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LARTE DELLA GUERRA La polemologia, ossia lo studio della guerra, nelle sue manifestazioni, tanto fisiche quanto culturali,

possiede, come inevitabile, dei postulati: una sorta di canone che le permetta di possedere una sorta di codice convenzionale, che sia universalmente accettato. Per solito, viene dato per scontato che la maggior parte di questi postulati faccia riferimento allopera di Clausewitz intitolata Della Guerra (Vom Kriege, 1832): un ponderoso trattato, incompiuto, che affronta temi tattici e strategici, ma anche filosofici ed epistemologici, dei moderni conflitti. Un po come altri libri celebri, Della Guerra sempre stato citatissimo, ma, paradossalmente, letto molto poco e non sempre con la dovuta serenit critica: la famosa definizione di guerra come prosecuzione, con altri sistemi, della politica ha spopolato e spopola, ma d la sensazione di una nota marginale che sia assurta a dogma. Lo stesso, daltronde, accaduto per altri celebri aforismi: nel caso di Machiavelli, si giunti addirittura ad attribuirgli unipotiposi che non si sogn mai di pronunciare, a proposito del fine che giustificherebbe i mezzi. Perci, il mio primo consiglio quello di muoversi con prudenza, quando si deve affrontare un tema complesso come quello dellarte della guerra, che offre un vasto repertorio di luoghi comuni e di citazioni a casaccio, che permettono di leggere la storia dei conflitti umani in molti modi diversi e, talvolta, opposti. Clausewitz visse ed oper agli inizi del XIX secolo, e le sue valutazioni riconducono al sistema politico e militare di quegli anni: il suo libro , per molti versi, un capolavoro, ma non esaurisce sicuramente le chiavi di lettura del fenomeno bellico, n per quanto concerne il presente n per quanto concerne il passato remoto. Insomma, larte della guerra qualcosa di diverso e di pi articolato del Krieg comunemente letto nelle pagine del generale prussiano. Pure, la guerra un tema affascinante e questo, purtroppo, la rende vulnerabile da parte di operazioni mistificatorie di ogni genere: in estrema sintesi, la guerra la principale fonte del mito, e la prima operazione necessaria per uno studio serio dellarte della guerra quella di separare, laddove sia possibile, il mito dalla realt. Come vedremo, ai nostri giorni, la guerra diventata, soprattutto, mitologia: lera della comunicazione passa attraverso lidea di una guerra virtuale. E evidente che, se questa separazione risulta relativamente semplice, dati gli strumenti a disposizione dello studioso, per quel che riguarda i conflitti moderni (che, pure, comportano una massiccia dose di mistificazione), il discorso si fa molto pi complesso nel caso di guerre combattute nellantichit, per le quali il mito diventa, talvolta, la sola fonte disponibile. Pensare di poter dividere gli aspetti militari da quelli mitologici di guerre come quella di Troia del tutto velleitario: tuttavia, si possono individuare alcuni motivi ricorrenti dellarte della guerra, che, in qualche misura, ci permettono di ricostruire, se non altro, le linee principali assunte dallattivit militare nelle varie epoche. Prima, per, di analizzare larte della guerra nei vari periodi storici, necessario fare unaltra premessa di ordine generale, che vale per ogni epoca e per ogni successo militare: i pi grandi conflitti della storia umana sono sempre stati vinti a causa di un fattore determinante. E bello pensare che questo fattore sia rappresentato dal genio strategico del comandante, tuttavia, le cose sono quasi sempre andate in maniera affatto diversa. Il che, in qualche misura contraddice alla teoria geometrica della battaglia, che proviene proprio da Clausewitz e dal concetto di Schwerpunkt, ossia di punto di svolta, in cui le battaglie si decidono. Nella maggioranza dei casi, le grandi vittorie sono state figlie di uninnovazione tecnologica o, quantomeno, tecnica: dalle armi di ferro achee, contrapposte a quelle di bronzo degli asiatici, fino alle pi moderne tecnologie. Basti pensare allenorme peso che ebbero i sistemi elettronici di rilevamento nella seconda guerra mondiale, dal radar allasdic/sonar, al gee, che guidava i bombardieri strategici sulla Germania, anche col maltempo. Dunque, non bisogna mai dimenticare che gli artefici delle grandi vittorie non sono quasi mai i generali, quanto, piuttosto, gli scienziati, i tecnici, gli artieri: una visione sicuramente meno poetica dellarte

militare, ma certamente pi realistica. Tenendo presenti questi postulati, partiamo, dunque, dal mondo greco, che, in fondo, gett le basi di concetti legati allarte militare ancora oggi, in larga misura, ritenuti validi. Il primo di questi concetti quello dellAret, che i vocabolari moderni tendono a tradurre con valore, ma che, in origine, indicava semplicemente larte di Ares. I Greci avevano un legame molto stretto con il mito, per questa ragione, sovente, parole di uso comune riconducono ad unorigine religiosa o, perlomeno, rituale di comuni attivit: quella di combattere non pare sottrarsi alla regola. Nel combattimento dei Greci, oltre a tattica e strategia, che gi esistevano, seppure allo stadio larvale, aveva una notevolissima importanza laspetto spirituale o, se si preferisce, psicologico. Gi lidea di Aret lasciava intuire una sorta di invasamento mistico, per cui il guerriero, preso dalla furia del combattimento, che avveniva corpo a corpo, veniva quasi posseduto dal dio, un po come i celebri Bersekr della tradizione scandinava. Ma, accanto a questa interpretazione, forse un tantino esasperata, vi sono molte altre testimonianze della rilevanza dellaspetto emotivo e psicologico nella guerra dei Greci: primo fra tutti il concetto di fila, su cui poggiava la tattica oplitica di combattimento. Lo schieramento della fanteria corazzata, in et classica, veniva effettuato con precisi criteri psicologici: uno accanto allaltro combattevano opliti legati da vincoli di consanguineit o di amicizia (phila), perch questo avrebbe garantito maggiore ardore nel combattimento, ed una motivazione, diciamo cos, meno astratta, nel serrare le fila, visto che un cedimento avrebbe potuto significare un danno immediato per un parente o per un amico. Quindi il concetto, tuttora in uso, di schieramento per file, trae origine dallidea di un legame emotivo tra combattenti di una stessa falange, sfruttato allo scopo di aumentarne lefficienza in combattimento. Va, per, detto che una battaglia del V secolo era abbastanza diversa da come, di solito, si tende a raffigurarla: nella letteratura greca, che rappresenta una fonte preponderante in questo senso, si tende parlare sempre e solo di guerre opltiche, ossia in cui combattano cittadini in armi, con pesanti armature e schierati a falange, oppure, come nel caso della descrizione della battaglia di Salamina nei Persiani di Eschilo, imbarcati sulle triremi da combattimento. Nella realt, lesercito di una Polis greca comprendeva una compagine piuttosto eterogenea di combattenti, armati nelle maniere pi varie e, talvolta, non armati affatto, se non con strumenti di lavoro o utensili contundenti: limmagine del fante dotato di elmo, corazza e schinieri, che combatteva dietro un grande scudo, brandendo la lunga lancia da battaglia, certamente suggestiva, ma rischia di darci unidea piuttosto approssimativa dellarte militare del mondo greco. Nellesercito della Polis non combattevano solo i cittadini, ma anche gente del contado, meteci e perfino schiavi (douloi): la tradizionale suddivisione periclea della societ (e, quindi, anche dellesercito) era meramente teorica, poich le necessit della guerra facevano s che, molto spesso, si dovesse attingere a qualunque risorsa, per sopperire alle esigenze militari, compreso luso di mercenari stranieri. Questa multinazionalit divenne ancora pi marcata, fino a rappresentare una sorta di valore aggiunto, nel caso delle guerre alessandrine, in cui, intorno al nucleo centrale della falange macedone, combattevano soldati dalle pi diverse origini e specializzazioni. Non dimentichiamoci che la peculiarit militare di Alessandro Magno consisteva nelluso spregiudicato della cavalleria leggera e in una formidabile abilit nellutilizzo del Genio, ossia delle macchine dassedio e da difesa. Solo con la sua modernit si pu spiegare leccezionale successo dellarmata di Alessandro, che non dovette le sue vittorie al fato o al genio strategico, quanto alla logistica e alla preparazione: esattamente come sarebbe avvenuto in tutte le guerre, fino ai nostri giorni. Nel mondo romano, trascurando la tradizione arcaica, per cui valgono i ragionamenti fatti per il mondo omerico, che fu, in qualche modo pre-storico dal punto di vista militare, prevalse certamente il concetto di ordine e di struttura su quello della phila o anche dellaret. Non a caso, nel vocabolario romano, lequivalente di aret virtus, vale a dire ci che rende tale un vero uomo, e non unassociazione di

pensiero col dio della guerra. La guerra dei Romani fu qualcosa di meno privato e di meno spirituale, anzi di meno filosofico, rispetto a quella dei Greci: essa, in epoca romana, smise di essere una semplice prova di valore e cominci a diventare uno strumento politico, un po come lintese Clausewitz tanti secoli pi tardi. I Romani combattevano per affermare il potere di Roma: la guerra era un atto pubblico, cui il cittadino non si sottraeva, esattamente come avrebbe fatto per un comizio o per una cerimonia. Ed era una cosa tanto seria quanto concreta: non a caso, uno storico della bassa latinit, come Tacito, defin i Greci leves, ossia un pochino inconsistenti. I Romani, almeno fino ad un certo periodo, rifuggirono dalla filosofia: per loro, sostanzialmente, la guerra era un lavoro statale, e, se si voleva il bene dello stato, bisognava farla bene. Alla base dei successi militari romani cera una struttura militare, semplice e flessibile: la legio, la cui unit base era la centuria. Per un soldato romano, la sua legione era tutto: rappresentava un microcosmo perfettamente autosufficiente, in grado di muoversi efficacemente sul terreno, di combattere autonomamente e di procurarsi da sola gli elementi necessari alla propria sussistenza. In un certo senso, il mondo, per i Romani, era un sistema modulare, in cui vi erano dei moduli base, che potevano esistere autonomamente come combinarsi tra loro, esattamente come un gioco ad incastri. Le istituzioni politiche, lesercito, lurbanistica, non facevano altro che riprodurre il medesimo modulo, su scale differenti. Questa idea geometrica delluniverso non poteva non riverberarsi sullarte militare, che, a Roma, era una delle priorit pubbliche: il mattoncino fondamentale di questa articolata e complessa struttura era, almeno allinizio, proprio la centuria, che era espressione sia dellattivit politica che di quella militare dei cittadini. Allinterno della centuria, intesa nel senso militare, esistevano delle distinzioni legate al grado, ma anche al valore dimostrato, allanzianit di servizio eccetera: questo determinava anche lo schieramento in battaglia, sia della centuria che, su scala pi vasta, della legione e dellintero esercito. Anche nel caso dellarte militare romana, inoltre, vale il discorso sulla logistica: lesercito romano era pressoch imbattibile non solo e non tanto per lo spirito combattivo dei suoi soldati, quanto per le sue caratteristiche organizzative e strutturali, e, in particolare, proprio per le sue peculiarit logistiche e tecniche. Genieri, guastatori, esploratori, cartografi, ordinanze, formavano una compagine autosufficiente ed efficientissima in guerra: a questo si associava una disciplina ferrea, che rendeva praticamente insuperabile una legione schierata a battaglia, salvo che sterminandola completamente. Una caratteristica romana assolutamente unica, almeno nel mondo antico, consisteva nel duplice utilizzo della macchina militare: come strumento bellico, prima e, poi, come prima unit di controllo del territorio occupato e come avanguardia colonizzatrice. Quindi, il legionario romano era, al tempo stesso, un soldato ed un operaio, e, in entrambe queste attivit, si adoperava per la grandezza di Roma. Il Medioevo, dal punto di vista dellarte militare, rappresent, anche nellimmaginario artistico, laffermazione del combattimento individuale: la frammentazione della societ feudale e lo sbriciolamento del concetto di stato nellanarchia di mille piccoli potentati, modific radicalmente larte della guerra. Questa veniva ora combattuta da piccoli nuclei di persone, che ruotavano intorno alla figura centrale del cavaliere corazzato: quattro o cinque militi appiedati, il cui compito principale era quello di mettere il proprio cavaliere in condizione di combattere, caricando con la sua lancia da guerra e la sua pesantissima panoplia. Va detto, tuttavia, che, almeno fino allet normanna, vale a dire fino allXI secolo, il nucleo da combattimento non era una struttura cos rigida e strutturata: il cavaliere era, in realt, un fante catafratto (difeso da una cotta, brogne o giaco, di maglia di ferro), che si muoveva a cavallo, ma combatteva a piedi, nel muro degli scudi. Intorno a lui vi erano, vero, dei militi che lo mettevano in condizione di battersi al meglio, ma il loro ruolo non era cos definito come nel basso Medioevo. Dopo lXI secolo, questi militi dovevano occuparsi della cavalcatura e dellequipaggiamento del guerriero, quasi sempre aristocratico, e, in battaglia, combattevano appiedati, con un armamento difensivo ed offensivo piuttosto

approssimativo. Data la natura degli scontri, per solito, questi impegnavano pochi cavalieri e causavano pochissime vittime: la vita di un cavaliere nemico poteva significare un grosso riscatto ed era, perci, preziosa. Poche sono state le battaglie medievali senza quartiere, in cui lodio per il nemico superava linteresse economico: Montaperti, Stirling, Poitiers. Per il resto, la guerra, almeno fino allavvento delle fanterie balistiche, nel XIV secolo, rimase una specie di fatto privato, tra piccoli eserciti, in cui, alla fine, ogni cavaliere andava per conto suo. Le cose iniziarono a cambiare durante la guerra dei Cento Anni, quando si inizi ad intravvedere la direzione che larte della guerra avrebbe preso nei secoli successivi: la cavalleria corazzata stava esaurendo la sua funzione militare, sostituita, progressivamente, dalla fanteria, espressione non pi di unlite sociale, ma di un semiprofessionismo bellico. Gli arcieri gallesi di Azincourt e di Crecy preludevano alle milizie mercenarie del XVI e XVII secolo, specializzate nel combattimento terrestre e, ormai, perfettamente in grado di sostenere e disperdere una carica di cavalieri corazzati, con le loro formazioni ad istrice e con luso sempre pi specialistico delle armi da fuoco. Nel contempo, risultarono sempre meno utili i manieri turriti, che, nellEt di mezzo, avevano garantito lincolumit dei feudatari, in caso di guerra: i parchi dassedio, dotati di concentrazioni sempre pi massicce di cannoni, colubrine, bombarde e mortai, erano, ormai, in grado di demolire i muraglioni merlati dei castelli. Si cominciarono, perci, ad introdurre nuovi sistemi di fortificazione: le citt murate del XVI e XVII secolo erano dotate di ampie cannoniere, progettate per il tiro incrociato, di gallerie di mina e contromina, di batterie scoperte e non solo di barbacani e feritoie. Inoltre, linclinazione delle mura serviva a deviare limpatto dei proiettili, esattamente come oggi avviene per la corazza dei blindati. Lingegneria militare rivest enorme importanza nelle guerre dellEt moderna, e, ancora oggi, le citt-fortezza mostrano ai turisti la loro formidabile architettura difensiva: Vauban, da questo punto di vista, rappresenta, probabilmente, lesempio pi famoso di fortificatore, e le cittadelle francesi di confine, da Verdun a Besanon, testimoniano del suo genio militare. Inoltre, durante le guerre moderne, cominciarono ad affermarsi, proprio per lo sviluppo delle fanterie specializzate, i primi elementi distintivi, allinterno degli eserciti: i gradi, ad esempio, cos come le bandiere reggimentali. E in questepoca che nacquero alcuni celebri reparti, che avrebbero conservato le proprie insegne e il proprio retaggio, fino ai giorni nostri: dal Black Watch scozzese ai Granatieri di Sardegna. I reggimenti prendevano spesso il nome del nobile che li reclutava, e i soldati servivano sotto le armi per un lungo periodo, assoggettandosi ad una vita estremamente dura: anche cos si spiegano le intemperanze cui, spesso, essi si lasciavano andare, nei momenti di riposo. Questi eserciti, nelle numerosissime guerre del XVIII secolo, combattevano per schieramenti chiusi, in cui lo sprezzo per le perdite umane era assoluto: il modo di combattere rimase, per molti versi, invariato, anche per buona parte del XIX secolo, ma, dopo la Rivoluzione Francese, cambi radicalmente la composizione dei reparti, con una rivoluzione non meno significativa dellarte della guerra: la leva di massa. Gli eserciti nazionali, dopo il 1792, assunsero sempre pi spesso il carattere di eserciti popolari: venne istituita la leva obbligatoria e fu introdotta unabitudine destinata ad avere duraturo successo, ossia quella delle mobilitazioni di massa, in caso di guerra. Nonostante il proliferare di trattati e studi di tattica e di strategia, in questo periodo larte della guerra si dimostr tendente pi alla conservazione che allinnovazione, nonostante i molti segnali di innovazione che provenivano dalla scienza e dallindustria, entrambe estremamente attive nel XIX secolo. La guerra che segn, per molti versi, un punto di svolta nellarte militare moderna fu la guerra civile americana, terminata nel 1865, con la sconfitta del Sud. In quella guerra vennero sperimentate per la prima volta, su vasta scala, molte innovazioni tecnologiche che si sarebbero rivelate fondamentali nella tecnica militare successiva, come il cannone a retrocarica e a canna rigata, il fucile a canna rigata e a ripetizione, la mitragliatrice, la corazzata e perfino il sommergibile. Inoltre, fu un generale sudista, Robert Lee, ad utilizzare per primo comunemente la trincea come elemento di manovra, nel corso di una battaglia.

Lo sviluppo delle armi da fuoco, nel corso di questo conflitto, dimostr, con le spaventose perdite subite dai contendenti, una nuova legge implacabile della guerra: chiunque attacchi una posizione, sotto il tiro di armi a canna rigata, destinato a subire danni insopportabili per qualunque reparto, per quanto valoroso. In pratica, dopo secoli di battaglie che si risolvevano alla baionetta, data la scarsa portata e la modesta cadenza di tiro dei vecchi fucili ad avancarica e a canna liscia, dopo la guerra civile americana, chi si difendeva, sparando con armi moderne, era sempre destinato a prevalere su chi muovesse allattacco con criteri di vecchio tipo. Questa regola sarebbe stata confermata su scala enormemente maggiore dai massacri della Grande Guerra, che si dovettero, in gran parte, alla difficolt, da parte dei comandanti di metabolizzare questo concetto: essi lanciarono i propri reggimenti allattacco di posizioni trincerate e, spesso, pesantemente blindate, difese da armi automatiche e da enormi parchi dartiglieria, pi o meno con gli stessi criteri con cui Napoleone mandava allassalto le sue fanterie, fatto salvo un pesantissimo bombardamento preliminare, che sortiva quasi sempre effetti trascurabili, ottenendo, di solito,lunico risultato di una strage terrificante. Il Carso e la Somme, lo Chemin des Dames e i Laghi Masuri ne fanno fede. Solo gradatamente, e grazie a strateghi particolarmente illuminati, si cominci, durante la guerra, a comprendere che bisognava adottare tattiche dapproccio del tutto nuove, se si voleva scardinare il dispositivo difensivo rappresentato dai campi trincerati: si escogitarono nuove tecniche di bombardamento, come il creeping barrage o dinfiltrazione, affidate a reparti piccoli e ben addestrati, antenati delle moderne pattuglie di pochi uomini (a volte, solo due), che rappresentano lo stato dellarte, in campo militare, ai nostri giorni. Nacquero, sul fronte occidentale, le Sturmtruppen tedesche, presto imitate da inglesi e francesi, mentre, sul fronte italiano, fecero la loro comparsa gli Arditi, ossia un nuovo modo di intendere lazione della fanteria, assegnando azioni particolari a reparti sceltissimi, che venivano, dopo lazione, ritirati immediatamente dal campo di battaglia. Nascevano i reparti dlite. Se le Sturmtruppen prefigurarono, in un certo senso, i moderni assaltatori, gli Arditi incarnarono la teoria cui si devono i moderni incursori: i Seals americani, i Sas inglesi e i vari reparti speciali. Inoltre, nel corso della prima guerra mondiale, si pot comprendere quali sarebbero stati i successivi sviluppi dellarte militare: due armi nuove, laeronautica e le truppe corazzate, che permisero di superare il tremendo impasse delle trincee, sarebbero divenute le armi risolutive della seconda guerra mondiale. Ma questa intuizione riguard, come al solito, pochissimi ufficiali illuminati, come, ad esempio, Liddell-Hart o De Gaulle. La stragrande maggioranza degli esperti militari, nel 1939, si fece cogliere impreparata dalla guerra di movimento, il Blitzkrieg, messa in pratica dallesercito tedesco, esattamente come, ventanni prima era accaduto per la guerra di trincea. Potremmo quasi dire che la storia pi recente dellarte della guerra quasi solo un elenco di imbarazzanti equivoci e di miopi valutazioni, da parte degli alti comandi, preposti ad indicare tattiche e strategie dei vari eserciti nazionali. Lesplosione delle due atomiche statunitensi, su Hiroshima e Nagasaki, rappresent, per larte della guerra, un evento assai meno epocale di quanto si potrebbe comunemente ritenere: di fatto, si tratt semplicemente di un potenziamento di quel bombardamento strategico sulle citt nemiche, postulato, durante la Grande Guerra, dallitaliano Douhet, e messo in atto, a partire dal 1942, dal maresciallo Harris e dal suo Bomber Command. Lunica differenza, in definitiva, consisteva nel potenziale distruttivo del carico: i criteri, tanto di utilizzo quanto morali, del bombardamento atomico ripetevano tattiche ed idee gi note. Il vero risultato dellolocausto nucleare, paradossalmente, fu quello di limitare enormemente i conflitti convenzionali tra gli stati occidentali. La Guerra Fredda, combattuta esclusivamente in scenari molto periferici di Asia, Africa ed America Latina, per quanto riguarda gli scontri armati veri e propri, oppure giocata in attivit di spionaggio e controspionaggio, piuttosto che di controllo dellavversario, fu, in realt, un fortissimo deterrente alla guerra calda. Il rischio, probabilmente pi percepito che reale, di un annientamento del pianeta a

causa dellutilizzo degli enormi arsenali atomici dei due schieramenti, mantenne ad un livello di latenza ogni possibile casus belli in Europa, proteggendo, di fatto, la pace. Nel frattempo, lidea stessa di guerra subiva alcuni cambiamenti: dallidea di attacco preventivo a quella di mobilitazione permanente, nipote delladagio latino del: Si vis pacem para bellum, tutti i concetti strategici che presupponessero una valutazione, se non positiva, quantomeno neutra delluso della guerra come soluzione di controversie internazionali, vennero bollati come immorali. La guerra, perci, scomparve dal vocabolario giornalistico, sostituita da definizioni assai pi rassicuranti, sul versante della correttezza politica. Nacquero termini di strategia militare del tutto inusitati: peacekeeping, forze di interdizione, interventi di polizia internazionale, missioni di pace, e cos via. Anche se, come ovvio, si tratta di veri e propri conflitti, alcuni a bassa intensit, come nel caso del Kosovo, del Libano e o della Somalia, e altri di tipo pi tradizionale, come le due campagne contro lIraq e, in parte, quella contro i talebani afghani. La guerra, dunque, continua a far parte della nostra esistenza: e non potrebbe essere diversamente, visto che, nonostante le belle speranze dei pacifisti duri e puri, essa fa parte del carattere delluomo. Solo che, in questa et fondata sulla comunicazione, la vera battaglia si combatte sul versante della propaganda: lunica guerra vera, oggi, quella che appare alla televisione o su internet. Per questo, la percezione dei conflitti, nonostante lo spiegamento di mezzi tecnologici sempre pi sofisticati, molto meno diretta di quanto non avvenisse in passato: se, una volta, esistevano varie fonti dinformazione sullandamento di una guerra, oggi la gente disposta a credere solo a quello che vede, e quello che vede, spessissimo, del tutto falso. Ne fa fede il celebre filmato della BBC, in cui apparivano dei prigionieri croati dietro la rete di un campo di concentramento, durante la guerra in ex Jugoslavia: unaltra ripresa rivel il trucco, per cui, in realt, i croati si trovavano fuori dal recinto, e non dentro. Semplicissima mistificazione. E cos, quasi ogni video di guerra che appaia sui nostri schermi, necessita di contestualizzazione, se non di correzione, se si vuole che sia aderente al vero. Insomma, la guerra moderna soprattutto una guerra politica: una guerra dimmagine, in cui le vittime civili diventano danni collaterali e in cui la morte appare come uneventualit remota. Una guerra pacifica e rassicurante, tanto nel vocabolario quanto nella scelta delle notizie da passare al pubblico. Eppure, conflitti di ogni genere continuano ad essere combattuti, per i motivi pi vari: religiosi, economici, politici, etnici e cos via. Conflitti in cui si passa da una guerriglia disperata di eserciti tribali a forme asimmetriche di scontro, come gli attacchi terroristici o la guerra economica. Ma, anche, guerre fatte di battaglie vere di infiltrazioni di truppe scelte, che marcano i bersagli per le offensive balistiche, di cannoniere volanti, di droni e di cecchini. Tuttavia, per analizzare compiutamente cosa sia diventata, nel XXI secolo, larte della guerra, bisogna affidarsi pi alla psicologia o alla tecnica della comunicazione, che alla strategia o alla storia militare: la guerra sempre stata una sporca faccenda, ma, forse, non mai stata cos sporca come in questi anni, in cui si finge che non esista praticamente pi, nella nostra civilt pacifica, democratica, umanitaria e, soprattutto, falsa. Il modo pi adeguato di concludere questo breve excursus sulla storia dellarte militare invitare il lettore a riflettere sul fatto che, nei minuti che ha impiegato per leggere questo articolo, qualcuno, in qualche luogo, saltato su di una mina, ha lanciato una granata o sta inquadrando un bersaglio nel mirino telescopico del suo fucile di precisione: qualche elicottero sta collimando un bersaglio, qualche civile sta morendo in un pogrom, e migliaia e migliaia di uomini stanno combattendo, in conflitti che, per il mondo informatizzato e pacificato, neppure esistono.

I FORMIDABILI ORDIGNI1

Semplificando alleccesso, in fondo, potremmo postulare che la storia militare degli ultimi duecento anni abbia consistito in una sorta di corsa ad inseguimento, in cui i due concorrenti fossero la difesa e lattacco. In alcune fasi del processo evolutivo dellarte della guerra, ha certamente prevalso limpeto dellattaccante, la velocit e la precisione dellassalto, sulle capacit operative dei difensori. In altre circostanze, la scelta di posizioni ben strutturate difensivamente o lutilizzo di poderosi deterrenti ha favorito la difesa rispetto agli sforzi, per quanto valorosi, di chi attaccava. Lelemento determinante di questa prevalenza altalenante si pu facilmente individuare in due fattori, che vanno di conserva: la tattica e la tecnologia militare. I progressi tecnologici, quasi sempre, hanno determinato, nelle guerre moderne, aggiustamenti tattici che, per quanto piuttosto in ritardo rispetto alla tecnologia, hanno portato a determinanti modifiche nella pratica della guerra. Alla fine, questi cambiamenti sono stati tanto incisivi da condizionare definitivamente anche gli aspetti strategici dei conflitti, dando loro, per cos dire, un volto ben preciso: un tema conduttore. Fin qui, i processi evolutivi della tecnica militare non farebbero una grinza. Il punto chiave consiste proprio in quel ritardo con cui i vertici militari hanno sempre colto la portata delle scoperte scientifiche e delle loro applicazioni tecnologiche: il gap tra la nascita di unarma e la corretta interpretazione del suo peso, sulla bilancia della guerra. Alla profondit e durata di questo iato hanno contribuito, di volta in volta, lintuito o lottusit dei comandanti: tuttavia, possiamo certamente asserire che, breve o lungo, ci fu sempre un periodo di metabolizzazione dei nuovi armamenti, che ha comportato scelte tattiche catastrofiche e colossali stragi, facilmente evitabili. Insomma, lo scienziato e il tecnico furono sempre un passo (e, spesso, molti passi) avanti rispetto alla capacit di percezione ed analisi dei comandi militari. Questo, naturalmente, con le dovute eccezioni, che, per, proprio perch eccezioni, esulano dal tema di questo intervento. La prima guerra di una certa importanza in cui rilevabile il peso determinante delle nuove tecnologie, fu certamente la guerra civile americana: in quel conflitto non solo emersero delle fattispecie militari che trovarono eclatante conferma nei decenni successivi, ma esso fu anche il banco di prova di tutta una serie di sperimentazioni, tanto tattiche quanto tecnologiche, destinate a diventare la normalit nel primo conflitto mondiale, cinquantanni pi tardi. Per cominciare, la durata stessa della guerra, che per quattro anni insanguin gli Stati Uniti, rappresentava un monstrum rispetto alle guerre napoleoniche, basate su di una campagna e su di una battaglia risolutiva per volta. Questa inusuale estensione nel tempo e nello spazio del conflitto impose ai belligeranti tutta una serie di accorgimenti tattici e di evoluzioni strategiche, che non esistevano prima: dalluso esplorante e sabotante della cavalleria di Stuart alle campagne daggiramento di Grant e di Sheridan. Il campo, per, in cui le novit furono davvero eclatanti proprio quello oggetto del presente studio: dalle armi individuali e pesanti a canna rigata e a retrocarica, alluso tattico della trincea come elemento di manovra, dalla mitragliatrice alla nave corazzata, fino al sommergibile e alle carabine spencer a ripetizione, la guerra civile
1 La definizione di questi ordigni appartiene al romanzo di I. Svevo, La Coscienza di Zeno

americana mostr agli eserciti di tutto il mondo in quale direzione sarebbe andata larte della guerra2. E il numero enorme di perdite avrebbe dovuto, del pari, ammonire i governanti circa le eccezionali capacit distruttive delle nuove armi. Invece, paradossalmente, questi dati rimasero, in un certo senso, sepolti in una zona latente della memoria militare, fino a quando un nuovo conflitto, enormemente pi sanguinoso e vasto, non li avrebbe riportati alla luce. Eppure, nei numerosi conflitti premoderni3, che scoppiarono in Europa e fuori dEuropa, in quegli anni cruciali che precedettero la prima guerra mondiale, le indicazioni fornite dalla guerra civile americana vennero puntualmente confermate: era tramontata lera dellattacco alla baionetta in campo aperto, dello spiegamento per file o in ordine, della cavalleria come arma di sfondamento. La difesa aveva in mano quasi tutte le carte vincenti, con luso delle armi automatiche e del filo spinato, della trincea e dello shrapnel. La devastante potenza di un battaglione di fucilieri armato con fucili moderni si era gi ampiamente affermata, in Transvaal come in Cina. La capacit di annientamento e di penetrazione delle moderne artiglierie medie e pesanti aveva dato brillante prova di s a Tsushima4 come nelle guerre balcaniche. Il fumo della polvere nera aveva abbandonato definitivamente i campi di battaglia, sostituito dai colori psichedelici dei picrati e dalla spaventosa efficacia dellecrasite e della balistite. Nella guerra italo-turca era perfino successo che, dai primi, traballanti, velivoli, a qualche aviatore italiano fosse venuta lidea di sganciare dallalto delle bombe di mortaio5. Eppure, in tutti gli alti comandi dEuropa si continuava a sottovalutare i segnali che, da ormai mezzo secolo, provenivano dalle esperienze belliche pi disparate: tanto che si arriv allo scoppio della Grande Guerra del tutto impreparati a quello che avrebbero incontrato i soldati nelle prime, terrificanti, battaglie della modernit. Quando scoppi il primo conflitto mondiale, praticamente nessuno ne aveva previsto la portata, sia politica che militare: limpressione che esso suscit sullanimo di tre o quattro generazioni di europei fece s che la definizione di Grande Guerra venisse mantenuta anche dopo che lumanit conobbe un conflitto ben pi esteso e sanguinoso, tanto questimpressione fu sconvolgente ed indelebile6. Fin dallinizio, le diplomazie mondiali avevano ritenuto che la guerra non sarebbe scoppiata e che, comunque, si sarebbe potuto mantenerla ad un livello locale e circoscritto: i meccanismi di alleanze incrociate, invece, scattarono, quasi in maniera automatica, e lEuropa si trov in guerra, quasi senza rendersene conto7. Allo stesso modo, i belligeranti affrontarono i primi temi tattici: stabilita la ben nota strategia delle porte girevoli, sui due fronti
2 Per approfondire il tema, si veda: R. Luraghi, Storia della guerra civile americana, Rizzoli, Milano, 1985 3 Qui per conflitti premoderni si intendono quelle guerre periferiche e, spesso, asimmetriche, che caratterizzarono gli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra, come il conflitto anglo-boero, quello ispano-americano, la repressione della rivolta dei Boxer in Cina e, soprattutto, la guerra russo-giapponese (1904-05) e le guerre balcaniche (1912-13). 4 Fu a Tsushima che apparve con grande evidenza lenorme superiorit degli esplosivi balistici sulla polvere nera 5 Per maggiori informazioni, si veda: B. Di Martino, Laviazione italiana nella Grande Guerra, Mursia, Milano, 2011 6 Si vedano: G.L. Mosse, Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Laterza, Bari,2005 e P.Fussell, La Grande Guerra e la memoria moderna, Il Mulino, Bologna, 1984 7 Illuminante, in questo senso, risulta la lettura di: L. Albertini, Le origini della guerra del 1914, 3 voll., LEG, Gorizia, 2010

principali, ad est e ad ovest, ai reparti fu affidata la conduzione della guerra, con criteri che non si discostavano granch da quelli napoleonici. Certo, la logistica era profondamente mutata: le ferrovie ebbero un ruolo cruciale nella prima fase del piano Schlieffen-Moltke, tuttavia, lo spirito del 14 fu molto simile a quello che aveva guidato gli eserciti alla battaglia della Nazioni, nel 1813, a Lipsia. Cos, quando i biffins francesi si lanciarono allattacco delle armate tedesche, indossavano ancora la vecchia tenuta rossoblu, e caddero a migliaia, sotto il tiro delle armi automatiche e dei fucili dei soldati in Feldgrau. Daltra parte, sulla Marna e sullAisne, i tedeschi, che attaccavano, ebbero modo di apprezzare le formidabili virt tecniche del cannone francese da 75 dport8, che semin la strage nelle loro file. Qualche settimana prima, i forti del Belgio, ritenuti imperforabili dalle pi moderne artiglierie, erano stati malamente danneggiati dai pezzi superpesanti che la Krupp di Essen aveva fornito allesercito del Kaiser: nella pubblicistica del periodo immediatamente precedente la guerra, perfino lesistenza di quegli enormi obici da 42 centimetri era stata messa in dubbio, quando non in ridicolo, come in un articolo di un sedicente esperto italiano, che di mestiere faceva il capitano di vascello. Gli errori di valutazione circa limpatto sulla guerra delle moderne tecnologie non si limit alle armi convenzionali: anche nel campo di quelle sperimentali, allinizio, vi furono errori a iosa, reticenze e colpevoli censure. Lenorme potenziale dellarma aerea, ad esempio, fu decisamente sottovalutato, quando non scopertamente ignorato, dai comandi tanto dellAlleanza quanto dellIntesa: perfino lutilizzo dellaereo come strumento dosservazione dietro le linee nemiche, in collaborazione con lartiglieria, allinizio venne guardato con sospetto. Figuriamoci se concetti come quello di supremazia aerea o di bombardamento strategico potevano essere noti ai generali del 1914: questo era impossibile, eppure, nellarco della guerra, essi divennero sempre pi evidenti. Va da s che anche la tattica di approccio e di attacco dovette subire numerose modifiche, nel corso del conflitto: se le prime battaglie furono di sfondamento e di arresto, rapidamente si giunse allo scavo di due linee trincerate ininterrotte, che, di fatto riproposero il vecchio tema della guerra dassedio. Era laffermazione assoluta della vittoria della difesa sullattacco: due eserciti che, per centinaia di chilometri, si assediavano reciprocamente. Naturalmente, questa situazione di stallo impose la creazione di tecniche dinvasione ed infiltrazione sempre pi sofisticate e, per contro, di altrettanto sofisticati sistemi di difesa. I processi di adattamento, comunque, rimasero sempre lenti e piuttosto macchinosi: in pratica, risultava difficile per i comandanti imparare dai propri errori, soprattutto perch era loro difficile ammetterli. Dapprima, si cerc di intervenire soltanto sulla tattica dattacco: via via, si pass dalle preparazione dartiglieria basate su numeri mostruosi e tempi lunghissimi, come nel caso della prima battaglia della Somme, nel 1916, a bombardamenti violentissimi e brevi, in cui lassalto delle fanterie seguisse a poca distanza lavanzare progressivo del tiro di distruzione, come nel caso del cosiddetto creeping barrage inglese o delle Sturmtruppen germaniche9. Inoltre, i belligeranti impararono linutilit di attacchi su fronti troppo vasti, preferendo lincursione di reparti scelti, in punti precisi del fronte, cui, solo in caso di successo, avrebbe fatto seguito linvasione in massa. Nacquero cos alcune specialit della moderna fanteria: le truppe dassalto, gli incursori, i
8 Il cannone campale francese da 75 mm. venne considerato il pezzo dartiglieria di piccolo calibro pi efficiente durante il conflitto. 9 Si veda: B.I. Gudmundsson, Sturmtruppen, LEG, Gorizia, 2005

lanciafiamme, i sabotatori, gli arditi. Lattacco, dal punto di vista dei soldati, vedeva diminuire il numero degli attaccanti, a favore di un armamento sempre pi pesante e di un addestramento sempre pi specifico. Possiamo dire che il primo esempio clamoroso dei successi conseguibili con una tattica di questo genere, basata su di una preparazione accurata, una logistica efficiente, una collaborazione interforze e, in definitiva, unenorme cura dei dettagli, fu la conquista del Sabotino10, nella sesta battaglia dellIsonzo. Grazie allutilizzo congiunto di tutti questi criteri, il formidabile baluardo della testa di ponte di Gorizia, che aveva resistito tenacemente agli assalti italiani per pi di un anno, cadde in quaranta minuti, con perdite assai ridotte tra gli attaccanti delle brigate Toscana e Trapani. Si tratt, purtroppo, di un caso isolato, giacch, subito dopo, il Regio Esercito riprese, contro la nuova linea nemica, la vecchia tattica, con nuove, evitabili, stragi. Altro discorso quello legato allutilizzo di armi del tutto nuove: tra queste, certamente la pi determinante, per superare le linee fortificate e difese da filo spinato, si rivel il carro armato. Non a caso, allinizio, quasi nessuno, tra i comandanti, si disse favorevole allimpiego su vasta scala dei primi carri: va anche detto che linglese Mk.I, il primo mezzo corazzato ad essere impiegato in guerra, aveva enormi limiti operativi, sia per la lentezza che per la scarsa affidabilit. Per, esso dimostr, soprattutto le rarissime volte in cui venne impiegato autonomamente e non come blockhaus mobile per la fanteria, che le trincee si potevano superare agevolmente. Lidea di un utilizzo del carro armato come tank cruiser, ossia come una nave da guerra sulla terra, era ancora di l da venire, ma, nelle Fiandre, i primi impieghi di centinaia di mezzi corazzati in ununica offensiva diedero risultati formidabili11. Entro la fine del conflitto, tutti gli eserciti si erano dotati di mezzi corazzati: tanto carri armati (a cingoli) quanto autoblindate (su ruote), ma, come vedremo, questo dato sarebbe caduto nel vuoto, per i conflitti a venire. Lo stesso dicasi, con qualche differenza, per lo sviluppo dellaeroplano come mezzo bellico: la prima parte del conflitto vide, addirittura, un acceso dibattito tra i sostenitori dei pi leggeri dellaria, ossia i dirigibili, e quelli dellaereo. Poco alla volta, apparve evidente limportanza di detenere il dominio dei cieli, tanto che, gi agli inizi del 1916, durante la battaglia di Verdun, la supremazia aerea fu considerata un fattore determinante dello scontro. Nel corso della guerra, si svilupparono le diverse specialit dellarma aerea, e, alla fine del conflitto, in pratica, esisteva gi una moderna aeronautica: tuttavia, anche i dati emersi nella Grande Guerra sulluso operativo, tattico e strategico, dellaeroplano, furono ampiamente trascurati nel periodo tra le due guerre. In particolare, pochissimi si resero conto di come laviazione avesse reso del tutto obsolete le gigantesche navi da guerra e i loro colossali cannoni, la cui portata, per quanto eccezionale, era decine di volte inferiore al raggio dazione di un aeroplano. La retorica militare complet lequivoco, esaltando soprattutto lazione bellica di tipo ottocentesco: lassalto alla baionetta e il gesto cavalleresco, contribuendo grandemente alla perpetuazione di un concetto di combattimento antiquato e poco attento, quando non ostile, alle innovazioni tecnologiche. Certamente, negli anni Venti e Trenta, non mancarono isolati sostenitori della necessit di un completo cambio di prospettiva nei confronti dei criteri di conduzione di una guerra moderna: tra questi, futuri statisti, come Churchill e
10 Lo scrivente ha appena licenziato un libro sulla battaglia del Sabotino, incentrato su questo aspetto della battaglia 11 Si veda: A. Turner, Cambrai 1917, Osprey, Oxford, 2007

De Gaulle e grandi storici militari, come Liddell Hart. In generale, tuttavia, quasi nessuno, nel mondo militare, si era davvero reso conto di quanto veloce ed importante potesse essere lo sviluppo tecnologico e scientifico nel XX secolo e come fossero cambiati i presupposti tattici e strategici, nel breve volgere di qualche anno, in cui si pass, di fatto, da un conflitto di marca napoleonica ad una guerra moderna, basata su mezzi tecnologici sviluppati ed efficienti. Ancor di pi sarebbe apparsa rapida questa evoluzione nella seconda guerra mondiale, in cui si sarebbe passati, nel giro di cinque anni, dal biplano al bireattore e dalla bomba a mano alla bomba atomica. I generali, nel 1939, per, non avevano ancora metabolizzato questa grande lezione della storia moderna e, in sostanza, avevano commesso lo stesso tipo di errore che li aveva condizionati allo scoppio della Grande Guerra: se, nel 1914, pensavano ad una guerra di movimento, basata sulla manovra, e si trovarono impantanati nelle trincee, nel 1939, erano pronti a difendere giganteschi sistemi fortificati, come la linea Maginot o i forti belgi, e dovettero affrontare la guerra pi estesa territorialmente e manovrata della storia militare. Sempre un passo indietro, in definitiva! Quando scoppi la seconda guerra mondiale, nel settembre del 1939, il mondo impar un nuovo termine tedesco Blitzkrieg: si trattava dellapplicazione alla strategia e alla tattica degli strumenti tecnologici che erano stati sviluppati nel 900 e, in particolare, i grossi reparti motocorazzati e laviazione da bombardamento medio. Non si deve, peraltro, pensare che il sopravvalutatissimo OKW12 fosse tutto concorde a favore di questo nuovo modo di intendere la guerra: Hitler, per, poteva contare su un gruppo di generali che aveva sposato la causa dellattacco aviocorazzato, come Rundstedt e Guderian. Tanto bast perch le armate germaniche, che, sulla carta, non erano affatto preponderanti rispetto ai principali eserciti europei, e neppure tanto pi forti di quei soldati polacchi che travolsero in pochi giorni, conquistassero immensi territori, sconfiggendo, in battaglie terrestri, gli eserciti inglese, francese e sovietico. Quando, finalmente, in Russia, in Africa e in Europa, la marea riflu, ci si dovette allapplicazione delle pi forti economie del mondo ad una produzione bellica imperniata sulle moderne tecnologie: insomma, alla Germania si rispose con le sue stesse armi. Ma, fino a quel momento, la superiorit tedesca fu indiscutibile. Lo stesso si dica per la capillare preparazione nipponica nella guerra aeronavale, che port ai primi, formidabili, successi: il comandante in capo giapponese, Yamamoto, sapeva perfettamente che, se in Europa era apparsa fondamentale, la guerra lampo sarebbe stata addirittura lunica possibilit, per una vittoria del Sol Levante nel Pacifico, contro un nemico potenzialmente strapotente come gli Stati Uniti 13. Infatti, dopo aver sostanzialmente trascurato la propria produzione di portaerei, affidando la difesa del Pacifico a tre sole navi di squadra, il governo statunitense lanci unenorme campagna cantieristica, sfornando decine di portaerei, e centinaia di altre navi da guerra, rovesciando ben presto le proporzioni in campo a proprio vantaggio. In pratica, il Giappone aveva gi perso la guerra dopo la battaglia di Midway: anzi, possiamo azzardare che, quando, il 7 dicembre del 1941, gli aviatori nipponici non trovarono le portaerei americane a Pearl Harbor, avesse gi cominciato a perderla. Dunque, almeno nel caso della seconda guerra mondiale, un errore di valutazione clamoroso, da
12 G.P. Megargee, Il comando supremo di Hitler, LEG, Gorizia, 2005 13 W.Lord, Lincredibile vittoria, Garzanti, Milano, 1969

parte delle democrazie occidentali, venne corretto, ad abundantiam, nel corso del conflitto: ma, certamente, errore ci fu, dettato da ottusit e scarsa capacit di imparare dalle sconfitte. Caso a s rappresentato dallItalia, che fece scelte strategiche assolutamente catastrofiche, anche se non del tutto imputabili ad errori di valutazione, ma anche ad oggettive condizioni falsate di giudizio: la costruzione di navi da battaglia, snobbando le portaerei, la scelta dei carri leggeri e veloci, degli aerei da bombardamento a medio raggio e di una strategia mediterranea dispersiva e poco incisiva, portarono le Forze Armate italiane ad essere incapaci di competere con qualunque avversario ad armi pari. In fondo, Mussolini punt sulla leggerezza e la velocit, forse accecato dal mito futurista, laddove i carri pesanti e i bombardieri strategici si rivelarono larma vincente della guerra. A questo si aggiunga lincredibile incapacit logistica dellItalia, che aggrav ulteriormente un gap gi insostenibile, producendo aerei sostanzialmente identici in quattro fabbriche diverse, con pezzi di ricambio e modelli incompatibili. La storia della guerra moderna, in definitiva, una storia di errori clamorosi e del disperato tentativo, da parte dei contendenti, di ovviare a questi errori il pi in fretta possibile. Daltra parte, anche i pi recenti conflitti, ad onta delle supertecnologie messe in opera, hanno dimostrato come lapproccio tattico e strategico risenta ancora di vecchi pregiudizi e come la classe dirigente, in campo militare, sia spesso del tutto inadeguata alle esigenze. Se pensiamo ai B52 americani in Vietnam o alle tattiche di controllo del territorio applicate dai soldati Onu in Afghanistan, alla rovinosa sconfitta sovietica contro ai Mujaheddin o alle batoste francesi del 54 in Indocina, viene spontaneo concludere che, anche oggi, i comandanti militari, fatte le debite eccezioni, siano del tutto incapaci di leggere la realt contingente e siano, invece, influenzati dalle esperienze del passato. Un po come la sindrome di Lissa della marina italiana, applicata sempre e dovunque. Per questo, oggi, il ruolo della storia militare, oltre a quello di raccontare, potrebbe essere quello di una consulenza qualificata: lo storico, infatti, ha, per necessit professionale, un quadro molto pi completo ed articolato, rispetto a quello che ha sotto gli occhi il soldato. Egli deve considerare anche i fattori economici e quelli culturali: da questi, sovente trae uno scenario pi dettagliato di quello degli alti comandi. Ma, come si dice, questa unaltra storia...

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