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Da http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/psypat/del-pistoia.htm 2.

L'Autismo Il discorso sull'Autismo di Bleuler comincia ritualmente con la famosa definizione che egli ne d: "Chiamiamo autismo il distacco dalla realt e la predominanza della vita interiore" (D.P. pag. 75), definizione che appare semplice e chiara; ma che si rivela problematica appena si tenti l'approfondimento del concetto che essa esprime, tanto che nelle sue interpretazioni si vede l'Autismo approdare a due estremi opposti all'uno dei quali sarebbe sinonimo di delirio, all'altro sinonimo di un semplice atteggiamento psicologico di introversione(38) Questo deriva probabilmente dalle indicazioni un po' scarne e ancipiti che lo stesso Bleuler d e ancor pi da quelle che egli non riesce a dare. Ma andiamo a rivedere l'esposizione stessa di Bleuler (D.P. pag 75-79 e 276-278) per confermare o smentire questa nostra impressione ripartendo appunto dalla sua definizione: l'Autismo come distacco dalla realt e come predominanza della vita interiore. Vediamo prima il lato della realt(39). Il senso della realt, dice Bleuler, "non manca completamente nello schizofrenico; manca parzialmente solo per ci che si contrappone ai complessi"(40) (D.P. Pag. 75). I quali, come si sa, sono dei nuclei ideo-affettivi inconsci di significato difensivo che incidono sul comportamento e che soffrono di una certa precariet di cui i pazienti sono pi o meno consapevoli; per cui, rispetto alla realt che li cimenta o minaccia adottano diverse strategie. Alcuni pazienti "anche cronici gravi (che) hanno un contatto abbastanza buono con l'ambiente per quanto riguarda le cose di tutti i giorni, chiacchierano, partecipano ai giochi, cercano anche degli stimoli ma hanno fatto una scelta: i loro complessi li tengono per s, non ne parlano mai e non vogliono essere toccati dall'esterno su certi argomenti"(D.P. Pag. 76). In altri pazienti invece codesto atteggiamento difensivo pu prendere la forma dell' indifferenza; la quale pu essere settoriale oppure estendersi fino a trecentosessanta gradi e su di un registro pi o meno stuporoso. Alcuni pazienti arrivano ad esprimere questa loro chiusura all'ambiente anche con l'atteggiamento del corpo che assume la posizione rannicchiata o tirandosi sul capo il grembiule o le coperte del letto. Altri pazienti, al contrario, invece di evitare la realt, o di chiudersi ad essa nei modi attivi o passivi appena ricordati, vi esprimono la loro vita interiore. E qui appaiono illuminanti due esempi che fa Bleuler: quello della cantante che porta a termine il suo brano, incurante dei fischi del pubblico; e quello della "signorina colta (che) improvvisamente defeca nel salotto davanti a tutti e non capisce il loro sdegno." (D.P. pag. 76). A questo punto ci si chiede allora in cosa consista la "vita interiore" autistica che in tutti codesti modi abbiamo vista ritirarsi dalla o esprimersi nella realt. Affrontiamo cio l'altro risvolto del problema autismo A stare ad una prima indicazione di Bleuler, questa vita interiore sarebbe da identificare con il delirio: "I malati si muovono ancora nel mondo esterno ma n la realt, cos come si presenta, n la logica hanno il potere di modificare il loro delirio." (D.P. pag, 75). A stare ad una seconda indicazione, la "vita interiore" si esprimerebbe nei termini di irruzione di immaginario della percezione delirante o della allucinazione. Per esempio Schreber parla dei suoi infermieri come di "uomini fatti fugacemente". Un malato passa per le tre asserzioni successive decisamente "dispercettive": "Si dice che lei sia il dottore ma io non lo so"; "Ma io non lo credo": e infine"Ma lei in fondo, il ministro N". Stando infine ad una ultima indicazione il "mondo interiore autistico" sarebbe da identificare con uno stile peculiare di pensiero che Bleuler preciser come pensiero dereistico. Il contenuto di questo pensiero fatto di desideri e di timori, i primi espressioni delle pulsioni del paziente, gli altri degli ostacoli che esse incontrano nella realt. La sua forma quella paralogica affettiva che procede "per simboli, analogie, concetti parziali, associazioni casuali" (D.P. pag. 78) e si ritrova "nelle favole e nelle saghe" (D.P. pag. 277). Da questo pensiero "derivano le idee deliranti, le gravi trasgressioni della logica e della decenza e sintomi affini" (D.P. pag. 78). Secondo questa versione l'Autismo non sarebbe sinonimo del delirio, ma ne sarebbe una matrice che se ne situa a monte. Notiamo infine un ulteriore effetto che questo pensiero produce sulla realt, effetto che anche Bleuler pone alla fine della sua trattazione dell'Autismo, dopo cio aver dato quelle precisazioni sul pensiero dereistico che sole lo rendono comprensibile. Effetto che si pu riassumere in termini di "estraneit". Questa estraneit data dalla "particolare divergenza del pensiero autistico dall'esperienza precedente" (D.P. pag. 79). I pazienti si lamentano che la realt abbia un aspetto diverso da prima; le cose e le persone non corrispondono pi al disegno originale; sono altre, estranee - (fremd), senza pi rapporti con il paziente. Una paziente dimessa "va in giro come in una tomba vuota, tanto estraneo le sembra il mondo" - Un'altra "ha cominciato ad interessarsi ad una vita completamente diversa; se per fa il confronto, tutto le sembra diverso da prima;

anche la persona amata non come se l'immagina". Se vogliamo ora farci, sulla base di queste indicazioni, un'idea di ci che pensa Bleuler dell'Autismo diciamo di non poter arrivare ad una conclusione chiara ed univoca ma possiamo solo fare delle considerazioni sulle ripetute angolazioni dalle quali egli cerca di afferrare il nucleo di senso del problema che d'altronde sembra ogni volta sfuggirgli. La prima considerazione che il termine di "vita interiore" con cui Bleuler indica il tratto soggettivo saliente dell'Autismo un termine globalistico che indica la vita psichica nel suo insieme e non questa o quella funzione psichica. il vissuto nel suo insieme che caratterizza l'Autismo e ci che lo esprime l'atteggiamento d'insieme del paziente nel suo rapporto con la realt. La seconda considerazione che quando Bleuler va a specificare sia codesto atteggiamento che codesto rapporto, il senso d'insieme, di globalit si conserva solo per il momento in cui egli sembra fare dell'Autismo (anzi del pensiero autistico) (D.P. pag. 78) la sopra ricordata matrice del delirio. Ma subito dopo lo traduce in alterazione di funzioni psichiche. La vita psichica autistica viene allora identificata all'immaginario allucinatorio (illustrato fra l'altro con l'esempio della percezione delirante del Presidente Schreber), cio in una alterazione della sensopercezione: ma viene soprattutto identificata come espressione delirante, sia al livello di affermazione teorica che al livello degli esempi che allega (D.P. pag. 75). E il delirio inteso da Bleuler alla Falret, nel senso di errore morboso e incorreggibile di giudizio, nel senso cio di alterazione di una funzione psichica. Terza considerazione, questo concetto dell'errore morboso di giudizio appare anche nel caratterizzare l'esperienza di quei pazienti citati per ultimi (la paziente "che va in giro come in una tomba vuota" ecc.), e che diremmo noi oggi si situano fra la allucinazione negativa(41) e la perdita del senso "dell'ovviet naturale". Bleuler traduce invece il loro disturbo come "divergenza del pensiero autistico dall'esperienza" (D.P. pag. 79) nei termini cio di un giudizio. Per concludere ci sembra di poter dire che Bleuler ha avuto l'intuizione dell'Autismo come globalit, come forma di vita, come modo globale di essere al mondo alienato ma che il paradigma associazionista nell'ambito del quale ragiona(42) non gli ha dato i mezzi per poterlo esprimere. Il suo paradigma infatti, in quanto analitico, nel momento stesso in cui apre il ventaglio delle funzioni psichiche cancella l'unit globale, intenzionale, storico personologica del paziente. quindi comprensibile che Bleuler si sia allora appellato a quella funzione che codesta unit in qualche modo esprimesse, almeno come unit di senso, appunto: il delirio.(43) Il delirio ha per non solo l'inconveniente di "risettorializzare" la globalit dell'Autismo nell'ambito di una funzione psichica ma anche l'inconveniente di deformarne l'essenza intellettualizzandone la natura esperieziale. Eppure Bleuler da alcuni degli esempi che cita, appare chiaro ne avesse intuito l'essenza di modo di essere al mondo. Per esempio la cantante irriducibile e la defecante impronta(44) fanno molto pensare alla Verstiegenheit di cui Binswanger(45) far uno degli eidos dell'Autismo ricco. D'altra parte la paziente che "va in giro come in una tomba vuota" o il paziente che chiede con insistenza la chiave del reparto e che, una volta avutala fra mani, non sa che farsene; o la paziente che dopo aver insistito per il permesso di vedere il figlio al momento in cui l'ottiene scantona con la richiesta di un bicchiere di vino fanno pensare alla "perdita dell'ovviet naturale" di cui Blankenburg far l'eidos dell'autismo povero"(46). Ma Bleuler non ha "les mots pour le dire" perch questi mots non fanno parte del paradigma dal quale egli guarda a questi fenomeni. L'intuizione che l'Autismo sia una forma globale di essere al mondo c' e forse Bleuler non si mai tanto avvicinato a coglierla come quando dice (D.P. pag. 72) "Per i malati il mondo autistico altrettanto reale del mondo reale anche se spesso si tratta di un altro tipo di realt" o quando dice "il valore di realt del mondo autistico pu essere maggiore di quello della realt effettiva". Queste espressioni non possono infatti non ricordare il mondo di Ann Rau. di Blankenburg per la quale lo stesso quadro percettivo con gli stessi contenuti evidenti per lei e per l'altro (mettiamo la scena familiare della stiratura della biancheria insieme alla madre) ha per lei l' "iperrealt" della sua "derealt" ed questa derealt, questa "perdita di significato" autistica, ad esser per lei la realt vera di quel mondo percepito. Ma quando Bleuler passa questo mondo al vaglio del suo paradigma analitico, il significato d'insieme di esso si frammenta. Non restano che delle funzioni psichiche e fra queste Bleuler sceglie le due che con pi approssimazione sembrano renderne il senso: la percezione e il delirio, meglio se nel loro intreccio di percezione delirante come nel caso degli infemieri di Schreber o nel caso del paziente che identifica il medico come ministro N (D.P. pag. 77). per questa via obbligata che l'Autismo finisce per essere assimilato ad un giudizio erroneo di realt, cio ad un delirio. Appunto, per un "effetto paradigma".

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