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Direttore Luca Beltrami Gadola

numero 38
8 dicembre 2009

edizione stampabile

www.arcipelagomilano.org in questo numero Editoriale - L.B.G. -LETIZIA MORATTI E LE CASERME. SETTE E MEZZO Approfondimenti - Franco Morganti BANDA LARGA: PERCH RESTARE INDIETRO

DallArcipelago - Franco DAlfonso - POLITICA E CULTURA: RIPARTIRE DA MILANO Dal Palazzo - Mario De Gaspari - CARO SIGNOR GOVERNATORE, NON C PROPRIO NIENTE DA RIDERE! Metropoli - Giorgio Ferraresi - NUTRIRE IL PIANETA E RIGENERARE IL TERRITORIO: UNO SCENARIO A PARTIRE DA MILANO Primo piano - Riccardo Lo Schiavo - MILANISTAN, LINVASIONE PACIFICA DEGLI ARABI Urbanistica - Claudio Cristofani - EXPO 2015: LE CASCINE E I FIGLI DELLASSESSORE Arte - Antonio Piva - EDWARD HOPPER: UNA MOSTRA SULLA LUCE DEL SOLE Citt - Rita P. Bramante - MILANO INCONTRA I MEDIA GURU Societ Guido Martinotti LA CULTURA A MILANO YouTube ERMANNO OLMI: LA CULTURA A MILANO

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE - a cura di Armanda Motta TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA E TV a cura di Simone Mancuso

Editoriale LETIZIA MORATTI E LE CASERME. SETTE E MEZZO L.B.G.


Perch solo le caserme? Perch il sindaco Letizia Moratti solo adesso reclama dal demanio militare le caserme milanesi per il Comune? Perch il bilancio comunale fa acqua da tutte le parti e si vorrebbe poter avere le aree demaniali per poterle vendere, dopo averle rese edificabili, e far cassa. Anche Milano, come un qualunque piccolo comune italiano, dopo i tagli del Governo e il patto di stabilit interna, cerca affannosamente soldi dovunque pensi di trovarli e come il solito si va a pescare nel pozzo, erroneamente ritenuto inesauribile, delle risorse territoriali. Sul numero 36 di questo giornale Giorgio Goggi ha stigmatizzato lo scambio iniquo tra edificabilit delle aree ferroviarie dismesse e materiale rotabile per le ferrovie locali. Faccio miei gli argomenti di principio che invoca Goggi e riprendo un mio vecchio cavallo di battaglia: il diritto della citt al possesso delle aree demaniali di enti terzi - Ferrovie, Demanio militare tanto per cominciare quando viene a cessare luso originario per il quale la mano pubblica, attraverso meccanismi di esproprio, ne diventata proprietaria. Si tratta di capire sino in fondo lorigine della rendita di posizione. Il valore delle aree di una citt il prodotto nei secoli dellattivit dei suoi cittadini e della capacit degli stessi di destinare una quota pi o meno rilevante del loro reddito alla realizzazione delle infrastrutture di servizio e di tutti gli edifici di uso pubblico ma anche al fascino, diremmo lattrattiva, che gli stessi generano sia con la loro attivit, sia con la loro cultura sia con la diffusione e la profondit e pervasivit delle loro istituzioni sociali. Questo il valore di una citt, in parte economico e in parte immateriale ma rappresentato monetariamente dal valore delle aree edificabili. Dunque, se i beni pubblici dei quali questa citt si dotata perdono di necessit rispetto agli usi originari, la loro propriet deve rimanere patrimonio sociale destinato al soddisfacimento delle nuove necessit. Sotto questo profilo la loro vendita da parte del Comune non avrebbe nessuna controindicazione se vi fosse la certezza di un equo ricavo ma soprattutto a condizione che non costituisca effettivo impoverimento della collettivit rispetto a un bene, il suolo, non rinnovabile come tutti ormai sappiamo. Da questo punto di vista non provo alcun sentimento di gratitudine verso la pubblica amministrazione quando sento che cerca di riappropriarsi di spazi verdi consentendo edificabilit a enti che possiedono demanio pubblico e propriet riferibili al medesimo concetto. Da questo anche la mia ostilit a privatizzazioni di enti pubblici che possiedano patrimoni immobiliari in qualche modo assimilabili a un demanio pubblico. Basterebbe riflettere su questi temi per concludere che quando si cedono beni collettivi ognuno di noi ne esce impoverito anche se questa cessione si configura come una vendita perch raramente, potrei dire quasi mai, questi denari vanno a ricostituire patrimonio duraturo per la collettivit e con un reale contenuto di equit tra cittadini. Non ci vuole molta fantasia per immaginare come potrebbe essere Milano se il Comune potesse entrare in possesso di tutti i beni demaniali compresi nel suo territorio e li destinasse alla soddisfazione delle necessit dei suoi cittadini, dal verde pubblico alle case per i meno abbienti e per i giovani che sono la nostra vera ricchezza e la nostra speranza. Non possiamo oggi pretendere che una tendenza consolidata in direzione totalmente contraria la cessione ai privati di diritti edificatori che consentono la lucrosa vendita di beni demaniali improvvisamente si ribalti ma se Letizia Moratti si avviasse per questa strada e come si dice, tenesse duro, considereremmo lostilit delle forze politiche della sua maggioranza sempre pi strumentale al vecchio mai tramontato disegno delle mani sulla citt. Il voto questa volta sette e mezzo.

Approfondimenti BANDA LARGA: PERCH RESTARE INDIETRO Franco Morganti


Uno spettro si aggira per lItalia: quello della banda larga. Tanto per intenderci, parliamo di Internet veloce, quello che di solito garantito dalla cosiddetta Adsl, che richiede luso di un modem e la firma di un contratto oltre a quello telefonico. Nella versione ormai considerata minima, ha una velocit di 640 kbit/sec, con la quale si fa molta fatica a scaricare immagini fisse, ancora peggio se in movimento, come nei brevi video che ci propone, in streaming, anche Arcipelago Milano. Circa un 5% della popolazione italiana (digital divide) non ha accesso neppure a questa modalit minima, perch il servizio Adsl non arriva fino a casa loro. C ancora un certo numero di centrali locali Telecom cui non arriva la fibra e altre in cui non sono installate le apparecchiature Dslam per dare lAdsl. E non si tratta solo di disperse localit montane o rurali: talvolta si tratta di isole sfortunate allinterno di aree fortunate. Ma le societ telefoniche non hanno ritenuto di colmare queste lacune perch di tratta di aree, come si dice, a fallimento di mercato, in cui la domanda non giustificherebbe linvestimento. Questo non vuol dire che solo il 5% della popolazione italiana non abbia un contratto Adsl, anzi: solo il 20% che ce lha. Infatti lItalia al 17 posto nellEuropa a 27, quattro punti sotto la media Ue ma 7-8 punti sotto

i principali paesi europei e addirittura 10-17 punti sotto i paesi nordici. Il cosiddetto piano Romani, dal nome del vice-ministro alle Comunicazioni Paolo Romani, prevede una spesa di 1400 milioni per colmare quel divide. Ma 800 di quei milioni sono stati appena congelati da una riunione del Cipe, cio del governo, del 4 novembre scorso, che per la banda larga italiana non si pu considerare certo giorno della vittoria. Alcuni ministri come Brunetta si sono affannati a tranquillizzare tutti promettendo uno stanziamento per tranche a partire dalla settimana successiva. Cosa che non avvenuta. Pi prudente il vice-ministro Romani ha detto che una parte di fondi sono gi nella disponibilit del governo e verranno rapidamente impiegati. Ma a cosa ci porter il piano Romani? Ammesso che funzioni e in tempi brevi, avremo in Italia una disponibilit al 100% dellAdsl minimo, quello con cui facciamo fatica a vedere i video di Arcipelago Milano. Mentre lattenzione del governo dunque rivolta al 5% dei digital poor, langue il famoso progetto di banda ultralarga (denominato NGN, da Next Generation Networks) che dovrebbe servire al 20% degli attuali utenti Adsl, ma in prospettiva al 40% degli italiani che usano Internet, oltre che a tutte le imprese oltre i 10 dipendenti che hanno gi quasi tutte le banda larga, cio i digital rich. Ma in cosa si distingue questa banda larga NGN da quella Adsl che arriva gi al 95% degli italiani? LAdsl una tecnologia applicata al rame, con la quale non si possono superare i 15-20 Mbit/s. Sopra a queste velocit, fra i fili in rame si crea diafonia e il segnale degrada. Gi oggi, come abbiamo visto, la minima velocit dellAdsl, di 640 kbit/s, consente modeste applicazioni. E infatti molti utenti Adsl hanno fatto contratti per avere da 7 a 10 Mbit/s, cio da 10 a 15 volte tanto. Le NGN sono basate sulla fibra ottica e non sul rame e con la fibra fino a casa dellutente permettono di superare largamente i 20

Mbit/s, fino a 100 e oltre. Cio consentono non solo la visione di immagini in movimento come nei film, ma anche addirittura quelle in alta definizione, come nella nuova televisione HD. In ogni caso la domanda di banda crescente, sia per usi aziendali che residenziali e si tratta del tipico caso, noto in economia fin dai tempi di Say, di offerta che crea la sua domanda. Il problema che le NGN costano in termini di investimento, da 6-7 miliardi per coprire il 60% dellutenza telefonica italiana (cos stimava Telecom un paio di anni fa), fino al doppio per arrivare a tutte le case e le aziende italiane. Anche se poi linvestimento rende, sia in termini di maggiori ricavi (ma non troppo perch i prezzi diminuiscono), sia soprattutto in termini di risparmi di costi di manutenzione (servono meno centrali). Ma linvestimento nelle NGN non procede (per la verit non solo in Italia), mentre galoppa in Giappone e Corea, oltre che nella solita Finlandia. Anzitutto perch le Telecom europee, Italia in testa, sono molto indebitate e sono riluttanti a avventurarsi in investimenti robusti con ritorni nel medio periodo. In secondo luogo perch vorrebbero un quadro regolatorio pi favorevole (che chiamano vacanza regolatoria), cio si chiedono: tocca a noi fare questo investimento per poi offrire laccesso ai nostri concorrenti su un piatto dargento? Dateci carta bianca sulle NGN e noi investiamo. Il che vuol dire lasciare ai concorrenti la vecchia rete in rame e la concorrenza, tanto faticosamente raggiunta, andrebbe a farsi benedire, cio si tornerebbe allaureo periodo in cui la rete italiana si costruiva in condizioni di monopolio. Quella stessa rete che ora, a Telecom Italia privatizzata, viene rivendicata dagli azionisti di Telecom (anche giustamente) come una propriet inalienabile. Daltra parte su questa strada, della vacanza regolatoria, lAutorit AGCom non ci sente proprio e quindi la strada non percorribile.

Unaltra strada, di cui si parla molto in questi giorni, quella di una societ separata per la nuova rete, finanziata prevalentemente dalla Cassa Depositi e Prestiti, cui partecipino anche i concorrenti di Telecom e cio Vodafone, Wind e Fastweb. La nuova rete sarebbe comunque connessa con la vecchia rete Telecom perch sarebbe uno spreco duplicare anche le dorsali in fibra per tutta la penisola. Pare che a questa rete siano interessate le aziende televisive, Rai, Mediaset e SKY, che troverebbero una strada in fibra di alta capacit, alternativa alla rete televisiva, senza dover ricorrere a decoder o parabole. Ha ragione per Telecom a dire che si tratterebbe di uno scorporo parziale, sia pure dilazionato nel tempo. E nessuno pu obbligare gli azionisti di Telecom a scorporare la loro rete, come invece avvenuto a suo tempo per la rete elettrica di Enel (ora Terna), sancito da un obbligo legislativo. Che fare allora? A meno di qualche colpo di mano societario, incoraggiato dal governo (com gi avvenuto per Alitalia), una strada alternativa ci sarebbe: dare la rete NGN alle aree metropolitane, le pi fameliche di banda, attraverso societ locali che posino e gestiscano reti locali in fibra, affittandole spente agli operatori, a tutti gli operatori, Telecom compresa. A Milano questa societ esiste gi e si chiama Metroweb: sciaguratamente, dopo la vendita a un fondo italo-inglese, ha affittato la sua rete a Telecom e quindi la concorrenza andata a farsi benedire. Queste reti locali si connetterebbero con le reti nazionali esistenti pagando la loro brava tariffa di terminazione, come oggi fanno gi le varie Vodafone, Wind e Fastweb. Ci sono societ estere che hanno fatto i conti e sono pronte a finanziare queste iniziative locali. Il vice-ministro Romani avr voglia di unoperazione del genere, per dare banda davvero larga ai digital rich, oltre che banda semilarga ai digital poor?

DallArcipelago POLITICA E CULTURA: RIPARTIRE DA MILANO Franco DAlfonso


Quando sento parlare di cultura istintivamente metto mano alla pistola da anni la frase di riferimento per la maggior parte della nuova classe dirigente padronal-leghista che ha occupato il governo di Milano da pi di un quindicennio: figuratevi quale pu essere listintivo riflesso di una citt cos malridotta quando si parla di cultura politica, che in passato la pistola ha portato a tanti, troppi suoi cittadini a impugnarla tragicamente sul serio. Si dice sempre che Milano il laboratorio politico nel quale si anticipa-

no le tendenze e i fenomeni politici dellintera Italia dal fascismo al berlusconismo passando per il riformismo cattolico e socialista: sembrerebbe quasi che il tessuto sociale e politico milanese sia talmente fertile da produrre getti diniziativa in maniera quasi inarrestabile. Non credo affatto sia cos non tutti questi fenomeni politici sono germogliati da qualche angolo del laboratorio milanese: la Lega, per esempio, considerata come un riporto di quei che vengon gi con la piena al punto che nei momenti di maggior successo elettorale arrivata ad avere il 10% dei voti al quartiere S Leonardo e, duecento metri oltre, il 30% nei comuni di confine come Pero con composizione sociale pressoch identica, quasi come una truppa di occupazione che si ferma fuori dalle mura prima di attaccare lultimo baluardo ostile; n il berlusconismo politico ha reali caratteristiche distintive ambrosiane, al di l della collocazione fisica del quartier generale, tanto che si occupa del Comune solo dopo essersi affermato a livello nazionale e lo fa sempre con gente arruolata alla bisogna sconosciuti alla citt politica e no, come Albertini e la stessa Donna Letizia. Negli anni sessanta- ottanta il dibattito sulle idee partiva dalle Universit, dai Circoli e club, dalla redazione dei giornali e coinvolgeva partiti e sindacati che erano il sistema nervoso della citt, con sezioni territoriali e di fabbrica che rappresentavano i terminali di ascolto e allo stesso tempo

la struttura di selezione della classe dirigente politica milanese. Ogni giovane, ogni nuovo milanese acquisito che volesse impegnarsi civilmente conosceva le porte dingresso al sistema politico e aveva la teorica possibilit di accedervi: il cursus honorum di qualsiasi democristiano, socialista, comunista ma anche missino o laico repubblicano, cominciava con anni di militanza di base a suon di manifesti e ciclostile, passando per serate trascorse a discutere negli scantinati di Quarto Oggiaro o in quelli pi raffinati di via Brera per giungere allaccesso, mai improvviso e imprevedibile, a Palazzo Marino. Per buone o cattive ragioni, cui non certo estraneo il sistema elettorale basato sulla persona instaurato a tutti i livelli, oggi viviamo il tempo nel quale la notoriet si acquisisce in modo diverso e si arriva direttamente alla fine del cursus honorum senza aver fatto alcun cursus studiorum, affidando la verifica delle capacit politiche effettive interamente alla fase on the job: parrebbe essere solo la casualit che determina la buona qualit media della prima giunta Albertini rispetto alla cattiva della seconda e alla pessima di quella Moratti. Eppure la citt discute e si appassiona eccome per la politica: nelle case, sui mezzi pubblici, nei bar sempre largomento al secondo posto dopo lInter e il Milan (anche loro peraltro a firma Berlusconi e Moratti, a ben

vedere), cosi come sono al secondo posto come frequentazione, dopo i siti porno, blog e testate politiche, sociali o semplicemente di informazione e discussione sui quartieri e la citt. E come se nellera delle reti la politica si sia nebulizzata: si vede, si respira, si alza e va per poi tornare, ma non si riesce a toccare, a condensare. Ma la voglia di consolidamento nellaria, lo dimostra il fatto che il fenomeno avviene in ogni occasione possibile, alla presentazione di un libro, di un film, con la fidelizzazione a programmi televisivi stabili come Iceberg di Telelombardia. Non trovando pi lindirizzo del partito Dc o Psi si pensato che ciascuno potesse farsi il suo partito personalizzato, come in una delle improbabili realizzazioni di Muciaccia alla trasmissione dei bambini Art Attac, assistiamo a unaffannosa ricerca di centri di gravit permanente su un blog personale o in Youtube, ma anche nella folla che invade S Maria delle Grazie per ascoltare Sermonti che legge Dante. E una situazione quasi paradossale, la domanda politica esiste, molto chiara e segmentata, ma manca lofferta, dal momento che i nuovi fornitori non sono percepiti n come stabili n come affidabili. E unopportunit per chi vuole intraprendere strade nuove in politica, una minaccia per chi detiene le leve del potere ed abituato a non essere disturbato troppo.

Dal Palazzo CARO SIGNOR GOVERNATORE, NON C PROPRIO NIENTE DA RIDERE! Mario De Gaspari
Molti avranno visti marted 1 dicembre il Presidente Formigoni in tv. Sorridente, quasi irridente, nientaffatto preoccupato per aver appena ricevuto un avviso di garanzia. C da immaginarselo: probabilmente, alla vista dei carabinieri, gli si saranno materializzati davanti agli occhi i fantasmi di Giuseppe Grossi e della signora Gariboldi, detenuti da settimane per le note vicende di bonifiche, bonifici e fondi neri. Forse avr subito pensato al giorno in cui, la barba incolta e una stretta al cuore, avrebbe ricevuto le visite di solida riet degli amici Lupi e Bondi. Pussa via!, avrebbe detto Alberto Sordi. Letta la notifica, visto che si trattava dinquinamento atmosferico e non dinquinamento di terreni, deve aver tirato un bel sospiro di sollievo. E possiamo anche capirlo: altro essere indagati perch oggettivamente

responsabili dellinquinamento dellaria, altro essere ritenuti responsabili di un malaffare che ogni giorno assume contorni sempre pi inquietanti. Comunque non c proprio nulla di cui andar fiero, sia chiaro! Certo che laria di Lombardia, cos fina quando fina, non lha mica inquinata direttamente Formigoni. Ma la regione tenuta per legge a mettere in atto, di concerto con gli enti locali, tutte le possibili misure atte a salvaguardare la vita e la salute dei cittadini. Se per favorire degli interessi il cui sottoprodotto necessariamente il superamento dei limiti di tollerabilit del pm10, si soprassiede allobbiettivo prevalente della salute di bambini, anziani, asmatici, allergici, e cittadini tutti, si commette un reato. E poco

importa se le decisioni vengono prese in base al calcolo del maggior consenso che procura il far finta di nulla piuttosto che il tutelare la salute e facendo magari arrabbiare un certo numero di persone. Governare richiede a volte il farsi carico di provvedimenti non del tutto popolari, altrimenti sarebbe tutto troppo facile e troppo comodo. anche per questo che le cariche pubbliche sono remunerate. Ma andiamo a vedere cosa dice larticolo 674 del Codice Penale: Getto pericoloso di cose - Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non con-

sentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila. Certo poca cosa rispetto a quanto stanno passando il povero Grossi e la signora Gariboldi, ma in ogni caso non c proprio niente da ridere. Eravamo gi preoccupati per i suoli e i rischi per lacqua per lacqua che arriva nelle nostre case, poi abbiamo saputo delle navi affondate con i loro carichi mortiferi, adesso ci ricordano che anche il respirare comporta dei rischi. Forse giunta lora che si alzi forte un grido dallarme:inquinatori di terra, di mare e dell'aria, per favore smettetela!

Metropoli NUTRIRE IL PIANETA E RIGENERARE IL TERRITORIO: UNO SCENARIO A PARTIRE DA MILANO Giorgio Ferraresi
Il territorio milanese e lombardo sta in questo periodo affrontando decisivi processi di pianificazione nella citt e a livello provinciale e regionale; mentre, per altro verso, vengono evocati i temi della nutrizione e della sovranit alimentare a livello mondiale, posti come tema allExpo 2015 di Milano. Ma il rapporto tra i due processi (governo del territorio e valorizzazione dellagricoltura / produzione di cibo) non pare proprio prendere corpo e portare a una contaminazione tematica reciproca come parrebbe ovvio. Come pu larea milanese affrontare la questione agricola alimentare e ambientale di fronte al mondo e non occuparsi contestualmente di quel tema nel proprio territorio e in termini di modelli insediativi in generale? Essendo inoltre paradossalmente sede del pi grande parco agricolo europeo. Eppure cosi, anche dopo la recente svolta rispetto alla prima versione del progetto Expo (un hardware di progetti immobiliari, infrastrutturali e di ulteriore consumo di suolo agricolo nel suo sito e nel contesto) che recepisce almeno nella concezione del sito espositivo (e in alcune sue deboli estensioni nel territorio urbano, cascine, acque) un ritorno al tema dellesposizione. Permane ancora in sostanza una mancanza di basi di riferimento nelle politiche e scelte strutturali di governo del territorio. Questo dice con chiarezza che non si tratta (solo) di una contraddizione di Expo ma di una latitanza strategica del tema del valor primario degli spazi aperti (che forniscono cibo e il supporto ai cicli vitali) nella concezione del governo del territorio nella relazione con lurbano; e di questo di tratta invece di discutere. Questo nodo di temi e questorizzonte di progetto ci che affronta direttamente (prima e oltre Expo) il seminario Produrre e scambiare valore territoriale che si tiene al Politecnico di Milano il 10 e 11 dicembre; trattando propriamente lo stretto rapporto tra socioeconomia della produzione e del consumo dei beni primari e la pianificazione sostenibile del territorio, nella relazione interattiva tra citt e spazia aperti: appunto a Milano, nel caso del Parco agricolo sud in particolare e in rapporto a scenari pi generali. Il seminario (si vedano le informazioni in calce e nel riquadro di annuncio che accompagnano qui questarticolo) sintetizza limpegno di una ricerca PRIN biennale sui Parchi Agricoli a sua volta fondato su una tradizione radicata di studi e di esperienze che conforma in particolare il testo che impone il nome al seminario: G. Ferraresi (a cura di) "Produrre e Scambiare Valore Territoriale" Alinea Firenze, 2009. Tale testo si accompagna a unulteriore trilogia di pubblicazioni da parte delle altre sedi della ricerca: Firenze (coordinamento), Genova e Palermo. La maturit del percorso di ricerca, in questo caso, consente di proporre al contesto delle politiche e delle pratiche sociali, elementi di teoria (ormai consolidati) appunto attorno alla rifondazione del rapporto citt/territorio, al ruolo strutturale dellattivit primaria in tal senso e a ipotesi di creazione di ricchezza e

benessere che si pongono in questi quadro; partendo dai temi della produzione di qualit locale e ambientale, in uno scambio equo e diretto con nuovi bisogni espressi dai mondi di vita. Stiamo discutendo quindi di un approccio che giunge a interessare la ridefinizione della natura della produzione, dello scambio e del consumo delle merci, della valorizzazione dei beni comuni e dellaccesso a essi A questapproccio fondativo si accompagna, nel seminario e nel testo, la presenza di elementi di scenario e progetti pilota, sino al design dei servizi in ordine a questi rapporti territoriali; con uno sguardo inoltre alle politiche internazionali pi avanzate in questo settore. Partendo dal caso di Milano e del suo Parco sud, quindi, percorsi din-

teresse generale e strutturale entrano in campo.

Informazioni su seminario e testo Seminario Produrre e scambiare valore territoriale aula Rogers del Politecnico di Milano, via Ampre angolo via Bonardi ; 10 /11 dicembre 09 Sessioni del seminario - Inizio e prima sessione: Un confronto internazionale (10 dic. pomeriggio) - Sessione 2: Illustrazione e discussione degli esiti della ricerca e del testo (11dic. mattina) - Sessione 3: Confronto sui processi e proposte sul territorio milanese e sui temi ora emergenti anche rispetto a Expo 2015 (11 dic. pomeriggio) . Responsabile scientifico Prof. Giorgio Ferraresi

Laboratorio di Progettazione Ecologica del territorio (L.P.E.) Dipartimento di Architettura e Pianificazione (Di.A.P.) - Politecnico di Milano Edificio 14 - Nave, Via Bonardi n. 9, 20133 - Milano, ITALY

Contatti tel. +39 02 2399 9385 - 9442 fax. +39 02 2399 9444 produrreterritorio@polimi.it ; | http://produrreterritorio.wordpress.com Testo Il testo Produrre scambiare Valore Territoriale per il momento disponibile presso: LIBRERIA CLUP, Via Andrea Maria Ampere 20 , 20131 Milano , Tel. +39 0270634828 ON-LINE: www.alinea.it ; www.ulisselibri.com

Primo piano MILANISTAN, LINVASIONE PACIFICA DEGLI ARABI. Riccardo Lo Schiavo


Siete mai passati in viale Padova con la macchina? Una strada popolata da umanit varia ed eventuale (Trans), una strada che fa decisamente paura: edifici decrepiti, sporco a terra, negozi disadorni, tante brutte facce, tanta pelle scura e tanti musulmani. La popolazione italiana oggi quella composta in larga parte da emigrati meridionali che venivano a cercar fortuna nel secolo scorso a Milano, scalzata dai nuovi migrantes. Londonistan un termine dispregiativo con cui ci si riferisce alla comunit islamica di Londra. E se chiamassimo quella parte di Milan, Milanistan? Vimmaginate un minareto in piazzale Loreto? Un cuneo musulmano che sinnesta in citt, nella piazza che porta diritto al Duomo, una sfida alla Cristianit. Oppure un luogo dove possano andare a pregare i musulmani. Anche loro sono credenti e meritano il massimo rispetto, anche loro hanno diritto a un decoroso luogo di culto e non devono essere costretti a pregare in un garage come i cattolici della prima ora nelle catacombe. Problema della sicurezza: come ha suggerito il presidente Fini se imponessimo agli imam di predicare in Italiano, perch siamo in Italia, forse riusciremmo a integrare meglio la comunit musulmana ed eviteremmo di far studiare agli 007 le lingue arabe per capire di cosa si parla nelle moschee nostrane. La moschea un luogo in cui si riuniscono i terroristi? Della serie tutti i credenti musulmani che pregano sono terroristi. E se si riunissero nei Kebab? Certo ci sono estremisti tra gli arabi che oggi sono forse gi il 5% della popolazione ma non dimentichiamo del recente passato i nostri BR, NAR, TERZA POSIZIONE ed vero che qualcuno utilizza le moschee per fare proselitismi ma da qui a generalizzare ce ne passa. Problema architettonico. Lo storico Franco Cardini a proposito della querelle dei minareti svizzeri scrive su FareFuturo.it: basta aver letto Landscape and Memory di Simon Schama sulla storia del paesaggio Quando sono arrivati i romani, probabilmente agli elvezi le loro torri non piacevano, quando poi gli elvezi diventarono cittadini romani pagani probabilmente non amavano i campanili .". Problema culturale: se fanno il minareto in Piazzale Loreto ci colonizzano culturalmente? Ve lo immaginate il mullah di Milano che parla al megafono in piazzale Loreto, chiaramente nessuno lo ascolta c il rumore delle macchine. Mi sembra che il problema sia piuttosto quello dellinsicurezza nei confronti del proprio retroterra culturale da parte di oscurantisti ed estremisti, teorici dello scontro come forma dinterazione. La Chiesa cattolica non ha una posizione antagonista rispetto alle altre religioni, anzi a Roma c una monumentale moschea, una monumentale sinagoga. fresca di stampa la nota del consiglio episcopale svizzero a margine del referendum sui minareti: Lesito del referendum rappresenta un ostacolo e una grande

sfida per il percorso di integrazione attraverso il dialogo e il rispetto reciproco. Non si riusciti a dimostrare in maniera evidente al popolo che il divieto di costruzione dei minareti non contribuisce a una sana convivenza di religioni e culture.. (Avvenire 30 novembre 2009.) La storia piena di muri e muraglie i cui effetti sono stati sempre disastro-

si, daltro canto essere liberal per alcuni significa essere debole . Le popolazioni si sono sempre spostate sulla superficie del globo in cerca di cibo e benessere, anche gli arabi immigrati possono essere una ricchezza per il nostro paese. Siamo noi che dobbiamo accoglierli sul suolo patrio e fare in modo che si inte-

grino e seguano il nostro stile di vita. E fondamentale lavorare sul fronte della convivenza sopratutto con le fasce di reddito meno abbienti dove si generano talvolta scontri per il solito agognato tetto ma da qui a rispedirli al di l del mare nostrum con i loro gommoni ce ne passa.

Urbanistica EXPO 2015: LE CASCINE E I FIGLI DELLASSESSORE Claudio Cristofani


La fantasia e la concretezza (Rizzoli 2003) il titolo di un notevole saggio di Domenico De Masi, la cui lettura dobbligo per luniversitario impegnato nel corso di sociologia, ma che suggerisco a tutti coloro i quali, avendo responsabilit pubbliche, devono tenere in particolare considerazione levoluzione della cultura umanistica e scientifica in rapporto ai fatti storici, in modo da evitare, quantomeno, la vergogna della scoperta dellacqua calda. La citazione si rende necessaria dopo avere ascoltato i relatori della conferenza Cascine Expo 2015, tenutasi alla Triennale il 1 dicembre scorso, i quali hanno presentato le prime fasi di una proposta, di riuso appunto delle cascine milanesi, ai cui contenuti si pu accedere dal sito www.cascinemilano2015.org. Qui ne do per eseguita la lettura e proseguo. Anche a voler trascurare la copiosa letteratura che tratta della produzione agricola padana, delle sue convenzioni sociali e delle sue strutture edilizie, non si po dimenticare che proprio al tema delle cascine milanesi stata dedicata, dagli anni 70 in poi, moltissima attivit di catalogazione, analisi e progettazione da parte del Politecnico di Milano, Facolt di Architettura. Agli studenti impegnati nei fangosi sopralluoghi, gi allora capitava di accertare lincomprensibile stato di abbandono dimportanti complessi edilizi e la conversione di molte centinaia di pertiche alla monocultura che, grazie a una facile meccanizzazione, produceva ottimi raccolti con il minimo impiego di addetti. Non posso credere che il Politecnico di Milano sia ancora impegnato nella stessa attivit di catalogazione o poco pi! Anche perch, gi allora, gli studenti, ritornando in quei luoghi dopo la laurea, ebbero modo di comprendere perfettamente che la politica urbanistica non aveva mai considerato lagricoltura milanese altro che unattivit temporanea, in attesa dellurbanizzazione di quei preziosi coltivi. E ci era avvenuto nonostante la copiosa attivit di ricerca ideologicamente mirata alla valorizzazione mediante la conservazione, e nonostante i richiami artistici di Ermanno Olmi. Evidentemente sul campo si fronteggiavano eserciti con dotazioni assolutamente impari. Peccato, una bella occasione persa, ma non completamente se sapremo guardare a esperienze pi felici e se da quelle, umilmente, decideremo di imparare la lezione della storia e da questa orienteremo la politica urbanistica dedicata al territorio agricolo ancora presente a Milano. Tenendo ben presente, caro assessore Masseroli, che per fare la Storia non basta che i suoi bambini, come non diversamente succede anche ai miei, preferiscano trascorrere una domenica in cascina piuttosto che al parco Forlanini. Lerrore nel quale, inconsapevolmente, i nostri piccoli ci inducono proprio quello di pensare che il recupero dei valori culturali, sociali e ambientali, possa passare attraverso un restyling edilizio e funzionale, come proporrebbe, in ultima analisi, il neonato Comitato Cascine Milano 2015, assimilando le cascine a una delle tante forme di contenitori edilizi, solo un poco pi naif. A mio parere lintervento dirompente non deve odorare di mattoni, ma di terra coltivabile. E per citare una soluzione dove lagricoltura rischiava di essere sopraffatta dallostilit ambientale e dalla competizione economica insostenibile, voglio ricordare le scelte politiche adottate a tutela dellagricoltura del maso chiuso altoatesino, che ha potuto conservare immutata la sua capacit produttiva, la sua funzione di salvaguardia del territorio, la sua struttura sociale, il suo pregio architettonico-ambientale. Si pone il caso che la politica locale in quella difficile situazione non abbia atteso la costituzione di un autoreferente comitato, ma, in tempi non sospetti e senza lo slancio di alcun evento internazionale, abbia autonomamente deciso la scala dei valori del territorio. E tra questi valori fu indicato come prioritario quello delleconomia agricola storicamente affermata e socialmente utile, anche sapendo di dover fornire il necessario sostegno economico allintera filiera, quella che inizia nel bosco e termina a casa del consumatore, anche milanese. C una grande differenza tra laiuto che si pu dare al territorio e alle a-

ziende agricole in quanto tali e quello che prevede di introdurre funzioni estranee allagricoltura, con lunico scopo di utilizzare un patrimonio edilizio che solo lenfasi della retorica proposta alla Triennale rappresenta come se fosse la redenzione dalla discutibile qualit, estetica e sociale, delledilizia urbana. Per non parlare dei dubbi che derivano da una tecnica costruttiva che, nelle cascine, senza farne addebito ad alcuno, a causa dellinadeguatezza dei mezzi economici utilizzati allo-

rigine, pone serissimi problemi di restauro conservativo. Quindi che fare? Direi di abbandonare modesti comitati e pensare in grande, partendo dal P.G.T. e abbandonando quella nefasta convinzione secondo la quale la sopravvivenza dellagricoltura possa essere determinata dalla denominazione del suo territorio produttivo come parco. In quella convinzione c la superbia degli altri settori economici che considerano lagricoltura come il territorio della loro beneficenza e che ne vorrebbero determinare la sopravvi-

venza in ragione della perequazione della rendita fondiaria, attirando cos in un clamoroso trabocchetto la sua autonomia economica, che ne sarebbe compromessa definitivamente. D'altronde, le riflessioni che sono indotte dalla tematica proposta da Expo 2015 suggeriscono, anche per lagricoltura in ambito periurbano, uneffettiva capacit produttiva assai lontana da quel ruolo folkloristico che il proposito del recupero delle cascine, per funzioni residenziali, sociali e ricreative, non pu nascondere.

Arte EDWARD HOPPER: A PALAZZO REALE UNA MOSTRA SULLA LUCE DEL SOLE. Antonio Piva
Vale sicuramente la pena visitare la mostra dedicata a Edward Hopper che, per la prima volta in Italia, dedicata a un pittore americano celeberrimo. Tra le altre peculiarit, Hopper ha avuto quella di aver ispirato registi, fotografi e sceneggiatori del suo tempo i quali ne hanno accresciuto la fama in tutto il mondo. Levento promosso dal Comune di Milano e dalla Fondazione Roma in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York e la Fondation dellHermitage di Losanna da sottolineare per la cura con cui stato realizzato sia dal punto di vista museologico che da quello museografico. Lesposizione curata da Carter Foster, curatore e conservatore del Whitney Museum ha potuto contare sul coordinamento scientifico di Carol Troyen che, con un filmato sintetico e chiaro, offre un profilo dellautore mancato nel 1970. Questa mostra parla, in sette sezioni, della luce del sole e delle ombre, del quotidiano, delle citt e della solitudine umana ma non solo. Parla della complessit di un artista facile da comprendere solo in apparenza perch nasconde i suoi pensieri dietro la luce, dietro le figure quasi inespressive dietro paesaggi desolati, dietro il colore per celebrare lidea della solitudine . Lallestimento di questa mostra pu essere assunto quale esempio positivo di come il museografo possa organizzare lo spazio a disposizione tenendo conto delle opere che deve esporre facendo uno studio sullautore, valutando colori, dimensioni, superfici, luci, ritmi necessari per assimilare i messaggi che sgorgano dallopera stessa se presentata secondo un progetto cui non sfugge il valore dellunit e del tutto. Il pubblico al primo piano di Palazzo Reale si muove bene sostando di fronte ai pannelli che documentano i contenuti delle sezioni in cui si articola il percorso. Le sale del palazzo sono suddivise al loro interno con pareti di legno che paiono muri le cui estremit non toccano terra lasciando che il pavimento rilanci la sua continuit con gli ambienti di origine come la parte alta che non raggiunge mai le volte. Un effetto questo molto apprezzabile perch i nuovi spazi aperti si dimensionano sulle opere anche attraverso la sottolineatura del colore che rimanda ai fondali dei cieli come ai colori degli ambienti ritratti. I colori sono tenui e pure variando risultano complementari gli uni agli altri senza mai sovrastare le opere che, mantenendo le sequenze tematiche, sono distanziate tanto da lasciarsi fare apprezzare dai gruppi dei visitatori senza sovrapposizioni. Linstallazione Friday 29th August1952, 6 A.M. di Gustav Deutsch ricostruisce lo spazio del dipinto Morning Sun (1952) e documenta come le luci e le ombre non siano reali ma interpretazione di uno stato danimo. Una donna seduta sul letto in una stanza scrive Bonnefoyd evidentemente piccola, come una cella di convento, davanti a una finestra che, invece, grande aperta al sole che sta sorgendo. E una donna invecchiata; si avverte che il suo rapporto con let fa parte dello stupore un p triste che le offusca gli occhi e le serra le labbra, poich lanima non comprende la sua dipendenza dal corpo- ci rammenta allora, avendo famigliarit con il pittore, che il fatto del corpo sempre stato il suo problema: materia che la luce del cielo, del mare, del vento, non in grado di penetrare, enigma, abisso di un inconscio in cui il colore non si addentra se non con qualche riflesso rossastro e qualche ombra.. Un allestimento sensibile dunque suggerisce, stimola, collega al mondo dellarte e alle sue variegate valenze; utilizza materiali anche poveri ma lavorati in modo da risultare degni di un grande pittore.

Citt MILANO INCONTRA I MEDIA GURU Rita P. Bramante


Milano una citt che ha bisogno didee internazionali, di pensare in grande, di essere connessa con il mondo e di aprirsi al confronto globale. Il Teatro dal Verme tutto esaurito ha stretto in un caloroso abbraccio il filosofo e sociologo francese Edgar Morin, padre del pensiero complesso, protagonista della conversazione sul tema delletica nellambito della manifestazione Meet the media guru.* Sfondo dellevento le immagini del fotografo Michel Kirch che rappresentano in modo evocativo e suggestivo la complessit secondo le teorie del protagonista della serata. Letica non ha pi una dimensione esclusivamente immediata ha sottolineato Morin ma ci impone di pensare alle generazioni future; non possiamo pi vivere con lillusione che lessere umano sia destinato a conquistare il mondo, anzi dobbiamo essere consapevoli che la corsa alla conquista della biosfera mette in pericolo la vita degli umani. Anche letica ha oggi una dimensione di complessit: accanto ad un aspetto individuale delletica il NOI per NOI, per la nostra dignit e a un aspetto sociale il NOI per gli ALTRI, in una relazione non unicamente di diritto, ma anche di dovere, c unetica per TUTTA LA SPECIE UMANA, una comunit di destino arrivata con la globalizzazione, che impone di prendere coscienza che siamo cittadini del Pianeta e che richiede, tra le altre cose, una grande assunzione di responsabilit nel creare il nostro habitat e le nostre citt in maniera sempre pi etica (www.grandesign.it). L'impegno etico pu farci superare l'aspetto prosaico della vita e puntare a quello poetico, della comunione, della simpatia, dellamore, del piacere e della gioia: etica in altri termini fare tutto ci che si pu fare per aiutare gli altri a godere poeticamente della vita. Nel cuore del soggetto non c' soltanto l'IO, ma anche il NOI: il soggetto ha bisogno del sorriso, dell'abbraccio e della solidariet degli altri. Ci sono momenti della vita in cui siamo pi piegati sull'IO, altri in cui siamo pi aperti al NOI: etica rigenerare solidariet, sviluppare la comprensione dell'altro, migliorare la relazione umana, alimentare un processo di simpatia che consente di vedere anche il bene che c nellaltro. Nella vita la comprensione umana fondamentale ed l'aspetto pi importante dell'etica. Etica dare la possibilit di vivere poeticamente... Come rigenerare oggi la solidariet e la responsabilit in un momento in cui incombe la disintegrazione di tutte le loro forme? Nel nostro tempo il senso della solidariet dorme, assopito, ma lo si pu svegliare. Ecco dunque lappello delletica laica di Morin: rigenerare la solidariet, sviluppare la comprensione umana che appare sottosviluppata, e non soltanto nei confronti del diverso e dello straniero. Siamo infatti di fronte a percorsi di vita contrassegnati da unincomprensione generalizzata, in famiglia, nella professione, nella politica. Laspetto pi importante delletica dunque insegnare la comprensione umana, migliorare la relazione fra gli uomini, coltivare e far sbocciare la cultura dello scambio e della condivisione: per questo nasce il progetto La voix du net, associazione fondata da Eve Moreau e presieduta da Morin: lArt pour la Conscience souhaite crer un partenariat plantaire entre les auteurs du monde porteur dun message pour la plante et permettre que les biens communs soient un engagement universel (http://lavoixdunet.eu). Un invito a creare un sistema di donazione della conoscenza a livello globale attraverso lincontro e linterscambio tra scienza, filosofia, arte, musica, design e tecnologia nelle reti sempre pi performanti del web.

*http://www.meetthemediaguru.org/i ndex.php/11/edgar-morin-evento-11novembre-video-dellevento/.

Societ LA CULTURA A MILANO Guido Martinotti


Se tu bagni il tuo piede in un lago/di un paese chiamato Cultura/poi tirar dietro il piede assai dura/ ma pi duro imparare a nuotar./ Ed pieno di barche lucenti/ con pennacchi e con mille bandiere/ tu ti accosti vai l per vedere/ e ti accorgi che fondo non han./ E tu t'agiti, gridi ti muovi/ e gli urli che stanno affondando/ ma ti guardano tutti ridendo/ non cosa che faccia per lor. (Paolo Pietrangeli, 1969) Il termine cultura assai elastico, soprattutto se riferito alla cultura di una citt. Si va dalla definizione dei redattori di quotidiani che affastellano molte cose disparate nella sezione Cultura e tempo libero, allidea degli antropologi moderni, forse non ancora del tutto ben digerita, per cui la cultura linsieme dei simboli e dei prodotti materiali elaborati da una data societ. Diversamente dallinformazione, di cui grazie al genio dellingegnere americano Claude Elwood Shannon, abbiamo dal 1948 una misura precisa, senza la quale

difficilmente si sarebbe potuto sviluppare il gigantesco sistema di comunicazioni in cui siamo immersi, non possediamo una misura della cultura. Mettere un po dordine quindi necessario, non tanto per pignoleria professorale, ma perch spesso le parole molto ripetute pesano di pi dellaria che spostano. Per esempio data la predominanza della preparazione umanistica (a scapito di quella scientifica) nelle lites italiane, per cultura si intendono automaticamente i tratti monumentali di una citt o le opere letterarie o artistiche e solo di recente si cominciato a capire che una fabbrica vuota, un macchinario imponente come un pontegru oppure manufatti piccoli come una fontanella in ghisa, cos come le libere scritte dei writers sui muri, appartengono al patrimonio culturale di una data citt. Non si tratta di considerazioni senza conseguenze: si pensi solo allinclusione o meno di un determinato oggetto nei bilanci dei patrocinatori - comprese le amministrazioni pubbliche. Spesso il campanile mediocre di una chiesa sconsacrata ottiene pi facilmente i fondi per il restauro di unelegante ciminiera di fabbrica, fossanche opera di un famoso architetto. Certo non dobbiamo buttare a mare distinzioni importanti come quella tra cultura alta e cultura di massa, ma si deve prendere atto che i rapporti tra questi livelli sono cambiati; molte delle istituzioni che elaborano o trasmettono la cultura, dalla scuola alluniversit, alle accademie ai teatri, musei e cos via sono state create in societ in cui la maggior parte della popolazione era normalmente esclusa dallaccesso a uninformazione che non riguardasse quella conoscenza che gli antropologi definiscono locale e che oggi viene romanticizzata, ma che era assai limitata. Sar pur bello il dialetto, per chi parlava sempre e solo quello non aveva il vocabolario del Porta, ma usava solo qualche centinaio e forse decina di parole. Cos, vista con gli occhi del cittadino che la trapassa in automobile o in treno, la campagna suscita nostalgie letterarie, ma si completamente dimenticato che la

tera l dura ed questa la ragione per cui chi pu, appena possibile la lascia. Oggi queste istituzioni attraversano una crisi profonda perch i rapporti si sono rovesciati e tutte si trovano a operare in una societ non povera, ma densa, anzi densissima, dinformazioni. Viviamo, come si dice, in una societ della conoscenza, avendo per del tutto trascurato il piccolo particolare che alla radice della nostra (e mi riferisco al mondo cristianizzato) mitologia siamo stati avvertiti che la mela del sapere pu essere amara assai. E cos i cosiddetti maitres a penser si strappano le vesti: Asor Rosa, ne Il grande silenzio, si lamenta che gli intellettuali non siano pi ascoltati e Gillo Dorfles (in una curiosa pubblicazione LEuropeo del 4 Dicembre che in copertina si propone di rottamare la citt, ma poi allinterno letteralmente strabordante dellusuale retorica iconica sulla citt costruita) riprende una vecchia lamentela contro leccesso di informazioni. Eppure si tratta, in questo come in altri casi, di persone ascoltate, ascoltatissime, che contribuiscono essi stessi non poco alla massa totale delle informazioni. Non condivido queste lamentele, ma ne capisco le ragioni che si possono facilmente riassumere in ci: la nostra societ non ha ancora imparato a trattare in modo appropriato la grande massa di informazioni che produce. Ci sta tentando, ma per vie che, essendo nuove, non sono spesso neppure viste dagli antichi nati e cresciuti in altri schemi. Sostanzialmente la cultura sta subendo un processo traumatico di democratizzazione e molti intellettuali abituati a vivere in condizioni di monopolio o oligopolio si sentono spodestati e, quando si tentato di ampliare laccesso alle istituzioni tradizionali, soprattutto la scuola e luniversit, lurlo di quelli che Brassens chiama les croquants stato unanime e si gridato al degrado. Cos quelle istituzioni hanno continuato a impoverirsi e i molti che ne sono rimasti esclusi si sono rivolti altrove: un altrove dove non vi limite al degrado, ma dove si elabora anche un nuovo di straordinaria qualit. Chiunque bazzichi un po nei

meandri della rete sa cosa voglio dire. A me sembra che Milano stia affrontando male questo passaggio che investe tutte le citt del mondo e mi domando quale sia il freno che la nostra citt cos evidentemente pone alla vitalit delle sue forze innovative. Credo che vada trovato nellinguaribile perbenismo della sua classe dirigente, che dai tempi della scapigliatura rigetta (almeno fin che non pu essere mercificato) lo spirito di trasgressione, una componente importante dellinnovazione culturale. Non dimentichiamo che, come racconta Tullio Kezich, al cinema Capitol di Milano, il pubblico non pagante salutava la pellicola di Fellini con fischi e grida di riprovazione. Basta! Schifo! Vergogna!, urlano dalla platea verso la fine della proiezione. Alluscita dalla sala cinematografica Marcello Mastroianni viene apostrofato con termini come vigliacco, vagabondo, comunista[questa qui la conosco, purtroppo, ndr.] Uno sputo raggiunge Fellini, che cerca di reagire, ma trascinato via dagli amici.. E il sommovimento fu tale che il prefetto pens di sospendere le proiezioni. Del resto, pi o meno in quegli anni, si discuteva ancora seriamente nei salotti borghesi se il jazz fosse musica o solo rumore: fortunatamente cera Roberto Leydi che ci salvava con le sue mattinate domenicali di educazione musicale al cinema Mignon. E, tanto per dare anche un saggio dellapertura nel mondo universitario, mi ricordo distintamente una discussione feroce con un allievo di Paci che sosteneva che la fotografia non era arte perch usava un mezzo tecnico. Risento alcuni degli stessi ragionamenti, oggi, nelle discussioni sui writers. Un mio amico spiritoso diceva di una certa sinistra milanese che si lanciava fino alla destra socialdemocratica, che era come le signore della buona borghesia che al massimo arrivavano a Modigliani, ma inorridivano davanti a Picasso o Braque. Solo negli anni sessanta Milano produsse un ambiente cosmopolita (sia pure con tutte le pruderies denunciate da Bianciardi) capace di attrarre cultura ma, mentre tutti dico-

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no che gli intellettuali venivano a Milano perch trovavano un ambiente favorevole, quasi nessuno suggerisce la spiegazione inversa e cio che lambiente vibrante di quel periodo era anche il prodotto di tutte quelle intelligenze che venivano da fuori. Era un periodo di crescita demografica mentre oggi un periodo di stagnazione e, in una popolazione che ristagna o diminuisce, cosa succede? Aumentano i vecchi: infatti a Roma ci sono circa 50 mila giovani in pi (in tutto 150mila persone in pi che a Milano con meno di 65 anni) mentre Milano ha 50mila anziani pi di Roma. Non poco. Ma anche una questione di stile e di inclinazioni: anni fa mi capitato di sostituire il Rettore di UNIMIB nella Commissione cultura dellAssolombarda, una denominazione che di

per s avrebbe anche potuto apparire ossimoronica, ma in quel periodo il business aveva scoperto la cultura, pensando di poterci fare soldi. Contemporaneamente uno svelto economista di Pittsburgh aveva appena inventato un prodotto di grande successo, convincendo le lites locali di tutto il mondo che era molto pi chic occuparsi di creativi che non di vecchietti o di poveri. E cos anche a Milano tutti si erano messi a fare ricerche sulla creativit, ma il Presidente dellAssolombarda, un buon borghese milanesone, si trovava a disagio e, ogni due per tre, cercava di esorcizzare la situazione ripetendo a destra e manca che poi per essere creativi non occorreva portare lorecchino. Capirete i poveri Modigliani o Kerouac, per non parlare dei Bukowski o anche solo gli hackers della train room

di Cambridge, che ospitalit possono trovare in citt. Creativit s, ma con juicio, Pedro. Questa concezione di una cultura buona quando fa far soldi, ma fastidiosa quando troppo contro il perbenismo espressa al meglio nel blurb di presentazione del gi citato numero dellEuropeo Limpressione, sfogliando il numero, quella di un viaggio nella storia delle citt raccontato con materiali iconografici straordinari e punti di vista contemporanei. Ospite donore: il brand Mini e il concorso di design lanciato dalla casa automobilistica per stimolare la creativit sul tema dellambiente. Diceva Pierre Bourdieau di questo tipo di atteggiamento verso la cultura: pas d fric pas dides .

Lettera di Vincenzo Ortolina


Sfiga. Per gli organizzatori della manifestazione romana di sabato scorso (e mi scuso ovviamente per il termine utilizzato), volle che la cattura di due mafiosi di primaria importanza avvenisse proprio il giorno del No Berlusconi day. Provocando, una volta tanto (e si capisce il perch), sommo gaudio a destra, come hanno enfaticamente e stucchevolmente evidenziato tutti i media di quella parte. Io non oso pensare, in proposito (qualcuno invece s, immagino), ad un arresto con tempi "ad orologeria", giusto come i berluscones definiscono ogni volta gli interventi della magistratura verso il capo del governo. Volevo per segnalarti in particolare quanto segue: dopo lo Spatuzza day, un fondo di Sergio Romano sul Corriere della sera, che mi pare rispecchi l'opinione anche dei suoi augusti colleghi di testata, ha confermato una volta di pi che quegli opinionisti non vogliono rassegnarsi a quella che, per me, una semplice evidenza: questo paese non torner a essere normale finch sulla piazza politica rester l'uomo di Arcore (... e di altre localit). Un soggetto apparso sin dall'inizio, a commentatori stranieri non certo accecati da pregiudizi ideologici (mentre i nostri succitati chiudevano semplicemente gli occhi), del tutto inadatto, per mille ragioni, a governare, e che dunque sarebbe stato bene contrastare (sul piano della cultura politica) anche da parte dei saggi di questo paese, come credo si ritengano i nostri Panebianco, Ostellino, Galli della Loggia, Romano, Franco, eccetera. A riguardo della giustizia (lei motiv dell'era berlusconiana), il Romano fa poi paragoni con altre situazioni e altri personaggi pubblici stranieri che non hanno alcun senso: in nessun paese civile un uomo politico accusato, tra l'altro, dell'odiosissimo reato di corruzione in atti giudiziari, un'accusa che ha gi prodotto una prima sentenza di condanna del "corrotto", resisterebbe al suo posto un minuto di pi. Le pressioni ad andarsene arriverebbero, innanzitutto, proprio dalla stampa indipendente. Invece, i grandi giornalisti del quotidiano milanese ci invitano ogni giorno, da anni, a un sano realismo politico. Provo una volta, nel mio piccolo, ad accogliere questo invito, toccando un punto specifico: con una qualche formula, consentiamo pure (ahim) al presidente del Consiglio, stante l'eccezionalit del caso, di evitare i processi sino al termine del suo attuale mandato. Ma non permettiamogli in alcun modo di ricandidarsi, subito dopo, alla stessa carica! Ci detto, taluno pensa davvero che il premier accetterebbe questa soluzione? Non credo proprio, e temo che gli stessi sopra evocati giornalisti del superquotidiano nazionale verrebbero a raccontarci che si tratterebbe di

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una soluzione troppo giacobina, o comunque inaccettabile perch contraria alla volont del popolo. In chiusura: l'esigenza di profonde, pi complessive riforme istituzionali,

evidente, e comprendo, in proposito, le sollecitazioni dei riformisti riformisti del PD, compreso lo stimato direttore di questo giornale, ad accettare l'ipotesi di una collaborazio-

ne, sul tema, con la maggioranza. Ma se le finalit dei berlusconiani, in materia, sono del tutto divergenti dalle nostre, che senso ha?

RUBRICHE
MUSICA
Questa rubrica curata da Paolo Viola rubriche@arcipelagomilano.org

MUSICA E TELEVISIONE
Diavolo di un conduttore, come abbia fatto a infilarla nel famigerato palinsesto della Rai in prima serata, a ottenere tutte quelle presenze sul suo palcoscenico, a gestirle con tanta disinvoltura e sopratutto - a dispetto della scarsissima popolarit dellargomento - ad avere tanto successo, quasi incomprensibile. Parliamo, ovviamente di quella Una notte allopera che Rai 3 ha mandato in onda gioved scorso come speciale di Che tempo che fa e che, cogliendo loccasione della prima scaligera della Carmen (la trasmissione stata registrata nelle ore precedenti lanteprima a teatro), ha visto - come ormai tutti sanno - Claudio Abbado, Daniel Barenboim e Maurizio Pollini insieme come fossero a cena tra amici. Passi per Barenboim, che ogni tanto compare sui teleschermi e parla e scrive volentieri, ma quante volte si sono sentite prima dora parole - e non solo note - da Abbado o da Pollini? Se quelle presenze hanno rappresentato laspetto mondano e spettacolare - di cui in questi giorni si gi detto e scritto tutto - la trasmissione di Fazio ha proposto alcune riflessioni sulle quali ci piace soffermarci. La musica, ha detto Barenboim, d forza, allegria e senso alla vita, ride e piange insieme, un concentrato di sentimenti anche molto contraddittori fra loro, proprio come avviene nellanimo umano; Lissner ha sostenuto con forza che la cultura il cemento della societ, senza cultura non c vera societ; Pollini ha dichiarato che larte ha per la societ il valore che il sogno ha per lindividuo, possiamo non ricordare e ignorare i sogni ma non possiamo fare ameno di sognare; Abbado stato pi ai fatti, ha illustrato con i grafici di Renzo Piano il suo cachet scaligero da 90.000 alberi, ha raccontato con immagini indimenticabili quello che Abreu sta facendo in Venezuela istruendo e facendo suonare in orchestra 350.000 (avete letto bene, trecentocinquantamila!) ragazzi e bambini di strada - e ha detto di sognare che qualcosa del genere possa accadere anche da noi. La straordinariet dellevento tutta qui, nella follia di discutere di questi temi mentre a reti sostanzialmente unificate andavano in onda ovunque quiz e balletti vari. E stata straordinaria, per esempio, la spiegazione del rapporto fra il direttore e lorchestra, rapporto misterioso e ignoto ai pi, illustrato da Barenboim con grande semplicit e immediatezza insieme a un inusuale elogio dellorchestra (cera mezza Filarmonica della Scala che, prima di scappar via per raggiungere in tempo la buca del teatro, ha eseguito - si direbbe con affetto - i preludi della Carmen con Barenboim e poi a sorpresa il Rond del terzo concerto di Beethoven diretto dal fondatore di quellorchestra che non vedeva da ventitre anni!); magnifico sentir dire da Pollini che la musica una forma di comunicazione non razionale, dunque alternativa a quella verbale, e che per comunicare compiutamente fra noi abbiamo assoluta necessit di usare entrambi i mezzi di espressione; e Abbado dimostrare come in certi momenti si dirige anche solo con lo sguardo, che spesso sufficiente per trasmettere le emozioni necessarie a fondere le intenzioni dei singoli musicisti e cos creare il suono dellorchestra. Pollini, cui Fazio ha chiesto perch non ci piace la musica colta contemporanea mentre vediamo volentieri larte figurativa di oggi, o se per caso la musica moderna non sia quella leggera (con il sottinteso corollario che laltra, quella classica, appartiene al passato), ha dato una risposta che forse non ci trova tutti concordi ma sulla quale c ancora molto da ragionare; la musica colta, ha detto, figlia di unevoluzione logica e continua del linguaggio musicale - da Bach a Boulez - e per apprezzarla occorre prima assimilarne il linguaggio, mentre la musica cosiddetta leggera ha origini totalmente diverse, ha seguito e segue altri percorsi, e parla direttamente alla nostra pancia. Non cerano solo loro, arrivato sulla fine anche Jovanotti che ha fatto una considerazione intrigante: la musica classica bisogna studiarla, serve una scuola, servono i maestri, comporta necessariamente fatica e sacrifici, mentre quella leggera simpara tra amici, siamo tutti un po autodidatti (ma qualcuno, aggiungiamo noi, ci mette anche un grande lavoro e talvolta anche del genio). Insomma una serata di grande intelligenza che - a giudicare dalleco sui

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giornali - ha avuto un pubblico vastissimo, ha raccolto intorno al video intellettuali e appassionati, scettici e snob, curiosi e intenditori, ma soprattutto gente senza pregiudizi con la voglia di conoscere, capire, sapere, avvicinare questi inavvicinabili personaggi (sono i pi grandi direttori e pianisti del mondo!) ed entrare nel mondo magico della grande musica. Soprattutto una pagina di grande televisione, che ci vien voglia di dire

molto milanese (tutta giocata fra corso Sempione e piazza della Scala), che ha saputo cogliere unoccasione mondana e una situazione gi in s fortemente mediatica per avvicinare alla musica, ai piani pi alti della musica, il pubblico meno avvezzo e normalmente separato dagli intrattenimenti e dagli spettacoli di grande spessore culturale (in particolare quando si tratta di musica classica!).

La riprova di ci stata la grande amplificazione che ne hanno dato, prima e dopo, tutti i grandi giornali sui quali i critici - sia televisivi che musicali hanno tentato di spiegare il senso dellevento e unanimemente chiesto che sia da esempio per il rinnovamento della nostra sciagurata televisione; e noi, ovviamente, ci uniamo al coro.

ARTE
Questa rubrica curata da Armanda Motta rubriche@arcipelagomilano.org

Le celebrazioni per il bicentenario di Brera, che stanno scandendo il 2009, sono anche occasione per ricordare un capitolo meno noto, ma ricco di significato per la Pinacoteca milanese. una mostra fotografica a rievocare gli anni della guerra e il ruolo esercitato da Brera. Una storia tutta incentrata sulle attivit di protezione e tutela delle opere della collezione durante le due guerre mondiali e che ha visto i suoi eroi funzionari e personale della Pinacoteca, ma anche semplici cittadini attivarsi per trasportare e nascondere pezzi fondamentali del nostro patrimonio artistico in luoghi sicuri e disponibili, dal caveau della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde ai sotterranei del Castello Sforzesco, dalla villa Fenaroli a Seniga dOglio a Villa Marini Clarelli vicino a Perugia. Un lavoro di protezione documentato con le fotografie della Soprintendenza e dalle immagini scattate da privati cittadini incuriositi da quegli strani traslochi di casse dalla Pinacoteca. Immagini pi tranquille quelle tra il 1915 e il 1918 con il fronte lontano, decisamente pi drammatiche le foto dellultima guerra con i bombardamenti dellagosto 43 che incendiarono tutte le sale e fecero crollare i tetti esponendo le-dificio per molti anni alle intemperie. Brera e la Guerra. Pinacoteca di Brera, via Brera 28, Sala XV ora-

rio: 8.30/19.15, chiuso luned (la biglietteria chiude 45 minuti prima). Fino al 21 marzo. la prima grande mostra che Milano dedica a Edward Hopper (18821967), esponente di punta del Realismo statunitense. Oltre 160 opere, provenienti per lo pi dal Whitney Museum di New York, depositario di tutta leredit di Hopper, ma anche dal Brooklyn Museum of Art, dal Newark Museum of Art, dal Terra Foundation for American Art di Chicago e dal Columbus Museum of Art. A cura di Carter Foster, conservatore del Whitney che ha concesso per loccasione il nucleo pi consistente di opere, la rassegna ripercorre lintero iter creativo dellartista morto ottanta-cinquenne nel 67, dopo averci lasciato le immagini pi vere della middle class e della provincia americana. Dagli anni della formazione accademica a Parigi al pi celebrato periodo classico degli anni 30-50, fino alle grandi e intense immagini degli ultimi anni. Riesaminando tutte le tecniche care a Hopper: lolio, lacquerello e lincisione, ma anche e soprattutto il disegno. Ai disegni preparatori il maestro affidava la prima idea del dipinto: un aspetto finora trascurato, che emerge chiaro in questa rassegna. Edward Hopper. Palazzo Reale orario: tutti i giorni 9.30/19.30, ec-

cetto luned 14.30/19.30 e gioved 9.30/22. Fino al 24 gennaio. Dopo Enzo Cucchi approda alla Triennale Bovisa Sandro Chia, artista di fama internazionale e noto esponente della Transa-vanguardia. La formula, gi collaudata con Cucchi, della mostra-laboratorio interattiva di Atelier Bovisa prevede espo-sizione di opere e workshop ai quali sar presente lo stesso Chia, insieme al curatore della mostra, Maurizio Vanni. Ecco allora un percorso completo dalle opere alla storia, alle parole che aiuter il visitatore a meglio comprendere la vicenda della-rtista toscano: da La supercacciata dallEden ai cinque grandi dipinti a olio realizzati appositamente per questa mostra, da cinque video installazioni studiate in modo da restituire al visitatore latmosfera dellatelier a unu-lteriore installazione-parete con oltre settanta disegni, un racconto minore inedito, unautobiografia per immagini, oltre a disegni che rinviano ad aneddoti, pensieri e vicende esistenziali. Il prossimo workshop, il 1 dicembre, subito dopo avere affrontato Limportanza del marketing nella cultura contemporanea, si sofferma su Il cuore delle cose. Larte contemporanea e i cinque sensi. Seguir il 12 gennaio Eros e Logos. Creativit

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neuroestetica e lemisfero destro del nostro cervello. Sandro Chia. Triennale Bovisa, via Lambruschini 31 - orario: marteddomenica 11/21, gioved 11/23. Fino al 15 gennaio. Quali sono le frontiere della riproducibilit del corpo umano, sia sotto il profilo della rappresentazione che ne stata data nelle arti, ma anche e soprattutto nella scienza e nella tecnologia? Dagli automi ai robot in senso stretto, materia di questa mostra che affronta in modo originale un tema non tra i meno frequentati. Lo fa ripartendo il percorso in due sezioni. Quella allestita a Villa Ciani rievoca la storia degli automi a partire dalla Grecia classica fino ai nostri giorni, includendo androidi e robot della pi avanzata tecnologia. La sezione ordinata al Museo dArte un excursus attraverso le principali correnti della storia dellarte del 900, esplicitando i mutamenti introdotti da un rapporto uomo-macchina radicalmente diverso rispetto al passato. Ci sono opere Dada, Futuriste, Surrealiste, legate alla tradizione del Bauhaus, accanto alle macchine di Tinguely e Munari, e a opere di artisti quali Agnetti, Nam June Paik, Louise Bourgeois, Rebecca Horn e altri. Corpo, automi, robot. Tra arte, scienza e tecnologia. Lugano, Museo dArte, Riva Caccia 5 e Villa Ciani, Parco civico orario: marteddomenica e 28 dicembre 10/18; 24 dicembre 10/16; 1 gennaio 14/18; chiuso luned e 25-26 dicembre. Fino al 21 febbraio. Un centinaio di opere di grandi e grandissime dimensioni, la rassegna, a cura di Marco Meneguzzo che inaugura la nuova stagione espositiva al Serrone rievocando anni che portarono a un radicale mutamento nel concetto di Arte, con la cosiddetta fine delle avanguardie, con la riscoperta della pittura, e con il grande cambiamento dellintero sistema artistico. Dalla Transavanguardia italiana ai Nuovi Selvaggi tedeschi, dai graffitisti statunitensi alla Young British Sculpture, dagli Anacronisti ancora italiani alla Figuration Libre francese: circa 50 artisti - da Mario

Schifano a Mimmo Paladino, da Francesco Clemente a Luigi Ontani, da Georg Baselitz a Markus Lupertz, da Anselm Kiefer a Helmut Middendorf, da Keith Haring a Jean Michel Basquiat, da Peter Halley a Julian Schnabel, da Miqurel Barcel a Anish Kapoor a Tony Cragg aiuteranno a comprendere quel discusso periodo e l'esplosione di vitalit che fu alla base dell'espressivit pi autentica e immediata. Gli anni 80. Il trionfo della pittura. Da Schifano a Basquiat. Serrone della Villa Reale di Monza, e allArengario - orario: tutti i giorni, tranne il luned, 10/18. Fino al 14 febbraio. Approda per la prima volta in Italia una selezione di una cinquantina di opere dellimportante collezione di pittura spagnola dellErmitage: le tele pi belle del XVI e del XVII secolo con i grandi protagonisti della scena artistica internazionale, come Velzquez, Murillo, Ribera, Zurbaran, oltre ad alcune opere scelte di autori dindubitabile valore, quali Antonio de Pereda e Francisco Ribalta. I primi capolavori spagnoli arrivarono in Russia grazie a Caterina II: tra questi figurano in mostra La preparazione dei dolci, un dipinto ritenuto per lungo tempo di mano di un artista fiammingo e, solo recentemente, attribuito a Bartolom Esteban Murillo, lImmacolata Concezione di Murillo o ancora la tela dimpronta caravaggesca, ma con evidenti riflessi della scuola veneziana, raffigurante La morte di San Giuseppe. Da Velzquez a Murillo - Il Secolo doro della pittura spagnola nelle collezioni dellErmitage. Pavia, Castello Visconteo - orario: martedvenerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/20; luned dalle 10 alle 13 e dal marted al venerd dalle 13 alle 15 solo su prenotazione per gruppi e scolaresche, minimo 30 persone. Fino al 17 gennaio. Ancora Giappone a Palazzo Reale, ma non il Giappone dei Samurai, bens limmagine di unesistenza lieve e appagante veicolata dallukiyo-

e, Una delle espressioni pi significative di quella corrente pittorica furono certamente le Shunga, termine giapponese che allude alle immagini della primavera, opere a soggetto erotico, create con la tecnica della xilografia policroma, la cui massima fioritura fu tra il 1603 e il 1867. Le shunga furono parte primaria della produzione dei pi importanti artisti del tempo, come Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai, tutti presenti in mostra con 100 opere, 30 libri originali e alcuni preziosissimi Kimono. Ma le apprezzarono molto anche i contemporanei, sia come stampe, sia come illustrazioni per romanzi erotici e per manuali destinati alleducazione delle cortigiane e delle giovani spose. Considerate per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro indubbio valore artistico, le shunga sono state oggi rivalutate come espressione alta della cultura giapponese, nonch specchio raffinato dei costumi dellepoca, ma anche come uno dei vertici dell'espressione dell'eros nell'arte. Shunga. Arte ed eros in Giappone nel periodo Edo. Palazzo Reale orario: 9.30/19.30, luned 14.39/19.30, gioved 9.30/22.30. Fino al 31 gennaio.

I rapporti tra America e Italia nel periodo compreso tra la fine della seconda guerra mondiale e larrivo in massa della Pop Art a met anni 60. Non solo non mancarono, ma furono intensi, continui e biunivoci, senza alcun senso di sudditanza culturale, tipico invece dei decenni successivi. Un bel modo di investire nel mercato dellarte, facendo di ogni mostra unoccasione per accedere a nuove acquisizioni. A cura di Marco Meneguzzo, questa esposizione dedicata a quegli artisti che dalle due sponde dellOceano e con motivazioni differenti, hanno cercato radici e modi espressivi in due ambiti culturali differenti. Trenta le opere in mostra, scoperte in collezioni private o di Fondazioni, e tutte realizzate tra il 1945 e il 1963. Dai grandi protagonisti di quella stagione, agli artisti mi-

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nori, ma non meno interessanti: Afro, Burri, Cagli, Consagra, Donati, Dorazio, Marca Relli, Marini, Nivola, Arnaldo Pomodoro, Savelli, Scarpitta, Scialoja, Twombly e non solo. Italo-Americani - Arte tra USA e Italia dalla ricostruzione al boom. Galleria Fonte dAbisso, via del Carmine 7 - orario: marted-sabato 10.30/13.30 e 15/19). Fino al 21 gennaio. Impeto e poesia non facevano mai difetto alle sue tele a tema storico, quelle che gli valsero le pi rosee previsioni da parte di Francesco Hayez alle Esposizioni di Brera e, sebbene si chiamasse Pasquale Massacra fu la vita a fuggire da lui, privandolo del tempo necessario a dimostrare il proprio talento: mor appena trentenne, vittima assai prematura dei suoi ideali antiaustriaci. La mostra a Pavia, a cura di Susanna Zatti, un risarcimento alla memoria di questo illustre cittadino pavese (1819-1849). Massacra stato un artista pienamente calato nel clima romantico, interprete sensibile e innovativo della pittura di storia, guardando immancabilmente a Francesco Hayez, ma muovendosi gi in una direzione che sar condivisa da Domenico Morelli

e Federico Faruffini. Sono 60 le opere selezionate, nel segno di una forte carica emotiva, ma anche della capacit di fare riflettere sul significato profondo dellepisodio trattato. Impeto e Poesia. Pasquale Massacra pittore romantico tra storia e mito. Pavia, Scuderie del Castello Visconteo, viale XI Febbraio 35 orario: marted-venerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/13 e 15/19. Fino al 13 dicembre. Larchitetto americano Frank O. Gehry al centro di una mostra curata da Germano Celant, nellambito di Triennale Architettura. Una rassegna che prende in esame solo lattivit svolta tra il 1997 e i giorni nostri, perch solo da allora Gehry diventato Gehry. Non che prima non lo fosse basta pensare alla Dancing House di Praga ma il nome dellarchitetto americano risuona da che la sua mente ha partorito il Guggenheim Museum di Bilbao, come Athena generata dalla testa di Zeus. Una rivoluzione non solo per la citt basca che improvvisamente si ritrovata al centro di veri e propri pellegrinaggi come il Santuario di Fatima, ma anche e soprattutto dal punto

di vista dellesplosivo linguaggio architettonico adottato, della complessit delle tecniche costruttive, dellinedito e sgargiante rivestimento in titanio. La rassegna stata realizzata con la diretta collaborazione dellarchitetto che ha scelto i progetti da esporre, molti dei quali inediti e selezionati anche in unottica di pi stretto legame con il territorio, che per Gehry non sembra essere stata una priorit. Dunque, disegni autografi, disegni di studio, elaborazioni in 3D, modelli e fotografie del DZ Bank Building di Berlino, dellInteractive Corporation Headquarter di New York (2003-2007), dellArt Gallery of Ontario, del Guggenheim di Abu Dhabi, la cui progettazione cominciata tra il 2005 e il 2006, ma anche di edifici gi realizzati come il Walt Disney Concert Hall di Los Angeles, la Corcoran Gallery di Washington DC (19992005), il complesso abitativo di Beekman Street a New York (20032009). Frank O. Gehry dal 1997. Triennale. Viale Alemagna 6 orario: 10.30/20.30, gioved fino alle 23, chiuso luned. Fino al 10 gennaio.

TEATRO
Questa rubrica curata da Guendalina Murroni rubriche@arcipelagomilano.org

DANCE, DANCE, DANCE.


Settimana di danza al CRT Teatro dellArte che dal 2 al 5 dicembre ha organizzato un festival internazionale per la nuova danza chiamato Short Formats. Ogni giorno nuovi gruppi di danza hanno messo in scena corti che variavano dai quindici ai trenta minuti. Tra i personaggi pi noti, Emio Greco e Pieter C. Scholten hanno presentato una coreografia tratta da un loro precedente lavoro HELL e lhanno trasformato in Double Points: HELL, dove linterprete principale si confrontava con la sua ombra, il suo alter ego. Questo studio fa parte della Double Points Series ovvero una serie di sketch che partono da una ricerca e studio sul confronto tra corpo e influenze esterne. Oltre agli spettacoli il CRT ha proposto eventi, incontri e laboratori a tema danza e organizzato serate con Dj set dalle undici in poi per ogni data. Un altro teatro che ha visto in scena danzatori di diverse nazionalit il Teatro Franco Parenti con I prodotti, uno spettacolo che ha visto coinvolti Balletto Civile, Artificio 23 e gli Afro Jungle Jeegs, arrivati dal Kenya per mostrare la loro potenza acrobatica. Lo spettacolo parla di sto

rie diverse tenute assieme da un filo, ossia la storia di una papera che vaga persa per il mare e da Kiguiza Baridii che in lingua Kswailii significa freddo dentro, il freddo che ognuno sente vivendo diverse esperienze, come quella raccontata da un ragazzo sul palco, ricordando di essere scap-

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pato da un gruppo di uomini che malmenando una ragazza. Il Franco Parenti ospiter nuovamente uno spettacolo di teatro danza, Piotr e le stelle di Tut di Simone Sandroni e Pietro Micci dal 9 al 13 dicembre. Seguire teatro danza fondamentale per gli elementi di innovazione che porta con s, lontano dal concetto di danza come balletto classico. Oltre ad avere un rapporto specifico con la drammaturgia, nuova, non parlata, la danza contemporanea ha sempre uno sguardo rivolto alla modernit, allattuale, con il suo linguaggio universale dove il corpo a essere il personaggio che racconta.

Un occhio di riguardo va alla Compagnia BabyGang che ha appena pubblicato un bando per un laborato rio sul Teatro Popolare. Sar tenuto dagli attori della compagnia e da Paolo Rossi, si svolger dal 5 al 14 Febbraio 2010 presso lo spazio MIL di Sesto San Giovanni, sede delle attivit del progetto PUL- Compagnie in residenza, nato in collaborazione con il TIEFFE e il Progetto ETRE della Fondazione Cariplo. Per partecipare: http://www.babygang.org/imm agini/BandoMil.pdf e per ulteriori informazioni sulla compagnia www.babygang.org

QUALCHE SUGGERIMENTO IN PI: Palacio del fin, di Marco Carniti dall11 al 13 dicembre al Teatro Studio. Lo spettacolo riprende fatti di cronaca sulla guerra in Iraq direttamente dai giornali. Lait, di Magdalena Barile con la regia di Renzo Martinelli, dal 14 dicembre al Teatro i.

CINEMA Questa rubrica curata da Simone Mancuso


del suo stile di vita. E attraverso questo processo che escono le migliori fasi del film. Dal rapporto tra Valentino ed il suo compagno, che si fa strada attraverso lego dellimpera-tore, piuttosto che le debolezze caratteriali, ma anche fisiche(be-llissima la scena in cui il compagno, per dispetto, gli dice di tirar dentro la pancia). Insomma un film che,invece di svilupparsi in maniera anonima celebrando la grandezza dellim-peratore, ne svela quegli elementi che lo rendono umano e non scelto da Dio. Nemico pubblico di Michael Mann Non si ferma pi Michael Mann. Gli anni duemila per lui sono stati all'insegna dello stile e dell'esercizio di esso. Partendo con Al del 2001 per poi proseguire con il magnifico, e secondo me suo miglior film, Collateral, fino ad arrivare all'esercizio puro dello stile con gli ultimi due, Miami Vice e Nemico Pubblico. Quest'ultimo, parte da una scelta estetica legata alla bella fotografia del nostro Dante Spinotti. La scelta di

Valentino:The Last Emperor di Matt Tyrnauer Interessante questaopera prima di Matt Tyrnauer , che realizza un documentario su di un personaggio non facile da descrivere. Lo fa prendendo spunto dal cinema tutto, nei suoi vari elementi. A livello registico sfruttando lon-data Moore e facendo proprio uno stile non facile neanche da imitare. A livello musicale citando e sfruttando il cinema felliniano e le meravigliose musiche di Nino Rota, in alcune scene perfette e soprattutto accostate in maniera pregevole ad alcuni personaggi, come il capo delle sarte,una verace signora romana, che avrebbe scritturato anche lo stesso Fellini. Tutto questo confezionato quasi come un film indipendente, al contrario di quello che si possa pensare, anche grazie alla buona fotografia di Tom Hurwitz. C un aspetto che viene considerato ma che forse poteva essere sviluppato di pi, ossia, il cercare di descrivere luomo Valentino Garavani attraverso la descrizione dellimperatore e

usare l'alta definizione, e la macchina da presa che segue e si sposta come gli attori, per riprendere ambienti ed ambientazioni degli anni trenta, accostando la realt di un'epoca antica, alla modalit di visione realista del contemporaneo. Questa scelta di campo, provoca un iperrealismo, come se, invece di descrivere il passato, M. volesse trasportare il pubblico nel presente delle azioni filmiche. Ci che sta accadendo sullo schermo, sono fatti reali del contemporaneo, e non un racconto atemporale del passato. A memoria non ricordo nessun altro film, che descriva con una tecnica di regia simile, abbinata all'alta definizione, una sceneggiatura ambientata e scenografata nel passato. A dir la verit una premessa di questo tipo era gi stata fatta, nel precedente Miami Vice, dove per, essendo una sceneggiatura basata su di un telefilm, le ambientazioni si riferiscono ad un passato filmico pi che reale. Una menzione speciale, anche se ormai ormai bisognerebbe farla per

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quasi tutti i film che interpreta, va a Johnny Depp, alla sua immensa capacit attoriale. La sua bravura una di quelle che potrebbe fare grandi i film mediocri(non questo il caso). E poi , come i film di M., uno che mette d'accordo tutti.

Anche questa volta M. riesce a non deludere, dimostrando di essere uno dei pi abili confezionatori di prodotti estetici per la grande Hollywood che ci siano. I suoi film sono l'esempio di come si possano coniugare, bellezza estetica con esigenze produttive e per blo-

ckbusters. Il risultato sono film dalla qualit cinematografica eccezionale, proprio per questo motivo di congiunzione fra esigenze differenti: il film che piace alla critica ed ai cinefili e che fa un sacco di soldi ai botteghini. Ce ne fossero di film commerciali cos!

gallery

YOUTUBE ERMANNO OLMI: LA CULTURA A MILANO

http://www.youtube.com/watch?v=2c2gsdCo-Lk

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