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Allocuzione di Gianni PITTELLA, Primo Vicepresidente del Parlamento europeo Cerimonia di consegna della laurea Doctor Honoris Causa

in Scienze politiche, Universit Petru Maior Tirgu Mures, 9 dicembre 2011

Signor Rettore dell'Universit Petru Maior di Tirgu Mures, professor Liviu Marian, gentili professori e professoresse, membri del Senato accademico, Autorit, cari studenti e amici, sono onorato, felice, emozionato e commosso, per questo prestigioso riconoscimento che oggi ricevo da voi. Posso, e voglio, dirvi semplicemente GRAZIE! Con tutto il mio cuore. Mi sono battuto molto per l'unificazione dell'Europa e per l'integrazione della Romania nell'Unione europea. Credo che vi sia un amore speciale fra Italia e Romania, e in me c' certamente! Voi sapete che ognuno di noi ha due cuori, un cuore che palpita e un cuore che pensa. Con il primo provo gioia e passione. Con il secondo cercher di proporvi la mia analisi sulla crisi europea. Sia pure con enorme difficolt, tra contraddizioni, spinte all'indietro e sussulti nazionalistici comincia a farsi strada, come reazione alla crisi, la consapevolezza della necessit di dotare anche di una

"gamba politica" un'Europa finora zoppa. Un'Europa della moneta priva di un governo economico. Una reazione arrivata con troppo ritardo. Quando la crisi finanziaria ed economica ha dimostrato il suo enorme potenziale di contagio e la paura ha condizionato le decisioni dei mercati finanziari, la reazione immediata degli Stati membri stata scoordinata. La volont di intervenire non c' stata finch non stato assolutamente necessario. Gli attacchi di cui stata oggetto la Grecia, l'Italia ed altri Paesi e le difficolt a finanziare i propri debiti sui mercati, hanno tradito un cattivo funzionamento della zona euro. L'inesistenza di strumenti di prevenzione e di gestione delle crisi, le risposte politiche inadeguate, modeste e tardive, le maggiori difficolt che l'Unione europea sta incontrando, rispetto alle altre aree del mondo per uscire dalla crisi, sono il segno della mancanza di una reale struttura di governance economica a livello europeo. La gestione di questo complicato momento, anche grazie alla confusa regia tedesco-francese di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, stata costellata di ripetute incertezze e ritardi, dichiarazioni avventate, errori tattici e strategici. Il tutto in una logica di piccoli passi che ha finito per ingigantire gli effetti della crisi e incentivare la speculazione con seri rischi come stiamo vedendo per il futuro non solo della moneta unica ma dellUE intera. Certamente ci sono state anche scelte positive come la riforma della struttura di governance economica - in corso di definizione 2

e la regolamentazione di settori dei mercati finanziari finora totalmente liberi di agire senza alcun controllo, penso alle agenzie di rating e agli hedge funds. Si tratta di elementi utili pi a prevenire e gestire la prossima futura crisi che non a fronteggiare e ancor meno risolvere la grave crisi in corso. Quello che manca adesso una visione politica chiara in Europa per uscire da questa intricata situazione. Essa vede in primo piano due nodi essenziali da sciogliere: leccesso di debito dei paesi periferici e il dissesto di molte banche e sistemi bancari europei. Due problemi strettamente collegati tra loro e alla radice dellattuale crisi delleuro, ma che i governi europei si sono dimostrati assai riluttanti, almeno finora, a gestire come tali. La conseguenza un intreccio crescente tra crisi bancaria e dei debiti sovrani con un'interazione perversa e gravida di rischi, che andrebbe arrestata quanto prima.

Proprio oggi, a Bruxelles, si riuniscono i capi di Stato e di governo per un vertice che ritengo decisivo per il futuro europeo. Sono necessarie decisioni coraggiose e condivise per portare fuori l'Europa dalle sabbie mobili della crisi. La scelta alla quale chiamato oggi il Consiglio europeo investe il rafforzamento dell'Eurozona, evitando pericolose derive intergovernative. Avrebbe conseguenze negative procedere all'elaborazione, come vorrebbero Merkel e sarkozy, ed all'adozione di un trattato ad hoc per un gruppo limitato di Paesi all'interno dell'Eurozona'. La prima

conseguenza sarebbe l'attacco, da parte dei mercati, ai Paesi rimasti fuori. La strada da seguire un altra. Le decisioni necessarie e che auspico il Consiglio europeo di oggi riesca a partorire devono riguardare i due nodi appena citati: bloccare l'emorragia dei debiti sovrani e rilanciare la crescita. Per il primo punto una strada pu essere il rafforzamento del ruolo della BCE offrendole la possibilit di agire come una qualsiasi banca centrale nazionale in passato, ovvero come prestatrice di ultima istanza. E per la crescita ritengo necessario un salto di qualit nella strategia politica e la presa di coscienza che se si vuole davvero mirare ad obiettivi ambiziosi necessario introdurre lo strumento delle euro obbligazioni. Gli eurobond permetterebbero di finanziare progetti strategici europei in settori come le energie alternative, le reti transeuropee e le nuove tecnologie. Una maniera per aumentare la spesa pubblica offrendo ossigeno all'economia. Vedete, non si pu non tenere conto del forte disagio sociale che si registra in Europa. L'uscita dalla crisi, insomma, non pu produrre un ulteriore approfondimento delle diseguaglianze sociali. In Europa non potremo rilanciare i consumi finch non proporremo misure adatte a riportare i soldi nelle tasche dei cittadini e non potremo programmare un piano d'investimenti degno di questo nome e funzionale alla crescita economica, se rimaniamo in attesa di interventi dei singoli governi che hanno i conti in rosso. Il cuore del ragionamento semplice: le rigide politiche consolidamento finanziario, volute da Commissione europea e
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Stati membri, impediscono di fatto ogni possibilit d'investimenti e crescita favorendo dinamiche recessive che rendono ancora pi complicato per alcuni Paesi far fronte alla crisi dei debiti sovrani. giusto che si chiedano agli Stati membri con finanze pubbliche disastrate rigorosi aggiustamenti dei conti, ma bisogna essere attenti a saper bilanciare queste richieste, perch le sole politiche di rigore impediranno a molti Paesi di poter rialzarsi. Si rischia cos di mettere definitivamente in ginocchio le economie pi deboli. Questa crisi ha, e sta ancora, evidenziando carenze importanti nell'impianto istituzionale europeo. chiaro che un'Europa che voglia affrontare il futuro nella maniera migliore deve riuscire ad esprimersi, a crescere, e ad affermare il suo ruolo come entit unitaria. Per farlo vanno sciolti i nodi che rallentano il nostro processo di crescita politica. Il nuovo impianto dei rapporti e dei poteri tra le istituzioni europee ridisegnato dal Trattato di Lisbona pu essere un'occasione storica per rilanciare il processo di allargamento e di integrazione verso l'Unione politica. A patto per che i singoli governi accettino pienamente e non solo a parole la parziale cessione di sovranit che il patto prevede a favore dell'autonomia europea, nel rispetto del principio di sussidiariet. Il ripiegamento su logiche strettamente nazionali rappresenta un comportamento che non paga. E' una pura illusione pensare che qualsiasi Stato membro dell'Unione Europea, a partire dai pi
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grandi, possa far valere i propri interessi nazionali al di fuori di uno sforzo congiunto europeo. La realt internazionale talmente mutata che non si vede come nessuno dei nostri paesi possa recuperare un suo ruolo autonomo e distinto, reagire solo con le sue forze alle sfide della globalizzazione, senza invece mettere al servizio di un accresciuto ruolo dell'Unione Europea in quanto tale le proprie energie. C' dunque una questione di volont politica, una questione di forza e di direzione politica dell'Unione che richiede anche adeguate soluzioni istituzionali. Per troppo tempo a molti apparso come un lusso ed una perdita di tempo prezioso dibattere e trattare sulle questioni del Trattato e pi in generale sulle questioni degli assetti istituzionali invece di concentrarsi sulle politiche e sulle decisioni da prendere rispetto a nodi come la crisi economica o le problematiche ambientali. Questo perch a molti sfuggiva che le insufficienze delle nostre istituzioni hanno da sempre limitato gravemente la capacit dell'Europa di agire unita e di far sentire tutto il suo peso sulla scena mondiale. Non possiamo negare il contributo offerto dall'UE alla comunit internazionale per far fronte alla recente crisi. Ma altrettanto innegabile osservare come il luogo delle decisioni fondamentali si sia spostato dal G8, nel quale il peso dell'Europa era indubbiamente rilevante, al G20, Il baricentro si spostato insomma lontano dell'Europa. Un elemento da non sottovalutare e

da affrontare rapidamente se vogliamo che l'Europa abbia un peso e riesca ad esprimere una posizione univoca su questioni rilevanti. Una nuova governance globale, capace di guidare la ripresa economica mondiale su basi sostenibili, deve poggiare su istituzioni internazionali pi rappresentative e pi efficaci. Non sar il ritorno al protagonismo degli Stati nazionali che dar una risposta di sistema alla crisi. Vorrei infine evidenziare, e concludo come le difficolt in cui versano i bilanci nazionali a causa della crisi economica, si stiano riflettendo anche su un altro versante particolarmente delicato per il futuro dell'Europa: la discussione in corso sulle Prospettive Finanziarie e sulla riforma della politica di coesione. L'accordo finale sulle Prospettive Finanziarie, anche nella migliore ipotesi di conclusione del negoziato, non sar comunque sufficiente a fornire quelle nuove risorse supplementari di cui l'Europa ha bisogno al fine di raccogliere le principali sfide mondiali ed europee, quali il cambiamento climatico e gli obiettivi di sviluppo, e conseguire una maggiore crescita a lungo termine nel quadro della strategia UE 2020. Quello che in ballo oggi allora proprio l'esito della strategia 2020, di questo nuovo piano per una crescita intelligente attraverso lo sviluppo di uneconomia basata sulla conoscenza e sull'innovazione. Si tratta di sfide alle quali lEuropa potr rispondere soltanto con le risorse adeguate per finanziare quei cinque grandi obiettivi che sono stati individuati per rilanciare l'economia dell'UE nel prossimo decennio.
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Il mio appello a voi, dunque, da deputato europeo e da primo vicepresidente del Parlamento europeo, da membro oggi della vostra famiglia, : risvegliamo e rafforziamo la nostra scelta europeista. Non si esce dalla crisi senza un'Europa pi forte, e non avremo un futuro pi forte, e non avremo un futuro migliore se non ci sar l'Europa politica. Ma l'Europa politica la facciamo noi, tutti noi. Con la nostra passione, con la nostra fede, con la nostra testimonianza quotidiana.

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