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Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA Sped. A.P. Comma 20/c - Art. 2 - Legge 662/96 - GE - Reg. Trib. di Genova n. 31/92 del 29/7/1992 Dir. Resp. A. Cortese Ass. GEA Via Palestro 20/8 16122 Genova - http:www.panteca.com/gea - Email: geage@tin.it - Anno 8 - N.02 - Giugno 1999

Vaca(Po)nza
Abbiamo scommesso di assestare un duro colpo ad un luogo comune circa il lavoro psicologico molto spesso associato solamente al dolore che analista e analizzando vivono o rivivono nel percorso analitico. L'esperimento che abbiamo escogitato per "far fuori" questo pregiudizio unilaterale, il seguente: una settimana sull'isola di Ponza, dall'1 al 7 settembre, durante la quale verranno dedicate due mattine al lavoro psicologico di gruppo accessibili anche a coloro che sono a digiuno di "queste cose". Poi sole, mare, immersioni, per chi vuole, per godere di uno dei fondali marini mediterranei pi belli. Sono previste anche due escursioni: una alla vicina isola di Ventotene ed una dedicata ad un giro in barca intorno all'isola. Ponza, per chi non la conosce, una bella isola del Mar Tirreno, fa parte dell'arcipelago Pontino; abitata fin dal neolitico ricca di grotte e di cale molto belle. Sia a Ponza che a Ventotene possibile ammirare i resti di acquedotti e cisterne di alto livello ingegneristico di epoca romana. Poich lo spirito non altro dalla materia, ma questo forse lo abbiamo gi accennato qualche altra volta su Individuazione, abbiamo scelto per la sera un ristorante, rigorosamente sul mare (le cene sono incluse nella quota di partecipazione) dove dare al corpo del cibo che sia almeno comparabile con quello che daremo, o cercheremo di dare, allo spirito. Per chi avesse voglia di conoscerci prima, pu sempre contattarci per partecipare alle gite-artistico-pittoriche di un solo giorno che abbiamo in programma, a Lugano (Modigliani), a Nizza (Arman), a Fiesole (Xavier Bueno).

Chiudere fuori qualcuno sempre chiudersi dentro.


C qualcosa di terribile e paradossale nel fatto che mentre proliferano film-denuncia su guerra e genocidio, affinch non si dimentichi ci che stato, contemporaneamente accadono le stesse terribili efferatezze, agite con malsana convinzione da alcuni ed alimentate dalla ipocrita collaborazione di altri, che stanno al gioco dichiarando di opporvisi. E ben difficile non soccombere ai messaggi schizofrenici che lumanit, in maniera sempre pi eclatante, lancia a se stessa, senza alcun recupero di consapevolezza. Difficile, in momenti come questi, far tesoro di unesperienza umana tanto estrema qual la guerra, senza perdersi nei meandri solo emotivi dei particolari, che ci arrivano in immagini quotidiane, paralizzanti nella loro cruenza, e senza cedere alla tentazione altrettanto violenta di rimuovere tutto per continuare a vivere. Eppure la dinamica sempre la stessa: la guerra davvero lespressione collettiva di una sofferenza individuale che origina dalla separazione, dallalterit, dalla perdita di percezione delluniversale che ci abita e ci costituisce, di ci che gli orientali chiamano interconnessione tra tutte le cose. Finch permane questo bisogno di individuare un nemico da combattere, da escludere, da eliminare o da rimuovere, la storia torna sordamente a ripetersi in maniera coatta. E lumanit continua a combattere contro se stessa, come affetta da un inguaribile cancro che la devasta senza tregua: il cancro della rimozione del proprio essere unico corpo, una sola carne. E come accade in ogni comportamento coatto ed automatico, lagire si alimenta dellagire, perpetuandosi in una catena senza fine. E quandanche si affermasse ad un certo punto la parola fine, ancora una volta avrebbe inizio, come dopo ogni guerra, la grande opera di rimozione, limmane sforzo per tentare di dimenticare. Ma lumanit, a dispetto di ogni apparenza, non riesce a rimuovere: almeno nei suoi frammenti, nei singoli, drammaticamente ricorda. Il suicidio dei centomila americani ex combattenti in Vietnam, cos come il suicidio di molti sopravvissuti ai campi di concentramento, anche dopo lunghi anni di reinserimento nella cosiddetta normalit, ci parlano di questa scioccante memoria, difficile da reggere da soli, ma assolutamente necessaria. E sul piano collettivo che continua a prevalere la rimozione, e la guerra allora sembra perpetuarsi per autodenunciarsi. Ma il singolo individuo, da solo, evidentemente non pu reggere il peso e la memoria di un male che riguarda il sociale tutto, n trova la forza, da solo, per interrompere un meccanismo autodistruttivo cos massiccio ed imponente. Ciascuno quindi, finch resta solo, o soccombe sotto il peso schiacciante della responsabilit, che diventa atroce colpa, oppure... torna a rimuovere. Per quanto ancora vincer questo assurdo e malato connubio tra vivere e rimuovere? Quando mai dimenticare ha davvero restituito allessere umano, dotato di coscienza, un solido benessere? Non ci pu essere serenit finch non accolta la sofferenza esistenziale. C bisogno di un massiccio risveglio, individuale e collettivo insieme, un risveglio alla coscienza della nostra vera identit di umani, della nostra dimensione spirituale, che trascende la miope immediatezza, un risveglio che ci costringa a vedere linsensatezza di ogni tentativo di escludere da noi chiunque, rimuovendo la consapevolezza di una consustanzialit che, se non accolta, ci ritorna come autoaggressione, come cancro divorante la nostra stessa carne. Mai come ora tangibile il valore sociale del lavoro di consapevolezza, che non resta mai solo individuale, quale unico movimento atto a smantellare le massicce dinamiche di rimozione e scissione che drammaticamente lacerano il corpo del vivente. Mai come ora si manifesta evidente nella sua ipocrita ingenuit lillusione di risolvere i problemi dellumanit con facili interventismi, fatti di un agire immediato che alimenta rimozione e partitismi dissocianti, ed ostacola lunico vero rimedio, che come ogni medicina veramente risanante non pu che passare attraverso la coscienza degli individui. Non c altra via: ogni facile scorciatoia, ogni consumistica proposta di soluzione immediata, mai come oggi si smaschera nella sua assurda quanto colpevole menzogna. Almeno questo possa restituirci, in termini di consapevolezza, questa assurda guerra in corso: possa guarirci dalla tentazione di credere a chi continua a spacciare facili ed immediati rimedi a conflitti che, prima di essere geografici, politici, religiosi o economici, sono nella coscienza di ciascuno, e l chiedono di essere in primo luogo riconosciuti, accolti, patiti, amati e solo allora, forse, superati. A.G.

Falsa rimozione

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RICERCHE

LA VIOLENZA DEL SACRO


Le efferatezze compiute dalluomo sono solo violente e folli se non possono essere raccolte nel loro significato profondo e collettivo.
Ci sono momenti particolarmente forti che attraversano le nostre esistenze in cui i problemi e le sofferenze ci travolgono; confusi e doloranti ci ritroviamo quasi immediatamente in cause esterne che ci hanno procurato quello stato penoso. Separazioni, morti, delusioni sentimentali o fallimenti vari che ci mettono letteralmente "in croce". Annaspando, qualche volta affrontiamo quel malessere cercando di "chiarificare": si cercano le ragioni proprie e, nellipotesi pi positiva, anche quelle dellaltro. Ma non sempre sufficiente a calmare l'ansia e lo stravolgimento nel quale ci troviamo. Talvolta la violenza che avvertiamo tanto forte da procurarci un dolore e uno sbigottimento che sembra spetti solo a noi. E vissuto solo come personale, lacerante e indicibile, unico e, almeno mentre lo stiamo vivendo, sembra impossibile da condividere con altri, che non capirebbero! Eppure la violenza fa parte di noi; ad ognuno, prima o poi, tocca la sua parte, nel ruolo di vittima o carnefice. Muoversi in questa sfera dellesperienza umana impresa assai complessa e polivalente quanto a simbologia. C una violenza che appartiene alla natura animale pi profonda dell'uomo: una pulsione innata che si manifesta spesso nellimmediatezza, cieca e assolutamente insensata. Violenza negli stadi, nei posti di lavoro, consumata dietro le "tranquille" mura domestiche o nelle strade: una follia assurda che mostra il lato pi atavico delluomo, tanto pi incomprensibile quanto pi rimosso nei singoli individui, camuffati spesso dietro una maschera di assoluta, inspiegabile "normalit". La guerra che si sta consumando alle porte dellItalia un esempio lampante di violenza perpetuata in nome della giustizia, ma se guardiamo a ci che porta realizziamo la grande follia collettiva. Spesso anche le nostre "piccole" guerre personali, allinsegna di unarrogante pretenziosit che vuole far valere le proprie ragioni, si colorano di uninsensatezza che non ci porta da nessuna parte. Quando luomo, anche in virt di un principio che ritiene giusto, impone con la forza le proprie idee calpestando gli altri, lesperienza non porta frutto a nessuna delle due parti. Tutto ci che genera violenza, almeno in una certa logica individualista, sempre legato al potere egoico, alle nostre piccole, insignificanti ragioni private. Ci sono poi altre questioni che ci portano ad agire con altrettanta forza: il pathos si impone come una necessit vitale, in risposta ad un interlocutore sordo, assente, forse altrettanto violento. E una sorta di "sacra" rabbia che direziona luomo nelle sue vicende pi intime e importanti, pi forte di tutte le razionali ragioni esteriori. La passione che spinge luomo ad "osare" in modo anche violento oltre le barriere delle convenzioni una forza interiore che ci attraversa ma non ci appartiene. Nel mondo della natura la vita manifesta questo suo lato distruttore attraverso le catastrofi che da sempre, nonostante le tecnologie aiutino ad arginare, incutono un timore riverenziale e inducono, purtroppo solo nella contingenza, un ridimensionamento del delirio di onnipotenza. I simboli "naturali", reperibili nelle pi antiche testimonianze, sono variazioni sulle immagini archetipiche fondamentali e come i simboli "culturali", possiedono una forza numinosa che non possibile accantonare razionalmente. Lenergia psichica rimossa porta infatti a resuscitare e intensificare le tendenze dellinconscio che non hanno avuto possibilit di esprimersi e formano unombra sempre presente e distruttiva. Sappiamo bene cosa accade quando vengono dischiuse le porte del mondo sotterraneo! La violenza del sacro, espressa nei miti, nelle religioni, nelle leggende e nella vita stessa, laltra faccia di Dio: il ritorno al caos, il non-Io contrapposto allIo, la perdita di ogni riferimento spazio-temporale, il luogo dove tutte le possibilit si affastellano confusamente fagocitando anche il senso dellidentit personale. E il lato ombroso del divino, importante e vero quanto la sublimit dellamore universale che insieme costituiscono la totalit. Ma muoversi "al centro" significa anche poter fare i conti con il lato oscuro del divino poich il S, quale archetipo della coniunctio oppositorum, comprende tutte le coppie di opposti: il bene il male, la luce e il buio, il tutto e il nulla. La soggettivit non pu essere vera se manca il confronto con questaltro aspetto, pauroso quanto sacro. Perch il S, quale motore di ogni manifestazione vitale, anche violento, e non fa troppi complimenti: si impone allumanit in tutta la sua potenza. Il lato negativo del S pu avere carattere malvagio poich il depositario del pi rilevante potere psichico. E laltra faccia dellarchetipo: pura istintualit che, come "polivalente germinativo" porta in s le due possibilit, una cieca ripetitivit, nel mondo dellobbligatoriet istintuale, o il gesto trasformativo e consapevole che vivifica, nel mondo della creativit. Quando la tendenza istintiva non evolutiva, gli uomini si "costruiscono" fantasie megalomani e illusorie che li avvincono e li "posseggono". E laspetto demoniaco del S, personificato gi nellantichit in una molteplicit di simboli. Gli alchimisti vedevano in Mercurius duplex questo spirito. Nel linguaggio del Cristianesimo il diavolo che, nel suo aspetto positivo si manifesta come Lucifero, letteralmente il portatore di luce. Le efferatezze compiute dalluomo sono solo violente e folli se non possono essere raccolte nel loro significato profondo e collettivo. Non a tutti data la possibilit di stare al centro e reggere il peso della soggettivit. Molti di quelli che, per destino, si sono ritrovati, soli e forse troppo precocemente, in una via tanto difficile, ne sono usciti spesso malconci, vilipesi o derisi. Come gli alchimisti, misteriosi sperimentatori di una pratica a cavallo tra la filosofia, la scienza e la religione, consumata allombra di un sociale incapace di afferrare il senso di una ricerca incomprensibile, forse eretica e pericolosa. I tempi non erano maturi nonostante la grande passione muovesse tanti spiriti in ricerca. Per questo al tempo della Scolastica il simbolo della totalit si identificava ancora univocamente nella Sacra Trinit, escludendo il Serpente del Male, la Carne, cio lOmbra: la psicologia medioevale non poteva ancora reggere il peso di una maggior consapevolezza. I tempi sono pi maturi per raccogliere leredit di chi ci ha preceduto; oggi sappiamo che solo stando insieme possiamo stare al centro per "vedere" e sostenere, nel corpo di un soggetto unico, la potenza numinosa dellarchetipo. Oggi, per ci che nei gruppi viviamo, sembra sia possibile confrontarsi con laspetto mortifero dellarchetipo senza soccombere poich, sacrificato lego nei suoi singoli individui, lo sperimentiamo senza venirne sopraffatti. La verifica di questo incontro spaventoso una Soggettivit sufficientemente consolidata che permette di assistere a tutte le manifestazioni del sacro, e mentre sperimentiamo, attraverso le specifiche vicende di qualche compagno, scopriamo quel lato violento che a tutti appartiene e tutti attraversa. E cos, tornando a vicende personali del passato che con gli occhi di allora tendevo a squalificare come folli e insensate, tutto mi viene restituito: scopro che non c pi nulla da preservare, n mai c stato. Lho scoperto, per, solo dopo averlo inconsapevolmente sperimentato sulla mia pelle. La "prova" stata superata ed io non ho avuto alcun merito personale se non quello di reggere il non-senso e la violenza che ho vissuto, sospendendo ogni giudizio. Ognuno di noi vive questioni pi grandi di lui senza saperlo: questo il senso di tanta inquietudine in faccende che, viste da fuori, sembrano facilmente risolvibili, che si tratti di storie damore, la via pi usuale in cui si manifesta il S, o altre storie "comuni". Per questo, talvolta, cos importante, ed evidentemente necessario, "perdere la propria vita" per poterla ritrovare davvero in tutta la sua pienezza e totalit. L.O.

PROFILI

GEORG CANTOR
Un infinito pu essere pi grande di un altro? Una parte di infinito finita o infinita?
A met dell'800, con la scoperta delle geometrie non-euclidee, si fece strada la possibilit di costruire dei sistemi geometrici che davano la stessa garanzia di coerenza pur partendo da postulati che parevano contraddire la comune intuizione. L'evento era rivoluzionario se si tiene conto che fino ad allora, la secolare tradizione voleva che la geometria, cos come del resto l'intero corpo della matematica, fosse fondata su assiomi ovvero su asserzioni evidenti, non confutabili. Su questi assiomi poggiano e si sviluppano coerentemente, come una sorta di piramide, tutti i postulati che ne derivano. Ebbe cos inizio una revisione critica del sapere matematico con l'intento di dare il maggior rigore possibile alla costruzione di questa disciplina. Questa esigenza non era fine a se stessa, cio al puro campo matematico, poich la validit dei suoi procedimenti strettamente collegata con tutte le scienze che hanno bisogno, nella loro investigazione scientifica, come strumento fondamentale proprio della matematizzazione: l'indagine sui fondamenti matematici equivaleva a far s che l'intera speculazione scientifica poggiasse su salde basi. Il primo ad affermare la necessit di una indagine sui fondamenti della matematica fu, nel 1886, Katl Weierstrass. Egli riconobbe che potevano essere chiariti solo partendo da una teoria dei numeri reali. Questa teoria sar ripresapi tardi proprio da un allievo che stravolger e dar nuove fondamenta alla scienza matematica: Georg Cantor. Figlio di un commerciante di origine danese, Cantor nasce, nel 1845, a Pietroburgo dove rester fino a quando la famiglia si trasferir in Germania. A Darmstad inizia gli studi di ingegneria, ma la sua spiccata inclinazione per la matematica finir col prevalere e studier prima a Zurigo e poi a Berlino, matematica, fisica e filosofia. Si laurea brillantemente nel 1867 e nel 1869 consegue la docenza presso l'universit di Halle dove la presenza di altri matematici lo stimola ad occuparsi di analisi classica, con studi specifici sulla teoria delle serie trigonometriche. Raggiunge ben presto risultati notevoli, in cui accenna gi, anche se solo vagamente, alla teoria degli insiemi che lo render celebre. Nei suoi primi lavori egli consider insiemi di numeri reali e, per la prima volta nella storia del pensiero, egli dimostr diversi gradi di infinit. Da qui era logico supporre che le infinit dei punti contenuti con un numero crescente di dimensioni dovessero essere di volta in volta maggiori. Invece Cantor arriv alla conclusione esattamente opposta: tutti i continui contengono la stessa infinit di punti. Fin dalle sue origini greche la matematica si era imbattuta in paradossi che derivavano dall'accettazione dell'infinito attuale e si era cercato, in tutta la tradizione successiva, di aggirare sempre questo ostacolo. La novit e la paradossalit dei risultati che Cantor aveva ottenuto finirono col creargli non poche difficolt; il suo potentissimo ex maestro Kronecker, non vedeva di buon occhio il suo vecchio discepolo tanto che ostacol la richiesta di Cantor di essere chiamato all'universit di Berlino. Weierstrass invece apprezz subito il valore delle ricerche cantoriane ed utilizz alcuni concetti in suoi lavori di analisi. Cantor era consapevole della portata della sua teoria e tra il 1879 e il 1884 pubblicher in sei parti la trattazione sulla teoria degli insiemi. Trattato che costituisce uno degli eventi pi straordinari nella storia non solo della matematica, ma pi in generale del pensiero, poich vi si trovano me; per illustrare questo concetto si ricorse all'esempio della carta geografica, idealmente perfetta, di un paese, costituita dal paese stesso, la quale conterrebbe la propria rappresentazione e una serie di carte dentro altre carte i cui punti corrispondono esattamente. Alla teoria degli insiemi fu ricondotta la fondazione dell'analisi e quella dell'aritmetica, ma proprio quando tale lavoro era appena terminato Russell e Burali-Forti scoprirono che nella teoria erano presenti delle antinomie che rimettevano nuovamente tutto in gioco. Oggi sappiamo che anche Cantor aveva gi rilevato queste antinomie nella sua teoria e che ci provoc un'aggravamento delle sue gi instabili condizioni psichiche. Solo dopo molti anni dalla morte di Cantor si dimostr l'impossibilit di risolvere tale problema entro la teoria cantoriana degli insiemi, ma per lui era invece il mancato compimento della sua teoria. In questi anni si fece promotore della fondazione dell'Unione matematica tedesca pensata come mezzo per difendere la libert e l'indipendenza scientifica del singolo ricercatore nei confronti della cultura ufficiale e del suo immenso potere e fu tra i fautori di iniziative per dare vita a congressi internazionali in cui i matematici di ogni angolo del mondo potessero confrontarsi. Dal 1897 Cantor cess ogni pubblicazione, pur continuando la sua attivit di insegnante e l'interessamento per i problemi della sua teoria. Solo nel 1931 Kurt Godel dimostrer che se un sistema assiomatico aritmetico coerente, non possibile dimostrarne la coerenza con mezzi logici in esso formalizzabili. Iniziarono ad accrescersi i riconoscimenti per la creazione di Cantor da molte accademie e associazioni scientifiche che lo onorarono e universit che gli conferirono dottorati ad honorem. Ma le condizioni di salute di Cantor gi nei primi anni del Novecento lo indussero ad abbandonare l'insegnamento e nel 1905 si dimise da ogni attivit universitaria. Morir nel 1913 in una clinica psichiatrica. Il dibattito sul ruolo dell'infinito nella matematica non pu dirsi concluso ma ci che possiamo trarne, dal punto di vista epistemologico, che l'ambito della verit pi ampio di quello del sapere deduttivo: per ogni teoria, per quanto ampiamente esplicitata, esistono proposizioni vere che non sono afferrabili per deduzione, nonostante possa avere un grande complesso di assiomi e postulati. Ci invita ancora una volta a rilevare come l'attivit razionale dell'uomo non abbia la sua eccellenza nel potere discorsivo raziocinante, quanto nel saper intuire, vedere la verit. M.C.

discusse, oltre alle basi di tutta la teoria degli insiemi, anche i pi importanti problemi critici, logici, filosofici connessi con le delicate questioni che la teoria insiemistica chiama in causa. La teoria degli insiemi fu presentata da Cantor nel 1883 in un lavoro intitolato Fondamenti di una teoria universale degli insiemi, in cui il matematico prendeva in esame il problema dell'infinito autentico o attuale. Tale infinito viene concepito come una grandezza sui generis e quindi definibile chiaramente. Ovvero un infinito i cui elementi hanno una corrispondenza biunivoca con quelli di una sua parte o sottoinsie-

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ATTUALITA'

COSI' VICINE COSI' LONTANE


Riflessioni e vissuti sulle guerre di fine millennio
Non sappiamo cosa dire sulla guerra che gi non sia stata detto in ogni parola di ogni nostro articolo fin qui. Non sappiamo cosa dire di unassurdit che esiste anche alle porte del nostro paese nel suo aspetto pi esasperato violento e brutale, se non che essa non riguarda solo i nostri paesi confinanti. Sappiamo che essa esiste, proprio come sappiamo che normale per tutti noi sentirsi onesti e benpensanti pur evadendo le tasse, truffando i nostri simili, sfruttando le colf filippine, facendo carte false pur di ottenere certi obiettivi egoistici. Sappiamo tutto questo, sappiamo come sia terribile il particolarismo crescente, il nazionalismo che avanza quanto pi cresce la seppur disordinata e caotica tendenza al villaggio globale e alla universalizzazione concreta. Lo sappiamo tanto quanto sappiamo la misera esigenza di retroguardia di creare e rinforzare corporazioni, che proteggano i propri interessi di categoria (questa la veste ufficiale) in una filosofia degli albi professionali (carrozzoni edipici produttori di personalit suddite ed incapaci di produrre libert e creativit, che hanno lunico scopo di conservare il potere di chi gi si trova a detenerlo), filosofia che non adottata da nessun paese sviluppato ed evoluto. Sappiamo che si tratta di gradi dintensit e che la logica che porta alla pulizia etnica la stessa che produce le piccole lobbies, o corporazioni nostrane. E matematico e tautologico: la logica dei particolarismi produce una struttura mentale ben determinata che varia solo nelle forme esteriori ma non nella sostanza spirituale. Non si gridi allo scandalo. Non stiamo giustificando nessun carnefice schizofrenico, n vogliamo accostare situazioni cos lontane tra loro. Vorremmo caso mai che il nostro sdegno non ci fosse troppo facile e a buon mercato, vorremmo che cinducesse a guardarci bene dentro per impedirci di sentirci facilmente bravi e a posto. Sappiamo molto bene che siamo tutti complici delle guerre nel mondo, del dolore e della violenza. La missione Arcobaleno ottima iniziativa per ridurre la sofferenza. Sosteniamo per che non si pu procedere con la filosofia dei tapulli (delle pezze), mantenendo in piedi la struttura sociale e standard della personalit immatura. Non sappiamo bene perch ci venga da associare il carnefice macellaio di turno con lOrdine professionale X qualsiasi, forse perch anche lOrdine (si noti lOrdine!) pretende un filtro purificatore, richiede nuovi riti che non considerano il diritto acquisito con gli studi universitari, forse perch mi sembra un sadico Padre che vuole proteggere se stesso e produce figli e figliastri Ma come si fa a scandalizzarsi della guerra quando non c nessuno spirito libero che alimenti e testimoni spirito universale, quando la bestia burocratica vuol trattenerti nel suo labirinto, come si fa a scandalizzarsi dellorrore in cui precipita il mondo quando a quellorrore qualunque intellettuale e qualunque psicologo-analista pu contribuire!! Ma perch non sfruttiamo questa guerra nellunico modo in cui si pu: per guardare allo specchio noi stessi, parlo soprattutto ai colleghi, agli intellettuali, agli esperti, per verificare se davvero il carnefice di turno ci sia cos estraneo?! Quanti di noi hanno venduto la loro anima di ricerca a mammona, al potere? Non ci va di fare discorsi mielosi, struggenti, misericordiosi, angosciosi, n tanto meno da esperti delle ferite psicologiche che la guerra produce. Non ne sappiamo nulla perch, per fortuna, per ora noi non siamo in quella situazione. Non sappiamo quanto ancora durer il nostro privilegio ma per ora lo abbiamo. Non possiamo essere sepolcri imbiancati n tantomeno fare i pubblicani. Noi siamo bravi, noi non stupriamo, n ammazziamo, n saccheggiamo... Quando i popoli sono poveri la violenza pi facilmente assume forma fisica, e i loro angeli della guerra sono i costruttori di armi appartenenti alle nostre evolute societ, al nostro Bel Paese; quando i popoli se la tirano da sviluppati ed evoluti allora facile che sia la loro interiorit ad ospitare i mostri che si sono sottratti alla forma visibile. E chi ne custodisce la responsabilit morale la classe cosiddetta dei pensatori, degli intellettuali e dei curatori dellanima! Non ci stanchiamo di mostrare, alle persone che lavorano con noi, il lato istintuale, gregario e di branco nascosto dentro al soggetto umano. Non ci stanchiamo mai di metterle in guardia contro i limiti dellevoluzione individualistica analitica, se resta nei confini del privatistico e della famiglia personale ecc.: non fa che alimentare i mostri dellegoriferimento, dunque delle divisioni. Meglio piuttosto nessuna analisi, n per lanalista n per lanalizzando. Meglio il sottoproletariato dello spirito che uno spirito a met strada, imborghesito e rammollito nelle sicurezze edipiche di un sistema che non sa essere analizzato nel suo complesso e dal di dentro, emotivamente, attraverso il suo sentirsi, nel sentire dei suoi esperti dellanima! In ultima istanza tutto quel che non alimenta la consapevolezza delluniversale, alimentando il particolare, alimenta la guerra. La nostra intuizione del valore del gruppo GEA ulteriormente confermata dal corso del mondo di questi ultimi giorni. Siamo branco. Pi studiamo, scriviamo, conferenziamo, psicoanalizziamo, guariamo, preghiamo, politicizziamo, filosofiamo, piangiamo, proteggiamo, educhiamo, insegniamo tenendo presente linterlocutore come un soggetto particolare, pi noi produciamo mondo malato, malato nel suo fisico, un mondo in preda al cancro, cio a guerre e a malattie. Pi ci renderemo edotti dellunico Soggetto che noi tutti possiamo essere e concretamente nel Gruppo e lavoreremo per questo, senza paura di perdere qualcosa, senza preoccuparci di far circolare le informazioni, favorendo la circolazione della conoscenza, di tutta quella che possediamo, suicidandoci dunque come esperti, o perlomeno, formandone altri meglio di noi, pi guariremo il mondo e neanche a noi, personalmente, nulla mancher. Abbiamo un grosso dolore se ci affacciamo alla finestra di questo mondo e di questo livello desistenza. Non per noi. Per questo mondo cos devastato dalle paranoie e dal pensiero anacronistico del maschio umano. Ci fa piacere quando sentiamo alla TV persone a noi vicine per sensibilit esigere la Donna al comando. Non cinteressa il soggetto specifico ma sento in questa urgenza rilkiana di un umanit femminile un grande segno, un enorme bisogno daiuto. Molti maschi umani maturi si rendono conto della loro incapacit a proseguire, si rendono conto delle pastoie da cui non sanno uscire, dei loro giochi che non sanno interrompere. Ci vuole la Madre. Sappiamo che questo mondo solo un mondo, n quello essenziale. Non ci facciamo turlupinare da facili sentimenti di pessimismo. Anche se dovesse avere ragione Nostradamus che pare abbia previsto per il luglio del 1999 lo scoppio della Terza Guerra Mondiale, non ci sgomenta moltissimo questo dato perch ci che ci dato vivere e vedere cosa immensa e grandiosa. La cosa grandiosa per cui il mondo sta patendo tanto un grande parto, una mutazione che va avanti in maniera sotterranea, invisibile anche se in mezzo alla gente e a tutta la gente appartiene. Avvertiamo come una grande guerra tra le forze universali di opposto segno, il Bene, lAmore, la convergenza verso lunico Soggetto Amante e il Male, la contrapposizione, la non contraddizione, linimicizia insuperabile. LAmore non finisce mai nella sua evoluzione proprio come la guerra non finisce mai d inorridire con le sue sempre nuove ed originali malvagit. La guerra il potere. Il potere il soggetto senza interlocutore. La paranoia lunica compagna del potere. Esso ha bisogno di tenere congelato il sentimento, i propri vissuti e le proprie emozioni perch gi questo sentire sarebbe relazione. Colui che ha scelto il pote-

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re non pu permettersi vera relazione; eppure, come ogni vivente, anche il potente cerca relazione. Lunica cui pu accedere la relazione bellica. Questa lomosessualit rimossa, negata ed agita costantemente dai potenti del mondo. Se lamore conosciuto, se la relazione conquistata, la vita stessa conquistata, il suo mistero svelato, il senso tolto perch ci che e che permette di sentirsi vivi il sentirsi della relazione. Relazione come riconoscimento di tante vite e tante persone in ciascuno di noi. Relazione sempre duale, amorosa. Non si tratta di ammucchiamenti esteriori ma di vera consustanzialit. Chi sperimenta questa forma desistenza non teme nulla se non la perdita dellinterlocutore e sente che la guerra come un grido di rabbia della vecchia forma verso il nuovo mutante che la surclasser. Luomo non va salvato. Luomo va cambiato. Nessuno per pu indurlo dallesterno. Chi ha il destino di essere un mutante non si vede minimamente intaccare la sua gioia dalla pur lucida consapevolezza dellagonia di un mondo. Non solo con il progetto Arcobaleno ma insistendo a gioire e ad andare a fondo della mutazione, noi che ne abbiamo il destino, possiamo contribuire alla rinascita non solo dei nostri piccoli paesi vicini, ma alla nascita di una nuova coscienza planetaria. Non si tratta di romanticismo, conosciamo il potere del pensiero pulito e benedicente. Larchetipo femminile che si riattivato in quelle parti del mondo cos vicine alle terre di guerra non si esprime solo nel pianto di Maria Vergine, ma in tutti coloro che hanno aperto il terzo occhio e, grazie ad esso, vedono cose inenarrabili agli altri. La guerra ed il dolore del mondo non sono la verit della nostra vita terrestre. Questi pensieri, questo nostro lavoro, queste nostre percezioni possono essere laiuto che il mondo, attraverso di noi, porta a tutti i disperati della guerra, vittime e carnefici. E di ogni guerra. Chi ha orecchie per intendere inA.C. tenda.

RIDERE PER RIDERE

"Chi vuole uccidere il suo nemico, consideri bene se proprio con ci non lo renda, dentro di s, eterno." (Friedrich Nietzsche)
Bada a come parli se no ti strappo le labbra e te le appiccico agli occhi, cos vedi quello che devi dire! (Robin Williams) "Ancora violenze su donne e bambini." "E con chi dovrebbero sfogarsi, coi panda e le foche monache?" (Altan) Cosa dare a un uomo che ha tutto? Penicillina. (Henny Youngman) Oh Italia! Italia!... "O si fa lItalia o si muore?" Oggi muore solo chi si fa. (Paolo Rossi) Lesercito come un film vietato ai minori di 14 anni: troppa violenza e poco sesso. (Bettle Bailey) La salma la virt dei morti. (Alessandro Bergonzoni) Sto cercando disperatamente di capire perch i piloti camikaze si mettessero i caschi in testa. (Dave Edison) Il mio primo film era cos brutto che in sette Stati americani aveva sostituito la pena di morte. (Woody Allen) La legge uguale per tutti gli straccioni. (Carlo Dossi) "Pap, da oggi vado a pestare i negri." "Siamo in un paese civile, figliolo, si dice extracomunitari!" (Vauro) Finalmente una buona notizia: latomica non causa il cancro! (Marcello Marchesi) Dove siamo arrivati! Ieri due teppisti hanno scippato con la Vespa una vecchietta trascinandola al suolo. Per fortuna un passante ha estratto la sua Magnum e li ha uccisi. (Massimo Bucchi) Mi piace il giorno dei morti: vado al cimitero e mi sento qualcuno. (Altan) Una ragazza stata violentata sotto gli occhi di tutti e nessuno ha mosso un dito. B, uno s. (Fabio Di Iorio) Non ammazzerei neanche una mosca io. Se non per legittima difesa, sintende. (Sully-Prudhomme) In ogni storia cerchiamo di insegnarvi una piccola lezione o di indicarvi una morale, cose come quelle che diceva la mamma: "Cammina piano e portati sempre dietro un pugnale"; "Prima spara, poi chiedi", cose di questo tipo. (Alfred Hitchcock) Quando a Woodstock dicevano "Fate lamore, non fate la guerra" non immaginavano certo che uno sarebbe diventato pericoloso quanto laltra. (Jay Leno) Lodio deve rendere produttivi, altrimenti pi intelligente amare. (Karl Kraus) Ognuno dovrebbe perdonare i propri nemici, ma non prima che questi siano impiccati. (Heinrich Heine) Mai si fa il male cos pienamente e allegramente come quando lo si fa per coscienza. (Blaise Pascal) Il peggior sporco quello morale: istiga a un bagno di sangue. (Stanislaw J. Lec) La paura genera violenza. (Alessandro Morandotti) Puoi fare molta pi strada con una parola gentile e una pistola, che con una parola gentile e basta. (Al Capone)

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Sono in programma per l'estate gite artistico-pittoriche di un solo giorno a:

Per informazioni e prenotazioni telefonare al (010) 8391814


Lugano - Mostra di Modigliani Fiesole - Mostra di Xavier Bueno Nizza - Antologica di Arman

Presentazione dei libri "L'agnello e la scure" "La malattia istituzionale dei gruppi di lavoro psichiatrici"

Viaggi nell'Arte

"Come fu che dio divenne uomo e l'uomo divenne dio"

Tel.:010 - 8391814 Fax:010 - 8372750 http//:www.panteca.com/gea E-mail: geage@tin.it

di Giandomenico Montinari editi da F. Angeli Editore

ATTIVITA' PER L' ESTATE

al Teatro delle Erbe - Via Mercato 3 - Milano

Sabato 10 Luglio alle ore 17

Silvia Montefoschi musiche di Giuseppe Lo Forte

rappresentazione dell'opera

Domenica 27 Giugno 1999

presso l'Associazione Gea

Sar presente l'Autore

BACHECA

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CONTRIBUENDO col versamento di L.30.000 c/c postale N. 19728161 Associazione G.E.A. - Via Palestro 20\8 - 16122 Genova

pu essere letto e scaricato dal nostro sito web: http//:www.panteca.com/gea E-mail: geage@tin.it Chi invece desiderasse riceverlo a casa in versione cartacea, pu richiederlo utilizzando il coupon qui sotto riportato.

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INDIVIDUAZIONE

Individuazione

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ATTIVITA'

Resoconto assonnato di una veglia notturna


Questo vuole essere un breve resoconto sulla veglia tenutasi nella sede di GEA venerd 16 aprile nellambito delle nostre attivit. Non un riassunto di quello che successo, n pretende di contenere le sensazioni dei singoli partecipanti, ma semplicemente un insieme di pensieri che sono generati da quellesperienza. Nelle ore notturne il mondo entra in un altro mondo. Le ombre non esistono pi: la notte che diventa lombra del giorno. Se le ore strutturate del quotidiano danno pesantezza e sicurezza, il flusso del tempo notturno perde di significati precisi e facilita una percezione diversa di se stessi. Ore rubate al sonno non riempibili da vestiti delle battaglie diurne. Durante la notte mutiamo il nostro sentire e ogni uomo di azione si ferma e tace. Durante la notte i sogni a occhi aperti diventano veri e realizzabili, i tormenti si assottigliano o si acuiscono e camminiamo in luoghi riempiti dagli stessi oggetti del giorno, da cui per traspaiono raggi che ignoriamo con la luce del sole. E anche noi stessi, riflessi in unoscurit intessuta di stelle, ci vediamo mutati, come slegati dalle solite traiettorie quotidiane che portano dal lavoro al pranzo, dalla famiglia agli amici, dal tempo libero a quello occupato. Di notte barcolliamo ubriachi di possibilit: come pipistrelli gridiamo e voliamo verso nuovi percorsi i cui inizi appaiono chiari e invitanti nello splendore del buio. E sufficiente un mattino, neppure troppo convinto, per ristabilire il nuovo giorno che azzerer le intuizioni notturne. Nellesperienza della veglia a GEA si cercato di invertire il flusso naturale dei giorni per non fare sbiadire le intuizioni e per amplificare, nella situazione comune, lessenza delle nostre vite che, forse, pu affiorare pi facilmente in un tempo notturno. Daltronde questo gi accade ogni notte con linconscio che, tramite i sogni, ha via libera. Si quindi voluto soltanto avvicinare loscurit in modo pi cosciente e presente. Non c nulla di nuovo nel fare veglie, anche se ormai tali riti sono quasi dimenticati o le ore notturne sono consumate con modalit abbruttite che riecheggiano quelle del giorno. Lesperienza di GEA quindi qualcosa di prezioso, non facilmente etichettabile. Una trentina di persone che compartecipano al trascorrere di una notte non poi cosa frequente. Forse due amanti nellinizio della loro storia, o qualche solitario preda delle proprie ossessioni o della sua creativit, o ancora, un gruppo accomunato dalla paura o da qualche gioia, forse tutte queste persone, stranite nella luce seguente, possono avere percepito come noi laria del primo mattino. Cos accaduto? La descrizione dei discorsi, degli esercizi, delle letture non renderebbe giustizia alla percezione di quel tempo, non contenibile nei singoli io. Un tempo rubato agli dei e regalato a noi stessi, per nutrire la presenza che ci ha accomunato e che pu accompagnarci anche nelle giornate strutturate. Talvolta qualcuno non reggeva e si addormentava, ma intanto cerano altri svegli anche per lui. Qualcuno a tratti si sentiva estraneo, ma intanto era l, sveglio suo malgrado. Quella notte non ho parlato, altri lo hanno fatto per me. Tra i vari esercizi ne voglio per ricordare uno: a coppie, una persona chiudeva gli occhi mentre laltra la doveva guidare per le stanze della casa. Un semplice esercizio di affidamento: mi fider ciecamente dellaltro, senza preoccuparmi di dove mi porter, di come lo far e del senso di tutto questo. In quellesercizio mi riuscito facile affidarmi al mio compagno conduttore, compagno di gruppo e di vicende amorose: lo sentivo me, mentre io lasciavo cadere ogni controllo e ogni percezione personale. I suoi occhi erano i miei. In quel momento ho sentito la potenza del gruppo e la forza dellamore. T.T.

INVITO ALLA LETTURA "Dall'uno all'uno oltre l'universo"


Silvia Montefoschi, (Ed.i.p.) Laboratorio G.E.A. Atti delle Conferenze, (Ed. G.E.A. 1992).

"Risorse e creativit"

"L'Essere Vero"
Testimonianza di Silvia Montefoschi, (Ed.i.p.)

"Amare tradire"
Laboratorio G.E.A. Atti delle conferenze, (Ed. G.E.A 1993). Laboratorio G.E.A. Atti delle Conferenze, (Ed. G.E.A.1995). Ada Cortese Atti delle Conferenze, (Ed. G.E.A. 1996).

"L'uno e l'altro"
S. Montefoschi, (Ed. ECIG). Scritto nel 1977, costituisce l'avvio della riflessione sul rapporto psicoanalitico e sul le due modalit della relazione: l'interdipendenza e l'intersoggettivit. S.Montefoschi, (Ed. Garzanti). Una limpida introduzione alla psicologia del profondo, volta ad un recupero del soggetto inteso come manifestazione individuale dell'universalmente umano e quindi del sociale.

"Il fascino della schiavit"

"Volutt della disperazione"

"C.G.Jung: un pensiero in divenire"

"La Psicoanalisi quale evoluzione della coscienza cristica"


Atti del convegno: C. Pezzani, A. Cortese, M. Mencarini, G. Moretti, S. Montefoschi (Ed. G.E.A. 1997).

M. Mencarini e G. Moretti, (Ed.i.p.) Gli autori ripercorrono le tappe fondamentali attraverso cui nata e si evoluta la psicoanalisi.

"Alle soglie dell'infinito"

"Individuo e branco"
A. Cortese C. Pezzani Atti delle Conferenze, (Ed. G.E.A. 1991).

"Ignoranza secondaria" e "Microanalisi dei nostri rituali quotidiani"


Ada Cortese Atti delle Conferenze, (Ed. G.E.A. 1999).

DEL TESSITORE E DELLA TELA Aspetti mitici del gruppo dincontro


di Dario Cagga

Omaggio ad un grande collega nellanniversario della sua scomparsa. Ricordiamo Cagga, studioso semplice e alla mano come tutte le persone grandi, pubblicando un suo lavoro di cos preziosa attualit e aiuto per tutti noi che del lavoro in gruppo facciamo la nostra ragione e la nostra proposta psicosociale. Avevamo buoni rapporti di studio e di amicizia con Cagga, egli, come gli altri colleghi, era piuttosto scettico nei confronti della nostra ricerca del gruppo come soggetto superriflessivo ma non ci ha mai sottratto la sua grande stima, considerazione, il suo rispetto e la sua attenzione. Stavamo per avviare una ricerca sugli stati ipnoidi, cos presenti e pressanti nelle dinamiche di gruppo, quando fin la sua avventura. Cagga fu il direttore responsabile di una rivista trimestrale di respiro internazionale e sulla quale ebbi lonore di veder pubblicati alcuni miei lavori: LImmaginale. Ci piace ricordarlo con tanto affetto e simpatia.
Gruppo dincontro la riunione di un piccolo gruppo di persone da sette a quindici che hanno come obiettivo comune, durante le ore che vivranno insieme, di giungere nel gruppo e col gruppo a una migliore comprensione di se stessi, di ci che sono per il gruppo, di ci che il gruppo per loro, e che, infine, sono disposti, in funzione di questa accresciuta presa di coscienza, a cambiare nel loro essere. Caratteristica essenziale del gruppo il rappresentare un momento di distacco dalluniverso quotidiano, che consentir la messa in discussione di se stessi e del gruppo preso nella sua totalit. Al di l dei vari tipi e tecniche di gruppo, la cui analisi non rientra nella nostra indagine, in generale, si presuppone la presenza di un agevolatore tecnico, che ha come scopo di aiutare il gruppo a raggiungere i suoi obiettivi di presa di coscienza ed eventualmente di cambiamento, senza imporre il rispetto di un determinato procedimento, n proporre dei valori etici da perdere o da acquisire. Agevolatore, animatore, leader, monitore, psicodrammatista, poco importa il suo nome; per pura comodit, chiameremo questo tecnico: lanalista. Il nostro intento ricercare alcune strutture mitiche profonde, che si delineano e si formano nel gruppo, condizionando e orientando il comportamento dei membri per tutta la durata dei loro incontri. Un sentimento che si vive nella maggior parte dei gruppi dincontro lavvertire, in alcuni momenti, lanalista come magico-manipolatore. Consideriamo il contesto del gruppo. Lanalista come abbiamo detto non d ordini al gruppo, non impone n propone dei procedimenti da seguire, non formula mai giudizi di valore ( bene o male), non definisce la legittimit delle attitudini e dei comportamenti. Il suo atteggiamento viene indicato come non-direttivo. Pertanto, malgrado lanalista sia sentito come unautorit nel gruppo ed cos abitualmente perch, in mezzo allincertezza e allinquietudine generale, si suppone che egli sappia non unautorit che impone una legge, anzi tutto il contrario. Se ci riferiamo alla funzione di sovranit nelle mitologie indoeuropee, lanalista non un sovrano-giurista come per esempio Mitra ma unautorit la cui fonte completamente diversa. In secondo luogo, il gruppo avverte che lanalista, se attaccato, - e in generale, prima o poi lo sar talvolta con violenza reagisce in un modo abbastanza sconcertante. Insultato, accusato di parlare o di tacere, di non rivelare al gruppo smarrito i segreti che gli consentono di sfuggire allansia, minacciato in mille modi, lanalista non risponde sul piano su cui il gruppo lancia i suoi attacchi. Egli non insulta, non minaccia, non condanna; in una parola: non combatte. E tuttavia, il gruppo sente confusamente che resta unautorit; il prestigio dellanalista, quindi non tende a diminuire a causa degli attacchi a cui non risponde. E quando interpreta, in maniera neutra, ci che accade, senza giudicare, ma tentando di comprendere e di spiegare obiettivamente il comportamento del gruppo in funzione della situazione emotiva in cui si trova, diventa chiaro per tutti che non unautorit di tipo militare. Lenigma, rappresentato dallanalista, diventa ancora pi oscuro e pi irritante per il gruppo, quando questultimo si accorge che, di fatto gli interventi neutri dellanalista trasformano il comportamento del gruppo e i sentimenti di ciascuno. Esponendo semplicemente il dinamismo della situazione, lanalista ha radicalmente mutato la tempesta che esplodeva contro di lui. Sembrerebbe opera di maga! Ma il gruppo si sente allora inquieto, perch se lanalista un mago, caduto nelle mani di uno stregone, senza difesa, in preda a forze per essenza incomprensibili, teleguidato da un sovrano manipolatore. Dunque, n sovrano-giurista, n sovrano-combattente, n le tavole della Legge, n il fulmine guerriero di Marte, ma la maga come fondamento della sovranit. Si pu riconoscere il sovrano terribile delle mitologie indoeuropee, il cui nome vedico Varouna. In uno dei suoi saggi (Images et Symboles, Paris, 1952) Mircea Eliade ha studiato il simbolismo di Varouna: colui che ha il potere magico di legare a distanza cio magicamente gli uomini e di slegarli. E il Maestro dei legami, venerato come il potente e sublime maestro del cielo. E un dio sovrano che agisce senza agire, che opera direttamente con la potenza dello spirito. E si riconosce in questa azione senza azione uno dei motivi della perplessit del gruppo riguardo allanalista. Loro dio, Varouna, si serve contrariamente a un dio guerriero come Indra del legame magico dei suoi nemici, assolutamente senza combattere. Il motivo del legame quello dellimpotenza e della paralisi. Si sa che il gruppo attraversa delle fasi in cui si sente preda di tali sentimenti: non sa pi che fare, non sa neanche che cosa venuto a fare in quella stanza, ma non sa daltra parte cosa farebbe altrove. E soprattutto attribuisce la responsabi-

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lit della propria impotenza allanalista, sia positivamente (ci ha messo in una situazione in cui non siamo che delle cavie) sia negativamente (rifiuta di aiutarci a uscir fuori da questa situazione dolorosa ed impossibile). E pi il gruppo si sente impotente, pi il loro dio, lanalista, diventa onnipotente. Infine il gruppo tace in un silenzio cupo e disperato: le lingue sono legate! Inoltre, questo motivo del legame ci sembra andare pi lontano di quanto non sembri a prima vista, se si pensa che il legame anche la relazione, e che il mio legame con laltro e la mia relazione con laltro sono due espressioni con lo stesso significato. Inversamente, le resistenze psicologiche dei partecipanti a questo genere di analisi si manifestano essenzialmente focalizzando, in modo esclusivo, uno dei poli di questa relazione. Ci sono quelli che eliminano il gruppo e la situazione attuale, volgendosi su se stessi, in silenzio o ad alta voce, in una prospettiva esibizionistica, ci sono quelli che eliminano ugualmente il gruppo e la situazione analizzando gli altri come oggetti posti di fronte a loro, o per curiosit intellettuale o per simpatia pi o meno condiscendente. In ogni modo, queste due attitudini hanno in comune che recidono il legame con gli altri al livello delle prese di coscienza analitiche: lesistenza del legame implicitamente negata. E lanalista, con le sue interpretazioni destinate a facilitare la liquidazione di questi tipi di resistenza, appare come un maestro di quei fili, che costituiscono la tessitura gruppale e che collegano gli individui. Vedremo oltre come il gruppo finisce per rappresentare per i suoi membri un cosmo, messo tra parentesi in rapporto allesistenza quotidiana. Per ora accettiamo questa ipotesi e applichiamo a questo cosmo psico-sociale ci che Eliade dice sempre a proposito del loro dio: Il Cosmo stesso concepito come un tessuto, come unenorme rete. Nella filosofia indiana, per esempio, laria (vayu) ha tessuto luniverso collegando come con un filo, questo mondo e laltro mondo e tutti gli esseri insieme, cos come il soffio (prana) ha tessuto la vita umana. Da qui risulta che un simbolismo abbastanza profondo esprime due cose essenziali: da una parte che nel cosmo cos come nella vita umana, tutto legato a tutto da una tessitura invisibile, dallaltra che alcune divinit coordinano questi fili che, in ultima istanza, costituiscono un vasto legame cosmico. E ancora: La parola babilonese markasu, legame, designa nella mitologia il principio cosmico che unisce tutte le cose e anche il supporto, la potenza e la legge divina che tengono insieme luniverso. Queste note del mitologo ci sembrano meritevoli di attenzione. Il concetto di legame universale si oppone a un atomismo estremo, in un certo modo come la focalizzazione sulla relazione con gli altri e sui processi del gruppo si oppone a una prospettiva individualizzante di rifiuto dellanalisi del legame con gli altri. In altri termini, nella natura della dinamica dei gruppi, intesa in senso ampio, di sensibilizzare i membri del gruppo, al mito del legame cosmico. Il problema allora sapere quali divinit sono le coordinatrici di quei legami (che uniscono qui i partecipanti gli uni con gli altri). Eliade scrive che si tratta spesso di divinit lunari, talvolta, ctonico-lunari, cio emergenti dalla terra, dagli inferi, dalle acque. Varouna, per esempio, non solamente un dio celeste, ma anche lunare e acquatico. Varouna notturno nel senso in cui la notte simbolizza le acque trattenute: virtualit, germe, non-manifestazione (ritroviamo qui il non agire). In Mesopotamia, Ea, dio delle acque e della saggezza, non lotta eroicamente con i mostri, ma li lega con incantesimi magici. Ricordiamo inoltre dei temi poetici e drammatici sul rapporto tra il legame magico e lacqua come lacqua che attira con dei legami invisibili colui che vi si specchia o il nuotatore ghermito dalle lunghe erbe del fondo. Il legame magico dunque il prodotto dellindeterminato, del non-manifesto, del matriarcale. Questo nuovo tema ci riporta al gruppo. Si sa quanto il rifiuto dellanalista di esercitare la sovranit giuridica di essere, se vogliamo, Mitra privando il gruppo di tutto un sistema di strutturazione, quello delle regole e delle convenzioni, finisce per caratterizzare latmosfera dinformale, di ambiguo, di non nato. Abbiamo visto come, ad un certo punto emerge nel gruppo il sentimento di essere manipolato da forze oscure e terribili, di essere legato dallanalista. Ma un tema dambivalenza mitica che ci che fatto pu essere disfatto, che colui che lega pu anche slegare. Vediamo cosa implica questo per la dinamica del gruppo. La situazione del gruppo in rapporto allanalista qui piena di contraddizioni. Loro dio, vissuto, in questo caso, come fonte di paralisi magica dei membri del gruppo. Ma questa stessa qualit va di pari passo con il fatto che egli orienta i membri del gruppo verso la presa di coscienza delle loro reciproche relazioni e, dunque, che aiuta oggettivamente il gruppo a liberarsi della sua paralisi. Il legare e lo slegare simplicano cos reciprocamente. Daltra parte, lindeterminato, il non manifesto simbolizzano la morte (abbiamo visto prima la sua natura infernale) e nello stesso tempo le potenzialit vitali, la messa in questione delle vecchie forme per farne nascere delle nuove, la liberazione. E, in un certo modo, il locus nascendi, caro a Moreno, tenendo conto, comunque, che il significato mitico del locus nascendi resta da precisare e noi lo faremo oltre. La morte del gruppo che precede la rinascita del gruppo lultimo avvenimento ctonico-lunare della sua evoluzione. Accade spesso che in una specie di paralisi e di intorpidimento il gruppo cominci a parlare di morte e effettivamente muore simbolicamente. Si sente il gruppo spegnersi poco a poco, le parole diventano sempre pi rare e pi cupe. Talvolta un piccolo sussulto aggressivo struttura lanalista come traghettatore di morti. Si tratta infatti di una vera discesa agli inferi. A questo punto ritroviamo subito la relazione con il tema del legame ricordando le Parche, divinit degli inferi, che filano la tela della vita degli uomini: la prima, Cloto, presiede alla nascita, mentre lultima, Atropo, taglia il filo della vita. Notiamo lambivalenza multipla di questo tema del legame, che esprime insieme ci che imprigiona e ci che unisce (e permette quindi di comunicare) e la cui rottura indica nello stesso tempo la morte e la nascita (cordone ombelicale). Troviamo qui limmagine dellanalista come ostetrico del gruppo, anche questo in relazione con i temi infernali. Jung ricorda che Ecate, dea degli inferi, anche dea del matrimonio e del parto ed in relazione con i temi lunari. E molto vicina a Cerbero, guardiano degli inferi, e, nello stesso tempo ricorda Ilithuia, la saggia donna che taglia il cordone ombelicale. Eliade descrive lusanza di difendersi dalle malattie e dai demoni con laiuto di nodi, di fili e di corde, specialmente durante il periodo del parto. Una spiegazione delle regressioni profonde che possono prodursi nei membri del gruppo e che talvolta giungono per esempio nello psicodramma fino al trauma della nascita e, in certi casi, allimprigionamento nel cordone ombelicale, pu risiedere nellimportanza fondamentale del tema del legame. E anche probabile che levocazione di questo tema sia facilitata dalla presenza di unanalista donna, che pu essere investita dai partecipanti dellimmagine inconscia di Ecate, dea degli inferi e del parto. Notiamo infine, il carattere iniziatico (cio di riconversione delle attitudini dellindividuo) del soggiorno agli inferi, seguito dalla seconda nascita, per cui si d un significato alle trasformazioni psicologiche, che si producono nel gruppo. Per ritornare ancora una volta al tema del legame, rileviamo, con Eliade, che sotto la forma del labirinto, il tema del nodo da sciogliere si colloca in un insieme metafisico-rituale, che contiene delle idee di difficolt, di pericolo, di morte, diniziazione. Riassumendo quanto abbiamo detto finora: dio o dea ctonico-lunare, al livello

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del vissuto fenomenologico del gruppo, Varouna o Ecate, lanalista porta il gruppo alliniziazione, che rappresenta la ristrutturazione profonda delle attitudini dei suoi membri. Per poter cogliere il dinamismo di questa riconversione del gruppo, bisogna entrare in un secondo tema mitologico fondamentale: quello del tempo e dello spazio del gruppo. Le societ arcaiche scrive Eliade concepiscono il mondo circostante come un microcosmo. Ai confini di questo mondo chiuso comincia il dominio dello sconosciuto, del non formato. Da una parte c lo spazio cosmico, abitato e organizzato, dallaltra, allesterno di questo spazio famigliare, c la regione sconosciuta e temibile dei demoni, delle larve, dei morti, degli stranieri, in una parola, il caos, la morte, la notte. Ci sembra che ci descriva abbastanza bene il microcosmo che il gruppo, dal momento in cui i suoi membri superano certe resistenze e giungono allo stadio del coinvolgimento affettivo nel gruppo stesso. Per usare un linguaggio descrittivo energetico hanno ritirato la loro libido dal mondo esterno per investirla quasi esclusivamente nel microcosmo gruppale, in una specie dintroversione centrata sul gruppo. Di conseguenza, il mondo esterno al gruppo acquista il significato pericoloso del caos, dellabisso inquietante ed amorfo. Questo si osserva in particolari comportamenti dei membri al di fuori del gruppo, ma diventa particolarmente evidente alla fine del gruppo. A questo punto si scatena unansia del ritorno alla vita normale, di ritrovare le persone famigliari e le occupazioni abituali, per cui si cerca di calmare lansia con un processo di negazione e di compensazione della fine. Ci si propone, per esempio, di rivedersi, di rifare il gruppo, di non perdere i contatti etc. C una paura di affrontare un universo al quale ci si sente momentaneamente disadattati, un universo caotico. Ritorniamo al microcosmo gruppale. Se ci sono delle frontiere minacciate dai demoni e dalla morte, c anche un centro. Come dice Eliade: ogni microcosmo, ogni regione abitata ha ci che si potrebbe chiamare un centro; cio, un luogo sacro per eccellenza. E l, in questo centro, che il sacro si manifesta in una maniera totale. Meglio ancora: letteralmente "centro del mondo". Il "centro del mondo" che ci viene qui descritto non un luogo statico, bens un luogo di passaggio e di creazione. Difatti, nota ancora Eliade: nelle culture che conoscono la concezione delle tre regioni cosmiche: Cielo, Terra, Inferi, il centro costituisce il punto dintersezione di quelle regioni. E qui che possibile una rottura di livello e, nello stesso tempo, una comunicazione tra queste regioni. Se ritorniamo al nostro microcosmo gruppale, possiamo intendere che cosa viene vissuto come centro del mondo, permettendo una rottura di livello e, quindi, una ristrutturazione su un altro piano delle relazioni tra i membri. Il centro del mondo il centro del gruppo, cio, in senso dinamico, lattivit comune del gruppo nel momento in cui funziona come un tutto e pi specificamente, in un gruppo di psicodramma, il locus nascendi il luogo in cui qualcosa sta per nascere e cio la scena stessa su cui lo psicodramma si sviluppa. Quello che fondamentale che questo luogo sia, in funzione della tradizione mitica, luogo sacro, dove tutto ci che accade pu prendere una dimensione essenziale, comune a tutto il gruppo, che trascende le tematiche di ciascun partecipante ed ha risonanza universale. Il centro del mondo spiega contemporaneamente che il gruppo si sente e si comporta come una totalit e che si opera nel gruppo una trasmissione di sentimenti, percezioni e comportamenti dei suoi membri, che danno adito a nuovi piani di esistenza. La discesa agli inferi possibile perch si al centro del mondo e cos la nuova nascita che Eliade indica come il cammino verso la realt assoluta. Abolizione della condizione umana profana, cio una rottura del livello ontologico: attraverso lamore, la santit, la conoscenza metafisica, luomo passa, come dice la Brihadranyaka Upanishad, dallirreale alla realt. Il centro del mondo , quindi, non solamente luogo di comunicazione tra livelli diversi di realt, ma anche luogo di creazione. Ed anche luogo dove il tempo profano scompare per cedere il posto al tempo mitico o sacro. E il tempo delle origini, della durata continua e irreversibile, in cui sinserisce la nostra esistenza, quotidiana, squallida e dissacrata. Il gruppo pu attingere a questo tempo, riattualizzando il mito e infrangere le illusioni della vita profana, in una prospettiva di giustificazione e di significato. Dario Caggia (*) a cura di A.C.

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MITI E LEGGENDE

LA DONNOLA
E' larchetipo della levatrice, e rimanda al tema della nascita, alla sofferenza ad essa connessa, alla solidariet nel mondo femminile e alla violenza della divinit.
Nella mitologia si narra la storia di una giovane donna di nome Galinthis, ancella o amica di Alcmena, madre di Eracle (Ercole). Era, sposa di Zeus, gelosa delle prodezze erotiche del marito, seduttore impenitente di donne mortali, aveva deciso di arrestare la nascita di Eracle, frutto di una notte damore strappata con linganno, tra Zeus e Alcmena. Galinthis, figlia del tebano Preto, con un astuto stratagemma, ingann le Moire e Ilizia, le dee del parto. Era, infatti, aveva . ordinato alle divinit di stare sedute davanti alla camera di Alcmena con le mani intrecciate in modo che il bimbo non potesse nascere. Per nove giorni e nove notti le Dee stettero sulla soglia della casa con le gambe e le mani incrociate, impedendo la nascita con i loro incantesimi. Le doglie si facevano sempre pi forti e per salvarla da tanto strazio la giovane ancella usc di corsa dalla camera per annunciare gioiosamente che, per ordine di Zeus, il parto era avvenuto malgrado loro. Le dee, prese alla sprovvista, non capirono immediatamente il trucco e levarono in alto le mani in un gesto di stupore e rabbia. E cos, svincolato da quellintreccio mortifero, Eracle pot finalmente venire alla luce. Ma le Dee del parto, furibonde e indignate per la beffa, punirono la responsabile dellinganno trasformandola in donnola. E poich la sua bocca aveva proferito la menzogna che le aveva ingannate, la condannarono a partorire attraverso la bocca. Ecate si impietos per la povera bestia e ne fece la sua serva e un animale sacro. Eracle, divenuto adulto, si ricord di colei che gli aveva permesso di nascere e le innalz un santuario presso la propria casa. I tebani, fedeli al ricordo di Galinthis, le portavano offerte durante la festa di Eracle. Come nella natura del mito anche questo racconto stato tramandato in molte varianti. In tutti i racconti irlandesi, ad esempio, la madre del re Conchobar si chiama Ness: donnola. E una vergine guerriera. Sorpresa al bagno dal druido Cathbad, questi la minaccia con la spada. La nascita del suo primo figlio viene fissata dal druido ma Ness, che vorrebbe ritardarla, si siede su una pietra. Anche in questo caso vi limpedimento ad una nascita non desiderata. Successivamente Ness cerca, e ottiene, il regno per il nascituro, in seguito ad un patto concluso ai danni del re precedente, Fergus. Ness lo sposa ma alla fine dellanno gli uomini dellUlster decidono di proclamare re Conchobar perch tradito da Fergus. Ness, in questa storia, pu rappresentare laffetto e la vigilanza e, nella sua valenza negativa, lincostanza e lastuzia anche se questo contrasta con liniziale atteggiamento di guerriera selvaggia. Si pensa che gli irlandesi confondessero la donnola con lermellino, la cui pelliccia sempre stata usata come ornamento di re, principi e dignitari. Lermellino, con il suo pelo bianco, rappresenta la purezza degli intenti e della giustizia. Il mito, in entrambe le versioni, rappresenta la liberazione di una nuova vita. La donna larchetipo della levatrice, e rimanda al tema della nascita, alla sofferenza ad essa connessa, alla solidariet nel mondo femminile e alla violenza della divinit, ossia della sorte umana. La donnola rappresenta bene il mopiuta senza impurit, in cui luomo Parola, la donna Ascolto, dialettica e fondamento del divenire stesso della Soggettivit. Lorecchio un luogo di fecondit mitologica e rimanda ad una nascita simbolica, come nel caso di Gargantua. In India ... si forano le orecchie degli uomini come gesto apotropaico per proteggere dalla morte. (C.G.Jung). Lorecchio esprime soprattutto la saggezza dellascolto interiore, la facolt di intendere il linguaggio dellanima. E unimmagine suggestiva che rimanda allEros del femminile come dimensione psicologica indispensabile al concepimento del Logos. Come nella Genesi ogni volta che Dio parla crea le cose, la bocca evoca la Parola, il Verbo, il luogo primitivo di nascita spirituale. O, per dirla ancora secondo la metafora alchemica: il tre (simbolo, in oriente come in occidente, del maschile) che corrisponde allazione, mentre il due del femminile la ricettivit che permette la genesi dellazione vera, il Verbo che si fa carne. Nelliconografia anche la Madonna nemica del serpente, e si conosce bene lavversit della donnola nei confronti di questo animale che insegue fin nella sua tana e uccide dopo aver mangiato la ruta, il cui odore risulta insopportabile. Nel Medioevo si credeva che la donnola fosse lunica in grado di sconfiggere anche il basilisco, a rischio di morire nella lotta. Come tutti i simboli, anche la donnola ambivalente: da un lato rappresenta la levatrice benefica, colei che con la sua competenza allevia definitivamente i dolori del parto e permette alla vita di venire alla luce; la quintessenza della femminilit, al punto da esibirla anche nel nome. Dallaltro la strega dissoluta, la donna lasciva e ingannevole, capace di macchinazioni disoneste e poco amata per questo. Ha un ruolo fondamentale nel tema della nascita e diventa il modello della levatrice nel mondo immaginario. Amica delle donne che la qualificano come madrina, nutrice, comare o cognata (galos in greco, che chiama gale la donnola), lanimale dunque posto al centro dellinizio della vita e, per questo, pi vicino alla donna, ai suoi patimenti e alla gioia connessa al parto. Il malvolere della cultura maschile, nei meandri del folklore antico, la vede invece trasformata in sposa mancata o in zitella gelosa. L.O.

mento in cui si rompe il nodo e il bambino, simbolo del progetto, viene alla luce e prende corpo, come accade spesso nei sogni, dopo una lunga gestazione del pensiero. Le tradizioni pi antiche dellenciclopedia animale la collegavano con il parto e la sessualit. Nel Medio Evo era considerata un simbolo di lascivia (Clbert, Animali fantastici) forse per gli stessi motivi del furetto, animale che stana il coniglio dal suo nascondiglio e, nella poesia popolare, un trasparente simbolo erotico. Nellantichit si affermava che la donnola concepisse attraverso le orecchie e partorisse dalla bocca e tale simbologia fu recuperata nel linguaggio iconografico del cristianesimo. In un portale tardogotico a Wurzburg raffigurata una delle pi curiose annunciazioni: tra la bocca del Dio Padre e lorecchio di Maria corre una sorta di tubo, su cui scorre un minuscolo bambino. E una rappresentazione sacra del mistero divino dellunione com-

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METODO

RECIPROCITA DAMORE
Liberare il verbo amare da un soggetto troppo piccolo quale lIo permette di cogliere meglio la natura dellamore, che pura reciprocit.
Lamore, se tale, non pu che darsi nellintersoggettivit. E un circuito energetico potentissimo, generato dalla tensione vitale stessa che, se vissuto in presenza, si trasforma in esperienza di amore e conoscenza insieme. Al solito non ci dato controllare pi di tanto n porre noi le condizioni, o guidare volitivamente alcunch; si pu intenzionare lIo oppure il S quale soggetto in noi dellesperienza, questo s, ma nientaltro. Eppure in questa piccola variabile, si giocano le sorti dellesperienza tutta. La reciprocit di cui parlo non infatti da intendere sul piano dellego, dove si confonderebbe con laspettativa nei confronti dellaltro, dove prevale il desiderio che crea attaccamento, dove si rafforza lidentificazione con lio che si relaziona ad un tu ancora totalmente altro. Intesa su questo piano la reciprocit si confonderebbe con un delirio di onnipotenza dellIo che, inflazionandosi, crede di poter ottenere dallaltro ci che vuole (su questo piano troviamo i riti magici volti ad ottenere lamore dellaltro). E da intendere invece sul piano del S, l dove sfuma la distinzione tra lio ed il tu, pur permanendo la realt di due distinti soggetti in relazione damore, e ci si sente coinvolti a partecipare di qualcosa che trascende la pura individualit, il livello in cui siamo soliti porre la nostra identit. Ma qual concretamente la differenza? Quando lesperienza damore si fa mediatrice di contatto col S e quando invece ci scaraventa nel sordo dolore dellego? Come mai cos spesso proprio la mancanza di reciprocit, il non sentirci corrisposti nellamore che proviamo, a farci tanto soffrire? Quando la percezione dellamore si d in noi sul piano del S io credo sia inevitabile la reciprocit: a noi cogliere la forma in cui si d. Quandanche ci comporti dolore, non pi dolore sterile bens occasione di ulteriore smantellamento dell'ego, quindi dolore alleato, che lavora per noi. Io penso che troppo spesso prevalga in noi la pigrizia, la distrazione, la superficialit che ci fa analizzare la realt in termini troppo ovvi ed immediati; per esempio laltro non corrisponde alle nostre aspettative: allora decidiamo che non c reciprocit e ce ne stiamo della bruciante mancanza che ci fa sentire totalmente impotenti. Affinando invece la nostra capacit percettiva, aprendoci ad accogliere ci che , nel suo affermativo, possiamo prendere atto di come lamare, se sta manifestandosi sul piano del S, non sia mai a vuoto, non resti nella chiusura personalistica, ma tocchi necessariamente il S dellaltro e crei vibrazione. Cogliere questo gi uscire dal chiuso del nostro Io, sfondare lisolamento autistico che crea dolore straziante. Pu darsi che tale vibrazione non assuma nell'altro la forma che sul piano personale ci accade di desiderare, pu darsi che laltro in questione non manifesti la medesima apertura e disponibilit che si sta dando in noi: nella dimensione del divenire la discordanza di tempi frequente, e fa s che la sincronicit, quando si d, sia davvero evento prezioso! Tuttavia questo non significa che non ci sia reciprocit, n che noi si debba restare nel terribile isolamento del non amore. Troppe volte si soffre per presunta mancanza di reciprocit nellamore: io credo sia tempo di sfatare il possibile equivoco e di verificare con chiarezza su quale piano stiamo amando. Se in noi prevale ormai la buona abitudine di intenzionare il S, se gi chiara in noi lunica irrinunciabile priorit, allora anche quando laltro si sottrae, noi non restiamo pi veramente soli. Possiamo provare dolore, anche molto intenso, ma non pu pi trattarsi di disperazione, di sterile sofferenza. Leclissarsi dellaltro ci riporta al S, alla verifica della natura dellamore che stiamo sperimentando. Non restiamo mai veramente soli, finch restiamo nel S. Da sempre lavoriamo a consapevolizzare qual il nostro modo di amare, da sempre sappiamo che la vera trasformazione, la vera crescita evolutiva a quel livello che si manifesta e si fa tangibile. Sappiamo che lamore, per essere tale, si d nellintersoggettivit, prevede che ciascuno si riconosca soggetto e oggetto contemporaneamente, quindi gi sappia, profondamente, di portare in s i due del dialogo damore che si sanno uno in lui. Ma questo precisamente ci che chiamiamo la percezione in noi della 'presenza', quale percezione tangibile di un dialogo damore che in noi si d, tra tutti gli elementi opposti: particolare ed universale, io e s, luno e laltro, coscienza ed inconscio, ... Lincontro tangibile con la presenza passa attraverso il manifestarsi di una particolare percezione che solo gradualmente si fa consapevole: percezione di un intimissimo rapporto damore tra due che sono contemporaneamente uno in noi. Sicuramente facilitata dallintuizione, che ci porta a concentrare lattenzione su determinati aspetti della vita, dallamplificazione corale di determinate riflessioni, che si fanno pensiero,... tuttavia lesperienza in s assolutamente percettiva. Confesso che assai difficile descriverla, suona stridente dire qualsiasi cosa su questa esperienza, che peraltro sar immediatamente compresa solo da chi lha a sua volta sperimentata. La caratteristica pi potente di quella esperienza damore lassoluta reciprocit che laccompagna: amare e sentirsi amati sono una unica immediata realt: Io sono Te e Tu sei Me. Nella percezione della presenza cade la scissione tra soggetto ed oggetto, cade la distinzione che separa luno e laltro del rapporto, si sfonda nelluniverso del S dove lamore si manifesta per quello che . Ora, fare questo tipo di esperienza tra s e s, scoprire questo dialogo intimissimo nelle profondit della propria anima condizione necessaria ed irrinunciabile, in mancanza della quale il nostro mododiamarelaltroportersempreunostrascico di bisognosit primaria, di tendenza alla dipendenzachecitoglieliberteciprivadellaconsapevolezza della nostra vera identit di soggetti. Ma questo incontro con la presenza non pu restarealungoscissodallaconcretezzadelrapporto interpersonale e chiede, in virt della nostra natura stessa, che relazionale, di essere verificato nel rapporto con laltro empirico. Il nostro relazionarci allaltro tuttuno col nostro relazionarci a noi stessi: quanto pi si d sul piano del S tanto pi vi sar vera reciprocit. Se in me prevale il contatto con la presenza, il piano del S, ci prevarr anche nel rapporto con laltro. Fidarsi, sperimentare ed arrivare a conoscere lesistenza ed il potere di questa reciprocit forse il segreto per invertire la rotta delle dinamiche egoiche che ancora trapassano e lacerano lanima del mondo. C da imparare a riconoscerla, l dove si d e ad accoglierla cos come si d, senza forzature egoiche,senzaintenzionimiopi,senzaindulgerein vittimistica quanto insensata impotenza. Intenzionare il S, dunque, ed imparare a riconoscere la reciprocit che lamore che ci attraversa porta in s: questo ci aiuta ad alleggerire dal peso dellego i nostri rapporti damore, nonch a restituire alla tensione che ci spinge alla relazione con laltro, tutto il potere benefico del riconoscerci uno. Allora il tuo amarmi fa s che io ti ami e, viceversa, il mio amarti fa s che tu mi ami - che nel mondo dellego, nella coscienza pi primitiva, fondava linterdipendenza - sul nuovo piano di consapevolezza di s diventa lo spontaneo riconoscersi, nelluno come nellaltro, di una naturale, immediata, assoluta reciprocit, che insita nella natura dellamore. Lamore, nel S, non ha soggetto distinto dalloggetto, ma porta in s entrambi nella loro naturale consustanzialit. E proprio questa natura contagiosa dellamore, vissuta nella consapevolezza, ci che ci fa strumento di un enorme potere: lunica vera forza di cui lessere da sempre dispone per amarsi e ri-conoA.G. scersi attraverso di noi.

REMAINDERS

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Il Mattino dei Maghi (*)


E un simpatico libro che fa spaziare la mente tra scienza e fantasia attraverso territori che soddisfano lanima e il suo bisogno di alte quote. Ne riportiamo le note finali.
La personalit non lultima ricchezza delluomo. Non che uno degli strumenti che gli sono stati dati per passare allo stato di risveglio. Ad opera compiuta lo strumento sparisce. Se avessimo specchi capaci di riflettere questa personalit a cui attribuiamo tanto valore, non ne sopporteremmo la vista, tanti sarebbero i mostri e le larve che vi formicolerebbero. Solo luomo realmente svegliato potrebbe specchiarvisi senza rischiare di morire di spavento, perch allora lo specchio non rifletterebbe pi nulla, sarebbe limpido. Ecco il vero volto che non riflesso dallo specchio della verit. In questo senso, non abbiamo ancora volto. E gli dei non ci parleranno da vicino se non quando avremo anche noi un volto. Respingendo lIo psicologico instabile e limitato, Rimbaud gi diceva: Io un altro. E lIo immobile, trasparente e puro, la cui capacit di intendere infinita: tutte le tradizioni impongono alluomo di abbandonare tutto per giungervi. Potrebbe darsi che noi fossimo in un tempo in cui il prossimo futuro parla lo stesso linguaggio del lontano passato. Fuori di queste considerazioni sulle altre possibilit dello spirito, il pensiero, anche il pi generoso, non distingue che contraddizioni, tra coscienza individuale e coscienza universale, vita personale e vita collettiva. Ma un pensiero che vede contraddizioni nel vivente un pensiero malato. La coscienza individuale realmente sveglia entra nelluniversale. La vita personale, interamente concepita e utilizzata come strumento di risveglio, si fonde senza danno nella vita collettiva. Infine, non detto che il costituirsi di questessere collettivo sia il limite ultimo dellevoluzione. Lo spirito della Terra, lanima del vivente, non hanno finito di emergere. I pessimisti, di fronte ai grandi sconvolgimenti visibili prodotti da questo segreto emergere, dicono che bisogna almeno tentare di salvare luomo. Ma luomo non da salvare, da cambiare. Luomo della psicologia classica e delle filosofie correnti gi superato, condannato allincapacit di adattarsi. Mutazione o no, un uomo diverso da questo che conviene intravedere per adattare il fenomeno umano al destino in movimento. Di conseguenza, non questione n di pessimismo n di ottimismo: questione di amore. Da quando credevo di poter possedere la verit nella mia anima e nel mio corpo, da quando immaginavo di avere presto la soluzione di tutto, alla scuola del filosofo Gurdjiev, c una parola che non ho mai sentito pronunciare: la parola amore. Io non ho oggi nessuna certezza assoluta. Non potrei avanzare risolutamente come valida la pi timida delle ipotesi formulate in questopera. Cinque anni di meditazioni e di studio con Jacques Bergier mi hanno fruttato una sola cosa: la volont di tenere il mio spirito in stato di sorpresa e in stato di fiducia davanti a tutte le forme della vita e davanti a tutte le tracce dellintelligenza nel vivente. Questi due stati, sorpresa e fiducia, sono inseparabili. La volont di arrivarvi e di restarvi subisce alla lunga una trasformazione. Cessa di essere volont, cio giogo, per divenire amore, cio gioia e libert. In una parola, la mia sola conquista che porto in me, ormai inestirpabile, lamore del vivente, in questo mondo e nellinfinit dei mondi. Per onorare ed esprimere questo amore potente, complesso, Bergier ed io senza dubbio non ci siamo limitati al metodo scientifico, come esigeva la prudenza. Ma che cos lamore prudente? I nostri metodi sono stati quelli degli scienziati, ma anche dei teologi, dei poeti, degli stregoni, dei maghi e dei bambini. Insomma, ci siamo comportati da barbari, preferendo linvasione allevasione. Poich qualche cosa ci diceva che in effetti facevamo parte delle strane truppe, delle orde fantomatiche, guidate da trombe ultra-soniche, delle coorti trasparenti e disordinate, che cominciano a riversarsi nella nostra civilt. Noi siamo dalla parte degli invasori, dalla parte della vita che viene, dalla parte del mutamento di tempo e del mutamento di pensiero. Errore? Follia? Una vita duomo non si giustifica se non con lo sforzo, anche sfortunato, tendente a capire meglio. E capire meglio aderire meglio. Pi capisco, pi amo, perch tutto ci che capito bene. * Louis Pauwels e Jacques Bergier Il Mattino dei Maghi - Mondadori 71

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RICERCHE

Mercurio messaggero di leggerezza


La duplicit e linganno sono coerenti con una coscienza sana. Questo scrive J. Parceval, nato nel 1803, nella autobiografia dove racconta la storia della sua paranoia e della sua guarigione. Unaffermazione forte, che va contro lusuale concetto di sanit mentale, eppure un concetto che affascina e che non si lascia buttare via tanto facilmente. Intanto la duplicit costituente il mondo, con tutte le coppie di contrari che affollano ciascuna vita. E il Caos, dove sembra impossibile trovare un principio base. Linganno anchesso elemento fondamentale della vita. Larchetipo del Briccone vuole significare proprio questo. Limprevisto accade anche nella pi quieta tranquillit, lo scardinamento di certezze la norma e un qualcosa di beffardo o indifferente alle nostre vite sembra scompigliare ogni nostro tentativo di mettere ordine. Ognuno di noi cerca autoinganni e crea simulacri per vivere: ideali, lavoro, amori. Dico questo senza cinismo ma con un senso di leggerezza dato dallidea del gioco, dove inganni e duplicit rappresentano lessenza stessa della vita. Mercurio lincarnazione di questo principio ingannatore e vitale al contempo. Egli saggio e incosciente, incostante nelle azioni e nei pensieri. Si ferma ai bivi delle strade senza decidere dove andare e comunque il messaggero degli dei. Mercurio evasivo, illusorio, cangiante, ora infernale, ora dio della rivelazione. Simbolo primo dellalchimia (la fonte mercuriale non a caso il luogo della trasformazione), Mercurio il doppio, rappresentato da due serpenti aggrovigliati che ne indicano la duplicit: terra e aria, serio e briccone, profondo ma incostante. Tale simbolo ancora oggi visibile nelle insegne delle farmacie, a ricordo del passato alchemico di tale professione. E i due serpenti aggrovigliati fanno anche ricordare la struttura del DNA a doppia elica, dunque il principio della vita. Mercurio significa non prendersi troppo sul serio, langelo custode che permette di entrare nel dolce gioco dellinganno, un inganno verso se stessi e gli altri non pi inconscio e quindi doloroso, ma consapevole, leggero e divertente, un piccolo inganno a fin di bene, dove diventa facile ridere di se stessi. Mercurio il contrario dellunilateralit, lunione degli opposti. Dove c un principio presente anche il suo contrario, dunque non pi possibile il dogmatismo. Posso credere in qualcosa profondamente, eppure posso non prendermi sul serio, tutto questo in contemporanea. Hillman nel suo libro La vana fuga dagli dei afferma che la differenza tra pazzia e sanit proprio da ricercarsi nella presenza o meno di Mercurio. Jung, nonostante tutte le sue idiosincrasie e i suoi attacchi psicotici, era sano perch si vedeva, e dunque poteva giocare con se stesso. Non a caso in tutta la sua opera Mercurio una presenza costante. Altri, nonostante condotte di vita pi normali, sono pazzi perch unilaterali, letterali, senza quella leggerezza che permette di staccarsi dalle proprie piccole convinzioni e scelte per poterne ridere. Quando uno che si autodefinisce un grande amatore si ritrova improvvisamente impotente, quando tutti gli sforzi di lunghi anni di lavoro si concretizzano in un niente, quando laspettativa che riempie la vita lascia il posto al nulla, in tutte queste occasioni e in molte altre abbiamo solo due possibilit: o langoscia o il ridere. Si sa che la ricetta del ridere salutare, ma tutto questo ridere pu talvolta anche irritare, perch esistono momenti in cui le risate non sono pi possibili e la necessit prende il sopravvento. Cos necessit ? In greco viene detta inganno: la cieca Necessit era il principio, solo che Eros era pi piacevole. In Grecia molti dubitarono degli dei, nessuno ha mai posto in discussione la rete invisibile di Ananke, pi potente degli dei. Ananke si congiungeva con Cronos, il Tempo, come per sottolineare che Tempo e Necessit pongono un limite alle nostre azioni e al nostro modificare e modificarci. Dunque c il limite, e questo tutti lo sentiamo. La domanda che possiamo porci riguarda il cambiamento di Ananke nella storia delluomo e nelle nostre singole vite. In effetti ci sono necessit di un tempo passato che ora hanno perso questo carattere ineluttabile. E sufficiente pensare alle carestie o a certe epidemie. Sul lato pratico Ananke stata indebolita, ma sul piano simbolico che il suo potere continua a dettare legge. Esiste una necessit che non invariata con la storia, basti pensare alla morte, di fronte alla quale ogni nostra velleit divina rimane muta, ma esistono anche finte necessit che mutano col tempo e con i singoli individui. Se le necessit dei nostri avi erano pi legate alla sopravvivenza, ora noi, con la pancia piena, ci costruiamo piccole necessit che crediamo parenti di Ananke, ma che sono soltanto zavorra per rimanere coi piedi per terra, sia in senso positivo che negativo. Quando allora Ananke diventa angoscia, possiamo distinguere tra Necessit invariata nei tempi e inevitabilmente aggrovigliata con lesistere e piccola e falsa necessit generata dallio. Per questultima lo spirito Mercurio diventa vento benefico che spazza via ogni struttura pesante, composta da pregiudizi, consuetudini, pigrizie, rigidit. Se riesco a ridere della mia immagine legata a qualche contingenza concreta che in quel momento sembra rappresentare il mondo, allora vince Mercurio. Riesco ad accogliere anche il contrario, e linganno del mondo con i suoi giochi mancini diventa sopportabile, quasi divertente. Quando Mercurio tenta di contrastare Ananke, limmutabile nei tempi, allora diventa inopportuno, come una risata di fronte a una morte ingiusta. Ma lineluttabile lascia spazi enormi per lo spirito Mercurio, molto pi vasti di quelli che ci legittimiamo, campi ancora incolti che la pigrizia non ci permette di esplorare. Credendo necessarie cose che tali non sono tentiamo di tarpare le ali a Mercurio: ma il carattere mercuriale della vita, che spesso chiamiamo ingiusto, si vendica mettendoci di fronte ai nostri paradossi. E allora grideremo: perch la vita mi tradisce? Ma tradire deriva da trans e do, ovvero un atto di passaggio da un qualcosa a qualcosa d altro, come una traduzione o, meglio, una trasformazione. Dunque la vita non tradisce mai o, se preferite, tradisce sempre, perch il messaggero Mercurio passa attraverso ogni cosa in uno stato di non equilibrio, in continua trasformazione. A noi godere di questo divertimento o irrigidirci in finte necessit. T.T.

Ananke, da cui deriva etimologicamente la nostra angoscia. Quindi lineluttabile, linchiodamento alla croce, limpossibilit di trovare altre strade, il percepire la struttura della vita nella sua essenza. Ananke sembra derivare da una radice semitica basata su tre consonanti: hnk. Da questa si diramano molte parole antiche che hanno tutte il significato di gola, abbraccio, anello, strangolamento, non ultima la parola inglese nek (collo). Ovvero una strettoia inevitabile, alla quale impossibile sfuggire. In Grecia, Ananke, la necessit che tutto sovrasta, anche lOlimpo e i suoi dei, non ebbe mai un volto. Un solo tempio le era dedicato, ma era tradizione non entrarvi. Infatti nulla si pu chiedere a colei che non d ascolto. La differenza tra dei e uomini stava nel rapporto con Ananke: gli dei la subivano e la usavano, gli uomini la subivano soltanto. Gli dei greci decisero di non pensare troppo ad Ananke e invece del nodo di necessit preferirono dedicarsi al bacio di Eros. Alla circolarit di un cappio preferirono quella di una bocca. Eros comandava, ma si sapeva che era un

Stream of consciousness

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Tra sogno e realt


Noi adesso abitiamo felici la terra, il nostro pensiero ha le ali per volare al di sopra delle nuvole e sappiamo giocare con loro. Un tempo invece gli uomini avevano perso queste ali e costruivano oggetti meccanici dove si inscatolavano credendo di volare. Noi ora possiamo spostarci in ogni punto del mondo perch ritroviamo in noi il tutto, ma un tempo pensavano di viaggiare in tanti ordigni che provocavano morte al pianeta. Per cibarci chiediamo permesso alla madre Terra che ci dona generosa, i suoi frutti, ma un tempo gli uomini non sapevano che la Terra viva e ascolta. Le aprivano il ventre per sfruttarla meglio, per accumulare capitale, chiamavano cos laccumulo di tanta carta stampata, dicevano che era importante perch corrispondeva alla quantit del metallo che rispecchia il sole che loro chiamavano oro. Ora noi sappiamo che questo solo segno sulla terra di ci che risplende in cielo e non ce ne appropriamo come non possiamo appropriarci del firmamento. Le stelle ci illuminano la notte e noi godiamo di questa luce perch sappiamo che esse sono segno dellinvisibile. Una volta invece avevano tentato di possederle ed quando finito tutto quel mondo. G. Badino

Evocazione n. 4
Sentendo quel che provi non posso fare a meno di starti piu vicino come quel bambino che ti ha prodotto il pianto Qualcosa sta accadendo che ancora non ha forma ma presto volto avra e ci sorprendera Ci portera lontano ti vedo sei felice di quella gioia conosciuta fin da quando nascesti ma mai sperimentata Hai un pianto in gola ma anche una risata nella pancia. Partoriremo quella risata. Tu corri e guardi me sempre dappresso a te Ci lasceremo dietro tutte le sante cose che insieme avremo fatto su questa terra amica ma dalla scorza dura E se sara destino qualcuno sapra dire quello che adesso e Verbo anche senza di te. Liberta dalla ruota delle nascite e morti Liberta dalle gioie e dai dolori Liberta dal volere o non volere Amore.

Senza titolo
Quando, in una notte come questa, desolata, la luna dilata immensi spazi nel cielo e dentro il cuore malinconie profonde, io penso a te amica mia dolcissima. Pensieri lievi che appena sfioro perch dentro troppo non dolga questo volerti bene, tenero, quasi adolescente. Tu sei come i cieli che sfuggono la sera e portano nel cuore ombre lunghe che avvolgono quanto di vero noi non conosciamo. Ma come ritrovarti, se per un attimo, un momento solo smarrito alla ragione veramente lombra non dovesse diventare nuovamente luce? E la paura, allora, si stringe attorno anche ad un solo gesto di carezza sul tuo volto.

G. Uccelli A. Cortese

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Dal 1 al 7 settembre

VACANZA ALL'ISOLA DI PONZA


Durante la settimana, per gli interessati, verranno proposte due mattinate di lavoro analitico in gruppo a cui potranno accedere anche coloro che sono digiuni di psicoanalisi. Il resto sar sole, mare, escursioni, immersioni per godere di uno dei fondali marini mediterranei pi belli. Sono previste anche due escursioni: una alla vicina isola di Ventotene ed una dedicata ad un giro in barca intorno all'isola. Per informazioni e prenotazioni rivolgersi alla Segreteria dell'Associazione

RUPPI G RUPPI D'ANALISI G.E.A. Evolutivi Autocentrati) (Gruppi Evolutivi Autocentrati)


Lo g n l t d l n s r l ' ri i a i e o t o avoro consiste nel fatto che,at traverso i suoi componenti, propri i gr o l uppo ad autoanalizzarsi, senza pera t o nu l s c l r l a a rificare sul piano dell'interesse personale. Igr uppi prevedono l'impegno di due ore consecutive alla settimana.
U t ririifo l e o n rmazioni saranno fo rnite dalla Segr t ria dell'Associazione. ee

Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale
Organo dell'Associazione GEA Via Palestro 20/8 - 16122 Genova Tel (010) 8391814 - Fax (010) 8372750 E mail: Geage@tin.it http:www.panteca.com/gea Anno 8, Numero 2 - Giugno 1999 Direttore responsabile: Dott. Ada Cortese Redazione: C.Allegretti, G.Badino, M.Campolo, P.Cogorno, S.Figuccia, A.Galotti, C.Manfredi, L.Ottonello, M.Quaglia, T.Tommasi, A.Toniutti, G.Uccelli. Per ricevere informazioni sull'Associazione GEA, l s g e e i a e t t t iig o n a ertra pra ut iri dalle ore 10 alle ore 18 dal luned al venerd.

Sped. A.P. Comma 27- Art. 2 Legge 549/95 - Genova Registrazione del Tribunale di Genova n. 31/92 del 29 Luglio 1992 Stampato in proprio.

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