Vous êtes sur la page 1sur 6

La riforma del diritto delle societ di capitali operata con d.lgs. 6/2003 .

. Prima parola chiave della riforma corporate governance: con essa si allude ad un problema di governo dellimpresa, di per s implicito ad ogni disciplina di diritto societario, ed un termine dunque che da punto di vista semantico nulla vi aggiunge. La formula ha iniziato la sua fortuna nel pensiero giuridico ed una visione contrattualistica dellimpresa: limpresa concepita come nexus of contracts, e occorre dunque chiarire in che modo e secondo quali tecniche un modello organizzativo imperniato su una rete di rapporti contrattuali possa assicurarne un adeguato governo. Motivazione centrale del tema delle corporate governance stata perci una ricerca dellefficienza: laccento posto sulla capacit del sistema economico e della singola impresa di produrre ricchezza. La configurazione dellimpresa come nexus of contracts assume un ulteriore significato politico ed ideologico. Da un lato si tende a sottolineare la peculiarit della posizione dei soci: essi si caratterizzerebbero in quanto residual claimants, quali soggetti cio il cui diritto di partecipare ai risultati economici dellimpresa pu essere soddisfatto soltanto a seguito del soddisfacimento degli altri (es. i creditori in quanto fixed claimants). Tale posizione si individuerebbe quindi per un specifico rischio, ed esso giustificherebbe sia la soluzione per cui ai soci soltanto sarebbe efficiente riconoscere il potere di governo della societ sia lesigenza che la sua attivit venga soprattutto orientata al perseguimento dei loro interessi. Dallaltro lato la visione del nexus non esclude necessariamente una prospettiva pi attenta ai profili c.d .communitarian: la possibilit e/o necessit di riconoscere nel governo della societ rilevanza anche ad interessi ulteriori rispetto a quello dei soci, per esempio quelli dei dipendenti della societ e della comunit nazionale e locale in cui essa opera. In questo dibattito assume un ruolo centrale anche la formula: shareholder value,. Il problema, cio, se la missione della societ per azioni sia soprattutto accrescere la ricchezza degli azionisti ed allora, con lo sguardo principalmente rivolto verso le s.p.a. quotate in borsa, il valore della loro quotazione e quindi il capital gain degli azionisti stessi. Il tema rimane ambiguo: se una prospettiva esclusivamente orientata agli interessi degli azionisti potrebbe condurre a posizioni esasperatamente individualistiche, un approccio istituzionali stico implica leventualit che chi amministra la societ, avendo il potere di ponderare una molteplicit di interessi tra loro contraddittori, risulti in definitiva arbitro di essi. tradizionale evidenziare una fondamentale differenza tra soci-imprenditori e soci risparmiatori, alla quale corrisponde un diverso interesse nei confronti della gestione dellimpresa sociale (differenza tra prospettive di breve e lungo termine). E si segnala in tempi pi recenti una nuova categoria di soci, c.d. investitori istituzionali, i quali, come gli organismi di gestione collettiva del risparmio ed i fondi pensione, volgono il loro interesse soprattutto al valore finanziario della partecipazione e pongono invece minore attenzione allattivit industriale della societ. Differente poi la situazione in presenza di una dispersione delle partecipazioni tale da escludere che vi siano soci di rilevanza tale da potere e voler influire sulla gestione della societ, rispetto a quando pu rilevarsi una loro concentrazione sufficiente a giustificare siffatta influenza. Nel primo caso (tradizionalmente studiato dalla dottrina nordamericana degli anni il problema riguarda soprattutto un potenziale conflitto tra soci e managers: i primi non sono in grado di incidere sulle scelte dei secondi ed allora, se si muove dallassunto che cmq dagli interessi di quelli necessario mirare, si pone lesigenza di tecniche organizzative a ci idonee. Da ci, ad es., lelaborazione di strumenti quali le stock options, volti ad allineare gli interessi degli uni e degli altri. Nel secondo caso (quello pi diffuso nella realt societaria italiana), il potenziale conflitto si pone in realt allinterno del gruppo dei soci: in esso si distinguono coloro che sono in grado di influire sullattivit sociale e coloro cui tale possibilit estranea (conflitto tra maggioranza e minoranze), e si pone il problema di contenere il rischio che i primi ingiustificatamente pregiudichino i secondi. Ma il contesto in cui la societ si inserisce influisce anche per altri profili sui modi concreti in cui si atteggiano gli interessi dei soci e sui loro possibili

strumenti di tutela: ci per una fondamentale diversit tra societ la cui partecipazione effettivamente negoziata in un mercato e soc. per le quali questo non avviene. Essa incide sui modi in cui il socio pu tutelare il suo investimento disinvestendo, lo strumento cio ormai definito come exit. Nel primo caso, infatti, soprattutto quando le partecipazioni sociali sono quotate in borsa, il socio pu in ogni momento liquidare il proprio investimento cedendole sul mercato; alla luce di ci si discorre spesso di una c.d. Wall street Rule secondo cui il socio insoddisfatto del modo digestione degli affari sociali non tanto esprime voto contrario agli amministratori quanto vende le proprie azioni. Nel secondo caso, che si tende a chiamare societ le possibilit di disinvestimento tramite una vendita delle partecipazioni sono in concreto limitate ed in buona parte escluse: ci sia per loggettiva difficolt di trovare un compratore sia per la mancanza di un mercato e di un prezzo di mercato in grado di ridurre costi di transazione non trascurabili. Sicch leventuale tutela di un interesse allexit richiede la disponibilit di diversi strumenti, in particolare di un diritto di recesso. Nella prima ipotesi, quando lexit realizzato vendendo sul mercato, loperazione di disinvestimento non comporta di per s la sottrazione di mezzi patrimoniali per lo svolgimento dellimpresa sociali; la vendita sul mercato rappresenta per un segnale di insoddisfazione riguardo allandamento della societ e quando avviene in ampia misura incide negativamente sulle quotazioni e di conseguenza rende minore il loro costo e pi agevoli acquisizioni in misura tale da modificare gli equilibri di potere della societ medesima (ne risulta uno strumento che pu indurre color che detengono tale potere a non superare la soglia oltre alla quale linsoddisfazione dei soci induce a massicce vendite e che pu cos contribuire al ricercato allineamento tra interessi dei managers e dei soci).Quando invece strumento in concreto disponibile per lexit soltanto il diritto di recesso, il costo del disinvestimento viene in definitiva a gravare su coloro che non lo esercitano e permangono nella societ. Si incide direttamente sui rapporti tra gruppi di soci e si tengono necessariamente in conto i rapporti con i soci di minoranza. Si potrebbe osservare che entrambe le tecniche risolvono il problema della corporate governance mediante strumenti negoziali, con la differenza che in un caso le negoziazioni avvengono con lintermediazione del mercato, in forma anonima, mentre nellaltro si svolgono allinterno della societ e direttamente tra soci. Non vi dubbio che questi temi si ricollegano ad un altro slogan, quello che, richiamando una pi generale tendenza verso la deregulation delle attivit economiche, la vuole ispirata ad un principio di autonomia negoziale ed alle logiche del mercato, nel senso di ampliare gli spazi per le scelte di autorganizzazione adopera dei privati: il mercato sarebbe in grado autonomamente di apprezzare (dare un prezzo) le clausole statutarie predisposte dagli operatori e di selezionare quelle pi efficienti. Ma si pu ritenere al contrario che il fatto di rivolgersi ai mercati finanziari comporta unesigenza di tutela dei risparmiatori; e ci si pu anche chiedere se la previsione di regole imperative, pur riducendo la possibilit di selezione degli assetti statutari ad opera del mercato, non ne agevoli il funzionamento rendendo pi semplice lapprezzamento delle societ, concentrando nei loro fondamentali economici le valutazioni sulla cui base si forma il prezzo delle partecipazioni sociali. Neppure pu trascurarsi il ruolo svolto dalla globalizzazione delleconomia, che permette di de localizzare le attivit produttive: ci si traduce nella sostanziale assenza di vincoli per la scelta del luogo ove situare la societ deputata a tale funzione e per la scelta della legge applicabile. Da ci una particolare configurazione del legislatore. La sua funzione nel regolare la materia sarebbe non soltanto imporre modelli organizzativi agli operatori economici,, quanto offrirli ad essi ed in tal modo ridurre i costi di transazione in cui incorrerebbero se dovessero autonomamente elaborarli .Ne risulta unesigenza che il legislatore ampli la gamma dei prodotti offerti agli operatori, modelli che rispondano alle necessit delle concrete realt imprenditoriali, e in particolare tengano conto delle piccole o medie dimensioni dellimpresa. La disciplina codicistica infatti imperniata sulla disciplina delle s.p.a., che storicamente si sviluppata con riferimento ad iniziative imprenditoriali di rilevanti dimensioni, con la conseguenza che, se la grande impresa ha a propria disposizione un modello organizzativo previsto inconsiderazione delle sue esigenze, quella di dimensioni minori si vede costretta per molti aspetti ad adeguarsi a regole che non tengono conto delle sue peculiarit. Per questo la riforma ha voluto dare al modello della s.r.l. una reale autonomia di disciplina. In questo senso la legge delega 366/2001 vuole per la societ a resp.limitata un autonomo ed organico complesso di norme, anche suppletive, modellato sul principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i soci (art.3); mentre richiede una disciplina delle s.p.a.

modellata sui principi della rilevanza centrale dellazione, della circolazione della partecipazione sociale e della possibilit di ricorso al mercato del capitale di rischio. In ogni caso la l. delega esclude espressamente lintroduzione di vincoli automatici in ordine alladozione di uno specifico modello societario. Tradizionale poi distinguere tra una s.p.a. di base ed una con azioni quotate in mercati regolamentati.. La riforma sottolinea questa differenza: il comma 2 delnuovo art.2325-bis dispone infatti che le norme di questo capo si applicano alle societ emittenti di azioni quotate in mercati regolamentati in quanto non sia diversamente disposto da altre norme di questo codice o di leggi speciali. E la legge individua un'altra categoria di s.p.a. che pur esse merita un distinto trattamento, le societ che fanno ricorso al mercato del capitale del rischio, categoria che comprende le societ con azioni quotate e quelle le cui azioni sono diffuse fra il pubblico in misura rilevante. - LEZIONE II: FINANZIAMENTO DELLIMPRESA E RESPONSABILITA La riforma delle societ di capitali conduce dunque ad unarticolazione maggiore rispetto alla situazione precedente dei modelli societari. Essa persegue lobiettivo prioritario di favorire la nascita, crescita e la competitivit delle imprese e di valorizzare il carattere imprenditoriale della societ. destinata ad affrontare e risolvere i problemi dellimpresa. Non sorprende che si considerino in primo luogo i temi di ordine finanziario. Limpresa infatti potrebbe essere considerata una funzione la quale riceve come input danaro e poi restituisce danaro come output a conclusione del processo produttivo. Decisivi sono perci i modi che caratterizzano luno e laltro momento. Ed in proposito occorre necessariamente ricordare gli art. 2325 e 2462 c.c. relativi ai due tipi principali di societ di capitali: in via di principio ne consegue una limitazione della responsabilit dei soci per i debiti conseguenti allattivit sociale .Due significative novit della riforma: 1. la limitazione di resp. ora affermata anche nel caso di s.p.a. unipersonali 2. espressamente riconosciuta la possibilit che la societ si avvalga di patrimoni destinati ad uno specifico affare (art. 2447-bis). Ne risulta inequivocabilmente un abbandono della prospettiva volta a sottolineare il significato collettivo della fenomenologia societaria ed in tal modo i diversi equilibri che la caratterizzano rispetto alla situazione dellimprenditore individuale. Essa smentita sia dalla generalizzazione della limitazione di resp. per la societ uni personale e soprattutto dalla disciplina dei patrimoni destinati: tale nuova tecnica, infatti evidenzia esigenze che riguardano lattivit di impresa e non le caratteristiche soggettive dellimprenditore. Tale tecnica riservata alle s.p.a. Vi anche da segnalare che la nuova disciplina prevede la limitazione di resp. pure in ipotesi prima esclusa, laddove era stata attuata la direttiva europea in tema di societ n.XII: quella della societ uni personale in cui unico socio una persona giuridica: la limitazione pu essere quindi usata anche quando la societ unip. viene utilizzata come tecnica per organizzare unattivit imprenditoriale di gruppo conservando il controllo totalitario dei diversi segmenti in cui si articola (contesto che riguarda specificamente le tecniche organizzative dellimpresa).Il ruolo della limitazione di responsabilit appare fondamentalmente quello, in un certo modo estraneo alle esigenze dei soci, di consentire unorganizzazione dellimpresa in grado di segmentare i rischi connessi a singoli e specifici momenti in cui si articola la sua attivit: con il risultato, per un verso, di ridurre le remore ad intraprendere operazioni il cui rischio riveli elementi di specificit, e per un altro, d ridurre i costi di monitoring per i finanziatori esterni (nel senso che in tal modo i creditori specifici del segmento di attivit cos isolato non hanno lesigenza di vigilare sullandamento dellattivit sociale nel suo complesso ed i creditori generali possono non monitorare quella isolata).Il senso della limitazione di resp. si coglie oggi su un duplice piano, a seconda che ci si ponga nella prospettiva interna, che guarda al problema di incentivare la raccolta di capitale di rischio, oppure in quella esterna, ove si considerano le esigenze di diversificazione dellattivit sociale: dal primo punto di vista la soluzione corrisponde alladozione di tecniche organizzative che limitano i poteri di controllo del socio e che apparirebbero ingiustificate qualora i rischi conseguenti allattivit sociale potessero coinvolgere il suo intero patrimonio; dal secondo punto di vista si risolve in una separazione di diversi gruppi di creditori e cos nella possibilit di isolare i relativi rischi (ci produce inevitabilmente delle esternalit, nel senso che solo la parte del rischio globalmente derivante dallattivit in questione assunta dal soggetto economico che ha il potere di controllo su di essa, mentre per il resto viene imposto ad altri soggetti, in primo luogo i creditori).La soluzione sotto questo profilo schiettamente politica, volta ad incentivare iniziative imprenditoriali anche rischiose. Trova poi conferma nella disciplina dei gruppi ex art. 2497 c.c. Qui, infatti, si conferma la legittimit della direzione unitaria di

distinte societ, ma vi si pone un limite per lipotesi di abuso, quando cio tale attivit di direzione si svolge in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale e quelle esternalit si rivelano ingiustificate: nellipotesi in definitiva in cui si sono alterate a danno di soggetti esterni e a proprio vantaggio le condizioni di rischio naturalmente presenti nel segmento di attivit considerato. Preziose indicazioni si possono poi trarre da due disposizioni circa i patrimoni destinati: 1.Art. 2447-quinquies, ove si distingue nettamente la posizione dei creditori in virt di contratto e di quelli a causa di illecito; 2.art. 2447-decies, primo comma, che pone a fondamento della destinazione 2 un contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare. Ci si riferisce in realt a due ipotesi diverse, distinte sul piano della fattispecie dallart.2447-bis. La prima concerne leventualit che si ponga lesigenza di isolare il rischio derivante da uno specifico affare, destinandogli una porzione del patrimonio sociale ed in tal modo separando i creditori che su di essa possono rivalersi e quelli generali della societ. La seconda invece destinata allipotesi in cui si intende definire, nuovamente isolando il relativo rischio, le condizioni per il finanziamento di uno specifico affare ed attiene quindi essenzialmente ai rapporti tra limpresa ed i suoi finanziatori: laffare diviene specifico da un lato per la scelta statutaria di trattarlo come tale, dallaltro in conseguenza delle modalit contrattuali con cui viene finanziato. Della diversit tra le due vicende tiene conto anche la recente riforma della legge fallimentare, che con riferimento alla prima si preoccupa soprattutto di assicurare in caso di fallimento della societ la separazione del patrimonio destinato; mentre la seconda disciplinata per il suo significato di rapporto contrattuale preesistente al fallimento, regolandosi allora le reciproche posizioni del curatore e del finanziatore in merito alle alternative tra scioglimento o continuazione del rapporto medesimo. Significativo per che in entrambi i casi assuma rilievo la prospettiva del contratto. Essa, in 2447- quinquies, III comma, vale a distinguere i creditori rispetto ai quali rileva la destinazione del patrimonio da quelli nei cui confronti risponde lintero patrimonio sociale: ci in particolare disponendo che resta salva la resp. illimitata della societ per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. Essa inoltre, nel ipotesi ex art.2447 decies, individua una fattispecie essenzialmente contrattuale, quella in cui in unoperazione di finanziamento per uno specifico affare si conviene che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dellaffare stesso. Nella seconda ipotesi, a ben vedere, la portata normativa della nuova disciplina non tanto consiste nella regola secondo cui, salvo il caso di prestazione di ulteriori garanzie, delle obbligazioni nei confronti del finanziatore risponde esclusivamente il patrimonio separato, bens in quella per la quale su tale patrimonio non sono ammesse azioni da parte dei creditori sociali. Il primo aspetto nulla aggiunge a quanto gi potrebbe risultare da un impegno contrattualmente assunto dal finanziatore. il secondo aspetto ad innovare il sistema, in quanto a tale impegno riconosce rilevanza pure nei confronti degli altri creditori. Ne risulta, in termini generali, che la regola di limitazione di responsabilit non riguarda tanto il regime del soggetto e del suo patrimonio, quanto quello del contratto e dellattivit in cui si inserisce. Perci i problemi di imputazione si risolvono essenzialmente in una questione di riferibilit dellatto allattivit, allo specifico affare. Problemi che da un lato vengono risolti richiedendo che latto stesso rechi espressa menzione del vincolo di destinazione (art. 2447-quater, IV comma), dallaltro ponendo come condizione per la separazione patrimoniale che la societ adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dellaffare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della societ .Occorre ricordare che a tali risultati si giunge sulla base di criteri in buona parte corrispondenti a quelli elaborati da una nota teorica che vede, in tema di limitazione della responsabilit, una default rule: una delle regole cio predisposte dallordinamento per ridurre i costi di transazione dei privati, che essi potrebbero autonomamente elaborare e di cui possono disporre. Lopinione in sostanza che lampiezza del patrimonio a garanzia del credito rappresenta una delle sue condizioni di rischio e non vi motivo di impedire che anchessa, come avviene per le sue altre condizioni, venga definita dallautonomia privata: funzione dellordinamento sostanzialmente quella di elaborare una regola standard per lipotesi che le parti non dispongano altrimenti. In questa prospettiva si comprende lesigenza di una espressa menzione del vincolo di destinazione dellatto allattivit: essa implica il riferimento a quello standard normativo. Ed in questa prospettiva si spiega perch, ponendosi al di fuori della sfera dellautonomia privata, resti salva la resp. illimitata per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. Perci il tema della limitazione della resp. e del suo fondamento viene diversamente trattato quando si considera la posizione dei creditori volontari e di quelli involontari: (in primo luogo quelli allorigine del cui credito vi un fatto illecito): ai secondi non ovviamente riferibile unautonoma scelta. significativo del resto che la prassi giurisprudenziale in tema di lifting the veil (di superamento della regola di limitazione della responsabilit) sia in concreto praticata a favore dei creditori in virt di atto illecito. Verrebbe per da chiedersi se e quali implicazioni sistematiche possono trarsi dalla circostanza che nella disciplina delle tre nuove ipotesi di separazione patrimoniale ora consentite alla s.p.a., in una

soltanto vi sia lespressa previsione che essa non opera con riferimento alle obbligazioni derivanti da fatto illecito: ci avviene infatti nel caso di patrimonio destinato ai sensi della lettera a) art. 2447-bis cc, ma non in quello della societ uni personale n del patrimonio destinato ai sensi di lettera b) art.2447-bis. Si potrebbe osservare che nellipotesi di societ uni personale, a differenza di patrimonio destinato ex lettera a), viene formalmente costituita una struttura organizzativa, dotata di propria autonoma resp, per lo svolgimento del segmento di attivit isolato, mentre nellipotesi ex lettera a) la separazione patrimoniale avviene pur sempre nellambito dellunitaria organizzazione della societ, senza distinzione tra gli organi preposti allo svolgimento della specifica attivit. A considerazioni diverse pu portare il confronto con la lett. b). In questo caso la vicenda si svolge secondo un meccanismo che muove dal contratto di finanziamento e sulla base di esso definisce lattivit ed i proventi destinati alla soddisfazione del creditore (non si tratta come nel caso a di una preventiva definizione di un affare e della conseguente distinzione dei creditori a seconda dei rapporti tra le ragioni del proprio credito e laffare medesimo). In tale vicenda laccento logico si pone sul momento della garanzia e sulla possibilit di costituirla non su beni staticamente intesi, ma sugli esiti economici di unattivit, i suoi proventi. Con la conseguenza che in tale prospettiva permane la preferenza nei confronti degli altri creditori e che a tal fine non vi motivo per operare tra di essi una distinzione sulla base dei fatti a fondamento del loro credito. - LEZIONE III: UTILIZZAZIONE DEI PATRIMONI DESTINATI Pu essere interessante anche chiedersi se ed in che senso possano essere desunti dal sistema limiti di utilizzabilit per i patrimoni destinati ad uno specifico affare. Occorre naturalmente tenere distinte le due ipotesi previste da art. 2447-bis. In particolare per quanto concerne il patrimonio destinato di cui alla lettera b), e disciplinato da art. 2447-decies, si osservato che si tratta fondamentalmente del particolare atteggiarsi di un rapporto contrattuale di finanziamento e di una soluzione volta a determinarne in maniera diversa da quella consueta la rilevanza inter-partes e nei confronti di terzi. Si tratta della regola secondo cui sui proventi dellaffare cui si riferisce il finanziamento, sui loro frutti e sugli investimenti con essi effettuati non sono ammesse azioni dei creditori sociali, e secondo cui, quindi, essi sono destinati in via esclusiva alla soddisfazione del credito al rimborso derivante dal finanziamento medesimo. Ne risulta unipotesi del tutto peculiare di garanzia a favore del finanziatore: una garanzia che, con riferimento a quei proventi,, gli consente di sottrarsi al concorso con gli altri creditori e che si caratterizza per il suo riferimento non a specifici beni, bens ai risultati finanziari delloperazione. Ma la vicenda in grado anche di caratterizzare i rapporti inter partes: in virt di essa, infatti, i proventi dellaffare finanziato non soltanto sono sottratti allazione degli altri creditori, ma possono inoltre essere configurati come strumento esclusivo per il rimborso del conferimento; al punto che possibile che nessuna altra garanzia sia prestata in proposito (lett. g, comma 2 , art. 2447-decies) e che si preveda un tempo massimo di rimborso, decorso il quale nulla pi dovuto al finanziatore (lett. h). soluzione che attiene al momento delladempimento: i proventi dellaffare individuano sia il debito, di modo che la loro dazione al finanziatore in quanto tale adempimento, sia lambito della responsabilit. Se cos , non sembra difficile individuare i limiti di utilizzabilit dellistituto. Esso delinea unipotesi in cui lautonomia privata definisce i contenuti del rapporto obbligatorio instaurato dalle parti ed in cui lordinamento precisa i criteri e gli indici per la sua opponibilit ai terzi. Ne risulta cos che laffare finanziato deve presentare caratteristiche tali da consentire i separati sistemi dincasso e contabilizzazione cui si riferisce la lettera b) terzo comma art.2447-decies, quindi una sua autonomia rispetto alla generale attivit della societ. un affare nuovo, nel senso che la norma non pu essere utilizzata la fine di separare beni gi presenti nel patrimonio di ci inequivocabile conferma il fatto che, a differenza dei patrimoni destinati di cui alla lett.a) 2447-bis, non si prevede n un diritto di opposizione dei creditori ne un limite quantitativo. invece sul piano della separazione dei beni preesistenti nel patrimonio sociale che si caratterizza la forma di patrimonio destinato prevista dalla lett. a) di art.2447-bis. Lo scopo quello di isolare il rischio conseguente allo svolgimento dello specifico affare rispetto a quello presente nella generale attivit della societ. Si tratta perci di una tecnica alternativa rispetto alla costituzione di una societ ad hoc eventualmente uni personale. Per quanto riguarda i limiti di utilizzabilit, assumono rilievo le prospettive adottate nel primo comma dellart. 2361 cc e nel secondo comma art. 2447-bis. Luno che vuole impedire la partecipazione in altre imprese quando per la misura e per loggetto della partecipazione ne risulta sostanzialmente modificato loggetto sociale determinato dallo statuto, laltro che per la costituzione di patrimoni destinati pone un limite quantitativo individuato sulla base di un rapporto con il complessivo patrimonio sociale .Per cui permane lesigenza di una coerenza dellaffare con la previsione statutaria delloggetto sociale.

dici un esplicito indice anche principio posto dal comma 2 art. 2447bis, secondo cui i patrimonidestinati possono essere costituiti per di affari attinenti ad attivit riservate in base alleleggi ci vuol dire: che non consentito tramite patrimoni destinati svolgere attivit che la societnon potrebbe direttamente svolgere; e che non ogni attivit consentita pu essere svolta dalla societattraverso patrimoni destinati).La seconda regola merita di essere sottolineata. Le riserve di attivit si caratterizzano per lo pi che esse siano esercitate secondo precise modalit organizzative: perci normalmente siprescrive di un determinato tipo societario, di solito s.p.a. (es. societ autorizzata diattivit bancaria). cui destinato il patrimonio societario, poich momento e nonmero investimento finanziario(come invece pu avvenire nel contesto ex art. 2 3 6 1) deve risultare coerentecon la previsione sociale.Ulteriore argomento in tal senso si rinviene anche nella considerazione che le due ipotesi in un certo modoalternativo del patrimonio destinato e della costituzione di una societ ad hoc sembrano implicare diverseprospettive valutative per un tema di particolare delicatezza come quello del conflitto di interessi. Nelsecondo caso del segmento imprenditoriale cui destinata la societ rispetto alla sua madre assicurata sul duplice piano dei singoli atti, tramite art. 2391 ,e della complessiva attivit, in base alla nuovaregola posta da art. 2497 ; nel primo caso, non essendovi spazio per del primo, pu discutersisoltanto se 2497 non sia possibile trarre un pi ampio principio anche in tale ipotesi utilizzabile. Larisposta potrebbe essere positiva; potrebbe ritenersi che la segmentazione dei rischi imprenditorialiconsentita da art. 2447bis crei cmq nei terzi una legittima aspettativa che il singolo segmento cui entrano in contatto sia gestito secondo criteri imprenditoriali che gli consentano di operare comeautonomo centro di profitto. Ci si deve chiedere infine se ulteriori limiti possano essere desunti dalla nozione stessa di affare utilizzatadalla norma, e confrontarla con quella elaborata in tema di associazione in partecipazione. Espressamentela legge prevede nel nostro caso di strumenti finanziari di partecipazione (lettera e, Icomma, art. 2447ter). Vi sono poi evidenti ragioni che convincono che si tratti nel nostro casidi un affare dotato di caratteristiche idonee a consentire in partecipazione; e ci fatto salv

Vous aimerez peut-être aussi