di base di un modulo a celle
di Peltier.
• Un forum sull’argomento.

• Il sito (tra i tanti) di un costruttore.

Video
• Video sulla termo-elettricità da youtube.
• Video su Peltier Thermo-Electric Cooler da youtube.

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