Vous êtes sur la page 1sur 8

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

Stefano Mannucci

La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

LAfrica era entrata nella vita degli italiani sin dalla met dellOttocento. Negli anni precedenti alla diffusione dello strumento fotografico, la conoscenza del continente africano era stata promossa essenzialmente dalla letteratura di genere, illustrata spesso con acquerelli e disegni. La fotografia, forte della obiettivit che la credenza popolare le attribuiva, si presentava ora come una rappresentazione scientifica, configurandosi come uno degli strumenti pi utili non solo a riprodurre quanto a produrre la realt coloniale, condizionando la percezione degli eventi che agli occhi di molti sarebbero finiti col coincidere con la loro rappresentazione1. Alimentando limmaginario popolare, la fotografia svelava anche la societ e la cultura che la produceva e la consumava, riflettendo i miti e le fobie, i bisogni di rassicurazione e le paure2 che lavventura coloniale stimolava nella popolazione. LAfrica era spesso rappresentata con unimmagine schematica e stereotipata di un continente dove le donne erano tutte dissolute, e gli uomini o oziosi o guerrieri. N arti, n mestieri, n produzione di ricchezza o sapere, n centri urbani, n attivit agricole solo prostitute e fanatici con la lancia in mano. [...] Decontestualizzati, proiettati su orizzonti puramente onirici, ritratti di fronte a fondali neutri, gli africani e
1

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

le africane della fiction coloniale funzionano a dovere: le donne si conquistano, le guerre si vincono3. Rispetto alle altre nazioni, che iniziarono sin da subito ad utilizzarla come uno strumento politico4, il governo italiano, nei suoi esordi coloniali, non istitu apposite sezioni fotografiche5. Fu soltanto durante la guerra italo-turca del 1911-12 che venne istituita unapposita Sezione Fotografica Militare. Ma per avere un sistematico e controllato uso della fotografia come strumento politico, bisogn attendere la guerra che il regime fascista impart contro lEtiopia. Simile conflitto rappresent per lIstituto Luce6 il coronamento ufficiale del suo ruolo allinterno della macchina della propaganda. LIstituto Luce, infatti, detenne il monopolio della diffusione delle immagini coloniali che furono portate a conoscenza degli italiani. Un mese prima dellinizio delle operazioni belliche, precisamente il 7 settembre7 , Mussolini comunic ai ministeri della Guerra, della Marina, dellAeronautica ed al Capo dello Stato maggiore della milizia, di aver disposto, da parte del Luce, la costituzione di un reparto fotocinematografico per lAfrica Orientale. Egli chiese, pertanto, a tali ministeri la massima collaborazione con il reparto del Luce, al fine di poter effettuare una propaganda coordinata ai massimi livelli. La sede fu adibita ad Asmara, assieme al Quartiere generale delle forze militari italiane. A Roma fu creato invece un comitato interministeriale, composto dai tre ministeri militari, da quelli degli Interni, delle Colonie, della Stampa e Propaganda. Prima dellinizio delle ostilit era stato costituito anche un Ufficio stampa per lAfrica Orientale, che avrebbe detenuto il ruolo di organizzare e controllare linformazione giornalistica relativa al conflitto8 . Ad Adigrat era sistemata la sezione avanzata del Reparto, alla quale affluiva tutto il negativo impressionato, per poi essere inviato, tramite motociclette od autocarri postali o autocolonne, alla Direzione Generale di De Feo allAsmara. Le diverse unit fotografiche erano dislocate sui vari punti del fronte, dotate ciascuna di carri laboratorio che consentivano di sviluppare e stampare le fotografie sul posto e distribuirle agli inviati della stampa circa tre ore dopo la conclusione dogni evento. Paulucci di Calboli, a guerra finita, scrisse una lettera9 di relazione a Mussolini, per tracciare un primo bilancio consuntivo delloperazione, dichiarando di aver realizzato circa 70.000 metri di negativo cinematografico ed oltre 7.000 negativi fotografici, da cui, una volta

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

sviluppati, vennero distribuite circa 350.000 immagini del conflitto, sia in Italia sia allestero. Il Reparto Luce AO testimoni la guerra seguendo lottica del regime. La fotografia deteneva diversi compiti nella coreografia iconografica che impervers durante il conflitto. La fotografia doveva dipingere la terra etiopica, agli occhi dei proletari disoccupati o dei contadini affamati, come un immenso e ricco paradiso da colonizzare. Agli occhi dei borghesi, invece, bisognava illustrare la prospettiva di redditizie carriere e prosperosi affari nello sfruttamento della colonia. Ai giovani, infine, la fotografia doveva alimentare limmaginario della guerra come un viaggio avventuroso, come unevasione dalla noia della vita normale, che avrebbe condotto alla gloria ed al successo. La guerra non era mai fotografata nel suo svolgimento, spesso era simbolizzata, altre volte era ricostruita successivamente allepisodio avvenuto. Il Reparto Luce AO non riprese mai scene che potessero danneggiare limmagine di potenza dellesercito italiano. Gli operatori fotografarono le truppe avanzare tranquille verso le prime linee non incontrando ostacoli; regolare langolo di tiro e lalzo del cannone; od ancora impegnati a scrivere lettere ai propri familiari. Anche gli ascari venivano fotografati nelle postazioni di artiglieria o mentre si posizionavano a presidiare le trincee. Le fotografie degli ascari erano, senzaltro, le immagini preferite dal regime per rappresentare e celebrare lopera civilizzatrice dellItalia. Lascaro, una volta indossata luniforme e soggetto alla disciplina, combatteva valorosamente al servizio dellautorit italiana, identificata come portatrice di civilt, rappresentando cos lemblema attraverso cui enfatizzare i meriti del regime fascista in suddetta trasformazione. Un altro aspetto saliente della produzione del Luce AO fu laccurata e continua esposizione delle attivit delle massime autorit del regime. Il gerarca che andava a combattere nelle lande etiopiche serviva per celebrare il tanto agognato uomo nuovo, la cui creazione per anni era stata propagandata dal regime fascista. In tale maniera, inoltre, il regime produceva limmagine di un conflitto a cui partecipava tutta la nazione, senza distinzioni di classi. Accanto alle immagini che richiamavano direttamente la guerra, il Luce inizi a produrre immagini che celebrassero appunto la civilizzazione del territorio etiopico, testimoniando i lavori degli italiani intenti a costruire le nuove strade eritree.

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

Le fotografie dovevano edificare il soldato italiano portatore di civilt ed umanit, valori che dovevano concretizzarsi materialmente nei ponti, nelle strade, nelle infrastrutture. Daltronde, sin dalle prime avventure coloniali, lo sguardo fotografico comincia a costruire, a ordinare lentamente la colonia, restituendo al pubblico metropolitano, fortemente diviso sulla opportunit dellespansione coloniale, informazioni utili a infondere il senso del possesso e del pieno controllo della realt africana10. Intanto, il 2 maggio 1936, il negus Hail Selassi abbandon il suo impero, per rifugiarsi allestero. Alla notizia della partenza del negus per lesilio, Addis Abeba precipit nel caos, divenendo teatro di disordini, saccheggi e violenze. La citt non fu subito occupata, in rispetto ad un ordine di Mussolini stesso. Le truppe italiane aspettarono cos tre giorni per occupare la citt, un lasso di tempo in cui morirono nei disordini circa cinquecento persone. Per suggellare in maniera epica la vittoria, i fotografi ritrassero una camicia nera che, salita sopra di una scala, demoliva il leone imperiale scolpito sul muro di un edificio; per poi fotografare anche la statua di Menelik, nel momento stesso in cui veniva tolta dal piedistallo. Oltre alle squadre ufficiali dellesercito, lo sviluppo delle macchine fotografiche portatili, semplici ed a basso costo, aveva spinto molti soldati a munirsene per fotografare i propri ricordi di guerra. Fra i soggetti prevalenti delle immagini che componevano gli album privati, sicuramente vi erano le consuete scene degli arrivi, i paesaggi selvaggi, gli animali feroci, la flora e la fauna locale, le donne seminude ritratte sempre in pose disponibili, ma anche uninnumerevole quantit di scene crude e cruenti. Spesso alcune di queste immagini furono diffuse in patria, altre invece mantennero un uso prettamente privato ed una circolazione clandestina limitata allinterno delle truppe stesse. E se il regime cerc il pi possibile di impedire la circolazione in Italia di simili immagini; daltro canto esso utilizz le stesse immagini per giustificare, di fronte alla Societ delle Nazioni, la necessit della decisione di muovere guerra allimpero diHail Selassi. Le immagini delle atrocit commesse dagli etiopi verso i propri connazionali potevano esaltare il messaggio della contrapposizione fra civilt ed incivilt, che portava alla fine alla celebrazione della giustezza della guerra intrapresa dal regime. Il 5 maggio 1936, il Luce, durante lentrata delle truppe italiane nella citt di Addis Abeba, fotograf i corpi

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

senza vita degli etiopici. Le fotografie mostrarono i corpi morti riversi nelle strade, le case rovinate e saccheggiate, le strade dopo giorni e notti di violenza. Lepisodio dei disordini fu subito sfruttato dalla propaganda fascista per ribadire le vecchie tesi sullEtiopia barbara, capace soltanto di generare caos11. A Ginevra fu inviata una documentazione fotografica che comprendeva fotografie di impiccagioni; bambini denutriti dalla fame; corpi feriti dalle pallottole dum dum; le cruenti immagini del massacro del cantiere n. 1 dellimpresa di costruzioni stradali Gondrand; i ritratti di visi deturpati dalla maschera di fuoco, una pratica che consisteva nellapplicazione sulla faccia di una maschera rovente. Di converso, le immagini delle violenze perpetrate dallesercito italiano dovevano essere assolutamente negate. Mostrare le immagini delle esecuzioni e delle violenze commesse dagli italiani, oltre a contrastare licona del colonialismo buono, voleva anche ammettere lesistenza stessa di una ribellione e di un dissenso alla colonizzazione italiana. Ma le fotografie dei soldati spesso testimoniarono anche il continuo uso dei gas durante i bombardamenti contro la popolazione12. Le fotografie mostravano, nella loro crudezza, i corpi abbandonati riversi uno sopra laltro; le pose rigide dovute dai gas; i corpi adagiati fra le sterpaglie a cercare rifugio e piet dallagonia dei gas che si impossessava dei loro corpi; piegati dal dolore dopo essersi contorti nel terreno desertico. I soldati fotografarono anche la pulizia coloniale impartita da Mussolini, che port allo sterminio di molti civili e le stragi di migliaia di etiopici compiute ad Addis Abeba, dopo lattentato del 19 febbraio 1937 contro Graziani, durante la distribuzione dei talleri dargento ai poveri della citt, al Piccolo Gheb, in occasione della nascita del primogenito del principe Umberto di Savoia. Per vendicare Graziani, infatti, i fascisti, guidati dal federale Guido Cortese, si aggirarono per le strade della capitale, incendiando le abitazioni e massacrando i civili. I soldati fotografarono i corpi abbandonati degli etiopici evirati; i tuculs divampanti in roghi, sotto lazione dei lanciafiamme italiani; lincendio del quartiere indigeno di Addis Abeba nella notte del 19 febbraio. Ma le fotografie pi efferate, furono quelle che testimoniavano il macabro rituale ordinato da Graziani per lesecuzione del dejac Hail Chebbed, capo della resistenza nel Goggiam. Il degiac prima fu decapitato e poi ostentato come macabro trofeo della potenza italiana. Le tragiche fotografie scattate da Angelo Dolfo riprendevano i momenti in cui la testa veniva mostrata dentro una scatola di latta di biscotti Lazzaroni, ostentata fra i sorrisi dei soldati
5

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

italiani che la sorreggevano per poi essere innalzata su una picca sempre dietro lordine di Graziani, ed esposta al ludibrio, per i villaggi della regione e sulle piazze dei mercati di Socot e Quorum. Ma i soldati, in molte occasioni, avevano documentato e conservato anche le fotografie delle atrocit commesse dai resistenti contro i soldati italiani, fotografie che certo incrinavano limmagine rosea, tratteggiata continuamente dalla propaganda in patria, di una colonia gi conquistata, e soprattutto che civilizzata aveva aderito in maniera felice ai valori del regime fascista. Nonostante il perdurare della resistenza, il Luce fu incaricato dal regime di attestare la conquista dellimpero e la civilizzazione della popolazione etiopica. Il consenso della popolazione etiopica nei riguardi dei gerarchi fascisti, inoltre, veniva costruito fotografando le cerimonie di sottomissione dei capi etiopici arresisi, nellatto dinchinarsi e baciare la bandiera italiana; le folle di ascari inneggianti che alzavano striscioni a favore del duce; le accoglienze della popolazione che mostrava la propria gratitudine; le persone che salutavano romanamente le truppe entranti nei villaggi accolte da feste e tripudi. Un ultimo aspetto da studiare, riguardo alla fotografia coloniale, il rapporto fra essa e le promulgazioni delle leggi razziali, davanti alle quali etiopici, eritrei e somali sono assolutamente uguali e degradati, costituiscono un mondo a parte, dal quale gli italiani debbono soltanto attingere manodopera e carne da cannone13. Gi il 5 agosto del 1936, lallora ministro delle Colonie Lessona trasmise un telegramma a Graziani, in cui si disponeva che si arrivasse gradualmente a tenere separate le abitazioni militari da quelle degli indigeni; che fosse evitata ogni familiarit tra le due razze; che i pubblici ritrovi frequentati da bianchi non fossero frequentati da indigeni; che infine venisse affrontata con estremo rigore secondo gli ordini del Duce la questione del madamismo e dello sciarmuttism14. I piani urbanistici furono ridisegnati, per separare definitivamente i quartieri e le aree di abitazione per i bianchi da quelli della popolazione locale suddita15. Il Luce ha lasciato molti indizi di tale segregazione. Basti vedere le fotografie delle manifestazioni di massa nelle colonie, dove i bianchi ed i neri erano ormai separati, e non pi mescolati; o le fotografie che testimoniavano lesistenza di diversi cinema, quelli solo per la popolazione italiana, e quelli riservati agli indigeni.

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

La conquista dellImpero rappresent cos anche uno spartiacque nella rappresentazione della donna africana. Se fino ad allora, il filone esotico e lo stereotipo iconografico della Venere Nera, era largamente diffuso non soltanto fra i soldati che parteciparono alla campagna etiopica, ma anche nel resto della popolazione italiana; dopo la conquista, la donna africana veniva identificata come portatrice di malattie ed infezioni, che avrebbero deturpato la purezza della razza dei colonizzatori. La stessa canzone Faccetta Nera era continuamente attaccata in patria, e venne anche posto il divieto ai soldati in Africa di cantarla. Nellaprile del 1937, il regime inizi a cercare di proibire anche il madamato una forma di concubinaggio fra italiani ed africane, precedente alloccupazione militare, ma che in tali occasioni si diffuse notevolmente. Se il madamato fu oggetto di tentativi di repressione, il regime fascista tuttavia toller, se non addirittura incoraggi, la prostituzione indigena, instaurando nellimmaginario collettivo lassociazione fra limmagine della prostituta e limmagine della donna africana. Se il Luce ha lasciato, dunque, soltanto alcuni indizi della segregazione razziale, la fotografia spesso fu utilizzata per denigrare gli etiopici in un confronto tra la civilt italiana ed indigena. Per Lidio Cipriani16la fotografia rappresent uno strumento per attestare la superiorit razziale italiana. Le fotografie ritraevano i tratti somatici degli indigeni, i loro profili o le circonferenze dei crani. Volti ritratti di profilo e di fronte, sul modello delle fotografie segnaletiche, per essere classificati secondo i loro caratteri etnici, e poi essere comparati, in base a dettagli e teorie precostituite, come geneticamente inferiori nei confronti della razza colonizzatrice. La fotografia divenne cos il principale strumento per testimoniare linferiorit genetica africana, oltre che per costruire delle basi scientifiche, da cui divulgare la dottrina di unantropologia razzista, a giustificare cos il dominio imperialista del fascismo.

Stefano Mannucci - La creazione dellimmaginario nel colonialismo italiano

Note: Palma S., LItalia coloniale, Editori Riuniti, Roma, 1999. Ibidem. 3 Vedi Triulzi A., LAfrica come icona. Rappresentazioni dellalterit nell immaginario coloniale italiano di fine Ottocento, in Del Boca A., Adua. Le ragioni di una sconfitta, Laterza, Roma-Bari, 1997. 4 Si pensi al governo britannico ed alla committenza di Fenton. 5 La documentazione delle prime imprese coloniali italiane fu essenzialmente testimoniata da fotografi professionisti privati che a proprie spese iniziarono a recarsi in Africa per realizzare immagini che soddisfacessero le richieste di conoscenza sul paese straniero imperversanti in Italia. Fra i fotografi professionisti che sbarcarono nelle colonie vi erano Luigi Naretti, i fratelli Nicotra, Luigi Fiorillo, Alessandro Comini. 6 Per una storia dellIstituto Luce vedi Mannucci S., Luce sulla guerra. La fotografia di guerra tra propaganda e realt. Italia 1940-45, Ilmiolibro, Roma, 2008; Argentieri M., Locchio del regime. Informazione e propaganda nel cinema del fascismo, Vallecchi, Firenze, 1979; Laura E.G., Le stagioni dellAquila. Storia dellIstituto Luce, Ente dello Spettacolo, Roma, 2000. 7 La lettera del 7 settembre 1935, tuttora conservata in ACS, MCP, Gabinetto, b. 115, f. Ufficio Stampa e Propaganda in AOI. Reparto cinematografico Luce, sf. 37. 8 Bonardi P., Servizio Stampa A.O., Beltrami, Firenze, 1936. 9 ACS, PCM, f. 17-1, 3422, sf. 34. 10 Palma S., LItalia coloniale, op. cit., pp. 15-16. 11 Del Boca A., Gli italiani in Africa Orientale II, La conquista dellImpero, Oscar Mondadori, Milano, 2001, p.687. 12 Mannucci S., La Guerra dEtiopia. Fotografia e colonialismo, Ilmiolibro, Roma, 2008; Del Boca A., Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005; Del Boca A., I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra dEtiopia, Editori riuniti, Roma, 1996; Del Boca A., Gli italiani in Africa Orientale. III. La caduta dellImpero, Oscar Mondadori, Milano, 1992. 13 Del Boca A., La caduta dellImpero, op. cit., p. 232. 14 Del Boca A., La caduta dellImpero, op. cit., p. 237; Rochat G., Il colonialismo italiano, p. 190. 15 Con il decreto n. 620208 del 12 giugno 1937 il governatore dellEritrea vietava agli italiani e agli stranieri europei di abitare nei quartieri popolati dagli indigeni. 16 Lidio Cipriani, uno dei firmatari del Manifesto della razza del 1938, cerc di dimostrare, nella lotta contro il madamato, come i meticci fossero inevitabilmente predisposti alla degenerazione, e che dunque fosse necessario salvaguardare il prestigio della razza latina e fascista. Vedi Cipriani L. Razzismo coloniale, in La difesa della razza, n. 2, 20 agosto 1938.
2 1

Contatti: mannucci.stefano@gmail.com
8

Vous aimerez peut-être aussi