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Fatto
Mc Donald's Developrnent Italy Inc. (McD) conveniva innanzi al tribunale di Roma la s.r.l.
Vignola, chiedendo che venisse accertato che per effetto dell'accettazione della proposta
inviata con lettera 10.7.2000 si era concluso un nuovo contratto locativo dei locali siti in
(OMISSIS), via (OMISSIS).
La società convenuta si difendeva sostenendo che la lettera conteneva una nera
manifestazione di intenti ed era insuscettibile di creare obbligazioni immediatamente
vincolanti; in via riconvenzionale chiedeva la condanna della controparte al risarcimento
dei danni e la risoluzione del contratto, se concluso.
Nella posizione della società convenuta subentrava la s.r.l. Molino Monte Mario (Molino)
che l'aveva incorporata.
Disposto il mutamento del rito, il tribunale rigettava la domanda attrice e dichiarava
inammissibili le domande riconvenzionali con sentenza che veniva confermata dalla certe
di appello di Roma con le seguenti argomentazioni.
Giustamente il tribunale ha escluso che il documento redatto dalla società locatrice e
sottoscritto per adesione da McD sia espressione di volontà rivolta alla costituzione di un
nuovo contratto locativo;
http://www.jurisdata.it/CCivile/CC_printdoc.asp?ft_cid=96933 24/10/2007
Cassazione Civile - 14 luglio 2006, n. 16118 Pagina 2 di 4
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Diritto
1. Con il primo motivo si denuncia "violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 2697
c.c. nonchè art. 116 c.p.c.; motivazione contraddittoria sul punto decisivo della
controversia rappresentato dalla presunzione di avvenuto perfezionamento del contratto,
in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5"; la corte di merito ha mostrato di aderire
all'insegnamento espresso da Cass. 22.8.1997, n. 7857, ma nella sostanza se ne è
discostata; secondo tale insegnamento, costituente "ius receptum", ove il documento
predisposto dalle parti contenga puntuazione completa delle clausole, si presume che il
contratto si sia perfezionato ed è onere della parte che assume il contrario fornire prova
del proprio assunto senza che il giudice si possa sostituire alla parte e supplire in via
interpretativa all'inerzia della stessa; in sostanza nella materia esiste una regola di
giudizio in virtù della quale in presenza di puntuazione completa di clausole il giudice deve
ritenere perfezionato il contratto, se non sia data prova contraria, essendogli precluso
sostituirsi alla parte e desumere dal testo del documento che il contratto non si è
perfezionato; la corte di merito "si è lasciata andare ad una interpretazione del
documento 10.7.2000", prescindendo dalla presunzione e violando l'art. 2697 c.c..
2. Con il secondo motivo si deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363,
1366, 1367 c.c., 116 c.p.c.; motivazione insufficiente sul punto decisivo della controversia
rappresentato dalla valutazione della scrittura 10.7.2000 e dal comportamento delle parti
in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5"; la corte di merito ha violato le regole di
ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c., ss.; in particolare: 1) ha omesso di
considerare sia il preponderante aspetto volontaristico sotteso al testo negoziale che la
condotta dei contraenti durante le trattative e dopo la formazione del documento; 2) ha
assegnato valore determinante alla clausola c) del documento (recante l'obbligo di
provvedere alla restituzione degli immobili sublocati), trascurando di compiere
un'indagine sull'effettiva volontà delle parti; 3) non ha valutato comportamenti come il
pagamento a partire dal luglio 2001 del maggiore canone locativo previsto nel documento
10.7.2000 e la proposizione di domanda riconvenzionale di risarcimento del danno
fondata sull'implicita affermazione di esistenza del contratto locativo; 4) ha violato le
regole sussidiarie di interpretazione obiettiva di cui agli artt. 1367 e 1370 c.c..
3. I motivi sono strettamente connessi e vanno esaminati congiuntamente.
4.1. Bisogna riconoscere che questa Corte, superando un precedente orientamento (Cass.
21.5.1980, n. 3158), ha affermato che dai documenti negoziali che predispongono
l'assetto contrattuale in ogni suo aspetto (cosiddetta puntuazione completa di clausole)
deriva una presunzione semplice di perfezionamento contrattuale vincibile con la
dimostrazione che non si tratta di un contratto concluso, ma di una semplice minuta con
puntuazione completa di clausole (Cass. 30.3.1994, n. 3158; Cass. 22.8.1997, n. 7857;
Cass. 16.7.2002, n. 10276).
In altri termini di fronte ad un accordo sugli elementi essenziali non occorre provare che
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 15.100,00
di cui Euro 15.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di
Cassazione, il 9 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2006
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