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Direttore Luca Beltrami Gadola

numero 24
28 luglio 2009

edizione stampabile

In questo numero

Sanit- Ileana Alesso - ABORTO: COMUNIONE E LIBERAZIONE AL POLICLINICO DallArcipelago - Pier Vito Antoniazzi -CONGRESSO. NON ASPETTIAMO ROMA. SE CERCASSIMO LA BONINO? Approfondimenti - Mario Cantilena - UN ESAME PER IL MINISTRO GELMINI Lettera - Francesco Borella - LO SFREGIO DEL PARCO DELLE CAVE Metropoli- Giuseppe Ucciero- SULLA SOLITUDINE DEL POLITICO Societ - Franco DAlfonso- LA PAURA FA IL 70% Citt - Emanuele Patti - UNA PICCOLA WOODSTOCK Mobilit- Guido Martinotti - MARCO PONTI REAZIONARIO? PERCH? Ambiente e scienza - Jacopo Gardella - PARCO DELLE CAVE E GIARDINO DI VIA TERRAGGIO Economia- Maurizio Mottini - LUSO DEL SUOLO PUBBLICO A MILANO NON PU PI ESSERE GRATUITO

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Sanit ABORTO: COMUNIONE E LIBERAZIONE AL POLICLINICO Ileana Alesso


In una citt che in questo scorcio di estate ci ha fatto grazia sotto il profilo atmosferico di una maggiore vivibilit giunta per la notizia delle nomine ai vertici degli Istituti di ricovero e cura di carattere scientifico di Milano e Pavia. Sono cattolico e quindi antiabortista ha dichiarato il nuovo Presidente della Fondazione Policlinico di Milano, Giancarlo Cesana, nominato dal Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. E una dichiarazione che desta preoccupazione, non per il legittimo profilo personale e confessionale di appartenenza a Comunione e Liberazione, peraltro noto e tale da rendere superflua la dichiarazione medesima. Preoccupa perch una dichiarazione resa in qualit di neo Presidente del predetto Istituto che istituzionalmente preposto, quale che sia il convincimento intimo e personale di chi ne ha la rappresentanza, a provvedere alle prestazioni sanitarie minime previste dalle vigenti leggi dello Stato ivi compresa la legge n. 194 del 1978 sullinterruzione, volontaria o terapeutica comunque sottoposta a limiti e condizioni di gravidanza. E sotto questo aspetto colpisce il tratto della comunicazione e lassenza della distinzione tra sfera personale e sfera istituzionale, tra la libert inerente la prima e i doveri e la consapevolezza degli stessi conseguenti la seconda. Peraltro proprio sulle distinzioni che si fondano legalit e laicit che non fanno discendere le regole di condotta di una collettivit di persone da precetti che riguardano invece le comunit di fedeli. Ed in spregio alla laicit e legalit che la Regione Lombardia ha, non pi di un anno fa, tentato di forzare luna e laltra modificando con un provvedimento regionale la legge nazionale 194 apportandovi restrizioni eufemisticamente denominate linee guida di attuazione della 194. E stata fermata dal T.A.R. Lombardia (Sez. III, ordinanza n. 707/08) grazie al ricorso di un gruppo di medici e della CGIL Lombardia ed stata bocciata ancor pi sonoramente dal Consiglio di Stato (Sez. V, ordinanza n. 5311/08) cui la Regione si era rivolta in sede di ostinato appello. Come componente del collegio di difesa dei medici e della CGIL Lombardia, insieme ai colleghi prof. DAmico e Angiolini, voglio sottolineare che i giudici amministrativi nel ribadire che un atto regionale non pu mai modificare una legge statale hanno confermato lincompetenza regionale nella materia dei diritti civili e sociali di esclusiva competenza statale e hanno ribadito che la 194 ha un contenuto costituzionalmente vincolato poich il legislatore nazionale ha tutelato e bilanciato i diritti fondamentali sia della donna che del concepito come gi a suo tempo riconosciuto dalla Corte Costituzionale. Quale che sia il convincimento di ciascuno, e non necessario essere cattolici per essere personalmente contrari allaborto, contra legem frapporre ostacoli alle donne che alle condizioni imposte dalla legge 194 esercitano le facolt attribuite dalla legge medesima. Se mai e sempre in conformit alla legge predetta occorre renderne meno tortuoso il percorso di applicazione garantendo la presenza di personale non obiettore in tutte le strutture sanitarie come peraltro dovere della Regione e degli Istituti ospedalieri da attuare anche attraverso la mobilit del personale (art. 9 legge 194). La questione di fondo la laicit e la difficolt a metabolizzare che Stato e Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani (Costituzione, art. 7). I presagi per lautunno non sono dei migliori se poi si pensa che la ASL Milano con la recente circolare (n. 18443) adottata dopo un articolo pubblicato sul periodico cattolico Tempi, ha disposto la cessazione della educazione sessuale nelle scuole milanesi. Educazione che aveva come scopo la prevenzione di ogni comportamento a rischio degli adolescenti ivi compresa linterruzione di gravidanza nelle minorenni italiane e straniere.

DallArcipelago CONGRESSO. NON ASPETTIAMO ROMA. SE CERCASSIMO LA BONINO? Pier Vito Antoniazzi
Un congresso, specie uno quasi fondativo come quello del PD di ottobre, dovrebbe essere loccasione per chiarire una linea politica, fare delle scelte, definire unidentit che parli al paese in modo chiaro e comprensibile. Non ci sono dubbi che ci arriveremoma gli inizi sembrano pi legati alla personalizzazione del confronto, con tanto di coinvolgimento delle famiglie dorigine, vecchie ruggini, simpatie, antipatie, enfatizzazione di singoli temi, spettacolarizzazione. Il rischio reale quello di un dibattito tutto interno (auto centrato si dice ), distante dai problemi e dal linguaggio della gente, in cui anche i temi concreti o le proposte specifiche rischiano di apparire strumentali e finalizzate a un consenso e un posizionamento sempre interno. Intanto la politica e il paese vanno avanti, relegando il PD (specie in Lombardia) a un ruolo sempre pi marginale. Dice bene Walter Marossi, a marzo 2010 si vota il Presidente della Regione Lombardia e il candidato del centro-sinistra (oddio ho messo il trattino, sar perseguibile ?) non pervenuto. Perch non partire da qui nel dibattito?

Anche perch la diretta conseguenza della non espressione del partito locale (il famoso partito che devessere - per tutti i candidati - legato al territorio) che la scelta verr fatta a Roma. Ci sono persone che ancora non si sono riprese dalla scelta nazionale di candidare Diego Masi (allora Patto Segni poi AN, ora non so ...) nel 1995 dando il via allepoca Formigoni . E se la Lombardia non si muove (con quel poco di forza che le rimasta) gli equilibri e il realismo nazionale vedono oggi in pole position come candidato presidente Antonio Di Pietro. Col che la caratterizzazione di opposizione sarebbe garantita (in una Regione data per persa), ma lulteriore distanza dalla societ lombarda e anche da tutto larco politico (centro e sinistra, ma anche parte dei nostri stessi aderenti) altrettanto . Anche lalleanza con lUDC (con eventuale candidatura Tabacci o Pezzotta) potrebbe discendere solo da un accordo nazionale. Partendo infatti

dalla realt che lUDC oggi in giunta con Formigoni e che le chance di vincere la corsa sono scarse, solo un accordo nazionale (con altri candidati Presidenti regionali allUDC e soprattutto con unintesa su un sistema elettorale proporzionale non bipartitico) potrebbe convincere un leader di questo partito a essere della partita. E allora si pu fare una sommessa proposta. Se vero che c unarea di voto laico e radicale (specie nelle citt lombarde), se vero che una sinistra definitasi socialista, ambientalista e liberale ancora esiste, e soprattutto se vero che la maggioranza dei voti sono persi in astensione perch scarso lappeal del ceto politico . Allora perch non andare a cercare Emma Bonino, donna che in questi anni, anche senza particolari carichi, non ha perso credibilit umana e politica, come candidata Presidente in Regione Lombardia? Lo si propone a Martina che, se non ha il merito della discontinuit di cui parlano Bersani, Letta, Penati, ha il vantaggio della continuit, cio di

essere in carica e di dover pensare e praticare una politica per questo partito. A lui si chiede di muoversi, esplicitando il fatto di non candidarsi (cos togliendo di mezzo quellidea rigida dello spirito maggioritario per cui, grazie ad una regola statutaria, il segretario del partito diviene automaticamente candidato premier), e portando in congresso una proposta su cui da subito fare unistruttoria. Infine, in questa congressopoli infinita, non si capisce perch non affrontare subito il problema del partito metropolitano milanese. Dato che un segretario che ha perso tutto quello che si poteva perdere non ha avuto il buon senso di dare le dimissioni, cogliamo loccasione di ottobre in cui si voteranno assemblee e segretario, nazionale e regionale, per costituire unassemblea provinciale che elegga un segretario (in fondo lo Statuto prevede che sia nominato con primarie, tali e quali quelle del 25 ottobre). Cos forse a fine ottobre saremo in grado di condurre una battaglia politica, senza aspettare la Befana.

Approfondimenti UN ESAME PER IL MINISTRO GELMINI Mario Cantilena

La studentessa allarg le braccia, con uno sguardo che diceva: OK, se vogliamo esagerare esageriamo, ma ovviamente non si aspetter che possa rispondere a domande simili. Le avevo chiesto dove fosse lo stretto di Gibilterra. Incredulo davanti alla sua reazione, collocandole davanti una carta del Mediterraneo, la pregai di tentare almeno unindicazione a caso: venne fuori che Gibilterra era in Turchia. Poco prima, un suo collega, alla mia frase questo accadeva al tempo della Rivoluzione francese, aveva aggrottato le sopracciglia con unespressione interrogativa, e, accostando allorecchio la mano a guisa di conchiglia, aveva chiesto rivoluzione...?: come dire di che roba sta

parlando? Balbettai, incredulo ma francese, la Rivoluzione francese! Mai sentita nominare? Dopo un attimo di silenzio, il giovane, poco convinto, incurv le labbra, scosse la testa, e soggiunse: a scuola non labbiamo fatta. Eravamo in unaula universitaria, dove studenti del terzo anno di un corso di laurea umanistico (non dir quale) mi confermavano in una vecchia, radicata, solidissima e reazionarissima convinzione. Che la scuola non funziona pi, e non funziona pi perch, da quarantanni, a scuola non si boccia. Checch si pensi di questa mia eresia, la questione sembra tornata dattualit: i giornali hanno parlato recentemente -chi con simpatia, chi con ostilit, per la maggior parte con

prudenza neutrale- di un grande ritorno delle bocciature a scuola. La ricreazione finita, insomma, arrivato il castigamatti, nei panni della ministra Gelmini, e dato che anche lArcipelago s occupato della questione, mi permetto di esprimere qui qualche opinione in materia. 1) E una decina di anni, ma forse di pi, che a ogni inizio dellestate si legge sui giornali di un incremento delle bocciature: se ne parla, almeno, a ogni riformina degli esami di maturit, dal ministero Berlinguer in poi. E tuttavia, ogni volta, le percentuali degli studenti maturi variano di qualche punto decimale, dal 98,7% al 98,4 %, o simili; e questanno, questo catastrofico anno, a quanto ho letto,

le promozioni complessivamente superano il 95%. Domanda inutile: ha senso mantenere in piedi unistituzione come lesame di maturit, con commissari che viaggiano, diarie da pagare, fuga di temi via Internet, telefonini etc., se il risultato si avvicina tanto al todos caballeros? Non sarebbe meglio dare a tutti gli studenti un certificato che attestasse andato a scuola, come una specie di congedo militare, senza proclamare solennemente che lo studente maturo per gli studi superiori? 2) Ho parlato degli esami di maturit: ma la situazione la medesima nelle scuole di ogni ordine e grado, come si suol dire. Magari le percentuali dei bocciati varia un po, ma la filosofia generale la medesima: lorrore per la bocciatura, considerata dalle famiglie un incomprensibile usurpazione di diritti, e dai presidi una iattura da evitare con ogni sforzo. I ricorsi, regolarmente presentati e regolarmente vinti dai ricorrenti, e la paura di perdere iscritti, sono ragioni sufficienti per cui nei consigli di classe si esercitino pressioni molto energiche perch i quattro diventino sei, e i tre diventino cinque, nella pacifica convinzione che con i cinque non si boccia (chiedo scusa per il lessico arcaico: oggi si parla di debito formativo. [La parola formativo non mai stata tanto in voga nella scuola e nelluniversit]. Si comincia dalle elementari e dalle medie, naturalmente, dove lespressione scuola dellob-bligo intesa comunemente come scuola con obbligo di promuovere. Ma si finisce alluniversit, dove, anche se pochi lo sanno, non si boccia mai. Alluniversit non si boccia da decenni: se lo studente va male, si straccia il verbale, e si fa finta che lo studente non si sia presentato. Non si scrive respinto, ohib, come si faceva una volta, quando lo studente -a me capitato- doveva anche pagare una tassa per la ripetizione di un esame. E perfino nei moduli prestampati dalle segreterie per i verbali a lettura ottica, m capitato di vedere che la casella non promosso o respinto non nemmeno prevista. Insomma, anche se allo studente di fatto capita di ripetere un esame, bene che la cosa avvenga senza visibilit, senza clamori, non ufficialmente. Una scuola e ununiversit sans pei-

ne. E che rimane ancora sans peine, poich, glorificata o vituperata che sia, la fama della ministra Gelmini , a me pare, alquanto usurpata. Ha ripristinato il cinque in condotta. Perbacco, che misura draconiana! Peccato che -se il cinque pu implicare la bocciatura- un buon voto in condotta faccia media, ovviamente rialzandola, con i voti delle altre materie. O dunque? Dov questo mostro di rigorismo? 3) Ora, bench nutrito di cultura arcaica, non sono cos fuori dal mondo da non aver mai sentito dire ci che da decenni si dice: la scuola fatta per promuovere il sapere, non per bocciare gli studenti; devessere accogliente, non arcigna; delle sue inefficienze gli studenti sono vittime, non giusto che siano loro a pagarle; le bocciature non risolvono i problemi; la scuola ha bisogno di altro, deve fare tante belle cose etc. etc., riassumendosi il tutto nel sublime apoftegma una scuola che boccia boccia se stessa. N sono cos fuori dal mondo da pensare che in queste argomentazioni non ci sia qualcosa di buono e di vero. Certamente la scuola non ha come missione le bocciature, e queste certamente non risolvono i problemi della scuola. E vero, ovviamente, che una scuola che boccia non di per s una scuola buona. Ma sicuro che una scuola che non boccia una scuola cattiva. Esiste infatti un equivoco di fondo, di cui la societ italiana oramai intimamente permeata. Che la scuola sia un luogo dove esistono gli operatori e i fruitori. I primi - gli insegnanti - devono essere cos bravi da saper mettere in piedi qualcosa che chiamerei uno spettacolo di successo; i secondi, assistendo a questo spettacolo, devono imparare. Se non imparano, vuol dire che lo spettacolo non era buono, non interessava abbastanza, ed colpa di chi lo ha messo in piedi. Purtroppo, per, questa tesi dimentica una verit elementare, che una volta era pacifica, e apparteneva al deposito del sapere tradizionale, e che oggi a quanto pare si scontra con il senso comune. Che cio lo spettacolo -se vogliamo chiamarlo cos- a scuola lo si mette in piedi insieme, insegnanti e studenti. La preparazione degli alunni non dipende solo da chi insegna. I ragazzi non sono un juke-box, introducendo nel quale la moneta giusta, viene fuo-

ri la musica richiesta. La scuola una faccenda in cui si lavora in due. Il maestro spiega, ma il ragazzo deve stare attento. Il maestro insegna, ma il ragazzo si deve esercitare su ci che gli stato insegnato. La lezione pu essere ottima, ma poi bisogna studiare a casa. Insomma, il lavoro si fa in due, anzi in tre. I professori devono insegnare bene, i ragazzi devono lavorare bene, e i genitori devono a loro volta occuparsi del fatto che i ragazzi lavorino. Cose vecchie ed elementarissime, ma essenziali. Possibile che ci sia bisogno di ripeterle oggi? S, possibile, anzi necessario, perch pi che mai oggi, in cui si chiede che la scuola promuova cultura, abbiamo una scuola che promuove soprattutto studenti. 4) Certamente esistono professori che non sono allaltezza del loro compito: oh, se ce ne sono! E per lo pi sono passati attraverso ununiversit gi intaccata dalla filosofia spicciola di cui ricordo benissimo gli slogan e i cartelloni: abbasso la meritocrazia, no alla selezione, s alla scuola democratica, etc. etc. Quegli studenti, tra laltro, una volta laureati, non sono stati sottoposti ai vecchi, stantii, selettivi, esami di abilitazione, ma sono passati attraverso una burletta che si chiamava corsi abilitanti, in cui ad esempio il candidato concordava qualche mese prima su che cosa avrebbe scritto, a casa, il suo pensum, e su questunico elemento sarebbe stato valutato. Esito? Abilitati in massa, che hanno atteso anni e anni di entrare in ruolo per pura anzianit. Maestri e genitori cresciuti in questo clima, salvo uneroica presa di coscienza individuale, difficilmente saranno allaltezza del loro mestiere, e figuriamoci poi con che sensibilit potranno applicare i criteri rigorosi di giudizio che richiede una scuola seria. Perch, la scuola, seria deve essere: non tetra, non arcigna, ma, appunto, seria: ossia severa nelle-ducare alla responsabilit. I contenuti disciplinari possono cambiare, e di solito il sapere scolastico sempre un po arretrato rispetto alle novit della scienza e della storia. Ma anche col programma pi obsoleto, anche nella scuola meno up to date, se i fondamentali sono assicurati, una cosa simpara: a essere responsabili di ci che si fa e di ci che non si fa. Se un bambino, come oggi avviene, impara

fin da piccolo (e lo impara, OH se lo impara) che alla fine dell'anno, che abbia studiato o no, per lui c' il lieto fine assicurato, imparer prestissimo a non essere responsabile di ci che fa. E per converso, se un ragazzo non si abitua fin da piccolo a sapere che esistono esami, prove da superare, ostacoli che rendono il cammino della vita impegnativo, risulter psicologicamente fragilissimo: ed ecco infatti la spaventosa realt che vede, tra i pochi non graziati da questa scuola sans peine, ogni tanto qualche ragazzo suicidarsi. Come a dirci che nella scuola a promozione di massa, non riuscire a raggiungere nemmeno quella uninfamia insopportabile. Mentre tutti, genitori e presidi, docenti e studenti, dovrebbero sapere ci che a noi studenti di scuola media spiegava con semplicit il professore di lettere: la bocciatura non un marchio dinfamia, una constatazione di fatto, che va interpretata e vissuta serenamente. Chi sa, va avanti procedendo verso un sapere pi complesso. Chi non ancora pronto per questo, aspetta per prepararsi meglio. Queste cose, allopposto di quanto si pensa, i bambini le capiscono con naturalezza, e non un caso se in Francia, ad esempio, la percentuale delle bocciature alta soprattutto nella scuola primaria. Ma a una societ da quarantanni abituata a una scuola facilista far digerire queste elementari verit unoperazione impervia. E infatti non la tenta nessuno. 5) E ora un piccolo discorso politico. Non mi attardo a stabilire chi abbia

responsabilit nello sfacelo. Ce lhanno un po tutti: lideologia egualitaria della sinistra, lindulgentismo democristiano, il vuoto culturale della destra. Ma il momento grave. LItalia non autarchica, e si misura con gli altri paesi: quanto a lungo pu permettersi di divagare, di fronte a questa questione capitale: vogliamo una scuola seria s o no? Ora qui devo confessare un mio disagio personale, da cittadino e da elettore. Non c nulla che io desideri di pi della fine dellera berlusconiana, da cui mi sento avvilito e oppresso ben pi di quanto mi bastino le parole per dire. Ma vorrei chiedere alla sinistra, in cui certi idola tribus (il diritto al successo scolastico! La carta dei diritti degli studenti!!!) hanno trovato e trovano i teorici e i cantori pi convinti. Ma non vi accorgete come la pi radicale, la pi sostanziosa, la pi decisiva opposizione al berlusconismo e a tutto ci che rappresenta (strafottenza nei confronti delle regole; apparire invece che essere; successo facile e senza fatica; condono delle malefatte; e potrei continuare), la pi potente arma, nei confronti dellaria mefitica che respiriamo da quindici anni, sia la ricostruzione di una scuola seria? So quanto poco la sinistra sia preparata ad accettare questo. Ricordo una volta Veltroni, intervistato in TV su questi punti, in un evidente disagio, riconoscere a denti stretti che s, la scuola deve premiare il merito [N. B. NON sanzionare il demerito], ma subito precipitarsi ad aggiungere che ci sono tante cose di cui si deve tenere conto, le

abilit artistiche, le facolt creative etc. etc. Caro Veltroni, si pu tener conto di tutto: ma alla fine, chi sa procede, chi non sa aspetta. Siamo daccordo su questo? Gli studenti somari vanno bocciati: siamo daccordo su questo? I professori somari vanno cacciati: siamo daccordo su questo? Ahim no! Gi mi vedo studenti, famiglie, sindacati della scuola, CIDI, partiti di sinistra, i mille e mille fautori della scuola democratica rispondere disgustati che i problemi della scuola sono ben altri. E invece no. I problemi della scuola sono questi, e questo anche il problema del nostro paese. La paura di dire di no il tallone dAchille di questa societ, e se la amassimo abbastanza faremmo ogni sforzo per guarirla. La scuola che boccia boccia se stessa: belle parole, slogan efficace. Ma ho paura che siano soprattutto i responsabili di questo disastro che, recitando questo mantra, vogliano assolvere se stessi. La Gelmini non va contestata perch vuole una scuola severa. Va sfidata a fare sul serio. Se lei, la laureata in legge che and a fare lesame di stato in una sede facile, e che gi da liceale aveva lasciato il suo glorioso liceo statale per maturarsi in una pi accomodante sede privata, dimostrer di aver finalmente capito che la scuola una faccenda molto seria, le diremo brava! E sar questa la prima vera alternativa alla cultura berlusconiana, di cui, come cittadino, io non potr che sentirmi soddisfatto

Lettera LO SFREGIO DEL PARCO DELLE CAVE Francesco Borella


Quandho visto su Repubblica, due settimane fa, il pezzo di Luca Beltrami Gadola dal titolo Quelli che vogliono la privatizzazione del verde pubblico ho pensato che parlasse della vicenda del Parco delle Cave. Invece no, parlava di altro verde a rischio di privatizzazione, quello dellIsola, quello di City Life, verde di progetto, verde di domani dunque. Ma forse la logica sempre la stessa, e infatti sotto lo stesso titolo potremmo parlare appunto anche della vicenda del Parco delle Cave, del quale Italia Nostra ha annunciato di dover rinunciare alla cura e al completamento, pressappoco per lo stesso motivo: il Comune si occupa solo delle piccole, futili richieste delle associazioni locali che rappresentano interessi particolari (gli arcieri, i pescatori, i giocatori di bocce ecc.), molto attente tuttavia a presentarsi come politicamente affini, e tiene nel cassetto e non da corso ai progetti di Italia Nostra, progetti di ampio respiro per il completamento del Parco; e per capire quanto tale completamento sia invece necessario basti ricordare che pi della met del parco ancora da realizzare, e che ad esempio la vasta cava Ongari Cerutti tuttora recintata, inagibile, degradata e pericolosa. Per capire cosa significhi per Milano questa rinuncia di Italia Nostra, necessario fare un po di storia: una storia che ho seguito da vicino, con grande partecipazione anche se mai

in prima persona, e che quindi mi fa piacere di richiamare. E cominciato nel 74 limpegno concreto di Italia Nostra per il verde milanese: su unarea in concessione dal Comune di Milano, inizialmente di qualche decina di ettari, alla Cascina S. Romano, in fondo a via Novara, ha cominciato a pensare, a progettare, a realizzare e a gestire il Boscoincitt, quella che sarebbe presto diventata la pi importante e qualificata esperienza di nuova area verde dellarea milanese. Liniziativa, partita un po in sordina, ha ben presto avuto i pi ampi riconoscimenti, sia da parte dellopinione pubblica che dellAmministrazione comunale: dal sindaco Tognoli in poi, tutte le amministrazioni che si sono succedute a Palazzo Marino hanno sempre garantito il massimo appoggio ed hanno favorito il pi ampio sviluppo dellesperienza di Italia Nostra. Infatti, nel corso degli anni non solo larea della Bosco si ampliata fino agli attuali 140 ettari, ma anche e soprattutto, nel 97, sulla base ovviamente di una valutazione pi che positiva dellesperienza, lAmministrazione Comunale decideva di affidare a Italia Nostra anche il Parco delle Cave (parco che, nonostante alcuni primi, rilevanti e onerosi interventi diretti da parte dellAmministrazione, non riusciva a decollare e anzi godeva di una fama sinistra, come luogo di degrado e di spaccio). Il risultato straordinario di bonifica, riqualificazione, valorizzazione, rinascita del parco, nei primi nove anni della cura Italia Nostra, sotto gli occhi di tutti ed ha avuto un riconoscimento unanime, anche in sede di Consiglio Comunale di Milano. Il perch lAmministrazione Moratti abbia deciso, prima ancora di cono-

scerlo, di rompere il giocattolo che tutte le precedenti amministrazioni, anche dello stesso colore, avevano apprezzato (per non parlare dellepisodio pi recente, le pubbliche grida di giubilo dellAssessore Cadeo alla notizia della disdetta del contratto di Italia Nostra) sono un mistero di difficile comprensione. Sembra che nessuno si renda conto del fatto che si sta buttando alle ortiche un patrimonio di cultura e di esperienza del verde prezioso e unico per la citt di Milano: e di questo io posso dare testimonianza in prima persona. Infatti, quando nel 74 e negli anni successivi prendeva inizio lesperienza del Bosco, io ero responsabile del settore verde e parchi del PIM, il centro studi che pensava alla Grande Milano; e quindi, mentre il verde lo disegnavo sulla carta, sapevo bene che gli unici che in concreto facevano, mettevano a dimora alberi, e per di pi in forma partecipata, coinvolgendo ampiamente il lavoro volontario, e quindi con una straordinaria ricaduta educativa e partecipativa, erano gli amici del Bosco di Italia Nostra. E quando, qualche anno dopo, dal verde sulla carta ho potuto passare anchio al progetto e allavventura dellattuazione di un nuovo parco (sto parlando del Parco Nord Milano), sperimentando in prima persona il panico del vuoto culturale e del vuoto di esperienza in cui ci trovavamo precipitati in quegli anni nel nostro paese, soprattutto nel settore del verde di grande scala, ho capito ben presto che per imparare qualcosa dovevo fare viaggi allestero e guardare alle molte e ricche esperienze oltreconfine, salvo la possibilit di attingere ancora allunica esperienza nostra, la preziosa esperienza milanese del Bosco (con cui, tra laltro e non a caso, si potevano fare appunto anche viaggi di studio allestero, sui problemi del verde di grande scala, sviscerando esperienze di progetta-

zione, realizzazione, gestione, animazione di aree verdi, incontrando tecnici ed esperti, approfondendo nuove tecniche e metodologie, analizzando costi e benefici dei diversi approcci ecc. ecc.). E stato "sul campo" dunque che ho imparato, nel corso degli anni, a conoscere e ad apprezzare il lavoro, la passione e la competenza del gruppo degli amici del Centro di Forestazione Urbana di Italia Nostra; ed stato per questa continua permeabilit e ricchezza di scambio tra le due esperienze che, anche senza bisogno di gemellaggi ufficiali, il Parco Nord e il Bosco pi Cave sono diventati le pi importanti esperienze di aree verdi di grande scala di Milano (i luoghi dove non solo io, ma chiunque si occupi di verde a Milano, porterebbe un gruppo di amici o esperti, giapponesi o scandinavi che siano, intenzionati a vedere qualcosa di significativo del verde milanese). Questo mio punto di vista forse poco obiettivo, o parziale, o partigiano? Non mi pare; tra laltro, non c inchiesta giornalistica sul verde milanese che, da molti anni a questa parte, non assegni ai parchi sopra nominati i primissimi posti in classifica; e mi pare che ci corrisponda a un comune sentire tra i cittadini. No. Il vero motivo per cui la nostra citt possa e voglia privarsi, da un giorno allaltro, dellesperienza e della professionalit del Centro di Forestazione Urbana di Italia Nostra e interrompere unesperienza eccezionale e positiva per Milano, mi del tutto incomprensibile. Anche se, allinizio, c stato da parte dellAmministrazione lerrore dello spezzatino: ma questo un discorso troppo lungo, che ci costringerebbe a richiamare perfino la storia del Parco di Monza. Ne parleremo una prossima volta.

Metropoli SULLA SOLITUDINE DEL POLITICO Giuseppe Ucciero


Antoniazzi, tempo fa nel commentare lesito delle Provinciali di Milano, ha puntato il dito sulla solitudine del politico. Una doppia solitudine in realt, la prima subta, la seconda cercata: la

prima segna la distanza tra popolo e politica, la seconda segna il profilo di una specifica strategia. Sulla prima si gi detto tanto, quindi propongo qualche pensiero sulla seconda. Antoniazzi addebita, sostanzialmente, alla strategia veltroniana del se po f da soli, la massima responsabilit delle attuali difficolt del PD. Certamente si pu convenire in generale che non c politica senza mediazione, senza compromesso, senza egemonia, intesa come capacit di contemperare sul proprio disegno strategico differenze tattiche anche rilevanti: per questo chi va da solo sembra pi che altro confessare la sua incapacit di porsi in relazione positiva con altri e di avere effettivamente capacit strategica effettiva. Nel campo del centrodestra, Berlusconi ha dato e d tuttora chiara dimostrazione di capacit egemonica, unendo dietro di s, in una articolata scomposizione e ri-composizione di interessi, entit sociali, culturali e politiche assai distanti tra loro. Tra lega ed an, tra garantiti statali e piccoli imprenditori, tra nord e sud, tra Lombardo e Boniver, passa ben pi di una frattura, eppure il campo del centrodestra tuttora compatto. Di questa capacit egemonica il centro sinistra non ha saputo dare altrettanta dimostrazione sul proprio campo: prima e pi che il solipsismo veltroniano, per si dovrebbe riconoscere che la debacle elettorale dellUnione venuta da unazione di governo letteralmente divorata dai contrasti interni e guidata da una visione tecnocratica che gli ha alienato una gran parte del consenso popolare. Di qui partita londa lunga di un distacco diffuso dal centrosinistra (ricordiamo il 25% di consenso al Governo Prodi a ridosso delle elezioni?) che non si dovrebbe mettere in conto a Veltroni. Non che questi non abbia compiuto gravi errori. A Veltroni andrebbe addebitato prima di tutto un peccato di ingenuit, che forse il pi grave per un politico: laver dato credito ad una qualsiasi forma di agreement con Berlusconi (come il suo gemello Massimo dieci anni prima al tempo della bicamerale..), non comprendendo il doppio suicidio tattico determinato dalla sua

opzione secca verso il bipartitismo (discorso di Foligno): Berlusconi se ne fulmineamente avvantaggiato per ricompattare il proprio schieramento (discorso del predellino), mentre il centrosinistra, gi ormai imploso, si disgregato senza rimedio. Il solipsismo veltroniano in realt stata la reazione ingenua ed identitaria di un gruppo dirigente di fronte alla conclamata ed apparentemente irrecuperabile crisi di rapporti con le altre componenti del centrosinistra, ormai non pi gestibile nelle condizioni date: laver dato credito orgogliosamente alla possibilit del facciamo da soli ha soltanto cercato di nascondere a s stessi il problema ineludibile del nuovo profilo del centrosinistra, la questione chiave di una nuova sintesi politica. La crisi della politica delle alleanze, ed il dissidio circa quali ricercare, nasce esattamente da qui, dalla inadeguatezza e dalla scarsit di consenso relativo su di un disegno politico allaltezza delle condizioni del nostro Paese. Laver unito due grandi tradizioni, quella comunista e quella cattolica, non sembra aver prodotto ad oggi quella sostanziale innovazione attesa da molti, e forse il perimetro di questa innovazione non pare essere compatibile con quello definito dalla loro reciproca e faticosa mediazione. Intendo dire che il grande assente nella cultura del PD un maggioritario filone di cultura laica e riformatrice, in sintonia con tempi in cui la cultura solidaristico-statale appare sempre pi inadeguata a rappresentare il dinamismo e la domanda di libert, e responsabilit, espressa dalla societ e dai suoi fermenti, a partire dalla diffusione delle imprenditorialit come forma di produzione del valore ed affermazione di libert personale e sociale. Tornando per al punto specifico, senza dimenticare quanto appena detto, ben visibile ora una doppia opzione: la prima vede la relazione con lUDC come perno della strategia futura, la seconda punta su di una ripresa del colloquio a sinistra, stimolando e favorendo una riaggregazione che renda maggiormente omogenea al PD una realt di opposizione s radicale ma non infantile ed ideologica.

In questultima direzione, appare possibile anche avvicinare Di Pietro, la cui distanza dal PD non certamente superiore di quanto non fosse, e forse ancora , tra Lega e Partito della Libert. Penati, chiaramente, ha puntato sulla prima opzione e, sotto questo stretto profilo, non gli dovrebbe essere contestata la solitudine del politico: una scelta di alleanze lha fatta, e lha condotta quasi al successo. Ma si deve anche convenire con Antoniazzi che le percentuali di astensionismo devono indurci a non fondare su questo esito elettorale, apparentemente meno disastroso del previsto, unaspettativa di recupero di consensi in realt al di l da venire. E allora, e di nuovo, se si deve condividere lo stimolo a fare politica, a cercare alleanze, a mediare obiettivi ed interessi, non si pu evitare di mettere sul tavolo la prima e pi importante delle questioni. Quale Politica? Quale Programma? Quale Visione? Cosa punta ad essere il PD nello scenario della crisi del 2009-2010? A chi si rivolge per chiedere mandato di rappresentanza? Quale visione intende dare del futuro del nostro Paese? Senza affrontare questi nodi, qualsiasi ricerca di alleanze pur doverosa apparirebbe di corto respiro, si ridurrebbe inevitabilmente ad un affannoso, e sempre pi contraddittorio, agitarsi alla ricerca di qualche convenienza momentanea priva di reale prospettiva. Oppure, come ha ben dimostrato Lo Schiavo con la sua raffinata analisi da entomologo della politica, tutto rischia di ridursi ad una frammentazione esasperata il cui unico senso comune la prevalenza di interessi personali su quelli generali. Daltra parte anche vero che se applicassimo lo stesso microscopio allUltima Cena vedremmo solo incrostazioni di colore, muffe e altri batteri e ci convinceremmo che quella crosta proprio da buttare. E allora appare essenziale ricollocarsi alla giusta altezza, e con questa ri-collocare dissidi e conflitti nel contesto complessivo di una ri-

cerca di sintesi politica ancora inedita. Ben venga allora il 1 Congresso del PD, occasione a cui rivolgersi per

sciogliere questi duri nodi consegnati dalla storia, ed ultima occasione per quel tentativo politico di essere protagonista dellinnovazione politica italiana.

E se i nodi non si sciolgono .. che si taglino, come il nodo gordiano (sempre sperando in un Alessandro Magno).

Societ LA PAURA FA IL 70% Franco DAlfonso


Il movimento xenofobo e fascista di Le Pen ha ottenuto il suo risultato in assoluto pi alto alle elezioni amministrative di quindici anni fa, in un paese del Massiccio Centrale in Francia, dove ha raggiunto il 73% dei voti, sullonda di una campagna basata sulla Francia ai francesi e sulla paura dello stupratore e ladro nordafricano. La particolarit maggiore per data dal fatto che in questo tranquillo Comune della douce France non era avvenuto un furto (non parliamo di stupri o altro) negli ultimi venti anni, non si era mai visto un immigrato e nemmeno un francese di colore se non in televisione e la maggioranza era saldamente nelle mani della sinistra dal dopoguerra, con Mitterrand, abituale vacanziero della zona, che resta ancora oggi il personaggio della politica francese pi popolare. Si tratta di una clamorosa e lampante dimostrazione di come certe paure siano quasi ancestrali e basti tutto sommato poco per ottenere un consenso popolare ed elettorale cavalcandole mediaticamente: i tranquilli abitanti della campagna francese, infatti, sono stati indotti a rifugiarsi dietro le parolacce dordine di un personaggio come Le Pen attraverso parole e immagini diffuse dalla televisione e dal quotidiano locale che, grazie a un opportuno un cambio di propriet, diventato fiancheggiatore della destra xenofoba. La signora Moratti, in chiara crisi di consenso personale al punto da dover tornare a essere una fedele militante del Partito Pdl che aveva ostentatamente snobbato nei primi anni della sua sindacatura, ha molto chiaro questo come altri esempi di recupero di facile consenso: restava finora ineguagliato capolavoro demagogico populista la sua marcia per la sicurezza effettuata essendo al governo di tutti, diconsi tutti, i livelli di potere competenti in materia o al pi classico dei repertori spagnoleschi, quello della grida di manzoniana memoria, lanciate con il supporto dei megafoni mediatici sempre disponibili a farsi guidare dallindexing di Palazzo Marino: cos ha rispolverato lennesima raffica di divieti, dallalcool per i minori di sedici anni allinasprimento delle pene per gli imbrattamuri, provocando un bel dibattito tra favorevoli e contrari che, come purtroppo sempre pi spesso succede, ha visto partecipare e schierarsi, chi pensando di essere moderno e originale chi semplicemente per avere un titolino sul giornale, anche membri dellopposizione o presunta tale. Insomma ancora una volta unenfatizzazione di un problema reale ma non cos urgente, il solito slogan Legge e ordine che rapidamente resta solo legge e si trasforma infine in scrive norme poco o nulla applicabili e per lo pi inutili alla bisogna, accompagnate per da sanzioni pesantissime che resteranno prive di destinatari concreti. In una citt nella quale il divieto di vendita di alcolici alle tifoserie di calcio nel giorno della partita o nella quale la sporcizia nelle strade in aumento tale da provocare persino un rimbrotto pubblico di Berlusconi, che ha speso milioni di euro in cancellate e profluvio di fanali che hanno aumentato linquinamento luminoso senza diminuire sostanzialmente i fenomeni che avrebbe voluto combattere, dove non si riesce a impedire che i venditori abusivi vendano le maglie taroccate di Kak e Ibrahimovic davanti allo stadio di S Siro se non vendendo i suddetti campioni allestero dove sanno gestire meglio il problema, quante speranze esistono che le ammende alle famiglie di qualche giovane schiamazzatore risolvano il problema, posto che le multe siano la soluzione ? La prima cittadina delfare avr avuto ancora qualche titolo sul giornale, qualche altro anziano che come cantava De Andr non potendo pi peccare d buoni consigli per evitare il peccato si sentir rassicurato almeno fino a che non dovr nuovamente passare da qualche via della movida alcolica e i sondaggi risaliranno per un po allins. Donna Letizia andr in vacanza, come la maggior parte degli schiamazzatori alcolici, e a settembre se ne riparler, magari per una nuova versione del classico la sinistra e i sindacati dei vigili urbani non mi hanno lasciato applicare le brillanti idee che tutta Europa ci copia. In particolare, anzi, c un paesino del Massiccio Centrale francese che ha deciso di applicare le nostre stesse norme .

Citt UNA PICCOLA WOODSTOCK Emanuele Patti


Perch uno dei luoghi pi incantevoli di Milano, e con la stagione dei concerti diventava la nostra piccola Woodstock! (che dite, avr esagerato?) E perch vero che a Monlu ci si innamorava... Perch ci ho fatto l'addio al celibato, suonavano i Figli di madre ignota e nella calca ho perso pure un amico. Poi ritrovato. Perch uno dei pochi spazi storicamente e artisticamente dignitosi della nostra citt!!! Cascina Monlu, nel corso degli ultimi 15 anni, diventato un luogo importante delle vita culturale di Milano. La sua programmazione progressivamente sempre pi ricca e diversificata ha rappresentato il crescere ed il raffinarsi del gusto e della cultura musicale di tantissimi giovani milanesi sia come pubblico sia come artisti. I suoi festival dalla Notte di San Lorenzo a Mediterranea, La festa della Musica , Show Case, East is West , i suoi concorsi per giovani band e giovani artisti come Pagella Rock, Cantautori e Scorribande hanno segnato l'epoca della ripresa della musica a Milano e della crescita di una grande generazione di nuovi artisti e tendenze . Un laboratorio vivo di socialit, di conoscenze, di musica e di coesione culturale e sociale. Non abbiamo perso le speranze di restituire questo spazio concreto e simbolico ai suoi frequentatori. La nostra associazione rappresenta una delle reti pi vissute e partecipate nella metropoli milanese con le sue esperienze di autoorganizzazione sociale e culturale e la sua estesa ramificazione diffusa soprattutto nei territori sensibili della citt ( vedi sito: www.arcimilano.it) assume una particolare funzione di animazione culturale della comunit che integra e risolve la non sempre presente attivit istituzionale. Maggiormente in Monlu questa nostra vocazione e competenza ha sempre assunto un significato di servizio e di dono che arricchiva l'estate milanese di presenze artistiche di alto livello e di variegate tendenze, accessibili ad un grande pubblico e basso costo, rianimando una localit preziosa altrimenti destinata al lento e inarrestabile degrado, rei inventandola come luogo vivo di socialit, di convivenza e di cultura transgenerazionale e transculturale. La Cascina Monlu come Bene Comune, della collettivit, come spazio di utilit sociale, rimedio spesso alla solitudine e al degrado personale e collettivo. Noi non rinunciamo alla visione di una citt aperta, colta ed umana, progressiva e responsabile che sa vivere il proprio tempo e le opportunit che esso propone arricchendole e moltiplicandole per la comunit intera. Per questo il 17 Luglio abbiamo presentato a Palazzo Marino, due proposte per provare a riaprire di fatto la Cascina l'Estate prossima. La prima un progetto di messa in sicurezza acustica degli abitanti del borgo (qualche decina), facilmente attuabile, relativamente poco costoso, circa 60 mila euro, che possa mantenere alta la qualit dell'ascolto dei concerti e nello stesso tempo rispettare i limiti imposti dalla Asl. Una proposta capace di tenere in equilibrio il diritto di pochi al riposo con quello di tanti alla fruizione culturale e all'aggregazione. La seconda invece una proposta pi ambiziosa, molto pi costosa, un progetto di ristrutturazione della Cascina ( che oramai lasciata al degrado sta rovinosamente crollando in alcune sue parti), che nel rispetto della sua storia la trasformi in un Centro di Ricerca e Documentazione sulle culture musicali del Mondo. Un progetto complesso, ma che renderebbe giustizia ad una citt come Milano, capitale della Musica almeno in Italia, priva di un centro del genere, a differenza di molte altre citt europee e mondiali. C' l'Expo in arrivo c' un dibattito sul lascito, sull'eredit che questo evento dovrebbe lasciare alla Citt e noi abbiamo provato a mettere in campo un'idea. E' il compito anche di un'associazione di promozione sociale e culturale quale noi siamo. E le oltre mille persone che hanno partecipato al Monlu Social Party, la sera stessa del 17, ci dicono che le proposte vanno nella direzione giusta. Vedremo.....

Mobilit MARCO PONTI REAZIONARIO? PERCH? Guido Martinotti


Reazionario, perch? No, direi, ma acuto provocatore delle idee correnti si. Marco Ponti ha ragione, ma il suo ragionamento limitato. Intanto vero che le aree agricole erose sono soprattutto coltivi, ma perch dovrebbe essere diversamente? In citt si deve mangiare no? E se non nella citt a fianco i prodotti saranno per unaltra citt. Anche da un punto di vista strettamente ambientalistico le citt lasciano unimpronta che comprende anche la necessit di produrre intensivamente, da qualche parte. Nella vulgata corrente prevale ancora la visione ottocentesca della contrapposizione tra citt e campagna, anche se questa distinzione oggi fittizia e si basa su concezioni obsolete, bench tuttora ampiamente diffuse nellopinione pubblica, anche quella colta. Il geografo svedese Staffan Helmfrid nota che "gli abitanti delle citt pretenderebbero di trovare nel paesaggio il prodotto di una societ rurale che vive in armonia con se stessa e con la natura, immutabile e

per sempre congelata in una mitica Et dell'Oro" e accusano gli agricoltori di contaminare questa natura con le loro pratiche sempre pi meccanizzate, dipendenti dall'impiego di prodotti chimici e distruttive del tessuto rurale tradizionale. Ma proprio la crescita impetuosa delle citt ad aver cambiato quella che ci si ostina ancora a chiamare campagna. Comunque il problema non solo economico, la domanda di abitazioni o la comodit di avere una casa con il box, il giardino per i bambini e un ottimo supermall a dieci minuti dauto. Tutte cose vere, ma Marco Ponti sa bene che un conto sono gli interessi e i bisogni individuali, che il sistema di mercato bravissimo a soddisfare (dammi un desiderio anzi te lo propongo io e ti sollever

il mondo) ma gli interessi e i problemi collettivi che il mercato non particolarmente bravo a risolvere, anzi. La sprawl una di queste situazioni: Otto volte lItalia: la nostra impronta ecologica. Un deficit che anche indicatore di sprechi. Che sono da limitare modificando il nostro stile di vita (Il Corriere della Sera, 10 luglio 2009).Otto volte Italia. Ci vorrebbe la superficie di otto Italie per produrre ci che in un anno i 60 milioni ditaliani consumano. Invece la superficie quella che (301 mila chilometri quadrati), i consumi sono da Paese - cicala (soprattutto in fatto di energia) e il deficit ecologico rilevante.. Ma il problema non solo ambientale e politico, ma sociale, culturale e politico in senso ampio. Ro-

bert Beauregard ha scritto un bellissimo libro spigando in modo convincente come i sobborghi americani abbiamo cambiato la natura del sistema politico e sociale americano (Beauregard Robert A., When America Became Suburban, University of Minnesota Press, Minneapolis 2006). Il famoso box, com ben spiegato in questa illustrazione, ha mangiato la citt. Ma non solo la tecnologia della mobilit ad avere effetti negativi: senza le tecnologie a rete, dallacqua allinformazione e soprattutto a quel gran rubinetto dinformazione che la televisione, non avremmo lo sprawl in cui lagor stata assorbita dal tinello lasciando quella societ della rappresentazione e dellimbonimento e del cittadino suddito

Ambiente e scienza PARCO DELLE CAVE E GIARDINO DI VIA TERRAGGIO Jacopo Gardella
Il verde non piace al Comune di Milano. Nonostante le roboanti dichiarazioni del Sindaco e degli Assessori, il verde viene sadicamente osteggiato dove gi esiste e prospera, viene subdolamente ostacolato dove potrebbe esistere e lussureggiare. Due casi emblematici: il Parco delle Cave, nella periferia occidentale di Milano; e il Giardino di via Terraggio, nel pieno centro di Milano. Le vicende di questi due esempi di verde, sebbene lontani e diversi tra loro, sia per dimensione che per utilizzo, sono molto simili nel loro amaro destino. Il Parco delle Cave dieci anni fa non era un parco, ma soltanto il relitto di alcune cave di sabbia e ghiaia, da tempo abbandonate: una landa desolata e mal frequentata. Il Comune di Milano, proprietario delle cave, ne affida la coltivazione e la rigenerazione alla Associazione Italia Nostra, che da terra abbandonata la trasforma in splendido Parco, quotidianamente e felicemente frequentato dalla popolazione dei dintorni. Il Comune dovrebbe esserne felice e orgoglioso: la scelta della gestione era stata giusta; i risultati pi che soddisfacenti. Ma il Comune fatto di amministratori, spesso spregiudicati calcolatori, solo preoccupati dei loro personali interessi di carriera. Occorre appropriarsi di ogni opportunit per rafforzare e perpetuare il proprio potere. Italia Nostra unassociazione apartitica, non facile da manovrare n da dirottare verso un voto politico che assicuri una sicura vittoria elettorale. Meglio sostituirla

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con altre associazioni, pi vicine al colore dellattuale maggioranza; pi malleabili e affidabili in vista delle prossime elezioni amministrative; pi disposte a garantire un serbatoio di voti a favore dei partiti di destra. Italia Nostra, gloriosa bandiera italiana che da 50 anni si batte per la difesa del paesaggio, viene progressivamente osteggiata, poi ostacolata, e infine costretta a ritirarsi; viene cos estromessa e sostituita da una accozzaglia di altre piccole associazioni, prive di competenza, di esperienza, di preparazione. Di queste ultime le singole denominazioni bastano da sole a indicare la loro totale estraneit al compito di gestire un Parco; e assolvere il difficile ruolo scaricato dal Comune sulle loro spalle inesperte: Azienda Agricola Zamboni, Circolo di Pesca Il Bersagliere, Shadow Arcery Team (Tiratori di arco da competizione), Associazione Pescatori Cava Cabassi. Italia Nostra ha cercato di resistere alla guerra sotterranea che il Comune da pi di un anno le ha subdolamente dichiarato. Guerra fatta di concessioni non rinnovate, di autorizzazioni non date, di permessi non confermati, di pagamenti e rimborsi spese non rispettati, di programmi non approvati. Il gruppo di giovani volontari, raccolti intorno ad Italia Nostra ed entrati con entusiasmo nellavventura di

resuscitare le cave e trasformarle in Parco, e il gruppo di giovani periti gettatisi con slancio nel progetto di realizzare luoghi di ricreazione, di svago, di divertimento per gli abitanti del luogo; tutti questi volonterosi alla fine hanno dovuto ammettere che continuare il loro lavoro (ammirevole lavoro), era diventato non tanto arduo quanto impossibile. Con lacrime di dolore e di rabbia hanno dovuto riconoscere di non poter pi collaborare con il Comune, e proseguire la gestione del Parco secondo gli ottimi criteri adottati in passato. Italia Nostra stata costretta a lasciare il Parco delle Cave; il suo ammirevole lavoro di dieci anni andr in mano ad associazioni inesperte e incapaci, ma tutte fedeli alla politica dellattuale maggioranza comunale. Il Giardino di Via Terraggio un angolo di verde, fresco e riparato, collocato tra Corso Magenta e Via Carducci. Pochi lo conoscono, e pochi, essendo chiuso fra edifici compatti, riescono a vederlo. Da quasi dieci anni la popolazione del quartiere, un quartiere poverissimo di verde, chiede al Comune, che ne proprietario, di aprire il giardino, renderlo accessibile a mamme, bambini, anziani; farlo diventare un angolo di riposo e di ricreazione per gli abitanti della zona. Da quasi dieci anni il Comune promette di ripulire, riordinare e aprire al pubblico il giardino; ma regolarmente

lascia cadere nel nulla quanto aveva fatto sperare. Latteggiamento del Comune risulterebbe incomprensibile, auto-lesivo, palesemente impopolare, se non si sapesse che sul giardino si affaccia un grande edificio posseduto da unimportante societ immobiliare; questa, se potesse comperare il giardino e farlo diventare di sua propriet, vedrebbe aumentare di dieci volte il valore del suo edificio. Non difficile immaginare quali enormi offerte siano state avanzate allindirizzo del Comune da parte del proprietario delledificio; e le incalzanti pressioni da questo esercitate, allo scopo di impossessarsi, per vie lecite o illecite, dellintero giardino pubblico, e annetterlo al proprio stabile privato. Che il Comune ritardi, tergiversi, tiri in lungo, pur di non esaudire le richieste del quartiere, brutto segno. Significa che i vantaggi che spera di ottenere in futuro, palesi o nascosti, lo inducano a non fare quello che ogni persona di buon senso considera giusto, sano, utile: offrire ai milanesi unamena e riparata porzione di verde nel pieno e caotico centro della citt. Due esempi, il Parco delle Cave e il Giardino di Via Terraggio, che dimostrano quanto sinceramente stia a cuore al nostro Sindaco il benessere dei cittadini e il verde di Milano.

Economia LUSO DEL SUOLO PUBBLICO A MILANO NON PU PI ESSERE GRATUITO Maurizio Mottini
Alcuni anni or sono, Augusto Castagna, gi assessore ai trasporti del Comune di Milano, ebbe lardire di porre il problema di far pagare luso del suolo pubblico. La sua proposta era motivata dalla necessit di finanziare, in via aggiuntiva, nuove linee di trasporto pubblico (ferrovie, metropolitane pesanti e leggere, tram, filovie e bus). Proposito valido allora e validissimo ancor oggi. Tuttavia a me pare che ci siano anche altri argomenti a sostegno della scelta non pi rinviabile di far pagare luso del suolo pubblico. Anzitutto nelle citt il suolo di uso pubblico ormai una risorsa scarsa e non si capisce perch chi lo usa per parcheggiare la propria automobile non debba pagare niente mentre se lo usa un condominio per il ponteggio della ristrutturazione, o il bar che mettere dei tavolini sul marciapiede, debbano pagare lapposita tassa (TOSAP, anche piuttosto cara). In secondo luogo luso del suolo pubblico come posteggio ormai divenuto cos invadente da non risparmiare, sia in centro sia in periferia, le aiuole dei marciapiedi, ormai ridotte a immondi sterrati costellate da escrementi di cani. Non c piazza o viale alberato che non presenti ormai questa situazione che opprime le povere piante cittadine senza che mai si levi una voce di protesta (la protesta invece puntuale e altisonante quando si deve sacrificare qualche albero per fare parcheggi interrati che prevedono poi di ripiantare altri e pi numerosi alberi). C quindi anche una ragione ambientale che consiglia di procedere a decisioni operative circa il pagamento delluso del suolo pubblico in citt.

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C infine una terza ragione che ci fa tornare al tema della politica dei trasporti e della circolazione. Negli anni scorsi, in parte per iniziativa dellAssessore comunale Goggi stata avanzata lidea di introdurre un ticket dingresso alla citt, per limitare lafflusso di auto e quindi, indirettamente, favorire luso del mezzo pubblico. Con la Giunta Moratti quellipotesi diventata lECOPASS ed stata motivata con il tema dellinquinamento atmosferico. I risultati sono assai controversi. Forse lingente costo del sistema di controllo degli ingressi nellambito del recinto delle Mura Spagnole potrebbe

essere usato pi proficuamente per il controllo dellabolizione ormai necessaria della circolazione privata (tranne che per i residenti) dentro le Mura Spagnole. C un illustre precedente: una consultazione popolare nel 1985 determin a larga maggioranza il blocco della circolazione privata entro la cerchia dei Navigli. Poi purtroppo abbandonato dalla prima Giunta Albertini. Tuttavia se il blocco della circolazione privata dentro le Mura Spagnole sicuramente una scelta opportuna dal punto di vista ambientale forse non risolutiva per linsieme della citt. A me pare che sia necessario introdurre

il principio di far pagare luso del suolo a tutti, residenti o forestieri, anzich solo a quelli che arrivano al centro di Milano (che di solito ci vengono o per portare il loro lavoro o per portare i loro soldi per divertimenti o per acquisti). Il suolo pubblico ormai troppo scarso. E come tutte le risorse scarse non pu essere usato gratuitamente, a libero piacimento. Sulle modalit e sullentit di questo pagamento delluso del suolo pubblico non sono ancora in grado di formulare proposte: limportante per ora credo sia iniziare a discutere dellopportunit di introdurre il principio che per usare bisogna pagare.

RUBRICHE
ARTE
Questa rubrica curata da Silvia DellOrso

Artisti di ieri e di oggi, ma generosit di sempre. La raccolta darte della Permanente il frutto delle donazioni effettuate negli anni dai soci - mecenati, collezionisti e artisti milanesi oltre che dei premi attribuiti nelle varie Biennali di Milano, succedutesi dal dopoguerra, eredi delle storiche Biennali di Brera. Sono quasi 400 le opere oggi custodite in via Turati. Non tutte esposte, salvo la selezione di dipinti e sculture presentata in questoccasione, concentrata soprattutto sulla parte storica della raccolta. Il nucleo centrale si sviluppa attorno a Gola, Alciati, Carr, Casorati, Rosai, Sironi e ancora Fontana, Milani, Cassinari, Chighine, Fabbri, Reggiani, Turcato, Scanavino e Cavaliere, ma non mancano, in una sezione a s stante, le acquisizioni pi recenti e una trentina di opere di collezioni private milanesi da Sironi a Funi, De Pisis, Morlotti, Marini, Melotti, Fautrier, Christo e altri. Il Museo e gli amici. Artisti e collezionisti. Permanente, via Turati 34 orario: marted-domenica 10/13 e 14.30/18, chiuso tutti i luned e il 15 agosto. Fino al 13 settembre. dedicata alla lunga stagione trascorsa da Monet a Giverny la mostra

di Palazzo Reale. Una rassegna che allinea 20 grandi tele dellartista provenienti dal Museo Marmottan di Parigi, dipinte tra il 1887 e il 1923 quando la costruzione del giardino di Giverny, con i salici piangenti, i sentieri delimitati dai roseti, lo stagno con le ninfee, il ponte giapponese, i fiori di ciliegio e gli iris trova pieno corrispettivo nella tavolozza multicolore di Monet, portando alle estreme conseguenze quellattitudine innata che lo induceva, ancora ragazzino, a disegnare dal vivo il porto di Le Havre, piuttosto che seguire in studio le lezioni dei maestri. Il tempo della magnifica ossessione di Giverny - una piccola citt sulle rive della Senna dove Monet spese la maggior parte del suo tempo e dove costru il suo pi volte immortalato giardino - le cui immagini si possono confrontare con una serie di fotografie ottocentesche di giardini giapponesi. Non senza percepirne la familiarit con la tradizione giapponese dellukiyo-e, rappresentata da 56 stampe di Hokusai e Hiroshige, prestate dal Museo Guimet di Parigi ed esposte a rotazione per ragioni conservative. Sono in arrivo a breve dal Guimet 28 nuove opere di Hiroshige e Hokusai che saranno esposte da

luned 27 luglio, sostituendo i fogli attualmente in mostra. Monet. Il tempo delle ninfee. Palazzo Reale orario: luned 14.30/19.30, marted-domenica 9.30/19.30, gioved 9.30/22.30. Fino al 27 settembre.

Milano culla della Scapigliatura. Movimento artistico e letterario cui dedicata lampia rassegna a cura di Annie-Paule Quinsac e di un variegato comitato scientifico costituito da esperti di musica, letteratura, teatro e architettura. Una denominazione che rinviando a chiome disordinate, allude in realt a vite dissolute e scapestrate. Ribelli, appunto, come i protagonisti del romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 febbraio (1861-62) che ha dato il nome a questo mix di fermento intellettuale, impegno socio-politico e arte, destinato a scompigliare come un pandemonio la Milano tardo ottocentesca. La mostra documenta lintera stagione, a partire dagli anni 60 dell800 fino allinizio del 900. 250 opere, tra dipinti, sculture e lavori grafici, dalla pittura sfumata del Piccio allintensit coloristica di Faruffini, alle innovazioni di Carcano, fino

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Ranzoni, Cremona, Grandi che segnano il momento doro della Scapigliatura, ma anche Paolo Troubetzkoy, Leonardo Bistolfi, Medardo Rosso, Eugenio Pellini, Camillo Rapetti. Una sezione della mostra ricostruisce la vicenda del travagliato progetto del Monumento alle Cinque Giornate di Giuseppe Grandi, gessi compresi. Ulteriori approfondimenti, in ambito letterario e giornalistico, si trovano alla Biblioteca di via Senato che espone il Fondo delleditore Angelo Sommaruga, ricco di lettere, biglietti postali, cartoline, volumi e riviste, oltre una sezione dedicata alla caricatura e ad alcune opere di artisti fra cui Ranzoni, Troubetzkoy e Conconi. Scapigliatura. Un pandemonio per cambiare larte. Palazzo Reale, piazza Duomo 12 orario: luned 14.30/19.30; marteddomenica 9.30/19.30; gioved 9.30/22.30. La Scapigliatura e Angelo Sommaruga. Dalla bohme milanese alla Roma bizantina. Fondazione Biblioteca di via Senato, via Senato 14 orario: marted- domenica: 10/18. Fino al 22 novembre.

Hockney, Gilbert & George, Richard Long, Steve McQueen, Sean Scully, Damien Hirst e non solo. Passports. In viaggio con larte. 75 anni di pittura, scultura, fotografia e installazioni dalla collezione del British Council. Padiglione dArte Contemporanea, via Palestro 16 - orario: luned 14.30/19.30; marted-domenica 9.30/19.30; gioved 9.30/22.30. Fino al 13 settembre.

Il British Council possiede una collezione darte decisamente cospicua. Circa 8mila opere acquisite a partire dalla met degli anni 30. Per festeggiare i suoi 75 anni di attivit e altrettanti di acquisizioni di opere di pittura, scultura, fotografia e di installazioni, il British Council ha organizzato dapprima una mostra alla Whitechapel di Londra e adesso una rassegna a Milano, nella quale presenta una selezione dei lavori raccolti in questi anni. Lattenzione puntata sullarte britannica del XX e XXI secolo, esponendo le opere corredate di passaporto: il che non significa solo sapere in quali musei e gallerie sono state ospitate negli anni, ma anche il prezzo pagato per esse dal British Council. Si noter la differenza! Nel 1948, 158 sterline bastavano per un quadro di Lucien Freud, oggi uno dei pi quotati artisti viventi. Nel caso specifico si tratta di un ritratto di Kitty, la prima moglie dellartista, un dipinto che ha viaggiato in pi di 25 paesi ed stato esposto in oltre 80 mostre da che nelle mani del British Council. Ma ci sono anche opere di Henry Moore, Anish Kapoor, David

Una mostra che si pu visitare anche on-line sul sito della galleria (www.galleriaforni.it), ma che sempre consigliabile vedere di persona. A confronto le opere di due artisti che, in modo diverso, ma con non dissimile intensit, hanno cercato di catturare atmosfere assolute e stati danimo. Oggetti senza apparente significato, ma che suggeriscono le emozioni di una vita. Per Ferroni livornese, morto a Bergamo nel 2001 gli strumenti del mestiere, dalle matite al cavalletto, ordinati su un tavolino, coperto da un drappo bianco: composizioni essenziali e metafiisiche, sprofondate nel silenzio. Per Sesia artista cinquataquattrenne originario di Magenta oggetti ormai in disuso che richiamano il passato, riscattandolo dallo-blio. Gianfranco Ferroni si servito con grande maestria, nellarco della sua vicenda creativa, di acquaforte e litografia, media impiegati anche nelle opere grafiche in mostra. Sono tecniche miste su base fotografica quelle adottate da Sesia; entrambi esplorano il tema della natura morta e la poetica dellog-getto. Gianfranco Ferroni e Giovanni Sesia. Silenzi. Studio Forni, via Fatebenefratelli 13 orario: 10/13 e 16/19.30, chiuso domenica e luned. Fino al 31 luglio. Un nuovo appuntamento nellambito delle celebrazioni per il bicentenario della fondazione della Pinacoteca di Brera. Loccasione sta suggerendo un modus operandi che si vorrebbe appartenere alla quotidianit di un museo, tra scavo e ricerca sul proprio patrimonio, ma anche capacit di dare conto dei risultati con attitudine divulgativa. Lattenzione si sposta questa volta su Giuseppe Bossi, figura chiave della storia braidense, uno dei

primi segretari dellAccademia di Belle Arti succeduto a Carlo Bianconi, sospettato di sentimenti filo austriaci cui si deve, fra laltro, la presenza nelle collezioni di Brera del Cristo morto del Mantegna e dello Sposalizio della Vergine di Raffaello, al cui acquisto partecip attivamente. La rassegna ricostruisce la raccolta di ritratti e autoritratti di artisti che Bossi concep come incentivo alla ricognizione storica degli antichi maestri della scuola milanese per gli allievi dellAccademia. In tutto 34 ritratti, 25 dei quali raffiguravano infatti maestri lombardi o loro familiari, dei quali si presto persa memoria, se vero che gi nel catalogo della Pinacoteca del 1816 non sono pi registrati come nucleo autonomo. Le curatrici della mostra, Simonetta Coppa e Mariolina Olivari, li hanno rintracciati, spesso dimenticati in uffici pubblici e ne presentano 24, restaurati per loccasione, oltre a un Autoritratto di Giuseppe Bossi. Il Gabinetto dei ritratti dei pittori di Giuseppe Bossi. Pinacoteca di Brera, via Brera 28, Sala XV orario: 8.30/19.15, chiuso luned (la biglietteria chiude 45 minuti prima). Fino al 20 settembre.

A cura di Philippe Daverio con Elena Agudio e Jean Blanchaert, la rassegna propone tuttaltro che una lettura univoca e compiuta dellarte sudamericana; semmai un ritratto dautore che ricorda artisti di ieri e protagonisti delle ultime generazioni, insistendo su alcuni temi condivisi: sangue, morte, anima, natura, citt. E sempre e comunque con grande passione sociale e attenzione per la storia. Non ununica America Latina, ma tante Americhe Latine, cos come molto diversificato e variegato il panorama artistico del continente sudamericano. Arrivano dal Brasile, da Cuba, dalla Colombia, dal Cile, dal Venezuela e dal Messico le oltre cento opere esposte. Una cinquantina gli artisti rappresentati, concettuali, astratti, figurativi nel senso pi tradizionale del termine, pittori, scultori, fotografi o amanti delle sperimentazioni linguistiche. Ecco, dunque, la cubana Tania Bruguera, largentina Nicola Costantino, la brasiliana Adriana Varejo fino a Beatriz Milhares, Vik Muniz, al fotografo guatemalteco Louis Gonzales

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Palma, al cileno Demian Schopf. C anche Alessandro Kokocinsky, cresciuto in Argentina, ma nato in Italia dove tuttora vive e lavora, che trasferisce nelle sue opere dolenti i tormenti vissuti in prima persona. Nella sala cinematografica dello Spazio Oberdan la sezione video curata da Paz A. Guevara e Elena Agudio. Americas Latinas. Las fatigas del querce. Spazio Oberdan, via Vittorio Veneto 2 - orario: 10/19.30, marted e gioved fino alle 22, chiuso luned. Fino al 4 ottobre.

Si fa sempre pi fitto il dialogo tra arte antica e moderna, almeno quanto a iniziative che vedono a confronto tradizione e modernit. Come la mostra allestita in questi giorni allAccademia Tadini di Lovere. Una rassegna nata dalla collaborazione tra il museo lombardo, aperto nel 1828 da un collezionista di allora, il conte Luigi Tadini, e tre galleristi/collezionisti di oggi, Claudia Gian Ferrari, Massimo Minini e Luciano Bilinelli. Ecco dunque che le opere di Antonio Canova, Francesco Hayez, Jacopo Bellini, Fra Galgario, il Pitocchetto, Francesco Benaglio e Paris Bordon, conservate in permanenza allAccademia Tadini, si trovano per qualche mese faccia a faccia con quelle di Giulio Paolini, Carla Accardi, Lucio Fontana, Luigi Ontani, Arturo Martini, Sol LeWitt e molti altri maestri del XX e XXI secolo. Accademia Tadini. Quattro collezionisti a confronto Lovere (Bergamo), Accademia di Belle Arti Tadini, Palazzo dell'Accademia, via Tadini 40 (Lungolago) orario: marted-sabato 15/19, domenica 10/12 e 15/19. Fino al 4 ottobre.

lintera e brevissima vicenda creativa di Yves Klein, suggerendo pi di unaffinit con Piero Manzoni, e non soltanto perch sono morti, quasi coetanei, a un anno di distanza luno dallaltro: nel 62, a Parigi, il trentaquattrenne Klein; nel 63, a Milano, Manzoni appena ventinovenne. A Yves Klein, capofila del Nouveau Ralisme, sebbene ne sia uscito un anno dopo la fondazione e antesignano della pittura monocroma, dedicata unampia retrospettiva che oltre a presentare un centinaio di opere del maestro francese, provenienti dallArchivio Yves Klein di Parigi e da collezioni internazionali, affianca loro, nelle piazze e nei giardini della citt, una selezione di sculture metalliche della moglie Rotraut Uecker che con Klein condivise anche la vocazione artistica e immaginifica. Sui tre piani del museo, le opere di Klein sono presentate per nuclei tematici: i Monochrome realizzati con pigmenti puri fino ad arrivare al solo blu, alternato con loro in foglia; i quadri realizzati con il fuoco a contatto diretto con la tela; le Anthropomtrie, tele su cui sono impressi i corpi delle modelle cosparse di colore dallartista durante veri e propri happening; e ancora i Relief plantaire, le Sculpture ponge, insieme a filmati e fotografie a documentarne le azioni, mentre un ricco apparato documentario permetter di seguire le tappe del percorso artistico e personale di Klein. Yves Klein & Rotraut Lugano, Museo dArte, Riva Caccia 5 orario: marted-domenica 10/18, luned chiuso. Fino al 13 settembre.

Dodo Arslan. Le attrazioni della materia. Fino al 30 agosto. Triennale. viale Alemagna 6 orario: 10.30/20.30, gioved fino alle 23, chiuso luned. Woodstock. The After Party. Fino al 20 settembre. Triennale Bovisa, via R. Lambruschini 31 orario: marted-domenica 11/21, gioved 11/23. Camera Work. L'opera fotografica di Stieglitz, Steichen e Strand tra Europa e America. Fino al 13 settembre. Palazzo della Ragione, piazza Mercanti 1 orario: luned 14.30/19.30, marted-domenica 9.30/19.30, gioved 9.30-22.30. Disegni neoclassici e romantici dalla Collezione di Riccardo Lampugnani. Fino al 18 ottobre. Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni 12 - orario: marted-domenica 10/18. Sei secoli di legature. Mostra di legature storiche e di pregio dalle collezioni della Biblioteca Trivulziana orario: marted-domenica 9/13 e 14/17.30. Fino al 18 ottobre. Castello Sforzesco, Biblioteca Trivulziana, Sala del Tesoro. Giuliano Collina. Il corpo sacro. Fino al 5 settembre. Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese 95 - orario: marted-sabato 19/24. Milano 1947-2007. Idee per una casa della storia. Fino al 15 novembre. Charles De Gaulle a Milano. 23 giugno 1959. Fino al 15 novembre. Museo di Storia Contemporanea, via Sant'Andrea 6 orario: marteddomenica 9/13 e 14/17.30 Darwin 1809-2009. Fino al 25 ottobre. Rotonda di Via Besana, orario: luned 14.30/19.30, marted-domenica 9.30/19.30, gioved 9.30/22.30.

E ancora a Milano: Robert Wilson. Voom Portraits. Fino al 4 ottobre. Giorgio. Forattini. Coraggio libert sberleffo. Fino al 27 settembre. Palazzo Reale, orario: marteddomenica 9.30/20; luned 14.30/20; gioved 9.30/22.30.

I suoi celebri Bleu hanno addirittura richiesto una tonalit di blu creata ad hoc, che porta a tuttoggi il suo nome (International Klein Blue). Laspirazione alla purezza e allassoluto hanno contraddistinto

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MUSICA Questa rubrica curata da Paolo Viola Musica nel chiostro


Fino al 25 agosto tutti i marted alle 21 nel bel chiostro di SantEustorgio (ancora mutilato dalla guerra e in attesa di essere recuperato: c stato un concorso, da tempo conclusosi con la vittoria di un bravo architetto catalano, ora bloccato da mille incertezze!) si tiene un concertino di musica da camera: giovani artisti, scelti con cura insieme al Conservatorio, offrono programmi ben selezionati ed impaginati per un pubblico colto ma non paludato. Vi anche la possibilit di un happy hour (in questo caso il termine proprio esatto) prima dellinizio del concerto, e magari anche di una visita alladiacente Museo. Il chiostro infatti si trova nel cuore del Museo Diocesano (www.museodiocesano.it), oramai semplicemente MuDi), un ambiente magico e insospettato, nascosto fra il milanesissimo Corso di Porta Ticinese e il bel Parco delle Basiliche: una vera chicca che ancora pochi conoscono perch molti ingannati dal nome pensano sia un museo religioso, magari votato a pratiche devozionali, mentre solo un luogo darte di straordinaria qualit (il suo direttore, lo storico dellarte Paolo Biscottini, divide con Davide Rampello - presidente della Triennale - il non piccolo merito di essere fra i rarissimi promotori di attivit culturali di assoluta eccellenza nel desolato panorama milanese che i nostri lettori, anche grazie ai servizi di questo giornale, conoscono assai bene). Laltra sera, 21 luglio, suonavano quattro clarinettisti che insieme superavano a stento gli ottanta anni: compagni di conservatorio, non tutti ancora diplomati, allievi di Sergio del Mastro, questi bravi musicisti hanno messo insieme un programma godibile da giovani e vecchi, dai cultori di musica classica e dagli amanti del jazz, un programma insieme serio e leggero che ha lietamente accompagnato gli ascoltatori fino allultimo bis, e cio fino a un ardito e delizioso Tango scritto dal pi giovane fra loro (diciannove anni!). Diciamo i loro nomi perch dobbiamo tenerli docchio: sono Edoardo Lega, Francesca Gelfi, Arturo Garra e Adriano Sangineto, il pi vecchio fra loro (ventitre anni!), che ha presentato i singoli pezzi con grande garbo trasmettendo al pubblico tutta la passione sua e dei colleghi. Il quartetto si chiama, con le iniziali dei loro nomi, Quartetto AFEA, e il tema del Tango del giovanissimo Lega era costruito sulle note corrispondenti a quelle quattro lettere: la, fa, mi, la. Dobbiamo sottolineare, oltre alla raffinatezza dellesecuzione, la singolarit della compagine: quattro clarinetti (con qualche alternanza con il clarinetto piccolo, quello basso, e con il magnifico corno di bassetto) devono fatalmente confrontarsi con la scarsit di partiture originarie (qualcosa c, ma assai poco) e dunque con la necessit di servirsi di trascrizioni che laltra sera, curate dagli stessi esecutori, ci sono parse migliori degli originali. Ecco dunque come con pochi mezzi, molta professionalit e fantasia, sopratutto con un serio lavoro di preparazione, dai pi giovani (ma da chi, se no?) ci arriva un messaggio di fiducia e una grande lezione di grande coraggio. Complimenti e grazie. Congedo per lestate Nel congedarmi dai lettori per la pausa estiva, vorrei ragionare di alcuni temi che mi hanno accompagnato - nei primi sei mesi del giornale nel girovagare tra musica e musicisti. I giovani musicisti E una vera tragedia quella dei giovani strumentisti (ma la stessa cosa anche per i giovani cantanti o direttori dorchestra) che escono dai conservatori e dalle scuole di musica, spesso con una preparazione formidabile e un grande talento, e non trovano nulla da fare. Non vi paragone con le altre professioni, che bene o male offrono qualche speranza di trovare un bandolo da cui cominciare, magari con molti sacrifici ma con una lucina di speranza sul fondo. Per i musicisti non cos: le orchestre chiudono e quando ci sono offrono stipendi troppo modesti, le societ di concerti fanno sempre pi fatica a sostenersi e i cachet sono sempre pi ridotti, le iniziative estemporanee sono sempre pi rare, e i ragazzi passano gli anni suonando gratuitamente qua e l per farsi conoscere .... e ovviamente c sempre chi ne approfitta! Orchestrali o solisti E il dilemma che prende alla gola i giovani musicisti. Sognano lorchestra perch incontrano i grandi maestri, perch vivono fra colleghi in una sorta di full immersion artistica, e per quel benedetto stipendio che in qualche modo permette loro di (soprav)vivere; ma sanno anche che stando a lungo in orchestra perdono facilmente la capacit di diventare bravi solisti perch in orchestra gli interpreti veri sono i direttori, non loro. Ed allora restano s legati allorchestra, una volta entrati, ma per arrotondare si impegnano qua e l in recital o in gruppi da camera o in piccoli ensemble, con il risultato che fanno male tutte e due le cose, perch non riescono a concentrarsi e a dare il massimo n in orchestra n come solisti. I vecchi maestri Per loro, grandi solisti o grandi cantanti (per i direttori dorchestra un po diverso, ma non tanto) si pone il problema opposto, se smettere o continuare o quando smettere. Problema complesso, perch molto difficile sottrarsi alla pressione dei fan e resistere alla passione, alla vanit, al riconoscimento dei propri meriti, in una parola al successo. Ma non crediate che questi mitici personaggi dai capelli bianchi non si

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accorgano che le loro stanche mani la loro voce, anche la loro testa non funzionino pi tanto bene, e che dunque devono contare sulla benevolenza e sullindulgenza del pubblico. Uno di loro mi confessava recentemente di essere ogni volta attanagliato dal panico prima del concerto, schiacciato dalla mortificazione durante lesecuzione e finalmente rianimato dagli applausi del pubblico il cui calore, alla fine, rimuove ogni ombra. Ne vale la pena? Interpreti e virtuosi, fama e pregiudizi Non vorrei sconcertare (curiosa lantinomia fra concerto e sconcerto!) i miei lettori dicendo loro che in questi anni mi capitato assai frequentemente di essere incantato da giovani, giovanissimi e ancora sconosciuti musicisti, e di essere invece molto spesso deluso da conclamati artisti che richiamano folle ai loro concerti.

La tecnica oramai patrimonio di molti, giovani e meno giovani, e quando le si d troppa importanza - e la si esibisce come fosse un valore in s - si finisce fatalmente per cadere nel virtuosismo. E dei virtuosi credo di poter dire che ... non se ne pu proprio pi! La qualit del suono, la profondit di pensiero, la raffinatezza dellinterpretazione, il controllo dellemotivit e dellarchitettura complessiva di una esecuzione, in una parola una vera cultura musicale, sono doti nella disponibilit di pochi, pochissimi, e a differenza della tecnica non si imparano pi di tanto nei conservatori, ma caso mai dal carisma di rari, veri maestri. Non mai dato di sapere in anticipo se lesecuzione cui stiamo per assistere sar toccata dalla grazia e se far emergere vere capacit interpretative;

potr mostrare di possederle un giovane che impegna tutto ci che ha nel cuore e nella mente, cos come pu averle perse il grande artista per quella sorta di superallenamento, o eccessiva assuefazione al successo, che fa allentare la tensione e contando sul pregiudizio favorevole del pubblico appiattisce lesecuzione; come sanno i pi attenti frequentatori dei concerti, sono due situazioni in cui ci si imbatte sempre pi sovente. Andiamo dunque a sentir musica senza pregiudizi, con lanimo aperto a riconoscere e ad apprezzare nuovi talenti e ad essere meno benevoli nei confronti di chi il talento se lo risparmia trattandoci da pubblico di serie B! Buon agosto a tutti.

28 luglio

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LAQUILA. NON SONO VACANZE IN TENDA

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