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I QUATTRO MOTORI PER LA CRESCITA DELLITALIA

Prime considerazioni Molte cause dell'attuale grave crisi sui mercati non possono essere affrontate a livello nazionale e necessitano di una risposta vigorosa a livello comunitario. Questo ci richiama ad un rinnovato impegno a completare il disegno federalista europeo. Molto pu comunque essere fatto a livello nazionale per contribuire al risanamento e al rilancio del Paese. Dobbiamo porci obbiettivi ambiziosi se vogliamo rimettere veramente in carreggiata l'Italia in modo duraturo. Non ci mancano le possibilit e le energie per raggiungere obbiettivi di questa portata a patto, per, di non sprecare il poco tempo che ci rimane a disposizione. +++++ LItalia deve attivare in tempi brevi un efficace piano di azioni per favorire la crescita e loccupazione. Per poter avere significativi effetti sia nel breve che nel medio periodo e per poter fare uscire il nostro Paese dalla sua grave crisi di credibilit internazionale, il piano di azioni deve essere di grande portata e deve creare un vero shock strutturale positivo.

1. LItalia ha un grave problema di crescita LItalia da troppi anni non cresce a sufficienza e la velocit andata diminuendo (Tav. 1.1).
Tav. 1.1 - Crescita media annua del Pil Francia 1970-79 1980-89 1990-99 2000-10 3,9% 2,3% 1,9% 1,4% Germania 2,9% 1,8% 3,0% 0,9% Italia 3,7% 2,6% 1,4% 0,5% Regno Unito 2,4% 2,5% 2,2% 1,7% Spagna 3,8% 2,7% 2,9% 2,6%

Media aritmetica di tassi annuali di variazione del PIL a prezzi costanti Fonte: FMI, International Financial Statistics, Istat e ONS.

LItalia cresce meno non solo dei Paesi emergenti ma -ci che pi grave- dei Paesi pi simili a noi e nostri diretti concorrenti (Tav. 1.2).
Tav. 1.2 - Andamento del Pil a prezzi costanti (indici 2000=100)
130 125 120 115 110 105 100 95 90 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Italia 2006 2007 2008 2009 2010 Spagna Francia Germania Regno Unito

Se fossimo cresciuti anche solo alla velocit media di paesi europei a noi paragonabili, dal 2000 ad oggi avremmo accumulato circa 600 mld di euro di Pil in pi e -potenzialmente300 mld di euro di debito pubblico in meno e avremmo un Pil superiore allattuale di quasi 200 mld di euro (Tav.1.3).
Tav. 1.3 - Divario rispetto alla crescita media dell'Eurozona (Pil a prezzi costanti 2000, miliardi di euro) Differenza cumulata da fine 1999 Maggiore Pil nel 2010 se la crescita fosse stata pari alla media dell'Eurozona Pil (a prezzi costanti 2000) nel 2010 578 188 1226

2. lItalia ha un grave problema di occupazione LItalia ha una percentuale di disoccupati elevata (ufficialmente pari all8%) ma non cos diversa da quella di molti altri Paesi a noi paragonabili (Tav. 1.4). La situazione varia molto nelle diverse aree del Paese (Tav. 1.5).
Tav. 1.4 - Tasso di disoccupazione (in Giugno 2011 Eurozona Francia Germania Italia Regno Unito Spagna
Fonte: Eurostat

% della forza lavoro)


Media 1991-2010 9,1 9,7 8,5 9,1 6,7 13,8

9,8 9,7 6,1 8,0 7,7 21,0

Tav. 1.5 - Tasso di disoccupazione per area geografica (primo trimestre 2011)
14 12 10 8 6 4 2 0 Nord Totale
Fonte: Istat

13,3 9,2 7,2 5,7 3,2 4,2

Centro di cui: a lungo termine

Sud e Isole

LItalia ha per un tasso di partecipazione al mercato del lavoro molto pi basso di quello dei nostri partner europei e in taluni segmenti della societ si toccano livelli di vera emergenza: giovani, donne, persone del Sud (Tav. 1.6 e 1.7).
Tav. 1.6 - Tasso di attivit (primo trimestre 2011, su popolazione 15-64 anni) Italia Totale Donne Giovani (<25 anni) Sud
Fonte: Istat

Eurozona 71,2 64,6 41,7 --

62,2 51,4 27,9 40,2

Tav. 1.7 - Tasso di disoccupazione e occupazione femminile e giovanile Donne Tasso di disoccupazione Eurozona Francia Germania Italia Regno Unito Spagna
Fonte: Eurostat

Giovani (<25 anni) Tasso di disoccupazione 20,1 22,8 9,1 27,8 19,6 45,7 Tasso di occupazione 32,9 28,9 47,1 19,6 45,8 22,1

Tasso di occupazione 57,8 59,2 66,8 46,4 64,6 51,8

10,2 10,6 5,7 9,3 7,0 21,2

Il disagio occupazionale purtroppo molto pi ampio di quanto dicano le statistiche ufficiali: se ai 2 milioni di disoccupati ufficiali aggiungiamo gli inoccupati perch scoraggiati nella ricerca attiva di un lavoro, i sospesi dalloccupazione (per es. i beneficiari di CIG a zero ore), i sotto-occupati (per es. part-timer involontari, precari assoluti con frequenti passaggi verso linoccupazione e la disoccupazione, ecc.), i falsi studenti parcheggiati nelle universit, le false partite IVA, arriviamo a una stima di persone/famiglie con seri problemi di occupazione che pu collocarsi oltre i 7 milioni (Tav. 1.8).

Tav. 1.8 - Dati riassuntivi del disagio occupazionale in Italia (in migliaia)
2010 Disoccupati ufficiali Inattivi scoraggiati (inattivi disponibili in cerca non attivamente) Occupati in sospesi in CIG (stock medio) Collaboratori parasubordinati Part-time involontari Partite Iva che lavorano per un solo committente Studenti fuori corso - anno 2009/2010 Totale*
* Fra part-time involontari, partite iva e studenti fuori corso possono esserci alcune piccole sovrapposizioni Fonti: Fondazione Hume, Istat, CNEL

2.100 1.500 250 400 1.700 800 600 7.300

Un indicatore del crescente disagio rappresentato dalla calante propensione al risparmio che non costituisce pi un tipico punto di forza del nostro Paese (Tav. 1.9).

Tav. 1.9 La propensione al risparmio delle famiglie italiane continua a declinare


20 15 10 5 0 -5 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Francia Regno Unito
Fonte: OCSE

Germania Spagna

Italia Stati Uniti

3. Bassa crescita e disagio occupazionale possono portare a conseguenze molto gravi Se la crescita economica dovesse rimanere bassa come oggi o addirittura dovesse diminuire e se non si creassero in tempi brevi posti di lavoro in quantit rilevanti, gli effetti negativi sarebbero difficilmente gestibili. Senza crescita aumenta la difficolt nel quadrare i conti pubblici e nel rifinanziare il debito pubblico per la progressiva minore disponibilit degli investitori istituzionali a sottoscriverlo se non a tassi crescenti e strutturalmente non sostenibili. Ci comporterebbe la necessit di essere salvati dai Paesi europei pi forti e perdere cos la dignit di comprimari nella gestione dellUnione Europea e nel disegno del suo futuro. Senza crescita le imprese sono pi refrattarie a investire, aumentano la propria avversione al rischio e selezionano progetti dai ritorni pi certi ma spesso anche meno remunerativi. In questo modo mettono un freno alla loro capacit di innovazione e di proiezione internazionale, diventano progressivamente meno competitive, creano meno opportunit di occupazione e di crescita, alimentando cos un circolo vizioso difficile da sbloccare. Senza crescita perdono valore tutte le imprese e le attivit del Paese e diventano facili prede di acquirenti terzi di ogni tipologia e provenienza.

Senza crescita la coesione sociale si indebolisce, c meno fiducia, prevale la paura, cresce lintolleranza, si riduce la mobilit sociale, la struttura della societ e le disuguaglianze al suo interno si cristallizzano, la comunit ripiega su se stessa, rischiando di disgregarsi. Il disagio sociale pu tramutarsi in disordini, violenze, vere e proprie rivolte ( un grave errore sottovalutare fenomeni come i recenti londinesi e quelli delle banlieue parigine di tempo fa). Il tutto pu essere reso pi insostenibile dalla necessit di dover procedere a tagli sempre pi drastici nei sistemi di Welfare. Senza crescita e con un malessere sociale in aumento la nostra stessa democrazia messa sotto stress.

4. La situazione gi critica ha rischiato di precipitare nelle ultime settimane Negli ultimi mesi si aggiunto un grave problema di credibilit internazionale del nostro Paese che ha portato il debito pubblico italiano molto vicino a una situazione insostenibile. Malgrado le oggettive forze del nostro Paese, l'effetto combinato dell'altissimo debito pubblico, delle bassissime aspettative di crescita che i mercati scontano sull'Italia ed, evidentemente, della scarsa fiducia nei confronti della nostra classe politica/dirigente ci ha schiacciato nella categoria dei Pigs. La situazione potrebbe sfuggire di mano se l'Italia non dimostrer in modo molto concreto di saper coniugare rigore e sviluppo sia nel breve che nel medio periodo. Le dimensioni delleconomia italiana e del suo debito pubblico sono tali che le ripercussioni della nostra crisi hanno una rilevanza non paragonabile a quella dei piccoli paesi in difficolt appartenenti allUnione Monetaria. E sempre pi diffusa la convinzione che la crisi dellItalia mette a repentaglio il proseguimento del processo di integrazione europea.

5. LItalia pu crescere di pi Nel nostro Paese esistono importanti opportunit di crescita. La globalizzazione per lItalia unopportunit: tutti i settori in cui le nostre imprese detengono posizioni di forza competitiva sui mercati internazionali possono solo guadagnare dal processo di globalizzazione. Tuttavia, le nostre imprese stentano ancora a partecipare pienamente alla crescente integrazione dei mercati, non solo a causa di una fiscalit poco premiante, ma anche perch penalizzate da una massa critica -dimensionale, patrimoniale e manageriale- troppo spesso insufficiente a spingere con la dovuta decisione sui necessari investimenti in innovazione e in internazionalizzazione. Lammodernamento del Sistema Italia unopportunit. Gli investimenti necessari per ridurre il gap infrastrutturale con i nostri competitor europei potrebbero di per s rappresentare un importante volano di crescita, cos come tutte le riforme necessarie -e spesso a costo zero- per rendere il nostro sistema Paese pi efficiente e moderno. Cos si potr restituire qualit al sistema di istruzione e formazione, mettere ordine nel nostro sistema di giustizia per meglio garantire la sicurezza e la tutela dei diritti, agire sul generale buon funzionamento della macchina della Pubblica Amministrazione dove molte risorse, umane e finanziarie, oggi inutilmente dissipate, potrebbero essere impiegate per contribuire alla crescita. Liberare il dinamismo unopportunit. Oggi tante, troppe energie sono frustrate dal prevalere di logiche poco meritocratiche contrarie alladozione di una cultura della valutazione dei risultati e alla selezione dei migliori. Consentire, per esempio, ai giovani, alle donne, al nostro Mezzogiorno, agli immigrati una maggiore e migliore partecipazione alla costruzione di crescita e di occupazione, eliminare le tante protezioni che alcuni settori e professioni difendono dalle sollecitazioni di una concorrenza virtuosa e, infine, rimettere ordine in un processo decisionale che, ad ogni livello istituzionale e per molte funzioni dello Stato si completamente bloccato, rappresentano aree in cui possibile liberare grandi energie propedeutiche ad un piano di crescita. Le potenzialit di crescita sono anche supportate da numerosi punti di forza del nostro Paese che confermano quanto sono ampi gli spazi di sviluppo:

Uneconomia ben diversificata fra i diversi comparti (industria, terziario, agricoltura) che poggia su quasi 5 milioni di imprese per la stragrande maggioranza di piccola e media dimensione. Molte PMI, spesso le pi innovative, le pi internazionalizzate e orientate allesportazione, si concentrano in oltre cento distretti industriali, molti dei quali con una forte vocazione tecnologica, orientata allinnovazione. Nella maggior parte dei casi, questi sistemi localizzati di PMI gravitano attorno ad alcune imprese manifatturiere di media dimensione con marchi del Made in Italy altamente riconosciuti per le caratteristiche di stile, qualit e design. Ci sono poco meno di cinquemila di queste imprese. Esse contribuiscono direttamente a circa un quarto della produzione industriale e dellexport nazionale. Questo gruppo di multinazionali tascabili il cuore di quello che stato definito il Quarto Capitalismo italiano ed una leva insostituibile della nostra competitivit.

Un settore manifatturiero fra i pi forti e competitivi del mondo. LItalia ha saputo conservare la propria vocazione manifatturiera, la produzione industriale pro-capite la seconda al mondo dopo la Germania ed 5 volte superiore alla media mondiale. Il manifatturiero ha contribuito in maniera decisiva alla tenuta delle quote di mercato sullexport mondiale dellItalia negli anni in cui le economie dei BRIC acquisivano importanti spazi di mercato, vantando posizioni di leadership in settori quali lautomazione industriale, la meccanica strumentale, il sistema moda, larredo casa, le produzioni dellagroalimentare. Tra il 2000 e il 2010 le quote di mercato dellexport italiano sono solo leggermente diminuite (-0,7p.p.) mentre le quote di Francia e Regno Unito scendevano di 1,6p.p. e 1,7p.p. rispettivamente. Solo la Germania, tra i Paesi industrializzati, ha fatto meglio di noi (Tav. 1.10).

Tav. 1.10 - Quote di export sui mercati internazionali (tra parentesi le differenze 2010 2000)

Germania Italia Francia Regno Unito Giappone Stati Uniti 0


Fonte: Elaborazioni su dati ICE

(-0,1%) (-0,7%) (-1,6%) (-1,7%) (-2,3%)

2010 2000

(-3,5%) 2 4 6 8 10 12 14

Un sistema bancario solido e sano perch orientato al servizio dei bisogni delleconomia reale, concentrato sul credito alle imprese, alle famiglie e alle pubbliche amministrazioni. In Italia il sistema bancario non ha costituito una passivit ombra per le finanze pubbliche, lesposizione verso i Paesi periferici in difficolt molto contenuta. Le banche italiane sono state le pi tempestive ad avviare i processi di ricapitalizzazione per adeguarsi, con forte anticipo, al nuovo benchmark richiesto dalle autorit regolamentari sui nuovi requisiti di capitale.

Un indebitamento del settore privato (famiglie e imprese non finanziarie) fra i pi contenuti dEuropa (circa il 110% del Pil). Pur avendo un debito pubblico al 120% del Pil esso per oltre la met (55%) detenuto da soggetti residenti.

Una pi marcata messa in sicurezza della sostenibilit della spesa pubblica legata agli impatti delle evoluzioni demografiche e del progressivo invecchiamento della popolazione, grazie alle riforme sulle pensioni avviate negli anni passati. A differenza di tutti i Paesi dellEurozona, lItalia lunico Paese che vedr ridursi limpatto della spesa pensionistica nei prossimi 50 anni (Tav. 1.11). Anche la spesa sanitaria, pur essendo destinata ad aumentare nei prossimi anni, posta comunque su un sentiero di maggiore sostenibilit rispetto agli altri Paesi europei.

Tav. 1.11 - Aumento della spesa relativa allinvecchiamento della popolazione 2010-2060, % del PIL Germania Spesa pensionistica 2010 2060/2010 Sanit 2010 2060/2010 Assistenza 2010 2060/2010 2010 2060/2010 Totale 2010 2060/2010 23,3 +5,1 20,0 +8,3 29,0 +2,2 26,0 +1,6 19,2 +4,8 23,2 +4,6 1,0 +1,4 4,6 -0,4 0,7 +0,7 4,8 -0,2 1,5 +0,7 5,8 -0,2 1,7 +1,2 4,3 -0,2 0,8 +0,5 4,0 +0,0 1,3 +1,1 4,9 -0,2 7,6 +1,6 5,6 +1,6 8,2 +1,1 5,9 +1,0 7,6 +1,8 6,8 +1,4 10,2 +2,5 8,9 +6,2 13,5 +0,6 14,0 -0,4 6,7 +2,5 10,2 +2,3 Spagna Francia Italia Regno Unito UE-27

Ammortizzatori sociali ed educazione

Fonte: European Commission, Sustainability Report 2009

Un alto livello di ricchezza delle famiglie italiane. LItalia il secondo paese al mondo per ricchezza finanziaria netta pro-capite. La ricchezza finanziaria 3,5 volte il reddito disponibile; se consideriamo anche le attivit reali e depuriamo lindebitamento finanziario, la ricchezza netta complessiva circa 8 volte il reddito disponibile (circa 350 mila euro per famiglia - Tav. 1.12), mentre i livelli di indebitamento sono fra i pi contenuti del mondo occidentale.
Tav. 1.12 - Ricchezza lorda e netta delle famiglie italiane (miliardi di euro) 2005 2009 5.883 3.565 860 8.588 877% 978,8

Totale attivit reali (a) Totale attivit finanziarie (b) Totale passivit finanziarie (c) Ricchezza netta (a+b-c) In % reddito disponibile Reddito disponibile
Fonte: Banca d'Italia

4.907 3.426 693 7.640 826% 925,5

6. Bisogna agire in modo integrato e deciso su tutti i motori della crescita Non esiste una formula prestabilita per ottenere una crescita sostenuta e sostenibile, n una facile ricetta, un silver bullet da poter sparare. In un Paese come lItalia, se vogliamo promuovere crescita sostenuta e sostenibile, dobbiamo lavorare con determinazione e unit dintenti su un piano integrato di medio termine in grado di attivare tutti i quattro motori della crescita. Lesperienza della storia passata, cos come anche gli eventi pi recenti, dimostrano che la crescita economica in un Paese come lItalia generata da quattro motori chiave tra di loro collegati:
1. Il primo motore della crescita la forza delle imprese: la loro capacit di

produrre innovazione e di internazionalizzarsi (oltre, naturalmente, a ottimizzare la loro efficienza). Per sviluppare queste capacit competitive, le imprese -con particolare riferimento alle PMI- devono raggiungere unadeguata massa critica dimensionale e rafforzare la propria struttura patrimoniale cos come la qualit del proprio management.
2. Il secondo motore della crescita relativo allefficienza del Sistema Paese.

Questo include tutti quegli elementi di sistema che non possono essere direttamente determinati dalle imprese o dai singoli individui, ma che, condizionando il funzionamento di un Paese, influiscono sulla competitivit delle stesse imprese e sulla vita dei cittadini. Lefficienza del Sistema Paese dipende da appropriate dotazioni in termini di infrastrutture fisiche, come i trasporti e la logistica, le telecomunicazioni e le reti dellenergia; dalla qualit dellistruzione e del sistema della formazione; dalla efficacia del sistema della giustizia; dal generale buon funzionamento della macchina della Pubblica Amministrazione.
3. Il terzo motore della crescita la coesione sociale, intesa come il risultato di tutti

quei meccanismi che combattono la povert e lesclusione sociale e che riducono le disuguaglianze. Questo -e dovrebbe diventare sempre di pi- il settore chiave delle politiche pubbliche, che deve essere coordinato con le politiche economiche tese a favorire la competitivit delle imprese e del Sistema Paese nel suo 1

complesso. Tra questi meccanismi di protezione il primo posto appartiene al sistema di Welfare, che include la previdenza e lassistenza sanitaria universali, le tutele contro la disoccupazione e le altre reti di protezione sociale. Inoltre, il cosiddetto Terzo Settore gioca un ruolo sempre pi importante e vitale, quale rete sussidiaria di solidariet, nel rafforzamento della coesione sociale, attraverso il lavoro e limpegno delle imprese sociali, del volontariato e delle organizzazioni non profit. La coesione sociale anche fondata sulle strutture sociali di base, come le famiglie e le comunit locali, dove il capitale sociale viene prodotto e nutrito ogni giorno.
4. Il quarto motore della crescita, lultimo ma certamente non il meno importante,

il dinamismo complessivo, che lenergia che una societ sa esprimere e il ritmo con cui essa avanza. Il dinamismo il risultato di una serie di numerose componenti difficili da quantificare, in particolare la mobilit sociale, la meritocrazia, la concorrenza e lefficacia del processo decisionale per ogni funzione e livello istituzionale. La crisi ci ha insegnato che se questi quattro motori non spingono insieme in modo integrato, se lo slancio di uno di essi acquista o perde vigore a spese degli altri, allora la forza propulsiva complessiva di tutti i quattro motori viene compromessa e non pi capace di produrre crescita sostenibile. LItalia per crescere deve agire su tutti i motori della crescita perch ciascuno di essi, se non adeguatamente funzionante, pu bloccare o rallentare tutti gli altri. Quando tutti i quattro motori spingono nella stessa direzione, e alla stessa velocit, riescono a creare la fiducia, che il carburante indispensabile per alimentare e supportare qualsiasi processo di trasformazione e di cambiamento sostenibile. Le azioni estemporanee in questa o in quella direzione, alle quali ci si per anni affidati, non solo hanno fatto perdere tempo portando risultati del tutto insufficienti, ma hanno impedito leffetto di shock positivo - e quindi di mutamento di trend - che solo un grande programma pu avere: sia in termini di risultati, sia in termini di creazione di fiducia allinterno e di credibilit internazionale.

Il Piano di azioni del quale abbiamo bisogno deve operare contemporaneamente con ottica di breve, per interrompere limpatto della crisi, e con ottica di medio periodo, per assicurare crescita sostenuta e sostenibile nel tempo.

7. Il piano della crescita deve garantire la sostenibilit nel tempo dei conti pubblici Dobbiamo assicurare che in tempi brevi (come minimo nel 2013 ma possibilmente gi nel 2012) si possa raggiungere il pareggio di bilancio e cominciare a ridurre gradualmente il debito pubblico accumulato per portarlo progressivamente intorno al 100% del Pil. Per finanziare lo sviluppo e contemporaneamente rientrare in limiti fisiologici di indebitamento necessario agire -sul fronte della finanza pubblica- su tutte le leve, intervenendo sia sulle entrate, sia sulle uscite: non solo disciplina dei conti ma anche Spending Review, riforma fiscale, recupero dellevasione, valorizzazione del patrimonio pubblico, nuove normative costituzionali e ordinarie. Nell'intervenire sui conti pubblici dobbiamo sempre ricordare che solo la crescita sostenuta e sostenibile pu garantire la tenuta dei conti pubblici: il solo rigore, anche il pi draconiano, senza la capacit di esprimere un livello sufficiente di crescita, non una soluzione compatibile. Solo il rigore combinato alla crescita in grado di rendere visibile il dividendo sociale dei sacrifici richiesti.

8. Il piano della crescita necessita di grande politica Per poter realizzare con successo un progetto sistemico di questo tipo, bisogna avere visione dinsieme e capacit di tradurlo in un Piano di Crescita integrato. E necessario adottare un approccio che metta i quattro motori al lavoro in maniera coordinata, sapendo comunicare in modo chiaro e diretto il significato e la necessit di questo percorso, per creare la fiducia, il consenso e la partecipazione necessaria, senza escludere nessuno dei protagonisti del progetto, ma suddividendo equamente i sacrifici immediati e i benefici futuri.

Bisogna che la programmazione avvenga sia a breve che a medio termine. Serve lungimiranza, abbandonando unottica legata allhic et nunc di breve respiro e prigioniera di una esasperata e paralizzante ricerca del consenso. Servono pragmatismo e coraggio per trovare soluzioni concrete per prendere una strada percorribile, abbandonando ogni atteggiamento ideologico, ogni demagogia e ogni presunzione di avere il monopolio della verit. Mantenere un atteggiamento di onest intellettuale il modo migliore per interagire con gli altri e compiere insieme una strada comune. Per introdurre grandi cambiamenti superando grandi resistenze, occorre schierarsi con coraggio a favore del cambiamento e della modernizzazione del nostro Paese, per catturarne tutte le potenzialit di crescita, che ci sono ma sono frustrate da un immobilismo conservatore. Molte ragioni del nostro declino economico, sociale (persino democratico) risiedono nel fatto che per troppo tempo non si saputo o voluto cambiare, preferendo la comoda strada del mantenimento dello status quo. E cos, ad esempio, che si sperperato il dividendo delleuro. Ora in molti ambiti il cambiamento diventato urgente e necessario, lo impone tanto lemergenza del momento quanto levoluzione dei paradigmi competitivi avvenuta negli ultimi 10 anni. Bisogna promuovere meritocrazia e dinamismo -attraverso un sistema che sappia ad ogni livello valutare, selezionare e premiare il talento, limpegno, la competenza- e non sostenere la mediocrazia, che si alimenta di meccanismi da clan, di mera cooptazione di figure subalterne. Abbiamo bisogno di leadership diffusa, di leader capaci di far emergere altri leader nei diversi settori della societ e delleconomia: nelle professioni, nel mondo del lavoro, nei media, nella scuola, nelluniversit, nella Pubblica Amministrazione. Solo in questo modo si pu costruire una classe dirigente allaltezza dei suoi compiti, pienamente coinvolta e responsabile del progetto di rilancio della crescita sostenibile.

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