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La discriminazione razziale Donata Gottardi

1. Considerazioni preliminari. - 2. La direttiva e la sua trasposizione nellordinamento interno. - 3. Il problema delleffettivit. - 4. Il versante promozionale: le azioni positive. - 5. Le discriminazioni doppie e/o multiple. - 6. La difficile parit di trattamento nellaccesso al lavoro. - 7. I diritti e la diversa condizione giuridica dello straniero presente sul territorio. - 8. Quale futuro?

1. Considerazioni preliminari Il tema delle discriminazioni di razza o origine etnica1 va connesso ai fenomeni che ne stanno alla base: le imponenti migrazioni in Europa di cittadini provenienti da paesi terzi alla ricerca di migliori condizioni di vita, ma anche la crescente globalizzazione delle economie e dei mercati, cos come la situazione mondiale dopo lattentato dell11 settembre 2001 negli Stati uniti dAmerica, con i pericoli di radicalizzazione di quello che stato impropriamente e alternativamente definito scontro di civilt o lotta tra religioni come se potessero essere termini equivalenti , che tende a riportarci indietro di secoli nella storia. Questo ampliamento di prospettiva, doveroso dal punto di vista teorico, finisce per assemblare componenti diverse, che vanno invece tenute ben distinte, a maggior ragione dopo che lUnione europea si estesa a 25 e da gennaio 2007 a 27 Paesi membri. Si va, infatti, dalla discriminazione impastata di odio razziale nei confronti di alcune popolazioni migranti a quella nei confronti di alcune minoranze etniche storicamente insediate in un determinato Paese o in una determinata area2. Ci si occupa di accesso ai diritti, risalendo fino a quello di cittadinanza, una parte solo dei quali correlata al lavoro e alloccupazione e si ammettono e accettano lesioni al principio della parit di trattamento. Ci si trova in presenza, simultaneamente, di xenofobia, discriminazione

Ancora una volta mi pare doverosa la precisazione della utilizzazione di questi termini per assenza di alternativa, condividendo la posizione di quanti negano la presenza di razze umane distinte, secondo quanto ricordato anche in uno dei considerando della direttiva n. 43/2000 (cos nella prima nota al mio scritto Dalle discriminazioni di genere alle discriminazioni doppie o sovrapposte: le transizioni, in GDLRI, n. 99/100, 2003, 447). Il sesto considerando precisa, infatti, che vietare la discriminazione razziale non implica accettare le teorie che tentano di dimostrare lesistenza di razze umane distinte.
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Attenzione particolare viene dedicata sempre di pi, anche nei documenti di fonte comunitaria, alla situazione dei Rom, delicata in ogni Paese dellUnione oltre che in Romania. Cfr. L. FARKAS, A good way to Equality: Roma seeking judicial protection against discrimination in Europe, in European Anti-Discrimination law Review, n. 3, 2006, 21. I casi di discriminazione per razza o origine etnica decisi dalla Corte europea dei diritti umani riguardano, nella maggior parte dei casi, discriminazioni subite da ROM, cos come i casi decisi da tribunali nazionali. Il Libro verde del 2004 rileva come i rom siano la minoranza etnica numericamente pi importante dellUnione europea allargata e che continueranno ad essere esposti a situazioni di esclusione e di discriminazione in vari Stati membri, vecchi e nuovi (p. 14). Nei confronti dei Rom diventa sufficientemente chiaro il meccanismo di chiusura e di esclusione che si appalesa ben prima di una verifica sulla parit di trattamento. Oltre ai Rom, controversie sono segnalate in numerosi Stati membri, tra cui, ad esempio, Cipro, in riferimento ai diversi premi di assicurazione previsti per i greco-ciprioti e per i non ciprioti.

ed emarginazione3 e, mentre ci si occupa di discriminazioni di razza e al fondo ci si accorge di ritrovarsi nellambito della discriminazione per motivi religiosi. Ulteriori complicazioni derivano dalle diverse possibilit di incidenza della normativa di rango comunitario: mentre lambito delle discriminazioni addirittura assurto a fulcro della produzione di nuove direttive (ben cinque negli ultimi anni, di cui due nel 2000, come vedremo), solo recentemente il tema delle migrazioni viene o, meglio, pu essere affrontato e solo per alcuni aspetti oltrepassando le frontiere e, quindi, le regolamentazioni nazionali dei singoli Paesi membri. Si possono cos osservare numerosi aspetti di mancato coordinamento, compreso quello tra organismi preposti alle discriminazioni e organismi preposti al monitoraggio e al controllo dei fenomeni migratori. Quando poi si affrontano questi fenomeni, va considerata la forbice tra migrazioni regolari e migrazioni clandestine, ben sapendo che spesso, in particolare nel nostro Paese, le seconde sono il transito per le prime. Solo le seconde, peraltro, toccano i profili penalistici e il dramma della tratta di persone, ma ancora una volta lespressione immigrazione clandestina descrive fenomeni diversi, sia di ingresso con documenti falsi o contraffatti o con laiuto di reti criminali, sia di permanenza illegale con ingresso legale4. Purtroppo, spesso, dalla lettura dei testi e dei documenti si trae limpressione che razzismo e xenofobia siano manifestazioni collegate prevalentemente alle immigrazioni clandestine, accomunate alla criminalit, non solo quella degli organizzatori della tratta ma anche degli stessi clandestini, considerati autori principali di furti, aggressioni e omicidi; cos come sembra accreditata lopinione secondo cui le discriminazioni finiscano per diventare manifestazioni successive, in qualche modo connesse solo alle difficolt di esercitare i diritti da parte di chi ne sia gi diventato titolare (ma su questo torneremo, per quanto possibile, infra). Potremmo avanzare lipotesi che questa impostazione derivi dallessere razza o origine etnica la seconda linea di azione per lUnione europea, inizialmente interessata solo alle discriminazioni di genere, cos come ormai unanimemente riconosciuto. Nel Libro verde su Uguaglianza e non discriminazione nellUnione europea allargata5, si afferma che la Comunit europea ha deciso di combattere altre forme di discriminazione a partire dallesperienza acquisita nella lotta alla discriminazione sessuale6, con un processo che culminato nella nuova formulazione dellarticolo 13 del Trattato CE a seguito del Trattato di Amsterdam. E indubbio, quindi, come si gi avuto modo di affermare, che la peculiarit europea e nazionale che si partiti dalla tutela antidiscriminatoria di genere per arrivare a quella di razza/origine etnica, cammino inverso rispetto a quello seguito nelle fonti internazionali e nei paesi da cui abbiamo attinto il modello, in cui si partiti dalla tutela antidiscriminatoria di razza per arrivare a quella di
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Nella Risoluzione del Parlamento europeo sulla protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione nellEuropa allargata dell8 giugno 2005 (GU del 25 maggio 2006), nel primo punto si rileva che vi differenza tra la protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione. In questo documento contenuta anche una utile segnalazione della necessit di distinguere tra cittadini dellUnione europea che sono immigrati di seconda, terza e quarta generazione e che appartengono ad una minoranza etnica stanziale, cos come tra minoranze di origine migratoria recente e minoranze nazionali ed etniche tradizionali che sono autoctone nel territorio in cui vivono.
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Si veda la Comunicazione della Commissione riguardante le priorit politiche nella lotta contro limmigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi, del 19 luglio 2006, COM (2006) 402.
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Pubblicato sulla Gu dellUnione europea il 22 marzo 2005.

(p. 5). La direttiva sul divieto di discriminazione per razza o origine etnica, cos come la successiva sul divieto di discriminazioni altre, trae spunto dalla precedente normativa CEE in materia di parit fra uomini e donne. Molte delle definizioni e dei concetti giuridici utilizzati nelle due direttive sono stati ispirati dalla legislazione sulluguaglianza dei sessi e/o dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea nello stesso ambito. La legislazione successiva in materia di uguaglianza dei sessi nellUnione europea si a sua volta avvalsa delle innovazioni introdotte dalle due suddette direttive (p. 6).

genere, probabilmente a motivo del diverso momento di emersione della tensione sociale sottostante7. Occorre quindi grande attenzione, perch ogni stereotipo semplifica e impedisce di vedere la complessit dei problemi. La stessa tratta di persone, che il fenomeno pi odioso, porta a separare carnefici e vittime, mettendo in secondo piano il diverso livello di consenso e di consapevolezza delle stesse vittime, con una valutazione moralistica che ignora, sotto il profilo strettamente giuridico, gli approdi del diritto antidiscriminatorio sulla indifferenza delle intenzioni. Quando si passa allimmigrazione regolare, a venire in discussione la stessa scala di diritti. Tipico il tema dellaccesso alla cittadinanza e dellesercizio di diritti di voto. Il dibattito aperto anche nel nostro Paese sulla durata del periodo di tempo necessario per lacquisizione della carta di soggiorno, sulle condizioni di accesso e sui diritti che vengono conseguentemente acquisiti, collegato giuridicamente allattuazione della direttiva 2003/109 del Consiglio del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, sembra trascurarne lesistenza per incentrarsi sulla scelta politica. La direttiva, ai nostri fini, presenta aspetti di rilievo in quanto contiene lelenco di diritti che gli Stati membri debbono riconoscere allimmigrato una volta qualificato come soggiornante di lungo periodo, da confrontare, nel nostro Paese, con quelli dellimmigrato regolarmente presente nel territorio. Altro livello di correlazione da realizzare riguarda lintegrazione tra queste misure e politiche e quelle relative allinclusione sociale8, che dovrebbe innanzitutto superare la visione troppo restrittiva secondo la quale tutto finisce per tradursi in corsi di lingua. La questione ha portata ben pi ampia e tocca in radice la rilevanza delle caratteristiche personali ammesse per laccesso alla categoria dello svantaggio sociale9, da cui deriva quello a normative occupazionali che spesso scambiano lavoro con deviazioni, da intendere come riduzioni, dallo standard del contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato. Si ricordi che nellelenco di lavoratori svantaggiati del Regolamento CE 2204/202 sono compresi: lavoratore migrante che si sposti o si sia spostato allinterno della Comunit o divenga residente nella Comunit per assumervi un lavoro e persona appartenente ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilit di ottenere unoccupazione stabile. Anche se efficace pi sul piano della teoria che della pratica attuazione, condivido laffermazione secondo la quale per alcuni fattori di differenza/svantaggio, quali razza o origine etnica (e prima ancora genere), bisogna tenere ferma la barra: il divieto di discriminazione costituisce la base sulla quale costruito lobiettivo della parit di trattamento, la cui realizzazione comporta ladozione di misure specifiche di vantaggio10. Occorre, in particolare, prestare attenzione ai comportamenti, agli atti e alle prassi, cio a quanto costituisce discriminazione e, quindi, ostacolo, a una integrazione rispettosa della diversit. Si legge, in una recente Risoluzione del Parlamento europeo sul punto, che la lotta contro le
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Sia consentito ancora una volta il rinvio a Dalle discriminazioni di genere alle discriminazioni doppie , cit., 453.

Nel Libro verde del 28 maggio 2004 su Uguaglianza e non discriminazione nellUnione europea allargata, si osserva che solo una minoranza di Stati membri crea un nesso esplicito fra misure contro lesclusione sociale e misure contro la discriminazione (p. 20).
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Si rinvia a M. NOVELLA, Nuove tecniche di diritto diseguale e principio di eguaglianza, in LD, 2004, 557 e I lavoratori svantaggiati tra eguaglianza e diritto diseguale, a cura di M. V. BALLESTRERO G.G. BALANDI, Il Mulino, Bologna, 2005.
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Cos M. V. BALLESTRERO, Introduzione, a I lavoratori svantaggiati , cit., secondo la quale linteresse alladeguata rappresentazione non lo stesso per genere e per razza. Nel primo caso ladeguatezza coincide con la parit, perch risponde ad un modello di societ eguale; nel secondo caso adeguatezza vuol dire presenza proporzionata, perch risponde ad un modello di societ inclusiva: se si vuole, eguaglianza nel primo caso; integrazione delle diversit nel secondo (p. 36).

discriminazioni elemento essenziale di qualsivoglia politica di integrazione, essa stessa garante della coesione sociale e strumento indispensabile nella lotta contro lesclusione11. La prima questione da affrontare riguarda la ricognizione delle fonti e, quindi, dello stato della disciplina normativa nel nostro Paese.

2. La direttiva e la sua trasposizione nellordinamento interno La direttiva n. 2000/43/CE, che attua il principio della parit di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dallorigine etnica, la prima di un pacchetto di cinque, che costituiscono la nuova e sempre pi intensa stagione di regolamentazione di livello europeo. Si tratta di direttive denominate di seconda generazione, destinate a coprire lintero arco della tutela dalle discriminazioni12, frutto maturo13 dellimpulso derivato dal Trattato di Amsterdam14. La sua emanazione ha riaperto il fronte normativo nazionale della tutela antidiscriminatoria con ladozione della decretazione di recepimento: il n. 215 del 9 luglio 200315, successivamente modificato dal decreto legislativo n. 256 del 2 agosto 200416, ma anche il 216 di pari data. Il collegamento normativo tra direttiva e decreto(/i) di attuazione , ovviamente, quello che compare anche nella documentazione fornita a livello europeo, ma non la fotografia reale della
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Risoluzione su Una strategia quadro per la non discriminazione e le pari opportunit per tutti del 14 giugno 2006 [P6_TA-PROV (2006) 0261].
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Oltre alla direttiva oggetto di queste note, la direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parit di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; la direttiva 2002/73/CE che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa allattuazione del principio della parit di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda laccesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro; e la direttiva 2004/113/CE che attua il principio della parit di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda laccesso a beni e servizi e la loro fornitura. Da ultimo, la direttiva 2006/54/CE riguardante lattuazione del principio delle pari opportunit e della parit di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego (rifusione).
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E questa la suggestione di F. AMATO, Le nuove direttive comunitarie sul divieto di discriminazione. Riflessioni e prospettive per la realizzazione di una societ multietnica, in LD, n. 1/2003, che ritiene le due direttive del 2000 (le uniche approvato al momento in cui lA. ha scritto larticolo) il risultato delle lotte antiche e recenti e dellintelligenza delle donne e delle loro espressioni associative (p. 128).
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Con il Trattato di Amsterdam stata inserita nel Trattato CE la previsione dellarticolo 13 secondo cui il Consiglio, fatte salve le altre disposizioni del Trattato e nellambito delle competenze conferite, deliberando allunanimit su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, pu prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o lorigine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, let o lorientamento sessuale. Il principio di non discriminazione (art. 13), transitando per la Carta di Nizza (art. 21), entrato nel Trattato Costituzionale europeo. Se ne otterrebbe un ampliamento, dato che larticolo 21 della Carta ha portata pi ampia dellarticolo 13 del Trattato, in quanto menziona ulteriori cause di discriminazione, tra cui il colore della pelle, lorigine sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, lappartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio e la nascita.
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Il 9 luglio 2003 sono stati approvati due decreti legislativi: il primo, il n. 215, in attuazione della direttiva 2000/43/CE e il secondo, il n. 216, in attuazione della direttiva 2000/78/CE, sulla base della delega ricevuta con la legge 1 marzo 2002, n.39 (legge comunitaria per il 2001).
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In dottrina, oltre ai lavori citati nelle note che seguono, cfr. anche P. BONETTI L. MELICA L. CASTELVETRI A CASADONTE, La tutela contro le discriminazioni razziali, etniche e religiose, in Diritto degli stranieri, B. NASCIMBENE, a cura di, Cedam, Padova, 2003 e A. SIMONI, La discriminazione razziale alla vigilia dellattuazione della direttiva 43/2000: considerazioni a partire da alcune recenti pronunce giurisprudenziali, in Dir. imm. citt.,, 2002, n. 4, 81.

situazione giuridica, che ben pi complessa e problematica. Ci si riferisce alla presenza nellordinamento del testo unico immigrazione (decreto legislativo n. 268 del 1998), salvato espressamente nei suoi profili cardine relativi alle discriminazioni proprio dai decreti di recepimento delle direttive nel 2003, che pone evidenti e irrisolti dilemmi di coordinamento 17, la cui analisi peraltro fa emergere discrasie presenti nella stessa normativa di fonte europea. I problemi di coordinamento, nella disciplina nazionale, riguardano lintero spettro delle regole: dalla nozione, allampiezza dei fattori di discriminazione, al campo di applicazione della normativa di tutela, ai rimedi processuali, individuali e collettivi. Questi problemi derivano essenzialmente dal fatto che il testo unico immigrazione (d. lgs. 25 luglio 2998, n. 286) gi conteneva e continua a contenere per due ordini di motivi: non essendo questa parte stata toccata dalla riforma avvenuta con la legge cd. Bossi-Fini del 30 luglio del 2002, n. 18918; per lesplicita salvaguardia effettuata dai decreti delegati n. 215 e n. 216 del 2003 due articoli dedicati al divieto di discriminazione. a) Iniziamo dalle nozioni. Innanzitutto, vi da registrare il cambiamento delle nozioni di discriminazione diretta e indiretta, in dipendenza delle due diverse fonti di regolamentazione, con il risultato che coesiste nellordinamento una pluralit di nozioni: nel testo unico immigrazione quella vecchia, importata dal modello delle discriminazioni di genere, e nel decreto delegato n. 215 del 2003 la nuova, introdotta dalla direttiva sulla discriminazione razziale ed esportata nelle direttive successive, compresa quella di genere. Ad essere precisi, il testo unico immigrazione contiene, a sua volta, due nozioni di discriminazione, sia diretta che indiretta: una prima generale, che accomuna il profilo diretto e quello indiretto, e una seconda, specifica, legata al lavoro subordinato 19. Nel decreto delegato la nozione di discriminazione diretta la letterale traduzione di quanto previsto dalla direttiva, verificandosi quando una persona trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata unaltra in una situazione analoga. Il problema si presenta anche con riferimento alla nozione di discriminazione indiretta. Importando letteralmente il testo della direttiva, il decreto delegato n. 215 del 2003 la qualifica come una posizione di particolare svantaggio rispetto alle altre persone delle persone di una determinata razza o origine etnica. Il testo unico immigrazione, invece, allinterno della disposizione dedicata alle discriminazioni del datore di lavoro e dei suoi preposti, precisa che costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente alladozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa, o ad una cittadinanza. Ancora una volta si tratta dellimportazione dal modello della
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Per una recente, analitica, ricostruzione cfr. P. CHIECO, Frantumazione e ricomposizione delle nozioni di discriminazione, dattil., passim.
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Possiamo parlare di un livello esponenziale di schizofrenia maturata durante la quattordicesima legislatura, con un tentativo di spostare lasse della disciplina in materia di immigrazione verso la chiusura delle frontiere e la limitazione di diritti sociali in particolare, come vedremo, il diritto alla previdenza, allistruzione e allalloggio che avvenuto contemporaneamente al mantenimento, nel 2002, e allaffiancamento, nel 2003, di disposizioni rivolte alla lotta alle discriminazioni e, quindi, al radicamento di diritti.
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Nellarticolo 43, comma 1, si fa riferimento a ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, lascendenza, lorigine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, avente lo scopo o leffetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o lesercizio, in condizioni di parit, dei diritti umani e delle libert fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica. La definizione riprende quella della Convenzione di New York del 1966 contro la discriminazione razziale. Si prosegue nel comma 2, lettera e), con riferimento allambito del lavoro subordinato, precisando che in ogni caso compie atto di discriminazione il datore di lavoro o i suoi preposti i quali compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, a un gruppo etnico o linguistico, a una confessione religiosa, ad una cittadinanza.

discriminazione indiretta di genere cos come presente nellordinamento al tempo dellemanazione del testo unico immigrazione. b) La dissociazione prosegue per quanto riguarda le eccezioni ammesse, ampie e rivolte anche alla discriminazione diretta quelle del decreto di attuazione della direttiva, limitate classicamente alle discriminazioni indirette per il profilo di essenzialit o meno dei requisiti rispetto allo svolgimento dellattivit lavorativa quelle del testo unico immigrazione20. Ci si deve limitare, in questa sede, a rilevare la questione, che ha portata generale, riguardando tutti i fattori di discriminazione previsti dallordinamento, e riguarda altres la correttezza della trasposizione delle direttive europee. Inoltre, nel testo unico ad essere considerati sono solo atti o comportamenti, mentre nel d. lgs. n. 215/2003 si fa riferimento ad un ventaglio ben pi ampio: disposizioni, criteri, prassi, atti, patti o comportamenti. c) Veniamo ora allampiezza dei fattori di discriminazione considerati. Larticolo 43 del testo unico si applica alla discriminazione basata sulla razza, il colore, lascendenza, lorigine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose21; mentre il decreto legislativo n. 215 del 2003 alla discriminazione per razza o origine etnica. Non solo. E tuttora in vigore la legge 25 giugno 1993, n. 205, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, che detta misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa22. Come risulta evidente, non si tratta solo di una pi ristretta o pi ampia gamma di fattori considerati, con conseguenze complesse di coordinamento, ma anche della palese dissociazione tra il contrasto delle discriminazioni e il contrasto della xenofobia, gi segnalato in apertura di queste note. Il d. lgs. 215 del 2003 fa esplicito riferimento ai commi da 1 a 6, 8 e 11 dellarticolo 44 del testo unico immigrazione, ma non interviene ad abrogare i comma non richiamati e su cui sono intervenute modifiche, creando una paradossale situazione di incertezza giuridica.

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Secondo P. CHIECO, p. 11, il problema di coordinamento potrebbe risolversi mediante una lettura disgiuntiva del testo, utilizzando la presenza delle nuove e pi ampie regole sulle esenzioni in articolo successivo a quello in cui la disciplina preesistente viene fatta salva.
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Ci si deve qui solo limitare a segnalare la sovrapposizione di questo fattore di discriminazione nellambito pi generale della razza/origine etnica con la disciplina normativa dedicata a tutti gli altri fattori di discriminazione diversi dal genere e dalla razza/origine etnica in cui la religione espressamente prevista e affiancata da convinzioni personali, handicap, et e orientamento sessuale. Si potrebbe forse parlare di una ulteriore presenza nellordinamento di discriminazione multipla, ordinariamente riconosciuta solo quando a sommarsi genere e razza/origine etnica. Non si dimentichi che nel decreto delegato n. 215 del 2003, nellarticolo introduttivo, nellintrodurre lattenzione alla discriminazione doppia (genere razza, su cui infra), si fa riferimento alla necessit di tener conto dellesistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso.
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Sullodio razziale si segnala, per tutte, la emblematica e articolata decisione del Tribunale di Verona, 2 dicembre 2004, in Dir. imm. citt., 2005, 191, con nota di L. PICOTTI, La discriminazione razziale e la politica: riflessioni su una recente sentenza del tribunale di Verona, ivi, 69, che ha condannato sei rappresentanti veronesi della Lega Nord a sei mesi di reclusione ciascuno per una campagna contro i componenti della comunit Sinti. La base giuridica larticolo 3 della legge n. 645 del 13 ottobre 1975, di attuazione e ratifica della Convenzione di New York contro il razzismo del 7 giugno 1966, cos come modificata dalla legge n. 205 del 1993 (legge Mancino). Lapplicazione di questa normativa rara e probabilmente questo lunico caso conosciuto che riconosce lesistenza di un pregiudizio. Nella nota di commento, lA. segnala lampiezza di analisi e la straordinaria ricchezza di riferimenti bibliografici e dottrinali della sentenza, che ha esaminato il fenomeno del razzismo in unarticolata prospettiva storica, filosofica ed internazionale, prima ancora che giuridico-penale (p. 70). Conclude rilevando come la sentenza soddisfi profonde esigenze civiche, non meno che giuridiche, di riaffermazione delle ragioni del diritto e dei valori fondamentali della democrazia, della tolleranza e del pluralismo, quali sono maturati nella storia della cultura europea ed internazionale della nostra epoca, di fronte alla deriva di posizioni ideologicamente rozze, ma politicamente assai pericolose, in quanto immediatamente orientate a far leva su pregiudizi atavici e pulsioni irrazionali di autodifesa (p. 92).

Merita inoltre sottolineare come nel testo unico immigrazione compaia, tra i fattori per i quali opera il divieto di discriminazione, la origine nazionale oltre che etnica (art. 43) e i motivi nazionali (art. 44), con una esplicita inclusione della nazionalit, al contrario esclusa nella direttiva europea e nel suo recepimento interno. La direttiva, infatti, e ovviamente anche il decreto legislativo di trasposizione escludono dal campo di applicazione le differenze di trattamento basate sulla nazionalit. Tale esclusione appare discutibile, soprattutto tenendo conto della disposizione posta allarticolo 12 del Trattato CE23, che vieta la discriminazione in ragione della nazionalit, con le sole differenziazioni previste nel Trattato stesso e che riguardano lingresso e il soggiorno e non anche, come nella direttiva, qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati (art. 3, 2). E evidente, del resto, che tutti gli stranieri immigrati hanno nazionalit diversa da quella italiana, ma non affatto vero che appartengano a una razza o etnia diversa, cos come, specularmente, vero che nella dizione stranieri vanno ricomprese persone provenienti da paesi a tasso di sviluppo e a tasso di democrazia molto diversi. Queste osservazioni ci riportano a valutare il coordinamento anche a livello di fonti europee. Nel 2001, anno in cui si tenuta a Durban, in Sudafrica, la conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e lintolleranza ad esse connessa, sono state affrontate dallAssemblea generale delle Nazioni Unite tenendo conto del contributo fornito da parte della Commissione europea24, in particolare con ladozione della direttiva n. 43 nel 2000. Ancora pi significativa la Proposta di decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia25, che definisce norme comuni per lottare contro i delitti razziali, ivi compresi lantisemitismo e gli attacchi contro altre minoranze religiose, e in cui si fornisce una definizione in base alla quale sar ritenuta razzista e xenofoba ogni considerazione di razza, colore, ascendenza, religione o credenze, origine nazionale o etnica in quanto fattore determinante dellavversione nei confronti di certe persone. Come si vede, anche a livello europeo, il ventaglio di fattori considerati pi ampio di quanto incorporato nella direttiva appositamente dedicata alle discriminazioni razziali26. E evidente, quindi, che il campo di azione nei confronti del razzismo si estende oltre gli ambiti della direttiva n. 43 del 2000, gi ampliati rispetto al mero riferimento al lavoro, allorientamento e alla formazione professionale, che il tradizionale campo di applicazione delle direttive antidiscriminatorie. Pu bastare ricordare lazione nei confronti del razzismo nel mondo del calcio27, cos come il difficile rapporto tra ordinamenti nellambito del diritto di famiglia, soprattutto quando lordinamento dei Paesi di origine delle straniere e degli stranieri non

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Come ho gi avuto modo di ricordare, si tratta dellultima formulazione modificata di quellarticolo 7 delloriginario Trattato, unica sede in cui, fino alle revisioni pi recenti, compariva, nella parte dedicata ai principi generali, il riferimento a uno specifico divieto di discriminazione, dovendosi attendere fino allallora articolo 119 (ora art. 141 integrato) per incontrare il principio della parit di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici. Il divieto di discriminazione basata sulla nazionalit andrebbe limitato alla libera circolazione dei lavoratori comunitari, nonostante la presenza di uno specifico divieto di discriminazione, fondata sulla nazionalit, fra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda limpiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro (art. 39, 2, del Trattato), in apertura del Titolo III dedicato alla Libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali (cos la nota 26, a pagina 454 e s. di Dalle discriminazioni di genere alle discriminazioni doppie , cit.).
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Comunicazione della Commissione del 1 giugno 2001 [COM (2001) 291]. Pubblicata sulla GU C 75 E del 26 marzo 2002.

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Nella Risoluzione del Parlamento europeo del 14 giugno 2006, cit., sulla Strategia quadro, si ritiene che in quel testo ma in quello e non nella strategia quadro stessa debba essere esplicitamente affronta(ta) lomofobia, lantisemitismo, lislamofobia e altri tipi di fobia o avversione basati sulletnicit, la razza, lorientamento sessuale, la religione o altri motivi irrazionali.
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Si veda la dichiarazione scritta del 30 novembre 2005 di un gruppo di parlamentari europei di diversi gruppi politici.

scindibile dalla legge religiosa vigente negli stessi28; entrambi temi che non possono essere qui affrontati, richiedendo specifico approfondimento. E poi da tener conto della questione dei simboli, che spesso, ma non sempre 29, si intreccia con il fattore religioso. Ovviamente i casi pi noti riguardano labbigliamento islamico (comportamento del singolo, sia pure per ottemperanza o dimostrazione di appartenenza al gruppo) oltre che lesposizione di simboli religiosi30. Il tema quello della laicit dello Stato e oltrepassa ancora una volta, pur incrociandolo in radice, quello della discriminazione per razza o origine etnica, per cui non verr qui trattato. d) Quanto, infine, alla normativa processuale, quella contenuta nel testo unico immigrazione trova la sua diretta matrice nel modello di azione giudiziale individuale e collettiva introdotto dallarticolo 4 della legge n. 125 del 1991 per la parit di opportunit tra lavoratrici e lavoratori. Tale normativa rimasta inalterata, pur essendo ora affiancata da una azione processuale simile, ma anche diversa, ad opera del decreto legislativo n. 215/2003 di recepimento della direttiva europea. Tra le differenze di rilievo si segnala la individuazione dei soggetti collettivi abilitati a impugnare le discriminazioni di carattere collettivo: nel testo unico immigrazione sono le rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale (art. 44, comma 10); nel d. lgs. n. 215/2003 sono anche o forse esclusivamente le associazioni e gli enti rappresentativi degli interessi lesi, individuati secondo decreto interministeriale31 (art. 2, comma 1, lett. b, e 5, comma 1). Il decreto interministeriale 16 dicembre 2005, Istituzione dellelenco delle associazioni ed enti legittimati ad agire in giudizio in nome, per conto o a sostegno del soggetto passivo di discriminazione basata su motivi razziali o etnici contiene lelenco di 320 associazioni32. e) Tornando ai problemi di coordinamento, si concorda con quanti rilevano che non si possano risolvere ricorrendo al criterio dello ius superveniens, anche a motivo del richiamo che il decreto delegato n. 215 (e 216) del 2003 fa al testo unico immigrazione nelle parti in cui si occupa del tema33. E difficile, a mio avviso, anche percorrere la via del contrasto con i principi e la ratio della normativa. Se vero, infatti, che la nuova nozione di discriminazione diretta, a comparazione
28

A. CAPUTO, La giurisdizione e i conflitti culturali, in Questione giustizia, n. 4, 2005, 710 e, ivi, spec. pp. 720 e ss. Si rinvia anche, nello stesso fascicolo, a E. CESQUI, Le mutilazioni genitali femminili e la legge, 749.
29

Vedi la decisione della Corte di giustizia, nella causa C-328/04, Vajnai Attila, su ricorso di un tribunale ungherese, che ha escluso giurisdizione sulla questione presentata della esposizione in pubblico del simbolo di una stella rossa a cinque punte. La questione sottoposta a giudizio cercava di verificare se la direttiva sul divieto di discriminazione per razza o origine etnica consente ai cittadini di esprimere le loro convinzioni politiche attraverso un simbolo.
30

Si veda, per tutti, la nota di N. COLAIANNI, Il crocifisso teo-con, in Questione giustizia, n. 4, 2005, 851.

31

E da registrare innanzitutto differenza tra la delega e la sua attuazione: la delega chiedeva che fosse lo stesso decreto legislativo di attuazione a determinare i criteri di selezione della rappresentativit di questi soggetti; mentre il decreto legislativo ha scelto di rinviare la scelta e di affidare a decreto interministeriale (Ministero del lavoro e Ministero pari opportunit) la predisposizione dellelenco, con individuazione dei soggetti basata sulle loro finalit programmatiche e sulla continuit dellazione (art. 5, comma 1).
32

Si ricordi che larticolo 6 del d. lgs. n. 215 del 2003 introduce nellordinamento anche un registro delle associazioni e degli enti che svolgono attivit nel campo della lotta alle discriminazioni. Coloro che sono inclusi nel registro possono essere inseriti nellelenco, assieme a cloro che sono iscritti nellaltro registro, quello delle associazioni e degli enti che svolgono attivit a favore degli immigrati (art. 52 del regolamento di attuazione del testo unico immigrazione). E con riferimento alliscrizione nel registro, che per non d automaticamente diritto alla iscrizione nellelenco, che vengono declinati i requisiti, peraltro meramente formali: ufficialit della costituzione, democraticit dello statuto,
33

Cos P. Chieco, ricorrentemente e partire da p. 5 del dattiloscritto.

anche virtuale, determina un pi elevato livello di protezione dei connotati personali (nella specie, razza, etnia, religione) che fa scattare lobbligo per gli Stati membri di prendere le misure necessarie per assicurare che siano abrogate tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio di parit di trattamento34, da rilevare che, sul piano formale, il decreto delegato non solo non riproduce la formula di chiusura presente nella direttiva, ma addirittura fa salve le disposizioni antidiscriminatorie del testo unico, ciascuna applicandosi ai fini del proprio contenitore (decreto, capo del testo unico); e che, sul piano sostanziale, si pu affermare che i due insiemi definitori non solo non sono sovrapponibili ma nemmeno inglobabili luno nellaltro: per alcuni aspetti pi esteso quello del decreto delegato (la comparabilit anche virtuale), per altri lo il testo unico (i fattori di rischio considerati e la limitata presenza di esenzioni), senza che sia intaccata la coerenza con i principi ispiratori del diritto antidiscriminatorio. Rimango, quindi, perplessa di fronte alla possibilit di percorrere la strada del contrasto delle disposizioni del testo unico rispetto al decreto delegato e alla conseguente denuncia di incostituzionalit per contrasto con larticolo 76 della Costituzione per tradimento della delega contenuta nellarticolo 29 della legge n. 39 del 2002. Peraltro difficile anche ricorrere al principio di specialit, dato che questo connotato pienamente condiviso dal testo unico del 1998 e dal decreto delegato del 2003, rendendo impossibile una operazione di scelta tra le due fonti che, piuttosto, permangono affiancate e parzialmente sovrapposte nellordinamento. Laddove entrino in conflitto, si dovr applicare quella pi adeguata e rispondente alla ratio dellintervento di tutela richiamato. E da auspicare che, essendosi di nuovo con il cambio di governo e di legislatura aperto il fronte della regolamentazione delle disposizioni riguardanti limmigrazione, attenzione specifica venga dedicata a questi aspetti, purtroppo spesso trascurati anche in ragione della limitata attuazione e, quindi, della scarsa sensibilit maturata. Resta ancora da dedicare attenzione a un ultimo ambito, quello della comparazione tra il testo della direttiva europea e quello del decreto delegato di recepimento, al fine di segnalare le principali omissioni del secondo rispetto al primo, nonostante la mera trascrizione letterale della direttiva che lo contraddistingue in tutte le sue parti. In particolare, non sono state recepite le disposizioni in materia di inversione dellonere della prova35, sulla protezione delle vittime delle discriminazioni (art. 9 dir.), sul dialogo dello Stato con le organizzazioni non governative (art. 12), sulla abrogazione esplicita delle norme contrarie al principio della parit di trattamento (art. 14), sulla individuazione di un appropriato quadro sanzionatorio, effettivo, proporzionato e dissuasivo (art. 15), sulla trasmissione alla Commissione europea delle informazioni necessarie per il monitoraggio sullapplicazione della direttiva (art. 17). In altre parti il decreto di recepimento altera limpianto della direttiva, come nelle eccezioni al divieto di discriminazione indiretta, negli organismi di difesa e nella promozione di azioni positive (su cui infra). E da auspicare che si realizzi davvero quella intensificazione dei controlli nei confronti delladozione delle direttive da parte degli Stati membri che sembra essere diventata finalmente una linea di azione delle istituzioni europee, preoccupate non solo della formale trasposizione ma anche della correttezza della stessa.

3. Il problema delleffettivit
34

Ancora P. Chieco, pp. 5 e 6, citando gli articoli 14 e 16 rispettivamente della direttiva 2000/43/CE e 2000/78/CE.

35

Mentre la direttiva chiede di assicurare che, allorch persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parit di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a unaltra autorit competente, fatti dai quali si pu presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi stata violazione del principio della parit di trattamento (art. 8, 1); il decreto delegato ribadisce il principio dellordinamento che consente al ricorrente di dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti (art. 4, comma 3).

Quanto a trasposizione, siamo formalmente in regola. Come risulta dalla documentazione di fonte europea, non tutti gli Stati membri hanno completato liter di recepimento della direttiva. Nei confronti di alcuni Stati si reso necessario lintervento della Commissione presso la Corte di giustizia europea: Austria (4 maggio 2005, causa C-335/04), Finlandia (24 febbraio 2005, causa C327/04), Germania (28 aprile 2005, causa C-329/04) e Lussemburgo (24 febbraio 2005, causa C320/04) sono state condannate per non aver adottato entro il termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva. Si differenzia la posizione della Grecia, con decisione del 12 maggio 2005 di cancellazione dal ruolo della causa (C-326/04), per adeguamento nel frattempo intervenuto. Nonostante le affermazioni costanti, ancora scarso il controllo di conformit della legislazione di trasposizione delle direttive, anche perch troppo basato sulle dichiarazioni degli stessi Stati membri36. Come abbiamo verificato per quanto riguarda il nostro Paese, ci troviamo di fronte a due ordini di problemi: quello derivante da una trasposizione pasticciata della direttiva, con sottovalutazione della presenza nellordinamento giuridico di divieti di discriminazione legati alla razza o allorigine etnica; quello derivante da una trasposizione infedele, e questo anche solo limitandosi a comparare la direttiva europea e il suo diretto decreto delegato di recepimento. Ma il punto di snodo non ancora questo. Anche in presenza di una regolamentazione del tutto rispettosa, o addirittura illuminata, in grado di oltrepassare i requisiti minimi indicati dalle direttive europee, rimane il problema fondamentale della garanzia di effettivit nella realt quotidiana. Anche nellultimo Rapporto annuale (2005) su Uguaglianza e non discriminazione della Commissione europea si osserva che servono ulteriori sforzi per garantire lattuazione delle direttive a livello nazionale e gi nel Libro Verde su Uguaglianza e non discriminazione, gi citato, del 28 maggio 2004 si parla di consapevolezza che la legislazione solo uno degli elementi dellazione contro la discriminazione37. a) gli organismi. Si pu pensare che a contribuire in questa direzione vadano gli organismi previsti dalla direttiva. Il decreto legislativo prevede la creazione di un ufficio di controllo e di garanzia, con la duplice funzione della parit e della rimozione delle discriminazioni e con la ulteriore duplice possibilit di assistenza indipendente, anche in giudizio, e di conduzione diretta di inchieste indipendenti (art. 7). Questa sommatoria di funzioni appare in contrasto con i principi dellordinamento, in particolare per quanto riguarda i due ruoli per i quali lorganismo qualificato come indipendente, risultando confliggente quello di agente in giudizio con quello di decisore. Inoltre, nella realt stato creato lUNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), che anzich una Authority un Call centre, che risponde al numero 800901010, fornisce informazioni e cerca di aiutare le persone che segnalano discriminazioni38.
36

Nel Rapporto annuale (2005) su Uguaglianza e non discriminazione della Commissione europea, si legge in apertura che la Commissione sta raccogliendo informazioni dettagliate dagli Stati membri sul modo in cui applicano le direttive da quando sono state adottate (2000) e riferiranno in materia al Parlamento europeo e al Consiglio nel 2006. Il Parlamento europeo nella sua Risoluzione del 14 giugno 2006, cit., sulla Strategia quadro chiede alla Commissione di esaminare con urgenza la qualit e il contenuto delle leggi di attuazione delle direttive antidiscriminazione, e di intentare urgentemente in Corte di giustizia unazione legale contro quegli Stati membri che non hanno recepito correttamente le direttive in questione.
37

Aspetto ribadito anche successivamente nello stesso documento: la Commissione consapevole della necessit di garantire leffettiva attuazione del quadro giuridico vigente. E altres importante tener presente che la legislazione non rappresenta lunico strumento disponibile a livello europeo, nazionale o regionale per combattere la discriminazione. Nella pratica, la lotta alla discriminazione richiede il pieno utilizzo di unampia gamma di strumenti politici e finanziari, senza contare lapporto essenziale per il coronamento di questi sforzi costituito dallintervento collettivo delle varie parti interessate (p. 16).
38

Si veda il decreto dell11 dicembre 2003 sulle strutture e le competenze interne dellorganismo specializzato. E inoltre stato pubblicato il Rapporto 2005. Un anno di attivit contro la discriminazione razziale, 2006, Presidenza del

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Dubbi vengono sulla reale efficacia dellorganismo e sulla sua indipendenza, in quanto espressione governativa dato il suo incardinamento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per il vero, il nostro non lunico caso se nei documenti europei degli ultimi anni si continua a incontrare, con insistenza, la richiesta che gli organismi istituiti dai singoli Stati membri siano effettivamente indipendenti e dispongano delle risorse necessarie per poter assistere le vittime di discriminazioni nelle loro azioni legali39. Sicuramente gli organismi sono funzionali allattuazione della disciplina e, quindi, decisivi. La loro moltiplicazione non , pertanto, in s negativa. Certo, uno sguardo al panorama delle reti europee non conforta, rafforzando anche su questo versante limpressione di una situazione diffusa di carenza di coordinamento, pi volte segnalata e che pu essere verificata ricordando la parallela rete europea sulle migrazioni, al futuro della quale stato dedicato un apposito Libro verde da parte della Commissione delle Comunit europee40. La rete (REM) stata creata nel 2002 allo scopo di migliorare lo scambio di informazioni sui diversi aspetti delle politiche migratorie. Come risulta dal Libro verde, il suo principale obiettivo consiste nel fornire alla Comunit e ai suoi Stati membri informazioni oggettive, affidabili e comparabili istituendo una procedura sistematica di raccolta e di stoccaggio dei dati e delle informazioni disponibili presso gli Stati membri, nonch di analisi alle scale nazionali ed europea. La REM formata attualmente da (solo) 14 punti di contatto nazionali41. Come canale parallelo, opera lOsservatorio europeo dei fenomeni razzisti e xenofobi che ha creato una rete europea di informazione, chiamata RAXEN, incaricata di raccogliere dati e informazioni sul razzismo e la xenofobia e comprende centri di ricerca, ONG e centri specializzati. A sua volta, lOsservatorio ha fornito, con i suoi lavori, la base per la presentazione, da parte della Commissione europea, di alcune proposte riguardanti la costituzione di una Agenzia dei diritti fondamentali. Nonostante la presenza di questi organismi, permane una scarsa effettivit delle disposizioni che induce ad assegnare loro valore periferico, al contrario di quanto sarebbe invece indispensabile, dato che toccano il punto nevralgico della politica della integrazione, consentendo di togliere il velo sia dalla parificazione indesiderata a fronte delle differenze rivendicate, sia dal possibile conseguente conflitto rispetto alla salvaguardia dei diritti e della cultura del paese ospitante 42. Non ci si nasconde la difficolt di attuare questa politica, a maggior ragione in questi ultimi anni in cui la minaccia di attentati terroristici internazionali si sta radicando nel cuore delle societ, e non solo di quelle occidentali, e in cui prevale la tendenza a una risposta militare, che considera queste minacce come esterne, riportandoci a una sorta di tribalismo di marca razzistica che identifichi la cittadinanza con lappartenenza originaria a una sorta di razza pura autoctona, e nel diverso come tale (culturalmente, linguisticamente, religiosamente) un nemico da distruggere o da cui essere distrutti43. Il campo di applicazione della direttiva sulla discriminazione per razza o origine etnica a differenza delle altre, sia quella di genere (con una appendice specifica nel 2004 per quanto riguarda
Consiglio dei ministri, che contiene la documentazione dei casi e delle esperienze realizzate.
39

Cos, da ultimo, nella Risoluzione del Parlamento europeo del giugno 2006 sulla Strategia quadro, cit. In data 28 novembre 2005, COM (2005) 606. Per lItalia si tratta dellIDOS della Caritas diocesana di Roma. Cos nella voce pi volte citata.

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42

43

V. ONIDA, Per una cultura dellintegrazione, in Il Sole 24 ore, 12 agosto 2006, 8, come ricorda anche A. Sen in vari scritti. La visione della cultura come blocco granitico, appartenente a gruppi (mai a persone), insensibile al tempo e, soprattutto, alle esperienze individuali fomenta lo scontro di civilt, come una profezia che si autoavvera (A. CAPUTO, La giurisdizione e i conflitti culturali, cit., 711.

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laccesso ai servizi) sia quella che si occupa di tutte le altre discriminazioni, che sono incentrate esclusivamente su occupazione, condizioni di lavoro e formazione professionale riguarda solo in parte il lavoro e la sicurezza sociale (differenziali retributivi, diverse opportunit di carriera), listruzione e la formazione, e in parte maggioritaria laccesso allalloggio, alla propriet di terreni, ma anche a beni e servizi, quali bar e ristoranti. b) le azioni in giudizio. Le controversie in giudizio nel nostro Paese restano limitate. Non pu destare stupore, se solo ricordiamo quanto rare siano in assoluto le controversie in materia di discriminazioni, comprese quelle di genere. Allo stato attuale, il gruppo pi consistente riguarda lalloggio, inserendosi in una tendenza rilevabile in tutti i Paesi europei44. Possono essere qui ricordate le principali: ordinanza del Tribunale di Milano del 30 marzo 200045, per la discriminazione consistente nel rifiuto di concludere contratti di locazione con stranieri da parte di societ immobiliare; decreto del Tribunale di Bologna del 22 febbraio 2001, per la discriminazione presente in un sito Internet per la ricerca di alloggio, in cui veniva indicato come criterio di selezione la qualifica di extracomunitario46; sentenza del Tribunale di Milano del 21 marzo 2002, che ha dichiarato il carattere discriminatorio del sistema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica del Comune di Milano, nella parte in cui disponeva lattribuzione di cinque punti al richiedente avente la cittadinanza italiana47; ordinanza del Tribunale di Monza del 27 marzo 2003, che ha dichiarato illegittima, per contrasto con i principi di ordine pubblico, la disposizione dello statuto di una cooperativa edilizia che imponeva una limitazione allaccesso allabitazione, e alla possibilit di assumere la qualit di socio, in ragione della condizione di straniero48; ordinanza del TAR per la Lombardia, sezione di Brescia, del 25 febbraio 2005, n. 264, che ha accolto la domanda incidentale di sospensione nei riguardi del regolamento che, per lassegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica subordinava laccesso degli stranieri alla duplice condizione di reciprocit e di titolarit della carta di soggiorno o del permesso di soggiorno49. Altri ambiti di intervento riguardano le discriminazioni basate sulla nazionalit nelle attivit sportive professionali, in relazione prevalentemente ai divieti e alle limitazioni del tesseramento50;
44

Nel Rapporto annuale (2005) su Uguaglianza e non discriminazione della Commissione europea ne sono riportate alcune. In dicembre 2004, in Belgio, il tribunale penale di Anversa ha condannato per discriminazione un cittadino che ha rifiutato di affittare unabitazione di sua propriet a una coppia belga di origine congolese. Il proprietario aveva chiesto allagenzia immobiliare di non affittare, preferibilmente, a stranieri. LEnte belga per luguaglianza, ossia il Centro per le pari opportunit e per la lotta al razzismo, si costituito parte civile ed ha affiancato il pubblico ministero. In media, il 7% delle denunce di razzismo ricevute ogni anno dal Centro riguardano lalloggio. E ancora. In settembre 2004,in Francia, il tribunale penale di Grenoble ha condannato una donna che aveva rifiutato di vendere un pezzo di terreno ad un arabo in quanto timorosa dei possibili problemi con i vicini (p. 19).
45

In Foro it., 2000, I, 2040.

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In Dir. imm. citt., 2001, n. 1, 101. E interessante osservare come, secondo il giudice, a integrare gli estremi della discriminazione razziale bastasse laver previsto la qualifica di extracomunitario come criterio selettivo, senza necessit di tener conto dellaltra indicazione lamentata e cio il risultato di indisponibilit di qualsiasi alloggio una volta inserita tale qualifica.
47

Con nota di A. CAPUTO, Azione civile contro la discriminazione e i diritti di cittadinanza dei migranti, in Dir. imm. citt., *. La sentenza pubblicata anche in Foro it., 2002, 3175.
48

In Foro it., 2002, 3175. In *.

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Si segnalano: lordinanza del Tribunale di Reggio Emilia del 2 novembre 2000, in FI, 2002, I, 897, sulla discriminazione per diniego di tesseramento alla Federazione calcio italiana in assenza di previsione per le squadre di serie C; lordinanza del Tribunale di Teramo del 30 marzo 2001, ivi, sulla discriminazione per diniego di tesseramento

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le discriminazioni nellaccesso51 e nei prezzi52 dei servizi; le discriminazioni nellaccesso al lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni (su cui infra).

4. Il versante promozionale: le azioni positive Assumere la doppia prospettiva: quella della repressione delle discriminazioni e quella della promozione di azioni positive, sicuramente pi complicato in questo campo di quanto pur non avvenga in materia di genere. Non sono numerose le applicazioni allarea delle discriminazioni di razza/origine etnica. Guardando al panorama europeo, si pu segnalare un caso che si presentato in Slovacchia. Il Governo ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale nellottobre del 2004 una disposizione della legislazione antidiscriminatoria sulle azioni positive in quanto incompatibile con i principi costituzionali53. La Corte, con un approccio formalistico, nellottobre dellanno successivo ha deciso per lincompatibilit, non tanto in linea di principio, quanto per mancanza di basi costituzionali a tali azioni rivolte alla discriminazione per razza o origine etnica. Altro caso si verificato in Svezia. Come risulta dal Rapporto annuale (2005) su Uguaglianza e non discriminazione della Commissione europea (pi volte citato), lUniversit di Uppsala aveva introdotto criteri di selezione alternativi per gli studenti di giurisprudenza, riservando il 10% dei posti ai candidati con genitori nati allestero, al fine di promuovere il pluralismo nellistruzione di grado universitario. Il ricorso stato presentato da due candidate con un eccellente curriculum accademico54. A gennaio 2005, il Tribunale di Uppsala ha affermato che liniziativa dellUniversit era contraria al divieto di discriminazione diretta, basandosi su precedenti decisioni della Corte di giustizia europea in materia di azioni positive di genere in presenza di una chiara differenza nei meriti dei candidati55. Eppure la direttiva n. 43 del 2000 dedica alle azioni positive uno specifico articolo, intendendo per tali le azioni che hanno lo scopo di assicurare leffettiva e completa parit (art. 5).
alla Federazione italiana di pallacanestro; lordinanza del Tribunale di Pescara del 18 ottobre 2001, ivi, in riferimento alla pallanuoto e lordinanza ancora del Tribunale di Pescara del 14 dicembre 2001, ivi, 896, che, al contrario nega la legittimit del ricorso agli articoli 43 e 44 del testo unico immigrazione sul medesimo punto: il divieto imposto dalla Federazione italiana nuoto di tesserare pi di tre atleti non italiani per ciascuna squadra di pallanuoto.
51

Il Tribunale di Trento, con decreto 4 luglio 2002, aveva inizialmente ritenuto sussistente un comportamento discriminatorio nellaccesso al credito con modalit diverse per i cittadini stranieri. Il caso riguardava limpossibilit di utilizzare un pagamento favorevole di acquisto mediante carta aura trony gold visa per lacquisto di un computer. Il decreto del 23 settembre dello stesso anno ha revocato lordinanza sulla base del difetto di autonomia del rivenditore rispetto a condizioni imposte dalla casa madre.
52

Lordinanza del Tribunale di Padova, del 19 maggio 2005, contro il titolare di un bar per i prezzi pi elevati applicati ai clienti di origine diversa da quella italiana, in cui viene esclusa la legittimazione a intervenire in giudizio da parte di due Associazioni rappresentative nelle more dellemanazione del decreto interministeriale previsto dal decreto delegato n. 215 del 2003 e si inserisce, pertanto, nel filone delle decisioni che fanno riferimento indifferentemente allazione processuale prevista dal testo unico immigrazione e alle regole contenute nel successivo decreto delegato del 2003 di recepimento della direttiva europea. In parziale riforma intervenuta lordinanza del 6 ottobre 2005 dello stesso Tribunale, che ha riconosciuto la legittimazione per possesso dei requisiti allAssociazione Razzismo Stop, confermando lesclusione per lA.S.G.I.
53

Il caso riportato in European Anti-Discrimination law Review, n. 3, 2006, 81.

54

Le due candidate hanno affermato che tali criteri di selezione erano discriminatori in base alla legislazione universitaria che non stabilisce espressamente un trattamento preferenziale (p. 20).
55

Il riferimento alla decisione nel caso Abrahmsson *.

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Il decreto legislativo n. 215 del 2003, come abbiamo visto in precedenza, non assolve il compito, limitandosi ad affidare allUfficio per il contrasto delle discriminazioni (su cui sufra), tra le varie attivit, quella di promuovere ladozione, da parte di soggetti pubblici e privati di misure specifiche, ivi compresi progetti di azioni positive, dirette a evitare o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza o allorigine etnica (art. 2, lett. c). Le perplessit per le modalit della trasposizione sono numerose e derivano dallinsufficienza del riferimento solo indiretto, effettuato allinterno delle attivit affidate allorganismo, per di pi dotato prevalentemente di compiti di controllo, e dalla limitazione delle azioni promozionali al cui interno sono curiosamente collocate, come fossero un sotto-insieme, le azioni positive allo scopo di evitare o compensare le situazioni di svantaggio, senza fare riferimento a quello della loro rimozione. Le tecniche di azione positiva promozionale per i lavoratori stranieri in quanto soggetti svantaggiati rischiano, inoltre, di tradursi in scorciatoie normative di accesso ai lavori precari e discontinui (su questo si rinvia infra). Un tentativo, in parte insufficiente e impreciso, di chiarificazione della nozione di azioni positive contenuto nella Risoluzione del Parlamento europeo del 14 giugno 2006 sulla Strategia quadro per la non discriminazione e le pari opportunit per tutti (gi citata). In questo documento, lazione positiva vista, da un lato, come un rimedio eccezionale, con una visione che la colloca incomprensibilmente quasi esclusivamente su un versante estremo della disciplina56, ma, dallaltro, con una utile sottolineatura, come uno strumento che non deve essere limitato al settore delloccupazione e deve andare oltre la parit tra i sessi. E non si pu dimenticare come a monte del binomio repressione-promozione, che tipico della discriminazione di genere, si dovrebbe affrontare, nella discriminazione razziale, il binomio integrazione-integrit, declinando entrambe sul versante della salvaguardia della identit personale, messa in discussione anche dallappartenenza ad un gruppo, soprattutto per quanto riguarda le scelte personali e familiari. 5. Le discriminazioni doppie e/o multiple Altra questione rilevante riguarda quelle che dovremmo chiamare discriminazioni multiple e che invece nel nostro ordinamento sono riconosciute espressamente solo nella variante ristretta delle discriminazioni doppie. Come del tutto evidente, ciascuno di noi ha una identit che comporta lesposizione al rischio di pi di un fattore di discriminazione: let, il genere, lorientamento sessuale, la classe sociale e la nazionalit, la religione o leventuale disabilit. Non si rinvengono molte fonti europee che chiariscano la nozione di discriminazione multipla e ancor meno le sue implicazioni. Merita essere ricordato il documento del Consiglio

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Cos nel considerando H. Nel considerando J il Parlamento afferma la consapevolezza del fatto che per cancellare ingiustizie e discriminazioni di vecchia data (sic!) pu rivelarsi necessario ricorrere provvisoriamente ad azioni positive, che si fondano su un concetto dinamico della giustizia e possono assumere forme molto diversificate, ricordando che la fissazione di quote deve essere considerata una misura estrema, da applicare solo nel rispetto della giurisprudenza della Corte di giusticia delle Comunit europee e del principio della proporzionalit. Nel considerando K, considera che, per alcuni gruppi della societ particolarmente svantaggiati o lesi nei propri diritti, ladozione di azioni positive o di una legislazione specifica (alternativa? sic!) indispensabile se si vuole riuscire a garantire una loro integrazione e quindi una loro partecipazione effettiva alla vita nella societ affinch essi possano avere uninfluenza sulle decisioni che li riguardano. Va un po meglio, ma non molto, nelle Considerazioni generali, in cui si ritiene che sia essenziale dare una definizione chiara di azione positiva (ma quando? e da parte di chi?) e sottolineare che azione positiva non significa discriminazione positiva (ancora sic!). Osserva che esempi concreti di azione positiva potrebbero includere, fra laltro, una revisione delle politiche e delle prassi di assunzione al fine di individuare e di abolire quelle che portano alla discriminazione; ladozione di misure intese a richiamare lattenzione dei gruppi svantaggiati su talune opportunit; la fissazione di obiettivi intesi a migliorare la rappresentanza dei gruppi svantaggiati fra i lavoratori; la fornitura di assistenza per aiutare i gruppi svantaggiati a partecipare alla societ nel suo complesso.

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dellUnione europea57 in cui viene chiesta una maggiore attenzione verso il cosiddetto razzismo multiplo, cio il caso in cui una persona appartiene a pi categorie discriminate, come i Rom, le donne e i portatori di handicap. La discriminazione multipla entrata nel nostro ordinamento giuridico in termini semplificati: come discriminazione doppia, in cui uno qualsiasi dei fattori di discriminazione si somma a quello di genere. Il decreto delegato n. 215/2003, fin dal primo articolo, richiama la valutazione del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini. Daltro canto, la stessa direttiva menziona la discriminazione multipla ma di fatto: doppia nel quattordicesimo considerando, collegando il genere alla razza o origine etnica58. In effetti, se ben si pu sostenere che la discriminazione doppia una versione ridotta della discriminazione multipla, non si deve dimenticare la complessit che pur viene ad assumere e nemmeno la sua importanza, anche sotto il profilo quantitativo. Le analisi sociologiche e statistiche da sempre segnalano la costante presenza del fenomeno della femminilizzazione dellimmigrazione nel nostro Paese, spiegato in prevalenza con le necessit di lavoro domestico e di cura congiunto alle carenze di servizi59. La situazione non riguarda solo il nostro Paese ed diventato oggetto di intervento del Parlamento europeo, che ha approvato il 26 ottobre 2006 una Risoluzione sullimmigrazione femminile: ruolo e condizione delle donne immigrate nellUnione europea. Il documento, nel fotografare lesistente (limmigrazione femminile aumenta di continuo nellUnione europea e costituisce circa il 54% del fenomeno nel suo complesso), segnala la presenza anche nellordinamento comunitario di discriminazioni (ad esempio quelle presenti nella direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare, che fa dipendere la persona allo stato giuridico del coniuge e, quindi, del marito) e si preoccupa dellesposizione delle donne immigrate alla violenza, psichica e fisica: dallo sfruttamento sessuale nel luogo di lavoro, al traffico di esseri umani, alla permanenza di delitti donore, matrimoni forzati, mutilazioni genitali, nei cui confronti sceglie una linea priva di ambiguit. Il dubbio tra salvaguardia delle tradizioni e inserimento nel nostro modello civile e sociale viene risolto nettamente. Nei confronti delle mutilazioni genitali, gli Stati membri sono invitati ad adottare e attuare disposizioni giuridiche precise e a perseguire chiunque pratichi la mutilazione genitale, nonch ad introdurre lobbligo, per gli operatori sanitari, di registrare tutti i casi di mutilazione genitale femminile, compresi i casi accertati e quelli in cui vi il sospetto che si possa procedere a questo tipo di pratica (punto 23). Gli Stati membri sono invitati a prendere posizione contro la violenza a danno delle donne radicata nelle tradizioni, a condannare le violazioni dei diritti umani delle donne e delle giovani migranti indotte dalla famiglia e a verificare quali siano le leggi applicabili in materia dir responsabilizzazione dei familiari, in particolare nel caso dei cosiddetti delitti donore (punto 24). Secondo alcuni60, a rendere pi difficile lapproccio alla discriminazione multipla la segmentazione del diritto antidiscriminatorio in almeno tre grandi filoni, con la conseguente
57

Si tratta delle Conclusioni del Consiglio sulla conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e lintolleranza ad esse connessa del 16 luglio 2001, peraltro non pubblicate nella GU.
58

Anche a livello internazionale, la discriminazione doppia genere e razza ad essere presa in considerazione. Il Comitato (di monitoraggio sullapplicazione dei trattati) sulleliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha approvato, nel marzo del 2000, una Raccomandazione in cui analizza le dimensioni della discriminazione razziale correlate alla differenza di genere. Il Comitato sulleliminazione delle discriminazioni contro le donne (CEDAW) ha discusso i temi del razzismo nella sessione del 2001.
59

Gi nel 2000, nel Primo rapporto sullintegrazione degli immigrati in Italia, G. ZINCONE, a cura di, Il Mulino, Bologna, si affermava che la stragrande maggioranza delle donne immigrate lavora come domestiche e assistenti a persone anziane o ammalate (p. 169).
60

S. FREDMAN, Double trouble: multiple discrimination and EU law, in European Anti-Discrimination law Review, n. 2, 2005, 13 e, ivi, 16.

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separazione delle regole tra discriminazione di genere, discriminazione per razza o origine etnica e tutte le altre discriminazioni. Il ragionamento suggestivo, ma non mi pare sufficiente. E in ogni caso abbastanza agevole rispondere che, nonostante i testi separati, lapproccio sta diventando sempre pi uniforme, a partire dalla medesima formulazione della nozione di discriminazione diretta e di discriminazione indiretta. In ogni caso e potrebbe diventare una ulteriore spinta alla segmentazione da segnalare una possibile evoluzione della normativa europea anti-discriminatoria, cui faremo cenno nel paragrafo conclusivo, tendente ad assegnare priorit alla discriminazione multipla, addirittura ipotizzando la sua identificazione come specifico fattore di rischio61. Resta il problema riguardante la eventuale diversa valenza, o gerarchia, delle discriminazioni di genere rispetto agli altri fattori di rischio o, detto in altri termini, la eventuale individuazione di un fattore prevalente che costituisca il perno della disciplina. A mio avviso preferibile adottare una prospettiva pi duttile, meno schematica, che consenta di recuperare la dimensione della persona anche allinterno del gruppo, valutandone la vulnerabilit62. Prima di concludere sul punto, opportuno considerare un ultimo aspetto. Nonostante il riconoscimento esplicito nel nostro Paese della discriminazione doppia come combinazione di due fattori di rischio uno dei quali sempre rappresentato dal genere, sono gi state affrontate e risolte al massimo livello quello del giudice delle leggi questioni relative alla duplice condizione di svantaggio riguardante il binomio straniero invalido. Con una prima sentenza, la Corte Costituzionale, nel 199863, ha esteso allo straniero legalmente residente nel nostro territorio la forma di protezione speciale di categorie svantaggiate di cittadini; con una seconda sentenza, la stessa Corte, nel 200564, ha dichiarato lillegittimit costituzionale della disposizione della legge regionale lombarda sul trasporto pubblico regionale locale, nella parte in cui non include gli stranieri residenti nella Regione Lombardia fra gli aventi il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea riconosciuto alle persone totalmente invalide per cause civili. Ancora una volta emerge la violazione del principio di costituzionale di uguaglianza, in quanto il requisito del possesso della cittadinanza si presenta come condizione ulteriore, ultronea ed incoerente: la distinzione basata sulla cittadinanza introduce nel tessuto normativo elementi di distinzione del tutto arbitrari, non essendovi alcuna ragionevole correlabilit tra quella condizione positiva di ammissibilit al beneficio (la cittadinanza italiana, appunto) e gli altri peculiari requisiti (invalidit al 100% e residenza) che ne condizionano il riconoscimento e ne definiscono la ratio e la funzione. Il punto di riferimento resta il testo unico immigrazione. Nel caso specifico si tratta dellarticolo 41 dedicato al diritto allassistenza sociale, spettante agli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, in quanto equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per gli invalidi civili.
61

Nella Risoluzione del Parlamento europeo del 14 giugno 2006, cit., sulla Strategia quadro, si chiede alla Commissione, in occasione di un prossimo rifacimento della legislazione anti-discriminazione, di concentrarsi in particolare sulla problematica delle discriminazioni multiple e della segregazione, assimilabile ad una forma di discriminazione.
62

E la maggiore vulnerabilit rinvenibile in ogni combinazione di fattori di rischio (Dalle discriminazioni di genere alle discriminazioni doppie , cit., 459).
63

Sentenza n. 454 del 30 dicembre 1998, commentata da P. BONETTI, La parit di trattamento tra stranieri e cittadini nellaccesso al collocamento obbligatorio degli invalidi: quando la Corte costituzionale decide di decidere, in CC, 1998, 3772. Si in attesa di una pronuncia della Corte a seguito della questione di legittimit costituzionale sollevata dal Tribunale di Monza con ordinanza del 2 marzo 2005 in riferimento alle disposizioni che richiedono il possesso della carta di soggiorno e della relativa condizione di reddito per gli stranieri inabili civili per fruire (o continuare a fruire) della pensione di inabilit.
64

Sentenza n. 432 del 2 dicembre 2005, in *.

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6. La difficile parit di trattamento nellaccesso al lavoro Pur costituendo il nucleo fondante del diritto anti-discriminatorio, abbiamo lasciato volutamente alla parte conclusiva alcune osservazioni dedicate alle discriminazioni consistenti in lesioni presenti nello stesso ordinamento giuridico del principio della parit di trattamento. La prima e forse pi ampia questione da affrontare riguarda laccesso al lavoro. Come noto, il lavoro costituisce il principale elemento di attrazione dellimmigrazione 65 e nel contempo lelemento fondamentale per la regolarit della presenza sul territorio e per laccesso ai diritti. Non si pu qui ricostruire lintera regolamentazione sottostante, compito che esorbita i limiti del presente lavoro. Sia consentito solo osservare come esistano rilevanti limitazioni allingresso degli stranieri, che siamo abituati a ritenere autorizzate dal diritto internazionale e da quello comunitario, sia pure dentro alla dicotomia tra discriminazione per razza/origine etnica e discriminazione per nazionalit, e come, tuttavia, in un ambito particolare come quello dellimpiego alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, la magistratura stia trovando soluzioni fino a qualche anno fa impensabili. Sul punto le fonti, anche quelle di livello comunitario, sono contrastanti: Anche dopo Amsterdam, il Trattato mantiene la chiusura nei confronti degli impieghi nella pubblica amministrazione (art. 39, n. 4, ex art. 48), sia pure temperata e condizionata dalle decisioni della Corte di giustizia europea. Diverso limpianto della direttiva n. 43/2000, il cui campo di applicazione si estende al settore privato e a quello pubblico, in riferimento alle condizioni di accesso alloccupazione e al lavoro , compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, indipendentemente dal ramo dattivit e a tutti i livelli della gerarchia professionale (art. 3, n. 1 e lett. a). Ma non si dimentichi che, come rilevato pi sopra, la direttiva ammette le differenze di trattamento basate sulla nazionalit. Alcune, tuttora poche, decisioni stanno spostando il baricentro verso lapplicazione del principio della parit di trattamento nellaccesso agli impieghi alle dipendenze di amministrazioni pubbliche mediante bandi di concorso e selezioni pubbliche66, che fanno riferimento alla disposizione cardine, scritta nellarticolo 2 del testo unico e che costituisce attuazione della Convenzione Oil n. 143 del 1975.

65

Tutti i documenti, anche di fonte europea, segnalano come limmigrazione sia fenomeno basato essenzialmente sul lavoro subordinato o autonomo e quanto sia importante predisporre canali legali accessibili, a pena di incremento di irregolari o clandestini (Dalle discriminazioni di genere alle discriminazioni doppie , cit., 462).
66

La giurisprudenza abbastanza costante nel rinvenire la discriminazione. Si vedano: Tar Liguria 22 marzo 2001, n. 3999, in Dir. imm. citt., 2001, n. 2, 161, con scheda di N. ZORZELLA; la Corte di appello di Firenze del 2 luglio 2002, ivi, 2003, n. 2, 103, ma anche in RIDL, 2003, II, 272, con nota di G. MAMMONE, Laccesso al lavoro pubblico dei cittadini stranieri fra divieto di discriminazioni e restrizioni allaccesso degli extracomunitari, in un caso di esclusione da una selezione concorsuale per lassunzione di operatori tecnici addetti allassistenza in una azienda ospedaliera pubblica di cittadino albanese in possesso di regolare permesso di soggiorno; il Tribunale di Genova del 21 aprile 2004, ivi, 2004, n. 2, 172, con nota di M. PAGGI, Discriminazioni e accesso al pubblico impiego, 83, in un caso riguardante laccesso a concorso indetto da una azienda sanitaria per infermiere professionale di cittadina rumena con regolare permesso di soggiorno in Italia; il Tribunale di Genova del 19 luglio 2004, sempre in un caso riguardante un infermiere professionale; il Tribunale di Pistoia del 7 maggio 2005, in un caso riguardante la partecipazione a concorso per dirigente medico, su cui intervenuta a conferma la Corte di appello di Firenze del 21 dicembre 2005, che ha dichiarato illegittimo il regolamento n. 483 del 1997 nella parte in cui prevede, in riferimento ai cittadini stranieri, una limitazione dellaccesso ai concorsi per il personale dirigenziale del servizio sanitario nazionale maggiore di quella consentita, agli Stati contraenti, dalla convenzione numero 143 dellOIL del 1975. In senso contrario, a quanto risultata, solo il Tar Toscana, del 24 gennaio 2003, sempre in ambito di accesso a concorso di cittadino cileno in possesso del titolo di infermiere professionale e di permesso di soggiorno in Italia per motivi di lavoro.

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Le interpretazioni sono diverse. Non mi sembra convincente quella fondata sul principio della successione nel tempo delle leggi, e quindi basata sul fatto che il testo unico del 1998 sia da considerare disposizione successiva rispetto alla disposizione sulla riserva di accesso al pubblico impiego in favore dei soli cittadini italiani (ed europei), pur trovandosi questa nel (successivo nel tempo) testo unico sul lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni del 2001, ma nelle vesti di mera riproduzione tralatizia67. Questa interpretazione mi pare presenti difetto di linearit, data la difficolt di ritenere la disposizione del testo unico immigrazione come successiva nel tempo, essendo a sua volta presente nellordinamento dal lontano 1986, proprio in attuazione dei principi della convenzione Oil sopra richiamata68, nella prima legge in tema di immigrazione, in affiancamento, quindi, alle ricordate esclusioni. Linterpretazione preferibile mi pare quella basata sulla forza di principio ordinamentale del divieto di discriminazione che prevale sulla regola generica della riserva di accesso ai cittadini italiani (ed europei), ad eccezione delle deroghe inerenti allo svolgimento di determinate attivit o funzioni, come del resto ribadito dallo stesso testo unico immigrazione (art. 27). Piuttosto, si osservi ancora una volta come il fattore su cui si basano le discriminazioni contestate nellaccesso al lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni sia la cittadinanza e non la razza o origine etnica rendendo pertanto pericolose quelle interpretazioni (su cui supra) che propongono il superamento delle disposizioni di apertura dellarticolo 43 del testo unico immigrazione ad opera del decreto delegato n. 215 del 2003, che pure espressamente le fa salve e al cui interno il divieto di discriminazione basato sulla nazionalit non trova posto69. Non dimentichiamo nemmeno come le discriminazioni si radichino spesso nellaccesso al lavoro degli stranieri, anche di quelli gi legalmente presenti, a vario titolo, nel nostro territorio70. Vanno qui ora riprese alcune osservazioni gi svolte in riferimento allintreccio tra politiche occupazionali rivolte ai lavoratori svantaggiati, tra cui abbiamo visto gli immigrati, e principio di parit di trattamento, da valutare alla luce della normativa sui divieti di discriminazione razziale. Possiamo qui accantonare, perch gi trattata, la questione degli ambiti solo in parte sovrapponibili tra immigrati non europei71 e appartenenti a razza o etnia diversa. Va invece sottolineata la condivisione della interpretazione secondo la quale sono illegittime tecniche di diritto diseguale ablative di diritti dellinteressato, quando si tratti di differenziazioni fondate su fattori vietati di discriminazione72. Laccesso, in via pi o meno sperimentale, dei lavoratori stranieri, in quanto

67

Cos invece la Corte di appello di Firenze del 2 luglio 2002, cit., condivisa da M. PAGGI, Discriminazione e accesso al pubblico impiego, cit.
68

Pur essendo la Convenzione Oil gi ratificata con la legge 10 aprile 1981, n. 158.

69

Cos come del resto non trova posto nella direttiva di cui costituisce recepimento: la presente direttiva non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalit e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative allingresso e alla residenza n qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi (art. 3, n. 2).
70

Una interessante ricerca stata svolta dallILO, La discriminazione dei lavoratori immigrati nel mercato del lavoro in Italia, International migration papers, settembre 2003. Si tratta di una ricerca condotta anche in Belgio, Germania, Paesi Bassi, Spagna, Danimarca e Svizzera. La metodologia seguita sviluppata per studiare la discriminazione nellaccesso al lavoro molto particolare, con una ricerca sul campo consistente nella risposta manipolata con attori a offerte di lavoro da parte di imprese (533 casi validi e utili in alcune citt italiane). I risultati depongono per lesistenza diffusa di discriminazioni, in particolare nei confronti di giovani marocchini semi-qualificati.
71

Con la recente decisione del Ministero della solidariet sociale, circolare n. 21 del 31 luglio 2006, di rinunciare al regime transitorio in materia di libera circolazione dei lavoratori della seconda tranche dei nuovi Paesi membri dellUnione europea (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca).
72

Cos M. NOVELLA, Nuove tecniche di diritto diseguale e principio di eguaglianza, in LD, 2004, 557 e, ivi, 564.

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rientranti nellelenco dei lavoratori svantaggiati, a tipologie lavorative precarie e discontinue va considerato non tanto azione positiva quanto azione negativa73. Lapertura, nel nostro Paese, di una discussione sul punto avvenuta con il Patto per il lavoro, stipulato a Milano il 2 febbraio 2000, senza la firma della Cgil, che ha aderito solo alla versione successiva, in cui si intendeva favorire lintegrazione degli immigrati mediante la stipulazione di contratti collettivi darea di tipo etnico, dunque attraverso una negoziazione differenziata rispetto agli standard di categoria74. La legislazione sul mercato del lavoro del 2003 ha ampiamente utilizzato la possibilit di inserire gli stranieri nella categoria dello svantaggio sociale per correlare lofferta di frammenti di lavoro con deroghe normative. I riferimenti vanno alla eccezione al principio della parit di trattamento retributivo nella somministrazione di lavoro (art. 13 del d. lgs. n. 276 del 2003 di riforma del mercato del lavoro), sia pure con i dubbi per il possibile bilanciamento costituito dal piano individuale di inserimento o reinserimento al lavoro; al lavoro occasionale di tipo accessorio75 ad accesso soggettivamente limitato ad alcune categorie, tra cui gli extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro (art. 71, comma 1, lett. d, dello stesso decreto e sue successive modificazioni), sia pure con i dubbi sulla possibilit di effettuare loperazione di comparazione necessaria alla rilevazione di discriminazione. Queste disposizioni sono da ascrivere al paradigma della occupabilit a qualsiasi costo, variante deteriore del tentativo di aiutare le persone a rischio di svantaggio o di esclusione sociale a partecipare al mercato dei lavori. Siamo, quindi, in presenza della dimostrazione di quanto sia incoerente utilizzare la normativa europea sulla legittimit degli aiuti di Stato in funzione di individuazione di un unico insieme di persone, senza alcuna distinzione del fattore di rischio e delle necessit di suo superamento, da convogliare verso tipologie lavorative precarie e discontinue. E quanto avvenuto durante la quattordicesima legislatura con il governo di centro-destra, che ha anche cercato di autorizzare, contemporaneamente, solo flussi di ingresso temporanei.

7. I diritti e la diversa condizione giuridica dello straniero presente sul territorio Un secondo ordine di indagine va rivolto verso la possibile identificazione di soglie diverse di diritti, tra cui quelli politici, a seconda della condizione giuridica dello straniero presente sul territorio. Possiamo individuare almeno quattro livelli, partendo dal pi basso: lo straniero clandestino, illegalmente presente; lo straniero legalmente soggiornante e/o residente (con permesso di soggiorno); lo straniero da tempo presente legalmente (con carta di soggiorno); lo straniero che ha ottenuto la cittadinanza.
73

Ampia diffusione da parte dei mass media stata dedicata al tentativo francese, agli inizi del 2006, di introdurre una tipologia lavorativa precaria dedicata ai giovani (CPE). Meno conosciuta altra parte contenuta nello stesso provvedimento, intitolato significativamente allgalit des chances, in cui si interviene nei confronti della situazione nelle periferie.
74

L. CASTELVETRI, Le garanzie contro le discriminazioni sul lavoro per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, in DRI, 1999, 321 e, ivi, 323; ma anche, pi di recente, L. CASTELVETRI, Parit di trattamento e piena uguaglianza di diritti dello straniero, in DONDI, cit., *.
75

Come giustamente osserva G. DE SIMONE, Obiettivi e tecniche del diritto diseguale nei confronti dei lavoratori svantaggiati, in M. V. BALLESTRERO G. G. BALANDI, a cura di, I lavoratori svantaggiati tra eguaglianza e , cit, 43, il lavoro accessorio per questi lavoratori rischia facilmente di trasformarsi in un seguito, precario e dequalificato, del lavoro di cura che gi il mercato naturaliter (e con laiuto della sanatoria per i badanti ) ha riservanto ai deserving immigrants, nella sica di una divisione etnica del lavoro e dei lavori (p. 53).

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Il riferimento pi diretto contenuto nella direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, gi citata in apertura di queste note. E il Comitato delle regioni che, nelle Osservazioni contenute nel Parere reso in merito al Libro verde su Uguaglianza e non discriminazione, gi a sua volta citato, nellesprimere apprezzamento nei confronti di questa direttiva, soprattutto nella parte in cui ha concesso ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato legalmente in uno Stato membro per cinque anni uno status giuridico paragonabile a quello dei cittadini degli Stati membri, osserva come questo sia finalizzato a integrare le previsioni della direttiva sulluguaglianza razziale. Laffermazione rappresenta una eccezione alla ordinaria assenza di correlazione tra gli interventi in materia di immigrazione, quelli di contrasto delle discriminazioni e quelli di contrasto della xenofobia. Il documento si spinge oltre e rileva come per affrontare la questione dellaccesso alla nazionalit o cittadinanza o ai diritti di voto, il contenuto di tale direttiva deve essere reso pi chiaro e preciso. Di particolare interesse risulta larticolo 11 della direttiva, dedicato appunto alla parit di trattamento, che prevede che il soggiornante di lungo periodo goda dello stesso trattamento dei cittadini nazionali in determinati ambiti: il lavoro, subordinato e autonomo76; listruzione e la formazione professionale, compresi assegni e borse di studio; il riconoscimento di diplomi, certificati e titoli professionali; le prestazioni sociali, lassistenza e la protezione sociale; le agevolazioni fiscali; laccesso a beni e servizi, la loro erogazione, compresa la procedura per lottenimento di un alloggio; la libert di associazione77; il libero accesso al territorio. Lo Stato membro pu limitare la parit di trattamento in riferimento ad alcuni di questi ambiti alla condizione che il soggiornante di lungo periodo, o il familiare per il quale viene chiesta la prestazione, dimori o risieda abitualmente nel suo territorio; pu altres limitare laccesso al lavoro78, nonch esigere la prova del possesso delle adeguate conoscenze linguistiche, ma solo con riferimento allaccesso allistruzione e alla formazione79; pu limitare la parit di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali. Un primo aspetto riguarda il ritardo nel recepimento. Scaduto il termine fissato al 23 gennaio 2006, solo il 28 giugno il (nuovo) Consiglio dei ministri ha approvato, in via preliminare, lo schema di decreto legislativo di attuazione80. Inoltre, il provvedimento direttamene collegato con il tema della cittadinanza, della sua acquisizione diversa dalla nascita nel territorio, della variabilit dellesercizio dei diritti che le sono connessi81. In aggiunta allattuazione della direttiva e in linea con la stessa, il 4 agosto 2006, il Governo, su proposta del Ministro dellinterno, ha approvato un disegno di legge che modifica la normativa sulla cittadinanza (legge n. 91 del 1992), prevedendo una serie di interventi in riferimento alle diverse situazioni che contraddistinguono la presenza degli stranieri nel nostro Paese e, in particolare, i nati nel nostro territorio, i minori che si

76

Con esclusione di qualsiasi connessione, anche occasionale, con la partecipazione allesercizio di pubblici poteri. Fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza.

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78

nei casi in cui la legislazione nazionale o la normativa comunitaria in vigore riservino dette attivit ai cittadini dello Stato in questione, dellUE o del SEE.
79

Inoltre, laccesso alluniversit pu essere subordinata alladempimento di specifiche condizioni riguardanti la formazione scolastica.
80

Assieme al decreto legislativo per il recepimento della direttiva sul ricongiungimento familiare, il cui termine, a sua volta, scaduto il 3 ottobre 2005.
81

In giurisprudenza, si segnala la decisione del Tribunale di Vicenza, *, in tema di riconoscimento dei diritti politici, che ha respinto il ricorso di una cittadina nigeriana che lamentava il carattere discriminatorio del rigetto da parte del Comune di Vicenza della sua domanda di iscrizione nelle liste elettorali per le elezioni comunali, con nota di A. CAPUTO, Azione civile contro la discriminazione , cit., in Dir. imm. citt., *.

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ricongiungono ai propri familiari in et infantile o adolescenziale, gli stranieri extracomunitari maggiorenni82. Allo stato attuale, tenendo conto di quanto riconosciuto nel nostro ordinamento e in attesa del recepimento della direttiva sopra citata, non si pu non segnalare la difficolt di comparare lestensione del principio di parit di trattamento con riferimento non tanto al soggiornante di lungo periodo, che potremmo forse tradurre con possessore della carta di soggiorno, quanto al legalmente presente nel territorio dello stato. In effetti, nel nostro ordinamento giuridico, al di l dei profili relativi al permesso di soggiorno e alle necessit del suo costante rinnovo, non vi formale differenza tra i diritti di chi si trova legalmente sul nostro territorio, il titolare del permesso e il titolare della carta di soggiorno, anche in riferimento ai suoi familiari. Si deve avere a mente il quadro di riferimento generale, condiviso dalla dottrina maggioritaria. Questo significa riconoscere lesistenza del principio di indifferenza della cittadinanza ai fini di sicurezza sociale83, sia nellordinamento interno sia in quello internazionale, e, ancora pi a monte, la scelta, effettuata gi nel primo intervento in materia di immigrazione degli anni 8084 e ribadita nel testo unico immigrazione85, in coerenza con i principi delle convenzioni internazionali86, di riconoscere la parit di trattamento con riferimento ad un insieme ampio di diritti allo straniero regolarmente presente o residente nel territorio del nostro Stato, a prescindere dal possesso di altri requisiti. Come ho gi avuto modo di sottolineare, fin dal primo provvedimento, la condizione essenziale per godere dellintero pacchetto di diritti la legale residenza nel nostro territorio, senza alcuna situazione intermedia, ma con la decisiva condizione della qualificazione dello straniero come lavoratore87. La questione non pu essere trattata diffusamente, se non con riferimento ad un tema su cui nel 2002 si registrata una modifica e che riguarda la previdenza sociale. Come ricordato in apertura di queste note, la riforma del 2002 al testo unico immigrazione (c.d. legge Bossi-Fini) intervenuta su alcuni diritti sociali: previdenza; istruzione, per la parte relativa allaccesso a quella universitaria; alloggio, per la parte relativa allaccesso alledilizia pubblica residenziale. Per quanto riguarda la previdenza, non pi riconosciuta allo straniero, al momento del rientro nel Paese di origine, la facolt di ottenere la liquidazione anticipata della contribuzione versata in suo favore a fini pensionistici88. La regola torna ad essere quella generale e consiste nella conservazione e nella maturazione del diritto alle prestazioni secondo i requisiti previsti dalla
82

Dal sito www.governo.it. Nel disegno di legge previsto che potr acquisire il diritto alla cittadinanza italiana chi nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno legalmente residente in Italia, senza interruzione, da cinque anni al momento della nascita, e in possesso del requisito reddituale previsto per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. In tutti i casi, fatta eccezione per i bambini, la richiesta di acquisizione della cittadinanza italiana deve essere sottoposta allaccertamento della reale integrazione linguistica e sociale dello straniero. Tale requisito esteso anche a chi sposa un italiano.
83

Cos T. VETTOR, I diritti sociali dei lavoratori stranieri: le innovazioni della legge n. 189/2002, in Lavoro e immigrazione, A. TURSI, a cura di, Giappichelli, Torino, 2005, 291 e, ivi, 294, cui si rinvia anche per il riepilogo delle fonti e della dottrina sul punto.
84

Sia consentito rinviare alla voce da me redatta, Lavoratori stranieri, in Enc. giur. Treccani, 2003, in cui ricordavo come la prima disciplina legislativa organica fosse costituita dalla legge n. 943 del 30 dicembre 1986, abrogata nel 1998, ad eccezione dellarticolo 3, dal testo unico immigrazione. La legge, almeno sulla carta, garantiva unampia gamma di diritti, sia pure elencati con sovrabbondanza e genericit.
85

Larticolo 2, comma 3, del testo unico riconosce la parit di trattamento e la parit di diritti a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti e alle loro famiglie. Cfr. L. CALSTELVETRI, Parit di trattamento e piena uguaglianza di diritti dello straniero, in Il lavoro degli immigrati, G. DONDI, a cura di, Ipsoa, Milano, 2003.
86

In particolare la Convenzione OIL n. 143/1975. Rinvio di nuovo alla voce sopra citata.

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normativa generale vigente in materia pensionistica89. E evidente la ragione del cambiamento, da ascrivere a preoccupazioni di ordine finanziario, di contenimento degli esborsi e, anzi, di vero e proprio reperimento di risorse, grazie allampliamento dei soggetti contribuenti e limitata attesa che diventino anche destinatari delle prestazioni. Meno comprensibile che queste ragioni vengano, invero, paludate dalla necessit di rispettare il principio della parit di trattamento tra cittadini e stranieri. Si verifica cos, ancora una volta, la biforcazione tra rispetto formale e rispetto sostanziale del principio di parit90, tra tendenza alla parificazione omogenea dei trattamenti e necessit della loro differenziazione in adeguamento funzionale della disciplina (previdenziale) alla specificit del fenomeno migratorio91. Anche chi assume una posizione pi dubitativa, basandosi su argomenti di ordine sistematico, secondo cui la pregressa previsione della riscattabilit anticipata esprime(va) una visione corrispettivo-assicurativa del rapporto previdenziale pubblico e obbligatorio priva di riscontri nel sistema, e su argomenti di ordine equitativo, secondo cui ci si trovava in presenza di una discriminazione alla rovescia nei confronti dei cittadini nazionali e comunitari92, non pu non segnalare la contraddittoriet di questa innovazione legislativa rispetto allimpostazione complessiva della riforma e la sua funzionalit allimpatto mediatico, con il tentativo di assecondare il sentiment anti-immigrazione che pervade per cos dire, dal basso e dal profondo lintera riforma del 200293. Come si vede, gli argomenti di carattere sistematico sono affiancati a quelli equitativi, con un impressionante capovolgimento di prospettiva: luguaglianza sostanziale ad essere principio ordinamentale, e su questo si deve operare la verifica di legittimit delle disposizioni di legislazione ordinaria94. Passando al livello pi basso del trattamento, ci troviamo in presenza di quella soglia di diritti fondamentali da riconoscere agli immigrati clandestini. La lotta alla clandestinit non pu dimenticare le esigenze di solidariet e il rispetto dei diritti fondamentali. I diritti fondamentali vanno tutelati e rafforzati 95: questo uno degli elementi di base dellapproccio complessivo dellUnione europea, cos come risulta dalla Comunicazione della Commissione del luglio 2006, sopra citata. La Commissione aderisce allopinione secondo la
88

La liquidazione, rivalutata al 5% annuo, dei contributi previdenziali obbligatori versati in favore del lavoratore straniero era stata introdotta dalla riforma previdenziale del 1995 (art. 3, comma 13, della legge n. 335/1995) e confermata nel testo unico immigrazione (art. 22, comma 11).
89

Cos prevede il novellato articolo 22, comma 13, del testo unico immigrazione, a seguito della riforma intervenuta con la c.d. legge Bossi-Fini del 2002.
90

Cfr. T. VETTOR, I diritti sociali dei lavoratori stranieri , cit., che concorda con quanti hanno rilevato il vizio di incostituzionalit della nuova disposizione e vi aggiunge il contrasto per difformit con le norme dei trattati internazionali che regolano la condizione giuridica dello straniero (p. 301) e con il diritto comunitario.
91

Come efficacemente sostenuto da A. VISCOMI, Disposizioni in materia di lavoratori extracomunitari, in La riforma del sistema pensionistico, C. CESTER, a cura di, Giappichelli, Torino, 1997, 361 e, ivi, 374.
92

Cos A. TURSI, La nuova disciplina dellimmigrazione per lavoro: una ricognizione critica, introduzione al volume dallo stesso curato, Lavoro e immigrazione, cit., 3 e, ivi, 28, riprendendo le precedenti posizioni di G. DONDI, La politica verso limmigrazione: dalla legge Turco-Napolitano alla legge Bossi-Fini, nel volume da questi curato, Il lavoro degli immigrati, cit., * e, ivi, 21 e s. e di A. VALLEBONA, Breviario di diritto del lavoro, Giappichelli, Torino, 2001, 412.
93

Ancora A. TURSI, La nuova disciplina dellimmigrazione , cit., 28.

94

La disciplina viene esaminata sotto il profilo di legittimit costituzionale da G. CAMPO, Contributi previdenziali del lavoratore immigrato alla luce della nuova disciplina, in Dir. imm. citt., *, commentando due sentenze del Tribunale di Verona sul punto, *, pp. 146 e ss.
95

Ai migranti in situazione irregolare si deve riservare un trattamento degno e umano, in particolare perch essi sono spesso vittime di reti di trafficanti e sono sfruttati da datori di lavoro. Ogni limitazione deve rispettare la Carta dei diritti fondamentali e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali.

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quale limmigrazione clandestina non si sconfigge con la repressione e si deve seguire altre strade. Per ridurre si noti lammissione di impotenza il fenomeno, occorre avere regole chiare e trasparenti sulla migrazione nellUnione europea, e offrire prospettive a chi altrimenti migrerebbe clandestinamente. Alla base di questo approccio vi la constatazione pragmatica che la migrazione della manodopera pu contribuire a contrastare gli effetti del mutamento demografico nellUnione europea ed a soddisfare i fabbisogni del mercato del lavoro. Per quanto riguarda gli immigrati clandestini, il tema principale quello della salvaguardia dei diritti fondamentali della persona, in particolare il diritto alla salute 96, mentre meno indagato il riconoscimento tra i diritti fondamentali della protezione contro le discriminazioni97. Una significativa presa di posizione stata assunta dal Parlamento europeo nel 2006 con riferimento alle donne immigrate, oggetto della relativa risoluzione gi citata, in cui gli Stati membri sono stati invitati a garantire, indipendentemente dalla regolarit della loro situazione, il rispetto dei loro diritti fondamentali e, in particolare la protezione contro la riduzione in schiavit e la violenza, laccesso alle cure mediche di emergenza, il patrocinio legale, la parit di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, il diritto a iscriversi ai sindacati, e ad assicurare laccesso allistruzione ai figli delle donne migranti in situazione irregolare98. Se svolgessimo una indagine puntuale di questi riferimenti in una ottica rigorosamente giuridica potremmo rilevare numerose imperfezioni, che non fanno per velo al valore della

8. Quale futuro? Il futuro, nel nostro Paese, deve avere i connotati dellintervento di coordinamento, sanando le anomalie segnalate in precedenza e che non provocano eccessivi problemi solo a causa del basso tasso di effettivit di questo ambito come purtroppo della maggior parte del diritto antidiscriminatorio. Se volgiamo lo sguardo allEuropa, si osserva un inizio di attenzione per questo ambito del diritto antidiscriminatorio da parte della Corte di giustizia europea, che per non ha finora dimostrato particolare sensibilit, n intenzione di svolgere quel ruolo trainante che ha esercitato nellambito delle discriminazioni di genere. Recente la decisione del 27 giugno 2006, in una causa che ha visto opporsi il Parlamento europeo al Consiglio per tre disposizioni della direttiva 2003/86, relativa al diritto al ricongiungimento familiare dei figli minori di cittadini di paesi terzi, in relazione alla disparit di trattamento basata sullet. La Corte ha evitato di imboccare la scorciatoia della irricevibilit del ricorso, pur concludendo per la sua infondatezza. Alla base del ricorso da parte del Parlamento europeo vi era il rilievo che le disposizioni impugnate non rispett(avano) i diritti fondamentali e, in particolare, il diritto alla vita familiare ed il diritto di non discriminazione (punto 30), consentendo agli Stati membri di derogare agli obblighi imposti dalla direttiva.
96

Cfr. Corte Costituzionale, 17 luglio 2001, n. 252, in RGL, 2002, 371, con nota di M. SALVAGNI, La tutela del diritto alla salute del cittadino straniero entrato irregolarmente nel territorio nazionale, 374, con riferimento alle prestazioni di natura sanitaria e assistenziale in quanto collegate alla tutela della persona. Una controversia incardinata nei confronti della disciplina francese in M. BELL, Combating Discrimination through Collective Complaints under the European Social Charter, in European Anti-Discrimination law Review, n. 3, 2006, 13 e, ivi, 15 e s.
97

In senso favorevole mi sono gi espressa nella voce pi volte citata, nel paragrafo dedicato al divieto di discriminazione: a differenza della parit di trattamento, che richiede una situazione di regolarit della presenza sul territorio, il divieto di discriminazione riguarda tutti coloro che si trovano sul territorio nazionale, indipendentemente dalla situazione di illegalit o di clandestinit.
98

Punti 7 e 8.

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Quanto al processo legislativo europeo, dopo lemanazione di ben cinque direttive nellarco dei pochi anni, ci si sta dedicando al loro consolidamento e razionalizzazione, con conseguente, ma non scontato, assembramento, mediante la scelta di adottare una Strategia quadro per la non discriminazione e la parit di opportunit per tutti99, su cui si espresso, il 14 giugno 2006, con una Risoluzione (citata anche in apertura di queste note) il Parlamento europeo. Nella preliminare Comunicazione della Commissione del 1 giugno 2005100, si ribadisce invece la volont di pubblicare nel 2006 una relazione sullo stato di trasposizione delle direttive emanate nel 2000 e si accenna alla eventualit di presentare, in quella sede, proposte di revisione e di attualizzazione di tali direttive, ma non nuove proposte legislative, limitandosi a segnalare insoddisfazione per la presenza, nelle direttive antidiscriminatorie, di campi di applicazione diversi, con conseguente creazione di differenze in termini di livello e di portata della protezione. La strada sembra inserirsi nel metodo di coordinamento aperto, con uno studio di fattibilit basato sulle disposizioni nazionali pi innovative e un bilancio dei vantaggi e degli inconvenienti di tali misure. Difficile pensare a qualcosa di pi, anche se il Parlamento europeo, nella sua Risoluzione, deplori vivamente la posizione della Commissione e chieda con vigore che entro il primo semestre del 2007 sia presentato un nuovo strumento legislativo che riprenda linsieme delle cause di discriminazione ed abbia lo stesso campo di applicazione esteso della direttiva contro le discriminazioni di razza/origine etnica. La diversit di impostazione tra le due istituzioni una costante che si sta accentuando nellultimo periodo, anche in ragione di una volont del Parlamento di creare un quadro giuridico stabile e di riferimento per gli Stati membri e di una pragmatica accettazione da parte della Commissione delle difficolt crescenti di accordo in seno al Consiglio. Uno sguardo preoccupato al futuro viene effettuato gi nel Libro verde su Uguaglianza e non discriminazione, gi citato, del 2004: lallargamento cambier il contesto politico e istituzionale in cui saranno elaborate le politiche sulla non discriminazione e sulla parit di trattamento. In assenza di un emendamento allarticolo 13 del Trattato CE, ladozione di una legislazione comunitaria in questo settore continua a richiedere laccordo unanime degli Stati membri in seno al Consiglio. Non va per trascurato il processo, per quanto lento, che, con il Trattato di Maastricht prima e con quello di Amsterdam poi, ha fatto entrare limmigrazione nel novero delle materie ricomprese nella cooperazione intergovernativa, con la comunitarizzazione delle politiche di asilo e di condizioni di soggiorno e di accesso alloccupazione di cittadini di Paesi terzi101, nonostante la tuttora forte reticenza degli Stati membri a dismettere sovranit in tali materie. Si osserva una costante oscillazione, con i Paesi maggiormente coinvolti nelle ondate di immigrazione provenienti dallAfrica (Italia in primis) e nel momento in cui il fenomeno registra picchi (come destate) che da un lato reclamano una politica europea e laiuto da parte degli altri Stati membri e dallaltro rivendicano la propria competenza normativa. Esemplare il tema delle regolarizzazioni, assente dalla legislazione comunitaria e affidato alla decisione discrezionale dei singoli Stati, con preoccupazioni da parte degli altri, date le evidenti implicazioni, come conseguenza della soppressione dei controlli alle frontiere interne nello spazio Schengen102
99

COM (2005) 224.

100

Indirizzata al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni.
101

Come noto la base giuridica larticolo 63 del Trattato CE.

102

Cos la Comunicazione della Commissione del luglio 2006 sulla lotta contro limmigrazione clandestina, cit., in cui si ricordano le conseguenze anche di medio periodo delle decisioni dei singoli Stati sulle regolarizzazioni, dato che la direttiva 2003/109/CE riguardante le persone che soggiornano da lungo tempo, prevede per i cittadini di paesi terzi la possibilit di trasferirsi in un altro Stato membro e di soggiornarvi dopo aver soggiornato legalmente per cinque anni nel primo Stato membro (n. 33). La proposta quella di istituire quanto meno un sistema di informazione reciproca sulle misure nazionali nel settore della migrazione e dellasilo che possano avere ripercussioni su altri Stati membri o

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Sar arrivato il momento in cui anche nel nostro Paese si affronter questo tema con il necessario equilibrio, nella consapevolezza che la globalizzazione sta ormai permeando tutti gli aspetti della societ in cui viviamo e che le regole che costruiamo non devono essere la risposta isterica a fatti quotidiani, amplificati dai mass media?

sullintera Comunit (n. 34).

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