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Duns Scoto e lanalogia entis


L
EONARDO

C
APPELLETTI This article shows that, within the Duns Scotuss metaphisical doctrine (like in quaestiones subtilissimae super libros metaphysicorum Aristotelis), the Being is not predicated on alls things univocally, but analogically; and this statement goes against the tradiction, especially founded on Duns Scotuss theological works like the Reportata parisiensa and the Ordinatio. Keywords: Duns Scotus, analogicity of Being.

Nelle pagine che seguiranno si mostrer quale ruolo rivesta la quaestio I del libro IV delle Quaestiones subtilissimae super Metaphysicam1 di Duns Scoto allinterno della sua speculazione filosofica, al fine di recuperare questultima da quella che stata una lettura quasi esclusivamente incentrata sugli scritti della sua maturit che presentano un carattere for- temente teologico. Il titolo della quaestio, Utrum ens dicitur univoce de omnibus, delimita la nostra attenzione ad un particolare argomento di quellim- menso territorio che il pensiero scotiano, e cio quello dellunivocit dellente; non potendomi per soffermare a lungo su questo aspetto tan- to discusso del dottor Sottile, ne dar solo qualche accenno.2 Innanzi tutto, quello della univocitas entis, un tema che si inserisce allinterno del problema di quale sia loggetto proprio dellintelletto umano, facen- te capo a due correnti di pensiero molto diverse tra loro: quella cosid- detta agostiniana, e quella aristotelica; secondo la prima, il primum cognitum dellintelletto umano, coincide con lessenza divina in quanto
1 Cfr. Ioannes Duns Scotus, Opera Omnia /Editio minor, I, Opera philosophica, a cura di G. Lauriola, Arti Grafiche Alberobello, Alberobello 1998. 2 La letteratura riguardo largomento sconfinata; rimando a E. Bettoni Ventanni di studi scotisti (1920-1940), Vita e Pensiero, Milano 1943, pp. 42-45, dove si offre una sintesi di vari studi sul concetto di essere ed il suo rapporto con lunivocit e lanalogia; cfr. anche B. de Saint-Maurice, Giovanni Duns Scoto dottore dei tempi nuovi, Stella del mare, Livorno 1957, pp. 149-156, e E. Bettoni Duns Scoto filosofo, Vita e Pensiero, Mila- no 1966, pp. 62-84. Annali del Dipartimento di Filosofia 2003-2004, ISBN 88-8453-270-1 2005, Firenze University Press

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in essa che luomo pu conoscere tutte le cose, mentre per la seconda il primo oggetto del nostro conoscere la quidditas rei materialis, nel sen- so che la nostra mente, a met strada tra il puro senso dipendente dalla materia e lintelletto angelico da essa svincolato, conosce in modo imma- teriale le cose sensibili tramite astrazione. Ora, Scoto non accetta n luna n laltra delle soluzioni dal momento che, stando alla corrente agostiniana, non solo luomo vedrebbe con visione diretta ed intuitiva tutte le cose nellessenza divina, ma avrebbe anche una conoscenza pri- maria di Dio da cui deriverebbero anche tutti gli altri concetti; stando invece alla corrente aristotelica, alluomo verrebbe preclusa la conoscenza di tutto ci che trascende lordine delle cose materiali, compromettendo cos la visio beatifica di Dio, fine ultimo delluomo. Secondo Scoto inve- ce, il nostro intelletto conosce primariamente ed adeguatamente lens in quantum ens3 e, al fine di giungere ad una conoscenza in grado di com- prendere tanto le realt materiali che spirituali, ne sostiene lunivocit ontologica.4 Fa problema per il fatto che lunivocitas entis, se letta alla luce del testo cui stiamo per avvicinarci, non presenta quel carattere di assolutezza che gli tradizionalmente attribuito dalla critica, sia antica sia moderna, e che si richiama essenzialmente ai commenti alle Sentenze.5 Il mio lavo- ro, dunque, presenter il problema dellunivocit tenendo come punto di riferimento la sola opera filosofica di Scoto e la quaestio che ci accin- giamo ad affrontare quella che meglio si adatta al nostro scopo. Ma prima di fare ci sar utile prospettare una motivazione storica che spie- ghi il perch di questo fraintendimento. Recentemente si mostrato come Antonio Andrea, uno tra primi discepoli di Duns Scoto,6 nel fornire una abbreviatio delle Quaestiones subtilissimae del maestro, abbia in realt operato una vera e propria
3 Cfr. I.D. Scotus, Opera Omnia /Editio minor, III/1, Opera Theologica, a cura di G. Lauriola, Arti Grafiche Alberobello, Alberobello 2001, 193, p. 227: dico quod primum obiectum intellectus nostri est ens, quia in ipso concurrit duplex primitas, scilicet communiatis et virtualitatis, nam omne per se intellegibile aut includit essentialiter ratio- nem entis, vel continetur virtualiter vel essentialiter in includente essentialiter rationem entis. 4 Cfr. ivi, 41, p. 204: Dico quod non tantum in conceptu analogo conceptui creaturae concipitur Deus, scilicet qui omnino sit alius ab illo qui de creatura dicitur, sed in conceptu aliquo univoco sibi et creaturae. 5 Mi riferisco al commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, tenuto a Oxford e Parigi, e dunque, rispettivamente, allOpus Oxoniense e allOpus Parisiense. 6 Per una informazione biografica su Antonio Andrea cfr. I. Vazque Janeiro, Rutas e hitos del escotismo primitivo en Espana, in Homo et Mundus: Acta quinti Congressus Scotistici Internationalis, Salamanticae, 21-26 Septembris 1981, Societas Internationalis Scotistica, Roma 1984, pp. 419-436.

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revisione dellopera, sebbene il suo intento fosse inizialmente stato quel- lo di offrire una sistematizzazione alla Metafisica del Doctor Subtilis in grado di facilitarne la comprensione.7 E dato che lunivocit dellente fu subito sentita come uno dei tratti maggiormente distintivi della specu- lazione di Scoto,8 facile immaginare quale difficolt interpretativa abbia suscitato la quaestio che ci accingiamo ad analizzare visto e consi- derato che con essa sar possibile mettere in discussione la presunta assolutezza dellens univocum omnibus, almeno dal punto di vista pura- mente filosofico. Loperazione di Antonio Andrea fu estremamente semplice giac- ch, nelle sue Quaestiones, egli sostitu al passo della prima quaestio altri testi tratti dallOrdinatio aventi s lo stesso oggetto speculativo, ma con una ben diversa trattazione,9 dando cos avvio alla distorta visione che si avuta nei secoli della univocitas entis nella sua reale portata filosofica, non teologica.10 Vi stata dunque una doppia sovrapposizione su quella che avrebbe dovuto essere lesatta interpretazione dellunivocit: da una parte infatti si letto Antonio Andrea al posto del suo maestro, e dallal- tra si fatto dire allo Scoto filosofo ci che dice lo Scoto teologo. Ora, va detto innanzi tutto che la quaestio non pu dirsi il risultato di unidea presente nella mente dellautore in modo chiaro e distinto
7 Cfr. G. Pini, LExpositio in libros metaphysicorum di Antonio Andrea, in Docu- menti e studi sulla tradizione filosofica medievale, II/2, 1991, p. 531: le particolari condizioni di frammentariet in cui si trova talvolta il corpus degli scritti di Duns Scoto, anche a causa della prematura morte del maestro, e la presenza in esso di testi apparte- nenti a diversi stati di evoluzione e sottoposti a influenze diverse, ha imposto ai conti- nuatori di Scoto [] la necessit di scegliere tra molti testi del maestro a proposito di determinate dottrine, per dare la lezione ufficiale dello scotismo. Se ne conclude, quanto ad Antonio Andrea, che per linterprete odierno la distinzione tra lo scotismo di que- stultimo ed il pensiero personale di Duns Scoto una condizione necessaria per poter intendere lo stesso Scoto. 8 Cfr. O. Boulnois, Analogie et univocit selon Duns Scot: la double destruction, in Les tudes philosophiques, 3-4, 1989, p. 347: sa manire daffirmer nettement lunivocit de ltant a t ressentie par les mdivaux comme une ligne de fracture dans le champ continu de la scolastique. 9 Cfr. G. Pini Le Quaestiones super methaphysicam di Antonio Andrea in Docu- menti e studi sulla tradizione filosofica medievale, VI, 1995, p. 303: Di fronte al con- trasto tra la posizione affermata nelle Quaestiones e quella dellOrdinatio, la posizione di Antonio Andrea molto semplice: egli adotta completamente la dottrina dellOrdinatio. Per quanto riguarda un elenco dei passi sostituiti da Antonio Andrea, cfr. ivi, pp. 355-356. 10 Cfr. ivi, p. 297: i passi aggiunti o sostituiti da Antonio Andrea sono quasi sempre tratti, letteralmente o con alcuni aggiustamenti, dallOrdinatio e dal Quodlibet dello stes- so Scoto []. A questo proposito interessante notare come per questa via un consi- stente numero di passi appartenenti ad opere teologiche [] passino allinterno di una serie di quaestiones sulla Metafisica.

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o perlomeno pre-definito, e ci lo si desume dalla sua stessa struttura, la quale mette in evidenza un netto cambio di rotta circa il problema dellunivocit: se inizialmente lintento di Scoto quello di mostrare che lente si dice univocamente di tutte le cose, durante la stesura del testo possiamo verificare una sua presa di coscienza del fatto che ci non possibile. Presa di coscienza, questa, interamente filosofica, visto e considera- to che lautore si muove su basi puramente logico-ontologiche; difatti Duns Scoto pienamente consapevole del fatto che se si vuole sostenere lunivocit dellente, necessario che questultimo presenti alcuni carat- teri, per lappunto logico-ontologici, del tutto particolari, primo fra tutti il suo non poter essere identificato con il genere. Al contrario, lente pu predicarsi di tutte le cose proprio in quanto onticamente dotato di una communitas maggiore di quella posseduta dai dieci generi, facolt que- sta che gli deriva dallessere un primum intellegibile:
quae prima sunt ad intelligendum, sunt communissima, quia semper communius prius intellegimus []; ergo illud, quod est primum intelligibile simpliciter, est communissimum simpliciter. Sed nullum est tale nisi ens, quia nullum decem generum est communissimum simpliciter, quia nullum praedicatur de alio genere; ens ergo potest habere unum conceptum communem .11

Ed questo un punto di forza, per poter comprovare lens univocum, che lautore sottolinea pi volte dandogli sempre una coloritura episte- mica;12 daltra parte, cos facendo, si mostra tacitamente la strada da per- correre se si vuole controbattere alla tesi dellunivocit: trovare cio il modo per poter asserire che lente pu essere identificato con il genere; che non sia, insomma, una sorta di trascendentale in grado di predicarsi dei dieci predicamenti. Le obiezioni che in tal senso vengono avanzate, mostrano inizialmente una marcata ascendenza porfiriana,13 ed infatti si va a sostenere che lente un genere, non potendo essere identificato, nel momento in cui si predica di un qualcosa, n con una differenza n con un proprio n con un accidente:
11 Duns Scotus, Opera Omnia, cit., 32, p. 128. 12 Cfr. sopra, nota 6, e Duns Scotus, Opera Omnia, cit., 33, p. 128: quod primo occurrit, debet esse confusum respectu cuiuscumque secundo occurrentis, quando est processus a confuso ad determinatum; sed nullum genus est confusum respectu alterius generis occurrentis secundo; cfr. anche ibid., 34: sicut accidentia per se sentiuntur, ita prima universalia illorum possunt intelligi; sed illud quod est simpliciter primum est tantum unum; ergo illud non potest esse aliquod genus, cum contingat primo occurrere aliud genus et non substantia. 13 Cfr. la risposta di Scoto alla prima di esse: Porphirius ordinat librum suum ad Praedicamenta Aristotelis sicut dicit in proemio (ivi, 51, p. 130).

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quod proprie praedicatur de multis, praedicatur de eis secundum rationem alicuius universalis de numero quinque universalium. Si ergo ens huiusmodi, ergo praedicatur secundum rationem universalis. Non differentiae quia non praedicatur in quale; nec proprii, nec accidentis, quia sunt extra essentiam illius de quo praedicatur; ergo ut genus.14

In seguito, una volta ammesso da parte dellautore che lente non possa dirsi univocamente di tutte le cose in modo assoluto, le obiezio- ni avranno una paternit ascrivibile allo stesso Scoto, dimostrando cos come egli stesso sia il primo a porre degli ostacoli nei confronti di una dottrina filosofica in cui lens abbia la capacit metafisica di predicarsi univocamente di tutte le cose. Ora, il problema circa la natura dellente, del suo essere o meno identificabile con il genere, il punto chiave della questione dal momen- to che la prima parte interamente volta a mettere in luce cosa comporti lunivocit dellente; o meglio, Scoto esemplifica le propriet dellente, e nel farlo egli dimostra che esse appartengono ad un qualcosa di univoco e non certamente di equivoco. Ci che lautore sembra voler mettere in campo nel delineare le propriet dellens univocum, appare essere il fon- damento di un edificio del sapere che comprenda tutto lo scibile, se si considera il fatto che in pi di unoccasione lunivocit diventa lunico presupposto per poter procedere in una qualsiasi indagine di natura ontologica, logica ed epistemologica.15 Dunque Scoto, in poco pi di una pagina, espone tutta una serie di argomentazioni, che potremmo anche definire prove di univocit, le quali, piuttosto che rispondere direttamente alla domanda utrum ens dicatur univoce de omnibus, met- tono in evidenza la natura dellunivocum tramite anche la natura del suo termine correlativo, cio dellaequivocum. Vediamo dunque, in un sinte- tico prospetto, quali siano queste prove per cui lente pu dirsi univo- co: con la prima, che potremmo chiamare della contradictio, si dimostra che lente, al contrario degli aequivoca, suscettibile di contraddizione:
14 Ibid., 50. 15 Per quanto riguarda la sfera ontologica cfr. ivi, 1-3, p. 125: In aequivocis non est contradictio []. Hic est contradictio: aliquid est et nihil est, sed aliquid non est minus commune quam ens ; per quanto riguarda lordine logico cfr. ivi, 6, p. 126: est substantia ergo ens. Antecedens non potest esse verum sine consequente; in aequivocis non est consequentia, quia non habent opposita; per quanto riguarda invece il piano epistemologico, cfr. ibid., 14: est scientia quae speculatur ens; scientia una est circa subiectum univocum. [] In aequivocis non cadit demonstratio; de subiecto sunt demonstrationes []; sed ens est subiectum, ergo non aequivocum, ibid., 15: de subiecto oportet praecognoscere quid est; aequivocum non habet quid, e ibid., 16: principium notissimum habet terminos notissimos, quia principia cognoscimus in quantum terminos cognoscimus. Sed termini aequivoci non sunt notissimi.

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in aequivocis non est contradictio []; ens et non-ens contradicunt ;16

la seconda, che potremmo invece chiamare della determinatio, sostiene che un aequivocum, al contrario di un univocum, non pu ricevere alcuna determinazione:
nullum aequivocum potest determinari per aliquid additum ad determinatum significatum; ens potest. Probatio maioris: omne aequivocum importat actu quod- libet significatum; omne determinabile est indifferens ad hoc et illud;17

la terza prova che Scoto propone ha a che fare con la logica delle conseguenze, del tipo se allora , ma la sua cogenza dipende dalla prima, dal momento che con essa si afferma che, se una conseguenza valida, allora i termini da cui composta sono univoci in quanto in essa non possono trovarsi nomi privi di oppositum:
est substantia, ergo ens. Antecedens non potest esse verum sine consequente; in aequivocis non est consequentia, quia non habent opposita .18

La quarta prova, che potremmo definire della comparatio, sostiene che un equivoco non in grado di ricevere un aumento o diminuzione di essenza, mentre lente si predica delle cose secondo il pi ed il meno:
comparatio non est in aequivocis, sed secundum ens est comparatio ;19
16 Cfr. ivi, 1, p. 125; questa prova risulta essere senzaltro la pi importante, dal momento che con essa lautore amplia il raggio dazione dellens (e dunque dellunivocit, essendo presupposto ancora a questa altezza del testo che lente sia univoco) a termini che hanno una forte portata ontologica come aliquis e aliquid: cfr. ibid., 3: hic est contradictio: aliquid est et nihil est, sed aliquid non est minus commune quam ens []. Si dicatur quod non est contradictio hic, tum numquam erit contradictio: aliquis et nullus, quia aliquis non potest habere conceptum communiorem quam aliquid. La prova del- la contradictio come metro di valutazione per poter distinguere ci che univoco da ci che equivoco, dunque fondamentale proprio per limportanza che riveste in campo ontologico in quanto rende predicabili di entitas non solo tutto ci che un qualcosa (aliquid), ma anche lindividuo (aliquis). 17 Ibid., 5. Tale argomento proietta dunque ci che ente in unottica gnoseologica, andando a sostenere che la natura di un equivoco, dal punto di vista conoscitivo, quan- to di pi sterile ci possa essere: essendo di una indeterminatezza totale, la sua natura non pu ricevere alcunch di aggiuntivo in grado da potergli conferire un incremento di significato; al contrario, ci che univoco in grado di ricevere ab esterno determinazio- ni che, specificandone lessenza, ne ampliano la portata conoscitiva. 18 Cfr. ivi, 6, p. 126; la validit di una inferenza tale se e soltanto se se non si d il caso in cui sia valida la sua negazione, ovvero il suo contraddittorio, e noi sappiamo ormai che in aequivocis non est contradictio. 19 Ibid., 10. Leonardo Cappelletti

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sia la quinta che la sesta prova, sono strettamente legate al problema della scienza metafisica e del suo subiectum,20 e con esse si motiva la ragione per cui un equivoco non pu costituire il medium di unindagine scientifica: la prima delle due in quanto afferma che per gli equivoci non si d dimostrazione,21 mentre la seconda, affermando che un equivoco non dotato di quidditas, decreta la sua esclusione dal campo dellinda- gine scientifica e dei cognoscibilia.22 Con lultima prova, Scoto mette in evidenza che degli assiomi, i quali costituiscono la base inconfutabile ed indimostrabile della nostra conoscenza, non si pu dire niente allinfuori del fatto che in essi non trovano posto gli equivoci:
firmissimum omnium principiorum est quod impossibile est idem esse et non esse. Principium notissimum habet terminos notissimos, quia principia co- gnoscimus in quantum terminos cognoscimus. Sed terminos aequivoci non sunt notissimi.23

Ora, la considerazione della impossibilit di poter portare avanti quella che avevamo detto essere una vera e propria struttura del sapere avviene allorquando Scoto prende in considerazione lopinione di Avicenna circa la natura dellente, ovvero proprio quando, per la prima volta, viene fatto un rapido riferimento al genus.24 Lobiezione che porte- r Scoto a non poter ammettere lunivocit dellente, almeno da un pun- to di vista puramente filosofico, fa il suo ingresso in sordina, ma quan- do si espliciter,25 costringer lautore ad operare una presa di posizione
20 Per quanto riguarda la determinazione del significato del subiectum cfr. J.-F. Courtine, Il sistema della metafisica. Tradizione aristotelica e svolta di Surez, Vita e Pensiero, Milano 1999, pp. 8-25. 21 Duns Scotus, Opera Omnia, cit., 14, p. 126: scientia una est circa subiectum univocum. Cuius probatio est in I Posteriorum: in aequivocis non cadit demonstratio; in questa sede Scoto si rif ad un passo degli Analitici Secondi, dove lo Stagirita fonda il sapere certo ed evidente del sillogismo scientifico sulla inconfutabilit di ci che lo com- pone (cfr. Aristotele, Analitici Secondi, a cura di G. Colli, in Opere, I, Laterza, Roma-Bari 1991, p. 263: il sillogismo scientifico deve inoltre costituirsi sulla base di proposizioni prime, indimostrabili, poich altrimenti non si avrebbe sapere, non possedendosi dimostrazioni di esse). Dunque questa prova si riallaccia alla seconda dal momento che un termine che importat actu quodlibet significatum non pu certamente avere in s niente di evidente. 22 Ibid., 15: de subiecto oportet praecognoscere quid est; aequivocum non habet quid. 23 Ibid., 16; dunque questa largomentazione che dimostra con maggior eviden- za che il sapere quoad nos pone le sue radici pi profonde nel terreno dellunivocit. 24 Cfr. ivi, 31, p. 128: ens dicitur secundum unam rationem de omnibus de quibus dicitur, licet non aeque primo, quia quaedam sunt quasi genera . 25 Cfr. ivi, 50, p. 130: tunc ens esset genus .

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che avr, per cos dire, il sapore di un compromesso. In effetti Scoto, per controbattere lopinione di Porfirio dellens genus, aveva proposto non solo di considerare lessere uno un proprio da predicarsi del ge- nere ente26 ma, sempre per restare allinterno della dottrina porfiriana, avanzava lidea che dellente si potesse predicare la natura della specie specialissima.27 Le proposte di Scoto, allinterno di un dibattito che fosse interamen- te inserito in un contesto concernente lIsagoge, avrebbero, crediamo, sortito leffetto desiderato, cio quello di chiudere la questione sullunivocit comprovando questultima tramite lo stesso lessico porfiriano. Allorquando Scoto rispondeva allidentificazione dellente con il genere avanzata da Porfirio, tramite le due tesi poco sopra enunciate, aveva ben in mente che il discorso si stava muovendo dentro la sfera della predicabilit logica ed intendeva salvare lunivocit sotto questo punto di vista; ed effettivamente proprio quello che accade una volta predicata la natura della specie specialissima allente. Il fatto che Scoto riporti ulteriori obiezioni nei confronti di quello che gi a questaltezza si potrebbe dire un problema risolto mostra limportanza del problema stesso non solo dal punto di vista della sua ricezione nellambito culturale del tem- po, ma anche perch si ha limpressione che lautore ci tenesse a mettere alla prova la stabilit metafisica dellunivocit sotto pi punti di vista. Le obiezioni che adesso inficieranno lunivocit, saranno dirette al- lente inteso sia in senso logicoepistemologico sia ontologico: di qui il compromesso cui prima si accennava, dal momento che lautore decide di scartare lunivocit nella sua portata logico-predicativa per difendere la tesi che esso si possa predicare univocamente dei dieci generi:
ista ratio non probat quin ens sit commune univocum decem generibus, sed tantum quod non sit univocum generi et differentiae 28

E il concedere che lente non si possa predicare in modo univoco del genere e della differenza risulta essere sia un tacito abbandono di quellidea di sapere universale emerso nella prima parte della quaestio fondantesi sullunivocitas, avendo ormai questultima perso la sua assolutezza, sia un passo indietro rispetto alla conquista fatta tramite
26 Ibid., 52: quantum ad definitionem Porphyrii, ens forte est genus, et unum proprium . 27 Ibid., 53: comparando ad inferius potest ens habere rationem speciei specialissimae ; cfr. anche Porfirio, Isagoge, a cura di G. Girgenti, Rusconi, Milano 1995, p. 69: la specie infima [ovvero la specie specialissima] viene definita ci che, essendo specie, non mai genere. 28 Duns Scotus, Opera Omnia, cit., 55, p. 130.

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lidentificazione, di matrice porfiriana, concernente la specie specialissi- ma e lente. Lammissione che lautore costretto a fare deriva, in via consequenziale, dal prendere atto che, comunque, non possibile non predicare dellente la natura del genere, dal momento che di questo che si pu predicare la natura della specie specialissima:
genera prima sunt species. Nam omne quod habet in suo per se intellectu aliquid materiale et aliquid formale, potest proprie definiri per aliqua duo exprimentia illos conceptus; sed omne primum genus est huiusmodi, quia habet in se con- ceptum entis, et aliquid formale determinans illud commune ad hoc genus;29

e se lautore riesce, almeno per adesso, a salvare lunivocit nel suo carat- tere ontologico solo tramite una distinzione30 grazie alla quale si mo- stra il caso in cui un termine, in questo caso, naturalmente, ente,31 ha in s la natura di ci che gli si predica:
prima propositio [scilicet ens non est commune univocum decem generibus] potest negari de omni uno communi quod dicit totum illud quod inferius; vera est autem tantum de alio communi quod dicit partem inferioris. Tunc enim determinatur per aliud quod dicit aliam partem. Ens autem dicit totum quod substantia et quod homo, quia quidquid est ibi, est ens per se primo modo.32

Praticamente, grazie alla communitas che era emersa nel riportare lopinione di Avicenna33 che lente pu ancora mantenere lo statuto di
29 Ibid., 54. 30 La distinzione consiste in questo: vi sono termini la cui communitas dice tutto ci che a loro inferiore, ed altri invece che possiedono una communitas in grado di dire solo una parte di ci che gli sta sotto; ora, Scoto afferma che la tesi dellobiezione pu essere negata solo tramite termini del primo tipo, in quanto i secondi, dicendo solo una parte di ci che loro inferiore, hanno bisogno di un altro termine la cui communitas sia in grado di dire anche laltra parte. Il Dottor Sottile non esplicito nel dire quali siano tali termini, o meglio non del tutto, in quanto far lesempio solo del primo dei due casi; possiamo per ipotizzare che egli voglia dire che i termini dotati di una communitas in grado di dire tutto ci che loro inferiore siano i trascendentali: infatti, come riporta lesempio (cfr. sotto, nota 29), se dico ente dico anche lintero essere delluomo; del secondo caso lautore non porta alcun esempio, ma possiamo farlo noi: al contrario di ci che avviene per il termine trascendentale ente, se dico animale dico solo una parte dellessere uomo, per cui esso sar determinato solo grazie ad un altro termine dotato di una communitas in grado di dire anche laltra parte, come il termine razionale. 31 Cfr. ivi, 56, p.131: Ens autem dicit totum quod substantia et quod homo, quia quidquid est ibi, est ens per se primo modo. 32 Ibid. 33 Cfr. sopra, nota 6. 34 Cfr. ivi, 70, p. 132; a livello ontico, dal momento che quello logico-predicativo non ha avuto da parte dellautore alcun tentativo di recupero.

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trascendentale. Si pu allora supporre che la vera e propria scommes- sa di Scoto fosse stata quella di dimostrare lunivocit da un punto di vista pi logico che ontologico, quasi fosse questultimo pi facilmente sostenibile allinterno di un orizzonte metafisico che, comunque, am- mette lesistenza di alcuni concetti in grado di predicarsi realiter, secon- do la loro essenza, dei dieci generi. Sar interessante notare che, dal punto di vista ontologico, verr s recuperata lunivocit dellente, ma in un modo che si direbbe non sod- disfare appieno neppure lautore, tant vero che la solutio quaestionis scioglier ogni dubbio circa la riuscita o meno della presunta dimostra- zione del fatto che lente , onticamente, univoco:
ad quaestionem, concedo quod ens non dicatur univoce de omnibus entibus;34

tuttavia su di una cosa si potr essere certi, ovvero del fatto che lente non ha una natura equivoca35, la qual cosa per, ci riporta nuovamente nellambito semantico della predicazione con cui si aprivano le Catego- rie di Aristotele che, nelleconomia dellintera questione, sono un co- stante, seppur talvolta implicito, rimando. Il riferimento che interesser lente nel suo carattere ontologico, non sar ad una imprecisata nonequivocit, quanto ad una attribuzio- ne analogica;36 effettivamente bisogna dire che il passo in cui lautore si richiama a quella che si pu definire una doppia non-univocit,37 secon- do cui lente ha sia una significazione equivoca simpliciter che analogi- ca, pu suscitare non poca perplessit dal momento che non trova un preciso rimando con quanto precede; da un punto di vista formale, in- fatti, Scoto era riuscito a mantenere lunivocit dellente messa in dub- bio da una obiezione che prendeva le mosse dalla natura che possiede un attributo allorquando, aggiungendosi allente, fa s che questo si di- versifichi nella molteplicit del reale. Certamente questa obiezione, vol- ta a negare allente una predicazione univoca anche dal punto di vista ontologico, ha gi una solida base su cui poggiarsi: infatti a questaltez- za della quaestio, che lente non sia univoco al genere ed alla differenza gi un dato di fatto. Sarebbe inutile ricordare che, date le circostanze, la non univocit si d ogni volta che ci troviamo davanti ad una defini35 Ibid.: ens non dicatur univoce de omnibus, non tamen aequivoce . 36 Ibid.: quia autem illa quae significantur, inter se essentialiter attribuuntur, ideo [ens significat] analogice secundum metaphysicum realem. 37 Ibid.: [ens significat] simpliciter aequivoce secundum logicum e, come abbia- mo gi visto, [ens significat] analogice secundum metaphysicum realem; lavverbio simpliciter fa s che lequivocit che qui viene messa in campo non sia un caso di omonimia, ma il modo attraverso cui si d, a livello logico, la predicazione essenziale dellente.

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