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[Parte 1 di 8] Parte prima: Fondamenti di Sociologia e di Sociologia della comunicazione. EXCERPT Sapientia prima est stultitia caruisse. Orazio.

Obiettivi formativi. La sociologia, come scienza dei fenomeni sociali, costituisce uno dei pi efficaci paradigmi per la comprensione della complessit e delle antinomie che caratterizzano il mondo moderno. In questa prospettiva si pone come uno degli strumenti pi validi per conoscere il modo di formarsi della cultura, dei valori etici e sociali, degli stili di vita e dei nuovi mutamenti collettivi, come sono, oggi, la globalizzazione dei mercati e delle risorse, laffermarsi delle societ multietniche, lincidenza dei mass-media sulle mode, i costumi e le abitudini. Lobiettivo principale del corso dunque quello di illustrare le dinamiche che conciliano e spiegano il vissuto, le passioni e le azioni, il fare degli uomini, con la cultura dei segni e dellimmaginario che domina la modernit e le sue rappresentazioni. Di favorire lacquisizione delle metodologie per decifrare i significati del reale dietro le apparenze e i simulacri che lo appannano ed essere capaci di governarli. Particolare rilievo, in questottica, sar dato alla comunicazione e alla sua storia, dai primi rudimenti verbali al computer e alle sue pratiche di rete. Al progressivo sforzo delluomo di abbattere i limiti tecnici e pratici che si frappongono alla circolazione dei saperi e delle conoscenze. Tutto questo considerato che siamo, di fatto, entrati in unepoca nuova, in cui le forme culturali in qualunque modo espresse immagini, suoni, testi sempre meno dipendono dal loro corpo materiale e sempre pi problematico appare il loro ciclo immateriale di produzione, circolazione, fruizione e riproduzione. Nel corso delle lezioni saranno, di volta in volta, suggeriti allo studente i riferimenti bibliografici e gli strumenti necessari a sviluppare i molti e specifici argomenti della materia, tenendo costantemente conto dei loro interessi culturali e professionali. *** Parte seconda: Sociologia generale e della comunicazione visuale. (omissis) Testi di riferimento: Anthony Giddens, Fondamenti di sociologia, 2006. Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, 2008. Jrome Bordon, Introduzione ai media, 2001. Hal Foster, Il ritorno del reale, 2006.

(a cura di) A. Caoci e F. Lai, Gli oggetti culturali,2007. (I testi di riferimento sono pubblicati nelle principali lingue europee.) *** Sociologia generale e dei processi culturali. (omissis) Testi di riferimento: Anthony Giddens, Fondamenti di sociologia, 2006. Cornelius Castoriadis, Lenigma del soggetto. Limmaginario e le istituzioni, 1998. mile Durkheim, Le regole del metodo sociologico, 2008. Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, 2008. Hal Foster, Il ritorno del reale, 2006. (I testi di riferimento sono pubblicati nelle principali lingue europee.) *** N.B.:Quello che segue un EXCERPT della parte generale costituito da un documento a circolazione interna, ad uso scolastico, non redazionato. ************************************************************ TOMO PRIMO. Prologo. La sociologia, oggi, comunemente definita una scienza per linterpretazione dei fenomeni sociali. Nel linguaggio corrente il termine di sociale e di societ (a cui la sociologia fa riferimento) hanno pi di un significato. Per esempio, sociale tutto quello che costituisce un problema che coinvolge un individuo o una collettivit. Per fare qualche esempio, la povert, la droga, il bullismo, le migrazioni, le pandemie, le conseguenze dei disastri ambientali e climatici. Lidea di societ pi complessa, rinvia sia alle contrapposizioni funzionali che si formano nel corso del tempo, soprattutto tra le libert individuali messe a confronto con le limitazioni che derivano dalla convivenza collettiva, che allinsieme concreto delle persone che formano le nazioni, i popoli, le etnie. La sociologia oggi indirizzata soprattutto ad analizzare ci che critico o che produce crisi, come sono i nuovi fenomeni di migrazione, le nuove forme dellimmateriale, le crisi dei valori morali, i rapidi mutamenti degli stili di vita cos come di ci che funzionale al vivere collettivo, ma in

continua trasformazione, come il lavoro, le abitudini legate ai costumi, le forme di comunicazione e le reti. In breve, studia i caratteri che formano lindividuo come studia le nuove forme di collettivit che non sono pi limitate allantico paradigma dello Stato-Nazione. Studia le storie individuali come studia la vita dei gruppi. In questo modo appare come un punto di vista privilegiato sulla realt umana e come una ricerca sulluomo in quanto individuo che vive in gruppo. In questo senso, sempre a grandi linee, loggetto della moderna sociologia bascula tra i sistemi dinterazione e i modelli di comportamento degli uomini in societ. Pi precisamente la sociologia si occupa della societ come un prodotto umano e delluomo come un prodotto sociale. Per capitoli potremmo dire che essa studia: - il divenire della societ. - le relazioni e le correlazioni tra i fenomeni sociali. - i rapporti tra le varie componenti che costituiscono i sistemi sociali. - le interdipendenze tra i valori, i significati e i simboli che formano la cultura. - i fattori e le modalit dellazione sociale. - il linguaggio condiviso che consente la costruzione di un senso e che orienta i comportamenti. - la costituzione e il funzionamento dellorganizzazione sociale e delle forze che in qualche modo la determinano. Questa disciplina, poi, ha una peculiarit che deriva da essa stessa: - sia perch gli uomini conservano sempre il loro libero arbitrio quindi possono agire in qualunque momento anche contro la societ. - sia perch la societ unentit notevolmente pi complessa, articolata e dinamica delle parti che compongono il campo di studi delle scienze delluomo. - sia perch chi la studia il sociologo fa parte di ci che studia, dunque, non potr mai essere obiettivo e sarebbe vano cercare di esserlo. Tutto ci senza sottovalutare il fatto che ci sono tanti modi di parlare della sociologia e della sua storia quante sono le teorie sulla quale essa si fonda e, per di pi, ogni epoca tende ad elaborare in continuazione le rappresentazioni che meglio la rappresentano. A grandi linee, nella stagione del positivismo, quando nasce, la sociologia si forma per accumulo di conoscenze oggettive. La sua storia corre parallela a quella dellidea di progresso. Segue una stagione in cui la sociologia si espande in tutte le direzioni della storia delluomo.

C chi, con unespressione colorita, lha definita la stagione del campo fiorito. Ogni fiore un argomento e da ogni argomento scaturiscono scuole e modelli di ricerca nei quali si accumula unimmensa riserva didee per linterpretazione del mondo. Verso la met del Novecento, dopo la seconda guerra mondiale, nella sociologia si cominciano a ideare delle sintesi strutturali. In altri termini, le scienze sociali di questo periodo definiscono il proprio paradigma sul quale far convergere la tradizione e la ricerca. Qui, paradigma sta per modello epistemologico condiviso in un dato momento che la ricerca pu accettare o mettere in discussione e che finisce per trasformarsi nel corso deltempo. Un esempio lo spiega bene. In astronomia il paradigma tolemaico fu per secoli accettato dagli scienziati, ma poi mostratosi falso e inadeguato fu rimpiazzato da quello copernichiano che consent a questa scienza di continuare a svilupparsi. Segu una stagione in cui si riscoprirono e si riconsiderarono le preoccupazioni e gli interrogativi etici e morali dei grandi padri fondatori di questa scienza. Sono gli anni che vanno tra il 1960 e il 1980 circa. Oggi siamo in una fase che si definisce contestualistica. Vale a dire le teorie sociologiche sono trattate come se fossero degli strumenti ideologici per comprendere e adattare ai bisogni di unepoca in rapida trasformazione. In chiave politica come se le diverse sociologie, in cui si divide lo studio della societ, siano diventate dei mezzi con i quali si legittima lordine sociale, sia esso improntato alla conservazione, sia esso di natura progressista o innovatrice. Parte prima. Per cominciare conviene, prima di tutto, definire il campo fattuale della disciplina che studieremo. In pratica, significa rispondere ad alcune domande. Che cos la sociologia? Come possiamo definirla? Quando nata? Che cosa ne ha determinato la nascita e quali sono i suoi obiettivi? Come questi si trasformano nel tempo. In astratto la sociologia la scienza che studia con i propri metodi e strumenti dindagine i fondamenti, i fenomeni, i processi di strutturazione e destrutturazione, le manifestazioni della vita associata e le loro trasformazioni. Per questo essa anche definita, come abbiamo visto, la scienza dei fenomeni sociali. Per le scienze sociali un fenomeno sociale caratterizzato dalla propriet di esistere al di fuori delle coscienze individuali. In questo modo gli individui se li trovano di fronte come realt che preesistono loro e che sono indifferenti alla loro presenza a meno che questi individui non siamo in grado di mettere in campo deglaltri fenomeni sociali a questi antagonisti. In secondo luogo, i fenomeni sociali sono anche dotati di un potere imperativo e coercitivo in forza del quale simpongono agli individui con o senza il loro consenso.

La parola sociologia fu coniata nel 1824 dal filosofo francese Auguste Comte (1798-1857) che, nel suo Corso di filosofia positiva, pubblicato nel 1839, la impieg al posto di unespressione allora pi popolare, fisica sociale. Unespressione divenuta duso corrente a partire dalla seconda met del 700 per definire lo studio positivo dellinsieme delle leggi fondamentali proprie dei fenomeni sociali. Questa idea di una fisica sociale, come strumento per studiare gli uomini, pu oggi apparire bizzarra, ma nella seconda met del Settecento serviva a rivoluzionare un certo modo di vedere il mondo, a mettere in discussione le sue fragili certezze centenarie, a seminare il dubbio l dove gli antichi saperi costituiti avevano i loro acritici capisaldi, costruiti sulla sabbia dei luoghi comuni. Apriamo, ora, una piccola parentesi su cosa dobbiamo intendere per positivismo. Il termine fu usato per la prima volta da Claude Henri conte di Saint-Simon (1760-1825) del quale, tra laltro, Comte fu un collaboratore, per definire un metodo esatto, dal punto di vista scientifico, con il quale fosse possibile affrontare in modo razionale i grandi temi con i quali la societ e gli uomini devono in continuazione misurarsi. Lidea di partenza, invece, affonda nelle tesi dei filosofi illuministi, in particolare di Jean-Baptiste dAlambert (1717-1783) e Jacques Turgot (1727-1781). In seguito questo termine fu ripreso da Comte e divenne una vera e propria corrente di pensiero che, a partire dalla met dellOttocento, si diffuse dappertutto in Europa. Il problema non era tanto quello di sottrarre alla filosofia alcune sue competenze, quanto quello di orientare le ricerche sulla societ dando loro come punto di partenza la sua natura empirica, fondarle sui dati concreti della vita vissuta. Alla filosofia si rimproverava di non sapersi muovere oltre la semplice proclamazione dei principi fondativi di una societ giusta. Di riflettere sullordine sociale lasciandolo, per, nella sua astrattezza di principio, senza metterne in discussione i contenuti e il senso.

Da un punto di vista storico, possiamo dire che il positivismo contribu ad affermare il principio di una organizzazione scientifica della societ (soprattutto di quelle industriali, vale a dire delle pi progredite sulla strada del progresso) dando cos un senso ad un grandissimo fenomeno, sociale, politico ed economico: la tecnica, intesa come una scienza dei mezzi, che si materializza nella tecnologia e da vita alla civilt industriale. Nel suo corso di filosofia positiva Comte, con un certo entusiasmo, sosteneva che lo spirito umano nel corso del tempo storico si evoluto attraverso tre stadi. Lo stadio teologico nel quale i fenomeni venivano spiegati attraverso il ricorso a entit soprannaturali. Lo stadio metafisico o astratto che studiava i fenomeni attraverso il ricorso ad astrazioni filosofiche. Lo stadio scientifico o positivo nel quale la ricerca delle cause ultime abbandonata in favore dellindagine sulle leggi, cio sulle relazioni invariabili di successione e di rassomiglianza che connettono i fenomeni tra di loro. Comte, dunque, coni il termine di sociologia per designare la scienza che avrebbe dovuto sintetizzare tutte le conoscenze positive, svelare il mistero degli aspetti statici e di quelli dinamici

della societ e guidare alla formulazione di una politica positiva. In complesso le tesi fondamentali del positivismo si possono sintetizzare cos: Primo. La scienza lunica forma di conoscenza reale (dunque, possibile) del mondo. In altri termini, solo i principi scientifici e le cause analizzabili con il metodo delle scienze danno origine alla conoscenza. Secondo. Il metodo scientifico, di per s, di natura descrittiva, delinea i fatti e mostra i rapporti che intercorrono tra di essi. Esso per essere efficace deve essere capace di spiegare la genesi evolutiva dei fatti complessi a partire da quelli semplici. Terzo. Il metodo scientifico pu essere esteso a tutti i campi dellattivit degli uomini perch lunico che ha in s i fondamenti della ragionevolezza e funziona come una guida per lo studio dellevoluzione della societ. Di fatto, oltre che nel discorso delle scienze delluomo, il paradigma del positivismo, nel corso dellOttocento, penetr nella medicina, nella politica, nella giurisprudenza, nellinsegnamento, nelleconomia, nella filosofia e in molte altre discipline ancora. Dunque, la parola sociologia rimanda ad un discorso sullindividuo come membro della societ, cio, ad una disciplina che studia il fondamento dei rapporti intersoggettivi (cio, tra soggetti) come se fossero una scienza. Torniamo, ora, alla parola sociologia. Vediamone letimo. Esso composto da due parole, una latina, socius (alleato) che sta ad indicare lindividuo in quanto membro della societ, ed una di origine greca, logos, che qui sta a significare un discorso su(qualcosa) Dunque, lespressione di sociologia rimanda ad un discorso sullindividuo come membro della societ, cio, ad una disciplina che studia il fondamento dei rapporti intersoggettivi (tra soggetti) come se fossero una scienza. A grandi linee sulla scia delle teorie di Auguste Comte troviamo Herbert Spencer (1820-1903), un filosofo inglese, di orientamento positivista, con grandi interessi per la psicologia. considerato il padre della filosofia evoluzionistica ed lautore di un trattato di sociologia in cui, per la prima volta, le teorie di Charles Darwin sullevoluzione sono applicato alle scienze sociali. Notiamo, per curiosit che linteresse di Spencer verso levoluzionismo nasceva da un sentimento antiautoritario, antidogmatico e antiaccademico che gli derivava dalla sua educazione. Oggi diremmo che era un liberale e un libertario con un solo grande interesse: elaborare una teoria generale del progresso umano. Levoluzionismo, infatti, ebbe il merito di focalizzare lattenzione sullo stretto legame tra passato, presente e futuro, facendo del passato non una storia morta, ma il materiale vivente, o con unimmagine suggestiva, il materiale geologico con cui luomo studia il suo presente, cerca dimmaginare il suo avvenire e gli d un senso. In questo contesto dobbiamo ricordare anche John Stuart Mills (1806-1873).

Mill stato un filosofo ed un economista inglese, studioso di un particolare aspetto delle forme economiche, quelle espresse dallutilitarismo che determinano i modelli delle scelte individuali. Di per s le tesi sullutilitarismo sono antiche, si possono far risalire addirittura ad Epicuro, vale a dire, al 300 circa prima dellera comune. Lutilitarismo elaborato da Mills tende a legare il bene con lutile e a trasformare letica e le forme della morale, in una scienza della condotta umana. Mills in Inghilterra ricordato con simpatia soprattutto dal femminismo perch fu uno strenuo partigiano del diritto delle donne al voto. Lutilitarismo inglese ha un altro importante padre nobile in Jeremy Bentham (17481832). Bentham un filosofo riformatore fautore di un piano organico di riforme sociali eque per tutti. Bentham in genere conosciuto come il filosofo della felicit, avendo posto questo sentimento a guida e a motore dellazione degli uomini. Le sue tesi possono essere riassunte in questo principio: Il dovere dei legislatori, dunque dei parlamenti e dei governi, quello di assicurare il massimo della felicit possibile al maggior numero possibile di individui. Una curiosit Bentham conosceva molte lingue e fu lui a tradurre in inglese il saggio di Cesare Beccaria (o, meglio di Cesare Bonesana marchese di Beccaria 1738-1794) Dei delitti e delle pene, 1763. Tornando a Mills. Per lui la sola conoscenza possibile quella empirica ed il metodo della logica che deve guidarla. Un metodo per creare inferenze (cio, per arrivare a determinate conclusioni) fondato sullinduzione e la deduzione e, in sub-ordine, sullabduzione (che una sorte di sillogismo debole, come lo si definisce oggi in logica) in pratica, un metodo improntato ad un mero realismo metodologico. Mills, a questo proposito, anche lautore di un libro intitolato, Sistema della logica deduttiva e induttiva, uscito a Londra nel 1843. Induzione. In filosofia si definisce induzione largomentare dal particolare al generale, pi in generale, il risalire dalla conoscenza dei fatti alla conoscenza delle leggi che li regolano. Questo processo, nel linguaggio comune, si chiama congettura. Possiamo aggiungere che, quando la congettura diventa particolarmente barocca e tende al delirio o si nutre di elementi soltanto immaginati, prende in psichiatria un altro nome, quello di paranoia. (La gelosia, per esempio, come la paura sono due grandi stimoli alla costruzione dei processi paranoici.) Deduzione. La deduzione, invece, il contrario dellinduzione. Vale a dire il processo logico con il quale si procede dal generale al particolare. Induzione, deduzione ed abduzione costituiscono nella pratica scientifica tre degli strumenti pi importanti del ragionamento scientifico e, in qualche misura, dialettico. Possiamo definire labduzione anche come una sorta di deduzione probabilistica. Il suo concetto stato elaborato dal filosofo americano Charles Sanders Peirce (1839-1914). Riprendiamo il nostro discorso da un altro punto di vista. Nelle societ primitive o tribali non esisteva il problema di dover conoscere e riflettere sui fondamenti dellordine sociale. I rapporti sociali allinterno di queste societ erano basati sui vincoli di sangue, di latte, di parentela e su credenze di natura magica o sacra.

Erano societ semplici, con strutture organizzative elementari, poco dinamiche, con scambi e contatti ridotti con le realt sociali esterne ad esse, spesso conflittuali. La semplicit di cui parliamo di tipo tecnico-organizzativo, questo non toglie che fossero culture ricche di contenuti immaginari e complesse nellelaborazione dei contenuti simbolici. Ad un certo punto, con la crescita demografica (che si ebbe grazie alla diffusione delle culture cerealicole cominciata in quella regione che oggi viene definita della mezzaluna fertile, che corrisponde grossomodo al Medio-Oriente) e, di riflesso, della complessit sociale, con il diffondersi dei commerci e dei trasporti, le strutture di tipo ancestrale cominciano ad entrare in crisi e a collassare. Questo collasso gli storici lo fanno risalire, per quanto riguarda larea del Mediterraneo, al settimo/sesto secolo prima dellera comune, a partire dalla Grecia, che allora esprimeva il modello di societ pi evoluta. Sono gli anni che vedono nascere la forma della citt-stato, delle polis. Citt che, sia pure in modo embrionale, hanno inventato e sviluppato al loro interno delle configurazioni sociali diverse, in continuo movimento e spesso concorrenti tra di loro. Da un punto di vista funzionale, in queste citt-stato lorganizzazione comunitaria cominci a formarsi principalmente intorno ai due temi contrapposti della solidariet sociale e dellinteresse economico. La considerazione pi importante che queste micro-societ tesero a diventare dinamiche, mirarono, cio, ad un costante mutamento. Le societ primitive erano societ statiche, lente, fondate su valori considerati divini, che si ritenevano eterni e indiscutibili. La citt-stato greca, invece, estremamente articolata, fluida e in qualche misura laica. Dalla polis poi derivata la t politik, la scienza degli affari pubblici, la politica, che qui possiamo definire come linsieme dei problemi che riguardano la polis dal punto di vista dellesercizio del potere nel quadro della forma di Stato. Problemi che, nella sostanza, erano il riflesso di due preoccupazioni principali. Uno. Ricercare nuove forme di legittimazione, di delega e di controllo per coloro che dovevano guidare la polis, in pratica, esercitarne il governo. il tema della rappresentanza come lo chiamiamo oggi che crediamo di aver risolto con la forma della democrazia parlamentare. Due. Trovare e definire quelle regole che, se osservate da tutti, garantiscono la pace sociale e fanno prosperare il cosiddetto bene comune. Ricordiamo, a questo proposito, due grandi opere di filosofia politica di quel tempo, La Repubblica di Platone (427-347 prima dellera comune ) e la Politica di Aristotele (384-322 prima dellera comune). Va notato come questo antico pensiero politico veniva sviluppato soprattutto per via deduttiva, ovvero, come abbiamo visto, partiva da concezioni razionali astratte, di tipo divino e/o metafisico, dalle quali erano poi dedotti i principi che fissavano i criteri del buon governo. In altri termini, possiamo affermare che a partire dal pensiero politico dellantica Grecia, tra alti e bassi, comincia a farsi strada il criterio della razionalit, criterio che, con il crescere delle societ antiche, finisce con lemarginare sempre di pi le concezioni di carattere idealistico. Per riassumere, dallo sviluppo di queste considerazioni che, sostanzialmente, nasce la teoria contrattualistica della societ. Ne fu uno degli artefici principali un filosofo inglese, Thomas Hobbes (1588-1679). Il punto di partenza di questa teoria che il mondo dellagire umano

retto da leggi analoghe a quelle dellordine naturale. In questo modo si pu arrivare a sviluppare una scienza della societ umana che ha la stessa oggettivit della geometria o della fisica, anche se questo modo di procedere implica una concezione meccanicista della realt e, di riflesso, il convincimento che la societ e il potere politico non sono affatto naturali per luomo, ma costituiscono una convenzione (un compromesso) per mettere fine allo stato dinsicurezza permanente che caratterizza lo stato di natura. Oggi una teoria che pu apparire ingenua, allora rifletteva abbastanza fedelmente il pensiero laico del Seicento, soprattutto quello inglese. Per Hobbes, dunque, le origini della societ erano fondate su un patto, su di una specie di contratto liberamente espresso e, attraverso la rappresentanza politica, sottoscritto dai cittadini i quali, per sottrarsi al disordine dello stato di natura come stato a-sociale, caratterizzato dalla lotta di tutti contro tutti (homo hominis lupus), avrebbero convenuto (come male minore) di sottoporsi al governo di un sovrano assoluto. Di fatto, una teoria che non va sottovalutata, soprattutto per le implicazioni che ebbe nel suo tempo. Vediamo le due principali. Pensata in questo modo la societ diventa un prodotto storico, un prodotto convenzionale privo di una sua necessit ontologica o di un destino, cio, di un dover essere cosper esempio, per volere di Dio o di un ente superiore. Come sosterranno le correnti illuministiche settecentesche, se la societ scaturisce da un patto tra gli uomini, questo patto si pu anche rivedere e, magari, riformulare completamente. Nulla esclude, poi, che la revisione di questo patto possa avvenire se chi detiene il potere non disposto a cederlo anche con una rivoluzione, come sogneranno molti uomini dellOttocento europeo e tutti i movimenti riformatori dispirazione socialista. Il passaggio dal Seicento al Settecento delle teorie sulla societ segna anche quello del passaggio dal modello matematico-deduttivo di Hobbes, che derivava dai principi universali le forme delle sue applicazioni pratiche, al metodo dialettico-induttivo, che invece parte dallosservazione dei fenomeni particolari per arrivare a determinare le leggi universali e i principi che sono loro sottese. Ricordiamo, tra coloro che promossero questo progresso delle idee, il filosofo scozzese David Hume (1711-1776) e soprattutto Charles-Louis de Secondat, conte di Montesquieu (1689-1755), filosofo, giurista e saggista. Il Settecento, poi, fu il secolo dellIlluminismo e degli Enciclopedisti francesi che raccolsero leredit dellempirismo inglese. LIlluminismo un movimento di idee caratterizzato dalla convinzione di poter risolvere tutti problemi della societ con i soli lumi della ragione e a dispetto di ogni rivelazione religiosa o di ogni tradizione. il secolo di Diderot, DAlambert, Rousseau, Helvtius, Voltaire e dei primi filosofi materialisti tra i quali spicca la figura di Paul-Henry barone dHolbach. Per semplificare, diciamo che gli illuministi rimproveravano ai filosofi che li avevano preceduti di non aver considerato con la dovuta importanza i fenomeni fattuali, ma di essersi inutilmente infatuati delle teorie astratte.

Ci implica che, per glilluministi, e questo rappresenta una grossa novit metodologica, la spiegazione razionale non viene mai prima dellosservazione, come se fosse una dote innata dellindividuo, ma indissolubilmente legata al mondo dei fenomeni dei quali costituisce il nesso. *** Proviamo adesso, ad intrecciare la domanda relativa a quando nata la sociologia con quella che sinterroga sulle ragioni della sua comparsa. In altri termini essenziale capire, prima di procedere oltre, perch, la sociologia e, in generale, tutte le scienze sociali hanno avuto la loro culla nel corso dellOttocento. Capire perch scienze come la psicologia, la psicanalisi, lantropologia, letnologia, la pedagogia, la psichiatria, la criminologia, la biologia, eccetera, ognuna nel suo specifico campo di studi, erediti, sia in misura diversa, il patrimonio della filosofia classica e in un certo modo, i suoi progetti. Tutte queste discipline rappresentano il tentativo di reagire ad una crisi di portata epocale, la crisi della metafisica, cio, di quel discorso sulle cose del mondo che si pongono oltre la fisica, dunque oltre gli aspetti materiali della mondanit e che apparentemente la sostengono. La parola metafisica di origine greca, indica, alla lettera, lazione di pensiero che oltrepassa gli aspetti fisici del mondo: meta ta phusika, dopo la fisica. Nello specifico unespressione che si fa risalire ad un grande filosofo greco o, pi correttamente, macedone, Aristotele (384-322 a.c.). Con essa si indicano i suoi studi sulle cause prime e i principi che governano tutte le cose. Meglio, raccoglie quegli studi che non si possono classificare n come logica, n come fisica, n come etica, i tre rami canonici che compongono la sapienza greca. Poich questo non un corso di storia della filosofia, limitiamoci ad osservare che la crisi della metafisica corrisponde nella modernit ad unaltra grande crisi, la crisi della conoscenza. La crisi di un modello di pensiero che si credeva oggettivo, che aveva preteso di studiare le cause che muovono il mondo e che silludeva di essere al di sopra delle opinioni e delle credenze, cos come, al di sopra delle osservazioni dellesperienza pratica e sperimentale. Questa crisi della conoscenza corre parallela alla nascita dellidea di modernit che, per convenzione, la maggior parte degli storici fa risalire alla Rivoluzione francese, vale a dire al 1789. Il termine modernit appare per la prima volta in un testo di Honor de Balzac (1799-1850) per indicare la presa di coscienza della singolarit dellepoca, in materia letteraria ed artistica, in rapporto al passato. Per estensione diventata il carattere proprio di un mondo, una societ, unepoca che sa che il passato non rinvia pi a nulla. Certi storici fanno risalire la modernit, come coscienza di un cambiamento irreversibile delle cose, al Rinascimento, altri al XVII secolo, cio allIlluminismo, altri ancora alla rivoluzione industriale del XIX secolo. La data del 1789, quella della Rivoluzione Francese, quella pi accettata e, in qualche modo, la pi suggestiva. Di fatto, la crisi della conoscenza classica si colloca tra la fine del Settecento e linizio dellOttocento, gli anni in cui si conclude anche la parabola dellIlluminismo, che aveva mostrato come il mondo che abitiamo fosse pi complesso di quello che sembrava e ancora per buona parte inspiegabile. Una inspiegabilit che metteva in luce, di riflesso, come, con il proseguire della conoscenza sperimentale, tutte le idee semplici ed astratte e tutte le invocazioni della fede religiosa non servissero pi a nulla. Questa crisi, che parte dal dissolversi del pensiero della metafisica, pu

anche essere interpretata come una crisi dellumanesimo, delle sue speranze e delle sue utopie, e un grande impulso a ritornare ai fatti e alle loro logiche. In altre parole, con la Rivoluzione francese lantico affresco del mondo, che era stato dipinto a cominciare dalla filosofia greca, va in pezzi dando vita a tutta una serie di tentativi per uscirne fuori. Generalmente si chiamano conservatori o reazionari gli sforzi impiegati a ricomporlo e progressisti o rivoluzionari quelli impiegati per trovare dei nuovi e pi avanzati equilibri. Come abbiamo sommariamente visto, il positivismo e con esso lempirismo logico o scientifico, lo storicismo, e il materialismo dialettico sono alcune delle correnti di pensiero che si formarono in questo periodo. Pur con accenti diversi, in queste teorie la crisi della filosofia classica, e della metafisica in particolare, associata al progredire del pensiero scientifico, indusse molto presto allaffermarsi generale di una conoscenza fondata sui principi della razionalit invece che sui meccanismi della speculazione astratta. Ma, c un fatto nuovo, decisivo per il mondo Occidentale, lavanzare prepotente in tutti i campi della vita corrente, dagli affari alla politica, dalla morale al governo delle nazioni, di una nuova classe sociale, quella che aveva vinto la Rivoluzione francese e che adesso esigeva che le venissero riconosciuti quei diritti per i quali aveva preso le armi: la borghesia. Bourgeois o Brger, dal latino burgensis, erano detti nellalto medioevo coloro che abitavano nei borghi anzich nel castello o nel contado. In genere svolgevano mestieri liberi anzich funzioni politiche, militari o religiose, oppure mansioni servili al servizio del castello. In questo modo per attivit, luogo di abitazione e status, si differenziavano sia dai nobili che dal clero, per un lato, dai contadini e dai servi per laltro. Il 14 luglio 1789 la borghesia in armi e il popolo di Parigi assaltano la Bastiglia, ma nel suo diario Luigi XVI, quello stesso giorno scrive una sola parola: Rien. Dunque, siccome le idee non cascano dal cielo, ma si formano e si sviluppano tra gli uomini, una tale rottura epocale che da vita alla modernit e a tutte queste trasformazioni soprattutto leffetto di questa nuova classe in ascesa. La sociologia, dunque, come scienza della societ, non poteva nascere in un altro momento. Essa era funzionale ad un nuovo modo di vedere il mondo, rispondeva alle aspettative di una classe sociale alla ricerca della sua identit, tanto che questa nuova disciplina non solo ne esprimeva i suoi punti di vista, ma la rafforzava nella sua consapevolezza e nelle sue determinazioni. [Parte 2 di 8] Naturalmente, laver posto la data del 1789 come quella dinizio della modernit non significa che la modernit nata il 14 luglio di quel anno, giorno della presa della Bastiglia, ma che maturata in un certo intervallo di tempo di cui quel anno lo spartiacque. Questa data funzionale al paradigma delle scienze sociali e della sociologia in particolare. Per altri versi e nellambito di una storia pi generale delle idee la modernit nasce con la scoperta dellAmerica, in pratica con il XVI secolo.

La sociologia, soprattutto allinizio, ha poi contribuito a diffondere, perlomeno tra le classi dominanti, due grandi miti dellOttocento: il mito della tecnica, pi specificatamente, della macchina, il mito del progresso, come speranza di un futuro radioso per un numero dindividui sempre pi numeroso. Questo secondo mito rappresenta una piena fiducia nellavanzamento continuo e instancabile della scienza e con essa delle condizioni materiali e spirituali dellumanit. Abbiamo gi velocemente visto come il positivismo abbia in qualche modo orientato, nel corso dellOttocento, le principali ricerche intorno al tema della societ e delle sue leggi. Lo ha fatto mentre alle sue spalle si scolorivano e si dissolvevano le strutture e i valori tradizionali dellAncien Rgime. Mentre si spegneva lo splendore effimero dei reami per volont di dio, lasciando ai pi limpressione che si fosse creato un vuoto di valori che riapriva drammaticamente una nuova stagione di conflitti tra vecchie e nuove classi. in questo contesto che maturarono molte ricerche e si aprirono dibattiti e polemiche su concetti, teorie o riflessioni che oggi sono popolari, ma che allora, agli occhi dellopinione pubblica, sembravano per lo pi irriverenti, improponibili, blasfemi o addirittura intoccabili. Per esempio, si cominciarono ad affrontare i temi del rispetto culturale dellaltro, come individuo, e dei popoli come identit di un sentire condiviso. Si riflette sul tema della cooperazione internazionale come strumento per un sentire comune delle differenze culturali, sociali e politiche. Si cominci a sviluppare lidea di nazione e di solidariet sociale. Si diffuse il principio dellassistenza agli indigenti e ai malati, lidea di consenso come base di ogni democrazia, la pratica del suffragio elettorale per eleggere i parlamenti. Si cominci a riconoscere il diritto di voto delle donne. Molti paesi introdussero il divorzio che, implicitamente, trasformava il matrimonio da sacramento divino a semplice contratto tra un uomo e una donna. Si cominci a parlare di controllo delle nascite. In buona sostanza di temi che oggi costituiscono (o, dovrebbero costituire) la spina dorsale delle democrazie moderne. Compare, in questi anni, anche una nuova filosofia sulla condizione sociale delluomo, il materialismo storico e dialettico. Dal punto di vista della storia della filosofia una costola del cosiddetto hegelismo di sinistra. Nella realt storica di quel periodo rappresent una speranza per le classi sfruttate dalle nuove strategie delleconomia capitalistica, speranza che si trasform quasi subito in unidea politica

fondata sullanalisi scientifica delle leggi che governano i rapporti di produzione e le forze che li gestiscono. Nellambito del discorso sociologico il materialismo storico dialettico pu, dunque, essere considerato come unimportante teoria scientifica del conflitto di classe. Linfluenza del pensiero marxiano sulle scienze sociali, da cui discendono i capisaldi del materialismo, (perch soprattutto a Karl Marx (1818-1883) che va riconosciuto il merito di aver elaborato questa dottrina) stato determinante da molti punti di vista. Ha consentito di elaborare una teoria critica delle ideologie come rappresentazioni illusorie della realt materiale. Come sovrastrutture al servizio delle idee dominanti destinate a giustificare gli egoismi di classe, a razionalizzare le illusioni, a legittimare il potere costituito e a giustificarne le contraddizioni. Ha rafforzato il discorso critico intorno alla scientificit del pensiero scientifico, procedendo ad una analisi delle condizioni che la determinano. Tema questo che ha poi dato vita a diverse specializzazioni della sociologia, come sono la sociologia della conoscenza, della tecnica, del pensiero scientifico. Ha introdotto nellanalisi delle forme sociali il concetto di alienazione. Questo concetto, di origine hegeliana, era stato, prima di Marx, elaborato in chiave di critica filosofica della religione da Ludwig Feuerbach (1804-1872) e prima ancora da Jean-Jacques Rousseau. Secondo Marx il processo per cui ci che proprio delluomo, in quanto prodotto del suo lavoro, gli diventa estraneo a causa del processo di sfruttamento capitalista della forma di lavoro. Oggi, nella cultura contemporanea, indica la condizione delluomo ridotto ad oggetto e dunque estraniato dalla sua identit. Abbiamo visto come con la modernit i temi che dominano il mondo, intorno ai compiti e al destino degli uomini e delle nazioni, siano cambiati radicalmente. Oggi si parla di societ contemporanea. Secondo i sociologi e i politologi essa si caratterizza per almeno tre aspetti: - Una spinta globale allinterconnessione attraverso dei sistemi di rete sempre pi estesi allintero pianeta. - Una evoluzione degli stili di vita sempre pi rapidi e profondi che sono, per la prima volta nella storia delluomo direttamente legati allinnovazione tecnologica. - Una trasformazione dellambiente e dellhabitat di unampiezza senza precedenti dovuta a dei fattori evolutivi di natura sociale, culturale, economica e tecnologica. Quello che pi conta, in sintesi, per altro. Si stima, infatti, che questi mutamenti siano di natura irreversibile e che coinvolgano direttamente tutti, sia pure in modi differenti, a partire dal quotidiano, cio, dal nostro modo di concepire la convivenza umana. Qualche dato. A livello dei mezzi di comunicazione i collegamenti via internet si sono diffusi con grande rapidit. Nel 2004 si valutavano 140 utenti ogni mille abitanti. Oggi sono cos tanti e dappertutto nel mondo da costituire il pi grande strumento di consenso mai visto, capace di trasformare i

modelli della politica, della forma di Stato, dei modi di pensare le scelte, cos come dinnestare processi che nessuno sa gestire ancora per la loro rapida capacit di diffusione. Vedremo pi avanti che cosa sono i processi di sincronia di massa. Per quanto riguarda la globalizzazione basta riflettere su questo semplice dato. Nel corso di questi ultimi cinquantanni la produzione mondiale espressa dal prodotto interno lordo aumentata di circa cinque volte, ma nessuno sa gestirla. Di contro i poteri economici sono diventati immateriali e hanno riscritto la carta delle relazioni sociali. Vedremo meglio in seguito limportanza di questi fatti. Parte seconda. Torniamo, adesso, ad un protagonista del pensiero positivista, Emile Durkheim (1858-1917), un filosofo sociale francese, considerato il fondatore della moderna sociologia. Di fatto Durkheim concili la sociologia con lantropologia culturale studiando le societ primitive e le forme religiose. Il tema dominante del suo lavoro fu la societ considerata come una realt sui generis, che trascende i desideri, la volont i convincimenti culturali degli individui da cui composta. Durkheim per spiegarlo ricorre ad una arguta metafora metallurgica. La durezza del bronzo non si trova n nel rame n nello stagno che sono serviti a formarlo, e che sono sostanze molli o flessibili. Essa si trova nella loro mescolanza. In altri termini, la societ detta le sue leggi dallalto ed attraverso un processo coercitivo costante costringe i suoi membri a conformarsi alle sue regole. La caratteristica principale della scuola sociologica francese da lui fondata fu quella di considerare i fenomeni sociali come fatti aventi una vita propria, unesistenza indipendente dallapporto delle singole coscienze degli individui, capaci, in conseguenza di ci, di esercitare una pressione costante sulla societ. Ora, se la societ un aggregato (sociale) di che tipo la solidariet, ossia, il grado di coesione esistente tra gli individui? Per Durkheim di due tipi. Una solidariet di tipo meccanicistico, che deriva dallindifferenziazione tra gli individui, tipica delle societ primitive. Una solidariet di tipo organico, in cui ogni singolo membro assolve o dovrebbe assolvere ad una particolare funzione. Questo tipo di solidariet tipica delle societ complesse in cui domina la divisione del lavoro. In pratica ogni societ per Durkheim, caratterizzata da una coscienza collettiva, ossia da quel insieme di norme, credenze e sentimenti comuni alla media dei membri che la costituiscono. Da questa coscienza collettiva derivano a cascata la condotta degli individui in pubblico e lo strutturarsi del consenso sociale. Per questo filosofo lindividuo un prodotto della societ e non viceversa.

Ogni azione che egli compie in societ dunque, il risultato di una coscienza che gli superiore e dalla quale dipende. Vediamo in pratica queste tesi applicate ad un tema di grande interesse sociale, il suicidio. Da tempo, come anche emerso dalla Giornata di prevenzione al suicidio, che si tenuta a Roma nel Settembre del 2006, il suicidio la seconda causa di morte tra gli adolescenti, dopo glincidenti stradali. Dato riconfermato anche in altre sedi internazionali al quale non si riesce a dare una spiegazione che sia capace di tradursi in una pratica di prevenzione. In Italia lotto per cento di tutti i decessi tra i ragazzi dai dieci ai ventiquattro anni determinata dalla scelta di togliersi la vita. Il quaranta per cento di chi non riesce nellintento portato a ripetere il gesto. Come abbiamo detto il tema centrale delle ricerche di questo filosofo sempre stato il rapporto, spesso problematico, tra gli individui e la societ, tema anche di uno dei suoi libri pi eruditi, quello sulla divisione sociale del lavoro. Tuttavia, il suo studio pi famoso, anche per la natura dellargomento, rimane quello sul suicidio che pubblic nel 1897. In esso si riflettono anche tutte le problematiche di una societ, quella del suo tempo, dominata dalla confusione ideologica, dallinstabilit politica e dalle incertezze economiche. Ci che rende questo lavoro importante sono soprattutto due motivi. Un motivo di natura etica, perch Durkheim esamina il suicidio sotto laspetto di una disfunzione drammatica nel rapporto individuo-societ. Vale a dire lo considera come la spia di una crisi nellorganizzazione sociale, affermando che esistono sempre delle responsabilit nellazione degli uomini che hanno degli effetti sul comportamento di altri uomini e della societ nel suo insieme. Come dire che, in un certo senso, tutti siamo compromessi. Il secondo motivo di natura metodologica. Durkheim, per difendere le sue tesi, non esit a studiare i dati di una scienza nascente, la statistica. Con essi mise in evidenza un fatto fondamentale, che i tassi di suicidio si mantengono , a livello statistico, costanti nel tempo e nei luoghi. Da qui ne dedusse che il suicidio va considerato come un fatto sociale. Sempre con lausilio delle tabelle statistiche Durkheim mise in luce che il suicidio varia in modo inversamente proporzionale al grado di socialit che lindividuo riesce a sviluppare, dunque, si presenta come un fenomeno che prescinde per buona parte dalla psicologia individuale. Un cruccio di Durkheim a questo proposito fu il fatto che non riusc mai a spiegare perch il tasso di suicidio pi elevato tra le professioni liberali che tra gli operai, tra gli uomini che tra le donne, tra i protestasti che tra i cattolici Pi in generale un altro motivo importante che con questo libro Durkheim perfeziona quella che oggi potremmo chiamare una metodologia della ricerca sociale. Una metodologia che, con grande intelligenza, egli elabor a partire dal pensiero di John Stuart Mills, di cui abbiamo gi ricordato le tesi sui meccanismi dellinduzione nella ricerca scientifica.

Per venire al dunque Durkheim, individu per il suicidio due cause, a ciascuna delle quali sono riconducibili due tipologie diverse di suicidio. In pratica deline quattro tipi di suicidio, a seconda della causa che lo scatena e del modo con cui essi si rapportano al tema dellintegrazione sociale che coordina il rapporto dellindividuo con la societ. Ad una debole integrazione sociale corrisponde, per Durkheim, il suicidio egoistico, motivato da sensazioni di esclusioni. Caratterizzato da una scarsa interazione con il proprio gruppo sociale di riferimento, in sostanza, con il proprio ambiente. Questo suicidio, in qualche modo, risponde ad una logica individuale che esclude una responsabilit diretta del gruppo. una forma di suicidio che, per la psico-analisi, ha forti componenti narcisistiche. In termini psichiatrici lo si pu definire un suicidio reattivo e dimpulso, nel senso che in esso c una causa molte volte improvvisa, scatenante e impossibile da controllare. Allopposto c il suicidio altruistico. una figura di suicidio a dire il vero molto rara, almeno nella cultura Occidentale. Si potrebbe dire che questo suicidio la conseguenza di una integrazione sociale eccessiva. Rappresenta un sacrificio personale che si ammanta del tema dellonore in nome degli interessi del gruppo o di unideologia. Di fatto, per, questo suicido molto spesso discende da una patologica mancanza di unautonomia personale. Nelle sue forme eroiche il caso del capitano che si lascia affondare con la sua nave. Del gruppo di soldati che si votano alla morte. Della madre che sceglie di morire per dare alla luce un figlio che altrimenti sarebbe nato morto o, per fare un esempio recente, di quei tecnici giapponesi che sono entrati nella centrale nucleare danneggiata dal maremoto per cercare di raffreddarne il reattore che esploso, e cos facendo si sono esposti ad una fortissima dose di radiazioni nucleari. In altre parole un suicidio che, per lipocrisia, appare con forti componenti di natura etica, che sono vissute come imperativi morali. Il terzo tipo di suicidio il suicidio fatalista. Spesso la conseguenza di una forte pressione delle norme e dei valori del gruppo che risultano alla fine insopportabili per i pi deboli. Di una sopravalutazione isterica dello spirito di disciplina. Questo suicidio indica sempre che la societ in cui avviene ha una forte regolazione sociale. Oggi le motivazioni per questo suicidio sono per lo pi di natura economica o, in ogni caso, legate a dei fattori riconducibili alla sfera economica. un suicidio che ha sempre attirato lattenzione degli psichiatri perch comune tra coloro che soffrono di depressione. Il quarto suicidio il suicidio anomico, (da a-nomos, cio, senza leggi, qui, la a ha una funzione privativa). il suicidio di chi non vuole stare in balia delle leggi e dei costumi di una societ che non accetta, di sottostare alle leggi, alle disposizioni o alle consuetudini che orchestrano quella che i sociologi chiamano la competizione sociale.

Pi in generale per Durkheim lanomia un fatto molto comune di ogni societ in trasformazione che subisce importanti cambiamenti sul piano economico e pi generalmente quando esiste uno scarto importante tra le teorie ideologiche e i valori comunemente insegnati nella pratica della vita quotidiana. In tutti e quattro i casi, come facile costatare, per Durkheim c una compromissione della societ nella storia e nelle ragioni dellindividuo che in essa vive e che, in qualche misura, la rende co-responsabile del suo stile di vita e del suo agire, ed proprio questa co-responsabilit che sollev le polemiche pi feroci contro questo filosofo, perch lepoca non era ancora disposta, intrisa comera di individualismi e di egoismi sociali, ad accettare delle responsabilit di questa natura, anche e soprattutto perch non voleva essere coinvolta nella ricerca dei rimedi. Veniamo, adesso, allultimo dei sociologi che sono legati in qualche modo allinfanzia della sociologia e alla corrente positivista, Vilfredo Pareto, un italiano nato a Parigi nel 1848 e morto a Ginevra nel 1923. Nei panni delleconomista, Pareto concepiva leconomia come una scienza che ha per oggetto le azioni logiche delluomo. Sono quelle azioni in cui appare che le scelte e i mezzi impiegati sono obiettivamente adeguati al raggiungimento dei fini desiderati. Per questo eccentrico sociologo luomo, anzi, lhomo oeconomicus, guidato dai fini, cio, dai sui gusti, dalla sua educazione, dalle sue mete ed agisce quasi sempre entro degli ambiti determinati dai mezzi e dalle disponibilit. Partendo da questo modello di tipo meccanicistico dellequilibrio economico generale, la sua sociologia si proponeva di trovare le condizioni che garantirebbero lequilibrio del sistema sociale. Ma siccome, come dovette ammettere, nessun sistema sociale costituito solo da azioni logiche, Pareto introdusse nelle sue riflessioni anche le cosiddette azioni non-logiche. In altri termini, egli arriv alla conclusione che luomo non ha sempre una grande consapevolezza di ci che fa ed questo che inceppa il meccanismo di realizzazione dei fini. Pareto, in sostanza, concluse che in generale le azioni logiche dovrebbero essere soprattutto quelle economiche. Pareto costat anche che lindividuo sociale, pur agendo in modo non-logico, cosa che lo fa assomigliare come lui scrive alla specie animale, rispetto a questultima presenta la caratteristica di accompagnare i propri comportamenti con delle formulazioni verbali la cui funzione quella di fornire un motivo apparentemente logico del comportamento stesso. Compito della sociologia, dunque, di spiegare quali sono le costanti del comportamento sociale non-logico e quali sono i caratteri e le funzioni del discorso sociale. Intanto, quali le azioni non-logiche? Sono le azioni in cui i processi induttivi e deduttivi sono alterati da errori di giudizio. Questi errori sono in genere individuali, ma possono riguardare ed molto pi grave anche gruppi dindividui o intere classi sociali. facile constatare che questo problema, oggi, si ingigantito con lavvento dei sistemi mediali di comunicazione nei quali riconosciuto un grande potere ai testimoni (in genere personaggi famosi) dinfluenzare le masse o, come si dice oggi, lopinione pubblica e di manovrare i consumi e i consensi politici. Che cosa c di pi illogico di comprare una determinata automobile perch ce lo suggerisce un giocatore di calcio o un frigorifero perch ce lo propone una bella attrice in mutandine? Soprattutto, perch, a mente fredda ridiamo di queste cose e poi, al dunque, ci caschiamo?

Dallanalisi del pensiero di Pareto si deduce che egli considerasse come uno degli obiettivi principali della sociologia quello di analizzare ed interpretare quelle azioni e quei comportamenti collettivi che appaiono come irrazionali. In questa ottica e con le dovute approssimazioni sono azioni-non logiche quelle che sfuggono allo schema mezzi-fini. Riassumendo per questo studioso: La scienza economica ci consente di conoscere il modo in cui operano gli individui in funzione dei fini che si danno. La sociologia ci permette di entrare nelle ragioni che impediscono loro di agire o di non raggiungere gli obiettivi che vorrebbero. Pi semplicemente, la sociologia ci consente di mettere in evidenza i determinismi sociali, che limitano lautonomia degli individui. Per concludere una curiosit. Pareto studiando la distribuzione dei redditi rilev come una costante il fatto che in un dato territorio solo pochi individui possiedono la maggior parte della ricchezza. Elaborando questa osservazione e confrontandola con altri fenomeni sociali arriv a formulare la famosa legge del 80/20. Possiamo sintetizzarla cos, la maggior parte degli effetti dovuta ad un numero ristretto di cause. una legge empirica ed pi conosciuta come il principio di Pareto. In sostanza, in molti campi delle attivit umane, lottanta per cento dei risultati dipende dal venti per cento delle cause. Nelleconomia come nei processi industriali. Facciamo qualche esempio: Il venti per cento dei possibili tipi di errori in un processo produttivo genera lottanta per cento dei difetti totali. Oppure, lottanta per cento dei reclami di un servizio proviene in genere dal venti per cento dei clienti insoddisfatti. Lottanta per cento dei ricavi di una compagnia aerea deriva dal venti per cento delle rotte non in perdita. Lottanta per cento delle perdite del servizio sanitario si concentrano in un venti per cento di aziende sanitarie locali distribuite sul territorio. *** Proviamo, adesso, a riassumere alcuni caratteri del discorso sociologico. Come tutte le discipline empiriche anche questa disciplina ha della variabili e delle invarianze. Tra le invarianze ricordiamo: Linterconnessione dei fenomeni sociali, da cui ne deriva la necessit di studiarli come un insieme di realt correlate. Limportanza dei dati oggettivi, i soli che possono confluire nellelaborazione delle teorie e, i soli che contano nei confronti tra le situazioni. La tendenza, sviluppatasi nella modernit, alla razionalizzazione della vita sociale,

che si riflette su una semplificazione pragmatica dei comportamenti sociali. Laffermarsi del discorso scientifico come base per lo studio del consenso sociale e dunque, delle forme di evoluzione della socialit. Da un punto di vista storiografico, invece, lo sviluppo della sociologia pu essere per comodit distinto in quattro grandi fasi: La prima fase va dalla sua nascita ai primi abbozzi di sistematizzazione del suo discorso specifico, grossomodo dalla fine del 700 ad oltre la met dell800. La seconda fase caratterizzata dallemergere degli studi specifici, cio, da un tentativo di circoscrivere i diversi aspetti di questa disciplina in funzione dei diversi modi di intendere la societ nel suo complesso a partire dai fatti. Questa fase va dalla seconda met dellOttocento al 1930 circa. (Il libro di Durkheim sul suicidio un esempio degli studi che caratterizzano questa fase.) C poi una fase neo-sistematica che va dagli anni 30, del Novecento, aglanni 50 circa. Sono glanni in cui si cercano le fondamenta specifiche della dottrina sociologica. Infine c la stagione della sociologia critica, inaugurata dalla ricerca sulle teorie del conflitto sociale e successivamente estesa alla riconsiderazione dei suoi fondamenti ottocenteschi che, bene o male, arriva fino ai nostri giorni. Per completare questa prima parte che, abbiamo visto, connette la storia della sociologia con le ragioni che lhanno determinata e con i meccanismi cognitivi che la fanno funzionare, ritorniamo sul tema delle invarianze per vedere pi da vicino alcuni autori che se ne sono interessati. Queste invarianze furono loggetto di discussione di un grande filosofo della politica, un tedesco, un berlinese, come si definiva, ancora oggi molto apprezzato come giurista e studioso di economia politica, oltre che sociologo, Max Weber(1864-1920). Per sintetizzare possiamo dire che lobiettivo scientifico di Weber era di verificare se fosse possibile conciliare il capitalismo (come teoria economica) con la razionalizzazione delle forme sociali. Weber, in beve, sosteneva che molte delle conclusioni che costituisco il corpo del discorso sociologico, non rappresentano delle verit, ma sono il frutto dei caratteri e dei criteri di ricerca che sono stati impiegati per studiare la societ. Per Weber, in estrema sintesi, le teorie sono le impalcature provvisorie per comprendere e catalogare i fatti. Esse costituiscono una sorta di rifugio temporaneo alla conoscenza in attesa di potersi orientare nel caos dei fatti empirici. In questi termini si pu dire che Weber ha introdotto nelle scienze sociali la discussione sulla forma di teoria. Nei suoi studi, soprattutto quelli del periodo del suo insegnamento ad Heidelberg, egli si fece promotore di una sociologia fondata sulla comprensione della realt umana pi che sulla spiegazione delle sue istituzioni oggettive. Daccordo con Georg Simmel (1858-1918), un altro sociologo tedesco di estrazione filosofica, Weber in qualche modo difende il carattere relativo della cultura e mette in luce i rischi di una sua razionalit esacerbata. Una razionalit che per Weber,

tende inevitabilmente a diventare un carattere formale che possiede un suo naturale terreno di diffusione nelle forme della burocrazia, in tutti i loro aspetti, dallo Stato alla famiglia. La razionalit, per Weber, in determinate condizioni o in particolari momenti storici, pu diventare impersonale, statica, ripetitiva e, alla fine, sostanzialmente repressiva rispetto alle esigenze di espressione spontanea o imprevedibili da parte dellindividuo. Ma da dove hanno origine queste contraddizioni? Dal fatto, dice Weber, che nella societ moderna spesso i mezzi tendono a subire una metamorfosi, a diventare dei fini. Cos, quelle che fino ad un momento prima sembravano delle strutture sociali, create per facilitare la vita degli individui, si trasformano, per cos dire, in strutture autonome, astratte, autoritarie, diventino delle gabbie dalle quali spesso difficile liberarsi o non essere oppressi. Qui, siamo di fronte ad uno dei grandi temi della sociologia, quello della libert. Non lo tratteremo in modo specifico, diciamo solo che per Weber spesso le competenze tendono a diventare normative e si trasformano in punti di vista vincolanti. In questo modo gli aspetti soggettivi della vita finiscono per essere preda di quelli oggettivi e le regole generali e formali concorrono a condizionare la routine soggettiva del vivere. Veniamo adesso ad un ultimo autore, Talcott Parsons (1902-1979), uno dei sociologi che hanno rinnovato la sociologia americana, nonostante abbia studiato in Europa. Era nato a Colorado Springs. Il libro pi importante di Parsons sintitola: The Structure of Social Action, la cui prima edizione risale al 1937. Il punto di vista di questo autore di tipo funzionalistico. La sua teoria, in questo senso, si definisce struttural-funzionalistica ed egli lha elabor nel tentativo di riuscire a coniugare le scienze sociali con le scienze dellagire umano, cercando una sintesi tra le idee di Durkheim, Pareto e Weber. Il funzionalismo, come indica la parola, una dottrina delle scienze sociali che fa uso del concetto di funzione. In sostanza predilige la ricerca delle condizioni in cui un determinato fenomeno si manifesta invece di esaurirsi nella ricerca delle sue cause in senso stretto. Oppure, in parole pi semplici, la ricerca di Parsons privilegia lanalisi delle conseguenze piuttosto che delle cause di un insieme dato di fenomeni empirici. Per Parsons la ricerca sistematica delle conseguenze va poi distinta anche da unaltra nozione delle scienze sociali, quella di scopo. Lo scopo, infatti, ha a che fare con le motivazioni coscienti degli attori sociali, mentre lanalisi delle conseguenze tiene conto anche delle motivazioni non-coscienti, non volute o inconsce. In breve, La struttura dellazione sociale di Parsons, parte da un assunto, che il comportamento individuale il primo gradino di ogni ricerca sociologica, assolutamente necessario per arrivare a comprendere lordine sociale. Appendice. Fino a quando la sociologia stata la scienza delle spiegazioni dei fenomeni sociali e il suo oggetto stato considerato astratto, le ricerche sono rimaste confinate nellambito della definizione delle sue metodologie. Poi, con laffermarsi della ricerca empirica e del fatto come il mattone del suo edificio formale. Con il nascere di una certa domanda di risposte sociali da parte del mondo del lavoro,

dellimprenditoria o, pi semplicemente, del tempo libero, la sociologia cominci a diversificare e a specializzare i suoi strumenti dindagine e il suo linguaggio dando vita a numerose sociologie. Una delle prime sociologie fu quella dellindustrializzazione, il cui tema centrale sono ancora oggi i risvolti sociali della tecnica e delle relazioni umane nei luoghi di lavoro. Come si pu intuire una sociologia che ha molti punti in comune con la politica e la cultura. Accanto a questa sociologia troviamo la sociologia delle classi sociali che si successivamente evoluta verso i problemi dei consumi, della emulazione sociale e degli stili di vita, come fattore dimprinting tra le classi. Ricordiamo la sociologia del lavoro, che ha avuta grande diffusione soprattutto nei paesi di lingua inglese. Complementare a queste due sociologie la sociologia della famiglia, intesa come una delle istituzioni della societ. Per questa sociologia la famiglia la fabbrica del privato, capace dinfluenzare la societ nel suo insieme e, di riflesso, di restarne influenzata. Controllare ideologicamente la famiglia come sa bene la politica significa controllare politicamente la societ. C poi la sociologia urbana, con i suoi studi sulla nascita delle metropoli e di molti fattori connessi, socialit, devianza, flussi migratori, eccetera. Questa sociologia si di recente evoluta in una sorta di sociologia dei sistemi, per sottolineare il passaggio da una sociologia descrittiva ad una sociologia critica, che studia le forme urbane come se fossero sistemi collegati a sottosistemi, eccetera. Altre sociologie, tra di loro connesse da quella che si definisce lastrazione argomentativa, sono la sociologia delle religioni, la sociologia del diritto, la sociologia delle forme di conoscenza. Sono discipline che sconfinano in continuazione nella morale e nelletica, sollevando ampi dibattiti, come quello, oggi attuale per via dei flussi migratori, delle conseguenze di certi riti religiosi o legati Per fare un esempio significativo prendiamo in considerazione la pratica dellinfibulazione e dellescissione, cio delle mutilazioni sessuali sulle donne. Secondo dati recenti di alcuni osservatori internazionali nel mondo circa 150milioni di donne hanno subito una qualche mutilazione sessuale. Queste mutilazioni si praticano ancora in circa 20 paesi africani e 4 asiatici (Yemen, Oman, Indonesia e Malesia). Si calcola che ogni giorno 6000 ragazze di et compresa tra i sei e i dodici anni subiscono mutilazioni genitali e che in Egitto, per fare un solo caso, l80 per cento delle ragazze sono infibulate, anche se di recente questa pratica stata messa fuori legge. Con linfibulazione e lescissione cio con la rimozione della clitoride le donne non possono pi provare piacere sessuale. A che scopo si fa tutto questo? Di fatto non esistono a questo proposito precetti di natura religiosa, lunico scopo ammesso di tutelare quella stupida cosa che si chiama lonore dei padri e dei mariti togliendo alle donne un motivo legittimo per essere libere nelle loro scelte sessuali. La domanda, di per s, semplice:Dobbiamo imporre la nostra morale, cos come abbiamo imposto un po dappertutto nel mondo i nostri stili di vita o, dobbiamo rispettare le tradizioni locali che molte culture si tramandano da decine di secoli? E giusto o ingiusto mutilare delle bambinette e perch? Se i genitori di queste ragazze vivono in Italia sono liberi di mutilare le loro figlie o devono sottostare alle nostre leggi e alla nostra cultura, che di recente ha deciso di punire questa pratica? (LItalia di recente ha detto no ed stata varata una legge che punisce ogni forma di mutilazione sessuale.) In questo contesto la questione del velo femminile analoga

anche se infinitamente meno drammatica, ma proprio per questa pi subdola sul piano dellaffermazione dei principi sulla libert della persona. Ci sono poi le sociologie minori, del turismo, del tempo libero, dellabbigliamento e della moda, cos come ci sono sociologie nate da pochissimo, come quelle legate allimpatto ambientale delle biotecnologie o al formarsi di nuclei di realt virtuali.

Possiamo fermarci qui, non senza aver ricordato la sociologia economica, quella della ricerca scientifica, la sociologia della comunicazione, alla quale dedicheremo parte di questo corso e, per finire la sociologia dei gruppi, che oggi sta diventando sempre pi importante, sia per lo studio del mercato dei beni di largo consumo, sia per lo studio delle mode, delle opinioni, o delle lite, che condizionano le abitudini legate al tempo libero e al loisir. C infine un ultimo punto, non certo minore, da considerare prima di lasciare questa sezione sulla nascita di questa disciplina. Per la sociologia non tutti i problemi reali sono anche problemi veri e viceversa. Un problema, per un sociologo, reale se si pu tradurre in termini tali da risultare verificabile sperimentalmente. Se pu essere considerato un fattoa prescindere dalla sua veridicit. Per esempio, la sociologia pu studiare le apparizioni degli UFO tra la gente, a prescindere dalla considerazione che gli oggetti volanti non-identificati siano navi spaziali aliene, esperimenti scientifici segreti o allucinazioni collettive. Di contro, esistono anche problemi reali che per la sociologia sono insolubili perch non sono traducibili in termini operativi. Non lo sono perch spesso ci sono delle volont politiche che non vogliono affrontarli a causa delle conseguenze che potrebbero comportare o, pi semplicemente, perch anche la sociologia stata ed ancora succube di volont politiche forti. Negli stati del Sud degli Stati Uniti, prima della guerra di secessione, i neri o, meglio i negri venivano quasi sempre tenuti alla catena mentre lavoravano nelle piantagioni di cotone. Perch? Perch alcuni cattedratici di alcune universit del Sud avevano riscontrato in questi neri una propensione alla fuga dal lavoro e dalla fatica. In altri termini, a differenza dei bianchi, non amavamo lavorare, non avevano principi morali ed erano portati allozio, ai vizi, al bere e al fare lamore. [Parte 3 di 8] In ogni modo, questa propensione alla fuga era stata classificata come una vera propria patologia del comportamento a cui era stato dato il nome di dromomania o nevrosi da vagabondaggio, che colpiva i bianchi schizofrenici e tutti i neri, come malattia propria del carattere delle persone di colore

Parte terza. Veniamo adesso al concetto di cultura. Prima di esaminarlo in dettaglio, considerata limportanza che ha un istituzione internazionale come lUNESCO, vediamo come questa lha definita: La cultura nel suo significato pi ampio

considerata come linsieme dei tratti distintivi, spirituali, materiali, intellettuali ed affettivi, che caratterizzano una societ, un gruppo sociale o un individuo. Subordinata alla natura essa ingloba, oltre che lambiente, le arti e le lettere, i modi di vita, i diritti fondamentali dellessere umano, i sistemi di valore, le tradizioni, le credenze e le scienze. (Dichiarazione di Messico City sulle politiche culturali del luglio-agosto 1982.) In breve si voluto riconoscere che ogni societ umana possiede una propria cultura, che si distingue da tutte le altre. Questa cultura deve saper ammettere lesistenza delle altre culture e al limite accoglierle. In questo ambito, il multiculturalismo appare come lespressione di una speranza: che le culture siano riconosciute, sincontrino, si mescolino, si misurino e, soprattutto, si trasformino e si evolvano. Quello che invece problematico che in questa fase della mondializzazione (o, della globalizzazione se si vuole sottolineare laspetto economico) nessuno sa ancora dire se questa evoluzione va verso una maggiore diversit, va verso delle nuove diversit o verso una standardizzazione delle diversit pi o meno significativa. Se cerchiamo la voce cultura in un dizionario vediamo che essa ha, in genere, tre significati. In senso fisico indica lazione di lavorare la terra per ottenere dei prodotti che non avremmo spontaneamente. infatti, il termine cultura deriva dal latino colere, che indicava labitare, il coltivare e lonorare. Un significato che in senso lato che ha conservato fino ad oggi. In senso intellettuale la metafora di Cicerone (Marco Tullio 106 43 a.c.) la cultura indica lazione del lavoro intellettuale per ottenere dei risultati che non avremmo ottenuto diversamente. Per metonimia, poi, anche linsieme dei benefici cos ottenuti. Cicerone fu il primo ad avere lidea di tracciare unanalogia tra la cultura dellanima, il lavoro della terra linsegnamento. La cultura dellanima che traduce lespressione greca di padia, indica lazione di estirpare dallanima i suoi vizi come il contadino estirpa le erbacce dai campi. In senso antropologico la cultura indica linsieme delle produzioni materiali e immateriali (come sono i miti, le credenze, ecc) proprie di un popolo. In questo senso si impiega in contrapposizione a natura. Come facile arguire questo termine ha una lunga storia e un significato polisemico. Nella tradizione classica indicava il processo di formazione della personalit umana e delle sue capacit di progredire. Il suo concetto scientifico, invece, recente, ha circa un secolo di vita ed il pi funzionale agli scopi delle scienze sociali. Naturalmente, ogni definizione di cultura riflette gli orientamenti culturali e gli obiettivi di chi la propone, non per caso sono circa un centinaio quelle pi conosciute. In ogni modo, la cultura essendo acquisita e non trasmessa biologicamente, non pu essere ricondotta ad una base biologica o psicologica, cos come non pu essere riportata ad una semplice dimensione sociale e questo perch non tanto la socialit che contraddistingue luomo, ma il

fatto culturale in s o, se si preferisce, la sociabilit, che possiamo definire come lattitudine a vivere in societ. In questa prospettiva lacculturazione pu anche essere definita un modo specifico dei processi di socializzazione. In realt la socializzazione un fenomeno pi complesso. Possiamo dire che rappresenta un processo di apprendimento che permette agli individui di acquisire i modelli culturali della societ nella quale vive. Di per s, la socializzazione definisce linsieme dei meccanismi attraverso i quali lindividuo interiorizza le norme e i valori del suo gruppo di appartenenza e costruisce la sua identit sociale. Si pu distinguere tra una socializzazione primaria ed una secondaria. La prima quella che si elabora allinterno della famiglia, della scuola o con i mezzi di comunicazione. La seconda quella che si sviluppa a partire dalle grandi tappe della vita, matrimonio, nascite, lutti, eccetera. La socializzazione, poi, interferisce in modo notevole con i processi dinterazione sociale e quella che si chiama la riproduzione sociale. La riproduzione sociale, qui, quel meccanismo sociologico di mantenimento della posizione sociale e dei modi di agire, di pensare e di sentire di una famiglia o di un gruppo chiuso. Un esempio. I figli delle famiglie medio-basse hanno la tendenza a non intraprendere studi molto lunghi ed articolati. Questo fatto determinato e favorito dalla ineguale ripartizione del capitale economico, culturale e sociale tra le classi. Di contro, le famiglie delle classi dominanti cercano di mantenere il loro posto nello spazio sociale, di conseguenza utilizzano la scuola al fine di riprodurre il loro capitale culturale che garantisce loro prestigio e ricchezza. Lanalisi del concetto di cultura, da un punto di vista storiografico, diventato nel 900, tra gli anni 30 e la fine della seconda guerra mondiale, uno dei dibattiti centrali dellantropologia di lingua inglese, che ne svilupp una forte ricerca sul campo. Uno dei libri pi interessanti di questo periodo Patterns of Culture, edito nel 1934 e scritto da Ruth Benedict, unantropologa americana, allieva di Franz Boas (1858-1942), un etnologo tedesco che lavor molto anche negli Stati Uniti, e che, con Edward Burnett Tylor, considerato uno dei fondatori della moderna antropologia culturale. A quali risultati arriv lantropologia di questo periodo? - che il comportamento culturale determinato socialmente. - che la natura umana non stabilisce in modo univoco le risposte che luomo da ai propri bisogni. - che la cultura costituita non tanto da comportamenti individuali, quanto da comportamenti di gruppo, per cui essenziale, per le scienze sociali, analizzare la struttura e il processo di formazione di questi comportamenti. La matrice di questa impostazione evidentemente di tipo darwiniano, infatti, anche luomo, al pari delle altre specie viventi, deve adattarsi allambiente naturale e, tra le risposte a cui questo

processo da luogo, si verifica sempre una selezione che induce ogni cultura ad accogliere certi modi di comportamento, cos come a respingerne altri. in questo contesto che Ruth Benedict nel 1929 definiva la cultura come la totalit che include tutti gli abiti o i comportamenti acquisiti dalluomo in quanto membro della societ. Pi semplicemente possiamo dire che la cultura linsieme degli stati mentali condivisi da un gruppo sufficientemente grande di individui. Oppure, sotto unaltra angolazione, la cultura definisce il complesso dei modi di vita ai quali viene attribuito un valore da parte di un gruppo dindividui o di una comunit. Praticamente, da unaltra angolazione, come dire che la cultura un insieme di modelli normativi condivisi dai membri di un gruppo allo scopo di regolarne la condotta. Modelli che sono spesso accompagnati da sanzioni di varia natura. Affinch la cultura possa svolgere tale funzione necessario che i modelli di comportamento che la costituiscono abbiano un certo grado non soltanto di compatibilit, ma anche di organizzazione, in pratica devono avere a proprio fondamento un sistema di valori. Per riassumere: La cultura appresa. influenzata dalle componenti ambientali, comportamentali e storiche degli individui. Possiede una sua strutturata. Si pu tracciare un profilo delle configurazioni che strutturano le forme culturali. Vediamo le principali. Esse sono: La cultura materiale e le sue forme di organizzazione: tecnologica ed economica. Le istituzioni sociali, quali listruzione o le strutture politiche. Luomo (di per s) la mondanit, con il suo sistema di credenze e di controllo del potere. Il dominio estetico, con le arti, il folclore, la musica, il teatro e la danza. Il linguaggio. Ancora. La cultura ha una dimensione dinamica. Il suo continuo divenire (che tuttaltra cosa di crescere!) una costante della cultura degli uomini. Un divenire che va sempre visto sullo sfondo della stabilit sociale. Il mutamento delle forme culturali un tema molto delicato e complesso perch coinvolge non solo le forme e i contenuti che provengono in modo autonomo dallinterno di una comunit, ma anche ci che gli arriva dallesterno. Lo sviluppo interno, in genere, il risultato della creativit, delle scoperte e delle invenzioni nei vari campi del sapere. Lo sviluppo esterno, invece, il risultato di un processo pi o meno libero e consapevole di adozione di forme e contenuti culturali di altre culture. Questo processo di adozione nella modernit quasi sempre il frutto di pressioni economiche, cos come nellantichit era il risultato delloccupazione di un territorio a seguito di guerre di espansione.

Apriamo ora una parentesi su alcune distinzioni che possiamo fare allinterno del termine cultura. La prima quella che distingue tra cultura dominante, subcultura, controcultura. Se intendiamo per cultura dominante la cultura egemone in dato momento in una data area, la subcultura un aggregato tendenzialmente omogeneo di conoscenze, valori, credenze, stili e modelli di vita capaci di contraddistinguere un gruppo sociale. Fattori come la classe sociale, let, la provenienza etnica, la religione, la lingua, il luogo di residenza e perfino lorientamento ideologico e politico possono, infatti, combinarsi tra di loro e creare identit culturali capaci di differenziarsi significativamente dalla cultura dominante. Gli studiosi delle subculture hanno notato che i membri di una subcultura usano spesso differenziarsi dal resto della societ con uno stile di vita o un modo di vestire che sono simbolici e alternativi a quelli dominanti. In questo senso lo studio delle subculture consiste nellanalisi dei simbolismi collegati a queste forme di espressione esteriore e di come questi simbolismi vengono percepite dai membri della societ dominante. Di fatto, tanto pi una collettivit differenziata tanto pi facilmente sar possibile rintracciare al suo interno delle subculture che producono propri valori. Siccome la cultura un fenomeno dinamico pi questi valori si sviluppano e si strutturano, pi si fa problematico e complesso il fenomeno dellintegrazione sociale, in sostanza, la ricerca di una stabilit e di una convivenza pacifica. In Europa fino a qualche tempo fa si distinguevano principalmente due modelli dintegrazione sociale, quello francese, fondato sui principi laici dellilluminismo, e quello inglese, basato sul rispetto formale delle differenze. Oggi sono entrambi in crisi, come le rivolte delle periferie metropolitana hanno mostrato. Negli Stati Uniti dAmerica dove da tempo si mescolano subculture provenienti dalle pi svariate parti del mondo, un risultato dei numerosi processi migratori che hanno interessato questa nazione si definisce melting pot il fenomeno della convivenza che si realizzata. Ma il caso americano fa storia a s. Va qui notato che luso dellespressione subcultura non implica necessariamente una situazione conflittuale con la cultura dominante, pu infatti costituirne soltanto una variante o un elemento ereditato storicamente. Lespressione di controcultura , invece, pi recente, indica una radicalizzazione delle diversit, essa va intesa come un rifiuto etico e comportamentale dellinsieme dei valori e delle norme dominanti. Gli anglosassoni dicono del mainstream della societ. Un tempo questa espressione serviva a definire il comportamento pittoresco delle giovani generazioni nate sul mito di sex, drug & rock and roll, oggi qualcuno impiega questo termine per definire la cultura interna dei gruppi terroristici o fortemente caratterizzati dalletnia.

Un altro modo di dividere le varie componenti della cultura in sociologia quello di distinguere tra cultura materiale e cultura non-materiale. La cultura materiale, nellambito di questo corso, la cultura delle cose. composta da oggetti, manufatti, prodotti, servizi, merci, a cui si possono contrapporre i significati, i valori, i simboli, i linguaggi, e tutto ci che intendiamo come non-materiale.

Di fatto una distinzione di comodo, perch sia le cose materiali che i valori immateriali hanno senso solo se noto il significato culturale che viene loro attribuito. In questambito abbiamo anche unaltra distinzione, quella tra cultura sostitutiva e cultura non sostitutiva. La cultura sostitutiva formata da tutti quegli elementi culturali che nel tempo possono diventare obsoleti o perdere di valore e di utilit. Finire cos per essere socialmente dimenticati. In genere una conseguenza diretta dallaccumulazione dei saperi, delle tecniche e dellesperienza. La cultura non sostitutiva, di contro, quella che perdura nel tempo ed ricordata. Dentro questo schema si formano quattro rappresentazioni: abbiamo degli elementi culturali materiali sostitutivi, come sono oggi, per fare un esempio, i televisori in bianco e nero, oppure le macchine per scrivere a tasti meccanici o la macchina fotografica a pellicola e sviluppo chimico. - abbiamo degli elementi culturali materiali non-sostitutivi quando ci riferiamo a degli elementi culturali che non subiscono un processo dinvecchiamento e non possono essere messi in disuso, in pratica, che vengono continuamente richiamati come valori che superano il tempo. Per esempio, il Partenone di Atene, il Colosseo, le ville del Palladio o larchitettura industriale inglese dellOttocento, certi paesaggi, le sedie Thonet, eccetera. Allo stesso modo possiamo avere: degli elementi culturali non-materiali sostitutivi, come sono, sempre per intenderci con un esempio, certi modelli della fisica o certe concezioni della tecnica che non servono pi, oppure, certi cerimoniali o certe convenzioni comunicative, come il caso dellalfabeto Morse o, pi semplicemente, labitudine di cambiarsi prima di sedersi a tavola. - degli elementi culturali non-materiali non-sostitutivi, come la musica di Bach o di Eric Satie, la poesia di Omero o di Thomas Eliot, i romanzi di James Joyce o di Marcel Proust, le canzoni dei Rolling Stones o dei Pink Floyd e, se volete, le sinfonie di Glenn Branca. Ritorniamo, adesso ad un compito importante che svolge la cultura dal punto di vista della sociologia, che possiamo definire una funzione di mediazione. Perch le forme espressive che, soprattutto attraverso il linguaggio, si configurano come rappresentazioni della realt (siano esse rappresentazioni religiose, artistiche, scientifiche, filosofiche, giuridiche, o del comportamento) costituiscono altrettanti modi attraverso i quali lindividuo cosciente di s riesce a mediare il rapporto con se stesso, gli altri, lambiente e le cose.

Per la sociologia la mediazione il processo con il quale il pensiero generalizza i dati dei sensi ed estrae dalla conoscenza sensoriale che una sorta di conoscenza immediata una conoscenza astratta e intellettuale, che possiamo definire una conoscenza mediata. In questo senso la cultura ha anche una funzione implicita fondamentale perch la mediazione simpone agli uomini come il fondamento della prevedibilit sociale. A questo punto per, dobbiamo fare attenzione a non confondere la cultura con unaltra espressione che nel linguaggio comune le analoga, quella di civilt. Il termine civilt deriva dal latino civilitas che deriva dallaggettivo civilis. Civilis, a sua volta, deriva da civis che significa cittadino. La nozione di civilt in sociologia serve ad evocare soprattutto lo stato della tecnica o, se si vuole, il risultato di un processo in virt del quale gli individui diventano capaci di vivere in societ. Va da s, questo risultato dipende da molti fattori, ma indubbio che quello da cui dipendono tutti glaltri costituito dalla tecnica. Noi, a questo proposito, usiamo dire civilt del bronzo, del ferro, civilt del petrolio, civilt atomica, civilt dellinformazione. Lespressione di civilt ( Zivilisation/ civilisation), fino alla fine del 700, serviva soprattutto a definire il processo in virt del quale gli individui divenivano capaci di vivere in societ. In questo senso, la civilt tendeva a confondersi con latto di civilizzare. Di solito si distingue la civilt dalla cultura in base a due considerazioni. Unestensione pi vasta in termini di territorio. Una durata molto pi lunga in termini di tempo. In sub-ordine c anche il fatto che, in genere, le civilt inglobano pi culture e non si da il contrario. Per esempio, la civilt europea comprende la cultura italiana, quella francese, quella tedesca e via dicendo. Per riassumere si pu dire che le tecniche costituiscono il corpo di una civilt, la cultura la sua anima. Dobbiamo sottolineare ancora qualche punto. La cultura un prodotto sociale che assicura la convivenza degli individui tra loro. La specie umana lunica capace di creare consapevolmente una cultura e di tramandarla socialmente da generazione a generazione. Ma come si acquisisce la cultura? Gli antropologi sostengono che le forme della cultura si acquisiscono principalmente per imitazione, in sub-ordine, per addestramento e per apprendimento, cio, principalmente con leducazione scolastica. Da questo punto di vista la cultura appare come linsieme di tutte le attivit e di tutti i prodotti della personalit umana che non siano automaticamente riflessi o pulsionali. O, in modo pi semplice, linsieme delle attivit apprese e dei manufatti prodotti a seguito di

questo apprendimento. Un altro grande lemma che sintreccia con la nozione di cultura quello di societ. Anche questo un concetto importante, soprattutto nellambito delle scienze sociali, da molti addirittura definite come le scienze della societ. Il punto di partenza rappresentato dalla domanda, che cosa la societ, o meglio, come possiamo definire lespressione di societ. Fino a questo punto del nostro corso abbiamo usato questo termine in senso intuitivo. Le difficolt nel definire che cos la societ nascono dal fatto che non ci riferiamo ad un oggetto o ad un fenomeno fisico, ma al risultato di numerosi processi intersoggettivi di interpretazione e di comunicazione, ovvero, a qualcosa che sta essenzialmente nelle rappresentazioni mentali degli individui. Tali rappresentazioni, per lo pi composte da credenze o convinzioni, sono intimamente legate allesperienza soggettiva e allagire degli individui. Non per caso nella cultura occidentale la nozione di societ ha spesso oscillato tra una connotazione negativa ed una positiva. Nel primo caso la societ contrapposta alla nozione di comunit. Nel secondo caso associata alla forma di Stato. Nel 1887, Ferdinand Tnnies (1855-1936), filosofo e sociologo tedesco, pubblico un libro intitolato Gemeinschaft und Gesellschaft (Comunit e societ) dove appunto contrapponeva la comunit intesa in senso positivo, alla societ considerata un insieme di relazioni di natura essenzialmente economiche e burocratiche. Per quanto ci riguarda diciamo che l dove c un territorio, un insieme dindividui in una relazione di reciprocit, una lingua o, un modo comune dintendersi, l c una unit sociale o, meglio, una realt sociale. Ma come si costituiscono queste realt? Essenzialmente con la coscienza di farne parte. Va da s, questa coscienza di esserne parte o, come dicono i filosofi, questa coscienza dellesserci, legata strettamente anche al linguaggio, che consente di articolare delle domande complesse sul senso dellesperienza e della vita. Il linguaggio, infatti, con le sue forme di rappresentazione di s, della realt e dellesperienza, contiene linsieme delle forme di mediazione simbolica che in qualche modo costituiscono la cultura. En passant notiamo che la complessit del linguaggio sempre un segnale della complessit culturale. La mediazione simbolica rappresenta uninterazione tra quei soggetti intenzionati a raggiungere un accordo o un compromesso su un certo modo di risolvere dei conflitti o delle divisioni che hanno a che fare con il loro stare insieme. In parole povere lespressione della capacit di volersi intendere! Per concludere, la societ appare come il risultato dei processi di conoscenza e di autocoscienza che si sviluppano nella comunicazione sociale, verbale e non-verbale. *** Affrontiamo adesso un altro paradigma del discorso sociologico: il concetto di massa.

Questo concetto nella sua definizione classica per molti versi desueto, ma le sue nuove formulazioni sono molto importanti nelle moderne analisi del comportamento collettivo. Ne parleremo tenendo conto anche di un altro tema importante quello delle comunicazioni di massa.

Il termine massa nel Medioevo indicava le persone appartenenti alle corporazioni delle arti e dei mestieri. Nel Settecento indicava le classi pi povere in opposizione ai nobili. NellOttocento i pensatori riformisti identificano la massa con la condizione del proletariato. Per la psicologia, la massa un insieme di persone senza un ruolo e incapaci di agire autonomamente. Nella modernit lespressione di massa ha cominciato a riferirsi a vasti insiemi dindividui coinvolti in fenomeni di natura dinamica, quali, lurbanizzazione, le migrazioni, le comunicazioni, la scolarizzazione, la divisione del lavoro, il tempo libero, eccetera. Proviamo ad esaminare qualche definizione attraverso gli autori che hanno studiato questo tema intrecciandolo con quello dellanalisi dellazione collettiva, tutti argomenti complementari allo studio delle cosiddette societ di massa. Con questa espressione sintendono quelle societ moderne in cui le forme di associazione tradizionali come la comunit, la classe, letnicit e la religione tendono a svalutarsi e, nelle quali, lorganizzazione sociale allargata e burocratizzata fino al punto che le relazioni sociali appaiono di fatto impersonali, vuote, usurate. Per cominciare partiamo dalle riflessioni di Gustave Le Bon (1841-1931), un eclettico studioso del comportamento collettivo che si dedic a questo argomento dopo essersi dedicato allo studio della fisiologia, dellantropologia e dellarcheologia. La sua opera pi famosa sintitola La psicologia delle folle, del 1895. In breve, Le Bon intu limportanza che nella massa rivestono: - i comportamenti collettivi, - le eventuali leadership, che in esso si formano, - soprattutto limportanza di quel fenomeno che da l a qualche anno sar chiamato inconscio. Per questo autore luniformit degli atteggiamenti individuali che si registrano nelle masse non sono tanto il frutto della vicinanza fisica tra gli individui, quanto il risultato di una modificazione del comportamento. Questa modificazione ha leggi proprie e spesso induce al prevalere nei singoli soggetti di pulsioni violente e incontrollabili rispetto al comportamento razionale individuale. Se si verificano determinate condizioni, osserv Le Bon, gli individui si trasformano in elementi della massa, assumono idee, atteggiamenti e comportamenti nei quali, presi singolarmente, non si riconoscerebbero.

Ci sono delle circostante, insomma, in cui gli uomini appaiono impotenti, annullati nella loro individualit, accecati da una pulsione collettiva in grado di uniformare e in molti casi plagiare i loro comportamenti, demolendo il loro senso critico. Come facile constatare questa analisi di Le Bon una interpretazione negativa dei fenomeni di massa, che qualche decina di anni dopo fu condivisa anche da un altro studioso, spagnolo, Jos Ortega y Gasset (1883-1955). Qui, per ragioni di economia, non esamineremo altri autori contemporanei di Le Bon, che hanno dedicato i loro studi al concetto di massa, come il criminologo italiano Scipio Sighele (1843-11913) e lo psicologo sociale francese Gabriel Tarde (1843-1904). Autore, questultimo, riscoperto alla fine degli anni 90 da Gilles Deleuze che in qualche modo ha rivalutato la sua legge dellimitazione. Una legge che serve a spiegare alcuni fenomeni di devianza. Veniamo, invece, a Ortega y Gasset e al suo libro, La ribellione delle masse, i cui singoli capitoli uscirono, prima della stampa in volume, su alcune riviste politiche a partire dal 1927. In questo testo e in estrema sintesi si sostiene che le masse sono una delle conseguenze dello sviluppo produttivo e tecnico della modernit. Questo sviluppo ha dato vita, tra le altre cose, alla nascita di enormi agglomerati sociali. Vale a dire ha concentrato, in modo assolutamente artificiale rispetto alla loro storia, grandi masse di individui, facilitando il formarsi di folle e generando delle condizioni di vita passiva sempre pi uniformizzanti e banali. Ortega y Gasset elabora anche alcune considerazioni che erano sfuggite a Le Bon. Per esempio, egli not, come i fenomeni di massificazione possono risultare gratificanti per glindividui che ne sono coinvolti. Di pi, la massificazione consente un elevato soddisfacimento dei bisogni culturali e sociali primitivi, rozzi o dimpulso. In questo modo, la tesi di Ortega y Gasset, glindividui non sono pi stimolati a cercare una realizzazione sociale al di l degli standard di vita dominanti e finiscono inevitabilmente per coltivare un atteggiamento socialmente amorfo. Da questo meccanismo di formazione delle masse, osserva Ortega y Gasset con una certa soddisfazione, si staccano sovente delle minoranze, dei piccoli gruppi sociali che per cultura, moralit, formazione politica, riferimenti ideali non accettano di uniformarsi alle condizioni di appiattimento e di livellamento delle masse e rivendicano per s un individualismo aristocratico. Un individualismo che, dati i tempi, si trov spesso a cavallo tra anarchismo di destra e conservatorismo. In ogni modo queste minoranze sono quelle che oggi potremmo chiamare gruppi di opinione o lites. Costituiscono delle realt sociali studiate con attenzione dalla pubblicit e dagli istituti di ricerca sui comportamenti del consumatore, perch questi gruppi orientano, con le loro testimonianze, le maggioranze silenziose, invogliandole ai consumi di prestigio o griffati, agendo sulle politiche economiche, i meccanismi dellemulazione sociale, la morale, le forme delletica e, in politica, sugli orientamenti di voto. Completamente diversa, invece, la teoria delle masse che esce dallanalisi freudiana o, pi precisamente, dalla cosiddetta psicologia del profondo.

In Psicologia ed analisi dellIo, un testo del 1921, Sigmund Freud (1865-1939) nota come la massa costituisca per il singolo unoccasione nella quale pu in qualche modo relazionarsi o, meglio, accostarsi o scontrarsi con il suo inconscio, entrare in relazione con esso. Occorre osservare che per lanalisi freudiana tutta una serie di pulsioni sessuali infantili, allo stato latente nella personalit adulta, derivano dal fenomeno dellinfanzia protratta, cio, dal lungo periodo di svezzamento che caratterizza la specie umana. Queste pulsioni, soprattutto quelle che non si sono risolte con la crescita o sono rimaste inibite, tendono a rivelarsi nel comportamento irrazionale delle masse e, di conseguenza, nei meccanismi di suggestione collettiva. Sono pulsioni che facilitano ladesione emotiva a certi gruppi di riferimento, lidentificazione con un leader, vale a dire, con la figura sostitutiva del padre. Una figura sublimabile nel concetto di autorit. Soprattutto lidentificazione con un leader (che per Freud, pu essere reale o immaginaria) in ogni caso gravida di conseguenze importanti. In buona sostanza, per la psico-analisi lindividuo ricerca nelle masse non solo un capo, ma soprattutto la sublimazione alle sue pulsioni. In questo modo esse finiscono per deviare da quello che dovrebbe o potrebbe essere il loro destino originario. Si comprende allora come la massa finisca, in molte occasione, per acquisire nei confronti degli individui una funzione liberatoria degli impulsi inconsci.

Una concezione storica pi positiva del concetto di massa certamente quella elaborata dal materialismo storico, o meglio, dai movimenti riformatori e socialisti che si formarono lungo tutto l800. Questi movimenti consideravano le masse come lelemento centrale e allo stesso tempo contraddittorio del modo di produzione capitalista di cui le masse erano una conseguenza. Qui, usiamo la parola massa al plurale. Lespressione massa, al singolare , da questi movimenti, considerata unespressione astratta e in qualche modo,come avviene anche nel linguaggio comune, dispregiativa. Il suo plurale, masse, invece, rappresenta in qualche modo un riconoscessimo della loro identit storica e politica. Questi movimenti erano convinti che fosse possibile agire sullesperienza emotiva collettiva e sulle condizioni del vissuto individuale in modo tale da far maturare nelle masse una coscienza della loro condizione e della loro forza. Si riteneva, in sostanza, che le masse, in quanto moltitudini sfruttate, anche se incapaci di mobilitarsi fino in fondo come soggetti politici autonomi, erano comunque le protagoniste della questione sociale e potevano in qualche modo elaborare, sviluppando una coscienza di classe, le ragioni della loro emancipazione. Tra le due guerre mondiali il tema delle masse fu poi ripreso dalla Scuola di Francoforte, un istituto di ricerca tedesco che si occupava, sia dal punto di vista filosofico che storico, di quelle che allora venivano chiamate le scienze delluomo. I loro studi, in particolare, si orientarono su un

aspetto moderno e problematico dei fenomeni di massa, vale a dire, sulla loro responsabilit nel creare le condizioni della loro alienazione. Questa scuola, formata per lo pi da filosofi e sociologi di origine ebraica nacque nel 1923 nellambito dellIstituto per la Ricerca Sociale delluniversit Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno. Allavvento del nazismo i professori di questa scuola emigrarono a New York dove continuarono la loro attivit. Dopo la seconda guerra mondiale alcuni esponenti , tra cui Adorno, Horkheimer e Pollock, tornarono in Germania e fondarono un nuovo istituto per la ricerca sociale. In modo molto sommario potremmo dire che lobiettivo di questa scuola era la fondazione di una teoria critica della societ. I suoi esponenti pi importanti sono stati Theodor Adorno, Max Horkheimer, Friedrich Pollock, Erich Fromm, Jrgen Habermas ed Herbert Marcuse che, nel 1964, public un libro, Luomo ad una dimensione in cui stigmatizzava la societ opulenta dei paesi industrializzati caratterizzata dalla razionalit strumentale. Una societ, per questo autore, inevitabilmente autoritaria perch capace di condizionare ogni aspetto della vita corrente. [Parte 4 di 8] Una delle prime definizioni moderne di massa la si deve al sociologo americano Herbert Blumer (1900-1987) che la elabor in contrapposizione ad altre forme di aggregazione come sono il gruppo, la folla, il pubblico e la us soprattutto per studiare le masse che si creano a seguito degli strumenti di comunicazione di massa, come la radio, il cinema, o a seguito di certi fenomeni di mercato. Abbiamo ricordato Herbert Blumer perch ci consente dintrodurre un altro tema del discorso sociologico, linterazionismo simbolico. Linterazionismo simbolico un approccio teorico sviluppatosi negli Stati Uniti dAmerica. Rappresenta una prosecuzione, nel campo delle scienze sociali, delle tesi di filosofia pragmatica di William James. Questo approccio pone laccento sulla creazione dei significati nella vita e nelle azioni umane e lo fa sottolineando la natura pluralistica della societ, il relativismo culturale e sociale delle norme e delle regole etiche, la visione del s come socialmente strutturato. In breve linterazionismo si occupa soprattutto dellinterazione sociale che ha il suo centro nella vita quotidiana, in questo senso possiamo definirla come una teoria microsociologica. Il pensiero interazionista stato influenzato da Max Weber, Edmund Husserl e Alfred Schutz, ed esso rappresenta lapproccio teorico dominante nelle ricerche della Scuola di Chicago. In particolare lespressione interazionismo simbolico fu coniata da Blumer nel 1937 e si fonda su tre principi: - gli esseri umani agiscono nei confronti delle "cose" (oggetti fisici, esseri umani, istituzioni) in base al significato che attribuiscono ad esse. - il significato attribuito a tali oggetti nasce dalla loro interazione con gli individui ed quindi condiviso da questi. In tale prospettiva il significato delle cose un prodotto sociale.

tali significati sono costruiti e ricostruiti attraverso un processo interpretativo messo in atto dalla persona nellaffrontare le cose in cui si imbatte. Proseguiamo. Un tempo, per il senso comune cos come per le ideologie politiche, la cultura di massa era assimilata alla nozione di cultura per le masse. Una forma di cultura che appariva ricca di significati, positivi per le sinistre e negativi per le destre. anche se entrambe queste posizioni concordavano sul fatto che le masse, volenti o nolenti, costituivano la base e lo strumento, sia pure rozzo e per molti versi incontrollabile, di tutti i cambiamenti sociali. In questo senso, cultura di massa significava soprattutto cultura per il popolo. Nel linguaggio corrente questa espressione ritenuta offensiva perch sta ad indicare un mix di fattori che descrive le preferenze culturali delle persone semplici e grossolane. Da qualche tempo, in ogni modo, lespressione cultura per il popolo stata rivalutata ed impiegata per definire il carattere diretto, semplice e genuino delle culture popolari e contadine, come delle societ tradizionali, non inquinate dalle logiche di mercato e dalla pubblicit. Ma qui si nasconde un equivoco, perch in questa accezione la cultura per il popolo diventa cultura popolare e finisce per identificarsi con il folclore e/o le tradizioni localistiche. Agli occhi dei suoi detrattori il difetto principale della cultura di massa sta nel fatto che, per risultare accessibile alle masse pi o meno incolte, costretta a mettere laccento sulle emozioni e i sentimenti meno nobili e pi diffusi. Di conseguenza questa cultura appare come una cultura superficiale e sentimentale farcita di luoghi comuni. Un concetto che, un tempo, veniva riassunto cos: La cultura di massa esprime i pensieri pi profondi degli individui pi superficiali. Per coloro che invece rifiutano di assimilare la cultura popolare alla cultura di massa laccento posto sullautonomia della cultura popolare. Unautonomia costantemente minacciata dalla produzione e dalla distribuzione della cultura ridotta a merce delle lite capitalistiche. Vediamo, adesso, come le diverse concezioni della cultura di massa si sono trasformate nel tempo. NellOttocento la cultura popolare si esprimeva soprattutto nellabbigliamento, nel canto collettivo, nella danza, nelle abitudini alimentari, nelle piccole cose di artigianato. Era una cultura che, sia pure involontariamente, aveva esercitato un grande fascino sul romanticismo, cio su quel movimento artistico e letterario che rappresent, per almeno un paio di generazioni, lo spirito pi vivo della cultura europea dellOttocento. Molti protagonisti di questa corrente letteraria, che il successo fece diventare anche una moda e uno stile di vita, si prodigarono per salvare la cultura popolare nella sua originale genuinit attraverso la promozione, soprattutto nella mitteleuropea, delle scuole di arti e mestieri. Sono scuole che, in molti casi, finirono per alimentare una vera propria ideologia del passato, in contrapposizione alla nascente industrializzazione, snaturando le premesse che avevano portato alla loro istituzione. In sostanza, la cultura popolare nellOttocento, a differenza di quella di massa, nasceva ancora in modo spontaneo, avvalendosi soprattutto di materiali e mezzi espressivi tradizionali.

Lodierna cultura di massa, invece, tende a sfruttare il patrimonio delle culture popolari per farne dei prodotti di massa, da veicolare attraverso i mass-media e da vendere attraverso la grande distribuzione. Prodotti che sono stati prelevati un po dappertutto, nelle tradizioni contadine come nelle periferie urbane vedi il caso di molte forme di musica giovanile cos come nelle etnie emigrate o emergenti. Sono prodotti sui quali il mercato opera quello che i professionisti del marketing chiamano oggi restyling, prodotti che paradossalmente finiscono per essere venduti soprattutto a chi abita le aree urbane delle grandi metropoli. Ci avviene perch il concetto di cultura di massa strettamente associato alla societ dei consumi e, nella modernit, una parte rilevante dei rapporti che intercorrono tra le persone sono di natura economica e i consumi sono diventati dei veri e propri fenomeni sociali primari. In questo senso la cultura di massa ha finito per istituzionalizzare e conformare la nostra vita su scala planetaria. Questa cultura coinvolge le forme della conoscenza artistica e letteraria, leducazione, gli stili di comportamento, i modi di pensare, le proposte della politica traducendoli in atti di consumo e, di riflesso, in codici di riconoscimento sociale. Proviamo ad entrare di pi nei dettagli. Una delle principali caratteristiche della cultura di massa di strutturale, razionalizzandoli, i rapporti tra le persone attorno alla sfera economica. A questo proposito i critici della societ di massa osservano come essa abbia finito per rattrappire il tempo libero sul tempo commerciale e di dominare con i media anche gli aspetti pi privati ed emotivi della vita. Se consideriamo la cultura di massa dal punto di vista dei media possiamo dire che essa nata in Europa tra la met e lultima decade dellOttocento con il diffondersi della carta stampata e dellalfabetizzazione primaria. Si poi rafforzata dopo la fine della prima guerra mondiale con lavvento della radio e del cinema. Ed diventata quello che oggi soprattutto a partire da quel fenomeno di costume e di modelli di consumo che stata lamerican way of life. Se esaminiamo questo fenomeno della cultura di massa in filigrana con il tema della cultura popolare, vediamo che essa ha integrato lambiente operaio, soprattutto delle periferie urbane, con il mondo contadino e, tutti e due, con alcuni stili di vita della borghesia. Un fenomeno che viene definito come una popolarizzazione dei valori della borghesia o, meglio, una sorta di scivolamento di questi valori verso le classi inferiori a cui non sono estranei leconomia, la divulgazione dei paradigmi delle scienze della comunicazione e i media. Alla luce di queste osservazioni indubbio che la cultura popolare, concepita per un pubblico di massa, appare come un utensile facile da usare, a buon mercato, producibile in serie, destinato soprattutto ad un pubblico giovanile perch seducente e niente affatto complicato. Lesempio che gli esperti fanno a questo proposito quello della musica pop che domina gli schermi televisivi di tutto il mondo il cui contenuto estetico ed artistico viene preso come rappresentativo della societ orientata al consumo di massa. C un altro punto da segnalare. La teoria sociologica ritiene che si corre un grosso rischio nella trasformazione delle culture in prodotti di massa. Queste culture, infatti, quando sono manipolate, inevitabilmente si svalutano e si degradano ad un punto tale che la loro alterazione produce inevitabilmente dei deficit culturali che sono in continua e costante evoluzione. In altre parole, queste operazioni di trasformazione

danneggiano irreparabilmente ci che c di genuino in tutto ci che nasce spontaneamente dal basso. *** Passiamo ad esaminare altri due lemmi fondamentali del discorso sociologico. Il primo, che vedremo in sintesi, quello delle strutture sociali. Laltro lemma quello dellinterazione sociale, che ha numerose implicazioni e sottotemi di grande interesse. Limportanza dellanalisi delle strutture sociali, in sociologia, deriva dalla considerazione che non mai possibile isolare una dimensione pura ed autonoma della soggettivit, come se fosse unidentit sociale, perch gli attori sociali (individuali e collettivi) rappresentano, allo stesso tempo il motore e il prodotto che in qualche modo determinano queste strutture. Nel loro significato sociologico il termine fu coniato da Herbert Spencer nel 1858. Questo filosofo inglese di matrice positivista tent di elaborare una teoria generale del progresso umano o meglio, si rese conto che la filosofia positiva aveva ancora un compito da realizzare: di unificare i risultati delle scienze per farli progredire verso obiettivi pi alti. In particolare, per Spencer il processo evolutivo consentiva un progresso perch permetteva di passare: dallincoerente al coerente. dallomogeneo alleterogeneo. dallindefinito al definito. Egli mise in luce il fatto che, in una struttura sociale, le parti che la compongono sidentificano con le relazioni fra le persone, e come, linsieme organizzato delle parti che la compongono pu essere inteso una rappresentazione della societ nel suo complesso. Spencer, poi, identific nel perdurare nel tempo (nella durata) una delle caratteristiche pi importanti di una struttura sociale. Vale a dire, tutte le strutture sociali hanno una vita pi o meno lunga e, in genere, la loro durata depone a favore della loro importanza.

Per Spencer cera poi un altro problema fondamentale. Le strutture sociali si basano sul consenso o sulla coercizione? Da convinto funzionalista la societ era per lui un organismo vivente nel quale tutte le parti contribuiscono a mantenerlo in vita. In questo senso le strutture sociali non avrebbero dovuto produrre conflitti e non avrebbero dovuto fondarsi sulla coercizione. Davviso diverso, tra i suoi contemporanei, erano i movimenti politici dispirazione socialista, per i quali, invece, la societ lesito di un perenne conflitto tra le classi. In ogni modo, oggi, non si discute pi di questo perch pi importante un altro aspetto del problema, vale a dire:

In che modo le strutture sociali sono in grado di favorire il mutamento sociale? Una societ che non muta, infatti, una societ che non cresce o cresce male finendo per ripiegarsi su se stessa o addirittura implodere. In questa analisi dobbiamo anche considerare la circostanza che le societ sono condizionate dallambiente naturale e dalle forme di sociabilit che riescono a sviluppare. Cos come le loro strutture sociali sono condizionate anche dalla storia sociale dei loro attori, siano essi gli individui o i collettivi. Ne consegue che, le strutture organizzative e istituzionali nel loro evolversi normativo, nel loro essere legislatrici, sono il prodotto diretto dellagire storico sociale, come delle rappresentazioni e delle credenze degli attori sociali. Spostiamo langolazione del tema. Dellimportanza dellambiente naturale per lo sviluppo della societ se ne sono occupati, in passato e a diverso titolo, molti autori, tra i quali Emile Durkheim, Max Weber e Georg Simmel. Oggi, le scienze sociali definiscono lambiente naturale come il complesso delle possibilit nei confronti delle quali si sviluppa lazione degli attori sociali, intesi sia come individui che intesi come gruppi agenti o comunit. In altri termini, non c nulla di pre-definito offerto dalla natura alluomo, o, pi generale, dimposto. C semplicemente la capacit delluomo alladattamento naturale e alle sue capacit di agire su di esso. In breve, non si pu non tener conto del fatto che le strutture pubbliche e politiche che contribuisco a disegnare le forme urbane e a tracciare le loro vie di comunicazione hanno influito e influiscono in maniera rilevante nel condizionare lo spazio sociale della persona e delle comunit, la loro libert di scelta e di movimento e il loro grado dinterazione sociale. Per completare questo punto, dobbiamo ricordare come in questi ultimi anni si diffusa una nuova sensibilit per i problemi dellequilibrio tra luomo e il mondo. Sensibilit che ha mostrato la grande rilevanza dellazione umana sia nella conservazione che nella distruzione dellambiente. Da qui la constatazione che ladattamento non pu essere allinsegna del mero sfruttamento della natura, ma deve tener conto del fatto che glinteressi delluomo non possono infliggere allambiente dei danni irreparabili o superiori ai vantaggi. Da un punto di vista storico le contraddizioni tra le strutture ambientali artificiali costruite dalluomo e la natura sono state messe in evidenza, per la prima volta, da un fortunato libro di Georg Simmel, pubblicato nel 1903, intitolato, La metropoli e la vita dello spirito. In Italia, per chi volesse leggerlo stato pubblicato per la prima volta integralmente nel 1995 ed ancora in commercio. Vediamo adesso qualcosa su un altro importante elemento che ci lega alla natura: il tempo. Rappresenta una delle dimensioni della realt che abitiamo o, se si preferisce, dello spazio sociale. Di conseguenza, la temporalit, che definiamo come ci che iscritto nel tempo, deve essere considerata come un carattere fondativo delle relazioni sociali. Il tempo, in pratica, uninfrastruttura strategica dellazione e dellinterazione sociale, rappresenta e rende visibile il carattere processuale e storico di ogni attivit umana, spesso drammatizzandola, perch la natura del tempo di essere irreversibile.

In sociologia, il primo a parlare di tempo sociale stato Durkheim nel 1912. Questa espressione esprime la dipendenza del tempo individuale da quello pi ampio del gruppo o della comunit che funzionalmente lo comprende. Ma, qual , in breve, la funzione del tempo sociale? Attraverso la sua periodizzazione gli uomini organizzano e ritmano la loro vita privata e collettiva, di pi, questa periodizzazione ne assicura il suo coordinamento e la sua sincronizzazione. Nella ricerca empirica sul tempo una delle tecniche pi utilizzate in sociologia quella indicata con lespressione di time-budget (bilancio del tempo). Storicamente, questa tecnica fu inizialmente elaborata dalla sociologia russa per studiare le problematiche della vita quotidiana della classe operaia. Oggi, invece, adoperata per delineare i modi e gli stili di vita, per disegnare le cosiddette mappe dei comportamenti abituali. Attraverso il tempo o, meglio, attraverso lesperienza del tempo, noi stabiliamo una continuit narrativa tra passato, presente e futuro e, come ha notato Alfred Schtz, un sociologo tedesco sul quale ritorneremo, il tempo un fattore essenziale per la comprensione dellagire umano. Il tempo, dunque, una risorsa sociale, la cui disponibilit diversa da individuo ad individuo e tra comunit e comunit. Che cosa significa? Che il tempo degli operai non quello dei signori. Che il tempo di una comunit di monaci non quello di un collegio universitario o di una squadra di calcio. Eccetera. Nella modernit il tempo come risorsa, soprattutto una risorsa economica, diversamente valutabile e valutata. Karl Marx nei suoi studi di economia definisce il tempo come qualcosa che possiede un valore e lo considera da un punto di vista macroscopico, una variabile economica dei processi di produzione. Di conseguenza, esso costituisce un importante fattore nei processi di razionalizzazione della modernit. Ricordiamo a questo proposito che proprio dalla distinzione marxiana tra tempo di lavoro, o tempo produttivo, e tempo extra-lavorativo che hanno preso lavvio gli studi sociologici sul tempo libero inteso come la quota di tempo che nella vita quotidiana un individuo ha a sua disposizione per dedicarlo ad attivit anche passive, come dormire scelte liberamente in base ai suoi interessi e alle condizioni psicofisiche del momento. Vediamo altri due temi sensibili intorno alla relazione ambiente, individuo, natura. Uno di questi temi, che compare sempre pi spesso nel capitolo dedicato alle condizioni dellambiente naturale, la nozione di corpo. Oggi la sociologia del corpo una disciplina indirizzata sia allo studio sistematico che alla costruzione di modelli esplicativi relativi al rapporto di reciproca determinazione o restrizione tra la societ (ovvero i processi sociali) e il corpo inteso come ununit psicosomatica. I primi due autori che si sono occupati in modo specifico del corpo sono Georg Simmel e Marcel Mauss. Lo hanno fatto in una prospettica culturalista creando i presupposto di una vera e propria sociologia del corpo o delle culture corporee successivamente elaborata anche da una grande antropologa inglese Mary Douglas (1921-2007).

Successivamente il corpo, come realt fenomenologia, ha ricevuto una particolare attenzione nei lavori di Erving Goffman, Gregory Bateson e David Le Breton. Lapproccio in questi autori essenzialmente di tipo strutturalista ed esso si spinto fino a lambire il campo delle scienze bio-mediche. Viceversa lanalisi della relazione tra il vissuto e la corporeit con i processi socio-culturali centrale negli studi di due sociologi di origine austriaca, Thomas Lukmann (il cui libro pi famoso La realt come costruzione sociale del 1966) e Alfred Schtz, che vedremo meglio pi avanti per le sue ricerche sulla vita corrente quello che la fenomenologia chiama Lebenswelt, cio, mondi di vita. Sempre sul tema del corpo e di ci che rappresenta sia come elemento del mondo sensibile che espressione dellindividualit ricordiamo almeno due filosofi francesi Jean-Paul Sartre e Maurice Merleau-Ponty oltre che lo psichiatra inglese Roland Laing. Infine, da un punto di vista gnoseologico di grande importanza sono le riflessioni di altri due grandi pensatori francesi, George Bataille e Michel Foucault a cui dobbiamo la nozione di biopolitica. Il corpo in molti di questi studi viene indicato soprattutto come una macchina comunicativa, inteso sia come corpo vestito che corpo nudo. Una macchina che si pu costruire con lattivit fisica, si pu modificare con una divisa, si pu trasformare in un messaggio con un tatuaggio. Il discorso sociologico, poi, si espande anche alle cosiddette pratiche che hanno per oggetto il corpo, perch servono a delineare, da una parte, gli stili di vita e, dallaltra, hanno un grosso risvolto economico, come sono le pratiche legate alla cosmesi, alla chirurgia plastica, alle diete, allabbigliamento (che fa il monaco!), eccetera. Sempre a proposito di ambiente un altro tema divenuto sensibile, che noi non tratteremo per ragioni di tempo, costituito da quelle che sono chiamate le riserve materiali del pianeta. Questo perch se ieri avevano una grande importanza nellespansione dellinfluenza umana sul territorio, oggi hanno, di contro, notevoli implicazioni industriali (basti pensare alle guerre in corso sul pianeta e alla questione delle fonti di energia non rinnovabili come il petrolio) e il loro sfruttamento concorre al deterioramento dellambiente. In particolare, ci sono due nuove discipline che si occupano di questo, sono lecologia e la geopolitica. *** Passiamo adesso ad un rapido esame delle istituzioni e delle organizzazioni formali che, in breve, possiamo definire come, dei sistemi relativamente stabili di relazioni retti da norme specifiche che assolvono o dovrebbero assolvere a funzioni e interessi della vita sociale. In altre parole le istituzioni sono organizzazioni o strutture sociali che amministrano e governano il comportamento degli individui.

Esse, allo stesso tempo, materializzano, cio, danno visibilit, ai principi giuridici fondamentali della forma di Stato, identificandosi con gli organismi politico-costituzionali che ne sono lespressione. Per esempio, sono istituzioni formali i parlamenti, le forze armate, i ministeri, le fondazioni, i tribunali, eccetera. Le organizzazione formali, invece, hanno una natura pi privatistica, come sono unazienda, una squadra di calcio, un club, unassociazione di volontariato, un partito politico Delle istituzioni e delle organizzazioni formali quello che pi le contraddistingue il carattere della stabilit. Sono stabili nella misura in cui vengono codificate dagli usi, dal costume dalle norme. Poi, a misura in cui sono stabili tendono a caricarsi di valori immateriali, quali il prestigio o laffidabilit, valori che consentono loro una certa autonomia, ponendole al di sopra delle parti e degli interessi di parte. La loro stabilit e la loro autonomia, infatti, hanno il potere di agire con autorevolezza sugli attori sociali condizionandoli, educandoli, indirizzandoli nella loro vita sociale. Al limite, sanzionandoli. Va da s, le istituzioni e le organizzazioni formali sono profondamente intrecciate al meccanismo dellinterazione sociale. Per definire linterazione sociale conviene partire dallesperienza che ognuno di noi ha della societ. Non difficile constatare che questa esperienza consiste nellinsieme dei rapporti che intratteniamo a diverso titolo allinterno del nostro habitat sociale. Si tratta di un insieme di azioni e di reazioni alle azioni da cui il termine interazione mediante le quali gli individui entrano tra loro in contatto, comunicano, collaborano, giudicano. Definiamo allora come interazione sociale la sequenza dinamica e mutevole di atti sociali fra individui o gruppi di individui che modificano le proprie azioni e reazioni a seconda delle azioni dei soggetti con cui interagiscono. Occorre sottolineare che linterazione sociale non si esprime solo nelle situazioni di tipo ripetitivo, che riguardano la vita quotidiana, ma anche nelle situazioni che definiamo eccezionali o uniche. Linterazione, in sintesi, pu essere allora definita come il luogo primario in cui si forma, si ratifica, si trasforma il legame sociale. Da qui ne deriva che linterazione sociale determina lordine sociale. Un ordine che non si manterrebbe in equilibrio senza una costante e spesso lunga e silenziosa rinegoziazione dei suoi valori, delle sue norme, dei suoi saperi o delle sue credenze. Perch linterazione sociale cos importante? Perch essa rappresenta il nodo intorno al quale si sviluppano gli studi del comportamento sia collettivo che individuale. Questi studi, che confluiscono in quelle che oggi si chiamano le microsociologie, hanno come tema principale i cosiddetti rapporti face to face, nella definizione della sociologia anglosassone. Diciamo che la microsociologie studiano i legami sociali elementari.

Il primo a rendersi conto dellimportanza di questi studi fu Georg Simmel che riflett sullimportanza di certi fenomeni apparentemente minori della vita corrente, come sono i segreti, lamicizia, lubbidienza, la lealt, la fiducia, eccetera. Oggi le microsociologie hanno come campo dinteresse i comportamenti, i ruoli, le interazioni sociali, i conflitti, le identit e il modo di formarsi dei processi decisionali. Tra gli studiosi di queste microsociologie va ricordato anche George Gurvitch (1894-1965), un sociologo russo, naturalizzato francese che studi anche il diritto sociale e la funzione del fattore tempo nelle scienze sociali. Uno dei primi ricercatori che si pose il problema di indagare le relazioni tra gli individui, nellambito della vita quotidiana, fu un filosofo delle scienze sociali di formazione fenomenologica la fenomenologia stata una delle correnti filosofiche pi importante del ventesimo secolo Alfred Schtz (1899-1959). Schtz era austriaco, dovette emigrare in America a seguito delle leggi razziali e l, anche per motivi personali, si dedic allo studio del comportamento collettivo che illustr in moltissimi saggi critici. Lopera a cui faremo riferimento usc nel 1932, sintitola La fenomenologia del mondo sociale, uno studio nel quale, partendo dalle ricerche di Max Weber, Schtz svilupp le problematiche dellagire sociale. Egli defin la vita quotidiana, come linsieme di azioni, di rapporti, di conoscenze e di credenze familiari allinterno dei quali, per cos dire, scorre lesistenza materiale degli individui, unesistenza che segnata dallesperienza e la produce. Si tratta di quel insieme di micro-relazioni che in genere si danno o passano per scontate, come salutare un conoscente, prendere un appuntamento, uscire in compagnia per una cena, telefonare per informarsi sulla salute di un parente ammalato, avvertire casa per un improvviso contrattempo, mettersi daccordo con qualcuno per andare ad un concerto, eccetera Alfred Schtz con i suoi studi dimostr che questi rapporti costituiscono il cemento dellesperienza sociale degli individui. Esaminiamo allora, sotto questa luce, alcuni caratteri della vita quotidiana. Il primo di essi la routine. Costituisce il carattere pi evidente della vita quotidiana e, per molti versi, anche il pi sorprendente quando lo andiamo a focalizzare. un carattere che esprime la ripetitivit e la prevedibilit delle azioni, dei comportamenti e dei pensieri. La prevedibilit, in particolare, agisce sul comportamento degli individui abbassando il livello dinteresse dellosservatore e/o dellattore sociale e cos agendo favorisce un risparmio di energie. Ma c anche un risvolto negativo. La ripetizione e la prevedibilit dei comportamenti possono finire per stimolare risposte automatiche o stereotipate, che abbassano il nostro grado di comprensione di ci che ci circonda. Perch ripetizione e prevedibilit sono cos importanti per la sociologia? Perch quando ripetitivit e prevedibilit tendono ad occupare quasi per intero il tempo della vita quotidiana si pu affermare di essere in presenza di vissuti che tendono a deteriorarsi.

Come dicono i filosofi sociali, siamo davanti ad una alterazione del qui-ora che induce ad una sorta di smarrimento sociale e, spesso, nei casi pi gravi, a forme di angoscia e di disagio psichico. I processi interattivi generano anche un altro fenomeno, le tipizzazioni. La tipizzazione, in buona sostanza, agisce come uno strumento di previsione del comportamento. Vuol dire, capovolgendo un proverbio popolare che labito, a dispetto del nostro senso critico, fa spesso il monaco. Le tipizzazioni possono essere involontarie, ma il pi delle volte sono il risultato di una scelta consapevole tra i vari modelli di comportamento che lesperienza sociale ci fornisce. Perch importante il tema della consapevolezza? Perch ciascuno sa bene che ad ogni passo della nostra giornata come della nostra vita sociale siamo costantemente osservati, e in qualche modo interpretati e giudicati. Perch ciascuno di noi si rende conto che gli altri reagiscono nei nostri confronti secondo il loro modo di essere che si esprime attraverso il loro modo di interpretare e vivere le situazioni sociali. Un altro aspetto importante dellinterazione e quello che la lega ai processi della rappresentazione sociale. Gli individui che vivono i processi dinterazione sociale, non solo sono coscienti delle azioni e delle reazioni che questi processi comportano, ma, in genere, sono consapevoli anche dei loro effetti.

Secondo Erving Goffman (1922-1982) a causa della consapevolezza che gli individui hanno di influenzare con le proprie azioni lopinione che gli altri si fanno della situazione alla quale essi stanno partecipando, questi individui finiscono (inevitabilmente) per comportarsi come se recitassero una parte, come se fossero attori su un palcoscenico. Come se vivessero dentro una rappresentazione teatrale o in uno spettacolo. Goffman un sociologo di origine canadese, ma vissuto negli Usa ed ha studiato a Chicago. Lo ricordiamo perch a Chicago ha operato una delle scuole di sociologia urbana pi prestigiose degli Stati Uniti. Uno degli scritti pi importanti di questo studioso, pubblicato nel 1956, sintitola, La vita quotidiana come rappresentazione. Con questo scritto Goffman, introduce nella sociologia il concetto di prospettiva drammaturgica. Il suo campo di ricerche principali furono gli aspetti trascurati della vita quotidiana, quelli che appaiono banali, ma che possiedono, in s, una forte carica recitativa. Aspetti che, nelle societ complesse, come sono quelle del mondo Occidentale, sono divenuti spesso oscuri ed equivoci e che, sempre di pi, vengono usati o manipolati per offrire agli altri unimmagine in qualche modo valorizzata di noi stessi. I sociologi americani definiscono queste situazioni come face to faceperch sono costruita essenzialmente sulle piccole situazioni della vita di tutti i giorni. Per analizzarle Goffman immagin la vita quotidiana come un gioco di rappresentazioni. Un gioco nel quale lidentit dellindividuo che nella lingua inglese definita con lespressione di

self coincide di volta in volta con le maschere che costui indossa sul palcoscenico della vita corrente. In questo quadro la vita di tutti i giorni di fatto analizzata come una scena sulla quale si recita, una scena con i suoi attori, il suo pubblico, le sue quinte, dove spesso gli attori contraddicono quello che hanno detto o fatto davanti ai riflettori. Su questa scena gli attori si mettono in gioco, si riconoscono, si alleano, si scontrano singannano, mostrano la loro capacit dimpersonare un ruolo, simmergono o prendono le distanze dalle situazioni che li coinvolgono Occorre persi una domanda: Gli individui sono coscienti di recitare una parte sociale? Per Goffman lo sono sempre, anche se non sempre ne sono fino in fondo consapevoli. In certe occasioni questa recitazione assolutamente partecipata in altre, come una parte recitata mille volte, diventa quasi automatica, in altre ancora recitata di malavoglia. C poi da considerare un fatto relazionale:Come lAltro o gli altri giudicano chi sta recitando. Questo perch in base a come chi sta osservando valuta la spontaneit o, se si vuole, labilit oppure la qualit della recitazione dellaltro o degli altri suoi interlocutori ne tira delle conclusioni che influenzeranno il suo modo di comportarsi. Come in una partita a ping-pong, ogni tiro provoca una reazione di tiro, che a sua volta provoca una reazionee cos via. [Parte 5 di 8] *** Passiamo ad un altro paradigma chiave del discorso sociologico: i gruppi. Da qualche tempo a questa parte i gruppi sono studiati da una specifica disciplina chiamata analisi gruppale. Il riconoscimento dellimportanza dello studio dei gruppi lo dobbiamo soprattutto ad uno psicanalista inglese, Wilfred Ruprecht Bion (1897-1979), che a sua volta lo riprese dagli studi di Maxwell Jones (1907-1990) sulle piccole comunit terapeutiche. Come abbiamo osservato per le masse, un gruppo non si riduce alla somma delle coscienze e delle volont individuali che lo compongono, anzi, pi facile il contrario, che il gruppo trasformi lindividuo che ne fa parte. In sociologia si definisce un gruppo sociale come un insieme di persone che entrano in qualche modo in rapporto reciproco, sulla base di valori o interessi comuni. Oppure, in una forma pi articolata: Un gruppo un insieme dindividui che interagiscono fra loro influenzandosi reciprocamente e che condividono tra di essi, pi o meno consapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e norme comportamentali. Che cosa distingue un gruppo da una folla o da una comunit di persone? Il fatto che nella folla, nella comunit o, pi in generale, in unaggregazione di persone, come , per esempio, un grande ufficio, una scuola, un quartiere, non esiste uninterazione diretta tra tutti gli individui, o, pi semplicemente, questi individui non costituiscono un insieme organizzato.

Prima di procedere con i gruppi distinguiamoli subito da unaltra figura della topografia sociologica, le categorie sociali. Le categorie sociali rappresentano dei gruppi impropri o degli pseudo-gruppi. Esse sono, in genere, il risultato di una costruzione teorica deliberata mediante la quale gli studi sociali raggruppano idealmente o teoricamente in una stessa unit individui con caratteristiche comuni, al fine di poterli monitorare. Quanto agli aggregati, essi costituisco dei semplici gruppi casuali. Rispetto ai gruppi veri e propri gli aggregati mancano di una struttura, sono limitati nel tempo e soprattutto mancano delle relazioni interpersonali che costituiscono lessenza dei gruppi. Vediamo le tre caratteristiche che distinguono un gruppo: I membri del gruppo interagiscono tra di loro in modo strutturato secondo le norme o i ruoli che il gruppo si dato. I membri del gruppo hanno la coscienza di essere un gruppo o, meglio, maturano un sentimento di appartenenza al gruppo che funzionaprincipalmente da barriera nei confronti degli estranei. Il gruppo percepito come un gruppo da parte di chi non ne fa parte. Vale a dire il gruppo si costruisce unidentit esplicita e assolutamente percepibile dallesterno. Quanto ai gruppi in s possiamo distinguerli in molti modi. La classificazione pi importante quella tra gruppi primari e gruppi secondari. I gruppi primari sono anche detti piccoli gruppi. Il loro carattere principale la forte integrazione, tipica, per fare un esempio, delle famiglie o delle bande. Per definizione i gruppi primari sono costituiti da pochi individui. Di per s lespressione vaga e si presta a diverse interpretazioni. In ogni modo, il numero minimo di individui di un gruppo primario tre, perch le relazioni di coppia hanno altre dinamiche. Diciamo che la coppia, proprio per la complessit e lunicit delle relazioni interpersonali, non pu essere considerata un gruppo, perlomeno in un ambito sociologico. Il numero massimo, invece, in funzione delle finalit che il gruppo si dato costituendosi. I gruppi secondari o grandi gruppi sono gruppi composti da un numero elevato di membri. Sono gruppi nei quali le relazioni interpersonali appaiono neutre e, spesso, il rapporto tra il singolo e gli altri membri di natura strumentale, cio, funzionale ad uno scopo. Lesempio classico di gruppo secondario sono le organizzazioni, cio, le aziende, i club, gli apparati militari, le scuole, eccetera Lesperienza sul campo ha dimostrato che appena il numero dei membri di un gruppo supera la mezza dozzina c una tendenza, che si pu definire spontanea, alla formazione di sottogruppi, dove le affinit sono pi forti e evidenti. Quando, poi, il numero dei membri di un gruppo supera la dozzina molto probabile che allinterno del gruppo si formi un portavoce o che un membro lo coordini. A questo proposito si constatato che in qualsiasi gruppo, prima o poi, emerge la figura di un leader. La velocit con cui questa figura si forma proporzionale alla grandezza del gruppo. Pi un gruppo e grande e prima si costituisce una leadership. Nella leadership si possono distinguono tre stili di conduzione del gruppo: Quello autoritario, quello democratico e quello improntato al laissez-faire. Nel primo caso la struttura molto gerarchica e si caratterizza per la direzione degli ordini che influenza il comportamento del gruppo, sempre dallalto verso il basso. Questi ordini, in genere, non sono mai messi in discussione, cio, si subiscono.

La struttura dei gruppi che possiamo definire democratici caratterizzata dal consenso della maggioranza, vale a dire da unaccettazione consensuale dei programmi del gruppo. La leadership dei gruppi improntata al laissez-faire si caratterizza dalla mancanza di una vera dirigenza. In questi gruppi la leadership si limita, in pratica, a far emergere e a gestire le iniziative dei sottogruppi. Ricordiamo qui anche una particolare forma di gruppo, i gruppi di riferimento. Sono quei gruppi che sispirano allopera di altri gruppi. In questo senso possono essere gruppi di riferimento positivi o negativi. Quelli positivi si possono definire ed appaiono dallesterno come una specie di gruppi ideali. Quelli negativi, invece, sono gruppi di riferimento nei quali e con i quali prima o poi emergono delle tensioni che possono anche alimentare delle situazioni di conflitto. Anche se raro i gruppi negativi possono anchessi avere dei riferimenti non reali o tra virgolette, ideali. In genere tendono a diventare gruppi di riferimento negativi quei gruppi che si formano per reazione contro lambiente in cui vivono e per i motivi pi diversi, sia materiali che ideologici, come nel caso delle sette sataniche, delle bande di tifosi o nelle organizzazioni criminali. Nella democrazia rappresentativa, come dovrebbero essere le democrazie moderne, una forma di gruppo di una certa importanza il gruppo di pressione. Questi gruppi sono anche detti gruppi dinteresse. Sono gruppi strutturati nella forma del collettivo che si mobilita per difendere specifici tornaconti, anche ideali, come sono per esempio i gruppi ambientalisti. Quando i gruppi di pressione sono organizzati e la loro azione diretta in modo specifico ad agire sui centri di potere con lo scopo di influenzare pubblicamente determinate scelte politiche, economiche o etiche, si definiscono lobby. Questi gruppi sono tipici dei paesi di lingua inglese, in cui la corruzione (sotterranea) severamente sanzionata e le lobby rappresentano istituzioni formali accettate, se non altro come un male minore che si vede e che si pu contenere. *** Passiamo, ora, alle nozioni di stratificazione sociale e di classe. In generale il concetto di stratificazione sociale serve a descrivere le disuguaglianze che sono presenti allinterno di una societ o di una collettivit. In questo senso la stratificazione sociale pu anche essere definita come una disuguaglianza strutturata fra raggruppamenti sociali differenti. Come gli studi hanno messo in luce le differenze sociali, non importa di quale natura, economica, di potere o di prestigio, tendono nelle societ moderne a distribuirsi gerarchicamente. Per immaginarle si ricorre spesso ad una metafora geologica, perch esse appaiono come depositate luna sullaltra, al pari di strati di rocce di diversa natura. Da un punto teorico si possono distinguere tre sistemi fondamentali di stratificazione: la casta, il ceto e la classe.

Qui, non abbiamo il tempo per approfondire i motivi, oltre a quelli economici, per i quali nelle societ si formano le gerarchie, anche perch questo pi un argomento di antropologia e di politica che di sociologia generale. Alla sociologia compete di pi lo studio della posizione sociale di un individuo o di un gruppo allinterno di un sistema di relazioni che formano la struttura sociale di una societ. Questa posizione si definisce status. Allorigine questa espressione apparteneva al linguaggio giuridico. Oggi, negli studi sociologici connessa al concetto di ruolo. Il ruolo esprime laspetto dinamico (o esecutivo) dello status. Il termine di status, oggi simpiega per lo pi per indicare il prestigio assegnato a ciascuna posizione nellambito della stratificazione sociale. Gli status, poi, possono essere ascritti o acquisiti dalla persona. Quelli ascritti sono quelli presenti al momento della nascita. Quelli acquisiti sono gli status ottenuti nel corso della vita, in genere, si ritiene, per meriti specifici, dunque, sono spesso, nellambito delle societ moderne, pi importanti di quelli ascritti. Per quando riguarda i modelli della stratificazione sociale diciamo che le due configurazioni pi importanti sono i modelli chiusi e i modelli aperti. In un sistema sociale chiuso i confini tra status e status sono chiari e definiti, appaiono, da un punto di vista storico, come se fossero congelati. In quelli aperti, invece, il confine tra gli status pu variare con il successo personale, la fortuna, il caso, liniziativa o lintraprendenza personale. Nella societ occidentale va anche costatato, a partire dalla seconda met dell800, una costante trasformazione dei ceti in classi. Questa metamorfosi costituisce uno degli effetti della rivoluzione industriale e delle forme di democrazia che in essa si sono sviluppate. La rivoluzione industriale, come spiega la storia sociale, contribu a ridurre ogni differenza sociale ai soli fattori economici e alleffettivo controllo della ricchezza. I suoi esiti sono visibili allinterno delle due classi che si affermarono come le due sole classi protagoniste della storia della modernit, la borghesia e il proletariato. Va per notato come, da alcuni decenni a questa parte, nei paesi dellarea temperata del pianeta, le classi si stanno disfacendo nella loro forma storica per ridisegnarsi su altri valori, come quelli della conoscenza e dellaccesso allinformazione e alleducazione. Tutto ci da e dar vita ad altre forme di conflitto tra le quali, di una certa importanza, saranno quelle di natura generazionale, quelle tra i localismi, o quelle legate allequa redistribuzione delle risorse naturali. Ricordiamo che i paesi della fascia temperata del pianeta terra costituiscono un terzo della popolazione mondiale e consumano i due terzi dellenergia totale prodotta. In un rapporto del 2006 delle Nazioni Unite sulla distribuzione del benessere economico si afferma che luno per cento della popolazione mondiale detiene il quaranta per cento del patrimonio finanziario e immobiliare mondiale, pari a 125mila miliardi di dollari, mentre il cinquanta per cento della popolazione mondiale accede solo alluno per cento della ricchezza planetaria. indubbio che, in questo scenario, uno degli obiettivi delle scienze sociali dovrebbe essere quello di contribuire a rielaborare degli stili di vita che consentano di riequilibrare questo stato di cose prima che sia troppo tardi.

****** TOMO SECONDO. Parte prima. Le ragioni del discorso sociologico, che abbiamo a grandi linee illustrato fin qui, possono essere riassunte dalla necessit di comprendere la complessit sociale, una condizione essenziale che presiede ad ogni idea di progetto come ad ogni impresa creativa. In particolare, a cosa serve questa comprensione nellambito di questo contesto scolastico? Diciamo arrivare a dare un senso allagire tecnico nel suo significato pi alto, quello pensato dalla filosofia greca, di arte. A consentirci di com.prendere il mondo invece di subirlo. A valutare con la ragione, la conoscenza e laiuto dellesperienza le forme del suo divenire. Da tempo siamo consapevoli che la mera esperienza e labilit tecnica, soprattutto nel contesto di queste ultime due decadi, prese di per s, possono in molti casi sviluppare lambito nozionale, ma non possono assolutamente sviluppare le forme del sapere. Tecnica, come abbiamo gi visto, deriva dal greco tchne, "arte" nel senso di "perizia", "saper fare", "saper operare". La tecnica si differenzia in tal modo anche dal metodo e dalla strategia. Il termine metodo, dal greco , mthodos (inseguire, andare dietro), linsieme dei procedimenti messi in atto per ottenere uno scopo o determinati risultati. Il termine greco composto dalle particelle met (oltre) e hods (cammino) e fu introdotto da Platone nel Sofista con laccezione di tattica e strategia. La strategia la descrizione di un piano dazione sul lungo periodo usato per impostare e successivamente coordinare le azioni tese a raggiungere uno scopo predeterminato. La strategia si applica a tutti i campi in cui per raggiungere lobiettivo sono necessarie una serie di operazioni separate, la cui scelta non unica e/o il cui esito incerto. La parola strategia deriva dal termine con cui nel greco antico si indicavano i generali, cio, gli strateghi. Studiare i processi e le forme della comunicazione in sociologia, significa, dunque, cercare di approfondire i modi, i motivi e i modelli che concorrono alla formazione del comportamento individuale e collettivo. Questi modelli si possono definire anche come il risultato dellaccumulo e dellelaborazione delle informazioni ricevute e scambiate, dellesperienza condivisa e della sedimentazione dei saperi nel corso della vita. Nel campo della comunicazione il problema di fondo, da un punto di vista metodologico, non solo che cosa studiare, ma anche come farlo, cio, come scegliere lapproccio teorico pi efficace e come integrarlo con le altre discipline che sono in essa coinvolte, dalla semiotica, alleconomia, dalla psicologia alla storia. C poi da considerare che lo studio della comunicazione in sociologia tende spesso a sovrapporsi e a confondersi con le riflessioni sullo studio dei media, in pratica, degli strumenti operativi.

Questa confusione nasce dallimportanza che hanno acquisito i mass-media nella modernit. In breve, possiamo dire che essi sono diventati: - Una fonte di potere, vale a dire uno strumento dinfluenza, di controllo e di innovazione della societ. Inoltre, costituiscono il mezzo primario di trasmissione e la fonte dinformazione indispensabile al funzionamento delle istituzioni sociali. - Larena nella quale si svolgono molti fatti della vita pubblica nazionale ed internazionale. - Una fonte importante di definizione e di trasmissione della realt sociale e, di conseguenza, il luogo dove si costruiscono, si conservano e si manifestano i cambiamenti culturali e i valori sociali. - Una sorgente di significati che fornisce i criteri per definire ci che normale sotto laspetto empirico e dei valori. Il termine comunicare in qualche modo collegato alla parola comune che deriva dal verbo latino communicare, cio,condividere, rendere comune. Comunicare, dunque, significa incrementare la nostra conoscenza condivisa, condizione essenziale per ogni societ. Per cominciare osserviamo che da diversi anni, anche in sociologia, si distinguono nettamente i processi comunicativi face to face da quelli informatici o numerici. Nei primi sono determinanti le relazioni di tipo psico-fisico degli individui, quelle che investono gli aspetti emozionali della persona sul tipo di quelli che abbiamo messo in luce quando abbiamo trattato del self, cio, dellidentit soggettiva. I secondi sono caratterizzati dal solo transito, tra glindividui e i gruppi, di messaggi mediati dallattivit razionalizzatrice della mente. Da un punto di vista funzionale la prima differenza di una certa importanza tra le modalit attraverso cui si esprime la comunicazione umana quella tra messaggi analogici e messaggi numerici. Vediamo di comprendere bene il significato di queste due espressioni. La parola analogia deriva dalla lingua latina che, a sua volta, la deriva da unespressione greca (analogizomai) che possiamo tradurre con, calcolare proporzionalmente. Il significato di analogia, nel linguaggio comune, in qualche modo intuitivo e indica la rassomiglianza. Precisamente, lanalogia serva ad indicare la messa in relazione di fenomeni appartenenti a campi o a realt diverse allo scopo di trovare una corrispondenza tra questi campi o queste realt. Lanalogia, dunque, ha come obiettivo principale quello di portare la nostra conoscenza a comprendere un certo grado di somiglianza tra i fatti o gli oggetti che stiamo esaminando o a confrontare dei caratteri che non conosciamo con altri caratteri di cui abbiamo conoscenza. Il ragionamento analogico una delle tre forme principali di ragionamento, le altre, come abbiamo gi visto, sono la deduzione, linduzione e, in sub-ordine, abduzione. In generale, il ragionamento analogico viene abitualmente utilizzato nelle scienze per lelaborazione delle teorie, ma molto

usato anche nelle arti, in architettura e nel design, perch la somiglianza con una cosa nota avvicina latto creativo al sentire comune e alla comprensione, di pi, la sua componente ignota anche una continua e suggestiva fonte di ispirazione per le strategie di progetto. Uno degli esempi tipici di analogia nei processi progettuali quella biologica, tra organismi manufatti e organismi viventi. Le nervature di certi edifici o le ali degli aeromobili, per esempio, sono spesso progettate in analogia con le ossa di certi animali, come gli uccelli. In sintesi, il procedimento analogico quel ragionamento per cui, poste due cose o due situazioni che si ritengono simili tra di loro, per alcuni caratteri o aspetti, si deduce (dalla presenza di altri caratteri ed aspetti in una di esse) la presenza di questi stessi caratteri ed aspetti anche nellaltra. Nellambito del linguaggio lanalogia funziona cos. Se io dico che la mia compagna ha un carattere dolce, faccio leva sullesperienza della dolcezza, che in qualche modo posso presumere che tutti conoscono, per farvi intendere un tratto di un carattere di una persona che voi non avete mai visto. Nella vita quotidiana, dunque, lanalogia serve soprattutto ad esprimere il contenuto astratto di certi comportamenti concreti. . Nelle scienze, in opposizione a digitale o numerico, si chiamano analogici gli apparecchi o i dispositivi che trattano delle grandezze con altre grandezze legate alle prime da una relazione di analogia. Per esempio, negli orologi con le lancette, il trascorrere del tempo indicato dal muoversi delle lancette sul quadrante. Se disegnate due orologi con le lancette sulle ore dodici e cinque e sulle ore dodici e quindici la distanza che la lancetta ha percorso indica il passare di una certa quantit di tempo, nellesempio, dieci minuti. Vediamo, adesso, ai messaggi in cui coinvolta la sola razionalit. In elettronica e in informatica sintendono per digitali gli apparecchi o i dispositivi che rappresentano delle grandezze sotto forma numerica. Sono grandezze rappresentate da cifre contenute in un apposito sistema di numerazione, come quello decimale o quello binario, per citare i due pi usati. Per usare ancora lesempio dellorologio, quelli a cristalli liquidi visualizzano lora e le frazioni di ora con successivi scatti di cifra. Come abbiamo visto in sociologia con il termine analogico si fa riferimento a quel tipo di segnali che contengono una qualche rappresentazione o immagine del significato a cui si riferiscono. Che cosa ne possiamo dedurre in particolare? Che i comportamenti rappresentano, in genere, dei messaggi analogici. I messaggi numerici, invece, possono essere definiti simbolici nel senso che rimandano ad un sistema simbolico codificato e formalizzato di segni, la cui relazione con il significato, importante non dimenticarlo, del tutto convenzionale, come succede nelle espressioni linguistiche.

Per riassumere possiamo dire che gli esseri umani sono in grado di comunicare con i propri simili sia attraverso dei segnali analogici, sia attraverso un linguaggio simbolico, sia mescolandoli. Da un punto di vista antropologico, la comunicazione analogica molto antica, perch essa si sviluppata ai primordi dellevoluzione e riguarda praticamente tutti gli esseri viventi, animali compresi che, com dimostrato, sanno sviluppare e trasmettere il loro comportamento con lemulazione. Di contro, il linguaggio simbolico un prodotto relativamente recente e molto pi complesso e riguarda solo luomo. Prima di procedere dobbiamo sottolineare anche questo. Latto del comunicare costituisce nella sostanza un comportamento. Siccome non pensabile che un qualunque essere vivente non esprima vivendo un comportamento di azione e reazione con il suo mondo (o, habitat) ne consegue il principio secondo il quale non possibile (per questo essere) non comunicare, anche se questo non significa che sia compreso il significato della comunicazione. Oggi, quando si affronta il tema della comunicazione si fa riferimento quasi esclusivamente a quella veicolata dai mass media, per il semplice fatto che sono questi mezzi a promuoverla fornendo agli individui quella visione del mondo che consente loro di vivere concretamente e quotidianamente allinterno del loro gruppo sociale. In pratica, sono i contenuti mediali che fanno delluomo moderno un uomo informato, ne configurano lo stile di vita e lo distinguono nella sua identit, cos come, sono questi stessi contenuti che in qualche modo lo plasmano a loro immagine ed interesse. Va osservato a questo proposito che i nuovi sistemi di comunicazione hanno radicalmente modificato sia i processi di alfabetizzazione che lanalfabetismo che per secoli stato sinonimo dignoranza, cos come molte forme di controllo sociale, divenute pi soft e spesso pi efficaci. Come dicono i critici della modernit pi facile convincere (legare a s) con i mass-media che farlo con le baionette. Generalmente lanalisi della comunicazione mediale parte dalla formula di Harold Dwight Lasswell (1902-1979), un sociologo della politica o, se si preferisce, uno dei primi politologi americani, che la elabor nel 1948: WHO (says) WHAT (to) WHOM (in) WHAT CHANNEL (with) WHAT EFFECTS la formula detta delle 5W. Si pu tradurre in questo modo: Chi / che cosa dice / a chi / con che mezzo (o, attraverso quale canale) / con quale effetto. - Il chi rappresenta la fonte che emette il messaggio. Questa fonte, cio, il mittente, pu essere il singolo individuo come un network o un canale televisivo. - Il qualcosa esprime sostanzialmente lanalisi del contenuto del medium e dei relativi codici utilizzati per esprimerlo.

- Il qualcuno identifica e analizza il soggetto che riceve la comunicazione che pu essere il singolo individuo, un gruppo, una collettivit, un network. Lanalisi di chi questo qualcuno di grande importanza per chi comunica perch gli consente di valutare se la comunicazione ha raggiunto il suo bersaglio e con quale effetto.. Al riguardo sono state sviluppate diverse metodologie dindagine basate sulle rilevazioni statistiche casuali e su determinati modelli matematici. Per esempio, lAuditel stato per molto tempo un modo per calcolare questi effetti, oggi lo si ritiene superato e sono nati strumenti di analisi pi complessi o pi specifici, come lAudiblog per la rilevazione del pubblico dei blog. - Lanalisi del mezzo indaga il tipo di media usato (televisione, radio, giornali, manifesti, ecc) sotto i suoi diversi aspetti, economico, politico, tecnologico. - Lespressione con quale effetto studia limpatto del prodotto mediale. Cio, come si modificano o si condizionano le conoscenze e gli atteggiamenti del pubblico preso in considerazione a seguito del messaggio ricevuto. Nella pratica, gli effetti dei media sono valutati o a lungo termine, per esaminare come essi trasformano la percezione dei grandi temi sociali, come sono la giustizia, la violenza, luso delle droghe, la solidariet, i problemi razziali, gli orientamenti politici, ecc O sono valutati a breve termine, per misurare il gradimento e la comprensione del messaggio, sia sotto laspetto del contenuto che delle forme. Come si comprende un tema che interessa in modo particolare il mercato della pubblicit. Ma perch le comunicazioni di massa sono importanti? Perch questo il secolo dellinformazione, come il Novecento stato il secolo dellenergia e lOttocento il secolo delle materie. Comunicare del resto significa sostanzialmente connettere. La connessione, infatti, una delle conseguenze dellinterazione sociale, perch, la forma e la sviluppa. I due modi di connessione pi antichi ed elementari sono il gesto e la voce. Successivamente la specie umana ha elaborato un linguaggio, dapprima orale poi scritto ed oggi digitale (o, elettrico, come diceva McLuhan), vedremo pi avanti come. La natura sociale delluomo, la sua necessit di vivere in comunit, di migliorare la qualit della vita ha poi fatto poi in modo che, per cos dire, la comunicazione si sia impadronita degli individui fino a svilupparsi come una peculiarit della specie. Noi comunichiamo in continuazione, sia in modo cosciente, che incosciente e, in questo contesto, il linguaggio orale oggi solo uno dei molti mezzi che usiamo. Da un punto di vista morfologico possiamo anche affermare che la comunicazione lartificio che sorregge il mondo o meglio, il senso del mondo, vale a dire lespediente che ci consente di sottrarlo alla sua incomprensibilit. Tutto ci, va da s, un problema specificatamente umano, visto che gli animali non hanno bisogno di sviluppare una visione del mondo, cos come sono indifferenti al suo significato, in pratica, come dicono i filosofi non hanno bisogno di una coscienza dellesserci (Dasein), cio, di riflettere sulla loro esistenza. Proviamo a riassumere.

Nella comunicazione diretta glindividui si trovano in un rapporto face to face. Essi sono coinvolti, nel processo comunicativo, nella loro totalit psicofisica, cio, con la mente e il corpo. Gli esseri umani sono lunica specie che riesce a comunicare con i propri simili sia attraverso segnali o messaggi analogici sia tramite un linguaggio simbolico o, meglio, simboliconumerico. In particolare. I segnali analogici contengono delle immagini o delle rappresentazioni del significato a cui si riferiscono. I segnali numerici o simbolici rimandano necessariamente ad un sistema codificato e formalizzato di segni. In genere quando due o pi persone comunicano direttamente fra loro (comunicazione face to face) utilizzano sempre sia il linguaggio simbolico-numerico sia quello analogico. Sul piano della relazione tra persone attraverso i segnali analogici transitano anche dei significati relazionali. Come, per esperienza diretta, tutti sanno, talvolta alcuni gesti o espressioni del volto possono essere pi esplicativi e immediati, cio, densi di significato, di lunghi discorsi. Pi semplicemente, con lo sguardo si pu comunicare un invito, unallusione, una promessa o un rifiuto. I segnali paralinguistici sono costituiti da tutte quelle componenti della produzione vocale che di fatto danno unimpronta al nostro modo di comunicare. Sono il tono della voce, il ritmo, luso delle pause e delliterazione. In pratica, della ripetizione attraverso luso di figure retoriche. Si definiscono emozioni fondamentali quelle da cui discendono tutte le altre. Esse sono, la gioia, la sorpresa, la rabbia, il disgusto, linteresse e la vergogna. Comunicare , in linea di principio, un comportamento. Dato che impossibile non assumere un comportamento ne consegue il principio secondo il quale non possibile non comunicare. Con il termine di prossemica si intende quellinsieme di regole e strategie di comportamento in base alle quali gli individui agiscono e gestiscono lo spazio del loro self, cio, lo spazio che li circonda quando si trovano in presenza dei propri simili. Come dice Erving Goffman la comunicazione interpersonale avviene sia attraverso le espressioni assunte intenzionalmente sia per mezzo di quelle che lasciamo trasparire involontariamente. *** Parte seconda. Percorriamo, ora, velocemente le tappe pi significative delle forme di comunicazione. Tra gli uomini si valuta che una comunicazione vocale di una certa complessit semantica ebbe inizio circa 300mila anni fa. Dovettero per passare circa 250mila anni perch cominciassero a diffondersi segni, o immagini pi o meno stilizzate, incisi su ossa o pareti di caverne, cio, su dei supporti durevoli arrivati fino a noi. Qual era la funzione o gli scopi di queste prime scritture?

Si ritiene che essi fossero legati alla necessit di realizzare dei calcoli o apporre dei segnali, sulla falsariga di quello che fanno gli animali quando marcano il territorio con lorina. Intorno allanno 5000 prima dellera comune cominciarono a diffondersi dei documenti che indicano la capacit delluomo di articolare delle catene di pensiero. In breve, di elaborare dei ragionamenti articolati e sensati e, in qualche modo, anche ricchi di contenuti astratti. Ma solo a partire dallottavo secolo prima di cristo che abbiamo levoluzione delle tecniche sillabiche in alfabeto. Un avvenimento che rese la scrittura pi precisa, efficace e facile da usare. E la stampa? Il metodo pi rudimentale di stampa, la xilografia ( unespressione composta dalle parole greche legno e segno) appare in Europa, proveniente dalla Cina, solo intorno al XIII secolo dopo cristo. Bisogner per attendere il 1450 il merito attribuito a Johann Gutenberg (1400-1468), anche se stamperie analoghe a quella di Gutenberg esistevano in Svizzera, in Olanda, in Spagna per avere la stampa a caratteri mobili. Tra il 1840 e il 1850 viene messa a punto la fotografia. Sotto laspetto metodologico questo il primo procedimento con il quale si generano immagini senza un intervento diretto delluomo. Negli stessi anni comparve anche il telegrafo che (o meglio, era, visto che praticamente scomparso) un sistema di comunicazione a distanza a mezzo di corrente elettrica e di un alfabeto convenzionale basato su un codice binario, punto e linea, chiamato dal nome del suo inventore Samuel Morse, 1791-1872, un americano, alfabeto Morse. Con questo strumento, per la prima volta le informazioni viaggiavano da sole, sganciate dalla necessit di un supporto mobile che le portasse con s. Infine, con la diffusione capillare sul territorio delle reti elettriche, intorno allultimo quarto del XIX secolo, un complesso grappolo di nuovi congegni entra nelluso quotidiano. Sono congegni il cui funzionamento prescinde dallazione umana, a parte le funzioni di avviamento, controllo e spegnimento, che, sia sul piano qualitativo che quantitativo, ampliano in misura eccezionale il raggio spazio-temporale del pensiero umano e delle sue azioni. Sono anche gli anni in cui si cominciano a riprodurre i suoni e le immagini in movimento. In particolare i suoni, sfruttando le onde herziane, cominciano ad essere trasmessi sulle lunghe distanze e, importante notarlo, senza una scarto temporale apprezzabile tra produzione e consumo. Molti dei congegni di cui stiamo parlando, con il gergo tecnico di oggi, potrebbero essere definiti, sul piano formale, interattivi, come il caso del telegrafo o del telefono. Da ultimo, infine, arriveranno quelle scoperte che tutti oggi conoscono bene, televisione, Internet, telefonia senza fili e con immagini, eccetera Quale la prima osservazione che simpone? Che i mezzi per connettersi e comunicare hanno registrato una progressiva accelerazione di tale portata che se ci sono voluti 250mila anni per arrivare a tracciare un segno significante sulla parete di una caverna bastato appena pi di un secolo per arrivare a dove siamo oggi, una volta messa in rete lenergia elettrica.

Va anche notato che tutti gli eventi o gruppi di eventi, legati allinvenzione dei congegni per comunicare, hanno una caratteristica: sono caratterizzati da un notevole passaggio incrementale sia sul piano della loro potenza che del loro campo di estensione. In altri termini, rappresentano un significativo e concatenato potenziamento delle capacit operativa legate a quelle infrastrutture che assicurano la trasmissione del pensiero. Questi passaggi corrono paralleli al formarsi di nuove competenze, di nuovi principi operativi e di nuove metodologie duso, in una, determinano un incremento generale della complessit operativa delle infrastrutture. Poi, con ogni miglioramento della capacit operativa di una infrastruttura comunicativa, questa infrastruttura diventa pi potente e tendenzialmente pi costosa e pi efficace cos come tende a facilitare un accesso ad essa sempre pi rapido, in modi che sono sempre pi semplificati, ma anche pi specialistici. Questo significa che i linguaggi tecnici diventando sempre pi autoreferenziali riducendo le opportunit di molti di potervi accedere. La rapidit nello sviluppo delle capacit operative un tema sociologico rilevante perch questa rapidit pu essere cos elevata da produrre, come effetto collaterale, delle forme di nuovo analfabetismo, pi in generale diventare una causa di forte disagio sociale tra la popolazione anziana, gli emarginati, gli abitanti dei paesi non-industrializzati e di tutti coloro i cui programmi scolastici non si sono rinnovati o sono divenuti insufficienti. Anche dal punto di vista della psicologia sociale le trasformazioni operate dalla nuove tecniche di comunicazione sono importanti. Lungo tutta la storia dellumanit, dal primo alfabeto alle grandi macchine che si interconnettono su scala mondiale, lisolamento, la separazione e la segregazione di un individuo o di un gruppo, sono sempre stati vissuti come un indebolimento delle capacit di sopravvivenza o, per usare unespressione pi vicina ad discorso dellantropologia culturale, come una riduzione delle opportunit per dominare o indirizzare gli aspetti contingenti dellambiente. Di fatto la diffusione dei mezzi di comunicazione, considerati sul piano funzionale, comporta: La possibilit di sincronizzare le energie, le azioni e i comportamenti. - Di controllare limprevedibilit delle azioni degli uomini o contribuire a ridurle. - Di ampliare il raggio degli interventi possibili, nello spazio, nel tempo e della loro potenza. In sintesi, la diffusione dei mezzi di comunicazione si rivela una condizione essenziale al dominio materiale che la specie umana esercita sullecosistema. [Parte 6 di 8] Secondo le pi recenti ricerche sociologiche la connessione deve essere considerata oramai come un presupposto originario della vita collettiva che influenza con le proprie dotazioni cio, con tutti i congegni e le loro periferiche sia il campo di efficacia delle organizzazioni umane, sia lambito dei rapporti sociali. Di fatto i congegni di connessione favoriscono, insieme ai saperi, la circolazione delle ideologie, dei valori, delle norme e degli stili di vita che sono divulgati e spesso promossi come nuovi modelli dinterazione sociale.

Qui va notato come lespressione di connessione ha una dimensione pi ampia dellespressione di comunicazione, perch la connessione comprende anche i sistemi di trasporto che muovono i supporti materiali dellinformazione e i modelli di circolazione delle conoscenze. Il concetto di connessione stato mutuato dalla biologia nella quale definisce un rapporto tra gli elementi di un organismo. Proviamo ora a definire lespressione di comunicazione. Sotto il profilo delle scienze sociali lespressione di comunicazione identifica il complesso delle operazioni coordinate tra di loro che sono indirizzate a connettere in modo regolato e continuativo degli individui o dei gruppi. Per meglio comprendere questa definizione va ricordato che, da un punto di vista funzionale, la forma di comunicazione sempre esistita e precede, di fatto, lo stesso linguaggio orale. Nei processi di comunicazione un altro concetto chiave quello che riguarda le modalit di connessione. In sintesi gli elementi che consentono di definire una modalit di connessione sono cinque. Il primo elemento rappresentato dalle forme convenzionali che permettono di rendere pubblici in altri termini, di rendere manifesti determinati contenuti mentali condivisibili o che possono essere compresi. Il secondo elemento formato dalle tecniche adottate che hanno lo scopo di accelerare i modi di connessione e/o di facilitarli. Il terzo elemento costituito dai criteri che regolano gli scambi e la circolazione della connessione. Questi criteri possono essere economici, politici, culturali, morali, come facile constatare navigando in rete. Il quarto elemento costituito dalle strutture formali che consentono la produzione e la circolazione dei contenuti di pensiero. Queste strutture sono costituite dalle scuole, dalla stampa, dai teatri, dal cinema, dai sistemi di rete. Il quinto elemento rappresentato dalle pratiche, vale a dire, dagli usi, dalle abitudini e dai costumi che formano e consolidano il contesto sociale della comunicazione. Da questi cinque elementi che definiscono il modo di connessione possiamo dedurre il primo assioma della sociologia della comunicazione: Le forme o,meglio, i paradigmi che concorrono a costruire la comunicazione e le relative tecnologie modellano in modo specifico laspetto che assume la connessione. Utilizzando il concetto di modo di connessione si pu anche procedere ad una lettura storica del fenomeno della comunicazione che struttura e favorisce lautonomia delle forme simboliche cio delle forme che mettono insieme il senso del mondo. Vedremo pi avanti nello specifico che cosa sono le forme simboliche.

Sotto laspetto della struttura possiamo esaminare la comunicazione attraverso gli elementi che la compongono. Essi sono: - La fonte dellinformazione vale a dire lattore che elabora il messaggio da trasmettere. - Il trasmettitore che emette il segnale da trasmettere. Leventuale fonte del rumore di fondo altrimenti detto noise/disturbo/interferenza. - Il ricevitore che riceve il segnale o verso cui il messaggio indirizzato. - Il destinatario del messaggio vale a dire lattore che riceve il messaggio trasmesso.

Va sottolineato che il messaggio che si vuole comunicare, per essere operativo, richiede che sia compatibile con un contesto condiviso. In pratica, questo contesto che possiamo anche definire come un frame o come una cornice argomentativa dev essere conosciuto da tutti i soggetti che compongono la struttura della comunicazione. Per le scienze sociali il contesto linsieme delle circostanze storiche, psicologiche, culturali, eccetera, che consentono di codificare o di decodificare il messaggio In secondo luogo necessario un codice condiviso che consenta di accedere al significato del messaggio o di produrlo com il caso dei cosiddetti codice sorgente. I segnali che formano questo codice possono essere di tipo linguistico, iconico, sonoro, gestuale, luminoso, eccetera, e possono anche combinarsi tra di loro. Un esempio elementare costituito dal semaforo dove compaiono sia un segnale luminoso che un segnale iconico costituito dallomino che aspetta o commina. In terzo luogo richiesta la presenza di un mezzo di contatto, vale a dire di un canale di trasmissione. Il messaggio, infatti, viaggia in un canale che connette la fonte e il destinatario o, meglio, chi codifica e chi decodifica. Sul piano operativo, va da s, i segnali che corrono in un canale di comunicazione, possono essere discreti o continui. Indipendentemente da questo si definisce come capacit di un canale la quantit dinformazione che i segnali consentono di trasmettere. Un canale di trasmissione, in pratica, spesso disturbato da distorsioni, perdite dinformazioni trasmesse, interferenze, disturbi, fenomeni che possono essere imputati ad una sorgente di rumore di fondo (noise, per usare la terminologia pi diffusa). Il noise, in questo contesto, pu essere definito come un disturbo che altera il messaggio e rende pi difficile, rallenta o impedisce la sua decodificazione. Uno dei problemi classici nei processi informativi sta nelladeguare il codice al canale, in modo da rendere ottimale la velocit di trasmissione e, allo stesso tempo, accrescere la sua attendibilit. Nei processi comunicativi si definisce la ridondanza come una sovrabbondanza dinformazioni che riduce i rischi delle interferenze ma che inevitabilmente rallenta la velocit di comunicazione. Com intuitivo ogni linguaggio, che non sia quello delle macchine che comunicano tra di loro, non si limita ad usare un numero esatto di bit, cio, di unit dinformazione indispensabili alla semplice trasmissione del messaggio, ma mira alla sua comprensione caricando questo messaggio di un sovrappi di bit (cio, dinformazioni) culturalmente determinato. Cos facendo, per, si corre il rischio di confondere o di oscurare la comprensione del messaggio o di parte di esso, un po come succede quando definiamo un testo o un racconto prolisso. Quando questo avviene si dice che la comunicazione ridondante. Nella teoria dellinformazione il significato di ridondanza anche se simile non collima con quello del linguaggi orale, ma soprattutto associato ad un altro importante concetto, quello di entropia. Quando un sistema comunicativo, per ragioni sue proprie, degenera verso il massimo disordine, verso il caos, siamo in presenza di un collasso entropico, cio, come dice letimo greco, di un rivolgimento interno. Lentropia, di fatto, esprime lenergia degradata di un sistema comunicativo.

Il concetto di entropia va tenuto separato anche da un altro fenomeno che abbiamo definito rumore di fondo. Perch? Il rumore di fondo esprime un disordine che si manifesta allesterno del sistema comunicativo, lentropia, invece, esprime il disordine che si genera all interno del sistema comunicativo. In questo senso, i virus informatici possono essere definiti dei disordini entropici. A cosa serve tutto questo in sociologia? Diciamo che ci aiuta a comprendere come un sistema sociale, che vive in competizione con il suo ambiente, naturale, umano, politico, spazio-temporale, pu generare un disordine tale che, nonostante gli sforzi per eliminarlo, questo disordine finisce per ricadere sul sistema in forme sempre pi degradate, distruggendolo. Lesempio classico la guerra. Ma lo sono anche la violenza sui deboli, gli autoritarismi, i razzismi, le intolleranze tra le culture o le etnie. In questo contesto un rimedio costituito dallo sviluppo dinamico delle forme di sciabilit. Ritorniamo ad un punto di vista pi sociologico. Dobbiamo a questo punto distinguere la comunicazione caratterizzata dallintenzione della fonte di rendere il ricevente consapevole di qualcosa, vale a dire, del contenuto del messaggio dallinformazione, dove questa intenzione assente. Nellinformazione, infatti, ci che conta solo il valore o il significato che il ricevente attribuisce al messaggio. In generale il fine della comunicazione di connettere in modo coordinato e continuo degli individui. Per realizzare questo fine occorrono delle specifiche istituzioni sociali, tali da consentire di superare la provvisoriet ambientale e permettere che la comunicazione diventi un processo sistematico in grado di assicurare, a soglie crescenti di efficacia, quella essenziale prestazione evolutiva che costantemente richiesta dagli individui e dal progresso della societ. Perch nel corso del tempo sono diventate cos necessarie le istituzioni sociali? Perch gli individui, che sono il frutto naturale dellevoluzione sociale, tendono a distinguersi sempre di pi gli uni dagli altri. In questo modo, pi essi si distinguono in quanto individui pi devono essere rappresentati e connessi dalle istituzioni sociali che hanno costruito, pena il disordine sociale. Se pensate alla storia dellumanit, per un tempo lunghissimo, valutato in centinaia di migliaia di anni, la connessione tra gli esseri viventi stata soprattutto il risultato dalluniformit del loro programma genetico. Va da s che pi questa uniformit totalizzante e meno importanza hanno gli artifici comunicativi. Pi questa uniformit ridotta e pi cresce la necessit di possedere degli artifici comunicativi. Vediamo adesso velocemente il ruolo che gioca luniformit del programma genetico nellevoluzione della societ. Per considerare meglio questo percorso evolutivo vediamolo coinvolgendo, oltre agli uomini, tutti gli organismi viventi. In questa evoluzione si possono individuare due tappe significative. La prima tappa si ebbe intorno a 200milioni di anni fa, quando il crescere dei vertebrati, che popolavano la terra, fece si che essi, per sopravvivere, furono costretti a disperdersi nellecosistema e ad adattarsi a situazioni sempre pi diverse da quelle del

loro habitat originario. Con quali conseguenze? Una sopratutte le altre. Che per potersi adattare agli ambienti diversi da quelli nativi si dovettero differenziare. Di contro, quella che stata la forma primitiva di un programma genetico condiviso la possiamo vedere ancora oggi nel comportamento dei banchi di pesci o degli stormi di uccelli, che sanno muoversi allunisono davanti al pericolo e con una certa efficacia, visto che continuano a sopravvivere a coloro che li predano. Una seconda tappa evolutiva, ancora pi significativa, si ebbe circa 50milioni di anni fa. Corrisponde a quando nei mammiferi, tra i quali va annoverato anche luomo, il comportamento degli esemplari della stessa specie per poter sopravvivere in habitat diversi raggiunse soglie estremamente significative di ricchezza e variet. Questa ricchezza acquisita di comportamenti individuali ebbe come conseguenza la diminuzione delluniformit delle primitive azioni comandate per via genetica e laumento, corrispondente, delle divergenze operative, vale a dire, di quelle scelte e di quelle opzioni, legate alla biodiversit, sempre pi ampia, in cui questi mammiferi vivevano. In breve, per le specie animali pi evolute e in particolare per luomo, si restrinse il campo della connessione assicurata dal programma genetico e cominciarono a formarsi dei modi convenzionali di esprimere il pensiero e le intenzioni (di conseguenza, i comportamenti) derivati dalla diversit ambientale e individuale. In breve, diciamo che ad un certo punto dellevoluzione, accanto alla connessione per via genetica, comparve una forma embrionale di comunicazione per via culturale che, molto rapidamente, estese il suo campo operativo fino a sviluppare delle forme rudimentali di trasmissione delle conoscenze per mezzo dellemulazione e dellinsegnamento. Nei primati, per esempio, la comunicazione molto evoluta, tanto che possiamo dire che si compone di veri e propri atti di comunicazione molto simili a quelli degli uomini primitivi, anche se sono episodici e non coordinati. Notiamo, en passant, che luomo condivide con molti animali la capacit di costruire strumenti, ma luomo lunico, tra di essi, che sa costruire strumenti per costruire altri strumenti, in altre parole, possiede unelevata capacit progettuale. Se torniamo alle due tappe epocali, per quanto riguarda levoluzione, possiamo dire che per i mammiferi e per luomo in particolare esse hanno significato unimportante riduzione dellefficacia della primitiva connessione per via genetica e, allo stesso tempo, hanno provocato, di riflesso, le condizioni per lo sviluppo di una connessione per via culturale, in pratica, di una connessione cosciente e voluta. Cosera essenziale a questa situazione evolutiva? Soprattutto tre condizioni: Una esatta determinazione dei membri che compongono la specie, in quanto individui. Un certo grado di socialit sviluppatasi e strutturatasi allinterno della specie. Una certa variet e complessit del comportamento per poter sopravvivere. In questo modo pi una societ complessa e pi lambiente artificiale, pi la comunicazione tende ad evolversi. Rispetto alla connessione per via genetica, la connessione culturale, infatti, una connessione costruita e modellata soprattutto sulle circostanze. C poi unaltra considerazione importante. Rispetto alla connessione per via genetica, sostanzialmente stabile, la connessione per via culturale ha un enorme vantaggio

evolutivo. Vale a dire, si adatta bene alle circostanze ed efficace per strutturare tra gli individui risorse, energie e capacit e, di riflesso, a sviluppare forme di aggregazioni sempre pi complesse. Possiamo a questo punto concludere che la connessione e lorganizzazione sociale procedono di pari passo e, in questo modo, accrescono lefficacia dellagire sociale e individuale. Dobbiamo anche notare che per poter beneficare dei vantaggi della connessione per via culturale, non occorre solo volerlo, ma serve una competenza condivisa che si trasformi in un patrimonio diffuso in grado di guidare le azioni di tutti. Ritorniamo, ora, allanalisi delle forme di comunicazione da un punto di vista pi mirato ai temi delle scienze sociali. Come hanno dimostrato gli etologi gli scimpanz e i bonobo, in particolare, hanno una vita sociale molto intensa e complessa. Hanno e riconoscono le gerarchie, intrecciano tra di loro accordi ed alleanze per modificare i rapporti sociali, sono capaci di mettere in scena inganni e tranelli. Proviamo a vedere meglio le caratteristiche del loro modo di comunicare. La prima caratteristica la presenza tra di loro di numerose sequenze di azioni svolte in condizioni di elevata contingenza, vale a dire di azioni che dipendono soprattutto dalle circostanza o dal caso. La seconda caratteristica la forte socialit che sono capaci di sviluppare e che va oltre le mere condizioni biologiche dettate dalla necessit. La terza caratteristica il possesso di un congegno di comunicazione, fatto di gesti e suoni molto evoluti, che consente loro di superare lincertezza ambientale e di gestire la complessit e la variet dei comportamenti. C per qualcosa di molto importante che va considerato, la loro comunicazione manca di un requisito importante, la sistematicit. Per gli scimpanz e i bonobo la comunicazione sempre confinata alle situazioni che stanno di volta in volta vivendo, ma questa comunicazione il pi delle volte, non si accumula in un capitale organico di competenze. In altre parole, la sequenza delle loro azioni non si coagula in una memoria consapevole o, per meglio dire, il loro coordinamento operativo, cio, il loro comportamento tende a riformarsi, di volta in volta, attingendo al loro serbatoio di capacit innate. si ritiene che questa incapacit delle scimmie ad accumulare regole e competenze per lo scambio di informazioni ha in qualche modo rallentato fino a farlo restare molto povero lo sviluppo del coordinamento delle loro capacit operative. La differenza che ha prodotto luomo deriva, dunque, da fattori accidentali che a oggi non siamo in grado di valutare. Possiamo forse dire che stata la debolezza della condizione umana a sviluppare nelluomo lastuzia di vivere. I fossili, cio il materiale, le impronte, i prodotti conservati nel suolo per tempi relativamente lunghi e imputabili alluomo, spiegano in modo abbastanza accurato i vari stadi di sviluppo della tecnica nellevoluzione umana e, indirettamente, il grado di efficacia raggiunto nelluso delle risorse. Sia lo studio del livello della tecnica che del controllo delle risorse sono oggi in grado di fornirci dei dati sulle forme dello sviluppo organizzato e sullevoluzione della cooperazione e del coordinamento. Perch tutto ci importante? Perch lorganizzazione sociale correlata con la comunicazione sociale.

Fino a che punto? Fino al punto che possiamo affermare come lorganizzazione sociale una specie di comunicazione sociale materializzata. Seguendo lo sviluppo della condizione umana si possono poi constatare alcune cose, come: Il sorgere di esiti evolutivi che presuppongono sequenze di azione organizzate e distribuite nel tempo. Lo strutturarsi di una partecipazione coordinata tra individui. - Lo sviluppo di una facolt, di riuscire a pensare in anticipo il risultato finale a cui sintende pervenire con lazione. Questo significa, tra laltro, che la tecnica nel suo significato originario di tchne implica la capacit di pensare e di sviluppare lidea di progetto. Alla corretta valutazione del passato consegue poi la capacit di fare tesoro dellesperienza che si sta vivendo. In termini sociologici possiamo dunque concludere che, nella societ umana, tecnologia, organizzazione e comunicazione si sviluppano insieme costituiscono un pacchetto evolutivo. La tesi che afferma che queste capacit delluomo hanno determinato un salto di qualit nei suoi rapporti con la realt che viveva trova unimportante verifica nel modo in cui si sviluppato il linguaggio. Esso appare al termine di un lungo processo evolutivo che gli esperti collocano intorno a 300mila anni fa. Compare come una conquista delluomo sulla sua stessa condizione animale, una conquista che si dipanata in un tempo lunghissimo, valutato in circa due milioni di anni. Da un punto di vista fisiologico si realizza con il definitivo abbassamento della laringe per dare spazio alla faringe cio alla cassa di risonanza dei suoni. Questo abbassamento, indotto dalle circostanze in cui gli uomini vivevano, ha permesso di riprodurre e modulare i suoni in modo ampio ed articolato, a differenza del resto dei primati che hanno la laringe molto in alto nella gola. Due milioni di anni un tempo incalcolabile, ma significativo della complessit del passaggio che porta da una comunicazione episodica e rozza ad una comunicazione coordinata su vasta scala. Diciamo che la specie umana per arrivare a comunicare ha dovuto addirittura vincere, ostacoli di natura anatomici di una certa consistenza. Essa riuscita a superare la restrizione e la lentezza degli apparati comunicativi ereditati forgiando un proprio apparato vocale via, via, sempre pi complesso e articolato. In termini di antropologia culturale il linguaggio orale stato il primo vantaggio che luomo ha contratto sul resto del mondo animale. Questo perch, il congegno, che chiamiamo voce, consente di concentrare in poche operazioni, unampia gamma di contenuti cognitivi, di idee e, dunque, di registrare un incremento effettivo nella potenza operativa dellagire.

Luomo, per, non si accontentato dimpadronirsi dellesperienza della voce come mezzo di comunicazione, anche perch, ad un certo punto, la connessione basata sul linguaggio orale cominci a mostrare i suoi limiti. Gli studiosi di linguistica dicono che questo linguaggio ha un elevato potere di sincronia. La sincronia un concetto elaborato da Ferdinand de Saussure ( 1857-1913) indica la capacit di un linguaggio di costruire un senso. I cani abbaino, si fanno capire, ma non costruiscono dei significati abbaiando. Di contro al suo potere di sincronia il linguaggio, per, mostra una scarsa capacit di condizionamento. Cio, una scarsa capacit di agire sullindividuo con i convincimenti che maturano nel gruppo a misura che questo singrandisce fino a formare una comunit. In breve, con lespandersi delle comunit umane e con lo svilupparsi di forme sempre pi complesse dinterazione sociale la comunicazione orale divent sempre meno omogenea e il potere persuasivo della parola non consent pi di stabilire orientamenti comuni. In altri termini il linguaggio orale tende, a ragione della sua stessa natura, a diventare insufficiente quando i nessi sociali diventano complessi e si affievolisce lunit del sentire comune. Proviamo a considerare quello che abbiamo detto dal punto di vista dellevoluzione della specie. Nelle centinaia di migliaia di anni in cui il sapere umano si andato espandendo, gli uomini hanno appreso: - a configurarsi stati o rappresentazioni del mondo da cui derivano, tra laltro, le prime credenze sul sacro. hanno cominciato ad analizzarlo e ad interpretarlo. hanno cominciato ad elaborare su di esso delle opinioni che prima non esistevano. In una, hanno iniziato a formulare ipotesi sul significato delle loro esperienze o, come dice la filosofia, ad interrogarsi sul loro essere-nel-mondo. In particolare, gli uomini sono stati capaci dintrodurre una dimensione temporale nelle loro elaborazioni mentali. Ancora, attraverso lesercizio dellesperienza e dellimmaginazione gli uomini hanno poi sviluppato una capacit autoriflessiva. Hanno appreso, cio, a fare progetti sempre pi complessi e a costruire ipotesi su come realizzare i loro progetti. Tutti questi aspetti della personalit umana hanno consentito lo sviluppo di un carattere della condizione del vivente di valore incommensurabile, la coscienza della propria specifica singolarit, o, in altre parole, dellidentit personale. La consapevolezza dellidentit importante perch non solo costituisce una dimensione della soggettivit, ma rappresenta anche il fondamento della coscienza di gruppo. Questa consapevolezza dellidentit ha poi la capacit di estendersi nel tempo. Si estende verso il passato, attraverso i meccanismi del rito o lelaborazione dei miti, come sono quelli religiosi, relativi soprattutto allorigine del gruppo. Si estende verso il futuro, con la consapevolezza dellineluttabile verificarsi di certi avvenimenti, cio, con la coscienza che inevitabilmente qualcosa pu o non pu succedere. In sostanza luomo ha sviluppato un potere endogeno della conoscenza.

Un potere che ha origine anche e soprattutto da fattori interni allindividuo, vale a dire che derivano dalla sua stessa coscienza, e non solo da fattori esogeni, cio, esterni ad essa. Questo potere endogeno superata una certa soglia dimensionale, ha poi cominciato a generare idee e visioni, che hanno, in qualche modo, coinvolto dei campi di esperienza sempre pi vasti. Da un punto di vista sociologico questa proliferazione cognitiva ha prodotto un indebolimento della coesione sociale naturale, con il risultato che le nostre esperienze soggettive, frutto della nostra specifica singolarit, sono divenute sempre meno confrontabili, cos come sono diventate sempre pi complesse le attivit collettive. In altri termini, la comunicazione comincia a trasformarsi in uno strumento che stabilizza, tra individuo ed individuo e, tra gruppo e gruppo, contenuti cognitivi omogenei. Questa evoluzione della comunicazione ci consente di affermare anche che ad un certo stadio dellevoluzione delluomo hanno cominciato ad essere elaborati contenuti del sapere e dellesperienza che non erano destinati allimmediato scambio o a fronteggiare la contingenza del qui-ora, ma miravano a porsi come delle aree cognitive durevoli capaci di migliorare le elaborazioni cognitive ulteriori. Il pensato, cos, ha cominciato ad essere uno strumento per produrre altro pensato. In pratica, dei nuovi elementi di natura visiva e tattile si sono aggiunti alla dimensione della voce nella forma di una base di sostegno per loggettivazione del pensiero. Ma in che consiste questo uso simbolico degli oggetti? Ce lo rivela la natura del simbolo. unespressione che deriva dalla lingua greca, composta da due parole che stanno per mettere insieme, confrontare, comparare. In semiologia il simbolo una rappresentazione portatrice di un senso. In qualche modo agisce come unanalogia. Cio, appare come una realt visibile che ci guida a scoprire delle realt invisibili. Naturalmente il simbolo ha una sua unit, rappresenta un tuttuno tanto che le due parti che lo compongono non possono essere comprese separatamente. Dal nostro punto di vista il simbolo una realt che ne evoca unaltra, assente o astratta. Lo possiamo definire il segno figurativo o concreto di unidea astratta. Per tornare al nostro discorso, contemporaneamente al nascere dei simboli si sono venuti a formare anche i primi rituali. Un tempo questi erano esclusivamente sacri legati alla magia e religiosi, poi progressivamente si estesero anche alle cerimonie della vita sociale. Questi rituali utilizzavano spesso degli oggetti particolari. Utilizzandoli ne promuovevano la fattura. Come possiamo definire i rituali? Come dei congegni comunicativi non materiali. O, per usare la definizione che ne da lantropologia culturale, i rituali sono delle configurazioni sociali che connettono, in un movimento coordinato, ripetibile, ed orientato ad un fine preordinato, una pluralit dindividui. Vediamo adesso di esaminare la funzione delle immagini. Le immagini allorigine sono state promosse soprattutto dalle forme rituali. Esse rappresentano il primo congegno di comunicazione che stato capace di superare la dimensione temporale, cio, di durare nel tempo, di andare oltre il momento della loro esecuzione. Occorre tener conto del fatti che i loro

contenuti iconografici, quando sono fissati su un materiale durevole, permangono a lungo e configurano due forme di sviluppo dei fatti sociali. La prima forma di sviluppo una conseguenza del fatto che gli artefatti durevoli tendono a debordare con facilit dal campo materiale a quello simbolico, cio a diventare delle espressioni simboliche. In questo modo gli uomini hanno finito per acquisire una certa familiarit anche con quegli oggetti che non hanno un uso pratico immediato, vale a dire, che possiedono una dimensione simbolica. - La seconda forma di sviluppo consistita nel fatto che, nel corso dellevoluzione, sempre pi spesso le idee hanno acquisito una vita separata da chi le ha pensate e realizzate. In altri termini, le idee si sono staccate dal loro pensatore, hanno smesso di essere in simbiosi con lui e hanno cominciato a circolare da sole. Questa seconda forma di sviluppo dei fatti sociali riveste una notevole importanza. Infatti, nel momento in cui compare una stabile materializzazione simbolica, le idee acquistano una sorta dimpulso verticale, vale a dire, si dispiegano nel tempo. La prima forma di oggettivazione delle immagini sfrutta lefficacia visuale per riprodurre sezioni dellesperienza che sono, di fatto, inaccessibili alla voce. il caso delle emozioni e delle sensazioni che si comprendono solo se sono visibili,se hanno una dimensione visuale. Queste emozioni e queste sensazioni possiedono in genere anche una grande intensit di contenuti. Sono delle percezioni in cui molto debole il vincolo convenzionale di senso tra limmagine e il contenuto che essa trasmette. Ne consegue che per condividere lintensit dei loro contenuti deve essere condiviso il processo simbolico che le ha generate. In genere nelle scene dipinte anche in virt dello sviluppo soggettivo della complessit pittorica si altera soprattutto nella modernit la rappresentazione. In altri termini, la rappresentazione si struttura su ci che noi chiamiamo il sentire e, cos facendo, si attenua il nesso diretto tra limmagine e il contenuto che si vuole trasmettere. In termini linguistici questo corrisponde ad un allentamento della cogenza semantica dellimmagine, vale a dire di quei vincoli che fanno aderire limmagine al suo contenuto formale. Nota bene: La cogenza semantica indica il carattere restrittivo del significato, in questo caso dellimmagine. In questo senso possiamo dire che le ragioni per le quali qualcuno non riesce a capire il lavoro pittorico di Jackson Pollock dipendono dalleccessiva separazione tra limmagine e la sua cogenza semantica e questa incomprensione esclusivamente culturale! La seconda forma di oggettivazione del contenuto delle immagini rovescia il rapporto esistente tra la cogenza convenzionale cio il significato convenzionale e lintensit emozionale del contenuto. In queste immagini, c una spinta nel tempo al rafforzamento del significato convenzionale a spese dellintensit emozionale del contenuto. Questa seconda struttura di oggettivazione del contenuto delle immagini costituita soprattutto da quegli oggetti e da quei segni che vengono, in un qualche modo, considerati i precursori della scrittura o che, in molti casi, soprattutto nel passato, la sostituiscono.

In genere sono i congegni per numerare, indicare una localit, esprimere un comando, registrare un evento, segnalare un divieto, eccetera In genere in questi congegni comunicativo-visuali il nesso tra il contenuto e la marca figurativa, vale a dire limpronta visiva che designa questo contenuto, stabilito con molta precisione. Ne consegue che le immagini di questi congegni non hanno margini interpretativi e sono povere dintensit emotiva. Che cosa significa che le immagini di questa struttura di oggettivazione del senso non hanno margini interpretativi? Che le immagini in questione non riproducono segmenti significativi dellesperienza, ma circoscrivono un evento o una sequenza di eventi e ne fissano stabilmente i tratti salienti. Il cartello che indica un divieto di sosta non ha nulla di emotivo e molto di impositivo, non tenerne conto significa essere sanzionati, ma per tenerne conto occorre conoscere il codice stradale! Facciamo un passo avanti. La scrittura vera e propria da cui derivano molte delle scritture moderne si perfeziona in Grecia intorno allottavo secolo prima dellera comune, tuttavia, strumenti di registrazione, come sono quelli impiegati per trascrivere le fasi lunari, risalgono a circa 25mila anni fa. Li troviamo dapprima in Mesopotamia, quella terra tra i fiumi, la culla di importanti civilt. la regione che oggi corrisponde pressappoco allIraq. Qui sono stati anche rinvenuti gettoni e piccole sfere utilizzati per fare di conto che risalgono ad oltre 12mila anni fa. In ogni modo, gi con il neolitico, alla lettera, let della pietra pi vicina a noi nel tempo unimportante stagione dellevoluzione umana caratterizzata dalla nascita dellagricoltura e delle prime attivit artigianali luomo stato in grado di rendere pubblici i suoi pensieri con tre modalit di rappresentazione, diverse sia per i materiali usati, che per i principi duso. Esse sono: Il linguaggio, che non dura nel tempo ed circoscritto nello spazio. Le immagini, che spesso hanno un debole vincolo convenzionale e quindi possono risultare equivoche alla ricezione. Le registrazioni che pur avendo un campo di applicazione specifico, sono molto precise ed utili. In seguito, con levolversi dellagricoltura e dellartigianato, in una della condizione stanziale, la societ cominci a crescere e le registrazioni (questi abbozzi di scrittura) subirono una rivoluzione e cominciarono ad agganciarsi sempre di pi al linguaggio verbale. Si tratta di un passaggio fondamentale nei quali i segni scritturali primitivi abbandonarono sempre di pi la loro indipendenza convenzionale e cominciarono a seguire gli schemi della lingua parlata. La scrittura, perfezionandosi, rese possibile la costruzione di congegni sociali sempre pi complessi dal punto di vista organizzativo e fin con il potenziare soprattutto quelle istituzioni sociali che hanno la caratteristica di migliorare la loro efficacia e la loro potenza se sono connesse, come sono lattivit legislativa, lorganizzazione militare, listruzione pubblica, i commerci. [Parte 7 di 8] Leconomia del corso non ci consente di fermarci pi di tanto sulla nascita della scrittura, per cui si rimanda a due letture interessanti e facili: Jack Goody, Il suono e i segni, Milano 1989. A cura di G. Bocchi e M. Ceruti, Origini della scrittura, Milano 2002. Il primo libro lo si pu trovare

anche in inglese, francese e tedesco. Il secondo, invece costituito da una serie di saggi di autori di diverse nazionalit. Andiamo avanti. Intorno allottavo secolo prima dellera comune non nasce solo lalfabeto greco, ci sono molte altre grandi novit sul piano dei congegni e delle forme di comunicazione che derivano dai primi strumenti di registrazione. A Una di queste novit costituita dalla comparsa della moneta. Nel considerare la moneta, dal punto di vista della sociologia della comunicazione, occorre valutare soprattutto il forte potere di connessione che possiede. Valutare la sua capacit di legare il presente al futuro, di generare speranze e progetti, di accumulare valori. Se la scrittura, in un certo senso, ampia il raggio dei contenuti possibili di un testo, la moneta esprime le quantit e moltiplica, attraverso gli scambi, le relazioni connettive tra glindividui, anche se sono separati da grandi distanze. In pi, la moneta, con i suoi effetti pratici, crea dei vincoli sostanziali e materiali, diversi da quelli astratti della scrittura, vale a dire, la circolazione della moneta ha notevoli conseguenze sul piano dellagire economico, politico e diplomatico. B - C un altro importante congegno che la scrittura scuote e rivoluziona direttamente. linsegnamento. Con il quarto secolo prima dellera comune leducazione esce dai compiti tradizionali delle famiglie e comincia ad assumere una dimensione pubblica formale. Si fondano le prime scuole, che disciplinano lo studio, selezionano gli argomenti da trattare, sviluppano le tecniche pedagogiche, formano i saperi.

C - Nella prospettiva dellinterazione sociale e delle sue regole linnovazione pi importante di questo periodo senzaltro il teatro. A differenza degli altri rituali sociali, il teatro possiede una caratteristica unica per quei tempi. Fissa in modo netto la distinzione tra lattore, che agisce e lo spettatore, che assiste, introducendo nellesperienza del guardare, una dimensione temporale di taglio narrativo. In altri termini, il teatro in qualche modo socializza e disciplina il rapporto tra lo spettatore e gli attori, privilegiando lo sguardo. In questo senso si pu sostenere che il teatro istituisce larte del guardare. Nel recinto, cio, nello spazio fisico in cui si svolgeva lazione, dentro questo mondo a gradinate, gli spettatori erano separati dagli attori, spesso mascherati, tuttavia, gli spettatori potevano partecipare allazione con lo sguardo. In questo modo diventavano a tutti gli effetti gli allievi di una scuola del vedere, che allenava ed acuiva losservazione e la riflessione critica sulle cose della vita o sui grandi temi della politica. Dal punto di vista dellinterazione sociale, poi, il rapporto che lo sguardo instaura a teatro, tra la scena e la platea, ha una duplice dimensione, da una parte unisce soprattutto attraverso le emozioni, dallaltra, nello stesso movimento, separa, allontana, ricordando allo spettatore che si trova davanti ad una finzione.

Il teatro in pratica unisce con la sua grande capacit di stimolare una partecipazione emotiva, una partecipazione che ottiene con il guardare. Ma questo guardare e critico e dovrebbe in ogni momento ricordare allo spettatore labisso tra la scena e la realt, tra la finzione e la vita corrente. *** Come si pu intuire i congegni di connessione si diffusero velocemente nel tempo e nello spazio, a partire dallEuropa, tanto che, alla fine del 700, tutte o quasi tutte le citt del mondo Occidentale, possedevano uno o pi quotidiani, teatri, scuole e universit. C per un fatto che va considerato. A questa espansione quantitativa dei congegni fa riscontro una grande stasi strutturale. Che cosa vuol dire? Che fino ai primi anni dellOttocento non cerano ancora dei congegni capaci di risolvere i vincoli fisici della connessione. I progressi compiuti fino ad allora, infatti, si collocavano quasi tutti sul piano dei materiali con i quali si producevano. In pratica, labilit manuale era ancora lo strumento essenziale per la produzione e per la distribuzione dei contenuti. Poi, nei primi anni dellOttocento, laumento dei ritmi legati ai nuovi stili di vita misero in crisi tutti gli antichi sistemi di comunicazione mostrando i limiti pratici di ogni forma di connessione fino ad allora conosciuta. Per quando attiene al fatto specifico della connessione si precisarono sostanzialmente tre richieste. La prima riguardava una sempre maggiore tempestivit dellinformazione. Pi si espandevano i traffici commerciali, pi utile si rivelava laccesso rapido a tutte le notizie sullo stato del mondo. Notizie su gli eventi naturali, come sono i terremoti, le siccit o le alluvioni, che allora incidevano sostanzialmente sul prezzo dei prodotti agricoli (mentre oggi hanno una forte influenza sui flussi turistici), o quelli civili, come sono le guerre, le rivoluzioni, gli scioperi, le epidemie, avvenimenti molto comuni nel corso del diciannovesimo secolo. La seconda richiesta era legata ad un fatto nuovo nel mondo occidentale, la crescita del tempo libero. Soprattutto nelle citt cominciava a formarsi unampia sezione di popolazione che era coinvolta sempre di meno nelle attivit produttive. Erano le casalinghe, i giovani che studiano, gli anziani. Costoro di fatto contribuirono a formare un mercato del tempo libero che crebbe rapidamente. Si assistette cos allo sviluppo di una produzione editoriale di romanzi popolari a grande tiratura, alla crescita della domanda di rappresentazioni teatrali a buon mercato, contemporaneamente salirono vertiginosamente le tiratura dei giornali. Friedrich Hegel aveva scritto che la lettura del giornale era la preghiera mattutina delluomo moderno. La terza richiesta, infine, appare poco appariscente, ma la pi importante. una conseguenza dal consolidarsi della famiglia borghese, che si avvia a diventare la cellula funzionale della societ.

Lo stile di vita di questa cellula tramuta la ricchezza astratta espressa dal denaro in una rappresentazione dello spazio domestico al limite della teatralit. Questa cellula diffonde soprattutto nelle citt un certo gusto per larredamento, gli oggetti darte, i beni di consumo, compresi quelli superflui. In breve, in questi anni la famiglia svolge un importante funzione: di educare attraverso lo sguardo, le cerimonie i comportamenti emulativi, lesaltazione del decoro.

Tutto questo fu di estrema importanza per lo sviluppo della cultura occidentale perch la famiglia borghese divenne una struttura sovrana su uno spazio, quello del nucleo familiare, che andava gestito e soprattutto consumato e goduto. Con il senno di poi si pu affermare che sinaugura qui quel percorso della modernit che trasformer il cittadino in un consumatore, riscrivendone la sua fisionomia sociale e i suoi valori. Per riassumere. Fino alla fine dell800 i congegni di comunicazione, in quasi tutte le loro forme, risultavano di fatto o troppo costosi, o troppo lenti o troppo poco diffusi. Tutta una serie di essi che al loro apparire sembravano stupefacenti, finirono per mostrare, grazie allincalzare del progresso scientifico, dei limiti operativi che ne riducevano luso, con il risultato di deprimere la domanda di acquisto, indebolire la produzione e, alla fine, rallentare la circolazione delle informazioni. Tutto ci si risolse, inevitabilmente, con una spinta verso la ricerca e linvenzione di nuovi congegni e di un rapido re-styling di quelli obsoleti. Se mettiamo insieme tutte le invenzioni dell800 e cerchiamo di dare loro un senso, costatiamo che, verso la fine di esso, grazie a queste invenzioni molti aspetti della vita corrente e delleconomia e poi, a seguire, della vita sociale e culturale ne escono profondamente mutati. Linnovazione pi importante per si registra a livello concettuale. Questa invenzione rappresentata dalle prime reti di connessione che disegnano sul territorio una trama, pi o meno fissa, di punti e di snodi attraverso i quali passa un flusso costante di dati di diversa natura. In questo contesto, le citt, che si erano strutturate nel tempo per successivi accumuli di congegni e forme di comunicazione, sono ora diventate i punti chiave naturali di questa trama che in qualche modo materializza i diversi aspetti sotto i quali si diffuso il pensiero umano. Dobbiamo notare anche unaltra importante trasformazione. Fino a quasi tutto lOttocento il mercato delle connessioni aveva conosciuto soprattutto dei contenuti o dei dati materializzati su supporti, come sono i libri, i giornali, i manifesti, le locandine. Adesso, nel giro di pochi anni, cominciarono ad imporsi le reti. Da un punto di vista funzionale le reti sono un congegno che comprende quattro elementi principali: - Una infrastruttura materiale, che risulta dalla combinazione di un tracciato inscritto in un territorio, come sono gli acquedotti, le ferrovie, le linee aeree del telegrafo. - Degli snodi di smistamento diversamente collegati. Come sono i porti, le stazioni, gli uffici postali, eccetera. Un flusso, che pu essere continuo o discontinuo, di materiali, di energie o di

informazioni. Cio, un flusso costituito da acqua, gas, onde elettromagnetiche, corrispondenza, carrozze ferroviarie, eccetera - Una centrale operativa, capace di gestire la rete e di organizzare la circolazione dei flussi. Intorno al 1850 sono almeno sei le grandi reti in funzione: Acqua, Posta, Ferrovia, Navigazione, Telegrafo, Scuole pubbliche. Se, invece, si riflette sui costi e sullimportanza delle reti facile constatare che, nella grande maggioranza dei casi non potevano non essere costruite con capitali pubblici, dunque non potevano non essere di propriet dello Stato che per loro tramite esercitavano un diretto potere dintervento dai forti contenuti sociali e politici per la collettivit. Come facile intuire le reti costituiscono un rilevante apparato di valorizzazione economica del territorio e della qualit della vita che servono con i loro beni e servizi. Dalla peculiarit fisica delle reti derivano le tre inedite e importanti figure di gestione della connessione. La prima figura quello dello Stato imprenditore monopolista che fa pagare spesso a prezzi politici pi che rimunerativi una tariffa per unattivit di cui si riserva lesercizio esclusivo. Come stato fino a poco tempo fa in Europa per le poste, i telegrafi, le ferrovie, ecc - La seconda figura quella dello Stato erogatore di un servizio, ma non in condizioni di monopolio. Sono, in genere, i servizi in cui non richiesto un prezzo, ma il pagamento di una imposta. Due casi classici, ancora parzialmente validi, sono quelli dellistruzione o della sanit. - La terza figura quella per la quale un operatore privato agisce su licenza o concessione dello Stato, in condizioni di monopolio o di oligopolio. In questo caso, la figura delloperatore privato deve rispettare le leggi e gli indirizzi politici che regolano la vendita di questo servizio. Un esempio sono le concessioni delle reti di trasporto locale su strada. Accanto alle reti, si cominciano a formare, sempre intorno alla fine dellOttocento, i primi mercati di massa della comunicazione. Il pi importante quello dei quotidiani. C poi un altro grande elemento di crescita che cominci ad esercitare una notevole influenza su questo mercato, la pubblicit. Essa permise ai giornali e ai quotidiani in particolare di espandere e stabilizzare le tirature. La pubblicit, a cavallo tra Ottocento e Novecento, grazie allespansione dei consumi e dellofferta di beni e servizi mut velocemente da fenomeno episodico a presenza fissa e importante del paesaggio sociale. Di pi essa cominci a svolgere una importante funzione dinformazione sui beni e le merci in circolazione, tanto che, almeno a questo stadio del suo sviluppo, alla pubblicit va riconosciuto di essere stata un efficace strumento dinterazione sociale di massa per il contribuito (indiretto) che diede nellamalgamare i gusti, le mode e i consumi.

Vediamo, adesso, per punti le trasformazioni organizzative e sociali che contraddistinguono questa prima stagione di connessioni effettuate con le reti e caratterizzate dalla loro rilevanza di massa. Primo punto. Con lintroduzioni delle reti la connessione diventa mondiale e tende a diventare istantanea, cio, linformazione comincia ad essere diffusa in tempo reale. Secondo punto. Assistiamo ad un evidente miglioramento delle capacit operative delle organizzazioni legate al mondo della connessione. La loro architettura formale, diventata estremamente complessa e si trasformano in una parte integrante dellambiente. Lesempio moderno pi evidente rappresentato dai satelliti geo-stazionari, dalle antenne televisive, dai ponti radio dei telefonini, che fanno oramai parte dello spazio e del paesaggio aereo di tutte le citt del mondo. Da qualche tempo a questa parte si parla di razionalizzare questo paesaggio che molti ritengono nocivo per la salute. Terzo punto. Laumento dei prodotti cognitivi immessi sul mercato diventa costante ed essi si differenziano sempre di pi sia sotto laspetto dellefficacia che delle loro strategie di valorizzazione. Sono strategie che si riflettono sullampia gamma delle offerte accessorie e dei prezzi. Come il caso della telefonia o dellofferta televisiva di programmi che concorrono alla composizione dei budgets pubblicitari. Quarto punto. I mercati della comunicazione cominciano, per riuscire ad allargare la propria base e a consolidarla, a valorizzare sempre di pi i prodotti a basso prezzo e a alta obsolescenza. Vale a dire cominciano a nascere le prime strategie per la corsa a porzioni di mercato specialistico e sempre pi redditizie, anche a scapito degli standard di compatibilit e di qualit. Quinto punto. Il pi importante dal punto di vista del discorso sociologico. La grande quantit di prodotti cognitivi messa in circolazione e facilmente accessibile tende a consolidare a livello di massa, in modo durevole e facilitato, laccesso allinformazione, soprattutto nei paesi del mondo occidentale e, tra questi, quelli con una tradizione di democrazia. Va anche osservato come questi prodotti cognitivi, cos importanti e diffusi, sono penetrati cos profondamente nella vita quotidiana che diventa sempre pi un abitudine condivisa impiegare il proprio tempo sociale in forme di comunicazione diverse dal semplice contatto interpersonale. Torniamo allinizio del 900. Ci sono altre novit da considerare di grande rilevanza sociologica per lo studio del comportamento, perch i congegni per comunicare cominciano ad entrare nelle case e ad integrarsi alla vita quotidiana degli individui. Come abbiamo gi considerato fino allultima decade dellOttocento nelle abitazioni, in genere, non si trovavano che prodotti cognitivi realizzati dalle macchine, giornali, libri, ritratti fotografici, cartoline postali, ecc Adesso, per, cominciano ad entrare nella vita quotidiana anche i congegni stessi che servono a comunicare.

In breve, intorno ai primi anni del Novecento, per usare unespressione moderna, due mercati di hardware penetrano nelle abitudini dei pi. Sono il telefono e le macchine per la riproduzione del suono, da una parte, la macchina fotografica, dallaltra. Di questi due hardware quello che da subito riscuote un grande successo la macchina fotografica. In ogni modo, sotto laspetto delle mode, la registrazione sonora il fenomeno che ha prodotto il primo mercato di massa in cui il divismo gioca un ruolo essenziale. Un ruolo che divent presto un grande contributo alla costruzione di quelle figure di riferimento che contribuirono a costruire i cosiddetti mercati di massa tramite il meccanismo dellemulazione. Per averne unidea basta riflettere su questo dato: Nel 1910 il mercato americano era arrivato ad assorbire pi di trenta milioni di dischi tra canzonette, ballabili, lirica. Su questo mercato, curiosamente, la prima star in assoluto non fu una donna, ma un cantante italiano, Enrico Caruso, che per primo batte la soglia del milione di dischi venduti. In termini riassuntivi si pu dire che la cosa pi rilevante di questi anni una tendenza che, con il tempo, diventer ancora pi tangibile e che possiamo esprimere cos: Una serie di esperienze vissute, che si svolgono in ambienti naturali, come, per esempio, la visione di paesaggi marini, montani, di deserti, di oceani, di animali rari, di esperienze che si svolgono in luoghi unici o riservati, davanti ad opere, rappresentazioni o cerimonie particolari, come una cerimonia in un palazzo reale, la visione notturna dei templi dellantica Grecia, uno spettacolo allArena di Verona, la partenza di una navetta spaziale da un cosmodromo, la finale di un campionatori calcio, oppure di esperienze di guerra o di cataclismi naturali, come uninsurrezione popolare o un maremoto, perdono il loro carattere di irripetibilit e diventano riproducibili. Di fatto, queste esperienze, rare e spesso irripetibili, entrano nelle abitazioni e la loro fruizione non pi vincolata ad un luogo o ad un momento prefissato e pu essere ripetuta. Vediamo, adesso, a partire da queste circostanze, il ruolo del cinema. Abbiamo gi costatato come la rappresentazione teatrale unesperienza a forte intensit emotiva, esattamente come lo possono essere un balletto o un concerto. Questa intensit emotiva che si forma e si stratifica nel tempo, condizionandoci, divenuta, secolo dopo secolo, una specie di memoria sociale, spesso dai forti contenuti sacrali e contribuisce a forgiare le norme morali e le regole del comportamento collettivo, qualcosa, insomma, che aderisce ai comportamenti vissuti e li modella. Con il cinema la qualit rituale e lacuito stato emotivo dellesperienza che si sviluppa, come a teatro, in un recinto, divenuto ora anche buio e confortevole, come il letto in cui sogniamo, fa si che lazione vissuta attraverso una macchina per comunicare (il proiettore) acquisti unulteriore dimensione che in qualche modo condiziona senza che ce ne rendiamo conto, la nostra vita sociale e i nostri comportamenti collettivi . La prima considerazione intuitiva, dopo circa un secolo di condizionamento alle immagini proiettate e in movimento, siamo giunti alla situazione, assolutamente paradossale, di commuoverci di pi di fronte a queste immagini che di fronte alla realt. Allinizio per motivi tecnici e successivamente perch funzionali allefficacia dello spettacolo il cinema ha finito per fare sue ed elaborare alcune condizioni operative che agiscono sugli aspetti inconsci della personalit degli spettatori.

Quali sono queste condizioni? Vediamo le pi importanti: Un luogo chiuso costituito da una sala nel buio di grande conforto psicologico. Degli eventi eccezionali drammatizzati con il trucco e la recitazione. Unalterazione dei tempi logici dellazione. Un iper-verismo delle situazioni recitate. Per ricapitolare: Il cinema mette in scena avvenimenti non limitati dalle leggi della fisica o dalle leggi che regolano lesperienza comune. Li connette nel tempo come vuole. Soprattutto, sviluppa una serie di regole di costruzione della narrazione che, in qualche modo, gi erano presenti nel romanzo e che hanno molte cose da spartire con le leggi psichiche che da millenni governano lattenzione e favoriscono la formazione del simbolico. Il cinema introduce, cos, nei congegni per comunicare la dimensione dello sviluppo temporale dellazione, uno sviluppo molto diverso da quello della vita corrente e se vogliamo del disco su un grammofono, perch pi completo ed enormemente pi complesso, dunque, pi totalizzante. Questa serie di requisiti fa del cinema lerede pi importante di quella dimensione narrativa che in qualche modo formativa dellesperienza sociale delluomo, perch noi viviamo nel tempo e questo tempo un tempo storico. Ritorniamo ora al tema dei nuovi media. Abbiamo visto come i nuovi congegni per comunicare, la cui storia procede di pari passo con la rivoluzione industriale ed informatica, generano una quantit di contenuti incommensurabili rispetto al passato e, in particolare, eliminano definitivamente la strettoia costituita dalla scrittura, almeno per quanto riguarda la stragrande maggioranza degli uomini. Siamo in presenza di un altro di quei curiosi paradossi della vita sociale. La scrittura sta trasformandosi in una specie di metodo di trasmissione della conoscenza ad uso delle lite, mentre lenorme massa della popolazione mondiale, che non alfabetizzata, pu impiegare il suo tempo libero con alternative molto varie, comode ed attraenti, sia pure con grandi deficit a livello della conoscenza, che derivano dal consumo di contenuti diffusi per via meccanica o elettronica. Qual il nocciolo del problema? Queste alternative di consumo cumulandosi nel tempo finiscono per rappresentare una sorta di congegno invisibile di educazione e di adeguamento di massa ai nuovi sistemi di convivenza collettiva, capace di agire facilmente ovunque, in particolare, nelle grandi metropoli, miscelandosi con le forme dellinterazione sociale e degli stili di vita dei pi deboli, dei piccoli gruppi, degli emarginati, com il caso degli emigrati, dei giovani non alfabetizzati, degli anziani, delle minoranze religiose. Unaltra tendenza, che emerge a partire dalla fine della prima guerra mondiale, riguarda poi le reti di comunicazione. quello che le caratterizza non tanto la possibilit di connettere due o un piccolo numero di soggetti, ma di diffondere su pi soggetti uno stesso contenuto attraverso un flusso, il pi delle volte continuo, da unemittente a molti riceventi. un fenomeno che si era andato delineando con la radio. In seguito, con lavvento del mezzo televisivo, la variante fondamentale, rispetto alla radio, rappresentata dalla ricchezza dei contenuti e dalla capacit della televisione di immergerci negli avvenimenti. A differenza del cinema la televisione entra nelle case con alcuni caratteri che le sono propri, vale a dire: - Ci fornisce una poderosa sintesi bidimensionale della vita corrente, uniformata dallo spettacolo. - comoda e facile da consumare e il suo consumo pu essere ininterrotto e

privato. - Ci offre un potenziale collegamento istantaneo con ogni punto del mondo, interpretandolo e manipolandolo. Quando nel 1956 i tecnici della Ampex misero a punto la videoregistrazione su nastro, di fatto fu rimosso lultimo ostacolo tecnico di una certa ampiezza relativo a questo congegno, vale a dire, svincolarono la produzione televisiva dallobbligo della diretta, intensificando il suo potere di coinvolgimento attraverso il dosaggio dellinformazione e dellintrattenimento e il montaggio di taglio cinematografico delle notizie. La televisione e pi in generale, la forma di spettacolo (cio, la spinta a teatralizzare e ad estetizzare la realt) ha conquistato il tempo della vita degli uomini dellintero pianeta e ha cominciato a modulare questo tempo di vita su una medesima onda di contenuti. Per questo, molti sociologi dicono che essa rappresenta un fenomeno sociale grandioso e tragico. Con la televisione, sezioni sempre pi importanti dellesistenza personale dei telespettatori e territori sempre pi ampi di percezione, si coordinano tra la popolazione su scala mondiale. La stessa intensit dellattenzione si acuisce ed acquista un rilievo emotivo di massa lesperienza del consumo dei prodotti mediali. In altre parole, questa sincronia di massa delle esperienze del vivere di esperienze costruite sugli stessi contenuti e che finiscono per essere assimilate ad uno spettacolo suscita delle importanti conseguenze sulla politica, sulla formazione dei consumi e delle credenze, sui luoghi comuni legati ai giudizi di valore, sugli stili della vita materiale, sulle aspettative emotive delle grandi masse. Questa enorme sincronia di massa, che il tratto pi rilevante della comunicazione nella seconda met del 900, si costantemente allargata fino a globalizzarsi e si arricchita di unaltra applicazione tecnica, il feed-back o retroreazione che, regolando i segnali in entrata sulle uscite precedenti, modula quelli delle uscite successive, nella fattispecie, agevola e approfondisce il coordinamento dei pensieri e, di riflesso, delle opinioni e delle emozioni, come oramai avviene correntemente con il computer e linterattivit. Naturalmente per valutarne fino in fondo gli esiti, sul piano della ricerca sociale, occorrer aspettare ancora qualche tempo. Questo intervallo di tempo che tutto lascia prevedere molto breve, ancora una volta, segner, volenti o nolenti, una svolta nella storia delluomo sulla terra. ***

Appendice uno. Nella seconda parte di questo corso abbiamo cercato di illustrare qual il paradigma esplicativo dellevoluzione della comunicazione dal punto di vista delle scienze sociali. In altri termini, il modello di riferimento o, meglio, la matrice disciplinare con cui la sociologia oggi affronta le interconnessioni che strutturano la vita corrente e le forme della comunicazione oltre il face-to-face. Per raggiungere il nostro obiettivo abbiamo usato lo strumento della storia evolutiva della comunicazione perch ci consentiva di mostrare il disporsi sistemico di tutte le forze e di tutte le istituzioni che formano la societ.

C un punto critico per le scienze sociali che doveva essere sottolineato e che abbiamo fissato allinizio del Novecento. La straordinaria mutazione seguita al diffondersi dellelettricit, delle reti materiali ed immateriali e dei congegni ad essi correlati pu essere definita antropomorfa, perch ha coinvolto il rapporto tra corpo, mente ed esperienza della realt, con conseguenze che ancora ignoriamo e con metamorfosi che continuano a rendersi palesi e a sorprenderci. A questo proposito Marshall McLuhan (1911-1980) diceva che la storia della comunicazione umana a partire dal congegno voce si pu definire composta da tre fasi. Una fase predominata dalla forma orale (dalloralit). Una fase dominata dalla scrittura. Una fase dominata dallelettricit. La prima durata circa 250mila anni. La seconda circa 2500 anni. La terza, appena iniziata ha poco pi di un secolo di vita. Tendenzialmente sar molto pi breve della seconda. A proposito della fase dominata dallelettricit McLuhan commenta: Nellera della meccanica avevamo operato una estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo un secolo e passa di impiego tecnologico dellelettricit, abbiamo esteso il nostro sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che abolisce tanto il tempo che lo spazio. Per questo molti studiosi fanno delle equiparazioni funzionali tra reti neuronali e reti elettriche. Lo vedremo in seguito. Per riassumere, come se tutte le forme di esistenza della modernit fossero state unificate da un vettore spaziale-iconologico cio, giocato sulle immagini in movimento che ha finito per rappresentare il senso stesso del mondo. Questo vettore si manifestato soprattutto come un potente strumento di sincronia di massa. Come abbiamo gi visto la sincronia un concetto elaborato da Ferdinand de Saussure (18571913), il fondatore della linguistica, per indicare la capacit di un linguaggio di costruire un senso. Occorre tener presente che i linguaggi non-umani, animali o artificiali, servono a comunicare, non a costruire paradigmi cognitivi sensati. Parlando dei modi di connessione abbiamo osservato che il quinto modello di connessione quello che ha inizio nel Novecento con linvenzione di un congegno straordinario, la radio, che da vita ai primi importanti fenomeni di sincronia di massa. Il carattere innovativo di questo modello sta nel fatto che il cuore della comunicazione non ha pi al centro lo scambio comunicativo tra due o un piccolo gruppo di soggetti, ma il diffondersi rapido dellinformazione come una merce/prodotto da uno o pi centri organizzati verso una moltitudine di consumatori. Per mostrare lefficacia di questo fenomeno di sincronia fin dal suo sorgere va ricordato limpatto traumatico sui radioascoltatori di una trasmissione radiofonica, La guerra dei mondi di Orson Welles (1915-1985), realizzata negli Stati Uniti da questo giovane regista ventitreenne nel 1938, la vigilia di Halloween, la festa che noi chiamiamo di Ognissanti. In altre parole, ci che fino ai primi del Novecento era affidato allaffabulazione di poeti, cantori, scrittori, eruditi, divulgatori viene distribuito su larga scala prima dalla radio e poi dalla comunicazione filmica, televisiva, e infine televisivo-informatico-personalizzata.

Apriamo una piccola parentesi su come la sociologia definisce la multimedialit Diciamo per cominciare che la compresenza di pi strutture comunicative sullo stesso supporto informatico che moltiplica i piani di lettura e, per conseguenza, i processi interpretativi. Per estensione si parla di contenuti multimediali quando uninformazione si avvale di molti media, immagini in movimento (video), immagini statiche (fotografie), musica, grafi e testo. (Wikipedia lesempio pi popolare di questa multimedialit.) La multimedialit non va assolutamente confusa con linterattivit. Lequivoco, in genere, nasce dal fatto che la multimedialit spesso anche interattiva, cio, consente allutente di interagire con essa. Che cosa vuol dire? Che si pu comunicare con il mouse o la tastiera e ricevere delle risposte. Perch importante la interattivit? Perch essa indica che un sistema non fisso, ma varia al variare dellimput dellutente o, meglio, varia in base al potere cognitivo di costui. In questo modo ed un punto critico si riproducono le differenze e spesso si accentuano. La maggior parte dei sistemi e dei congegni della modernit sono interattivi. In linea di principio, anche una lavatrice lo , perch di fatto modifica il suo programma in base alle nostre richieste. Il sistema interattivo per definizione il computer. Mentre non interattiva la televisione analogica, per questo, il suo consumo definito una fruizione passiva. La televisione digitale, invece, pu essere interattiva e il suo futuro dipende proprio da questo, di essere suscettibile di feedback, cio, di riscontro/risposta. Unaltra confusione tra multimedialit e ipertestualit Lipertestualit la caratteristica di un documento di utilizzare la struttura dellipertesto, di poter navigare in esso. Dal punto di vista cognitivo moltiplica i punti di vista e sconnette lanalisi ermeneutica, vale a dire la scienza dellinterpretazione. Il sapere non pi un tessuto cognitivo omogeneo, ma un insieme di nuclei portatori di conoscenze in divenire. Questo sapere si evolve pi velocemente ma per unit discrete e a labile connessione. Ritorniamo al nostro tema, quello della connessione. Che cosa va rilevato in essa dal punto di vista fenomenologico? Che dai metodi, dalle forme, dalle tecniche con cui questa connessione si effettua che la comunicazione stessa evolve anche a dispetto delle attese soggettive. Evolve con e per mezzo dei meccanismi socio-economici che con essa interagiscono. In linea generale si pu notare che oggi nei paesi a capitalismo le disparit economiche hanno unimportanza minore delle disuguaglianze cognitive. Se osserviamo la storia di questo ultimo secolo vediamo emergere con chiarezza gli effetti di massa che tutto ci ha generato tra i consumatori-utenti: * Imitazione massiccia degli stili di vita delle lite dello spettacolo e del potere economico. * Imitazione degli atteggiamenti divistici. * Uniformazione del modo di pensare il proprio corpo e il proprio modo di abbigliarsi sviluppando una sorta di conformismo creativo. * Assimilazione, il pi delle volte inconscia, dei messaggi che orientano i consumi e le opinioni politiche ed etiche. [Parte 8 di 8 - Ultima parte] Queste nuove forme di comunicazione hanno anche trasformato il modo di pensare il tempo. Per esempio, il presente che viviamo si dilatato e in esso non si coglie pi il fluire del passato. Noi viviamo un tempo reale che fatica a diventare tempo storico.

A livello psicologico nessuno vuole pi invecchiare perch risultano svalorizzati il vissuto e la memoria. Perch la storia sociale come scuola di vita tramontata. Con quali conseguenze? Che le strutture narrative, che un tempo intrecciavano le costruzioni del senso, si sono affievolite, mentre il progredire delle frontiere tecnologiche va di pari passo con le trasformazioni dei meccanismi cognitivi. In breve, il dominio del tempo e dello spazio amplia i poteri della mente, nello stesso movimento che altera il fluire della coscienza. In questo modo, allinterno delle societ avanzate si generano nuove forme di anomia sociale che non sappiamo ancora affrontare. Sotto un altro aspetto come se la contingenza avesse preso il posto della narrazione. Una contingenza com per esempio quella che si ottiene con lo zapping che crea una cultura sempre pi forte per la potenza dei suoi contenuti, ma allo stesso tempo capace di rendere lindividuo sempre pi estraneo al suo senso, alla capacit dinterpretarla.

In questo contesto evolutivo il fattore organizzativo finisce per svolgere un ruolo capitale. Come tutti possono vedere si ridotto lintervallo tra produzione dei contenuti e il loro consumo. Si incrementata la qualit e lintensit delle rappresentazioni. Tutto appare e diviene pi fragile ed aleatorio. Le reti sono cos divenute uno strumento di creazione e trasformazione dei problemi sociali e della soggettivit individuale. Paradossalmente, le stesse conoscenze individuali hanno subito una trasformazione significativa. Da un paio di generazioni almeno a questa parte e per la prima volta nella storia delluomo, il patrimonio di conoscenze di cui una persona dispone allinizio della sua carriera destinato a diventare soprattutto in campo scientifico, prima della fine della sua vita professionale, obsoleto. Non per caso, nei paesi industrializzati quelli che perdono loccupazione dopo i quarantanni faticano a trovare un altro posto di lavoro.

Pi concretamente, lavvento del world wide web ha segnato linizio di unera di cui non sappiamo ancora tracciare in modo verosimile il percorso. Nonostante una grande quantit dinformazioni si sia resa disponibile ai pi sempre pi difficile determinarne la veridicit e laffidabilit. Per molti internet rispecchia il caos del mondo reale, per altri, lo sviluppo della comunicazione istantanea e decentrata.

In ogni caso porter a dei cambiamenti significativi nella struttura dei mass media e dunque della societ della conoscenza, di come questi cambiamenti si depositano nella cultura e di come potranno essere usati. Come sempre, da una parte ci sono gli apocalittici per i quali i media hanno un potere di distruzione delle forme classiche della socializzazione dallaltra ci sono gli integrati propensi a considerare positivi gli esiti della socializzazione tramite i media. Una cosa, per, appare assodata. Questo secolo sar dominato dalle problematiche dellinformazione, come il Novecento stato dominato dal tema dellenergia e lOttocento dalla trasformazione e dalla nascita di nuove materie di sintesi. Se vi guardate attorno, in casa, per strada, in questa scuola, non vedrete che oggetti e strumenti costruiti con sostanze che non esistevano nel Settecento. Per analogia si pu immaginare che questa storia si ripeta tra gli uomini che hanno festeggiato il capodanno dellanno duemila e i loro nipoti appena nati. Per quanto riguarda loggi una cosa certa. I media a ragione della loro struttura comunicativa modificano profondamente la nostra percezione della realt e della cultura senza che gli uomini lo percepiscano nel momento in cui queste modificazioni avvengono. Lo intu per primo un autore spesso in questo corso ricordato, Marshall McLuhan (1911-1980), che lo sintetizz in una formula efficace: il medium il messaggio o, meglio, il massaggio.

Il titolo del libro a cui questa formula fa capo : The medium is the massage, McLuhan lo scrisse con Quentin Fiore nel 1967. Alcuni dicono che il mezzo divenuto il massaggio a causa di un errore del tipografo che entusiasmo McLuhan, che lo lesse anche come mass age. Pi verosimilmente ricavato da unaffermazione di Thomas S. Eliot, nato in America, ma considerato uno dei poeti inglesi pi famosi del Novecento. Eliot in un saggio critico scrisse che il poeta si serve del significato come un ladro di serve del pezzo di carne che lancia al cane di guardia per distrarlo ed entrare in casa. Per analogia, credere che un sito internet trasmetta contenuti piuttosto che forme di mutamento e come pensare che lo scopo del ladro sia sfamare il cane che fa la guardia. In realt noi siamo massaggiati dal mezzo e in qualche modo plasmati da esso. In altri termini, i media ci condizionano e contribuiscono a modellare il nostro modo di pensare. McLuhan lautore pi famoso di quella che stata definita la Scuola di Toronto, a cui hanno dato il loro contributo Harold Innis, Walter Ong, Joshua Meyrowitz e molti altri.

Il fatto poi che la comunicazione di massa sia diventata una merce rende estremamente importante lo studio delle strategie con cui vengono prodotti e diffusi i messaggi, specialmente quando lo scopo di questi dinfluenzare i comportamenti dei destinatari. Per la sociologia dunque i mass-media sono divenuti dei potenti ed ancora incontrollabili agenti di socializzazione, come lo erano ieri la famiglia, gli amici, le piazze, i teatri, la stampa popolare. Incontrollabili, va da s, dal punto di vista del controllo della loro capacit di manipolare lopinione.

Questa socializzazione dipende: *da strategie intenzionali (come sono quelle contenute nelle trasmissioni radiofoniche, cine televisive, internet) * da effetti indiretti (come la forzata condivisione dei consumi e degli stili di vita che scaturiscono dalla pubblicit mascherata da informazione o occulta, quella dei telefilm, dei reality show, dei serial) Molti ritengono e non senza qualche ragione che queste nuove forma di socializzazione siano diseducative perch si concentrano sul solo vedere. Oggi, nei paesi disposti sulla fascia temperata del pianeta e in particolare in quelli ad industrializzazione avanzata i bambini stanno davanti alla televisione per pi di trenta ore la settimana. Cosa comporta questo? Unaccentuarsi della difficolt a distinguere la realt dalla finzione. Una disumanizzazione dellAltro da s. Il fatto che ci sia tanta violenza sul piccolo schermo induce il bambino ad una vera e propria indifferenza empatica per i problemi altrui. Come tutti hanno avuto modo di constatare, nel mondo degli adulti ci si commuove per gli avvenimenti di una fiction e si resta indifferenti mentre sul telegiornale scorrono scene di fame o di violenzae questi adulti non hanno alle spalle una storia televisiva paragonabile a quella dei loro figli. Unaccentuata difficolt a distinguere tra gli oggetti in particolare quelli animati e le persone, chel induce a pensare di poter trattare le seconde come se fossero cose. Un accrescimento dellaggressivit.

Vediamo adesso alcune tesi di un sociologo che ha lavorato a lungo con McLuhan, Derrick de Kerckhove, belga di nascita, naturalizzato canadese e direttore del McLuhan program presso lUniversit di Toronto.

Questo autore, tra laltro, insegna anche in Italia, presso lUniversit degli Studi di Napoli, Sociologia della cultura digitale. Kerckhove stato uno dei primi sociologici ad aprire un dibattito sul tema della collettivit e della connettivit. La connettivit qui intesa non solo come un problema informatico per la soluzione della comunicazione tra sistemi diversi, ma come un approccio collettivo di singoli soggetti per il raggiungimento di un obiettivo, di un oggetto multimediale o di un artefatto cognitivo.

Il suo obiettivo quello di esplorare come le nuove tecnologie influenzeranno la societ a partire da unidea di fondo, quella per la quale queste tecnologie non solo promuoveranno delle inedite espressioni artistiche e culturali, ma le integrano in nuovi sistemi significanti.

In altri termini, di come si ricompone il tema dellestetizzazione della societ e dei valori che promuovono letica e la formazione del sacro. Il punto di partenza il superamento di quella che egli definisce la civilt della televisione. Un congegno sostanzialmente passivo che ha relegato lo spettatore a semplice consumatore o adoratore di merci, ad una societ nella quale il computer il simbolo di una nuova stagione di forme e strategie interattive. Questa nuova stagione, afferma Kerckhove, sar necessariamente allinsegna di una nuova estetica, le forme dinterazione saranno pi artistiche e legheranno larte alla scienza.

In altri termini, si trasformer radicalmente lestetica del sentire. In questa visione, di cui gi si possono cogliere i prodromi, lattenzione si sposter dallartistaproduttore, inteso come creatore, al fruitore-consumatore, che interverr direttamente sulloperaprogetto. La rete, in sostanza, destinata a diventare uno strumento di nuove aggregazioni socio-culturali basate sia sugli interessi che sulle affinit di coloro che sapranno gestirla.

Se non saranno modificati eccessivamente (da un punto di vista economico) i parametri per accedere alla rete questa nuova visione sociologica delle reti sostiene che i rapporti sociali riacquisteranno quel potere che hanno perduto con laffievolirsi delle ideologie nel corso del Novecento, cio con le antiche architetture del mondo. Nei fatti tutto tende a far si che linformazione diventi il vero ambiente (un neo-luogo) in cui si muovono gli uomini e le idee, un ambiente in cui sar determinante il peso che acquisteranno i mezzi che portano i messaggi.

Unidea mediata direttamente da McLuhan che ha affermato come i media moderni sono delle forme di ambiente in cui vive luomo che da essi modellato. In questo modo il problema si sposta verso lo spazio comune, verso la comunitas dove ogni singolo uomo testimone dellesperienza ambientale che ha vissuto e tutti insieme dovrebbero rielaborare questa esperienza. Lo spazio pubblico (condiviso) era un tempo il paese, poi la citt, la nazione, la regione, il continente. Oggi il pianeta. Lambiente, dunque, il nuovo medium ed esso globale anche se non pi sensoriale.

Quando linformazione viaggia alla velocit dellelettricit, il mondo delle tendenze e delle voci, afferma McLuhan, diventa il mondo reale, o se si preferisce, lo specchio del mondo che conosciamo. evidente che oggi nel sistema delle comunicazioni lintervallo tra stimolo e risposta, cio, tra chi trasmette e chi riceve collassato. Di contro, tende costantemente ad aumentare in maniera esponenziale la quantit delle transazioni pi o meno reali o necessarie. Da qui linterdipendenza, che si realizzer nel ventunesimo secolo, tra le tendenze sociali, economiche, culturali e politiche, che render tutto apparentemente incerto e certamente complesso, facendo crescere la sensazione di un bisogno di sicurezza.

Sotto un altro aspetto, tutto accelerato e, per questo, vissuto in modo sempre pi precario. C sempre meno spazio tra lazione e la reazione, tra gli stimoli e le risposte del pensiero connettivo, con la conseguenza che si formata una sorta di contiguit tra il pensiero che pianifica e lazione. Il pensiero connettivo , per Kerckhove, il prodotto cognitivo che nasce dallinterazione tra gli individui. Di pi, la moltiplicazione dei contatti comporta la possibilit di unificare le risposte di tutto il pianeta, moltiplicandone gli effetti. Le conseguenze le vediamo bene nel mondo delleconomia e soprattutto della finanza cio del capitale immaginario dove interi comparti, possono essere rielaborati, esaltati o stravolti nel giro di poche ore. La rete finisce cos per fungere da moltiplicatore, sia positivo che negativo di tutti gli effetti. In questo senso profetica unaffermazione di McLuhan: Linflazione denaro che ha una crisi didentit. Vale a dire, linflazione pi simile ad una

crisi emozionale che al risultato di fattori tecnici diretti. Perch emozionale? Perch nel villaggio globale informatico il rumore realt.

Su un altro piano come se dicessimo che linconscio collettivo sta per essere soppiantato da un inconscio connettivo. Non domina pi il senso, ma il condiviso. Cambia anche la dimensione del tempo. Un antico proverbio inglese diceva che il tempo denaro. Oggi il tempo il mercato. Il tempo si acquista come possibilit di scelta e questa scelta sempre pi legata allo spazio della realt virtuale. In breve, questo globalismo che si sta prospettando come il nostro futuro si fonda soprattutto su due fattori, il multiculturalismo e la condivisione dei destini. Come dicono i poeti di questa nuova realt, una farfalla sbatte le ali in Cina, in Europa trema una banca. Questa condivisione dei destini un punto importante per le scienze sociali perch ridefinisce lindividuo dal punto di vista delle sue responsabilit sociali, economiche, ecologiche ed etiche. In altri termini si sta sviluppando un nuovo paradigma di responsabilit civica e pubblica, perch globalit significa anche estensione delle responsabilit. Non per caso nel tempo della velocit elettrica siamo tutti pi vicini e il problema del mio vicino anche il mio problema, sia che si parli di politica, di diritti umani, di economia, di guerra o di privilegi. Un mio problema in tutti i sensi racchiuso nella formula chiamata atteggiamento nimby not in my back yard, non nel mio giardino. Esso consiste nel riconoscere come necessari, o possibili, gli oggetti del contendere, ma contemporaneamente, nel non volerli nel proprio territorio a causa delle eventuali controindicazioni sullambiente locale.

Per concludere la modernit si sta figurando secondo tre direttrici fondamentali: Linterconnettivit globale. Laccelerazione, senza precedenti, dellevoluzione degli stili di vita. Le trasformazioni ecologiche globali dovute allinterazione dei fattori evolutivi, sociali, culturali, economici e tecnologici. Tutto questo sar compatibile osservano gli organismi internazionali, se:

Miglioreranno le condizioni di vita. Ancora oggi almeno il venti per cento della popolazione globale vive in condizioni di povert estrema. Se cresceranno le aspettative di vita alla nascita e se si sapr gestirle. (Laumento della vita media, infatti, crea dei forti problemi sociali ed economici, come dimostra in Italia la discussione sulle pensioni danzianit.) Se saranno risolti il problema dellalfabetizzazione e quello dellemancipazione delle donne e dei pi deboli in genere. Se sar realizzato un accesso diffuso ed economico ai mezzi di comunicazione. Se cresceranno il prodotto interno lordo dei paesi industrializzati e le istituzioni democratiche dei paesi delle zone povere. Se le tensioni sociali non si trasformeranno in un rifiuto al cambiamento. Infine, ma non da ultimo, se non proseguir a questa velocit la rottura degli equilibri naturali e climatici. ***

Appendice due. Una piccola finestra sulla pubblicit. Allinizio del Novecento, come abbiamo gi detto, la pubblicit migliora le sue strategie operative ed aggiunge nuovi significati al suo messaggio. infatti, la crescita quantitativa dellofferta di beni e servizi spingeva sempre di pi i produttori a ricercare degli strumenti di competizione diversi dal prezzo, anche se spesso di difficile gestione, strumenti basati soprattutto su fattori immateriali. La pubblicit smise di essere un accessorio contingente nel meccanismo della vendita e divenne per le aziende che producevano beni e servizi di largo consumo un ulteriore elemento di conoscenza da offrire al consumatore e di contatto con il mercato in genere.

Questa conoscenza o era inglobata nel prodotto stesso, in questo caso consisteva soprattutto di etichette ammiccanti, di imballaggi di qualit e prestigio, di foglietti distruzione sapientemente redatti in modo da fidelizzare, come si dice oggi lacquirente. Oppure, questa conoscenza era fatta giungere al consumatore per vie esterne. Per posta, attraverso i giornali, le affissioni stradali, gli annunci radiofonici, eccetera.

Erano forme di conoscenza oggettivamente in concorrenza tra di loro, perch ogni produttore cercava dinventare una propria strategia operativa, e esse avevano un unico scopo, agganciare lattenzione del pubblico che consumava e spingerlo a consumare di pi, anche attraverso una sapiente gestione dellobsolescenza psicologica dei prodotti.

Possiamo dire che lapparato analitico che il mondo della pubblicit costru nel giro di una generazione, tra linizio del secolo e gli anni trenta, rappresenta una suggestiva innovazione concettuale nellambito delle strategie per vendere o incrementare i consumi.

Per la prima volta nella storia della comunicazione commerciale, attraverso una sistematica raccolta di opinioni, le idee correnti e gli stereotipi della gente comune venivano interrogati, analizzati, classificati ed usati al fine di aumentare le vendite. In altri termini, le motivazioni, le intenzioni, e i sentimenti che la sociologia aveva sempre interpretato dal punto di vista della persona, venivano esplorati anche sul piano collettivo ed usati nellopera di persuasione a fare o a non fare determinate cose, ad assumere o a non assumere determinati comportamenti.

Come facile intuire queste circostanze segnarono la nascita della ricerca sociologica sul campo che da questo momento e fino alla fine del ventesimo secolo caratterizzer la sociologia americana.

Sul piano della psicologia sociale furono progressi giganteschi e pericolosi, perch si ottennero penetrando nellintimit degli individui, cio, nella loro individualit.

Il pudore, infatti, non una faccenda di centimetri di stoffa in pi o in meno, ma una sorta di vigilanza su noi stessi che decide del grado di apertura o di chiusura verso laltro. Queste ricerche, in sostanza, nellesplorare la personalit degli individui, finirono per renderla pubblica con il risultato di alterare le forme di pudore e di omologare le forme dellintimit. Come si pu vedere, c una relazione molto stretta tra pubblicit e spudoratezza!

Apriamo una parentesi. Alcune ricerche sugli schemi comunicativi interpersonali furono svolte, negli anni 60 dalla cosiddetta Scuola di Yale, in particolare intorno al tema della persuasione. Esse si riallacciano alle ricerche empiriche compiute, dopo la fine della prima guerra mondiale, per

stimolare il mercato dei beni e dei servizi di largo consumo, mentre la loro ripresa deriva dal rinnovato interesse per il problema della comunicazione che si diffuse dopo la seconda. I finanziamenti pubblici che ricevettero contribuirono a rendere queste ricerche particolarmente accurate e ampie.

Abbiamo visto come un messaggio si componga di una fonte, del messaggio vero e proprio e di un ricevente. Questi tre elementi, dal punto di vista della persuasione, pongono tre interrogativi.

Sulla fonte: Qual leffetto della sua credibilit? Sul messaggio: Come deve essere strutturato un messaggio per essere persuasivo? Sul ricevente: Quali sono le persone pi facilmente influenzabili?

Qual la sostanza delle motivazioni che stanno dietro questi interrogativi? Uno. La comunicazione persuasiva ha leggi sue proprie. Vale a dire, ci sono comunicazioni che hanno a che fare con quesiti che non possono essere risolti attraverso losservazione diretta e che presentano delle conclusioni rispetto alle quali si possono sollevare opinioni diverse. C una distinzione, infatti, tra atteggiamenti ed opinioni. Le opinioni, in genere, sono risposte verbali o scritte delle quali emerge qualche questione generale. Gli atteggiamenti sono risposte implicite strettamente legate alle opinioni che orientano lindividuo.

Due. Le opinioni al pari delle abitudini derivano dallapprendimento e tendono ad essere mantenute fino a quando lindividuo non vive o subisce un esperienza di apprendimento diversa.

Tre. Perch una nuova opinione sostituisca quella di cui lindividuo gi dispone necessario che essa venga associata ad un vantaggio o ad un incentivo.

In questo schema, da dove deriva la credibilit del comunicatore, cio della fonte?

Per chi riceve il messaggio la credibilit deriva da tre elementi, la conoscenza, laffidabilit e la veridicit. Quanto al messaggio i ricercatori di Yale partirono dal presupposto che largomentazione a sostegno di una tesi o metteva in luce i vantaggi legati alladesione a questa tesi, oppure gli svantaggi della non-adesione.

Le ricerche verificarono che, quando un individuo esposto ad un messaggio contenente delle minacce per il S, per esempio, se fumi raddoppi la tua probabilit di morire di cancro ai polmoni, vengono sempre indotte reazioni emotive spiacevoli, con il risultato che lindividuo diventa fortemente motivato a prendere in considerazione delle risposte diverse fino a quando non trova quella che riequilibra lo stato emotivo negativo.

La cosa pi sorprendente fu lo scoprire che lappello alla paura pi elevato e pi induce ad una maggiore tensione emotiva nellaudience, ma la pi forte influenza sul comportamento, nella direzione desiderata da chi emette il messaggio, si ottiene quando lappello debole, non solo, il risultato cos provocato anche pi stabile nel tempo.

I ricercatori scoprirono che un appello forte provoca uno stress emotivo talmente intenso che pur di alleviare la tensione i riceventi del messaggio tendono ad ignorarlo o a minimizzarlo. Esattamente il contrario delle strategie adottate per ridurre il numero dei fumatori utilizzando delle scritte di sapore intimidatorio stampate sui pacchetti di sigarette. A distanza di qualche anno si vede come esse non hanno inibito pi di tanto i fumatori che reagiscono maggiormente ad altri stimoli, per esempio, alla penalizzazione del vizio attraverso laumento del prezzo dei pacchetti di sigarette o la disapprovazione sociale. I malevoli dicono che tutto ci era prevedibile considerato che chi ha fatto le campagne promozionali contro il fumo sono gli stessi che fanno le campagne promozionali indirette per promuoverlo.

A proposito del ricevente si scopr che la comunicazione che illustri i vantaggi che derivano dallaccettazione di una data posizione pu risultare persuasiva soltanto in relazione alle motivazioni personali del ricevente. Fu notato anche che, dal momento che gli individui vivono generalmente in gruppi, il livello di resistenza al cambiamento dipende spesso dallattaccamento che un individuo ha rispetto al gruppo di appartenenza, pi di quanto non dipenda da alcuni caratteri della personalit come lautostima, laggressivit, lintelligenza.

Va da s, allora, che conviene agire soprattutto sul gruppo di appartenenza dei soggetti che interessano la fonte che emette il messaggio, piuttosto che sul singolo individuo, anche se

evidente che lo stato danimo contingente al momento in cui si riceve il messaggio pu influenzarne lefficacia in un senso o nellaltro.

Per concludere, va anche osservato che queste ricerche, nate per incrementare i livelli di produzione dei beni di consumo, sono anche quelle che faranno fare,con i loro massicci investimenti finanziari, passi da gigante alla teoria della ricerca sociologia, alla microsociologia e alle tecniche sociometriche.

Il giudizio che oggi la sociologia ha sulla pubblicit radicalmente diverso. Essa accusata di creare conformismo e di contribuire a costruire falsi bisogni, un giudizio ambiguo, considerato che certe ricerche sociologiche sono sostenute dai capitali che orbitano intorno al mercato dei beni di consumo.

In dottrina possiamo affermare che la pubblicit crea conformismo, alimenta gli stereotipi della vita banalizzata e fabbrica falsi bisogni nel tentativo di aumentare i bilanci di spesa moltiplicando le offerte di gadgets e di merci superflue. Lo aveva notato, con molta ironia pi di un secolo fa Oscar Wilde, quando affermava che nulla pi del superfluo assolutamente necessario.

Nel libro, Le chewing-gum des yeux, Ignatio Ramonet, un sociologico sudamericano, ex-direttore di Le Monde diplomatique, scrive: Gli spots vendono sogni, essi propongono delle scorciatoie simboliche per lascensione sociale, essi diffondono prima di tutto dei simboli e stabiliscono un culto delloggetto, non per il servizio pratico che pu offrire, ma per limmagine che permette ai consumatori di darsi di loro stessi. ***

Appendice tre. La scrittura e levoluzione dei testi scritti. Riconsideriamo la scrittura per comprendere uno dei paradigmi della moderna comunicazione.

Consideriamo il passaggio dei testi scritti da un uso esclusivamente pubblico ad un consumo anche individuale.

Questo passaggio stato cruciale, perch costituisce la premessa da cui poi deriver la funzione sociale di quei particolari oggetti di uso quotidiano come sono i libri, i giornali, le agende e successivamente, per arrivare ai nostri giorni, i dischi, le cassette, i CD rom, i DVD, eccetera un passaggio che storicamente avvenne in concomitanza con la comparsa dei codici, come sono chiamati quei fogli di pergamena piegati ed uniti per il dorso in modo di formare una sorta di quaderno. La pergamena o, cartapecora, era fatta di pelle di capra o di pecora conciata e lisciata. Si chiama pergamena perch si pensa che sia apparsa, per la prima volta, a Pergamo, una citt dellAsia Minore, a circa un centinaio di chilometri da Smirne. Riuniti per il dorso i fogli di cartapecora formavano dei quaderni che, a partire dal secondo secolo dopo cristo, furono usati soprattutto dalle comunit cristiane. Il formato portatile e la leggerezza ne permettevano una comoda consultazione e una facile distribuzione.

Insieme al diffondersi dei codici si verificher un altro importante evento. Essi si erano radicati soprattutto nella cultura religiosa cristiana e, di conseguenza, la loro diffusione crebbe soprattutto tra i credenti.

Con il crollo dellimpero romano dOccidente, seguito a breve da quello di Oriente, e il conseguente periodo di decadenza che si produsse a partire dal V secolo dellera comune cal drasticamente il numero degli alfabetizzati e, al contempo, si ridusse linteresse per la lettura.

Questo stato di cose contribu ad affermare nel corso dellalto Medioevo una concezione sacra e magica del libro manoscritto. I codici furono trasformati in una sorta di contenitori dimmagini, molto simili a delle icone e si arricchirono di simbologie e di testimonianze fantastiche. In altri termini, le raccolte di codici perdettero molto della loro natura di oggetti duso e di riflessione, per trasformarsi in segni di fede da ammirare, memorie acritiche di un sapere da inculcare nella coscienza dei fedeli e degli illetterati.

Tutto questo favor la spinta verso forme di scrittura calligrafica e di redazione sempre pi preziose, anche a prescindere dalla loro importanza o veridicit. In breve questi libri manoscritti, o codici, si riempirono di illustrazioni, divennero raffinati nellimpaginazione, preziosi sotto laspetto estetico, con la conseguenza che, in molti casi, si perse luso del codice come mezzo di analisi e di riflessione critica.

Si modific anche il loro aspetto, divennero molto pi grandi, persero in maneggevolezza e in praticit, fino a promuovere quello che successivamente stato definito come una sorta dinfatuazione per di sguardo figurale.

In breve dal punto di vista di una storia della comunicazione sono secoli in cui non ci sono sostanziali progressi nelleditoria, n sotto il profilo dei congegni di comunicazione, n dei contenuti trasmessi.

Sul piano dello sviluppo delle forme sociali questa stagione di analfabetismo diffuso, che durer qualche secolo, creer non pochi problemi sia alla diffusione dei saperi e delle informazioni che allaffermazione di nuove forme di pensiero politico sulle forme di governo e dei loro sistemi di rappresentanza, venendo in qualche modo a ritardare il nascere di un pensiero critico sul tema dei diritti civili fondamentali.

Molti problemi di governo e di gestione dellordine pubblico furono parzialmente risolti con accorgimenti tecnici, come, per esempio, introducendo larte dei sigilli e la colorazione degli inchiostri nella stesura degli atti ufficiali.

Linchiostro rosso, in genere, segnalava, agli analfabeti, che lo scritto era di unautorit e dunque che aveva limperio di legge ed obbligava allobbedienza. Di conseguenza, la detenzione abusiva di sigilli e dinchiostri colorati era punita con la tortura e la morte per squartamento. Da questa situazione di stallo si cominci ad uscire solo con la grande espansione universitaria del tredicesimo e quattordicesimo secolo. In questo periodo, sia pure lentamente, si riforma un pubblico di lettori. Per la prima volta, dopo secoli, c anche una significativa richiesta di libri di argomento nonreligioso, perfino di manuali, e questi libri diventano agili, pratici e consultabili da tutti, senza eccessive difficolt formali o ideologiche. C da considerare che con il consolidarsi del sapere umanistico e scientifico le nascenti universit spinsero sempre pi alla lettura e alla libera discussione di testi, che finirono per alimentare un bacino di lettori sempre pi grande e favorire la nascita di biblioteche pubbliche.

In questi anni compare anche un nuovo supporto di scrittura, la carta. Viene dalla Cina ed importata in Europa dagli arabi. Siamo intorno alundicesimo secolo.

La carta sar poi fabbricata e migliorata a Fabriano, in Italia, dai maestri fabrianesi. Questo supporto, comunque, rester relativamente costoso bisogner aspettare fino al 1799 prima che la sua fabbricazione diventi intensiva con linvenzione della macchina a produzione continua. Fino allintroduzione della carta, infatti, un ostacolo di rilievo alla praticit dei libri era costituito soprattutto dai supporti di scrittura che erano o in pergamena, resistente ma di lunga lavorazione, o in papiro, fragile e costoso.

Un altro problema che condizionava la diffusione dei testi era costituito dal fatto che essi circolavano solo allinterno di specifici organismi, religiosi e amministrativi, dunque, il loro flusso era legato al funzionamento di queste istituzioni.

In breve, fino a quando la produzione dei testi rest legata allattivit degli ordini religiosi e dei loro centri di produzione lattivit editoriale rest sganciata da uno stabile coordinamento tra produzione e consumo. Con lavvento dei testi universitari, invece, cominciano a formarsi dei proto-editori.

A questo proposito misurate su uneconomia di scala le tirature di questi testi erano sempre relativamente basse e ci costituiva un serio ostacolo al diffondersi della lettura e, di riflesso, alla possibilit dimparare a leggere e a scrivere. Questo quadro rimarr sostanzialmente immutato almeno fino allinvenzione della macchina per stampare a caratteri mobili, che tradizionalmente si fa risalire a Johann Gutenberg (1400 circa1468) con la quale, a Magonza nel 1455, stamp un esemplare della Bibbia. In realt, fu uninvenzione diffusa, nel senso che in questi anni in molte parti dEuropa furono costruite macchine per stampare. Gutenberg ha solo il merito di essersi fatta una buona pubblicit con un libro da tutti stimato e ritenuto importante.

In ogni modo a partire dal XV secolo, nelle citt universitarie, i metodi di produzione dei libri acquistarono una dimensione imprenditoriale stabile. Essi si affidavano a gruppi di copisti coordinati e di grande fiducia, che consolidarono la figura delleditore. Per certi versi, si pu dire che i libri cominciarono ad essere realizzati in piccola serie. C un altro aspetto di questo problema da considerare e che ritroviamo sostanzialmente immutato, oggi, con internet, quello dellattendibilit dei testi o delladerenza dei testi copiati agli originali. Erano anni in cui nelle copisterie pullulavano, accanto ai buoni copisti, dei copisti infedeli e per i motivi pi svariati, ideologici, religiosi, etici, personali o di superstizione, oppure, semplicemente motivati dal desiderio di diffamare tesi altrui o dimostrare che erano sbagliate.

Erano copisti che inevitabilmente seminavano, con i loro errori, voluti o involontari, o con le loro personali correzioni, seri dubbi sullautenticit delle fonti. In questo quadro, la seriet del responsabile della sede di copiatura era fondamentale. Pi questo proto-editore era conosciuto e rispettato, pi si riteneva veritiera la copia dello scritto, soprattutto se era stato tradotto da una lingua antica o da una lingua poco conosciuta.

Fatte le debite proporzioni questo problema arrivato fino a noi. Ancora oggi, pi un editore famoso e pi noi, istintivamente ci fidiamo del libro che ci vende, soprattutto se lautore ci sconosciuto. logico tutto questo? Non potrebbe darsi, invece, che il grande editore, che ha problemi di reddito, sia meno interessato a ci che stampa di un piccolo editore che pubblica solo libri di cui condivide le tesi?

Nel XV secolo poi si verificano due fatti di portata rivoluzionaria. Il primo costituito dal formarsi, per i testi universitari, di uno stabile e duraturo mercato della comunicazione. Il secondo fatto ancora pi significativo, perch il libro costituisce, nella cultura europea, la prima produzione di serie di una certa importanza. La merce-libro e i suoi mercati cominciarono a diventare un forte elemento di trasformazione della societ. Per verificarlo basta un dato. Tra il XV secolo e le prime decadi del XVI secolo, nelle quali, come abbiamo visto, la stampa a caratteri mobili fa la sua comparsa, sono stati realizzati pi libri manoscritti che in tutto il millennio precedente. Si pu affermare che la stampa, nel XV secolo, port a termine quella traiettoria connettiva del sapere, attraverso la scrittura, nata in Grecia otto secoli prima di cristo.

Vediamo, ora, qualche effetto, sul piano delle relazioni sociali, che segue allintroduzione della stampa. Uno. Assistiamo al passaggio da un mondo dominato dalla differenza da attivit originali e irripetibili ad un mondo dominato dalla regolarit. Di conseguenza da una sostanziale discesa dei prezzi di molti beni e servizi.

Questa idea di una uniformit ripetibile finir per diffondersi nella societ favorendone la sua organizzazione e il suo sviluppo, soprattutto, attenuando gli effetti di una certa anomia sociale che la dominava.

Due. Aumenta la variet dei prodotti di comunicazione, in ognuno dei quali si materializzano specifici contenuti cognitivi.

Tre. Il mercato tende sempre di pi a diventare la forma economica che regola, sotto i pi svariati aspetti, la grande maggioranza degli scambi comunicativi.

Quattro. Divenne abituale (soprattutto nelle citt pi sviluppate da un punto di vista culturale, come sono quelle che hanno sedi universitarie) la circolazione di nuclei interpretativi del mondo, in particolare di quelli che riguardavano la politica, il costume e le leggi. Questi nuclei interpretativi del mondo, spesso in aperta concorrenza tra di loro, favoriranno i cosiddetti mercati delle ideologie, dando vita ad una vera e propria arte sullinterpretazione dei fatti, soprattutto quelli storici e politici. Per capire che cos un mercato delle ideologie basta pensare allinformazione sportiva, come facile constatare dietro a delle semplici performances da anni si formato un mercato delle notizie fondato sulla polemica, che gira capitali ingenti, spesso legati al mondo della finanza e della politica.

C daggiungere che, a partire dal XVII secolo, lacquisto di libri, che fino a questo momento era abbastanza episodico e slegato nel tempo, con laumento della produttivit e il crescente interesse per la lettura rompe il vincolo dellepisodicit. Comparve lacquisto di flusso, come dicono gli esperti di marketing, cio lacquisto che si ripete nel tempo e con questo, si moltiplicarono le biblioteche pubbliche e comparvero le prime grandi biblioteche private. Che cosa consegue a tutto questo? Uno. Che i testi scritti, qualunque sia la loro tipologia, cominciarono ad essere scambiati sulla base del prezzo di produzione e non del loro contenuto. Due. Che il prezzo rese possibile il calcolo economico e la pianificazione della produzione. Sempre sotto laspetto dei fatti sociali, si constata anche che linformazione genera valore circolando. Ci non toglie che, per la natura stessa dellinformazione, cominciarono a svilupparsi anche dei contenuti cognitivi che hanno interesse a restare riservati e segreti.

Basti pensare alla riservatezza che circondano i nuovi procedimenti industriali, certe particolari attivit artigianali, i documenti contabili, i testamenti, gli accordi riservati tra le diplomazie, eccetera. Sono casi, come facile intuire, in cui linformazione ha valore solo se resta circoscritta a pochi.

Oggi, questa dialettica tra ci che pu essere divulgato e ci che deve restare riservato, se non addirittura segreto, diventata una parte integrante delle strategie dellinformazione, fino a punto da aver dato vita alla scienza della disinformazione, come arma per combattere gli avversari, in guerra, nelle competizioni finanziarie ed economiche, nella gestione delle notizie politiche. In ogni modo, come principio generale diciamo che, quanta pi informazione circola tanto maggiore il valore che essa pu generare. un principio che ha sorretto fino ad oggi le strategie relative alla diffusione dei contenuti cognitivi. La prima strategia quella che opera sullasse spaziale, cio, quella che punta ad incrementare il raggio di azione, di vendita e di consumo dellinformazione. La seconda strategia di valorizzazione, invece, opera sullasse temporale. Essa mira a gestire, riducendolo, lintervallo di tempo che separa la fonte cognitiva dal consumatore. Nel caso della carta stampata come dire che ci sono prodotti editoriali che mirano ad espandersi sul territorio, perch i loro contenuti non sono durevoli, come succede con i quotidiani. Cos come ci sono prodotti editoriali che agiscono nel tempo, perch i loro contenuti non sono effimeri, sono o dovrebbero essere i libri di un certo valore culturale.

Nellambito dellinformazione attraverso i giornali, infatti, il valore della conoscenza deriva da una duplice radice: la tempestivit e la diffusione capillare. Senza il requisito della tempestivit, soprattutto oggi, il valore dellinformazione per un quotidiano, come intuitivo capire, uguale a zero.

La crisi che questi prodotti stanno attraversando nasce proprio da questo problema, dalla concorrenza che muovono loro i mezzi di diffusione telematica delle informazioni e delle notizie. Unosservazione.

Da un punto di vista sociologico questo incremento delle capacit operative dei congegni connettivi, posta, libri, opuscoli, giornali, eccetera, si riveler, tra le altre cose, un elemento essenziale per il perfezionamento della macchina dello Stato, in particolare, della sua centralizzazione che vedr, da l a poco, il suo trionfo, nella forma di nazione.

Lezioni monografiche: Il concetto di identit nelle scienze sociali. (Traccia) Nella societ in cui viviamo il concetto di identit fa riferimento da una parte al modo in cui lindividuo si considera e costruisce se stesso come membro dei vari gruppi sociali a cui appartiene, da quello etnico al circolo dei conoscenti, amici e parenti con i quali vive, lavora, si confronta. Dallaltra questo concetto riguarda le norme, gli usi, le abitudini che consentono a ciascun individuo di pensarsi, muoversi, relazionarsi rispetto a se stesso, agli altri, ai gruppi sociali che abita vivendo.

In questa luce nel processo di formazione dellidentit si distinguono due componenti. La prima che possiamo definire di identificazione. La seconda che possiamo definire di individuazione. Con la prima componente il soggetto si confronta con le figure con le quali si riconosce, si sente uguale, o con le quali crede di condividere uno o pi caratteri. In pratica lidentificazione genera un senso di appartenenza, crea la coscienza di essere parte di un noi, vale a dire, di una comunit, di una famiglia, di un certo ambiente. Con lindividuazione, invece, il soggetto si confronta con gli altri e si distingue o crede di potersi distinguere per le proprie caratteristiche sia fisiche che morali e soprattutto per la propria storia, il proprio vissuto. Pi in generale osserviamo che gli individui mediano le loro relazioni con il mondo soprattutto attraverso il corpo, con il quale concorrono alla costruzione e alla definizione della propria identit attraverso la cultura. A differenza degli animali, luomo alla nascita un essere culturalmente incompleto. Non possiede se non in minima parte le informazione genetiche per sopravvivere, quelle informazioni che costituiscono il patrimonio genetico delle specie viventi, dal batterio alle grandi scimmie antropomorfe, e che consentono le risposte funzionali agli stimoli provenienti dallambiente in cui vivono. Si pu dire, a differenza deglaltri mammiferi, che la dimensione umana si completa, giunge a maturazione soltanto con lacquisizione della sua componente culturale che avviene principalmente nellinfanzia e prosegue per tutta la vita.

Attraverso la modificazione del corpo e i rituali (ad esempio le cerimonie di iniziazione, da quelle religiose, a quelle sportive a quelle sociali) lindividuo costruisce se stesso o crede di farlo come essere umano e definisce la propria identit rispetto agli altri individui, siano essi uomini, donne, bambini, anziani. In un tale contesto evidente che le differenze anatomiche tra maschio, femmina o di soggetti che si sentono terzi rispetto a questa dicotomia, sono la base classificatoria pi utilizzata per la realizzazione della differenziazione culturale e sociale. Riprenderemo questo punto quando parleremo dei gender e di come la discussione intorno ad essi abbia modificato il modo di pensare la sessualit. Per adesso diciamo che la separazione, lesclusione, la distinzione a partire dal sesso sono da tempo immemorabile realizzate attraverso simboli, pratiche e attribuzioni di ruoli reali ed immaginari. C poi da considerare che dalla complessit dellepoca che viviamo e dai diversi ruoli sociale che acquisiamo e modifichiamo crescendo ne discende che tutti noi, prima o poi, conseguiamo una sorta di identit multipla che definita come la nostra identit socio-culturale che ci accompagna per tutta la vita. evidente che gli aspetti emergenti e visibili di questa identit dipendono dal contesto in cui ci troviamo ad agire e dal ruolo che assumiamo o ci viene attribuito in questo contesto. Passando una dogana aereo-portuale quello che conta la mia identit nazionale e non il fatto che io sia un insegnante di sociologia. Quando sono seduto dietro questa cattedra il contrario. Questo significa che lidentit si esprime anche in base alle situazioni che stanno vivendo o attraversando. Ricordiamo a questo proposito che il sociologo polacco Zygmunt Bauman famoso per le sue tesi sulla modernit e le sue idee sulle nuove forme di cittadinanza ha introdotto negli studi di sociologia il concetto di identit fluida. La fluidit dellidentit sta ad indicare quella progressiva perdita dei rigidi confini identitari (soprattutto culturali, religiosi, etnici) della societ post-moderna che ci stiamo lasciando alle spalle. Il concetto di identit fluida ci permette anche di spiegare alcuni aspetti del problema dei flussi migratori e delle identit fluide transnazionali che questi flussi vengono a creare e il ruolo dei localismi quando si irrigidiscono sulla tradizione o si rifugiano nella nostalgia dei valori immateriali. In ogni modo le identit possono essere vissute sia in positivo che in negativo. Molti sono orgogliosi del gruppo al quale si identificano e che consente loro la coscienza di unappartenenza ad una comunit. Altri, invece, tendono a rifiutare questa appartenenza, soprattutto quando diventa un recinto in cui rinchiudersi e la relativa vicinanza che questa appartenenza crea. Naturalmente questi due atteggiamenti estremi sono temperati da molti distinguo ed entrambi possiedono pregi e difetti, vantaggi e svantaggi. Per esempio, una visione positiva della propria identit pu spingere il soggetto a chiudersi in s, a considerarsi culturalmente migliore di altri. Una visione negativa, invece, potrebbe arrivare a attribuire agli altri le qualit o le caratteristiche che egli considera negative e che sono socialmente osteggiate.

Lidentit soggettiva come abbiamo visto linsieme delle caratteristiche auto-percepite. Nella contemporaneit unidentit fluida, difficile da circoscrivere, carica di luci e di ombre con la quale dobbiamo fare in continuazione i conti. Daltro canto, volenti o nolenti, anche tutto ci che ci caratterizza, ci rende inconfondibili, ci consente di dare un senso allidea di Io. In questo modo lidentit soggettiva pu servire sia ad identificarci che a discriminarci. Il pericolo quando questa identit arriva a confezionare degli stereotipi culturali che inevitabilmente alimentano il luogo comune e il pregiudizio. Di contro lidentit oggettiva, che non necessariamente coincide con quella soggettiva, il punto in cui convergono almeno tre rappresentazioni di ci che siamo: - La nostra identit fisica, che oggi si desume soprattutto dal volto e in sub-ordine dallo stile del vissuto. - La nostra identit sociale, ovvero linsieme di alcune caratteristiche quali sono let, lo stato civile, la professione, la classe di provenienza, il reddito. - Lidentit psicologica, rappresentata dalla propria personalit, la conoscenza di s, lo stile di vita che esibiamo, il comportamento. Sono identit che variano e possono deteriorarsi pi o meno rapidamente e pi o meno coscientemente. Soprattutto possono variare indipendentemente da quello che noi vogliamo o siamo in grado di fare. Queste tre rappresentazioni dellidentit anche se non coincidono tra di loro sono profondamene intrecciate. Per esempio, il mio modo di vedermi in larga misura il riflesso della maniera in cui mi vedono gli altri e della maniera in cui io so che gli altri mi vedono. Il risultato di questo processo che quasi sempre i giudizi che esprimiamo o riceviamo sono alterati dalla malafede, dallinteresse o dalla cortesia oppure godono di una benevolenza parentale e amicale. C poi lidentit personale, considerata un aspetto di quella soggettiva. Essa mette in evidenza la capacit degli individui di aver consapevolezza per usare unespressione della filosofia tedesca del proprio Dasein, cio, del proprio essere nellessere. E questo esserci

ci che ci consente di rimanere quello che siamo sia attraverso il tempo che attraverso tutte le fratture dellesperienza. Notiamo, en passant, che la malattia mentale, soprattutto nella forma di una psicosi, in qualche modo una perdita della coscienza dellesserci, per questo essa si rappresenta sempre come uno smarrimento dellIo e la condizione di una solitudine assoluta. Nelle scienze sociali stato il filosofo inglese John Locke nel Saggio sullintelligenza umana, a parlare per la prima volta di identit personale. Locke stato uno dei padri dellempirismo inglese e un seguace della rivoluzione di Cromwell che port allimpiccagione di Carlo primo dInghilterra nel 1649. Questo filosofo e medico parlava dal cuore di unepoca in cui era entrata in crisi la vecchia idea metafisica e religiosa delluomo come portatore di unanima intesa come un sostrato unitario e indivisibile, come qualcosa che resta immutato nelluomo e permette la permanenza delle nostre esperienze. Stiamo parlando di una stagione storica in cui le nuove correnti filosofiche, come sono lempirismo, lilluminismo, il materialismo, cercavano di elaborare il lutto psicologico per la perdita di questa illusione che non convinceva pi nessuno, ma era di grande conforto e contribuiva allo specismo della condizione umana. ***** Lo specismo un pensiero discriminatorio fondato sullidea che gli animali appartenenti alla specie umana abbiano diritti superiori a quelli appartenenti alle specie non-umane. Alla base dello specismo vi una visione antropocentrica della natura che affonda le proprie radici sia in una errata interpretazione del darwinismo, che nella religione Dio avrebbe creato gli animali nonumani per porli al servizio degli animali umani o semplicemente nellignoranza. Il termine specismo stato coniato nel 1970 da Richard Ryder, uno psicologo inglese animalista, e successivamente delineato, soprattutto da un punto di vista etico, da Peter Singer, un filosofo di origine australiana, che lo ha definito:Un pregiudizio o atteggiamento di prevenzione a favore degli interessi dei membri della propria specie e a sfavore di quelli dei membri di altre specie. (da, Liberazione animale, 1975). ***** In quegli anni lanima, che era stata vista per secoli come un ponte gettato tra il tempo vissuto e leternit, una volta che si rivela come un errore della ragione obblig gluomini ad abituarsi a vivere nel mondo della caducit. In questo senso il concetto di identit personale, in qualunque modo lo si consideri, implica il riconoscimento da parte del soggetto di una fragilit della coscienza e di una serie di discontinuit del vissuto che devono essere superate e metabolizzate dallIo, cio risolte dalla consapevolezza.

Questa breve excurcus sullidentit visuale ci serve anche per introdurre unaltro tema divenuto di attualit, quello della visual culture. Lespressione di visual culture stata usata per la prima volta da Svetlana Alpers nel 1972 nellambito di una ricerca sulla pittura fiamminga. La Alpers una storica dellarte americana, insegna nelluniversit di Berkeley in California ed stata unallieva di Ernst Gombrich. Con questa espressione voleva indicare la complessit visuale di questa pittura, ma soprattutto sottolineare la complessa struttura della visione propria dellepoca in oggetto, il XVII secolo. In altri termini, la Alpers si rese conto che una tela fiamminga poteva essere letta e studiata come se fosse un testo visivo con il quale esplorare la dimensione culturale delle Fiandre. In questambito e pi in generale sappiamo da tempo che la pittura europea, almeno fino allimpressionismo, non comprensibile ripercorrendo esclusivamente la sua specifica evoluzione e la sua storia perch essa sempre stata parte di un contesto narrativo pi generale. Diciamo che questa pittura fa parte di una mappa entro cui assumono un ruolo importante sia le diverse fonti culturali che sono legate alla visione e alla sua rappresentazione, che le vicende religiose, politiche, militari, sociali che lattraversano e la innervano come in una filigrana. In pratica quasi tutte le opere darte, soprattutto quelle antiche, sono da qualche decennio a questa parte considerate e studiate come un sistema testuale regolato da specifici meccanismi della visione. Il colui che guarda divenuto un interprete e la cultura visuale si trasformata in un progetto interdisciplinare di analisi critica dei linguaggi visivi che salda lapproccio storicista con la prospettiva antropologica. Un progetto che mira a portarne alla luce la loro dimensione materiale dal punto di vista della cultura. In questo progetto le immagini non vengono pi considerate di per s, ma come un insieme di pratiche che variano non solo con luso, ma anche per i significati che ricevono, come avviene da qualche anno a questa parte con la fotografia, il cinema, la televisione interattiva. Come facile costatare nella modernit il significato di unimmagine sempre pi legata alle sue diverse pratiche di fruizione e queste pratiche, a loro volta, si consolidano o mutano attorno alle istituzioni che le promuovono e che se ne servono, non importa che siano il singolo individuo, la famiglia, il mondo dei media o quello della pubblicit.

In breve, la cultura visuale rappresenta lo sviluppo di una nuova centralit epistemologica dopo quella della scrittura. Una centralit costruita sulla visione, o se vogliamo usare un neologismo, sui regimi scopici. _______________________________________________________________________________ Ricordiamo velocemente che lepistemologia una teorie e un metodo della conoscenza che nasce verso la fine dell800 e che riguarda in modo specifico il modo di considerare le scienze logicomatematiche e le scienze empiriche o prasseologiche. ***** Questa nuova prospettiva crea anche una continuit tra gli studi culturali, i media studies e la cultura visuale, ma ritorneremo in seguito su questo tema. Per adesso diciamo che questa continuit tra queste discipline ha consentito di migliorare gli studi sulle comunicazioni di massa e di forgiare nuovi strumenti di accesso al piano simbolico dei contenuti sociali e culturali, soprattutto nei paesi di lingua inglese che sono stati i pi recettivi nel cogliere limportanza della mediologia e la lezione semiologica sviluppata da Roland Barthes nei suoi Elementi di semiologia (1964). Il problema di fondo della visual culture pu essere riassunto cos. Fino a che punto unimmagine pu essere concepita come un linguaggio? Da questo interrogativo ne discende subito un altro per conseguenza. In che modo una critica della cultura pu riformulare le relazioni tra sapere e potere aggiungendoci quelle tra vedere e conoscere e, dunque, tra vedere, sapere e potere? A tali domande ovviamente sottointesa la questione della compatibilit e della traducibilit di strumenti e categorie dindagine nate dallanalisi testuale della letteratura con dei testi visuali quali sono quelli della pittura, della fotografia e del mondo delle immagini in movimento. Per risolvere questa questione importante considerare non solo il punto di vista degli specialisti ma anche il ruolo degli spettatori e del loro modo di fruire del consumo di testi visivi. Questo perch fino ad oggi non si sono ancora studiate con attenzione le strutture della visione e dello sguardo e, in sub ordine, del voyerismo o delleccitazione che spesso le accompagnano.

Secondo William J. Mitchell, che insegna architettura e arte dei media al MIT (Massachusetts Institute of Technology), la cultura visuale si fonda sullimmagine considerata un prodotto nel quale

sintersecano elementi che riguardano sia il visivo considerato di per s sia il suo grado di figuralit o di figurizzazione del reale. Un reale attraversato da elementi che derivano dagli apparati e dalle istituzioni culturali e sociali. La cultura visuale, in breve, come ogni cultura, il risultato di pratiche diverse che si collocano a differenti livelli della produzione testuale e della sua interpretazione come del soggetto che le consuma. in questo senso che diventa centrale la nozione di paradigma, cio, una nozione entro cui trovano posto sia il significato delle immagini che si analizzano, sia il loro uso, vale a dire i significati che assumono o che gli facciamo assumere a seconda dei contesti. Infatti, il significato di un segno visivo non sta solo nellimmagine e nellidentit sociale del suo pubblico, ma nel modo in cui si articola la relazione tra losservatore e losservato, e soprattutto nella capacit dellosservatore di interpretare losservato. Lanalisi di una cultura visuale diviene cos anche un percorso intorno alle differenze culturali come sono quelle di genere, di comunit, di etnia, di rappresentazione delle sub-culture e della marginalit. In questo modo ci che viene visto e i significati che adesso si attribuiscono variano in continuazione anche in conseguenza degli schemi interpretativi che su di esso si accumulano. Il testo visivo cos situato allincrocio di pi formazioni discorsive. In questottica il guardare, il vedere e linterpretare divengono pratiche culturali che presuppongono sia un ruolo che uninterazione con le proprie competenze e i propri desideri. In breve, le immagini sono diventate una pratica culturale. Come dicono i sociologi un testo con figure si allarga dal discorso al discorsivo e facilita lincontro di pensiero, idee e pratiche. Di pi, i linguaggi visivi contribuiscono sempre di pi a definire larea entro cui si negoziano le identit sociali e i loro contenuti. Il paradigma visuale riunisce cos assunti teorici diversi e diversamente astratti che comprendono il contesto sociale, le formazioni ideologiche, i significati simbolici e psichici propri dei simulacri di una societ divenuta dello spettacolo. In questo senso Nicholas Mirzoeff, che insegna cultura visuale negli Stati Uniti, in un saggio del 1999 dedicato a questo tema scrive che oramai la forma primaria di approccio e comprensione del mondo visuale e non pi testuale, come stato per secoli. La visual culture, per Mirzoeff riguarda gli eventi visivi in cui il destinatario ricerca un informazione, un significato o un piacere il pi delle volte attraverso uninterfaccia di tecnologia visuale che stata anche la radice del post-moderno. In questo contesto il carattere del post-moderno sottolinea come una delle caratteristiche pi evidenti della contemporaneit che stiamo vivendo la crescente tendenza a visualizzare cose che di per s non sarebbero visive. Complice di questo stato di cose la crescente capacit tecnologica di rendere visibile ci che i nostri occhi non potrebbero vedere da soli. La capacit di assorbire e interpretare linformazione visiva stata una delle basi della societ postindustriale e sta diventando ancor pi importante nellera dellinformazione.

La cultura visuale, lo ripetiamo, non dipende tanto dalle immagini in s, ma dalla tendenza della modernit a visualizzare lesistenza. Tutto ci ha permesso di sviluppare quella che Mirzoeff ha chiamato una teoria dellimmagine. Addirittura ci sono alcuni settori della filosofia e della scienza che sono giunti ad adottare una visione del mondo illustrata piuttosto che testuale. Il mondo come testo, in altre parole, stato parzialmente sostituito dal mondo come immagine e questa sostituzione avanza incessantemente. Le parti costitutive della visual culture non sono pi delimitate dai media, ma dai limiti dellinterscambio sensoriale e di informazioni tra osservatore e osservato, che costituisce levento visivo. Questo evento visivo, in pratica pu essere definito uninterazione tra il segnale visivo, la tecnologia che in origine consente questo segnale e losservatore. Qui, lelemento fondamentale che rende le immagini visive unaltra cosa rispetto al testo scritto la loro immediatezza sensoriale. Da un punto di vista semiologico, poi, ovvio che le immagini siano rappresentazioni, non realt in s. In questo senso le convenzioni usate per rendere una rappresentazione intelligibile non sono necessariamente vere in senso scientifico, e variano a seconda dei mezzi, dei tempi e dei luoghi, delle aspettative.

L immagine come rappresentazione dunque determinata non da qualche astratta affinit con il reale, ma dalla loro capacit di produrre quello che Roland Barthes chiama leffetto di realt. La chiave di volta della visual culture lintelligibilit, non la compatibilit con il pensiero scientifico, essa non riflette necessariamente il mondo reale cos come non si adegua semplicemente a rappresentarlo. In breve, uno strumento di rappresentazione e dunque dinterpretazione visuale del mondo e come ogni sistema di rappresentazione non n superiore, n inferiore ad altri, ma assolve semplicemente allo scopo a cui destinato.

Lezioni monografiche: Immaginare la velocit. (Traccia) Spesso i ricercatori sono costretti ad inventare delle parole per definire dei nuovi campi di sapere, dei nuovi paradigmi o, pi correttamente, delle matrici disciplinari con le quali ragionare su concetti e teorie fino a quel momento inediti o anche conosciuti, ma sotto altri punti di vista. Due di queste parole che ci riguardano, dal punto di vista sociologico, sono: semiocrazia e dromocrazia. Sono due matrici disciplinari che si devono a due studiosi francesi, Jean Baudrillard e Paul Virilio. ***** Jean Baudrillard (1929-2007) stato un sociologo francese di quella che stata definita la societ post-moderna, cio, una societ che vive sui simulacri e che tende a diventare sempre pi autoreferenziale. Tra i suoi libri tutti tradotti in italiano ricordiamone almeno tre, Il sistema degli oggetti, La sparizione dellarte e Lo scambio simbolico e la morte. Paul Virilio nato a Parigi nel 1932 ed architetto. Ha ricoperte molte cariche di prestigio nellambito dellarchitettura e dellurbanistica ed lautore di un curioso progetto di museo, Il museo dellincidente. La tesi di partenza che non pu esserci tecnologia senza incidenti e che questi possono essere studiati come un effetto di quella di cui sono unintegrazione. Ha scritto numerosi libri molti tradotti in italiano. Ricordiamo tra di essi, Citt panico, Lincidente del futuro e uno degli ultimi, Luniversit del disastro. ***** Queste due matrici servono alla narrazione di due aspetti della societ moderna che fini a ieri non esistevano di per s o non erano considerate cos importanti. La semiocrazia indica la dimensione iper-reale della modernit che si manifesta soprattutto con il progressivo avanzare dellimmateriale.

Nella semiocrazia i simboli, dice Baudrillard scalzano la realt, essi sono autoreferenziali (cio, hanno in s la propria ragione di essere) e quindi sfuggono a qualunque relazione che lega la sostanza degli oggetti al valore e al loro significato. Quello che chiamiamo realt si riduce cos ad una somma di avvenimenti e di fatti che si ripetono e si riproducono in maniera parossistica in una simulazione compulsiva del reale. In breve, nellimmateriale che diviene un aspetto del simbolico le illusioni finiscono per non distinguersi dalle cose o addirittura per valere pi esse.

La dromocrazia invece, una disciplina che serve a sottolineare il carattere della velocit che contraddistingue lepoca che stiamo vivendo. Per molti studiosi il rapido andamento che ha assunto il progresso, ha sempre pi laspetto di una corsa verso la massima crescita ad ogni costo, una crescita di cui pochi valutano la convenienza, pi in generale non esiste campo della societ che non sia soggetto alla dittatura del tempo. Di pi, come molti hanno notato, questa corsa produce, per effetto di paradosso una sorta di oblio, uno svanire della memoria che svaluta lesperienza. Secondo Virilio il destino dellumanit attraverso il fenomeno della velocit anche caratterizzato dalla logica bellicosa del progresso tecnologico che pu manifestarsi sia nelle vecchie formule della violenza militare che attraverso le tecnoscienze capaci di produrre loblio programmato della memoria attraverso i media dando vita a dei fenomeni transpolitici nuovi e inquietanti che hanno uno dei loro esiti pi terribili nel terrorismo suicida.

In senso lato la storia delluomo sempre stata una corsa contro il tempo. In principio era una corsa con una posta altissima, la sopravvivenza, cio, era la fuga davanti ai predatori, una fuga che cessata quando gli ominidi attraverso la voce e la mano si organizzarono, incamminandosi verso la condizione umana. Oggi questa corsa ha cambiato radicalmente aspetto, diventata soprattutto una corsa per il potere e il controllo. Paul Virilio ha definito la dromologia come la disciplina che studia i fenomeni sociali dal punto di vista della velocit. La dromologia dunque la logica della corsa o meglio una teoria della velocit. In breve, si pu considerare la velocit come un paradigma in s, capace di elaborare delle teorie per spiegare alcuni importanti aspetti oscuri della modernit e della storia recente degli uomini. Torniamo indietro nella storia. Quando da predati siamo diventati predatori la caccia, con laiuto delle mute di cani e con linseguimento a cavallo, divenne un elemento essenziale dello sviluppo della societ. Anche nel mondo animale la velocit con cui un predatore cattura la sua preda costituisce, di fatto, il fulcro su cui si basa lequilibrio del biosistema e, attraverso le catene alimentari, della pluralit del mondo animale. Non per caso che gli animali lenti e poco attrezzati alla predazione sono in genere pi prolifici dei predatori veloci. Dal punto di vista sociologico la velocit soprattutto il segno distintivo della rivoluzione industriale. La macchina a vapore e il telegrafo sono lesempio strumentale pi evidente di questa rivoluzione. Com oramai risaputo soprattutto nella modernit, cio a partire dalla Rivoluzione Francese, la guerra, la comunicazione, leconomia, la politica sono diventati degli scenari modellati dalla velocit che sempre di pi impone i suoi caratteri. In questo senso la dromocrazia pu essere definita il modello di un mondo il cui sviluppo fa capo al suo stesso modello cinetico, cio, dipende dal movimento pi o meno veloce delle parti che la compongono. Questo stato di cose comporta pi di un rischio, come il fatto che le politiche sociali sempre pi spesso non sono in grado di governare lescalation della tecnica e delle loro applicazioni tecnologiche. Linteresse per la dromologia in Virilio nacque a partire dai suoi studi sul fenomeno delle guerre o meglio delle guerre-lampo (Blitzkreig), come si chiamarono nella seconda guerra mondiale le tecniche di aggressione armata e di conflitto anche non convenzionale che insanguinano lEuropa ed oggi insanguinano il mondo. Il tema della velocit, tuttavia, non era del tutto sconosciuto agli autori dei manuali di scienza militare. Per fare un esempio illustre, Sun Tzu che visse circa quattro secoli prima dellera comune nel suo trattato sullarte della guerra scrive che la velocit nelle battaglie la cosa pi importante dal punto di vista della vittoria. Virilio osserva con un certo acume anche unaltra cosa, che il fenomeno dellaccelerazione, al di l della sua definizione fisica intesa come un incremento della velocit, riflette o ubbidisce quasi sempre ad una logica aggressiva. In pratica mette in luce un carattere inusuale della velocit, di essere bellicosa, come abbiamo gi detto. La velocit, in s, oggi un carattere cruciale che appartiene per definizione: - ai mezzi di trasporto, sia militari che civili.

- alla capacit di trasmissione ed elaborazione dei dati. - ai mezzi di informazione. Con il risultato che se queste situazioni sono mal gestite hanno delle pesanti ripercussioni sulla vita sociale, sulleconomia e la politica arrivando a scatenare dei conflitti di varia natura. Ha scritto Carl von Clausewitz (1780-1831), generale, scrittore e stratega prussiano: La guerra la continuazione della politica con altri mezzi. Nellottica della dromologia, possiamo aggiungere, con mezzi sempre pi veloci. Naturalmente non sono solo i cultori della guerra che esaltano la velocit. La prima lettura in chiave poetica della velocit lo troviamo nei testi dei futuristi. In particolare Filippo Tommaso Marinetti che intuisce per primo il potere espressivo della velocit e del movimento. Nel Manifesto del Futurismo la velocit esaltata come un carattere della forza antipassatista e rivoluzionaria. Scrive Marinetti, Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, linsonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno e, prosegue, compiaciuto, abbiamo creato leterna velocit onnipresente. Un altro autore che intu e ragion sullimportanza della velocit fu il mediologo canadese Marshall McLuhan (1911-1980), la inquadr in una contrapposizione dialettica con il ruolo dei media di cui tracci a partire da essa delle nuove definizioni. In questa ottica il perfezionamento della stampa a caratteri mobili, che moltiplicava la velocit di confezionamento dei libri, non solo si pu dire che prepar la rivoluzione industriale attraverso lespansione delleditoria, ma contribu alla frammentazione e alla diversificazione della societ medioevale e in seguito in qualche modo contribu alla sua laicizzazione. Nella sostanza favor il nascere dello spirito critico e dellosservazione scientifica aumentando i punti di vista, il potere dellinterpretazione e le discussioni tra esperti. Fino a questo momento infatti la societ pre-gutemberghiana era tenuta insieme da un monopolio: quello della produzione e della trasmissione del sapere in latino. Un monopolio, per altro, gestito gelosamente e in modo autoritario dalla chiesa e dellaristocrazia. Per venire pi a noi McLuhan scorge nei nuovi media elettronici un specie di ritorno, determinato dalla velocit che imprimono alle informazioni e alle conoscenze, ad un modello che unico di percepire il mondo. La sua intuizione del mondo come villaggio globale mise in luce la grande potenzialit di sincronia dei mass media a cominciare dalla radio per finire alla televisione e al telefono. Internet arriv solo dopo la sua morte. In pratica come dimostr McLuhan la grande capacit dei media informatici di unificare o, per usare unespressione alla moda, di ri-tribalizzare il mondo. Per questo molti usano lespressione di medioevo della mondializzazione per definire quei fenomeni che sono il prodotto dalla globalizzazione. In pratica come se si riproducessero, fatte le debite distinzioni, le stesse figure delle antiche societ feudali fondate sugli Ordini e le Caste, oggi chiamate societ finanziarie o sistema di banche.

Il villaggio globale, dove domina la velocit, non costituito solo dai mezzi di trasmissione delle informazioni visive, sonore e scritte, ma anche da tutti i congegni che si adattano e che favoriscono il movimento delle persone e delle cose e che sintrecciano con limmateriale. In altri termini possiamo definire media tutti i mezzi che, accelerando o amplificando velocemente le potenzialit umane, mutano la percezione del territorio e dellorganizzazione del tempo. Che la velocit in qualche modo ci conquisti e ci condizioni lo vediamo da soli a cominciare dallimpazienza con la quale, per esempio, attendiamo lapertura di una pagina web. Se supera gli otto, dieci secondi cominciamo a lagnarci. Lo vediamo intorno a noi in mille piccole cose anche della vita materiale, come nel successo dei forni a micro-onde, che riducono i tempi di cottura. Lo vediamo nel fatto che il pulsante pi usato nelle grandi citt quello che apre e chiude velocemente le porte. Dai microprocessori, ai treni ad alta velocit, alle nanotecnologie noi siamo continuamente ossessionati dalla velocit che ci offre molti congegni che fanno risparmiare il tempo, ma ed paradossale psicologicamente questi stessi congegni cinducono, quasi per contrappasso, a credere che di tempo ne abbiamo sempre troppo poco. Purtroppo per il tempo ha le sue leggi, pi lo si accelera pi tende a parcellizzarsi e a creare delle aritmie. Molti sociologi la chiamano la sindrome di Crono, dal nome del dio greco del tempo che divorava i suoi figli. Alcuni psichiatri, a questo proposito, hanno messo in luce che la fretta e gli assilli legati al tempo aggravano le forme depressive e rappresentano una delle ragioni dellaumento del consumo di tranquillanti e psicofarmaci.

Virilio ha scritto, che il nostro mondo pi che sferico dromosferico, perch la nostra societ diventata una societ della corsa. Il primo passo di questa mutazione stato la trasformazione dei mezzi di trasporto allinizio del ventesimo secolo. Con linvenzione del motore a scoppio dopo quello a vapore la societ entrata nellera della velocit industriale, una velocit ancora relativa. Oggi, con la velocit assoluta delle telecomunicazioni la velocit ha smesso di essere relativa proiettandoci nella ciberpolitica, in un contesto dove le trasmissioni sono istantanee e il mondo virtuale cio, liberato dal peso della materia con la conseguenza di renderci estranei al mondo che noi stessi abbiamo costruito. Cosa ne concludiamo? Che la velocit sempre stata determinante nella storia delle societ moderne e che essa interferisce continuamente con le decisioni che coinvolgono tutti. Se ristudiamo in questottica le battaglie e le guerre dellantichit costateremo che la velocit dei mezzi di trasporto e di trasmissione delle informazioni che le hanno fatte guadagnare o perdere.

Significativo a questo proposito lesclamativo, nel Riccardo III di William Shakespeare, di questo re che si ritrova disarcionato sul campo di battaglia ed esclama: Il mio regno per un cavallo! Con questo grido Riccardo celebra la potenza dei cavalieri e della cavalleria che dominer il mondo fino allinvenzione dellartiglieria. Perch ancora una volta sar la velocit a fare la differenza. La velocit dei proiettili del cannone. Per venire allepoca moderna facile costare che le grandi potenze coloniali sono state quelle che avevano sviluppato la velocit militare pi alta. Quella velocit che consentiva loro di controllare territori pi grandi. Il caso dellInghilterra in India esemplare. Cos ancora una volta costatiamo come il potere non nasce solo dalla ricchezza, ma anche dal controllo della velocit. C anche un altro aspetto pi soggettivo dellossessione di fare in fretta o per tempo, perch, dice il proverbio: Chi ha tempo non aspetti tempo.

Questo proverbio e non un caso fa capo allinvenzione nel Medioevo dellorologio meccanico. Un orologio che cominci a tagliare il tempo in unit orarie cifrate. Che sostitu le campane delle chiese che fino ad allora ritmavano la giornata secondo gli uffici religiosi e le ronde delle guardie sugli spalti. Potremmo dire che con la diffusione dellorologio si assiste alla nascita di un tempo secolarizzato, lineare e metrico, molto diverso sia da quello del sacro che da quello ciclico della natura con i suoi eterni ritorni. A che serv questo tempo meccanico? Dapprima a regolare i commerci, a scandire le esigenze della vita inurbata, a misurare lo scorrere degli interessi sui capitali, poi, soprattutto, a sfruttare il lavoro operaio di uomini, donne e bambini. In breve questo strutturarsi del tempo intorno al tema della velocit in qualche modo struttura anche il nascente capitalismo e le sue logiche produttive immortalate con efficacia dallaffermazione di Benjamin Franklin, scienziato, letterato e calvinista, (1706-1790): Time is money! Cio, il tempo un valore di mercato, dunque una merce. Se facciamo mente locale scopriremo che non per caso i servizi o le prestazioni di molte professioni si pagano in base al tempo, dagli psicanalisti agli avvocati, dai cottimisti alle donne delle pulizie, dagli idraulici ai dentisti. Dunque, se il tempo denaro con linformatica la velocit potere.

Questo anche il motivo per il quale chi controlla il tempo ha sempre un vantaggio strategico sui suoi avversari e perch le invenzioni tecnologiche di questi ultimi anni solo indirizzate soprattutto ad accelerarlo per mezzo della densificazione. Un esempio di densificazione temporale, pericolosa e inavvertita quella del casin planetario nel quale si pu giocare e scommettere in ogni minuto del giorno e da ogni angolo del pianeta. Unaltra osservazione importante sul piano degli stili di vita che quello che si guadagna con la velocit lo si perde altrove. Con gli ascensori abbiamo dimenticato le scale che fanno bene alla vita sedentaria. Con le auto, il camminare a piedi. Con le e-mail le lettere su carta personalizzata con gli inchiostri colorati. La velocit, insomma, da una parte ci da un vantaggio dallaltra ci toglie sempre qualcosa daltro pi o meno in modo irreversibile. La velocit dei mezzi di trasporto ha modificato anche il nostro modo di percepire lambiente. Il mondo a piedi, a cavallo, in bicicletta, in automobile, in aereo o navigando in internet, non mai lo stesso mondo. Pi noi ci posizioniamo nel tempo e nello spazio attraverso la velocit pi ci dissociamo dai nostri corpi, pi la visione della realt si appiattisce, pi cambia la prospettiva delle cose, come ha ben riassunto un neoproverbio: Noi siamo divenuti gli spettatori di un mondo visto da nessuna parte. Di fatto, in passato, alcune velocit, quelle del battello, del treno, dellautomobile, dellaeroplano, potevano grossomodo essere gestite e condivise da tutti, quindi democratizzate. Di contro quasi impossibile democratizzare la velocit assoluta dei sistemi informatici che ha molti dei caratteri del potere assolutistico quali lubiquit, limmediatezza e lonniscienza. la ragione per la quale molti sentono lesigenza di inventare una democrazia del tempo a volto umano. Una democrazia solidale che consenta alluomo di poter riflettere prima di agire. Di poter vedere le distanze e non essere investiti da alluvioni informazionali. ***** Vediamo adesso il tempo come materia prima della contemporaneit. In questa prospettiva balza aglocchi un fatto, la sua crescente scarsit. Abbiamo costantemente limpressione che tutto ci che ha una durata duri troppo a lungo. Di contro, che dobbiamo muoverci sempre pi in fretta per mantenere le posizioni acquisite. Sono concetti che nascono con la modernit e che spesso hanno anche una dimensione letteraria come in Goethe, Nietzsche o Benjamin.

Uno degli apici dellaccelerazione della vita corrente, come abbiamo detto, sono oggi i sistemi di rete che hanno trasformato radicalmente i rapporti sociali e gli stili di vita. Vediamo in particolare tre dimensioni di accelerazione sociale. La prima laccelerazione tecnica. unaccelerazione intenzionale e riguarda soprattutto i trasporti, le comunicazioni e la produzione di beni e servizi. Quantitativamente significa che rispetto alla nascita della modernit si moltiplicata per cento la velocit dei movimenti legati alla persona e per centomila la velocit di trasferimento e di trasformazione dei dati. Da qui la sensazione, di cui parl per primo McLuhan, di una nuova esperienza soggettiva, la contrazione dello spazio. La seconda accelerazione quella specifica dei mutamenti sociali. La velocit ha cambiato i nostri modi di vita trasformando i modelli relazionali e le pratiche della socialit. Non solo il ciclo delle mode sempre pi rapido (dallabbigliamento, allascolto musicale, alle prestazioni dei modelli di autovetture), ma pi rapido lavvicendamento con i nostri vicini di casa, la permanenza nel posto di lavoro, la durata delle nostre relazioni sentimentali. Tutto questo implica una riduzione significativa della vita media del nostro sapere. Una riduzione che mette fuori gioco chi perde il lavoro prima dellet pensionabile, ma anche degli aspetti pratici della vita corrente come sono gli indirizzi e i numeri telefonici, i programmi informatici, le istruzioni per gli oggetti elettrici della casa, i programmi politici o i risultati sportivi, i programmi di formazione, tutte situazioni che devono essere attualizzate in intervalli temporali sempre pi rapidi. Da qui la sindrome sociale di chi non riesce a stare al passo con i tempi. La terza accelerazione sugli stili di vita dal punto di vista soggettivo. Cosa vuol dire? Che tutti cercano di vivere sempre pi in fretta, aumentando il numero delle azioni e delle esperienze, vale a dire facendo pi cose in meno tempo. Alla base di tutto ci, come abbiamo gi detto che la sensazione della mancanza di tempo. In altri termini, c oggi un acuto e spesso psicotico bisogno di tempo. Come dicono i sociologi americani per fare in fretta aumentiamo la velocit di masticazione e di recitazione delle preghiere, cos ci roviniamo lo stomaco e lanima. Abbiamo il fast-food, lo speed dating lincontro con il maggior numero di potenziali partner nel minor tempo possibile il power nap il sonnellino rigeneratore al posto di un buon riposo quality time, tanto per citare alcuni fenomeni diffusi di comportamento. C anche un altro modo di guadagnare tempo, quello di abbreviare le pause, cio i cosiddetti tempi morti organizzando il tempo a disposizione. larte di vivere senza soluzione di continuit. Infine, da qualche tempo a questa parte, si imposto il multitasking. larte di comprimere le azioni in modo di fare pi cose contemporaneamente. Come in tutte le cose della vita ad ogni azione c una reazione, nel caso della velocit lirrigidimento. Un primo aspetto dellirrigidimento costituito dai limiti delle velocit naturali. Non tutto pu andare veloce ci sono limiti naturali come sono quelli geo-fisici, biologici e antropologici. Cio ambiti nei quali difficile manipolare la velocit. Noi non possiamo, per esempio, manipolare la velocit del cervello nella percezione dei dati, non possiamo modificare i

processi di crescita o di convalescenza. Per passare allambiente non possiamo modificare il ciclo di riproduzione di materie prime naturali, come la trasformazione dei sedimenti marini in petrolio. Infine, uno degli irrigidimenti pi sensibili e seri e quello rappresentato dalla capacit degli ecosistemi a smaltire i rifiuti inquinanti. Va anche detto che luomo un animale adattabile. Un tempo una velocit di cinquanta chilometri lora poteva negli automobilisti provocare la nausea, oggi abbiamo acquisito con lesperienza la cosiddetta visione panoramica e i cinquanta chilometri di ieri ci sembrano una lentezza insopportabile. In altri termini c forse ancora un po di spazio perch i limiti temporali antropologici siano superati dai processi cognitivi. Un secondo aspetto dellirrigidimento costituito dalle cosiddette isole di decelerazione. Queste isole possono essere naturali, cio, geografiche, come sono le celebri isole dei mari del Sud dellimmaginario vacanziero, possono essere culturali, come sono certe comunit, quali gli Amish dellOhio o, sociali, come le oasi del benessere e della lentezza realizzate allinterno di molti complessi polisportivi. Un terzo aspetto dellirrigidimento e costituito dal rallentamento involontario. Nella contemporaneit spesso il rallentamento o larresto di movimento una conseguenza secondaria involontaria dei processi di accelerazione. Lesempio di scuola quello delle aree densamente popolate dopo la velocit di circolazione del traffico stradale subisce una continua riduzione di velocit. Va rilevato che questo fenomeno pu indurre alla depressione, pi in generale si costatato che quando la sensazione del ritardo sorge l dove due velocit diverse vengono a contatto come quelle di due file di autovetture si generano nei soggetti delle forme dimpazienza che pu anche rivelarsi insostenibile.

Gli esperti nel campo della dromologia considerano forme dirrigidimento anche altre problematiche quali sono:

- la decelerazione intenzionale che pu essere sia sociale, legata a determinati momenti e portatrice di determinate motivazioni ideologiche, che strategica, vale a dire connessa a delle strategie di accelerazione che la provocano per meglio sfruttare il gap tra i diversi effetti che producono. - la decelerazione ideologica o politica che possiamo definire una critica al concetto di modernit e che si manifesta come resistenza. Resistenza allintroduzione del telaio meccanico da parte dei ludditi, agli impianti ferroviari come oggi il fenomeno dei no TAV. Lezioni monografiche: Da Dunbar a Milgram e i sei gradi di separazione. (Traccia) Il numero di Dunbar. Robin Ian McDonald Dunbar un antropologo inglese e uno specialista del comportamento dei primati. Insegna ad Oxford. A lui si deve la formulazione di questa legge empirica che va sotto il nome di Numero di Dunbar.

Che cosa rappresenta questo numero? Il limite teorico di persone con le quali un qualsiasi soggetto pu mantenere e coltivare stabili rapporti sociali.

Oltre questo limite per mantenere stabile una comunit di rapporti occorre che i soggetti siano coinvolti, per esempio, in disposizioni normative di natura restrittiva, come avviene in un esercito. Loscillazione di questo numero pu sembrare grande perch va da cento a duecentotrenta persone, ma intorno a centocinquanta si ha la frequenza maggiore dei casi. Dunbar, successivamente, ha ipotizzato che questo numero direttamente legato alle dimensioni della neocorteccia o, meglio, alla capacit di elaborazione neocorticale dei soggetti. Se immaginiamo questo numero come unarea vedremo che al centro ci sono le relazioni che abbiamo in questo momento e alla periferia persone che abbiamo perso di vista crescendo o cambiando il nostro modo di vivere. Come ha fatto Dunbar ad elaborare questa legge empirica? Osservando il comportamento degli scimpanz e la loro attivit sociale principale, il grooming. Questo termine inglese indica lattivit per mantenersi puliti, cio lo spulciarsi reciproco degli scimpanz.

Costituisce una pratica collettiva che si esegue seguendo precise norme di comportamento condiviso, perch oltre a mantenere il corpo libero dai parassiti rafforza le strutture sociali, facilita la sessualit e concorre alla soluzione delle dispute. Studiando una colonia di scimpanz Dunbar savvide che allinterno di essa cerano diversi gruppi che praticavano tra di loro il grooming, ma un fatto lo incurios, i membri di ogni gruppo potevano anche cambiare, ma non il loro numero che si manteneva stabile. Decise di verificare se anche per gli uomini si verificasse qualcosa di simile. Per farlo studi lo sviluppo della societ umana dal neolitico ai nostri giorni e il modo di formarsi delle comunit sociali, soprattutto dal punto di vista della loro grandezza. Ne dedusse che a prescindere dalla circostanze cera una tendenza in esse ad oscillare intorno ai centocinquanta individui e abbozz anche una similitudine tra il grooming degli scimpanz e il linguaggio del gruppo inteso come uno strumento di pulizia sociale. Cio, come un mezzo per mantenere coesa la comunit riducendo al minimo la necessit di unintimit fisica e sociale. Un fatto che tra laltro favorisce lo sviluppo dellindividualit non conflittuale. In altre parole, il limite di centocinquanta rappresenta la soglia numerica entro la quale possibile dare spazio e porre in essere rapporti interpersonali e conoscitivi che consentono di conoscere chi ogni persona e come interagisce socialmente verso ogni altra persona della comunit.

Come ogni legge empirica la si pu verificare. Partite da un individuo e dalla sua famiglia, sommate il cerchio dei parenti diretti e indiretti, degli amici, dei conoscenti. Aggiungeteci le persone che incontra con una certa frequenza, il portinaio, il panettiere, il giornalaio, il medico, poi la sfera delle conoscenze passate che sono rimaste vive nella sua memoria ed avrete il suo numero di Dunbar. Leventuale scarto per arrivare a centocinquanta esprime il numero delle conoscenze con le quali il soggetto svilupperebbe nuovi rapporti di interazione o collaborazione se ne avesse loccasione. Se il numero superiore a centocinquanta il soggetto in questione, stante cos le cose, difficilmente allargher le sue conoscenze.

Questo numero sarebbe rimasto confinato nei libri universitari se non fosse che attir lattenzione dei programmatori di software sociali che incominciarono a tenerlo presente per valutare la dimensione delle reti sociali. Con quale scopo facile intuirlo, mantenere e migliorare lunit del gruppo, la sua coesione e il suo morale. Oggi, per esempio, tenuto da conto in campo militare, nelle aziende, negli organismi pubblici e nelle universit. Viene regolarmente usato nello studio della comunit di Internet, di Facebook e di MySpace. *** Appendice: La prossemica. La prossemica una disciplina che studia lo spazio e le distanze allinterno di una comunicazione sia verbale che non verbale. Li studia al fine di gestirli. Questo spazio pu essere reale o immaginario, soggettivo o oggettivo, mentre le distanze possono essere fisiche, psicologiche, sociali, funzionali, culturali. Lespressione di prossemica (in inglese, prossemics) per molti formata da due parole greche, pros presso e sema segno, che rinvia al controllo dello spazio. In questo senso anche definita una semiologia degli spazi. Definizione che pi si adatta ad unaltra versione sulletimologia del termine, che la fa derivare da prox(imity), prossimit. In ogni modo il termine fu coniato nel 1963 dallantropologo americano Edward T. Hall ( 19142009) che lo us nel suo libro La dimensione nascosta. La traduzione italiana del 1968. Hall stato per molti versi uno dei protagonisti degli studi culturali.

In breve Edward Hall not che la distanza tra le persone sempre correlata alla distanza fisica. Partendo da questa osservazione defin quattro zone interpersonali. - La distanza intima che resta confinata entro i cinquanta centimetri. - La distanza personale compresa tra i cinquanta centimetri e il metro e trenta. la distanza che sviluppa linterazione tra gli amici. - La distanza sociale per la comunicazione tra conoscenti che va da un metro e mezzo ai tre metri e mezzo. - La distanza pubblica che si estende oltre i tre quattro metri e quella delle pubbliche relazioni. Naturalmente non sono misure tassative, ma dipendono da molti fattori culturali, sociali, ambientali. ovvio che la distanza alla quale ci sentiamo a nostro agio cambia a seconda se siamo italiani, svedesi o giapponesi. Qualche curiosit. Glarabi tendono a stare molto vicini, quasi gomito a gomito. Gli orientali si sentono pi a loro agio se sono oltre lestensione del braccio. In India il sistema delle caste ha un complicato codice delle distanze che va fino allintoccabilit. In ogni modo i paria devono stare ad almeno trentanove metri dai bramini. Anche il sesso determina la posizione. Gli uomini tendono a stare uno di fianco allaltro, le donne una di fronte allaltra. Quando gli europei salgono in un ascensore collettivo si dispongono appoggiandosi alle pareti, gli americani, invece, si mettono uno accanto allaltro con il viso rivolto alla porta. *** La teoria dei sei gradi di separazione. Ovvero, volete conoscere Angelina Jolie o Brad Pitt? Da alcuni anni a questa parte la legge empirica che ha sollevato in rete le polemiche pi aspre e i dibattiti pi strampalati. C chi la considera assolutamente attendibile e chi le nega ogni attendibilit, soprattutto ha colpito limmaginario di matematici, psicologi, scrittori e cineasti a cominciare dal film Six degrees of separation, del 1993, con la regia di Fred Schepisi e la partecipazione di Donald Sutherland. Tratto da una commedia teatrale di John Guare. Andiamo con ordine.

stato lo psicologo americano Stanley Milgram (1933-1984) ad elaborare nel 1967 questa teoria detta dei sei gradi di separazione, secondo la quale sulla terra ogni essere umano separato da un altro essere umano da un massimo di sei passaggi di conoscenza diretta. In teoria, dunque, conoscere Angelina Jolie, Brad Pitt o Barack Obama pi facile di quanto uno non immagini. Secondo questa teoria se tu conosci qualcuno, che conosce qualcuno, che conosce qualcunoentro sei contatti arrivi a conoscere chi vuoi. Naturalmente Milgram non si limitato ad enunciarla, lha dimostrata pi volte sperimentalmente, anche se molti in passato hanno messo in dubbio i suoi risultati. Le ragioni non sono sempre scientifiche considerato che questo psicologo ebreo in tutta la sua carriera accademica ha sempre cercato di dimostrare le radici oscure e gli intrecci tra ogni forma di potere e di ubbidienza. In ogni modo, il primo esperimento dimostr come un gruppo di studenti del Nebraska fosse in grado di venire in contatto con degli sconosciuti, nello stato del Massachusetts, scelti a caso.

Tutto parte da due fatti. Una tesi elaborata a livello letterario nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy e contenuta nel suo racconto Catene. Una ricerca di alcuni ricercatori del MIT degli anni 50 del secolo scorso tesa ad elaborare una risposta a questa domanda a cavallo tra le scienze sociali e le ricerche di mercato. Dato un insieme di persone qual la probabilit che ognuna di queste persone sia connessa ad unaltra attraverso un certo numero di collegamenti?

In queglanni furono formulate molte ipotesi, ma nessuna soddisfacente. Nel 1967 Stanley Milgram, che si era interessato a molte ricerche intorno allinterazione sociale, trov un sistema per verificare una sua teoria che defin teoria del mondo piccolo. Milgram selezion a caso un gruppo di abitanti del Midwest e chiese a ciascuno di loro di mandare un pacchetto ad un estraneo che abitava nel Massachusetts, a diverse migliaia di chilometri di distanza. Ognuno di costoro conosceva il nome del destinatario, la sua occupazione, e la zona in cui risiedeva, ma non lindirizzo preciso. In pratica fu spiegato a ciascuno dei partecipanti allesperimento di spedire il proprio pacchetto a una persona da loro conosciuta, che a loro giudizio avesse il maggior numero di possibilit di conoscere il destinatario finale. Quella persona avrebbe poi fatto lo stesso con unaltra persona di sua conoscenza e cos via fino a che il pacchetto non venisse personalmente consegnato al destinatario finale. Tutti si aspettavano che la catena includesse decine di intermediari, invece ci vollero in media solo tra i cinque e i sette passaggi per far arrivare il pacchetto al destinatario finale. Questo esperimento di Milgram fu poi pubblicato in Psycology today e da qui nacque lespressione sei gradi di separazione. In termini matematici questa teoria non difficile da spiegare. Se supponete di conoscere diciamo un centinaio di persone che a loro volta ne conoscono un centinaio, e questi un altro centinaio, eccetera, voi vedete che cento alla sesta un numero molto vicino al numero degli abitanti della terra. Con il diffondersi dellinformatica divenuta sempre pi famosa ed ha trovato numerose applicazioni.

Ma perch questa teoria importante a parte il riuscire a conoscere Angelina Jolie? Perch, tralasciando il numero dei passaggi che puramente convenzionale, questa teoria ci consente di studiare le relazioni tra le persone come se fossero una rete e, dunque, di costruire degli importanti modelli, per esempio nellambito delle ricerche epidemiologiche, in particolare nella diffusione delle malattie infettive, cos come in campi pi frivoli com lo studio sulla diffusione dei messaggi pubblicitari. Una curiosit.

Negli anni scorsi la teoria dei sei gradi di separazione labbiamo applicata anche qui allo IED per delle esercitazioni sul giro del mondo in sei contatti ed altre ricerche e i risultati sono stati pi che buoni vedi su questo sito le esercitazioni. Nel 2003 la Columbia University realizz il pi grande esperimento in rete con la teoria dei sei gradi di separazione. Questo esperimento, condotto dal sociologo Duncan Watts, coinvolse pi di sessantamila persone in 166 paesi del mondo. Lobiettivo era rintracciare diciotto persone sconosciute di tredici paesi diversi sorteggiati dagli elenchi telefonici. (Che tipo di persone? Un archivista in Estonia, un veterinario in Norvegia, un consulente informatico in India, un poliziotto in Australiaecc.). La ricerca dimostr che sono sufficienti da cinque a sette passaggi in rete per giungere a destinazione con il solo aiuto di amici e conoscenti. Per chi fosse interessato questa ricerca stata pubblicata sulla popolare e prestigiosa rivista scientifica Science da Peter Sheridan della Columbia University. Per chi interessato a questi temi suggerisco la lettura di: Albert-Lszl Parabasi, Link. La scienza delle reti, Einaudi, 2004. Mark Buchanan, Nexus, Mondatori, 2003. Unultima osservazione. Tutti conoscete i social network e probabilmente molti di voi li frequentano, ma pochi sanno che il primo network, o meglio il primo servizio online a includere la possibilit di creare uno spazio virtuale in cui realizzare il proprio profilo e di poter avere una rete con la quale comunicare, stato Sixdegrees.com. Sixdegrees venne creato nel 1997 e fu chiuso nel 2001. Quando fu chiuso aveva un milione di utenti, un successo, ma non produceva reddito. Lobiettivo di questo sito era di realizzare un luogo dincontri facile da usare e non manipolabile, ma aveva un inconveniente, nonostante sispirasse alla teoria del piccolo mondo antico di Milgram non consentiva che due soli gradi di separazione, gli amici e gli amici degli amici.

Appendice novembre 2011. Oggi si dovrebbe dire quattro gradi e cinquanta circa di separazione, se sono corrette le argomentazioni di due professori dellUniversit Statale di Milano che lavorano nel laboratorio di Web Algorithmics del Dipartimento di scienze dellinformazione e che hanno collaborato ad una ricerca sul teorema di Milgram con luniversit di Palo Alto, in California e con Mark Zuckerberg, che voi conoscete come lideatore di Facebook. Il tema centrale di questa nuova ricerca, che ha interessato sia il web che i mass-media cartacei, stato quello di verificare come le relazioni interpersonali cambiano con la digitalizzazione.

Come si nota da pi parti e da tempo Facebook ha reso il mondo pi piccolo ed ha cambiato molti aspetti delle relazioni sociali. I due ricercatori milanesi hanno applicato la teoria del mondo piccolo di Milgram ai settecento milioni e passa di utenti attivi sul social network di Mark Zucherberg per un totale di circa settanta miliardi di relazioni. Il risultato stato che la distanza media tra due persone pari a 4,74. In altre parole il mondo si ulteriormente rimpicciolito rispetto alle prime ricerche di Milgram. Se poi si restringe lambito della ricerca ad una sola nazione che rappresenta mediamente l84 per cento delle amicizie si pu scendere fino a tre gradi di separazione, cio a quattro passaggi. Per concludere, legando questi risultati al numero di Dunbar, si osserva che la maggior parte dei contatti con persone della nostra et varia mediamente intorno a 190 anche se per il cinquanta per cento dei casi si attesta intorno a 100. un classico paradosso della rete che tecnicamente siscrive nellambito dei contanti da rimbalzo, ma che sintetizzato dalla formula: gli amici degli amici sono pi dei nostri amici. Un dato. La ricerca della Statale ha riguardato 721 milioni di utenti attivi su Facebook, cio pi del dieci per cento della popolazione mondiale stimata. Quando abbiamo cominciato a parlare dei sei gradi di separazione in questa scuola la domanda provocatoria che facevamo agli studenti era: La teoria dei sei gradi di separazione. Ovvero, volete conoscere Angelina Jolie o Brad Pitt? Oggi in questo nuovo contesto tutto cambiato. Se siete seduti al bar di un aeroporto oppure, se siete sul marciapiede di una stazione in attesa di un treno, molto probabilmente una delle persone che vi stanno accanto conosce un vostro amico o un amico di un amico dei vostri amici. I mondi immaginari. (Bozza) I mondi immaginari sono un argomento di sociologia? Sicuramente, se non altro perch da almeno cinquantanni a questa parte limmaginario divenuto uno degli argomenti di ricerca pi interessanti nelle scienze sociali per il suo ruolo di fabbrica delle rappresentazioni. Dal punto di vista della sua definizione limmaginario ci che esiste nella mente, ma non ha riscontro nella realt, vale a dire leffetto dellimmaginazione. Spesso nel discorso comune si confonde con il fantastico che sottolinea la meraviglia e lammirazione. Larte fantastica, come derivazione dal fantastico, un tema artistico che sispira a dei soggetti onirici o fantasmagorici. Larte fantastica a sua volta viene definita visionaria ed ha aperto la strada a due popolari poetiche, il simbolismo e il surrealismo.

Lespressione di immaginario fu utilizzata la prima volta da Maine de Biran (1766-1824) che lo impiega nel senso dinsieme dei prodotti dellimmaginazione. Biran stato un teorico del sensismo come lo furono Condillac e Locke, si occup di psicologia e di antropologia, ma soprattutto delle facolt del pensiero.

Limmaginario, in estrema sintesi, lo strumento principale di un individuo o di un gruppo per esprimere il modo con cui questo individuo o questo gruppo concepiscono lalterit del mondo e il modo di pensarlo. Va da s, da questo punto di vista (limmaginario) un concetto polisemico. Per cominciare conviene distinguere tra un immaginario individuale e un immaginario collettivo. Questultimo un argomento che ci consente di portare alla luce molti intrecci immateriali legati alla storia delluomo e alle sue fantasie. Intrecci che hanno un peso determinante e fattuale e che sono in un qualche modo un prodotto della capacit endogena del pensiero. Nella storia generale delle idee limmaginario collettivo ha molte configurazioni. Si pu parlare di un immaginario medioevale o di un immaginario barocco, cos come di un immaginario tibetano o di un immaginario delle tradizioni locali del luogo che abitiamo. Gli studi recenti sullimmaginario collettivo hanno portato a considerarlo un vero e proprio fenomeno sociale. Il paradigma dellimmaginario sociale come lo conosciamo oggi essenzialmente lesito di una riflessione iniziata da Cornelius Castoriadis (1922-1977) molti anni fa, Castoriadis un grande filosofo, psicanalista e epistemologo francese di origine greca.

Di fatto ogni gruppo umano costruisce nel corso del tempo un immaginario individuale, collettivo e socializzato che gli proprio e che in qualche modo

lo riflette. Nellimmaginario ci sono spesso forme che affascinano per la loro bellezza e complessit. Sono soprattutto quelle degli artisti. Per citare a caso alcuni dei pi suggestivi e conosciuti ricordiamo Hieronymus Bosch o Ren Magritte, Heinrich Fussli o Salvador Dali, Piter Bruegel o Arcimboldo, Mons Desiderio o Gustave Moreau, Max Ernst o Edward Munch. Pi in generale sul piano individuale limmaginario testimonia della soggettivit degli individui e si pu affermare che esso appartiene alla singolarit delle storie personali. A questo proposito ricordiamo che la psico-analisi appare in questo contesto come una tecnica per investigarlo a cominciare dal metodo delle libere associazioni.

Per venire a Cornelius Castoriadis una dozzina di anni fa questo filosofo in un libro famoso, Linstitution imaginaire de la societ, introdusse nelle scienze sociali il termine dimmaginario in termini funzionali. Esso si configura nella modernit sia come un motore diniziative che una fonte dillusioni per la societ. Un altro importante studioso dellimmaginario che non possiamo non ricordare stato Gilbert Durand, un filosofo francese che ne ha dato una lettura antropologica imperniata sul principio che la specificit delle culture delluomo passa per la loro capacit di creare dei linguaggi simbolici. Linguaggi che il senso abita e che lo esplorano estraendone visioni, convincimenti, saggezza o castelli in aria.

Gilbert Durand tra laltro stato il fondatore di un centro di ricerche sullimmaginario presso luniversit di Grenoble che opera da pi di mezzo secolo.

Tra i temi pi popolari dellimmaginario ci sono i mondi immaginari e per pi di una ragione, essi ci consentono di comprendere, di giudicare e se vogliamo di evadere dal mondo reale che ci circonda, soprattutto, di godere il piacere o di fuggire la paura di creare o di modificare le circostanze nelle quali viviamo. Da un punto di vista topologico c una domanda iniziale che ingarbuglia i sogni. Dove iniziano i mondi immaginari? difficile dirlo, considerato che da un punto di vista cognitivo non sappiamo ancora dove finisce il mondo reale che abitiamo.

Ci possono aiutare gli atlanti e i libri di geografia? No, perch i luoghi reali a differenza di quelli immaginari si trasformano in continuazione, spesso anche in modo catastrofico e non raro che spariscano. Si trasformano sotto leffetto dei cambiamenti climatici naturali e delle attivit umane che linquinano a partire dallinvenzione del paesaggio. Un inquinamento che non ha pi limiti, con le ricerche minerarie, le lavorazioni della chimica di base, il tracciato delle vie di comunicazione, la cementificazione, i rifiuti che sono arrivati a creare delle vere e proprie isole negli oceani e non da ultimo con il turismo. Vediamo un esempio che coinvolge un grande scrittore. Le due isolette Bimini, nelle Bahamas, considerate un tempo la capitale mondiale della pesca di altura, non sono assolutamente pi quelle raccontate dalla penna di Ernst Hemingway nel libro Isole nella corrente. Com noto il turismo di massa le ha completamente trasformate da isole di pescatori a meta di viaggi a basso costo. Di contro, lisola dove naufrag Robinson Crusoe, che si dice fosse alle foci dellOrinoco in Venezuela, dopo tre secoli sempre la stessa e soprattutto possiamo immaginarla come pi ci piace, lussureggiante, colonizzata o isolotto arido battuto dai venti.

Qui c da osservare che i luoghi immaginari, in un certo senso, si alimentano della propria indeterminatezza. A differenza di quelli cosiddetti reali, sono in grado di trasformarsi nonostante le contraddizioni che spesso li circondano, anzi, le contraddizioni aumentano la loro popolarit. Si da anche il caso, raro, ma non impossibile, di un luogo reale che si appropri di uno immaginario, come di recente successo in Sicilia. Vigata, la cittadina dove lavora il commissario Montalbano, un personaggio creato dalla penna di Andrea Camilleri, impossibile da trovare sulle mappe stradali, adesso esiste e il suo nome stato aggiunto a quello di un luogo reale, Porto Empedocle, dove Camilleri nato. La mitologia greca e latina come quella di tutte le culture del mondo piena di luoghi immaginari o fantastici e questi luoghi abitano e arredano la storia delluomo. Per restare in tema di isole ci sono quelle delle Arpie, che la mitologia indica nella Strofadi, nel mar Ionio ad un passo da Zante, la Zacinto di Ugo Foscolo. C lisola della Poesia di cui parla Giambattista Marino (1569-1625) nel poema Adone, lo scrittore italiano pi celebre del Seicento. Lisola-non-trovata della poesia di Guido Gozzano, quella che il re di Spagna sebbe dal suo cugino il re del Portogallo. La stessa che canta Francesco Guccini in una sua canzone che da il titolo ad un album. Non ci sono solo isole o luoghi indefiniti, ma anche citt, regioni, mondi, strade, come limmaginaria rue Morgue parigina, la strade dei delitti investigati da Auguste Dupin, di Edgar Allan Poe. Ci sono imbarcazioni, come la Folgore del Corsaro Nero di Emilio Salgari. O il Nautilus, del capitano Nemo, frutto dellingegno visionario di Jules Verne. Il Nautilus deve il suo nome al sottomarino di Robert Fulton,che fu commissionato nel 1800 da Napoleone a questo ingegnere americano e considerato il primo sommergibile che abbia funzionato. Un capitolo a se costituito dai nomi che annunciano le caratteristiche dei luoghi. Come il paese di Bengodi, una contrada del paese di Berlinzone, un luogo immaginario descritto da Giovanni Boccaccio nella terza novella dellottava giornata del Decamerone.

Bengodi richiama un altro paese, quello di Cuccagna, un luogo ideale, descritto da molti testi nel quale il benessere, labbondanza e il piacere sono alla portata di tutti. Lespressione cuccagna per molti deriva dal gotico koka, torta, per altri da coquina, cio, cucina, di fatto lo stereotipo di un luogo antichissimo, visto che gi compare in una commedia greca del quinto secolo prima dellera comune. Per i greci era collocato negli inferi ed attraversato da fiumi pieni di brode dense di cereali. Un vago richiamo alla mezzaluna fertile, quella parte del Medio Oriente in cui nel neolitico nacquero le culture cerealicole che trasformarono la vita delluomo. Oltre a Bengodi e a Cuccagna c anche Calicut nellimmaginario popolare. La vera Calicut, fu scoperta dal portoghese Vasco da Gama, si trova nello stato di Kerala, nel sud dellIndia. Erano gli anni in cui la preziosit delle spezie muoveva molti dei traffici marittimi e Calicut, anche grazie alle leggende arabe, da citt reale si trasform in un luogo immaginario e mitico. In ogni modo dalla cuccagna dei racconti fiamminghi del quattordicesimo secolo a quella impregnata di maccheroni del Seicento italiano, dal libro il Paese di Cuccagna (1891) della grande scrittrice napoletana Matilde Serao (1858 -1927) allamaro Schlaraffenland di Heinrich Mann sono decine i riferimenti a questo luogo immaginario in cui i temi della cultura materiale hanno il sopravvento sulle idee astratte dei filosofi. Ma non c solo Cuccagna, c la Citt del Sole di Tommaso Campanella (1568-1639). Il regno di Tribnia dei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Tribnia lanagramma di Britain. Il non-luogo di Utopia di Thomas More. La Villa Salina del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e, se volete, il paese emiliano di don Camillo e Peppone, quel piccolo mondo antico uscito dalla penna di Giovannino Guareschi. I luoghi immaginari, va da s, hanno bisogno della nostra fantasia per esistere, ma essi variano necessariamente a seconda del mezzo di comunicazione sul quale appaiono. Non per caso sono cos diversi quando lincontriamo in un libro e poi li vediamo in un film. In ogni modo, come fino alla fine del diciannovesimo secolo il luogo privilegiato dei luoghi immaginari era la letteratura, oggi il cinema, la televisione, il fumetto e soprattutto il web. _______________________________________________________________________________ Una piccola parentesi. I luoghi immaginari nella letteratura europea del 700 e dell800 si sposano con il fenomeno degli esotismi. Che cos lesotismo intuitivo, ma definirlo e pi difficile. Alla base della parola esotico (dal greco extikos) c la radice greca exo, che significa in buona sostanza al di fuori. Un concetto che sostanzialmente indica ci che straniero. Dal greco questa parola pass nel latino (exoticus) e successivamente nelle lingue moderne, modificando in parte il suo significato. Esotico, dopo la scoperta delle Americhe, cominci a

misurare le distanze geografiche, ad esprimere la seduzione che prima del diffondersi moderno dei flussi migratori derivava dallalterit culturale. La parola esotico compare addirittura in Franois Rabelais, il pi grande scrittore del Cinquecento europeo, a proposito di certe merci che venivano da un lontano impensabile, le Indie scoperte da Cristoforo Colombo. Divenne usuale soprattutto a partire dalla fine del XVII secolo, dunque, due secoli dopo la scoperta del Nuovo Mondo e sei secoli dopo le crociate, con le quali abbiamo inaugurato una volont di potenza coloniale. Lesotismo se vogliamo una nota di colore arriva con il grande mammalucco del Borghese gentiluomo di Molire. Con le cronache dei viaggi del conte di Bougainville, con Le lettere persiane di Montesquieu. Poi, nella seconda met dell800 lesotismo si trasform in un carattere che evocava costumi e paesaggi lontani e cominci a coniugarsi con le imprese coloniali moderne agendo in un contesto storico e culturale nel quale letnocentrismo era pensato e vissuto come unevidenza morale, religiosa e politica dellEuropa. Nella cultura e nelle arti lesotismo esercit un fascino decisivo. Nel diciannovesimo secolo le cineserie trionfarono nelle porcellane e negli accessori di moda. Claude Monet ha struggimenti estetici per tutto ci che giapponese, ne colleziona le stampe, ne dipinge i paesaggi . La pittura cubista sinspira allarte africana, una stagione poetica che Pablo Picasso inaugura con Les demoiselles dAvignon, del 1907. Daltra parte lorientalismo aveva gi fatto la sua comparsa nei primi anni dellOttocento in Eugene Delacroix come in Jean Auguste Ingres, Non sono queste le circostanze, ma come dimenticare in letteratura Emilio Slgari, Rudyard Kipling, Joseph Conrad e poi Hermann Hesse o Karen Blixen e in musica tra le turcherie e gli arabismi la Turandot di Giacomo Puccini, le musiche zigane di Maurice Revel o Debussy? Tutto questo, tuttavia, non un vero e proprio riconoscimento dellidentit dellAltro lontano, ma piuttosto una civetteria spesso di natura commerciale. LOccidente ha sempre abilmente concepito lesotismo come un richiamo ai sapori, ai sensi, alle atmosfere, mai ai saperi. Fu vissuto allinizio della modernit come qualcosa di secondario, di periferico, di superfluo e in qualche modo dinessenziale, alla resa dei conti non riusc mai ad essere pi di una benevola attitudine o uninclinazione ad accogliere la diversit. Come gli storici hanno sottolineato, nel corso dellOttocento europeo e in buona parte del Novecento, lesotismo si sempre rivelato nella sostanza, una sorta di elogio nel disprezzo. In questo contesto si diffuse anche una sua variante, lorientalismo, che un genere di esotismo che amalgama tutto ci che sta allest dellEuropa e a nord dellAfrica. Naturalmente lesotismo un concetto instabile nel tempo. Infatti pi la cultura deglaltri conosciuta, in particolare la loro cultura materiale e le loro abitudini alimentari, meno questa cultura resta straniera e misteriosa. In pratica pi ci vicina, meno esotica.

Tzvetan Todorov, un filosofo bulgaro che vive in Francia, esperto di filosofia del linguaggio e studioso del fenomeno del fantastico (in italiano sono stati pubblicati diversi suoi libri, quali Simbolismo e interpretazione, uscito nel 1986 e Logica dellenunciazione, uscito nel 1997), ha elaborato una regola, detta di Omero, secondo la quale il paese pi lontano sempre quello che appare come il migliore da sognare. ______________________________________________________________________________ Torniamo ai luoghi immaginari. Quelli tradizionali si classificano per tipo. Possono essere mondi, continenti, regioni, nazioni, citt, colonie, edifici, strade. I luoghi naturali terrestri pi popolari, oltre alle isole, sono i boschi fatati e le foreste. Il luogo mitico pi citato nei libri o che compare nelle leggende Atlantide. Tra gli edifici immaginari pi popolari sono al primo posto i castelli e le fortezze, seguiti dalle case immaginarie, dalle scuole, dalle caserme e dalle prigioni. Tutti luoghi che hanno dei modelli di vita collettivi. Un tema che corre parallelo a quello dei luoghi immaginari la possibilit di raggiungerli nel pi breve tempo possibile. Anche questo tema ricco di stereotipi a cominciare dai viaggi alla velocit della luce che compaiono nei film sulle esplorazioni stellari o nel mitico Star Trek.

Naturalmente una finzione, perch per viaggiare a questa velocit bisognerebbe non avere una massa, ma ci non toglie, per fare un esempio celebre, che lo scrittore e sceneggiatore inglese Douglas Adams (1952-2001), nel suo libro Guida del viaggiatore galattico, abbia immaginato una nave spaziale dotata di un generatore dimprobabilit infinite che le consente di visitare luoghi inverosimili ad una velocit superiore alla luce. Il tema pi affascinante, per, non tanto il viaggio veloce, quanto il viaggio nel tempo. Questo viaggio, soprattutto nella science-fiction, ha come obiettivo di modificare il passato o il futuro per modificare il presente. In se non che lennesima illusione di vincere il tempo e soprattutto di mutilarlo della sua irreversibilit, dunque, sconfiggerlo.

Non si deve sottovalutare il fatto che il viaggio ha molti contenuti simbolici, da quelli legati alla sessualit a quelli intrecciati con il tema della morte o della rinascita. Nellimmaginario, infatti, il viaggio ci consente di fuggire la morte, di rimandarla o, come in una famosa novella orientale, di correre verso lappuntamento con lei. Un tema letterario che ritroviamo in due romanzi degli anni Trenta di Somerset Maugham e John Henry OHara e in una canzone di Roberto Vecchioni. Conoscete la novella? Cera a Bagdad un mercante che mand un suo servo al mercato per fare provviste, ma il servo ne torn ben presto, pallido e tremante e gli farfugli:Padrone, poco fa, mentre ero al mercato fui urtato da una donna nella folla, quando mi volsi mi accorsi che era stata la morte in persona, ad urtarmi. Questa mi guard e mi fece un gesto minaccioso. Te ne supplico, prestami il tuo cavallo e io abbandoner questa citt per sfuggire al mio destino. Andr a Samarra (Samarcanda) dove la morte non potr mai trovarmi. Il mercante a sua volta turbato gli prest il suo cavallo pi veloce. Il servo mont in sella e spronando a sangue lanimale, part al galoppo. A questo punto il mercante si rec sulla piazza del mercato e scorse la donna fra la folla. Perch hai fatto quel gesto minaccioso al mio servo, stamane? le chiese avvicinandosi. Il mio gesto non era di minaccia, bens di sorpresa, rispose la Morte. Ero stupita di vederlo a Bagdad perch avevo un appuntamento col lui questa notte a Samarra. Che cosa rappresentano in realt i luoghi immaginari e i viaggi inverosimili? Soprattutto un modo per dimenticare la realt. Ma questo oblio un pericolo o una catarsi, cio, una rigenerazione?

Oggi si ritiene che i luoghi immaginari servano soprattutto a proiettare i nostri fantasmi e dunque a consentirci di liberare le tensioni e di purgare le passioni. Di rinascere. Come dire, sono un modo di contribuire alla pace sociale che le scienze sociali definirebbero bizzarro. In passato, invece, i luoghi immaginari sono stati soprattutto un modo per criticare la societ.

Lo vediamo nelle favole, come quelle dello scrittore francese Jean de La Fontaine (1621-1695). In lui, come in molti altri scrittori del passato il ricorrere a luoghi di fantasia rappresentava spesso un modo ingegnoso per eludere la censura. Esemplare il caso di Micromega, un racconto filosofico scritto da Voltaire nel 1752. Per venire pi vicino a noi ricordiamo 1984 di George Orwell o i romanzi di Aldous Huxley, a partire da Il mondo nuovo. Interessante, in questo contesto anche il libro Le caverne dacciaio di Isaac Asimov, per due motivi di attualit. Il razzismo nei confronti dei robots e le sue riflessioni sullintelligenza artificiale. Ancora, della vastissima opera di John Brunner, pseudonimo dello scrittore di fantascienza inglese, John Burgess Wilson, ricordiamo, Tutti a Zanzibar, del 1968. Qui non possiamo non parlare del ciclo di Il Signore degli anelli di J.R.R. Tolkien o il maghetto Harry Potter che per andare alla sua scuola immaginaria di stregoneria prende il treno sul binario nove e tre-quarti dalla stazione londinese di KingCross. In queste opere c sempre una forte componente duale e didascalica di stampo manicheo. In genere quella del bene contro il male o dellordine contro il caos. Una componente, del resto, che si ritrova anche in molti giochi di ruolo dinspirazione medioevale. Da un punto di vista cognitivo i luoghi immaginari possono contenere sentieri, snodi, patchwork, traiettorie, labirinti, dispersioni, smarrimenti, sequenze di immagini, cornici di senso. I confini di questi luoghi sono spesso sfumati o sfumanti, subiscono metamorfosi e riavvolgimenti, oppure sono luoghi inerti che aspettano di essere plasmati dallimmaginazione perch solo cos comunicano. Per vivere esigono di essere immaginati dalla parola che si fa racconto ed icona. Il paesaggio, ha scritto Marc Aug in Rovine e macerie, lo spazio descritto da un uomo ad altri uomini. Vediamo adesso velocemente le mappe immaginarie degli artisti. Intanto notiamo questo, anche il linguaggio della cartografia, come accaduto a molti altri linguaggi, divenuto un linguaggio artistico. Gli artisti, da un altro punto di vista, possono essere definiti dei cartografi della propria opera, perch la costruiscono sempre su una rete di relazioni, di luoghi, dimpressioni. Lo not Ernst Gombrich (1909-2001), il grande storico dellarte austriaco naturalizzato inglese a causa dellantisemitismo. Costui sostenne che qualunque opera darte segue in generale due strategie fondamentali nel proporre il suo rapporto con il mondo rappresentato:

- la strategia dello specchio (vale a dire riflettere la realt riproducendone un simulacro nella forma di una superficie speculare verticale). - la strategia della mappa ( consistente nel registrare il mondo attraverso la selezione di punti di riconoscimento in modo da immaginare lopera come una visione orizzontale). Una elle opere pi significative ed emblematiche a questo riguardo sono gli Ambasciatori di Hans Holbein il giovane (1497-1543). Lopera di Holbein, del 1533, non la prima che riproduce delle carte geografiche in pittura, ma pu essere considerata come un esempio importante di un curioso destino a cui soggiacciono tutte le carte, anche reali: Di essere necessariamente fantastiche. Per esempio in molti quadri dellolandese Jan Vermeer (1632-1675) (Ricordiamo i pi significativi, Il geografo, Suonatrice di liuto, Donna in blu, Donna con brocca, Militare e giovinetta sorridente, Allegoria della fede), gli storici dellarte parlano di un mistero interpretativo non ancora risolto, perch le carte che dipinge sono cos vere da non poter essere che immaginarie. Una circostanza che compare in modo evidente in altri artisti, come nel caso di Mons Desiderio e di Carlo Bagetti. Sono esempi di opere figurative fantastiche e al tempo stesso suggestive, perch si collocano tra la verit e la simulazione. Le carte geografiche, insomma, hanno sempre ispirato le arti figurative, ma vi hanno giocato un ruolo simbolico, diverso dalla loro obiettiva funzione di orientare e guidare. Esse compaiono anche nella pittura delle avanguardie storiche. Per esempio nelle opere di tre artisti metafisici, De Chirico, suo fratello Savinio, Carr. Molte opere soprattutto del primo Giorgio de Chirico contengono delle carte, ricordiamo Malinconia della partenza, La politica, Natura morta evangelica e Il corsaro. C una carta geografica immaginaria anche ne La musa metafisica di Carlo Carr del 1917 e in Atlante di Alberto Savinio del 1927. De Chirico stesso riprender questo tema in, Il continente misterioso del 1968. Possono essere definite delle carte geografiche allusive, come nel caso dellIstria in Carr, ma in sostanza queste carte sanciscono il principio che si pu dipingere la rappresentazione soggettiva di unaltra rappresentazione. Varie altre opere possono essere accostate alle carte di De Chirico, come i numerosi paesaggi di Paul Klee e Il mondo allepoca dei surrealisti del 1929 di Andr Breton. Questa carta, in particolare esprime la trasformazione delluniverso dei contenuti dalloggettivo al soggettivo: il mondo come si tramuta nel mondo come lo vogliono gli artisti. Poi c la land-art e larte concettuale che ritorneranno sul tema, ma unaltra storia ancora di cui citiamo, per ricordare un solo artista, Alighiero Boetti con le sue carte di fiumi o i suoi tappeti mappe.

Il Corpo. La sostanza che abitiamo. Un prodotto dellimmaginario sociale. (Bozza) Qual il rapporto con il nostro corpo? Questa una delle domande pi complesse e storicamente pi dipendente dai tempi che viviamo di tutte le scienze sociali. Partiamo da questa affermazione. Lindividuo fin dalla nascita dipende dai processi culturali e sociali della comunit a cui appartiene. La sua nudit naturale appare assolutamente inammissibile, insopportabile, inopportuna e spesso pericolosa. Non per caso il nudismo un fenomeno culturale, cio un ritorno culturale alla natura e non unaccettazione del naturale di per s. I processi culturali e sociali iniziano dalla nascita. I bambini sono manipolati, mutilati, vestiti, formati e deformati spesso con una certa violenza. come se la nostra anatomia cos com ci risultasse ripugnante. Tanto vero che il nostro corpo non accettato se non trasformato, coperto di segni, vestito di artifici.

Scrive Claude Lvi-Strauss in Tristi tropici (1955) a proposito di una etnia indigena del Brasile. Occorre essere dipinti per essere uomini, chi resta allo stato di natura equiparato ad una bestia. Non un caso. In Polinesia le donne che non sono tatuate non trovano marito. Se la loro mano non decorata non possono cucinare e soprattutto non possono metterla nella scodella comune per prendere il cibo. In Nigeria ci sono etnie in cui le ragazze scarificano le gambe e poi le abbelliscono con dei braccialetti di perle per attirare lattenzione sulle scarificazioni. La scarificazione un verbo del mondo agricolo, indica la rottura, con delle lame trainate da un trattore, del terreno troppo duro, ma senza rovesciarlo come fa laratro. Per analogia si chiama scarificazione le incisioni pi o meno profonde che si realizzano sul corpo con la lama di un coltello, di un rasoio o, come avviene in molte culture primitive, con delle pietre affilate o il bordo delle conchiglie. Rappresenta un rito diniziazione molto doloroso e spesso pericoloso per labbondante perdita di sangue o per le infezioni che possono intervenire.

Nel Ciad le donne deridono gli uomini che non hanno incisioni tribali sul cranio e in genere rifiutano di sposarsi con loro. In Congo le ragazze che non sopportano la scarificazione sono definite delle buone a nulla e sono rifiutate dagli uomini. Va osservato che le motivazioni che portano alla scarificazione estetiche, erotiche, igieniche, politiche, di classe non influiscono sul fatto che comunque il loro obiettivo una metamorfosi dellaspetto della persona che trasforma il corpo in uno strumento dei desideri sociali condivisi. come se il corpo nudo fosse bestiale e favorisse lequiparazione delluomo con gli animali. Vale a dire il rifiuto della nudit sembra poter emancipare lessere umano dalla natura e testimoniare la conquista dellordine culturale.

In altri termini, per gli uomini, non importa il luogo dove abitano o hanno abitato e lepoca che vivono o hanno vissuto, il corpo non un prodotto della natura, ma della cultura. In termini psicologici come se il desiderio di non appartenere allordine della natura si spingesse fino a negare la realt. Con gli ornamenti, le mutilazioni, le deformazioni, in una, con la messa in opera di artifici, luomo si ripropone di aderire ad uno schema fisico ideale. Si illude di esprimere unimmagine mentale con la quale condizionare la sua natura sociale. Da questo punto di vista una cicatrice o il segno di un tatuaggio rappresentano paradossalmente dei gioielli incarnati. Gli stessi indumenti, non importa quali essi siano, una volta indossati come tutti sappiamo tendono a cambiare il comportamento e a modificare le sensazioni. Dobbiamo anche osservare a questo proposito come quasi tutte le culture favoriscono il feticismo, cio la cristallizzazione del desiderio su una parte piuttosto di unaltra del corpo. Incoraggiano la venerazione di una persona, di una cosa e, al limite, di unastrazione, come pu essere lordine, la pulizia, la precisione, la bellezza, eccetera. Sigmund Freud considerava il feticismo una perversione con la quale si sostituisce una parte con il tutto e ne rintraccia le origini nel fenomeno della castrazione, qui intesa come una mancanza, come lassenza del fallo. In ogni caso non c parte del corpo umano o di ci che compone la sua identit che non sia in grado di produrre uneccitazione feticista. Infatti, in ogni luogo e in ogni tempo lanatomia umana sempre stata vista come un mosaico di parti che giocano un ruolo pi o meno importante nel costume, nelle abitudini, nella morale.

Lo stesso trasformarsi nel tempo e nelle culture del pudore una dimostrazione evidente della diversit delle opzioni feticistiche. Le donne cinesi fino a pochi anni fa non mostravano i loro piedi neppure ai loro amanti, ma non avevano pudore nellesibire i seni nudi. In Occidente le gambe sono state scoperte e ricoperte innumerevoli volte. Cos stato per la capigliatura, le spalle, le braccia . Insomma, il pudore e la seduzione inventano le loro regole che la ragione il pi delle volte non comprende. In alcune culture primitive si coltiva lo strabismo, in altre lobesit, come in Camerun dove solo le donne grasse possono sposare i capi trib. Nellantica Grecia erano apprezzate le donne callipige, che avevano delle belle pygos, cio, delle belle natiche. I musei archeologici sono pieni di Veneri callipige, si riconoscono dal gesto della dea rappresentata nellatto di sollevarsi la tunica sul di dietro.

Per molti antropologi anche la scarificazione ha unorigine feticistica, sarebbe la ripetizione rituale delle ferite gloriose ricevute nel corso della caccia o della guerra. In breve le pratiche che riguardano il corpo sono culturali e possono dar vita a curiosi paradossi. NellOttocento gli inglesi che avevano colonizzato la Polinesia emisero delle leggi contro quella che ritenevano una pessima abitudine delle popolazioni locali. Di tatuarsi il corpo. Chi veniva sorpreso mentre si tatuava veniva condannato ai lavori forzati se era un uomo, a tessere dei mantelli di lana per le autorit inglesi se era una donna. Ma le spose, le sorelle e le figlie di questi inglesi che dettavano ai polinesiani queste regole si comprimevano dentro dei corsetti cos stretti da compromettere la gabbia toracica e la salute, spesso in modo grave. Che cosa ci suggerisce questo episodio? Che delle pratiche culturali degli altri si tende sempre a sottolineare laspetto barbaro e si tace o si sottovaluta la loro dimensione culturale. Vediamo un altro aspetto del problema del corpo.

La maggior parte delle azioni e delle cerimonie che hanno per oggetto il corpo presentano dei legami con lerotismo. In questo senso bellezza e bruttura costituiscono dei concetti indissolubili, se non altro perch non si pu definire luna senza metterla in rapporto con laltra. Come ci racconta la storia le civilt in cui si praticavano dei sacrifici umani non esitavano a immolare le giovinette pi belle, come se lefficacia del sacrificio dipendesse dal confronto dellorrore con la perfezione e la purezza. Osserva a questo proposito George Bataille come se la bellezza fosse una lotta che si rinnova continuamente contro quelle che noi consideriamo le forme della bestialit. Una lotta giocata anche con tutti gli artifici possibili, dal maquillage alla chirurgia. In questo scontro tra bellezza e bestialit ricevono unattenzione particolare gli orifici del corpo, cio le parti pi primitive, quelle che fanno da cerniera tra il suo interno e il suo esterno, tra lintimo e il pubblico, tra il caldo e il freddo. La bocca dipinta, ornata, tatuata. Alle orecchie, al naso alle grandi labbra della vagina sono sospesi degli anelli. Gli ornamenti hanno qui un doppio senso. Nascondono e sottolineano. In ogni modo la bellezza di regola associata alla giovinezza, ma questo non significa che non la si faccia derivare da dei canoni. La Grecia classica lassociava ai numeri. Policleto, che visse nel quarto secolo prima dellera comune, sosteneva che la bellezza di un corpo femminile completa quando la sua altezza era sette volte e mezza quella della testa. Vitruvio che visse nel primo secolo prima dellera comune sosteneva che gli edifici dovevano corrispondere a delle proporzioni umane definite dal cerchio e dal quadrato. Un idea condivisa da Leonardo Da Vinci il cui disegno delluomo vitruviano finito perfino sulle nostre monete da un euro. Poi con il Rinascimento le ricerche sulle proporzioni matematiche della bellezza si sposarono con la scienza dellanatomia e con la nuova sensibilit della pittura europea. Significativa la Madonna dal collo lungo del Parmigianino(1503-1540), lerede di Raffaello come fu definito dalla critica darte. In alcune culture amerinde si cerca di appiattire il cranio dei bambini in modo che sia possibile da adulti portare pi facilmente dei pesi sulla testa. I bant Damara, che vivono in Namibia (Sud Africa) sostengono che non possono parlare correttamente la loro lingua se non si strappano i denti davanti..e lo fanno! Le indossatrici di moda dello show business, anche se nessuno lo dice apertamente, non possono essere alte pi di un metro e settantotto centimetri o avere naso, mento e seni prominenti. Se le culture investano cos tanto tempo e sforzi nel costruire dei modelli di bellezza perch luomo convinto che la natura del corpo umano sia perfettibile e possa essere sottoposta ai suoi desideri con ogni mezzo, cure dimagranti, amputazioni, ornamenti, protesi. Ma a ben guardare il bello impone la sua legge al desiderio non lontano dalla bruttezza e dallorrore. Veniamo adesso a ci che lega il corpo allornamento. Qui lornamento unespressione della seduzione, attira lo sguardo e soddisfa il narcisismo. anche legato al pudore. Uno dei sentimenti pi complessi. Il pudore da una parte ha la funzione di coprire, nascondere, consentire al soggetto di chiudersi in se stesso, dallaltra stimola il piacere estetico e lerotismo.

In questa prospettiva lornamento un ingegnoso sistema per istaurare una certa armonia tra queste forme di sensibilit antagoniste. Esso procura un sentimento di potere, di estensione del nostro io corporale, si salda per cos dire alla pelle, al corpo e forma con esso unentit indissociabile. Di fatto, pudore e ornamenti sono caricati di connotati sessuali pi o meno coscienti. Per questo il cristianesimo ha istaurato una dicotomia radicale tra corpo e anima sostenendo che lattenzione portata al corpo pregiudizievole alla salute dellanima. A seconda di come cambiano le abitudini sociali la carta del desiderio pu investire qualunque parte del corpo. Durante il Medioevo labbigliamento femminile tendeva a nascondere il petto. Nel Rinascimento lerotismo dei seni esploder insieme alladdome e saranno ostentati. Addirittura le dame di corte si eserciteranno a camminare come le donne incinta in modo da far ammirare il ventre. Lornamento per gli antropologi ha funzioni magiche. Protegge dallostilit del mondo. In questo senso struttura il corpo e struttura la societ affermando la distinzione sessuale. Uomini e donne si sono sempre ornati, sia pure in modo diverso. In questottica la radicale rinuncia dellepoca borghese allornamento maschile un avvenimento senza precedenti. Si potrebbe dire che una delle conseguenze della societ industriale. Essa forse esprime un tentativo tutto maschile di dare al (suo) corpo una missione utilitaria. corretta questa tesi? Forse si. Considerato che oggi alla societ industriale subentrata la societ dello spettacolo e gli uomini stanno rivalutando gli ornamenti e la bellezza costruita con il maquillage e la fatica muscolare.

Insomma, tutte le societ manipolano il corpo, anche se in varia misura. Tra maquillage e chirurgia estetica c una sostanziale barriera costituita dallepidermide. Generalmente il grado di profondit della manipolazione del corpo proporzionale al dolore. Si pu a questo proposito costruire uno schema.

Da una parte c il vestito, una protesi indipendente che si mette o si toglie senza conseguenze che non siano psicologiche. Il vestito in breve un artificio che pu essere rimosso. Dallaltra parte c la mutilazione irreversibile. A fianco del vestito e della maschera, che si porta in circostanze particolari, si colloca il maquillage e la pittura del corpo riservata a delle occasioni eccezionali come sono le feste, gli spettacoli, i carnevali, gli happening, i giochi dinfanzia. Poi viene labbronzatura. un fenomeno recente, serve a esibire il culto del ben essere. una specie di certificato del lusso che possiamo esibire. Labbronzatura parla per noi e dice: Ho fatto una vacanza, Ho rotto con la banalit del quotidiano, Amo lesotico. Costituisce una carta da visita provvisoria, ma pu essere rinnovata o restaurata con i raggi ultravioletti. Allo stesso livello possiamo mettere il body-building. Anche questa una moda recente. Diciamo che al prezzo di molto sudore e fatica possiamo forgiare una nuova anatomia. O, meglio, possiamo gonfiarci come la rana nelle Favole di La Fontaine. In termini antropologici latletismo un tempo necessario alla sopravvivenza stato nella modernit compensato da un atletismo superfluo: lo sport.

Penetrando ancora pi a fondo nella pelle troviamo la depilazione. Pu essere totale o limitata a certe zone del corpo ed una pratica quasi universale. Per esempio per gli Indiani dAmerica la depilazione totale e praticata in modo diffuso dato che considerano i peli una sporcizia. Lo stesso facevano i greci che li cancellavano anche dalle statue. La depilazione pu riguardare il pube, ma anche il viso. Le donne del Rinascimento italiano si depilavano le sopracciglia per creare lillusione di una fronte molto alta. In altre epoche le sopracciglia venivano rafforzate con la matita per donare al viso un aspetto pi interessante. Proseguendo nel nostro schema possiamo dire che il tatuaggio con lago rompe la barriera dellepidermide. (C anche il tatuaggio allhenn e pi raro quello che si ottiene con labbronzatura) Il pigmento che si usa nel tatuaggio con lago pressoch definitivo, visto che la sua cancellazione lascia sempre una cicatrice. Letimo di tatuaggio rinvia al polinesiano tatau, cio ad una tecnica di pittura del corpo. Altrettanto irreversibili sono le scarificazioni e le ferite simboliche.

Possono essere ferite scavate o in rilievo e in casi eccezionali possono essere incrostate con pietruzze o frammenti di conchiglia. Altre ferite sono pi mirate, come sono quelle che si praticano bucando le orecchie, il naso, le labbra, le sopracciglia o le grandi labbra della vagina. In termini psico-analitici come se gli orifizi che abbiamo non bastassero o fossero invisibili tanto da doverli sottolineare. Dunque, fessure naturali, fessure artificiali, come se la cultura intervenisse a sottolineare la natura per renderla pi eloquente. O, detto altrimenti, come se gli ornamenti rendessero socialmente accettabile la bestialit delle mucose e consolidassero le apparenze. Un caso estremo costituito dalle donne Kayan che vivono in Birmania e che noi chiamiamo donne-giraffa. Fin da bambine portano delle collane di metallo che vengono successivamente aggiunte e che abbassando le spalle e deformando lo scheletro danno limpressione che il loro collo si sia allungato Altri casi di cui abbiamo fatto cenno riguardano la limatura o lestrazione dei denti, la scarificazione con lintroduzione di pietre o metalli, la deformazione del cranio, dei piedi o della gabbia toracica. Ma per finire il nostro schema importante ricordare la chirurgia estetica il cui uso si sta allargando a vista docchio. Essa ha un duplice scopo, fermare gli effetti del tempo, rettificare le forme in funzione di unimmagine ideale. In tutte queste trasformazioni gioca un ruolo essenziale il dolore che appare come un riscatto da pagare per fuggire lo stato di natura. Infine, vanno ricordati, sia pure di sfuggita i rituali funerari. Ogni cultura a elaborato i suoi e spesso sono molto complessi, dallimbalsamazione degli egizi allibernazione o crioconservazione dei cadaveri, abbastanza diffusa sia negli Stati Uniti che in Russia. Una follia da fantascienza, non per caso il fondatore del Cryonic Institute era uno scrittore di fantascienza, Robert Ettinger, era, perch morto e si fatto congelare. Sostanzialmente le pratiche sul corpo morto hanno due finalit. Esorcizzare la morte tramite lincenerimento della salma. Costruire una parodia della vita sottoponendo a maquillage il corpo e soprattutto il viso del defunto e poi seppellirlo. Una nota sulla chirurgia estetica. Al di l di ci che pu appare al buon senso per la sociologia la chirurgia estetica, in particolare quella plastica, una manifestazione violenta delle tendenze alle mutilazioni rituali del mondo occidentale. Mascherata dalla sua dimensione medico-clinica rappresenta un fenomeno culturale molto dibattuto. Per alcuni uninutile vanit, un lusso privo di senso, per altri uno strumento che consente un riequilibrio della personalit, un modo per stare meglio con se stessi. Lanalisi statistica rivela che questa chirurgia coinvolge soprattutto la popolazione urbana di cui gli uomini rappresentano il venticinque per cento circa. Le categorie sociali pi rappresentate sono quelle ai margini delle categorie attive. Ricorrono a questa chirurgia soprattutto donne senza una professione o donne dello show-business, celibi e nubili, persone di una certa et, divorziati e vedove. Il tipo dintervento rivelatore. Per le donne sono i seni, il ventre, il volto seguito da interventi specifici agli occhi, alle labbra al naso. Meno frequenti gli interventi alle orecchie.

Per gli uomini invece i due interventi pi diffusi sono il trapianto di capelli e le orecchie a sventola, seguiti dalle borse agli occhi. Da queste pratiche la prima costatazione che emerge il desiderio di voler a tutti i costi adeguarsi ai criteri di bellezza del momento che spesso ricalcano quelli che la moda definisce ariani. Vale a dire, naso dritto e fine, orecchie strette alla testa, niente asimmetrie sul volto, o meglio, niente naso ebreo o naso a patata e niente labbra negroidi, niente mento troppo pronunciato. Si costatato che quando questi interventi riguardano degli adolescenti essi sono spesso vissuti come dei riti di passaggio verso let adulta. Quando riguardano individui in et adulta sono vissuti come una battaglia contro linvecchiamento. Viviamo in una societ che rifiuta linvecchiamento e i suoi segni. La caccia alle rughe comincia in modo soft con le creme per poi prendere la rincorsa con la violenza chirurgica a base di ospedalizzazione, anestesie, bisturi, convalescenza. una guerra patetica che nega la fatalit. I seni vogliono restare sollevati, il ventre piatto, la pelle liscia, il mento senza raddoppiamenti. La guerra per conservare il potere di seduzione disperante. una guerra dominata dalle apparenze ideali.

La ricerca della seduzione non la motivazione esclusiva. Spesso il ricorso alla chirurgia si pratica per s stessi. Vale a dire rappresenta un cedimento ad una feticizzazione del proprio corpo che si accompagna ad una insidiosa patologia della personalit, il narcisismo. Perch questo interessa la sociologia? Perch questa forma di autoerotismo finisce prima o poi per avere risvolti sociali pi o meno gravi. Inchieste condotte negli USA e in Giappone hanno messo in luce che un buon aspetto favorisce la carriera, facilit i rapporti, promuove la vita sessuale a dispetto di altre qualit. Delle ricerche condotte sulle riviste femminili hanno messo in luce che la donna ideale non deve avere o sembrare di avere pi di venticinque anni, deve essere di tipo nordico o tuttal pi esotico, avere un lavoro creativo giornalista, fotografa, donna daffari, al limite, sposata con un creativo o uno sportivo. Di contro vecchiaia e bruttezza demoralizzano. Il dolore che provoca la chirurgia estetica in questi casi vissuto come una rivolta, giudicato liberatorio. I canditati a questi interventi come confessano ai chirurgi hanno due nemici, la fotografia e gli specchi, dopo lintervento pi del novanta per cento degli operati distrugge tutte le immagini che lo ritraggono prima dellintervento.

I Gender studies. (Bozza) Nella cultura anglosassone sono chiamati Gender studies o Cultural & Queer studies un vasto campo di studi, di dibattiti e di controversie sulla questione dei gender. Il significato di queste espressioni risente molto della loro storia recente, per cominciare diciamo che intorno al 1970 nelle universit americane gli studi di gender diventarono molto popolari. Questi studi erano indirizzati a dimostrare come le ineguaglianze di cui sono vittime le donne nel mondo, oggi come ieri, si fondano su unideologia che tende ad accreditare (presentare) come naturale una ineguale divisione dei ruoli sociali tra uomini e donne. Ineguaglianza o ingiustizia, va detto da subito, a cui hanno contribuito e contribuiscono in maniera pi o meno determinante anche i paesi che si definiscono democratici e egualitari. Lespressione di gender in inglese polisemica, ma in sociologia appare oramai circoscritta al dibattito sul modo di formarsi dellidentit. Nella lingua italiana genere aderisce bene al significato inglese, ma non possiede ancora quel senso che lo lega al tema dellidentit. Lo stesso si pu dire per la parola inglese sex che in italiano traduciamo con sesso. Nella cultura latina questa espressione rinvia sia allorgano sessuale che al genere (maschile o femminile) determinato dal sesso stesso di cui portatore il soggetto.

Ma qui c un problema. Facendo dellorgano sessuale il contenuto dellidentit sessuale si banalizza e si toglie ogni significato allelaborazione dellidentit sessuale, sia dal punto di vista del costume che dal punto di vista della percezione soggettiva della propria sessualit. Nel 1972 usc in Inghilterra un libro di Ann Oakley intitolato Sex, Gender & Society che divenne la bibbia delle femministe americane. Ann Oakley unapprezzata sociologa inglese oltre che una scrittrice molto famosa. Si dedicata, in particolare, allo studio della sociologia medica per le donne ed intervenuta con diversi contributi al dibattito sui metodi della ricerca sociale. In questo libro la Oakley metteva in dubbio e in modo esplicito unidea condivisa da molti, quella di unequivalenza tra sesso e genere perch il fatto che il genere sembri qualcosa di naturale fa sottostimare la dimensione sociale attraverso la quale si accede allidentit sessuale e, in sub-ordine, allidentit in genere.

Se proviamo ad esaminare lespressione di sessualit nella lingua italiana vediamo che abbraccia un campo di significati molto pi vasto di quello di un semplice comportamento sessuale. La sessualit, in s, presenta almeno tre aspetti importanti: - Quello di essere una pulsione a riprodursi che la specie umana condivide, sia pure in forma diversa, con tutti gli organismi viventi. - Quello di esprimere il rapporto che ciascuno intrattiene con i propri organi genitali e con luso che ne fa. - Quello di apparire come una rappresentazione sociale, determinata dalle norme e dal costume sociale che regolano i rapporti tra i sessi. In breve, noi abbiamo unidentit sessuale e unidentit di genere che non deriva necessariamente dalla biologia. In altri termini lidentit di genere il modo in cui un individuo percepisce il proprio genere. Un tempo il sesso di una persona era determinato esclusivamente da come apparivano i genitali. Con la scoperta del DNA e dei cromosomi la determinazione divenne pi accurata, ma al tempo stesso in qualche modo si attenu la netta divisione genitale tra uomini e donne. Ha scritto Simone de Beauvoir in quello che probabilmente il suo libro pi famoso, Il secondo sesso, uscito nel 1949: Non si nasce donna, lo si diviene. Lidea che il sesso delle donne socialmente costruito dalla cultura questa la tesi del libro fece scandalo, ma non successe niente, ci vollero una ventina danni perch una nuova generazione di femministe soprattutto anglo-americane riprendessero questo concetto con lespressione di gender. Genere una strana parola, per esempio nelle lingue neo-latine il genere maschile domina grammaticalmente il genere femminile. Se dieci donne e tre uomini entrano o escono da una stanza si dir che sono entrati o che sono usciti e non che sono entrate e sono uscite dieci donne e tre uomini. C poi da osservare che le identit di genere sono divenute problematiche perch sono sempre meno differenziabili. Negli anni 20 del secolo scorso, al tempo del The Large Glass Marcel Duchamp pot disegnare nella parte bassa dellopera, di fianco alla macina di semi di cioccolato, una serie di divise di professioni che non avevano un corrispondente femminile. Oggi sarebbe impossibile e prima ancora ridicolo. La tendenza delle identit a diventare sempre pi complesse non corrisponde per ad una scomparsa delle norme che regolano il genere. I transessuali cio coloro che credono di appartenere allaltro sesso e sognano di poter correggere il proprio corpo e i transgender che rivendicano unidentit di genere alternativa testimoniano un problema sociale molto importante soprattutto per quanto riguarda il passaggio da un genere allaltro o ad un genere che non riconosciamo. Se consideriamo il genere la traduzione culturale delle differenze naturali evidente che i transessuali e i transgender non possono tener conto della loro costituzione biologica per creare la loro identit e questo nonostante il progresso della chirurgia plastica e dellendocrinologia.

Per riassumere, la nozione di genere rinvia agli aspetti sociali della differenza tra i sessi (cio, al modo di vestire, di parlare, di muoversi, di posizionarsi sulla scena sociale). La nozione di sesso rinvia agli aspetti biologici e alla sua dimensione empirica. Oggi il genere assegnato corrisponde al genere di nascita. Lidentit di genere, invece, rinvia oltre che alla sessualit biologica anche allidentit sessuale vissuta. Il ruolo di genere invece costituisce linsieme delle pratiche e delle aspettative veicolate dalla propria soggettivit. Negli Stati Uniti in particolare ci sono poi altre due identit sociali che sono diventate socialmente importanti, soprattutto a livello psicologico. La FTM, female to male, vale a dire la figura di una donna biologica che divenuta un uomo. La MTF, male to female, che corrisponde allinverso, ad un uomo biologico che diventato una donna. Le teorie post-moderne sullonda di questa attualit hanno contribuito alla nascita del movimento Queer. Questo movimento esprime una posizione radicale allinterno della discussione sui generi. Per i Queer quello che il soggetto vuole come genere si pu definire una performance, parola che potremmo tradurre con prestazione. In pratica come dire che il genere non ha altro riferimento che non sia il soggetto, o meglio, che il soggetto vuole come genere a prescindere da qualunque altra considerazione. Lindividuo cos, recita o interpreta la mascolinit e la femminilit scelta per acquisire unidentit corrispondente che sia valida per se e per glaltri. Teoricamente, come sappiamo da tempo, si pu intervenire a diversi livelli dellapparenza o dellapparire vestiti, maquillage, modo di camminare e di gesticolare, timbro di voce al fine di sembrare maschile o femminile, ma non ritenuto sufficiente. Quello che conta per il movimento Queer lintimo convincimento di ci che si vuol essere indipendentemente da come si appare. Queste brevi osservazioni sottendono un problema sociale molto importante per la nostra epoca che investe anche le credenze religiose e la relazione con la malattia e la morte. Vale a dire: Fino a che punto una persona pu disporre del proprio corpo? Oggi, si stima che il due per cento delle nascite presenta caratteristiche pi o meno divergenti dallo stereotipo maschile o femminile. Come abbiamo visto lidentit di genere va al di l della semplice sessualit biologica e coinvolge il ruolo di genere della persona. Questo ruolo riguarda quellinsieme di elementi che suggeriscono agli altri la categorizzazione sessuale di un individuo. Ricordiamo che gli aspetti che vengono associati a un genere piuttosto che a un altro variano notevolmente a seconda della cultura, dellepoca, della condizioni sociali in cui vive una determinata persona.

In linea generale costante nel tempo la tendenza a costruire categorie che possono essere pi o meno rigide e pi o meno polarizzate su un sesso, con una netta prevalenza,dal punto di vista del valore, del sesso maschile. Un esempio recente. In Cina dove una politica demografica sconsiderata in molte provincie ha imposto alle coppie di poter avere un solo figlio a generalizzato la pratica dellinfanticidio delle bambine appena nate. Ma non cos dappertutto. In Pakistan e nel Bangladesh sono chiamati hijra le persone che non sono considerate n uomini e n donne, queste persone da secoli hanno un ruolo di genere differente ben integrato nella societ. I nativi americani, quelli che noi chiamiamo pellirossa, accettavano prima di essere colonizzati i ruoli di genere differente e definivano queste persone portatrici di due spiriti. Nella societ polinesiana, a Samoa in particolare, il ruolo di genere parte integrante del costume e non c nessuna discriminazione sociale fondata sul sesso. In breve, il ruolo di genere una serie di norme di comportamento associate ai maschi e alle femmine in un dato gruppo o sistema sociale. Prima di spostarci su un tema connesso domandiamoci, questa questione dei generi importante? una questione sentita a livello politico? La risposta si nei paesi di lingua inglese e di cultura protestante, meno nei paesi latini e di cultura cattolica. Una prova? Il primo di settembre in Australia passata una legge per la quale sul passaporto degli australiani alla voce sesso, nel rispetto dei diritti umani, ci saranno tre caselle da riempire, femmina, maschio oppure x, vale a dire, transgender.

Una delle ragioni per cui abbiamo parlato dei generi non tanto la difesa delle inclinazioni sessuali di ciascuno di noi, quanto il fatto che sui ruoli di genere si formata e strutturata quella che usualmente definita la famiglia nucleare. La famiglia nucleare, formata da un padre, una madre e dei figli, a partire dal secondo dopoguerra, cio, a partire dalla met del secolo scorso, diventata come abbiamo osservato nel corso base la cellula della societ moderna. Infatti, controllare la famiglia significa controllare la societ, ma per controllare la famiglia con la persuasione occorre conoscerla. Negli USA, sulla scorta della teoria della famiglia di Talcott Parsons si ritenuto per molto tempo che il ruolo femminile fosse di tipo espressivo, mentre quello maschile fosse di tipo strumentale.

Cosa vuol dire? Che il ruolo delle donne in una famiglia doveva esprimersi nellarte di rafforzare i legami interni ad essa, mentre quello delluomo doveva sviluppare le relazioni esterne e sociali e insieme provvedere al supporto monetario per mantenere la famiglia stessa. Da qui i due modelli divergenti di famiglia, quello improntato sulla separazione dei ruoli e quello caratterizzato dalla loro dissoluzione. Nel campo dellistruzione nel primo modello si esaltano le specializzazioni professioni maschili che si ritengono superflue per le ragazze. Nellaltro si privilegiano le cosiddette scuole co-educative, che hanno gli stessi contenuti e qualifiche per tutti a prescindere dal sesso. Nel campo delle professioni per il primo modello il posto di lavoro prioritario per gli uomini e lavanzamento professionale deve essere considerato importante per questi e secondario per le donne. Nel secondo modello al contrario la carriera e le opportunit devono essere uguali per tutti e comunque non discriminanti in base al sesso. Nel campo della gestione della casa e dei figli, nel primo modello la loro cura vista come il compito principale della donna ed ritenuto secondario per gli uomini. Al contrario, nel secondo modello le faccende domestiche sono svolte da tutti e leducazione dei figli e un compito equamente diviso tra i genitori. Per quanto riguarda il potere decisionale nellambito della famiglia nel primo modello in caso di conflitto luomo ha sempre lultima parola, soprattutto nelle scelte che riguardano dove risiedere, le scuole per i figli, gli acquisti importanti, le vacanze. Nel secondo modello luomo e la donna si spartiscono queste funzioni in parti uguali e in base alla loro esperienza. Naturalmente questi due modelli esprimono delle posizioni estreme difficili da rilevare nella vita di tutti i giorni. Pi realisticamente il comportamento degli uomini e delle donne si colloca a met tra questi due modelli, ma importante notare che questi modelli hanno dei risvolti significativi che vanno ben oltre il nucleo familiare. In pratica c un influenza emulativa, che pu essere reciproca, sul comportamento dei parenti e degli amici, sulla comunit in cui si vive, sul quartiere in cui si abita. Uninfluenza che arriva fino alle opinioni politiche e ai giudizi morali. Naturalmente dentro questi due modelli e nelle loro varianti i ruoli non sono fissi, ma vengono in continuazione rinegoziati dagli attori sociali. Si rinegozia soprattutto il modo di vestire, la scelta del lavoro, le relazioni interpersonali, lo stato genitoriale, i giudizi legati al costume e alle abitudini. Questa rinegoziazione a sua volta contribuisce a formare lidentit sociale di gruppo. Gli uomini, come sappiamo, tendono naturalmente ad aggregarsi e il gruppo in qualche modo il luogo in cui si plasma la loro identit sociale.

In questo quadro come c il gruppo di appartenenza ci sono quelli di non-appartenenza, verso il primo si ha in genere un atteggiamento benevolo, verso i secondi si va dallindifferenza allostilit. La Social Identity Theory, come viene chiamata la disciplina che studia questi processi sostiene che lidentit sociale si struttura su questi tre step. Il primo quello della categorizzazione. Lindividuo ha la tendenza a costruire delle categorie discriminanti di appartenenza basate su i fattori pi vari, et, genere o sesso, posizione sociale, lavoro, religione, convinzioni politiche, tifo sportivo, ideologie culturali di riferimento, gruppo etnico, eccetera. Queste categorie discriminanti tendono a massimizzare le somiglianze allinterno del proprio gruppo di riferimento e a massimizzare le differenze verso gli altri. Il secondo step quello dellidentificazione. Tutti noi di fatto apparteniamo a pi gruppi e questi concorrono a fornire le basi psicologiche della nostra identit sociale. Alcuni gruppi, naturalmente sono pi importanti di altri, altri gruppi possono essere transitori ed aggregarci per fatti specifici, com per esempio la tifoseria. Il terzo step quello del confronto sociale. Lindividuo portato in continuazione a confrontare il proprio gruppo di appartenenza con gli altri gruppi valorizzando il proprio e svalutando glaltri. Ci pu indurre a sentimenti errati di autostima e ad assumere atteggiamenti di superiorit che possono essere pericolosi quando spingono ad un confronto sociale, come avviene spesso, nelle comunit chiuse, nei confronti degli immigrati.

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