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RITAMARIA BUCCIARELLI DIDATTICA DELLA LINGUA ITALIANA Dal lessico al testo poetico:requisiti di testualit

BUCCIARELLI 1995 = Bucciarelli. R., Progetto informatico Type Race su Bollettino trimestale, XXVIII Aprile-Giugno, Lopera di F. Smaldone, 1995. BUCCIARELLI 2003 = Bucciarelli R., Dalla grammatica al testo poetico. Lezioni di linguistica, Napoli, Loffredo, 2003. BUCCIARELLI 2003 = Bucciarelli, R., Diffusione nelle Scuole della Poesia A. Gatto" Opera di poesie di Jolanda Insana, Introspezioni, recensioni, riflessioni, critiche di versi scelti, Salerno, Lions Club, Jannon, 2003. BUCCIARELLI 2003 = Bucciarelli R., Diffusione nelle Scuole della Poesia A. Gatto", Opera di poesie di Corrado Calabr Testi creativi microanalisi, zoom di versi, Salerno, Lions Club, ed. Jannon, 2003. AA.VV. 2004 = a cura di (Ritamaria Bucciarelli Marilena Provenza), Lofficina del testo, Salerno, edizioni digitali 2004. AA. VV. 2005 = a cura di (Ritamaria Bucciarelli Marilena Provenza), Dedicato ad Alfonso Gatto, Trentanni dopo l8 marzo 1976, Salerno, edizioni digitali 2005. BUCCIARELLI 2006, Lessico - grammatica dellItaliano segnato - Metodi descrizioni e applicazioni, Salerno, Jannone, ed. seconda 2006. Pubblicazioni online:http://www.apprendereinrete.it BUCCIARELLI 2004, Lessico - grammatica dellItaliano segnato - Metodi descrizioni e applicazioni, Salerno, MIUR, 2004. Progetto

informatico TYPE_RACE. Riviste specialistiche: AA.VV. 1996, Programmazione educativo-didattica per lalunno sordo, (Atti del XLII Convegno Nazionale di Aggiornamento dell'A.I.E.S. Momesilvano, 25-30 agosto), Siena, Cantagalli, 2006, Drammatizzazione e comunicazione integrati (Atti del XLVI Convegno Nazionale di Aggiornamento dell'A.I.E.S. Roma, 21-25 agosto 2000), Siena Cantagalli 2000. AA.VV. 2001, Disabilit uditiva: attese ed offerte educative nella societ del terzo millennio scuolafamiglia, (Atti del XLVII Convegno Nazionale di Aggiornamento dell'A.I.E.S. Verbania, 26-31 agosto 20001), Siena Cantagalli, 2001. AA.VV. 2002, Disabilit uditiva ed offerte educative nella societ del terzo millennio, (Atti del XLVII Convegno Nazionale di Aggiornamento dell'A.I.E.S. Napoli, 25-30 agosto 2002), Siena Cantagalli 2002.

Ad Alfonso Gatto I nostri pensieri sono le concreati realizzazioni di emozioni, sentimenti di culture, tradizioni e variet linguistiche diverse. Il codice di una lingua non la fredda trasmigrazione dal pensiero in atto di parole o gesti comunicativi, ma la trasformazione, manipolazione e sostituzione lessico-grammaticale che il parlante elabora per comporre melodie e dismorfie secondo la cultura della propria tradizione culturale. Pertanto non le parole sono Pensieri, ma lindividualit dei valori deontologici che ogni singolo umano possiede e che gli permette di comunicare paure, ansie, gioie e dolori Il verso poetico non altro che lestrinsecazione di quel determinato Essere poeta. Esplorare nel profondo dellanimo, per descrivere e comprenderne il significato nascosto, appassionante, perch si coglie quel potenziale, quella forza, quella immagine di vita di quelllessere poeta. Io Dedico a te, mio conterraneo questo mio tentativo di captazione delllen vitale di alcune interpolazioni poetiche e spero, grazie agli insegnamenti delle tue parole del pensiero, di cogliere la semantica giusta del loro messaggio. Ho reciso con operazioni cognitive di forbici (Silvestri), per calarmi nel tuo profondo alla ricerca di quella corrente sotterranea in cui vibra lessenza primordiale della lingua evocativa e del gesto emotivo. Sono scesa nelle pieghe della trama poetica, per carpirne lineffabile della poesia. Le orchestrazioni foniche di questi poeti mi hanno riempito il cuore damore, le dismorfie

dansie, ma la semantica stata fuoco dellenigma eracliteo, in equilibrio dinamico in un tuttunico perfetto; come il fuoco (Eraclito fr. A34, tr. Di G. Colli) mutando riposa, cio forma immobile e perfetta di un perfetto movimento; per ci stesso, Poesia, secondo laccezione pi alta e pi completa di questo prototipo cognitivo. E, insieme, Mondo, cio icona fedele ed eloquente dellunica possibile (la forma poetica, il petrarchesco hoc maxime placet) del tutto. Un grazie, per avermi donato la gioia della lettura del tuo verso, perch come tu dici:
La poesia libert delle proprie opinioniLa vita nella presenza dei poeti Essi sono potenziali di vita, perch danno suggerimenti alla storia e sprigionano LEssereDante pi di tutti ha avuto lo sgomento, la paura e la grazia dellEssere. (Parole inedite di A. Gatto).

Ritamaria Bucciarelli

CAPITOLO PRIMO

Capitolo Primo

LA FONETICA Breve excursus


... credere di fare fonetica: indispensabile riuscire a farla davvero, con il metodo della fonetica naturale o, semplicemente, metodo fonetico. Infatti, non basta percepire, bisogna recepire; non ci si deve accontentare di scorrere superficialmente, si deve osservare ed esaminare attentamente: non affatto sufficiente vedere .1

La fonetica (dal greco (phon) suono) la scienza dei suoni del linguaggio, oggi intesa come studio dei suoni secondo i metodi delle scienze naturali pi che secondo metodi linguistici; la scienza che si occupa dell'aspetto fisico dei suoni, i quali vengono osservati e descritti in tutte le scansioni e le ondulazione. Laspetto invece pi strettamente linguistico dei suoni, in quanto capaci di essere intesi come distinti, e di avere funzione distintiva in una lingua, studiato dalla fonologia, che nacque proprio come scienza che intendeva studiare non tutti i suoni di tutte le lingue e il meccanismo della loro produzione, ma il numero ristretto dei fonemi delle singole lingue e la loro organizzazione. Per fonema oggi si intende il suono come unit fonica determinabile acusticamente e mentalmente, appartenente a un determinato sistema linguistico, segnale funzionante ai fini della comprensione. Questa distinzione oggi abbastanza netta
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MALMBERG (1997:26).

fra fonetica e fonologia una volta era intesa diversamente, o addirittura non sussisteva; fu enunciata chiaramente solo nel 1928. al Congresso internazionale di linguistica dellAja, quando furono presentate le tesi del Circolo linguistico di Praga elaborate da tre suoi membri. R. Jakobson. N. S. Trubetzkoy e S. Karcevskij; e meglio ancora quando fu pubblicato nel 1939 il lavoro fondamentale di Nicolai Trubetzkoy, i Grundzuge der Phonologie (Fondamenti di fonologia), il termine fonetica indica la scienza storica che studia i mutamenti dei suoni nel tempo (fonetica evolutiva), mentre il termine fonologia indicava quello che per noi la fonetica, scienza che descrive l'aspetto materiale dei suoni, di tutti i suoni possibili2. Queste definizioni sono adesso abbandonate, ma alcuni autori continuano a definire diversamente, o ad usare il termine fonetica per tutti i fatti relativi ai suoni del linguaggio (e allora la fonologia non sarebbe che una sezione della fonetica); in Italia G. Bonfante chiama fonematica la fonologia, e la fonologia la scienza che studia i mutamenti fonetici avvenuti nel tempo (fonetica evolutiva). Quindi il significato attuale di fonetica connesso alla comparsa della fonologia e del concetto di fonema della Scuola di Praga, e da questi determinato. Anche per la Scuola di Copenaghen il fonema l'unit fonologica, mentre il suono l'unit fonetica;. La fonetica si dice statica quando studia i suoni di una lingua in un dato momento della sua evoluzione; evoluzione o storica se ne studia lo sviluppo storico, cio compara due diversi stadi di una o pi lingue (ad esempio il francese lin [l] con il latino lnum3.
DE SAUSSURRE (1990:28). Il sistema di trascrizione fonetica qui usato quello della International Phonetic Association (IPA), societ fondata nel 1886, il
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La fonetica si dice descrittiva quando descrive particolareggiatamente il meccanismo di produzione dei suoni e tutte le loro possibili sfumature: acustica quando studia la struttura fisica dei suoni, le onde sonore prodotte da vibrazioni, la loro frequenza, ecc. La fonetica articolatoria o fisiologica studia l'apparato fonatorio umano, coi suoi organi, e il modo con cui questi producono i suoni. Infine la fonetica sperimentale o strumentale, sorta per la necessit di una registrazione e classificazione obbiettiva dei suoni, si avvale di strumenti e apparecchi che in forma visiva dnno un'idea dei suoni (il chimografo che registra le vibrazioni e le rappresenta con curve, rendoscopio, il laringoscopio, l'oscillografo, la radiografia degli organi fonatori per vederne la posizione nel'momento in cui viene pronunciato un dato suono, la palatografia, la spettrografia, ecc.). La fonetica strutturale si identifica con la fonologia. L'alfabeto fonetico internazionale un alfabeto fonetico usato dai linguisti per rappresentare in maniera univoca ciascuno degli svariati suoni (foni) che l'apparato vocale umano pu produrre, cos come le unit distintive del linguaggio chiamate fonemi. considerato uno standard per la rappresentazione fonetica e fonemica di tutte le lingue. Molti dei suoi simboli sono presi dall'alfabeto latino o derivati da esso, alcuni sono presi dall'alfabeto greco, e altri sono apparentemente scorrelati da un qualunque alfabeto. Lo sviluppo originale part dai fonetisti inglesi e francesi sotto gli auspici della International Phonetic Association, fondata a Parigi nel 1886 (sia l'organizzazione
cui alfabeto fonetico internazioliale valido per tutte le lingue. In Italia sono in uso anche altri alfabeti fonetici, che assolvono la stessa funzione; cfr. nel Dizionario d'Ortografia e di Pronunzia, o nel Dizionario Enciclopedico Italiano.

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che l'alfabeto sono noti come IPA). L'alfabeto ha subito una serie di revisioni durante la sua storia, tra cui una delle pi importanti stata codificata nella IPA Convention di Kiel (1989). Ci sono state poi ulteriori modifiche nel 1993 e alcune correzioni nel 1996. I suoni identificati dalle consonanti dell'alfabeto latino corrispondono in genere all'uso nella lingua italiana e sono ad esempio identico [b], [d], [f], [l], [m], [n], [p], [r], [t], [v], perch un principio basilare dell'IPA dare un singolo carattere per ogni suono, disambiguando nei casi in cui una singola lettera corrisponde a pi suoni oppure pi lettere che formano un singolo suono. Altri suoni corrispondono a particolari casi: [k] il suono duro di casa, [g] quello anch'esso dura di gatto, [s] ha il suono sordo di sotto, [z] la s sonora di rosa. I simboli corrispondenti alle vocali ([a], [e], [i], [o], [u]) suonano come in italiano, tenendo conto che e e o devono essere pronunciate chiuse come in dera e odre.La maggior parte degli altri simboli condivisi con l'alfabeto latino, come [c], [h], [j], [w], [x] e [y], corrispondono a suoni che tali lettere rappresentano in altre lingue. [j] e [w] hanno il suono di i e u usate come semivocali: ieri, uomo. [h] il suono aspirato iniziale dell'inglese hat; [x] il ch aspirato tedesco in Bach, o la j nello spagnolo mujer; [y] la y o tedesca in Bro, o la u francese di bureau. I simboli con forma simile alle lettere latine in genere corrispondono a suoni simili. Ad esempio, tutte le consonanti retroflesse hanno lo stesso simbolo delle consonanti alveolari equivalenti, tranne che in basso viene aggiunto un gancetto che punta a destra. I segni diacritici possono venire combinati con i simboli IPA per trascrivere valori fonetici leggermente modificati, o articolazioni secondarie. Ci sono anche

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simboli speciali per caratteristiche soprasegmentali, come accento e tono4.

Fig. 4

Fig. 4.1

Ciascuna lingua rappresenta tutti i suoni di tutte le lingue del mondo. La lingua italiana ne seleziona circa una trentina tra consonanti e vocali.6 Le consonanti sono prodotte dal passaggio non libero dell'aria: che
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Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it 6 SCALISE (1983:77).

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incontra un ostacolo o nella chiusura totale temporanea del canale vocale, o nel suo forte restringimento, in modo che si senta il rumore del passaggio forzato dell'aria. Si distinguono per il modo di articolazione in momentanee, continue. Le momentanee presuppongono la chiusura completa del canale vocale, e sono cos dette perch "non sono pronunciabili pi a lungo del momento stesso necessario a produrre il rumore; devono quindi appoggiarsi a qualche vocale o altro suono continuo. Le momentanee sono le occlusive. Le continue invece possono durare indefinitamente nel tempo, almeno finch c' aria. nei polmoni, perch il passaggio di questa non interrotto, ma solo ostacolato. Le continue comprendono spiranti, liquide, nasali. Le occlusive e le spiranti si distinguono per grado di articolazione, in sonore e sorde, a seconda che. siano o no accompagnate dalla vibrazione delle corde vocali, per cui la corrispondente sonora di [p] [b], di [k] [g]. Le consonanti,inoltre si suddividono in forti e len, infatti l'articolazione di una consonante pu avvenire con maggiore o minor forza: quando la corrente d'aria pi intensa e la resistenza offerta dall'occlusione maggiore, si ha un'esplosione pi violenta; la consonante cos prodotta si dice forte. Possiamo dire che in generale le dentali [t]e [d] sono pi forti delle velari [k] e [g] perch l'occlusione dentale avendo luogo contro la superficie dura e limitata dei denti, comporta un'esplosione pi intensa che non l'occlusione provocata dalla lingua contro il velo palatale. La distinzione fra forti e leni significativa quando oppone le due serie fra loro; comunemente (in italiano,francese) le sorde [p], [t], [k], sono anche forti,

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e le sonore [b], [d],[g] leni. Le spiranti sorde [f], [s], sono forti,mentre le altre sono leni,come le semivocali, le liquide e le nasali. Nella lingua italiana la scansione in forti e leni superflua da momento che le forti coincidono con le sordi e le leni con le sonore. Le vocali e le consonanti si possono distinguere per una maggiore o minore estensione nel tempo, o lunghezza; e la durata di un suono la caratteristica meglio misurabile con gli strumenti. La durata assoluta di un suono si misura in centesimi di secondo, ed stato osservato che certi suoni sono sempre pi lunghi di altri, proprio per il loro tipo darticolazione, perch gli organi richiedono un certo tempo per assumere ogni data posizione.7 Cosi ad esempio i dittonghi sono sempre pi lunghi dei monottonghi, le vocali aperte sono per loro natura pi lunghe di quelle chiuse, e queste pi lunghe comunque delle consonanti. Tra le consonanti le occlusive sono per loro natura pi difficilmente estendibili nel tempo, e le sorde sono pi lunghe delle sonore.8 Si gi accertato che la lunghezza delle vocali ha in molte lingue una sua funzione. distintiva; anche per le consonanti ci pu essere una differenza di lunghezza, e nel caso delle occlusive, una lunga si differenza per la maggior durata della fase implosiva con conseguente maggior intensit d'esplosione. Quando una consonante lunga divisa in due dalla frontiera sillabica si dice geminata. Nella lingua italiana geminata sinonimo di consonante lunga; nella nostra lingua le geminate sono sentite in
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ALBANO LEONI MATURI (1998:234). ONESTI (1974:31ss).

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modo chiarissimo, per la loro grande intensit, e sono distintive: fatto [fatto].

Fig. 4.2

Le consonanti del codice della lingua italiana risultano cos suddivise10: Plosive Fricative; Assibilate; Sibilanti; Nasali; Laterali; Vibranti;

Le plosive sono pronunciate con una chiusura completa del canale vocale e si distinguono in: Labiali = sorde: 'p:pe - 'ka:mpo; = sonore: bam'bi:no- a'bsi:de;
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La Tabella stata tratta da: http: //venus.unive.it/canipa HALL (1971:26 ss).

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Dentali = sorde: 'p:pe ' -ka:mpo = sonore: bam'bi:no- a'bsi:de Palato-Velari = sorde: k:rno- 'ba:ko = sonore: 'ma:go- 'd:gma Le fricative sono prodotte mediante il passaggio della corrente daria attraverso degli ostacoli, quale lorgano della parola (nella lingua italiano risultano essere solo in posizione labio-dentale) e sono: Labio-dentale = sorde : 'fa:re- 'li:fa; = sonore 'va:do _'da:vo Le assibilate durante la produzione il canale vocale viene chiuso completamente e la tensione iniziale diviene sempre pi molle, sino a raggiungere nella distensione il limite dei suoni costrittivi11: Dentali con locclusione nella posizione per [t] o per [d] e con la distensione nella posizione per [s] o per [z]; = sorde uk'k:ro- s'pa:tjo = sonore ':ta 'pra:no; Palatali con locclusione nella posizione per una plosiva alveolare-prepalatale[t>] o [d>], e con la distensione in quella per [s] o[z];
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CAMILLI (1965:8).

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= sorde: ba:o ':na = sonore. 'ma:na ar'di:no Le sibilanti possono avere due articolazioni e cio la dentale e la palatale in due posizioni di articolazioni: Le dentali hanno due suoni distinti = sorde : 's:rdo kas'ta:o; = sonore: z'd:o 'a:sma; La palatale in finale di parola breve, ma tra vocali sempre lunga; Le nasali sono: Labiale[m] con due varianti foniche: [] con una consonante continua nasale labiodentale, davanti alle labio-dentali [f-v]; i'fa:tti; ko'vj:ne; [m] davanti a consonante o vocale bilabiale[p-b]; 'ma:le; e'za:me Dentale- Velare [n] con due varianti foniche: [] davanti a plosive velari[Kg]; 'ba:ka 'fu:go [n] sempre; 'na:no 'd:nte Palatali sempre lunga quando si trova tra vocali; Le laterali sono: Dentali [l] : lo'da:re

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Palatali;: s'p:kki z'ba:o12. Le vibranti: per alcuni parlanti ununica vibrazione della punta della lingua contro il lato interno dei denti superiori, per altri invece una vibrazione dellugola.

I parametri per classificare le vocali sono l'altezza della lingua (cio, quando la lingua si alza o si abbassa verso il palato rispetto alla posizione di riposo), l'avanzamento o l'arretramento della lingua, l'arrotondamento o meno delle labbra, la realizzazione di questi movimenti in modo teso o rilassato. Se la lingua assume una posizione alta si produrranno suoni come [i] o [u], se assume una posizione bassa si produrranno suoni come [a]. Se la lingua in posizione avanzata si produrr una [i] o una [e], se in posizione arretrata una [u] o una [o]. Se le labbra sono arrotondate si produrranno vocali come [u] o [o], se non sono arrotondate si produrranno vocali come [i] ed [e]. In italiano le vocali [e] ed [o] possono essere sia (semi)aperte che (semi)chiuse e vi una sola [a]: ci d luogo ad un
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Le parole sono state tratte da: HALL (197:21).

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sistema eptavocalico inscrivibile in un triangolo13: Anteriore I Centrale Posteriore u

a
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Fig. 4.4

1.1 Descrizione scientifica dei foni. necessario essere in grado di percepire sufficientemente quel suono, fino a ricondurlo a un fono ben preciso, che lo possa rappresentare adeguatamente. Subito dopo, bisogna esser in grado di riprodurre quel suono, tramite il fono adeguato, soprattutto grazie all'imitazione, anche immediata, cio subito dopo averlo sentito In terzo luogo, indispensabile riuscire a produrre quel fono, sulla base della cinestesia (o consapevolezza dei movimenti articolatri e fonatri necessari), anche in
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CONTINI (1959:263). YULE (1997:60)

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assenza dello stimolo uditivo immediato; guidandosi, per, con la memoria uditiva: particolare di quel suono d'una lingua precisa, o generale, determinata dal confronto coi foni simili, sulla base Infatti, il quarto punto fondamentale definitivo proprio quello, come si dice, di riuscire a simboleggiare quel fono particolare, trovando il simbolo piu adatto, fra qualche centinaio (non solo qualche decina) d'elementi. Se poi, a ragion veduta, nessuno dei simboli disponibili in grado di rappresentare degnamente un fono particolare, bisogna riuscire a identificarne la posizione, rispetto a tutti gli altri noti, in modo da capire se davvero costituisce un altro fono, per il quale servir un simbolo adeguato, da escogitare secondo i criteri generali della necessit, della distinguibilit e della disponibilit consultando il Maf15. L'acustica poi non in grado di distinguere l'importanza d'ogni singola caratteristica; perci, finisce col porre sullo stesso livello ci che essenziale (: fondamentale e tipico), oppure complementare (: ugualmente abbastanza importante) e ci che, invece, accidentale (: di puro disturbo, nel senso d'un banale appiattimento o, al contrario, d'un'eccessiva differenziazione acritica). Dell'esperienza d'ascolto e produzione di foni di molte lingue. La competenza fonologica dei nativi si basa soprattutto sullessenziale: competenza fonotonetica dellanalista utilizza anche il complementare; la competenza strumentale non distingue l'accidentale dagli altri due (e, troppo spesso, confonde soltanto).
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Cfr. = Manuale aggiornato di fonetica CANEPARI (2005:23).

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Un altro grande vantaggio dell'impiego oculato d'un considerevole numero d'accurati simboli segmentali (afoni e fonemi) e soprasegmentali (prosodici: durata, accento, intonazione e ton[ed]i) consiste nel fatto che, in questo modo, si forniscono gi molte importanti informazioni su ci che un tempo si definiva base/impostazione articolatola. A guardar bene, usando simboli precisi, si forniscono tutte le fondamentali informazioni fono-tonoarticolatorie, che -gi da sole- portano (e spontaneamente) al confronto coi sistemi fonici d'altri idiomi, se trascritti altrettanto fedelmente. Infatti, emergono subito tutte le differenze, anche intonative, che non sarebbe possibile includere utilizzando altri metodi, piu teorici e molto piu approssimativi: indispensabile riuscire a farla davvero, secondo il metodo della fonetica naturale, semplicemente, metodo fonetico. Infatti, non basta percepire, bisogna recepire; non ci si deve accontentare di scorrere superficialmente, si deve osservare ed esaminare attentamente: non affatto sufficiente sentire e vedere, necessario ascoltare e guardare (ovviamente, le trascrizioni e gli svariati diagrammi: vista, udito e anestesia sono imprescindibili). Secondo quest'impostazione globale, ogni sistema fonico un organismo a s; completo e autonomo. Ha i suoi fonemi, con tutti i tassofoni, e ha i prosodemi, con le realizzazioni particolari (per durata, accento, toni e intonazione). Per fare un semplice esempio, un elemento vocalico d'un idioma, per quanto simile a quello d'un altro idioma, dev'essere in relazione solo con gli altri elementi vocalici (ma anche consonantici e prosodici) del proprio sistema fonico, nel proprio spazio fonemico. Ogni sistema fonico un organismo a s; completo e

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autonomo, ha i suoi fonemi, con tutti i tassofoni, e ha i prosodemi, con le realizzazioni particolari (per durata, accento, toni e intonazione). Un elemento vocalico d'un idioma, per quanto simile a quello d'un altro idioma, dev'essere in relazione solo con gli altri elementi vocalici (ma anche consonantici e prosodici) del proprio sistema fonico, nel proprio spazio fonetico. Per codificare e decodificare si deve fare sempre riferimento costante solo a ci che fa parte del sistema specifico della lingua che si vuole usare. Tras-leggere va indica lggere una trascrizione in modo adeguato, ricorrendo ai veri foni (e toni e intonazione) che appartengono alla lingua trascritta. Non significa, al contrario, leggere una trascrizione alla buona, semplicemente coi foni del proprio accento personale. Altrimenti, il risultato un ibrido incredibile e improponibile che cerchiamo d'esemplificare, qui, ricorrendo ad espedienti tipografici, che potranno suggerire l'effetto che ci proponiamo, per mostrare le stonature, che fanno restare ben lontani dallo scopo utile e divertente - del metodo fonetico. La coesione fondamentale all'interno d'un sistema unitario e omogeneo perci se utilizziamo i foni e gli elementi prosodici di una lingua diversa dalla propria lingua materna bisogna rispettare i foni della lingua che utilizziamo. Gli elementi d'una lingua non sono mai esattamente come quelli dellaltra; almeno, per i rapporti diversi che intercorrono con gli altri elementi della stessa lingua. La vocale [i] della lingua italiana simile alla Vocale [i] della lingua spagnola e portoghese (brasiliano o lusitano), o del francese; per, la vocale [i] dello 'oppone solo ad altri quattro fonemi vocalici [e, a, o, u, ]

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quello brasiliano s'oppone ad altri sei [e, , a, ,o,u]. Anche un sistema che sembra simile ad un altro sono delle differenze di foni. Ogni lingua ha un sistema fonotonetico duna zona o di un gruppo sociale localizzabile. Pertanto se si vuole indagare sulla fonetica di una lingua, si deve analizzare e indagare prima bene sulla lingua materna per fare dei confronti necessari in modo oggettivo e sistematico. La fonetica articolatoria studia i suoni di una lingua sotto l'aspetto della loro produzione attraverso l'apparato fonatorio, descrive quali organi intervengano nella produzione dei suoni, in quale posizione s'incontrino e come queste posizioni interferiscano con il percorso dell'aria in uscita dai polmoni attraverso la bocca, il naso o la gola per produrre suoni differenti e non si occupa di tutte le attivit che intervengono nella produzione di un suono, ma seleziona solamente quelle che attengono al luogo di articolazione. I simboli fonetici sono solo abbreviazioni della descrizione articolatoria di un suono, nonch una sua approssimazione in determinate classi detti foni, dal momento che nessuno in grado di riprodurre due volte lo stesso identico suono. I simboli pi utilizzati sono quelli dell'AFI, l'Associazione fonetica internazionale, conosciuta anche come IPA. Gli organi che intervengono nel processo di fonazione, possono essere mobili o fissi. Sono organi mobili le labbra, la mandibola, la lingua e le pliche vocali ("corde vocali"), chiamati anche gli organi articolatri o semplicemente gli articolatri. Variando la posizione di questi, il parlante modifica il flusso dell'aria polmonare. Sono invece organi fissi i denti, la

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radice dei denti, il palato duro e il palato molle (velo palatino). I suoni si producono quando si portano in contatto due articolatri, per esempio il (fono) bilabiale [p], che si produce col contatto di entrambe le labbra; cos quando si pongono in contatto due organi articolatri il suono che si ottiene si nomina con gli organi che si avvicinano o si congiungono in un punto d'articolazione particolare: per esempio [f] si definisce fono labiodentale, perch il labbro inferiore entra in contatto con gli incisivi superiori. L'organo mobile la lingua e non si fa in genere riferimento ad essa (tranne in casi particolari, come per i rari foni linguolabiali) per denominare il fono, cos [t], che si produce, quando la punta della lingua tocca la parte posteriore (in inglese piuttosto la radice, gli "alveoli") degli incisivi superiori si chiama semplicemnete dentale (alveolare in inglese). Il modo d'articolazione si determina per la disposizione degli articolatri mobili nella cavit buccale e come impediscono o restringono il passaggio dell'aria. Questa azione pu consistere nell'interruzione istantanea e completa del passaggio dell'aria, con i foni cosiddetti occlusivi che sono di tipo momentaneo. Nei foni cosiddetti nasali ugualmente si ha interruzione completa del flusso dell'aria nella bocca, ma aperta il passo nasale per fare uscire il flusso nella cavit nasale ottenendo cos un fono continuo Nei foni cosiddetti laterali la lingua si accosta solo alla parte centrale della cavit buccale lasciando passare l'aria dalle parti o anche da una parte sola (foni unilaterali). Nei foni vibranti la lingua vibra ripetutamente (almeno pi di tre volte) creando una

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serie di brevissime occlusioni. Nei foni vibrati il meccanismo intermedio tra quello occlusivo e quello vibrante: consiste di una rapidissima singola occlusione, di articolazione assai pi instabile che negli occlusivi veri e propri. Nei foni costrittivi gli articolatri non chiudono il passaggio ma provocano un restringimento per l'aria che produce una caratteristica frizione (e si chiamano per questo anche fricativi bench il termine non sia articolatorio ma piuttosto acustico). Se il passaggio pi largo, la frizione non si produce e il fono si dice approssimante il passaggio dell'aria continuo ma in qualche modo alterato e reso instabile dalla posizione degli articolatri. Tutti questi modi di articolazione si chiamano contoidi. Nei vocoidi invece, il passaggio dell'aria completo, continuo, stabile e senza nessun restringimento.Ci sono alcune articolazioni particolari. I contoidi cosiddetti semiocclusivi (acusticamente affricati) hanno due fasi strettamente legate l'una all'altra: una fase occlusiva e una costrittiva. Entrambe sono omorganiche, cio devono avere lo stesso punto d'articolazione; inoltre l'occlusione rimane in qualche modo presente anche nella fase di rilascio costrittiva: per questi sono stati definiti anche: foni occlusivi con rilascio udibile costrittivo. Questa anche la ragione per cui scriverli con due simboli errata: si deve usare il monogramma (presente nelle estensioni fonetiche dUnicode anche se non previsto ufficialmente nelle ultime revisioni dell'IPA). Esistono altre notazioni non ufficiali IPA: per esempio, il simbolo dell'occlusiva con un circonflesso sopra come in esperanto, oppure l'uso di caratteri usati nelle lingue slave o baltiche che

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utilizzano l'alfabeto latino c per [t-\s], per [t-\S]. Esistono poi particolari "conoidi sillabici" (intensi e generalmente allungati) che possono costituire apice sillabico e al contrario ovoidi asillabici (pi brevi e meno forti di quelli comuni) che possono solo essere elementi (asillabici) di un dittongo. I vocoidi si distinguono per la varie posizone della lingua: in particolare il punto mediano del dorso spesso preso come punto di riferimento. A seconda dell'altezza (la posizione rispetto al palato) e dell'(anteriorit-) posteriorit (la posizione rispetto al palato anteriore e al velo palatino) si distinguono vocoidi alti, medi e bassi secondo l'asse verticale (sono necessari spesso gradi intermedi, come medio-bassi, medio -alti e simili) e anteriori (o palatali), centrali e posteriori (o velari) sull'asse orizzontale (anche qui spesso sono necessari gradi intermedi come antero-centrali e postero-centrali secondo il grado di precisone richesto). A seconda della presenza o meno dell'arrotondamento labiale poi si distinguono vocoidi arrotondati (procheili) e non-arrotondati (aprocheili). I vocoidi pi frequenti nelle varie lingue sono [a], [i] e [u], che rappresentano anche il massimo degli spostamenti del punto media del dorso della lingua sulle due assi (orizzonatale e verticale). In particolare [a] di gran lunga il fono pi frequente ed presente nella maggior parte delle lingue del mondo. Gli orogrammi hanno dei segni convenzionali, che aiutano a comprenderli (e a distinguerli fra loro). Perci, importante conoscerli bene, per utilizzare - al meglio - il ricco apparato iconografico. Negli orogrammi vocalici importantissimo

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osservare attentamente dov' collocato il segnale che indica il centro del dorso della lingua. Ancora pin importante osservare la posizione precisa nel vocogramma bianco (o trasparente) in miniatura, al centro della cavit buccale (rispetto alle posizioni pin precise raggiungibili nei vocogrammi normali, pin grandi) e la forma assunta da tutto il dorsa, al fine di confrontare i vari orogrammi vocalici fra di loro (o una parte di loro, come - per esempio - quelli riguardanti una data lingua). Ugualmente importanti, perch connesse fra loro, sono pure l'osservazione della posizione delle labbra (soprattutto per i vocoidi arrotondati) e dell'apertura mandibolare, che ricavabile dallo spazio visibile fra gl'incisivi superiori e inferiori. Tutto questo deve portare alla vera conoscenza delle articolazioni vocoidali e dei vari movimenti che contribuiscono a determinarle, alfine di possedere una panoramica attiva - e non semplicemente passiva. Lattivismo mestico passivo non produce buone conoscenze. Una giusta analisi e descrizione dei vocoidi d'una data lingua avviene tramite i vocogrammi veri e propri, che riescono a mostrare le sfumature in modo molto accurato e pertanto consideriamo ci che si pu trovare nei vocogrammi, che vanno osservati con molta calma, analizzandoli e scrutandoli, in tutte le loro graduazioni, se vogliamo ben avvicinarci allo studio di una lingua. Essa si manifesta per vocoidi, tonalit,e contoidi16 e anche un infinitesimale
16

DE MAURO (1999:236).

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differisce sul tonogramma e orogramma. Gli orogrammi, che sono fondamentali per le consonanti, abbiamo alcune convenzioni, piu o meno intuibili. Per esempio, per i nasali, sufficiente che il velo sia abbassato, ma anche nel caso d'articolazioni nasalizzate, come i vocoidi o contoidi17. C' anche la prenasalizzazione e l'esplosione nasale. Gli occlusivi, il velo sollevato e, come pure per i nasali, c' un contatto tra due (o piu) articolatori. Gli orogrammi dei costrittivi esibiscono un avvicinamento consistente tra due (o piu) articolatori, oltre a un'utile convenzione (anche se meno oggettiva, o meno palese), che consiste in una riga nera orizzontale, subito sopra la base degli orogrammi, che allude, in qualche modo, alla costrittivit (in questo caso, al rumore di frizione prodotta dall' aria, nel punto di massimo restringimento). Se la riga non continua, ma divisa in tre segmenti (come per [j]), abbiamo un conto ide semi-costrittivo (intermedio fra costrittivo e approssimante). I costrittivi solcati, c' anche un tratto curvo posto sulla corona della lingua, che vuole ricordare, appunto, il solco longitudinale, tipico di questi contoidi. Nel caso dei semi-costrittivi, anche il tratto del solco segmentato. Ovviamente, queste indicazioni appaiono anche negli orogrammi degli occlucostrittivi.

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DE MAURO (1999:153 ss).

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1.2 Descrizione scientifica dei orogrammi Per descrivere la struttura fonetica del suono parte dalla osservazione e descrizione scentifica degli organigrammi vocalici Losservazione costituisce il primo momento di analisi perch esplora liter di produzione del suono. Legenda
Posizione del segnale = che indica il centro del dorso della lingua e ancora osservare la posizione precisa del vocogramma bianco, situato al centro della cavit buccale e la forma assunta da tutto il dorsoal fine di confrontare i vari orogrammi vocalici. Osservazione della posizione delle labra= per i vocoidi arrotondati; Apertura mandibolare.

I vocogrammi sono i segnali rotondi indicano labbra arrotondate (come per [u, o, ]), e quelli quadrati, labbra neutre. Sono anche i vocoidi che possono ricorrere accentati o non-accentati; per questi, i segnali sono nerobianchi, cio neri col centro bianco, come avviene in italiano per [i, e, a, o, u]: lidi, rete, casa, solo, cultu(ra) ['li:di,re:te,'ka: za,so:lo kul'tu:(ra)].

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Segnali diversi per vocoidi:

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Fig. 4.5 Possiamo incontrare quadrotati o (quadrati e rotati di 45 ), per indicare posizioni labiali semiarrotondate, intermedie. utile, oltre che la forma dei segnali la colorazione: bianca indica vocoidi non-accentati come in [o] : grido, poche [gri:do; poi:ke]; la colorazione nera indica vocoidi sempre accentati: no [n ].

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Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI (2005:26).

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Segnali per varianti:


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Fig. 4.6 La colorazione pu essere di colore grigio, per indicare varianti (contestuali come i tassofoni o per accenti regionali come i geofoni o di gradazioni sociali. necessario escogitare qualche differenza iconica, o cromatica, per poter indicare alcune realizzazioni tipiche (senza dover aggiungere vocogrammi supplementari), in dipendenza. dalla. posizione- nella. parola. rispetto- ai confini, o all'accento, o alla struttura sillabica, o alla minore frequenza d'uso, o alla semplice possibilit di ricorrere, che saranno chiare, osservando i contesti indicati (attorno al vocogramma), o spiegate verbalmente (nel testo). La soluzione pi frequente impiego di bordi tratteggiati, soprattutto per vocoidi bianchi (: non-accentati). I dittonghi (ovviamente formati da due vocoidi tautosillabici [cio: nella stessa sillaba], che si mostrano tramite il segnale adeguato per il punto di partenza, che viene fatto proseguire, fino alla posizione esatta del secondo - elemento del dittongo, con una linea nera continua. Se il punto d'arrivo un vocoide non-arrotondato, sufficiente la
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Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI (2005:27).

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linea; se, invece, un vocoide arrotondato, s'aggiunge, alla fine, un pallino piccolo. Se il punto d'arrivo d'un dittongo semi-arrotondato il segnale piccolo da usare quadrotato, come lo sarebbe pure l'eventuale segnale grande del primo elemento, con analoga posizione labiale. D'altra parte, attorno al vocogramma, si collocano le trascrizioni fonemiche e fonetiche, che completano le informazioni:

Dittonghi accentati:

Fig 4.7 I dittonghi possono essere estesi, quando hanno una linea abbastanza lunga, oppure ristretti, quando la linea piuttosto corta. Oltre a questi dittonghi ditimbrici, con vocoidi diversi all'inizio e alla fine, ce ne possono essere di monotimbrici, col secondo elemento uguale a quello iniziale, ma collocato in un punto diverso della rispettiva casella. Questi ultimi sono senz' altro parecchio ristretti e,

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spesso, la linea brevissima, tanto che, soprattutto nel caso di dittonghi montimbrici, che corrispondano-quasi a dei fonemi vocalici lunghi, la linea tratteggiata si pu, benissimo, ridurre a un breve segmento, o al semplice pallino, se il secondo elemento arrotondato. La geminazione vocalica, o sdoppiamento vocoidale, si ha quando si tratti di vocoidi non sono brevi, ma nemmeno di dittonghi monotimbrici (come risulta dai vocogrammi); comunque, lo stesso vocoide ripetuto, nella fonosillaba, ma senza il bench minimo spostamento all'interno della casella del vocogramma: [aa]. Quando un dittongo ha il primo elemento uguale a quello d'un monottongo, presente nello stesso vocogramma, s'indicano simultaneamente il monottongo e il dittongo, grazie all'impiego d'una linea tratteggiata, invece che continua (che indicherebbe semplicemente un dittongo). Eventuali varianti di dittonghi, inoltre, sono indicate con un segnale grigio e con la linea continua (oppure, se si tratta d'una variante non-accentata, il segnale sar bianco con il bordo nero tratteggiato, come la linea): Monottonghi e dittonghi con eguali punti di partenza:

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Fig. 4.9

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Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI (2005:29).

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I dittonghi, si possono classificare di tre tipi: dapertura (quando il secondo elemento pi basso), di chiusura (col secondo elemento piu alto), e di centratura (quando si passa a [], o a []). Nella figura suindicata i dittonghi con la linea atre segmenti, presenti nel primo e terzo vocogramma, [a] o nel secondo e terzo, [], possono esser considerati di chiusura/apertura, oppure di centratura, a seconda dell'interpretazione fonologica anche anche se lo stesso idioma presenta, o no, dittonghi simili in altre posizioni del vocogramma. Dittonghi -di chiusura, -d'apertura e-di -centratura.

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Fig. 4.10

Costrittivi non-solcati e solcati

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Fig. 4.11
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Le Tabelle sono state tratte da: CANEPARI (2005:29). Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it

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Per gli approssimanti, c' -visibilmente- piu spazio fra gli articolatori e manca la riga orizzontale (dei costrittivi); ci pu, per, essere una freccia nera, leggermente piu piccola di quella dei laterali, per indicare la contrazione laterale, o lateralizzazione aggiuntiva, che accompagna e caratterizza alcuni degli approssimanti. I semiapprossimanti hanno una riga orizzontale punteggiata. I contoidi vibranti, vibrati e vibratili sono caratterizzati da un pallino scuro posto sull'articolatore mobile (apice, uvula, labbro). Inoltre, per i vibranti, s'aggiunge una parte tratteggiata, e, per i vibratili, due Per i fibra(n)ti costrittivi, c' anche la tipica riga orizzontale nera vicino alla base.
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Fig. 4.12

I laterali si riconoscono dalla freccia sulla parte della lingua che costituisce il punto d'articolazione fondamentale. Se la freccia nera, si tratta di contoidi bilaterali; se bianca, d'unilaterali. Se questi ultimi sono anche costrittivi, c' pure la riga orizzontale nera. Se, invece, sono laterale vibrato e laterale o vibrizzato.

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Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it

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Bilaterali e Unilaterali

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Fig. 4.13

Gli orogrammi degli occlu-costrittivi presentano una piccola parte nera, che rappresenta il momento occlusivo di questi contoidi omorganico al punto d'articolazione del momento costrittivo, che lo segue immediatamente, formando la seconda parte di questi foni unitari, anche se composti (con durata globale corrispondente a quella d'altri contoidi, occlusivi o costrittivi, non a quella di sequenze di due foni). Ovviamente, hanno anche la riga nera vicino alla base della figura. Inoltre, gli occlu-costrittivi solcati, presentano pure il tratto curvo (per il solco). Gli occlucostrittivi vibra(n)ti, in piu, hanno il pallino scuro, oltre al tratteggio bianco per i vibranti. Se si tratta d'occlucostrittivi laterali, il momento occlusivo mostrato da una specie d' ovoide nero, con una freccia bianca sovrapposta, che indica la contrazione laterale per il passaggio unilaterale, in quello stesso punto. Per gli orogrammi dei contoidi non-pneumonici, dobbiamo fare alcune osservazioni, cominciando da quelli deiettivi, che - indipendentemente dalle caratteristiche occlusive o occlu-costrittive - presentano, come spiegato ai, il tipico spostamento del dorso verso l'indietro, indicato
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Le Tabelle sono state tratte da: http: //venus.unive.it

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dalla freccia nera che va verso destra. Per gli eiettivi e gl'iniettivi, gli orogrammi sono necessariamente piu grandi, giacch fondamentale mostrare lo spostamento della laringe, indicato dalle frecce (quasi) verticali: verso l'alto per gli eiettivi e verso il basso per gl' iniettivi. La parte della laringe si dovrebbe mostrare anche per gli orogrammi che volessero indicare pure la differenza fra contoidi non-sonori e sonori, come, per esempio, per [k, g], per cui si dovrebbe ricorrere alla, con due orogrammi separati e piu grandi, per far vedere che, per [k], la glottide aperta e non vibra, mentre, per [g], chiusa, non saldamente, e vibra, producendo la voce che distingue [g] da [k]. Un compromesso, per risparmiare spazio, potrebbe essere quello d'impiegare due degli oro grammi limitati (ma piu che sufficienti) e di mostrare, non proprio la glottide, ma una specie di vibrazione dell' onda sonora, ponendo una linea ondulata, l dove comincerebbero a farsi notare l'aria e la voce, come nella parte bassa dell'ultimo orogramma. Ma, generalmente, basta mostrare i normali orogrammi, senza distinzione per la sonorit, che viene giustamente affidata ai simboli, purch siano rigorosi. Se proprio si dovesse insistere particolarmente, per qualche lingua specifica, soprattutto
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Fig. 4.14
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Le Tabelle sono state tratte da: http://venus.unive.it

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I palatogrammi, la parte grigia indica il contatto durante l'articolazione di.determinati contoidi; il ricorso ai palato grammi possibile anche per la verifica dei vocoidi, in particolare non-posteriori; ma, descrittivamente e didatticamente, i vocogrammi e gli oro grammi sono molto pi utili. L'eventuali parti piu scure indicano il punto di contatto completo (della fase occlusiva dei contoidi occlu-costrittivi), mentre, ovviamente, quelle grigie si riferiscono alla fase (omorganica) costrittiva, che quella caratterizzante. Se si confrontano i palatogrammi dei costrittivi e quelli degli occlu-costrittivi corrispondenti, questa peculiarit subito chiara. I dorsogrammi presentano un' altra prospettiva, non piu longitudinale, ma trasversale, e servono soprattutto per mostrare la differenza fra lingua piatta (posizione nonmarcata, giacch richiede un minor numero di tratti fonici) e lingua solcata oppure contratta lateralmente (o lateralizzata), che costituiscono le due posizioni marcate, rispetto all'altra. I labiogrammi di profilo (come nelle, l'eventuali frecce indicano la direzione dei movimenti tipici, attivati da determinati muscoli facciali. I labiogrammifrontali quelle appena indicate) si spiegano da soli, anche per quanto riguarda lo spazio verticale, progressivamente maggiore, in dipendenza dall' apertura mascellare. Inoltre, mette in rilievo la differenza fondamentale che c' tra vibranti, vibrati e vibratili, per quanto riguarda il tipo e il numero di contatti. Altri diagrammi utili sono i laringogrammi, che sar bene analizzare con attenzione. Ovviamente, si tratta di laringogrammi ottici (e fissi in un particolare istante, oltre che schematici), come si possono vedere con un laringo-

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scopio, o specchietto da otorino(laringoiatra); non dei laringogrammi acustici, che misurano le vibrazioni delle pliche vocali, cio un compromesso d'oscillazione fra [r, f, l, 1], rispettivamente vibrato, vibrato laterale (o lateralizzato), laterale vibrato (o vibratizzato) e laterale (senza il prevalere effettivo d'uno di loro, nella pratica abituale. I tonogrammi, che sono divisi in tre fasce sovrapposte (di tonalit alta, media e bassa [non assoluta, ma relativa alla voce d'ogni singolo parlante]). Sia nelle protonie che nelle tonie, come pure per i toni, le linee, collocate ad altezze (e con direzioni) diverse, indicano fono-sillabe accentate, mentre i punti indicano fono-sillabe non-accentate; linee intermedie, come grandezza, ovviamente, indicano fono-sillabe semi-accentate (con accento secondario, ma con la tonalit indicata dalla collocazione nel tonogramma). Nelle trascrizioni fonotonetiche, gli accenti secondari sono indicati da due puntini vicini (e piu piccoli del punto isolato), con direzioni diverse, secondo le necessit tonetiche; l'accento secondario di tonalit media, per esigenze di perspicuit (per non confonderlo con un trattino di separazione sillabica) segnato con [,$]. In fondo, anche l'accento primario, per gli stessi motivi, segnato ['$]. Fonosillabe senz'accento (o meglio con accento debole, cio pia debole del secondario) non hanno nessun segno; mentre, nelle lingue tonali, le fonosillabe con tono medio e con accento debole sono precedute da un punto ad altezza media.

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CAPITOLO SECONDO

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Capitolo Secondo

ANALISI DEL TESTO POETICO Analisi fonostilistica Il castello incantato dello stile tra retorica, linguistica e critica letteraria26 Silvestri definisce lo stile l'oggetto di studio della stilistica non di facile definizione, non solo per la pluralit dei punti di vista possibili (retorica, linguistica, critica letteraria), ma anche per una sua intrinseca complessit e per una sua inevitabile tensione tra aspetti individuali altamente idiosincratici e codici e canoni di lunga durata. Lo stile, in tal senso, paragonabile al castello incantato di ariostesca memoria, dalle mille stanze in cui si aggirano simulacri di personaggi illustri ed in cui ciascuno di noi si illude di o, in una certa misura, riesce a compiere un proprio, personale viaggio. La retorica stata ed tuttora una mappa a link per navigare nei meandri di questo brosuer virtuale e affascinante. Basti ripensare alle sue figure, ai generi letterari che essa gittima, al canone (stile umile, medio, sublime) che essa predica. La critica letteraria, a questo punto, cerca riscontri analitici in una linguistica che non prescrive (come faceva la vecchia retorica), ma in grado
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SILVESTRI (1994:44).

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di descrivere in modo esauriente, coerente e semplice i fenomeni dello stile e pu anche tentare di circoscrivere la sua essenza. La fonostilistica studia la fonologia diacronica. L'allitterazione le figure sequenziali sulle quali abbiamo richiamato 1'attenzione rientrano in una dimensione pi vasta del linguaggio poetico, di forte valenza stilistica, riassumibile sotto 1'etichetta di ripetizione. L'aspetto pi vistoso della ripetizione in poesia dato da una serie di fenomeni riconducibili ai canoni ben precisi della metrica e della ritmica. D'altra parte pu darsi che in una lingua due fonemi non s'incontrino mai nello stesso contesto fonico, e non per questo si deve dedurre che siano varianti combinatorie anzich fonemi. Nuovo sviluppo ha preso poi lo studio dei tratti non pertinenti, soprattutto dei tratti enfatici. Questo studio la fonostilistica che analizza la funzione di tutti i tratti fonici. non solo di quelli distintivi e vengono prese in considerazione tutte le varianti fonetiche. Martinet viene considerato l'erede attuale della scuola praghese, distingue due articolazioni. nel linguaggio: la prima distingue nella catena parlata una serie di elementi portatori di un contenuto e aventi una forma; tali unit (parole, desinenze. ecc.) non si scompongono ulteriormente. Scomponibile invece la forma, che analizzabile in una serie di unit minori ([pane] in [P] + [a] + [n] + [e], ciascuna delle quali concorre a distinguere quella forma da altre. come [vane], [pone], [pare], [pani]); questa la seconda articolazione e ne fanno parte i fonemi. Infine la prosodia che studia i tratti d'intonazione, intensit, durata, che possono accompagnare un discorso. Cio come la definiva Trubetzkoy la funzione culmitativa degli elementi fonici.

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Laccento poich ha funzione culminativi, ma pu avere anche funzione demarcativi, se laccento fisso I fatti prosodici non coincidono necessariamente con i fonemi; l'intonazione accompagna i fonemi, e non ha funzione distintiva ma significativa. Alcuni chiamano i tratti prosodici tratti soprasegmentali, appunto perch non coincidono con i singoli elementi della catena parlata, ma sono paralleli ad essa, si sovrappongono ai fatti fonemici, restando indipendenti da questi. Quanto alla classificazione delle opposizioni fonologiche, che J. Cantineau ha proposto nel 1955 un sistema meno complesso di quello praghese; prendendo dalla matematica moderna il concetto di insieme, ha distinto quattro solo casi di possibili relazioni fra due insiemi (cio insiemi di tratti distintivi), in cui rientrano tutti i tipi di opposizioni. Nella relazione d'identit. (in cui non sussistono opposizioni) rientrano le varianti combinatorie; nella relazione d'inclusione rientrano le opposizioni privative e graduali e bilaterali (quando cio tutti gli elementi di un insieme sono inclusi nell'altro, pi ampio); nella relazione di sovrapposizione, sono comprese le opposizioni equipollenti e multilaterali (solo una parte di un insieme partecipa all'altro; cos i termini di un'opposizione multilaterale hanno in comune alcuni tratti, non tutti); infine nella relazione d'esteriorit, i due insiemi non hanno nulla in comune. In sostanza questo criterio non altera in nulla quello tradizionale, ma raggruppa soltanto i tipi di opposizioni in categorie logiche pi ampie. Una classificazione rivoluzionaria invece quella proposta dagli assertori della teoria binarista, di Roman Jakobson e i suoi allievi americani che affermavano che i tratti distintivi dei fonemi sono elementi diversi a carattere

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binario; ogni opposizione fonologica si basa sullopposizione dei termini contraddittori caratterizzati dalla presenza assenza dei tratti distintivi capaci di classificare tutti i fonemi consonantici e vocalici, mediante la tassonomia dei suoni secondo criteri fonetici. Si contraddistinguono cos tratti distintivi universalmente validi per tutti i fonemi delle lingue, cio 12 opposizioni binarie caratterizzate dalla presenza o assenza di essi: vocalico non-vocalico; consonantico non-consonantico; teso rilasciato; brusco molle; stridulo morbido; compatto diffuso sonoro sordo; nasale orale; discontinuo continuo; grave acuto; piatto liscio; diesizzato non-diesizzato27;

Il sistema fonologico di ogni lingua risulter da una tabella in cui, sotto ogni fonema, appare un + o un - in corrispondenza della qualit presente o assente; un esempio la tabella dei fonemi italiani secondo . Muljaci. Il vantaggio dell'universalit comporta per lo svantaggio della grande schematicit. Un'altra critica che stata mossa a tale sistema quella di tralasciare ci che particolare di una lingua, per la
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MULJACI (1960:392).

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necessit di fare rientrare qualunque sistema in un unico tipo di tassonomia. Ma la teoria binarista continua a incontrare aderenti tra illustri linguisti. Come R. Jakobson si pu considerare anche il padre della fonologia diacronica (Principi di fonologia storica del 1931), che stata perpetuata con grandi frutti dal Martinet. L'importanza di tale ricerca fu vista da Jakobson, che volle superare la dicotomia saussuriana fra analisi sincronica e diacronica della lingua. Il vero studio diacronico , per i fonologisti, non l'esame dei fenomeni singoli seguiti in senso verticale attraverso il tempo, ma il confronto di due stadi successivi di una lingua, cio di due sistemi successivi. Ci illumina sul valore dei mutamenti. inquadrandoli in tutto il sistema fonologico di cui fanno parte; infatti i mutamenti singoli non trovano spiegazione che come modificazioni del sistema. La fonetica storica diventa storia dell'evoluzione di un sistema fonologico. che tende all'equilibrio e all'armonia; i fonemi tendono a disporsi in correlazioni, quelli che non vi rientrano tendono a sparire. Semplici varianti possono diventare fonemi autonomi e quindi alterare il sistema fonologico che trover un nuovo assetto. I concetti e i metodi della fonologia diacronica sono stati proficuamente applicati per illustrare il passaggio dal sistema latino. I fonemi correlati si dicono integrati, e sono i pi stabili in una correlazione si dicono integrati. e sono quelli pi stabili. Il sistema esercita una sua attrazione nel senso che tende ad assorbire in qualche correlazione i fonemi non integrati, che probabile che vadano a riempire il posto lasciato libero in seguito a qualche

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mutamento fonetico. Perch il sistema oltre che allequilibrio e all'armonia tende alla stabilit. L'allitterazione di un fonema modifica tutto il sistema delle opposizioni. per cui possono seguire mutamenti a catena finch non sia raggiunto un nuovo equilibrio Un'opposizione frequente quanto pi lunga ed ha anche probabilit di mantenersi ;i termini di un'opposizione che compaia raramente tendono a perdere il loro valore distintivo e a diventare varianti fonetiche o a identificarsi foneticamente. Ci perch il loro rendimento come fonemi basso. I fonemi impegnati in una correlazione hanno maggior probabilit di mantenersi, perch le coppie parallele rafforzano anche la loro opposizione. Silvestri definisce lallitterazione una ripetizione di vocali o consonanti omofone, che permette uno scarto stilistico rispetto al linguaggio normale basato sulla ricorsivit e sulla conseguente vettorialit pragmatica di certi suoni. Il poeta persegue, nella scelta delle parole di uno specifico corpo fonico una operazione cognitiva di selezione di parole che ripetizione non-causale dei suoni. Le forme allitterative sono svariate, ma la pi tipica riscontrabile nelle figure sequenziali che andr a descrivere28 : Sequenzialit vocalica della differenza e della ripetizione. I "paragrammi" sono le figure sequenziali del linguaggio poetico e cio le sequenze vocaliche della
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SILVESTRI (1999: 14 ss).

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ripetizione come in: E non dir che amore se non vuoi; E O I O E A OE E O U O I Entra negli occhi senza farmi male C. Calabr E non dir ch amore Se non vuoi; no, non dir ch amore se hai paura. Contrasto Il contrasto la differenza di vocali in sequenza che pu essere di apertura e di altezza come la vocale: a massima apertura e di minima altezza, i-u minima apertura e massima altezza; i di massimo avanzamento in luogo diaframmatici; u di massimo arretramento; Incastro. simbolo grafico: /// La differenza sequenziale di due situazioni identiche tra loro. Nel caso delle vocali in sequenza l'incastro minimo dato da una vocale compresa tra due vocali uguali

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se hai paura. E A/I A/U/A Iterazione Literazione con rovesciamento speculare della tonicit (Ee.eE...). poi variata (..oO.), ma in entrambi i casi realizzata con vocali "medie" ; Parallelismo Il parallelismo prodotto dalla ripetizione di sequenze identiche non contigue (ivi comprese te iterazioni semplici o sintagmatiche) con minima rottura di contiguit (parallelismo ravvicinato), media (parallelismo allontanato), massima (parallelismo polarizzato) e con possibilit di coincidenza con l'iterazione. Specularit I sintagmi duplici e triplici in situazione di coincidenza con parallelismo e con lincastro quando il primo e lultimo degli elementi sono in sequenza identici producono una specularit continua e discontinua polarizzata. Per concludere includer la manipolazione emotiva dellenfasi, che tipica del linguaggio poetico. Enfasi

L'enfasi focalizza, un elemento o pi elementi in una frase. Per enfatizzare un elemento ci serviamo di una particolare intonazione che indichiamo ortograficamente con ______ posto sotto l'elemento da enfatizzare e da una pausa che

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indichiamo ortograficamente con #. Nella frase: Maria fonda un club possiamo enfatizzare il soggetto, cio Maria: Maria # fonda un club il verbo, cio fonda: Maria # fonda # un club o il complemento diretto, cio un club: Maria fonda # un club o pi elementi alla volta. Il significato delle frasi in cui uno o pi elementi sono enfatizzati non subisce una grande modificazione. Tuttavia l'enfasi fa s che l'elemento focalizzato si opponga a un altro elemento29.

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ELIA (1985:23).

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2.1 Analisi fonico-timbrica Linfinito di Giacomo Leopardi30 Sempre caro mi fu questermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dellultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati v.5spazi di l da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo;ove per poco il non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello v.10infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien leterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Cos tra questa Immensit sannega il pensiero mio: v.15e il naufragar m dolce in questo mare

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BUFFONI (1989:234).

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Trascrizione IPA
'z:mpre 'ka:ro mi fu k'kw:st ermo 'k:lle e k'kw:sta 'sj:pe ke da t'ta:nta 'pa:rte dell ul'ti:mo orit':nte il 'gwa:rdo es'klu:de. ma se'd:ndo e mmi'ra:ndo intermi'na:ti s'pa:ti di 'la dda k'kw:lla e ssovru'ma:ni si'l:ni e pprofondis'si:ma kw'j:te jo nel 'p:nsjer mi 'fi:go ':ve per 'p:ko il non si s'paura 'k:me il 'v:nto ':do s't:rmir tra 'kw:ste 'pja:nte jo 'kw:llo ifi'ni:to si'l:njo a k'kw:sta 'v:e vo kompa'ra:ndo e mmi 's:vvjen l e't:rno e lle 'm:rte s'ta:on e lla pre'z:nte e v'vi:va e il swon di lei ko'zi ttra 'kw:sta immnezi'ta ss an'n:ga il 'p:nsjer mjo e il nau'fra:gar 'm d'd:le i 'kw:sto 'ma:re

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Contrasto simbolo grafico: / Contrasto bilaterale di apertura e di altezza v. 4- Ma sedendo e miran do interminati a e E e i/A / i e iA/i v. 8 -Il cor non si spaura. E come il vento i O o i/ a/ u e O i E o Contrasto di luogo diaframmatico v.1 Sempre caro mi fu quest'ermo colle E e A o i/U e E o O e I v. 4 e 8 sono pi "potenti" del v 1 perch nelle stesse figure sequenziali combinano due contrasti (dapertura e daltezza). Si noti inoltre che nel v. 4 e in v 8 contrasti bilaterali omofonici Incastro simbolo grqfico: /// Incastro minimo v. 3 - Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude

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e U /i o

i O

A /e/ /U/ e/

Incastro-medio v.4- Ma sedendo e mir and o, intermin at i a e E e /i/A/ ie i/ Ai Incastro-massimo E questa siepe, e Ea E e che da tanta parte e a A a A e

la potenza evocativa del v. (4) consequenziale all'iterazione all'incastro e alla concomitanza del contrasto; quella (superiore) di v (2) data dalla "pervasivit" del fenomeno e dal suo carattere "perfetto" (incastro di "a" atona tra due coppie di "e", di cui la prima atona e la seconda tonica nella prima coppia, la prima tonica e la seconda atona nella seconda; incastro di quattro "a". Area della ripetizione: Iterazione Simboli grafici vocalici a,A e,E o,O i,I u,U ** :: ^^ .. Iterazioni semplici bimembri (omofoniche 1-2, diafonica 3)

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v.1- Sempre caro mi fu questermo colle E e A o i/U e E o O e : : :: ^ ^ Iterazioni semplici bimemebre, trimemebre, quadrimemebre (omofoniche 1.2,diafonica 3)

v.2- E questa siepe che da tanta parte e Ea E e e a A a Ae :: :: : * * ** Iterazione sintagmatica bifonica bimemebre

v.3- Dell ultimo orizzonte il guardo esclude e U/i o i o i / A eUe * ^* ^ Iterazinone sintagmatica trifonica bimemebre e iterazioni semplici bimemebri e trimembri omofoniche v.12- E le morte stagioni, e la presente e e O e a O e a e E e : : ^ : * ^ : * :: : Iterazione sintagmatica quadrifonica bimembre

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iterazioni semplice bimemebre v.4- Ma sedendo e mir and o, interm in a ti a e E e i/ A/ i e i/ A/ i :: : * * * : * * * Literazione semplice bimemebre del v. presenta dapprima un parallelismo con rovesciamento speculare della tonicit (Ee.eE...) poi variata (..oO.), ma in entrambi i casi realizzata con vocali "medie" (assenti dai contrasti); nel v. 2 ripresa con un rovesciamento sequenziale delle toniche con un parallelismo ravvicinato (eE.Eee..) che poi si estende nella sequenza quadrimembre della vocale "a" (aAaA.). Nel v. 3 la tonicit debole e "imperfetta" (io.. iO), preceduta e seguita da contrasti (.U/i...i/A..), ma in v.12 c una pervasiva potenza, come mostra 1a presenza di una coppia trifonica perfetta(..OeaOea...) tra due iterazioni semplici(eeeEe)omofoniche. Parallelismo Parallelismo ravvicinato v. Ma sedendo e mir and o, intermin at i a e E e i/ A/ i e i/ A/ i : : : * : * --------------------------Parallelismo allontanato

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v. 14 Immensit s annega il pensier mio: i e i/A a e i e E Io ** : : ----------------------------Parallelismo polarizzato v.5 Spazi di l da quella, e sovrumani A/i i/A a E e o u/A/i * * : : ------Parallelismo ravvicinato di iterazioni semplici v.2 E questa siepe, che da tanta parte e Ea E e ea A a a Ae : : : : : * * **

Parallelismo allontanato di iterazioni semplici v.1 Sempre caro mi fu questermo colle E e A o i/U e E o o e : : : : ^ ^ -------------

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Specularit

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Specularit continua v. 1 Sempre caro mi fu quest ermo colle E e A o i/U e E o O e : : : : ^ ^ ------------------------- -----Specularit discontinua v. 4 Ma sedendo e mir and o, intermin at i a e E e i/A/ i e i// Ai : : : * : * -------------------------------------------------------v. 3 Dell ultimo orizzonte il guardo esclude e U/i oiO i / A e U e ------------------------- ------31

Cfr. I sintagmi duplici e triplici in situazione di coincidenza con parallelismo e con lincastro, quando il primo e lultimo degli elementi sono in sequenza identici producono una specularit continua e discontinua polarizzata Quando leffetto prodotto da vocali avremo sintagmi di fonici e trifonici. Se lomofonia implica la prima vocale e lultima in sequenza si avr coincidenza di specularit con il parallelismo e con lincastro.

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2.2 Analisi morfo-sintattica Linfinito leopardiano, ad un primo livello di analisi, appare un'esibizione di poesia contemplativa. Una lettura pi approfondita, che percorre i vari livelli del testo e che si giova anche di alcuni richiami intertestuali, lo qualifica invece come un documento esemplare di lirica emotiva o di pensiero poetante. Leopardi, infatti, si spinge a rappresentare le stesse forme della rappresentabilit, cio lo spazio e il tempo, ma per andare oltre, al di l dell'orizzonte dell'esistenza storica, attraverso un movimento di pensiero che, pur radicandosi nellesperienza psicologica ed etica del poeta, tende allesperienza dellassoluto come vicenda gratificante di auto-annullamento, di morte e anche di resurrezione. Lesperienza psicologica ed etica da cui muove Linfinito un'inclinazione edonistica sorretta da una visione materialistica dei fini dell'esistenza umana. Tracce postume di tale inclinazione teoricamente elaborata si ritrovano in alcune fitte pagine dello Zibaldone scritte nellestate del 1820, ossia ad un anno di distanza dalla stesura definitiva della lirica.In quelle pagine leggiamo: Il sentimento della nullit di tutte le cose, la insufficienza di tutti i piaceri a riempirci l'animo, e la tendenza nostra verso un infinito che non comprendiamo, forse proviene da una ragione semplicissima e pi materiale che spirituale. Lanima umana (e cos tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e mira unicamente, bench sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicit, che

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considerandola bene, tutt'uno col piacere32. Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti [...]e non ha limiti: n per durata; n per estensione [..]. Il detto desiderio del piacere non ha limiti per durata, perch [...] non finisce se non con l'esistenza [...]. Non ha limiti per estensione perch' sostanzialmente in noi, non come desiderio di uno e pi piaceri, ma come desiderio del piacere [...] materiale, e non si pu dedurre nulla di grande o d'infinito in favore dell'anima umana [...] e placando un piacere, lanima non cessa di desiderarne latro, come no cessa mai di pensare, perch il pensiero e il desiderio del piacere sono due operazioni egualmente continue e inseparabili 33 L'istanza edonistica, come dato vedere nei passi citati, si lega, sotto 1'aspetto dell' estensione, al problema dello spazio e, sotto l'aspetto della durata, al problema del tempo; essa cos si converte nell'istanza metafisica dell' assoluto inteso come piena felicit e, quindi, come piacere illimitato o infinito e, come tale, sottratto ai limiti spaziali e temporali. L'appropriazione metafisica dell'assoluta felicit passa attraverso il dominio intellettuale dello spazio e del tempo in virt della forza dell'immaginazione. Soltanto il pensiero pu eguagliare il desiderio, giacch esso al pari del desiderio un'operazione continua e inseparabile dell'anima. Si tratta per di un pensiero sorretto dalla facolt immaginativa, che consente di sopprimere il principio di realt e di trascendere i suoi
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BIRAL (1974: 26). GAVAZZENI (1981:145).

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limiti. Il richiamo intertestuale ai passi citati dello Zibaldone non vuole pregiudicare l'esito interpretativo cui si perverr attraverso l'analisi del testo ma pu valere per disambiguarlo nei tratti in cui esso si carica di significati polivalenti. La costruzione dell'infinito come luogo del piacere assoluto o della felicit si costituisce in una situazione che pone l'io del poeta in rapporto allo spazio e al tempo, i quali non sono soltanto condizioni coordinanti della rappresentazione (nulla rappresentabile se non nello spazio e nel tempo) ma anche condizioni 'strutturanti dell'esistenza (ogni individuo esiste nello spazio e nel tempo). Siffatta costruzione sul piano espressivo travagli a lungo il Leopardi, come attestano tre abbozzi, due in prosa e uno in versi, che precedono la stesura definitiva dell'idillio del '19 e che devono essere assunti come veri e propri precorrimenti avantestuali. Il primo abbozzo in prosa per la sua brevit si riduce allo scatto emotivo di un'esclamazione. Oh quanto a me gioconda quanto cara fummi quest'erma (sponda) plaga (spiaggia) e questo roveto che all' occhio (apre) copre l'ultimo orizzonte. Trascrizione fonetica
'kwan:to a mme o'kn:da 'kwan:to 'ka:ra 'fum:mi 'kwst erma s'pn:da 'pla:ga s'pjad:a e k'kws:to ro'v:to ke all 'k:kjo 'a:pre 'k:pre l ul'ti:mo orit'n:te

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Il secondo abbozzo gi mostra il gioco contrasivo di vicinanza e lontananza, di percezione sensibile e di rappresentazione fantastica34: Caro luogo a me sempre fosti bench ermo e solitario, e questo verde lauro che gran parte copre dell'orizzonte allo sguardo mio35. Lunge spingendosi l'occhio gli si apre dinanzi interminato spazio vasto orizzonte per cui si perde l'animo mio e nel silenzio infinito delle cose e nell'amica quiete par che si" riposi se pur si spaura. Al rumor d'impetuoso vento e allo stormir delle foglie delle piante a questo tumultuoso fragore l'infinito silenzio paragona Qui, in questo secondo abbozzo, il limite dello sguardo non pi costituito dal roveto ma dal verde lauro; emerge il senso dello smarrimento dell'io del poeta (si perde l'animo), lo spazio diviene silenzio infinito delle cose, che genera, pur nella vaga paura dello smarrimento (se pur spaura), il senso riposante di una quiete amica, cio invocata e desiderata come consolatrice e liberatrice degli affanni interiori. Si spiegano cos le motivazioni che rendono caro quel luogo.36 Affiora l'idea del tempo legata all'idea dello spazio da un vincolo chiastico, giacch il silenzio infinito delle cose si fa l'infinito st1enzio, che poi viene contrapposto comparativamente al rumor d'impetuoso vento e allo stormir delle foglie, le cui sensazioni acustiche sono unificate in quelle del tumultuoso fragore; tuttavia c' ancora qualcosa di inespresso quasi una sorta di ellissi concettuale, poich il tumultuoso fragore non esplicitato
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BO (1964:68). BATTAGLIA (1968:123 ss.). 36 GAGLIARDI (1988:258).

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come richiamo al transeunte tempo storico del passato e del presente contrapposto al tempo dell'eternit alluso ne l'infinito silenzio: la contrapposizione resta sul piano delle sensazioni acustiche e non si eleva a contrapposizione concettuale. L'ellissi concettuale permane anche nel terzo abbozzo in versi che si arresta con una pausa forte (il punto fermo) alla prima met del verso: Sempre caro mi () fu quest'ermo colle e questa siepe che da tanta parte de l'ultimo orizzonte (che) il guardo (sparte) esclude. Ma sedendo e mirando interminati spazi di l da quella e sovrumani silenzi, e profondissima iquiete gi nel pensier mi fingo ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo soffiar tra queste piante io quello infinito silenzio a questa voce va comparando. Una lettura comparativa tra gli abbozzi e il testo definitivo dell'idillio mostra la distanza che li separa sul piano espressivo ma anche gli elementi di continuit concettuale. La contrapposizione tra il limite (roveto) e l'illimitato (l'ultimo orizzonte) gi presente nel primo breve abbozzo, ove dato trovare anche lessemi che si ripeteranno nelle successive stesure sia pure con varianti morfologiche (cara, erma, ultimo orizzonte); la forma enclitica del fummi si evolve, con la separazione dell'elemento pronominale, in a me sempre fosti, in cui si ha la seconda persona d'appello e non pi la terza persona, che per si conferma nei testi successivi (mi fu); l'oscillazione

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tra l'uso del verbo essere al passato o al presente, emersa nel primo verso del terzo abbozzo,sar destinata a cadere con l'opzione per il passato37. Nel secondo abbozzo si afferma decisamente il sintagma avverbiale di tempo sempre, che segner l'incipit nei testi successivi in versi. In questi ultimi scompare sul piano lessicale la duplicazione tautologica (ermo e solitario) o cumulativa (interminato spazio vasto orizzonte) del secondo abbozzo; si stabilizzano in modo definitivo i lessemi colle e siepe, che rispettivamente trionfano su sponda, plaga, spiaggia e su rovento e lauro, giacch questi ultimi per la loro determinata specificit mal si prestano ad una trasfigurazione simbolica. Nel testo definitivo viene sostituita l'ineleganza espressiva della ripetizione di due modificatori aggettivali dotati dello stesso tratto semantico di base quali interminato e interminabil, riferiti a spazio e a quiete nei versi 4 e 6 dell' abbozzo in versi, e si assesta la punteggiatura rivolta ad assecondare perfettamente l'impulso ritmico38. Il percorso avantestuale de Linfinito, sul quale ci siamo soffermati, svela le strategie linguistiche messe in atto dall autore per realizzare la compiutezza poetica della defmitiva stesura dell'idillio, che si trasformer in un perfetto equilibrio strutturale costituito da una fitta rete di corrispondenze foniche, lessicali, morfologiche, sintattiche e retoricosimboliche. Linfinito leopardiano pertanto impone, pi di ogni altra poesia, non una lettura lineare ma una lettura reticolare per cogliere l'espansione semantica generata da queste corrispondenze. Rileviamo in prima istanza che l'idea tematica,
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GIRARDI (1994:114). Cfr. Linterpetrazione di questo segmento danalisi prevede la conoscenza della descrizione scientifica di una lingua.

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cio la rappresentazione dell'infinito, che si articola in due distinti blocchi di sette versi e mezzo ciascuno: nel primo blocco (fino a spaura) domina la costellazione parafrastica spaziale, nel secondo la temporale. Ma in realt le due dimensioni dello spazio e del tempo, come dimensioni illimitate dell' infinito, si saldano continuamente; cos la struttura del testo si configura nella forma chiusa di un circolo. Al primo verso sintagma avverbiale Sempre, che segna l'incipit dell'idillio, gi suggerisce l'idea della continuit temporale e trova il suo corrispondente nelloperatore verbale nucleare della classe .naufragar dell'ultimo verso. Il perfetto parallelismo tra il primo e l'ultimo verso realizzato mediante giochi ed artefizi lessicali che sottolineano la partecipazione e il coinvolgimento del poeta, che si manifesta attraverso deittici pre-verbali (Ppv) e giochi di artificio tra densit di suoni (iterazioni-bimebriche), enfasi ed ellisazioni.(mi fu - m'); la partecipazione e il coinvolgimento soggettivo sono espressi con attributi di qualit, che indicano percezioni vedi gli aggettivi (costellazioni emotive ed equivalenze lessicali) emotivosensoriali (caro - dolce); inoltre, i segmenti dei due versi caro mi fu quest'ermo colle - il naufragar m' dolce si dispongono in ordine chiastico; e ancora, il parallelismo si rafforza con la corrispondenza di due lessemi (accompagnati dal medesimo indicatore di vicinanza questo), che denotano due entit naturali (colle - mare): la prima esprime la dimensione verticale, la seconda la dimensione orizzontale delle coordinate spaziali. Il lessema colle denota una realt fisica limitata che appartiene all'uso quotidiano ma acquista un senso di indeterminata vaghezza per l'attributivo prenominale (Pp n)

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ermo, che del registro aulico-letterario; tra l'altro, ermo si lega a colle sul piano fonologico per chiasmo vocalico (ermo colle). Il lessema mare per perde il suo significato denotativo, perch non designa la distesa delleacque salate, e si connota in senso figurale-simbolico, in quanto vale come metafora dell'infinito spazio-temporale. Limpiego metaforico del mare finisce con il metaforizzare la parola colle, che diviene, con le sue linee ricurve limitate, simbolo dellinfinito come la siepe, cui sintatticamente coordinato per identit di funzione (soggetto). Esso interpolato per estensione ellittica della medesima espressione predicativa usata al singolare del operatore verbale e al maschile del modificatore aggettivale (Sempre caro da riferire in modo sottinteso anche a siepe). Il primo verso hanno una connessione fonicotimbrica per la presenza di iterazioni: Sempre caro mi fu questermo colle, v. 1Sempre caro mi fu questermo colle E A o i/U e o e : : : :^ ^ e il naufragar m dolce in questo mare39. E a U A a e O e uE o A e : : : :^ ^ e di contrasto di luogo diaframmatico:

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DI GIROLAMO (1976:169).

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v. 1 Sempre caro mi fu quest'ermo colle E e A o i/U e E o O e Si denota, inoltre, corrispondenza sintattica: i due versi sono, infatti, gli unici enunciati dotati d'indipendenza sintattica, mentre tutti gli altri s'inarcano nel verso successivo (enjambements), determinando la fluenza della continuit ritmica come:
'z:mpre 'ka:ro mi fu k'kw:st ermo 'k:lle

Il poeta, dunque, utilizza certi procedimenti linguistici in funzione di una mirata tecnica rappresentativa. Egli cos giunge alla rappresentazione dell'infinito spaziotemporale partendo da ci che finito, limitato, vicino, percepibile con i sensi, come attestano i lessemi e le locuzioni colle, siepe, orizzonte, il guardo esclude, piante, voce; osserviamo il gioco dei deittici questo e quello: il primo un indicatore di vicinanza, il secondo di lontananza; eppure il poeta trapassa nel giro di pochi versi dalla rappresentazione di un campo corto (questa siepe, v. 1) alla rappresentazione di un campo lungo (di l da quella, v. 5): questa siepe (vicina) divenuta quella siepe (lontana). Lo stesso artificio rappresentativo si ha nei versi 8-10, dove lo stormir del vento tra queste piante (vicinanza) diviene questa voce (vicina e acusticamente percepibile), che per si fa, paradossalmente, il veicolo di quello infinito silenzio (lontananza). La coerenza tra il livello tematico e il livello lessicale emerge attraverso la struttura polisillabica delle parole (orizzonte, interminati, sovrumani profondissima, infinito, comparando, immensit, naufragar(e)); coerente con il livello tematico anche il livello fonico-timbrico

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delle parole, che concorrono ad un effetto di dilatazione attraverso. La vocale aperta a accentata, che si ripete nei versi 4-5 (mirndo, interminti / spzi di l d quella, e sovrumm) e si prolunga al v. 9 (pinte) e al v. 11 (comparndo) e, infine, segna le parole-chiave della chiusura Win-Zip nei versi 14-15 (immensit, naufragr, mre). Qui viene ripreso il gioco del deittico questa immensit, questo mare, che non indica pi la semplice vicinanza ma il pieno dominio intellettuale della rappresentazione spazio-temporale dell'infinito da parte del poeta. La tecnica rappresentativa si avvale ancora, al livello sintattico, di una calcolata disposizione degli aggettivi, dei sostantivi, dei verbi e dei segmenti degli enunciati. Osserviamo che gli modificatori attributivi hanno una collocazione pre-nominale, cio sono posti prima del nome (Ppn) per conferire alla rappresentazione un carattere descrittivo-contemplativo (ermo colle, ultimo orizzonte, interminati / spazi, sovrumani / silenzi, profondissima quiete, infinito silenzio, morte stagioni la presente e viva "questi due ultimi aggettivi sottintendono stagione). Osserviamo ancora che la rappresentazione d risalto prima all'oggetto contemplato e poi all'azione del soggetto che contempla Un terminati/spazi..... sovrumani/silenzi e profondissima quiete/io nel pensier mi fingo...; io quello/infinito silenzio... /vo comparando). Questo medesimo procedimento sintattico d'inversione attuato anche quando sono impegnate non le facolt dell'immaginazione contemplativa ma le facolt sensibili visivo-acustiche (il guardo esclude; come il vento odo stormir). L'ordine sintattico inoltre funzionalizzato ad assecondare la continuit e le pause del ritmo che segna il

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movimento e le soste del pensiero che immagina (mi fingo), riflette (vo comparando), evoca (mi sovvien). L'artificio dell' enjambement rappresenta una vera e propria risorsa espressiva, in quanto consente di situare le parole cui si vuole dare risalto semantico nelle zone versali privilegiate (le parti iniziali e finali del verso o quelle interne al verso seguite da un segno d'interpunzione forte). Ci limitiamo qui a segnalare l'enjambement dei versi 5 e 6, dove nella parte finale e nella parte iniziale vengono rispettivamente isolati, e quindi semanticamente esaltati, l'aggettivo sovrumani e il sostantivo silenzi; mentre le pause forti del punto e virgola e del punto intervengono all'interno dei versi 7 e 8 per sottolineare l'indugio contemplativo del pensiero che finge o la sospensione emotiva del cuore che si spaura. La struttura sintattica degli enunciati si pone ancora al servizio della rappresentazione dello spazio e del tempo con l'impiego della coordinazione (paratassi), regolata dal polisindeto (interminati/spazi... e sovrumani/silenzi, e profondissima quiete...; e mi sovvien l'eterno, / e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei). Nei versi 5 e 6, in cui si rappresenta lo spazio, il susseguirsi della congiunzione coordinante e vale ad indicare, in un asse orizzontale, la coesistenza o la contiguit degli spazi che si estendono dal luogo della siepe fino al luogo della profondissima quiete, sfumando nella lontananza. Nei versi 11-13, in cui si rappresenta il tempo, il susseguirsi della medesima congiunzione coordinante vale ad indicare, in un asse verticale, la successione temporale, che si distende per scansioni dall' eterno, che dura, e dal passato, che non pi, al presente storico, che quello vissuto dal poeta. Anche per la rappresentazione temporale

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si parte dal dato sensibile e percettivo, facendo leva sul concorso dell'elemento fonologico, che dato dal suono cupo di o; nei versi 9-11 (E come il vento/ odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce/vo comparando) la struttura vocalica delle parole fa registrare l'eccedenza del fenoma o (ripetuto tredici volte e consecutivamente allineato in vento odo stormir. Il suono chiuso di o e l'alternarsi della sibilante s e della liquida r in stormir tra queste piantesembrano modulare mimeticamente il cupo sibilo del vento, il cui suono pare scandito dall' alternarsi di e ed o in E come il vento; si osservi ancora il link morfemico consonantico alliterattivo v tra vento e la sua variante lessicale voce, che poi per paronomasia si lega a vo del verso successivo. La relazione fra la dimensione orizzontale dello spazio e la dimensione verticale del tempo viene a costituire il crontopo della rappresentazione leopardiana dell'infinito, in cui il tempo, si interseca in costellazioni spaziali infinitesimali e diviene senza limiti e senza confini e, quindi, interminato come lo spazio, mentre lo spazio si temporalizza, perch diviene la figura o l'immagine dell'eterno Il punto d'intersezione delle due dimensioni spazio-temporali segnato nel testo dal concetto di silenzio, che viene nominato al plurale con aggettivo nei versi, 5-6 (sovrumani/silenzi) per rappresentare 16 spazio, e poi ripetuto per rappresentare il tempo, con una variazione morfologica (al singolare) e aggettivale, al verso 10 (infinito silenzio). La distanza infinita dello spazio diviene la durata infinita del tempo, come conferma il deittico della lontananza quello, riferito al silenzio spaziale. Il poeta cos giunge alla costruzione dell'infinito e se ne appropria, come rivela il ritorno del

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deittico della vicinanza questo (questa immensit; questo mare); ma se ne appropria per consegnarsi ad esso, nell'annegamento dello stesso pensiero che l'ha costruito. Il poeta segna questo trapasso con un avverbio conclusivo e inferenziale (Cos) e prepara, sul piano linguisticoespressivo, la metafora finale del mare, in cui si risolve l'immagine spazio-temporale dell'infinito, istituendo un coerente campo semantico con due voci verbali (s'annega; il naufragar), l'una con funzione di predicato e l'altra con funzione di soggetto.Abbiamo inizialmente segnalato il parallelismo tra il primo e l'ultimo verso del testo che configura la sua struttura circolare; ora vi ritorniamo per richiamare ancora l'attenzione sul procedimento linguistico concettuale e psicologico messo in atto dal poeta.. Nei segmenti dei due versi caro mi fu e m' dolce i due aggettivi hanno un valore predicativo e non attributivo, essendo legati alle rispettive copule fu ed la prima copula fu un tempo passato (l'unico registrato nel testo), che preceduto dal Sempre, diviene il tempo della memoria, della ricordanza, dell' evocazione. L'incipit della poesia , dunque, di natura evocativa. Il poeta muove dal piacere di una ricordanza, che per diviene ricordanza del piacere, di un piacere che, provato una volta, rivissuto o rivivibile nel presente e in ogni momento. Ci spieghiamo in questo modo perch, dopo il mi fu tutte le voci verbali si susseguono al presente fino al conclusivo m' dolce. Ora se mare una metafora, che traduce in immagine fisica la rappresentazione spaziotemporale dell'infinito, anche l'annegamento del pensiero e il conseguente naufragio valgono come simbolo di una

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vicenda interiore o di un'avventura dell'anima leopardiana40. Di qui la decisione ermeneutica sul significato ultimo, e profondo, di questo singolare idillio, che pu essere considerato il canto pi leopardiano ma anche, paradossalmente, il canto pi antileopardiano41. Infatti, soltanto in rapporto a questi simboli pu essere legittimata l'interpretazione del m' dolce che compendia l'esperienza del piacere assoluto del poeta. possibile definire tale esperienza, e quindi definire una volta per tutte in modo univoco il significato del messaggio del poeta? Questo significato da ritrovare nel fatto che il piacere assoluto, sia per estensione che per durata, ossia la felicit, possibile soltanto come esperienza dell'immaginazione o del linguaggio poetico e, in ultima istanza, come illusione? Oppure, l'approdo all'infinito l'approdo al nulla, di fronte al quale si arresta la tensione del pensiero che cerca, si estingue il penoso travaglio della storia e l'anima finalmente trova la pace nel riposo da ogni desiderio? In questo caso la posizione del Leopardi si identificherebbe come nichilismo. Se cos fosse, occorrerebbe distinguere due dimensioni del nichilismo che attraversa la mente o, piuttosto, l'anima del Leopardi. Il nihil del nichilismo leopardiano per un verso si presenta come negazione dell'essere o come nulla oggettivistico.Il poeta, infatti in alcuni passi dello Zibaldone, dopo avere riconosciuto che l'infinito non ammette l'individualit, poich non esiste un ente individuo senza limiti, si chiede se l'immenso universo sia immensit vera e d questa puntuale risposta: L'infinito un parto della nostra
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CONTINI (1970:303-310). BOSCO (1957:237).

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immaginazione, della nostra piccolezza ad un tempo e della nostra superbia [...]. Pare che solamente quello che non esiste, la negazione dell' essere, il niente, possa essere senza limiti, e che l'infinito venga in sostanza ad essere lo stesso che il nulla. Per un altro verso per il nihil non rinvia ad un nulla indeterminato ma ad un assoluto niente, su cui si fonda il non del negare, ossia il potere di annullare l'essere, il mondo, la realt, e lo stesso nulla indeterminato. Leopardi affida il potere all'immaginazione, come dichiara in un altro passo dello Zibaldone, ove si legge che il desiderio dell'infinito nasce perch in luogo della vista lavora l'immaginazione [...]. L'animo s'immagina quello che non vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perch il reale escluderebbe l'immaginario.Il nulla e il niente, allora, non sono termini sinonimi di concetti equivalenti: l'uno vale come assenza dell'essere, l'altro come negazione nientificante dell'essere. Ora, ritornando al testo dell'idillio del '19, richiamiamo la situazione da cui esso muove e che, come abbiamo gi detto inizialmente, data dai rapporti tra l'io e la realt finita e infinita e tra i piani (finiti e infiniti) di questa stessa realt. Ebbene, il poeta, attraverso la strategia espressiva e la tecnica rappresentativa gi illustrate, alla fine nomina l'infinito e lo chiama silenzio. Forse il silenzio l'ultima parola del nichilismo leopardiano? Ma il silenzio del poeta qui non la condizione di chi tace ma di chi ascolta, e di chi ascolta la voce dell' assoluta eternit capace di annullare la storia passata e presente e la stessa esistenza del poeta quale essa

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determinata dalle circostanze di luogo e di tempo. Allora il naufragar leopardiano nell'immenso mare dell'infinito simbolicamente richiama un'esperienza rituale di morte e di resurrezione, storicamente parlando, di rifiuto e, quindi, di annullare il passato (le morte stagiona) e dell'et presente (il suon di lei) per riaffermare nuovi valori di vita sotto l'aspetto dell'eternit. Il testo leopardiano dellInfinito rende possibili queste domande e le correlative risposte ermeneutiche. Ad esso da applicare il criterio metodologico della semantica a pi gradini, teorizzato dal Lotman e secondo il quale i vari livelli di lettura interpretativa possono coesistere senza contraddirsi. E ci perch lInfinito , e rimane, un testo aperto o fortemente polisemico che si affida alla cooperazione testuale del lettore. 2.3 Analisi semantica La lirica fa parte dei Piccoli idilli, fu composta a Recanati nel 1819 e pubblicata per la prima volta nel 1825: poi nel 1826, infine nel 1831. Svolge tematiche diffuse nella cultura del tempo. La meditazione in luoghi solitari e la tensione verso linfinito sono fortemente sentite dagli scrittori romantici italiani ed europei. La lirica anticipa la teoria del vago e dellinfinito, perch la realt non offre che piaceri finiti e deludenti. La possibilit visiva del poeta di spaziare fino allestremo orizzonte impedita da una siepe. Limpedimento esclude il reale e fa subentrare il fantastico. E allora il pensiero costruisce spazi illimitati, immersi in silenzi sovrumani e in una profondissima

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quiete. A livello tematico la poesia si articola in quattro sezioni, corrispondenti a quattro sensazioni. Nella prima (vv. 1-3) il poeta si trova in un luogo familiare, sul monte Tabor, vicino Recanati, ma un ostacolo limita la possibilit dellintero panorama. Nella seconda sezione (vv. 4-8) assistiamo al pensiero costruttore dellidea dellinfinito, le cui caratteristiche sono lillimitatezza, il silenzio e la quiete. Questi elementi sono accompagnati da una cascata di parole indefinite: ermo, indeterminati, sovrumani, infinito, che distanziano il poeta della banalit quotidiana. Davanti a tanta immensit il cuore atterrito dalla percezione delleterno, evocato dallimmaginazione. Nella terza sezione (vv. 8-12) il Leopardi viene riportato alla realt dallo stormire del vento tra le foglie. Nasce cos spontaneo un paragone tra il finito e linfinito, tra la voce del vento e la dimensione temporale. Il finito si identifica con il fluire del tempo e con la vita pulsante di suoni e di moti, mentre linfinito con la quiete delleterno. Le due successioni narrative non si riferiscono ad un evento unico, ma ad una esperienza che si presuppone ripetuta altre volte nel tempo, dal momento che il primo verso recita: Sempre caro mi fu.... Nella quarta sezione (vv. 13-15) il poeta approda di nuovo nellinfinito che torna ad avere connotati spaziali. Si immerge totalmente in esso fino ad esserne sommerso, provando cos una sensazione di sconfinata dolcezza. Le sensazioni espresse sul piano semantico trovano un continuum negli altri livelli del testo, soprattutto di quello metrico e sintattico.

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I versi, primo e ultimo, sono isolati sintatticamente, mentre gli altri sono allacciati da particelle congiuntive ma, ove, come, e mi sovvien, cos, e da ben dodici enjambements.A livello grammaticale, come ha notato il critico Angelo Marchese, gli aggettivi questo e quello rimandano alla dialettica della vicinanza e della lontananza. Questermo colle e questa siepe simboleggiano oggetti del finito, il poeta proietta, poi, la stessa siepe nellinfinito, definendola di l da quella. Lio lirico parte dallo smarrimento per giungere alla dolce immersione nellinfinito. Il Leopardi usa lendecasillabo sciolto, producendo cos un fluire ininterrotto dellimmaginazione, caratterizzato da parole bisillabiche e polisillabiche, snodate nella dimensione narrativa, stilistica e psicologica. LInfinito un componimento-exemplum di intreccio di significante e significato. Il 1819 per il poeta un anno cruciale sul piano fisico e psicologico. Laggravarsi della malattia impedisce per mesi di leggere e scrivere, accentuando la sua disperazione. Stanco della meschinit degli uomini, guarda al passato, alle et primitive, quando gli uomini guidati dalla fantasia e non dalla ragione come i moderni davano voce alle cose e tutto era parola e sentimento. La vocazione poetica gli d forza e negli anni 1819-1821 compone i Piccoli idilli, Alla luna, La sera del d di festa, LInfinito, La vita solitaria e Il sogno. Leopardi d alla raccolta delle sue liriche il nome di Canti: canto che sgorga dallanimo del poeta, senza schemi prestabiliti. Vengono poi chiamati Idilli, perch nel mondo greco lidillio era di argomento pastorale dal taglio descrittivo e

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spesso dialogico; il poeta di Recanati si riallaccia alla tradizione greca ma innova fortemente la forma dellidillio. Per gli antichi solo poesia dimmaginazione, nata da un rapporto spontaneo e fantastico con la Natura, per Leopardi poesia di sentimenti, di ricordi e di emozioni. I Piccoli idilli (1819-1821, citati precedentemente) e i Grandi idilli (1828-1830), A Silvia, Il sabato del villaggio, La quiete dopo la tempesta, Il passero solitario, Le ricordanze, Il canto notturno di un pastore errante dellAsia) rispondono ad unesigenza del poeta, al desiderio di equilibrio, di purezza e di armonia, accompagnata dalla sensazione dellindeterminato che per il Leopardi lessenza stessa della poesia. Foscolo nel sonetto Alla sera aveva istituito unanaloga relazione tra la pace della sera-notte e il tumulto della storia; all immagine della sera apportatrice di pace si contrappone quella del reo tempo che distrugge ogni cosa e tormenta luomo con avversit e delusioni. LInfinito, per Leopardi, quiete delleterno, il distendersi dellio in un naufragio di dolcezza e di pace.

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CAPITOLO TERZO

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Capitolo Terzo

POLI PARALLELI DELLA LIRICA ITALIANA Il lirismo magmatico


Coseriu descrive la linguistica del testo come ..atto individuale e concreto del parlante. e riconosce nella individualit lermeneutica del senso 42.

Per Coseriu la linguistica del testo include ideologie, culture e valori del singolo parlante e della comunit di appartenenza. Il testo emotivo, fin dai tempi della Grecia antica veniva letto con una grammatica definita da Silvestri paragrammatica, perch non sempre descrivibile da orchestrazioni foniche rapportabile a giustapposte giustificazione morfologiche e mi viene spontaneo rimembrare le parole di A. Elia, quando afferma che non sempre la lingua del parlante quantificabile e descrivibile scientificamente. Il sistema lessicale ricco e irregolare nella realizzazione delle costellazioni .43 Leggere un testo poetico non n semplice n facile, ma soprattutto, penetrare per intuire lIo lirico, le gradualit delle sue emozioni descritte, cio gioie, ansie, paure e sentimenti inespressi. La poetica dantesca nella Divina Commedia che la testimonianza di una grande
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LANDI (2002:24). ELIA (2002:12).

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coscienza religiosa che percorre un suo itinerario per giungere dalla terra, a cui legata dai vincoli della passione etica e civile, sino a Dio: il cammino prescelto quello dell'oltretomba cristiano, a cui sono rapportate le diverse tappe dell'ascesa, il peccato, la redenzione, la gioia celeste della fede intellettualmente posseduta, la piena beatitudine della contemplazione. 'commedia', sino a tanto che procede come colloquio con l'umano; ed 'poema sacro', quando celebra il divino, in tutto lo sforzo che l'anima compie per conquistarlo. . La fenomenologia poetica di una siffatta avventura spirituale non pu non essere tutta simbolica o, se si vuole, parabolica. Non l'anima, ma l'uomo, cio Dante, pu esserne di fatto il protagonista e la sua avventura non pu realizzarsi poeticamente se non divenendo essa pure sensibile, concreta, cio come mondo fantasticamente concretizzato sulla base di una vastissima esperienza di vita e di cultura. Tale esperienza costituita in Dante, tanto da una partecipazione alla natura e al rapporto con gli uomini, attraverso una sensitivit e un'affettivit a essa relative, quanto da una disponibilit culturale, che abbraccia tutto il sapere medievale, nella scelta e nell'organizzazione di un intelletto vigile e potente. A questo mondo memoriale vastissimo attinge la creativit dantesca nel dare concretezza poetica ai momenti di una vicenda che si compie nel chiuso recinto della coscienza religiosa; dalla metafora e dalla similitudine, che danno la vivezza dell'ontologia alla genericit del sapere linguistico, alle figure umane conosciute e non conosciute, ai personaggi della storia e del mito, in cui trovano visivit, obiettivit gli atteggiamenti della coscienza tradotti in pensiero poetico; dalla strutturazione di un

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mondo irreale, eppure vero per la sua congruenza interiore nel perfetto adempimento delle dimensioni spaziali e temporali, alle aperture dottrinarie e teologiche, che si traducono in poesia, nell'atto stesso che prendono forma nel linguaggio proprio di essa44 Lo strumento sintattico utilissimo al grande poeta Dante Alighieri per poter meglio di effettuare operazione lessicale di similitudine proprio la frase fissa, perch la materia stessa del poema che esige la metafora, che non altro che un grado avanzatissimo del linguaggio poetico. La terzina idiomatica serve a ben rappresentare il simbolismo della Divina Commedia, per il fatto stesso che il poema ha come fabula una realt, la quale per definizione fuori dal mondo sensibile. La realt poetica e la fantastica verit, la quale non ha bisogno di altre sanzioni, si dovr cercare una definizione al simbolo nel quadro del linguaggio poetico. Dante crea in alcune sue terzine idiomatiche strategie lessicali e semantiche simboliche, continuazioni del linguaggio poetico perch vi il legame naturale fra il significato e il complesso delle connotazioni reali del significante. Nel simbolo ritroviamo sempre lavvio metaforico, una significazione di ordine letterale e lambiguit che si sviluppa nella concretezza del simbolo.Infine il rapporto tra loggetto e la significazione, che esso chiamato a significare, non esiste, per cos dire, naturalmente; ma progressivamente acquisito nella congruenza delle situazioni e dei contesti in cui ricorre. La terzina dantesca ha dunque le caratteristiche
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BOSCO (2000:635).

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della frase fissa perch come sostiene A. Elia che sintagmi nominali di alto valore informativo a livello terminologico, sono: Le parole composte verbali sono quelle frasi in cui la funzione di predicato non svolta n da un verbo, come nelle frasi a verbo ordinario, n da un nome o un aggettivo, come nelle frasi a verbo supporto, ma dalla intera sequenza verbo - nome; esse sono anche dette frasi fisse o frasi a verbo composto Pur senza conoscere l'origine, la storia di queste frasi, siamo in grado di usarle e capirle correntemente. Le frasi idiomatiche sono diverse dalle frasi a verbo ordinario. Il significato letterale di una frase composizionale: determinato cio dal significato delle parole che costituiscono la frase. Il significato letterale il prodotto di un calcolo semantico. Il significato delle frasi idiomatiche non-composizionale: non possiamo determinare il significato come esta selvaselvaggia, sonoscendo solo la singola parola.45 Il significato delle idiomatiche noncomposizionale,cio non ricavabile dalla somma dei significati; Le fonie delle frasi fisse sono predefinite dal nucleo46.
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ELIA (2000:84). SILVESTRI 1994, p. 123.

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Quale ne plenilunii sereni AE E E I U II E E I : : : .. : : ------------- ------------------ ----------qu L N pl N L N s r n +*+* ------ ---------Trivia ride tra le ninfe etterne IIAIEAEI E E E .. : : : --- --------------TR v r d TR l N Nf TT Rn ----- * * -----che dipingono lo ciel per tutti i seni E I I O O IE E U I E I .. ^ ^ : : ----------ch d p ng n l ci L p r T TT s n

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Nel primo verso il fenomeno di sequenzialit vocalica pi vistoso (sette sedi su undici) literazione (.EEE..IIEE.) di vocali omotipiche dal punto di vista del luogo diaframmatico. Le medesime vocali sono poi ampiamente coinvolte in un parallelismo ugualmente pervasivo (.EEEIEEI) ed in una specularit ancora pi forte (.EEEI.IIEE.), realizzando in tal modo un fenomeno di dominanza sequenziale di fortissimo potere evocativo. La sequenzialit consonantica evidente nelliterazione .LNLNrafforzata dal parallelismo omofonico .LN.LNLN con un evidente effetto anagrammatico (LuNa) di richiamo dellastro, non citato, ma prepotentemente evocato nel verso. Nel verso dantesco levocazione poetica talmente chiara che nella diacronia degli anni il suo linguaggio diventato metaforico con le caratteristiche di una frase fissa. Frasi fisse con le caratteristiche della noncomposizionalit; Linguaggio bivalente metaforico e letterale; Ambiguit della frase; Orchestrazione fonica predefinita; Nella equivalenza parafrastica di inizio frase notiamo la propriet semantica della non composizionalit, cio della frase fissa, perch invertendo o parafrasando le parola la frase diventa non pi di appartenenza al linguaggio dantesco.La terzina idiomatica perch le singole parole sono ambigue possono avere significato letterale e metaforico. Sono metafore morte, fossilizzate,

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che si sono sedimentate nel nostro patrimonio linguistico e che usiamo nel nostro linguaggio ricorrente. IL parlante, talvolta ignora lorigine di questo tipo di frase, ma le usa e le comprende in modo appropriato47. Questa terzina idiomatica e pertanto possiamo assegnare un significato letterale e uno metaforico: Dante, Inferno III 'Per me si va ne la citt dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Parafrasi letterale Attraverso me si va nella citt del dolore; Attraverso me si va nel perituro dolore; Attraverso me si va tra la gente che non ha salvezza; Metafora Luogo di dolore Luogo di eterno dolore Gente perdute

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BACCHELLI (1962:101-119).

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Equivalgono a comunicare posto di dolore., nella prima ipotesi si realizza un'operazione linguistica) di una sostituzione lessicale e nella seconda si realizza un'operazione linguistica consistente in una similitudine, ma in entrambi il significato equivale a luogo di sofferenze. La lirica dantesca composta da molte unit lessicali superiori,cio da frasi in cui loperatore non il verbo, ma la sequenza, perch la fissit semantica e la non composizionalit di tutte le parti del discorso. Queste sequenze possono essere come le idiomatiche anche di tipo metaforico e pertanto hanno un significato non-composizionale perch come afferma S. Battaglia che nel canto III si trovano numerose espressioni divenute idiomatiche, a dimostrazione della grande capacit di Dante di penetrare nel linguaggio della gente comune. Alcune, logorate dall'uso, sono giunte a noi, se non proprio mutate di senso, almeno impoverite. Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate (v. 9): il primo segmento, se isolato, mantiene un certo tono di minaccia, pur sfumato dalla consapevolezza della citazione, mentre l'intero enunciato - entrato da tempo nel gergo della scuola, degli uffici e delle aule giudiziarie - rovescia la minaccia in palese ironia. Analogo il destino semantico di Per me si va ne la citt dolente (v. 1), mentre vuolsi cos col dove si puote I ci che si vuole (vv. 95-96) si colloca addirittura, nell'enfasi scherzosa, sul versante dell'umorismo. Non cosi "senza infamia e senza lode" (modemizzazione del v. 36 dantesco), usato oggi proverbialmente senza ironia ma anche senza il disprezzo di Dante: semplicemente una formula eufemistica di cauta e

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reticente valutazione. Invece risulta totalmente travisato il perdere il ben de l'intelletto (v. 18): l'uso comune lo riferisce semplicisticamente alla ragione48. La Divina Commedia , oltre tutto, la descrizione di un viaggio ricco di vedute e di peripezie. Il poema ha il suo interesse anche considerato nel suo aspetto esterno: l'interesse di uno stupendo viaggio. Ma questo stesso viaggio ha un interesse assai pi significativo se, pur senza badare agli incontri ai colloqui alle meditazioni di Dante, consideriamo il paesaggio di quel lungo cammino, la sua variet e - sopra tutto - la sua espressivit. Ripetere per la Commedia che il paesaggio uno stato d'animo, pu sembrare un anacronismo solo se quella frase celebre non faccia pensare che ad un paesaggio povero e romantico. La voragine desolata dell'inferno; il monte del purgatorio che tende, con le sue rupi ardue, verso la luce e gli sfondi celesti; i cieli del paradiso, sono tutta una rappresentazione di stati d'animo, tanto pi viva perch aliena dalle scoperte corrispondenze affettive fra l'uomo e il paesaggio che sono caratteristiche del romanticismo 49. Si parlato sempre dell'evidenza con cui sono resi gli aspetti dei luoghi nel poema: bisogna chiarire anche come tutti questi aspetti sono concatenati a formare un unico motivo, mostrare che sono una varia e drammatica pittura di uno stato d'animo che si muta, il perpetuo commento paesistico del tema psicologico della Commedia. Gi nel canto introduttivo si possono notare come
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BATIAGLIA RICCI (1989:27-70). BERTOLDI (1965:1583-1600).

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il poeta utilizza le parole composte perch la fissit semantica conferisce al nucleo una fonia standard ; esso vi trascina e ritrova l'unit che gli negato, proprio in quel motivo paesistico - la selva scura e senza sentiero in cui si riflette con i suoi colori e i suoi labirinti la coscienza smarrita di Dante. Loscurit di quella selva rende pi drammatico e pi indefinito il traviamento di Dante. Le interruzioni e i passi falsi non bastano a distruggere quel senso di sgomento che, in virt di alcuni grandi versi tetri, in virt della selva, riga di un nero profondo tutta la narrazione. Mi ritrovai per una selva oscura; Tanto amara che poco pi morte; l' non so ben ridir com'io v'entrai, Tant'era pien di sonno in su quel punto...; La notte ch'i' passai con tanta pieta; Si volge all'acqua perigliosa e guata; Cos l'animo mio ch'ancor fuggiva; Miserere di me! gridai a lui, Qual che tu sia, od ombra od uomo certo: versi che si richiamano a vicenda, che si riuniscono e si fondono naturalmente nella nostra fantasia contro tutte le vostre resistenze teoriche] Qui significato allegorico e significato letterale sono una cosa sola. Dante dice: tanto amara che poco pi morte, e fa sentire quel rincrescimento di s, quello sbigottimento intimo da cui nasce il bisogno di redenzione, con poche parole che risuonano largamente appunto perch sono cos isolate in mezzo ad una rappresentazione di apparenza esteriore. Ma quella rappresentazione essa stessa piena di raccoglimento e di sbigottimento: sicch non si pu non sentire in questo preludio silvestre del poema una vigorosa suggestione del significato spirituale

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attraverso quello letterale50. Per virt di quest'immaginazione la crisi di Dante che d argomento alla Commedia, si apre subito in quella forma drammatica e tangibile che rimane - attraverso tutto il poema -la caratteristica dominante di questa grande confessione di un poeta alieno dalle confidenze. Qui, nella prima parte del canto, tutto insieme evidente e intimo, e le tenebre materiali e lo smarrimento materiale sono la figurazione e un approfondimento dello smarrimento e delle tenebre spirituali. Fra quella gran selva selvaggia e aspra e forte quel piccolo uomo sperduto sembra anche pi sperduto, e l'oppressione del peccato sembra - in questa forma cos soverchiante come difficilmente potrebbe sembrare in un'espressione puramente psicologica: l'uomo nulla, la selva -l'orrore del vizio - tutto. Forse Dante non avrebbe saputo dare un cos vivo senso del suo traviamento e del suo riconoscersi, senza quel sonno che lo coglie quando s'inoltra nella selva (com' profondo quel sonno in mezzo alla gran selva!), senza quella notte, senza quella fuga dalla selva che finisce dando veramente il senso della salvezza da un pericolo mortale51. Fra tanta paura, sul margine della selva cos spaventosa, naturale che Dante pensi che la figura che gli appare possa essere un'ombra. Virgilio, ombra, introdotto in un tale paesaggio, che gi questo stesso ci allontana dal comune ambiente terreno, ci fa accettare come naturale la sua apparizione di fantasma, ci inizia a
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BATTAGLIA (1968 :101-119). CONTINI (1970:303).

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quel viaggio irreale. Sin dal principio della Commedia, dunque, il paesaggio descritto da Dante l'orizzonte della sua anima. Il primo canto un preludio gagliardamente espressivo della Divina Commedia solo in virt di quella nota paesistica cos potente: la figurazione silvestre e insidiosa dell'anima di Dante. Il secondo un ritorno verso l'antefatto; la fine ripiglia il motivo paesistico del primo e inizia il viaggio: E poi che mosso.e, Entrai per lo cammino alto e silvestro. Poi sospiri, pianti ed alti guai nel l'aer senza stelle continuano il pauroso motivo del primo canto. Il terzo inizia la rappresentazione del paesaggio infernale e ne d l'impressione pi forte. Quella pianura livida un fosco riverbero delle anime che approdano alla disperazione eterna. Il paesaggio non veramente descritto; ma nel canto c' qualche cosa di pi: il senso di quel paesaggio che insinua dovunque il suo livore desolato. L'improvvisa comparsa e auto-raffigurazione della porta attraverso le sue parole, senza alcuna giuntura con il canto precedente e senza alcuna preparazione descrittiva, produce un marcato stacco narrativo. L'impianto stilistico con cui Dante elabora la prosopopea della porta tanto pi elaborato sul piano retorico e metrico quanto pi il messaggio acquista l'importante funzione di informazione e ammonimento: nella prima terzina la perifrasi citt dolente, una citt abitata da gente perduta, cio dannata, sanziona il luogo come civitas diaboli (citt del diavolo) che richiama per antitesi, negandola, la civitas Dei (citt di Dio) di sant' Agostino.

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La costruzione retorica tende a sviluppare in primo luogo il livello emotivo del messaggio perch si imprima profondamente nel lettore. La equivalenza di inizio frase prolungata Per me si va e i ~ parallelismi sintattico (l'anafora sempre seguita da un sintagma nominale, sostantivo + aggettivo o viceversa) e metrico (i tre versi hanno tutti cesura quinaria, con l'accento sulla quarta sillaba) che l'accompagnano conferiscono al messaggio la monotonia ossessiva della formula giuridica e ne sanciscono l'ineluttabilit di cosa scritta per sempre. Ed ineluttabilit del dolore, marcato da due figure retoriche: la figura etimologica dolente: dolore (posta in posizione forte, a fine verso [vv. 1-2], tanto da costituire rima etimologica) ripete in due versi, intensificandolo, lo stesso concetto; la ~ climax ascendente (dolore, dolore eterno, perduta gente) scandisce la spirale del dolore fino alla condizione immutabile di chi lo subisce. La creazione dell'Inferno da parte della Trinit divina (podestate, sapienza e amore, vv. 5-6), avvenuta immediatamente dopo la ribellione di Lucifero, un atto di giustizia, la legittima punizione di colui che, peccando, viola l'ordine stabilito da Dio. Ma Dio anche amore: il primo amore (v. 6), la carit, l'amore assoluto per tutte le creature. Dio condanna in quanto giustizia ma perdona in quanto amore. Questo conferisce armonia al mondo, dove nulla casuale e nulla arbitrario: la giustizia-condanna e l'amore-perdono rappresentano l'operare divino nella sua pienezza, grazie al quale il male sempre ricondotto al bene. Prima dell'Inferno le sostanze materiali e mortali

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non esistevano ancora, n esisteva l'uomo; c'erano solo le sostanze immortali, create direttamente da Dio: angeli, cieli e materia pura, all'interno della quale si apr, per accogliere gli angeli ribelli, la voragine infernale, immortale come immortale la materia in cui si formata. L'eternit dell'Inferno comporta dunque l'eternit della pena: Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate (v. 9) corrisponde perfettamente, per il concetto e per la forza dell'imperativo, a per me si va tra la perduta gente (v. 3). li brusco richiamo all'abbandono della speranza vuole ricordare al lettore che la vita di ognuno orientata all'eterno e che, non esaurendosi in questo mondo, trover compimento nell'altro: la speranza proiezione di s verso la beatitudine, che piena realizzazione dell'uomo secondo la sua natura. Ora, dato che l'uomo un essere di natura intellettiva e il suo fine naturale la conoscenza della Verit-Dio (perfetta e totale solo nel Paradiso), i dannati sono coloro che non hanno conseguito il proprio fine di uomini, sono nature non realizzate, incomplete, destinate eternamente al "buio" dell'assenza della Verit, quel Bene supremo che appaga lo sforzo conoscitivo della nostra mente: hanno perduto il ben de l'intelletto (v. 18).

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3.1 Dagli schok fonetici alle morfie melodiche


La poesia libert delle proprie opinioniLa vita nella presenza dei poeti Essi sono potenziali di vita, perch danno suggerimenti alla storia e sprigionano LEssere ..Dante pi di tutti ha avuto lo sgomento, la paura e la grazia dellEssere .. A. Gatto La reconnaissance des grands peuples envers les grands hommes est de bon exemple. Non, ne laissons pas dire que les peuples sont ingrats. A un moment donn un homme a t la conscience d'une nation. En glorifiant cet homme, la nation atteste sa conscience. Elle prend, pour ainsi dire, tmoin son propre esprit. Italiens, aimez, conservez et respectez vos illustres et magnifiques cits, et vnrez Dante. Vos cits ont t la patrie,Dante a t l'me. Six sicles sont dj le pidestal de Dante. Les sicles sont les avatars de la civilisation. A chaque sicle surgit en quelque sorte un autre genre humain, et l'on peut dire que l'immortalit d'Alighieri a t dj six fois affirme par six humanits nouvelles. Les humanits futures continueront cette gloire. Victor Hugo

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La preghiera alla Vergine di Dante Alighieri Divina Commedia canto XXXIII del Paradiso Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta pi che creatura, v.3 termine fisso detterno consiglio, tu se colei che lumana natura nobilitasti s, che l suo fattore v.6 non disdegn di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese lamore, per lo cui caldo ne letterna pace v.9 cos germinato questo fiore. Qui se a noi meridana face di caritate, e giuso, intra mortali, v.12se di speranza fontana vivace. Donna, se tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, v.15sua disanza vuol volar sanzali. La tua benignit non pur soccorre a chi domanda, ma molte fate v.18 liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te saduna v.21quantunque in creatura di bontate. Or questi, che da linfima lacuna de luniverso infin qui ha vedute v.24le vite spiritali ad una ad una,

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supplica a te, per grazia, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi v.27 pi alto verso lultima salute. E io, che mai per mio veder non arsi pi chi fo per lo suo, tutti miei prieghi v.30ti porgo, e priego che non sieno scarsi, perch tu ogne nube li disleghi di sua mortalit co prieghi tuoi, v.33 s che l sommo piacer li si dispieghi. Ancor ti priego, regina, che puoi ci che tu vuoli, che conservi sani, v.36 dopo tanto veder, li affetti suoi. Vinca tua guardia i movimenti umani: vedi Beatrice con quanti beati v.39 per li miei prieghi ti chiudon le mani!". Li occhi da Dio diletti e venerati, fissi ne lorator, ne dimostraro v.42quanto i devoti prieghi le son grati; indi a letterno lume saddrizzaro, nel qual non si dee creder che sinvii v.45 per creatura locchio tanto chiaro. E io chal fine di tutt i disii appropinquava, s com io dovea, v.48 lardor del desiderio in me finii. Bernardo maccennava, e sorridea, perch io guardassi suso; ma io era v.51 gi per me stesso tal qual ei volea: ch la mia vista, venendo sincera, e pi e pi intrava per lo raggio v.54 de lalta luce che da s vera. Da quinci innanzi il mio veder fu maggio che l parlar mostra, cha tal vista cede,

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v.57 e cede la memoria a tanto oltraggio. Qual coli che sognando vede, che dopo l sogno la passione impressa v.60 rimane, e laltro a la mente non riede, cotal son io, ch quasi tutta cessa mia visone, e ancor mi distilla v.63.nel core il dolce che nacque da essa. Cos la neve al sol si disigilla; cos al vento ne le foglie levi v.66si perdea la sentenza di Sibilla. O somma luce che tanto ti levi da concetti mortali, a la mia mente v.69 ripresta un poco di quel che parevi, e fa la lingua mia tanto possente, chuna favilla sol de la tua gloria v.72 possa lasciare a la futura gente; ch, per tornare alquanto a mia memoria e per sonare un poco in questi versi, v.75 pi si conceper di tua vittoria. Io credo, per lacume chio soffersi del vivo raggio, chi sarei smarrito, v.78se li occhi miei da lui fossero aversi. E mi ricorda chio fui pi ardito per questo a sostener, tanto chi giunsi v.81laspetto mio col valore infinito. Oh abbondante grazia ond io presunsi ficcar lo viso per la luce etterna, v.84tanto che la veduta vi consunsi! Nel suo profondo vidi che sinterna, legato con amore in un volume, v.87ci che per luniverso si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume

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quasi conflati insieme, per tal modo v.90 che ci chi dico un semplice lume. La forma universal di questo nodo credo chi vidi, perch pi di largo, v.93dicendo questo, mi sento chi godo. Un punto solo m maggior letargo che venticinque secoli a la mpresa v.96che f Nettuno ammirar lombra dArgo. Cos la mente mia, tutta sospesa, mirava fissa, immobile e attenta, v.99e sempre di mirar faceasi accesa. A quella luce cotal si diventa, che volgersi da lei per altro aspetto v.102 impossibil che mai si consenta; per che l ben, ch del volere obietto, tutto saccoglie in lei, e fuor di quella v.105 defettivo ci ch l perfetto. Omai sar pi corta mia favella, pur a quel chio ricordo, che dun fante v.108 che bagni ancor la lingua a la mammella.

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Trascrizione IPA ver'i:ne 'ma:dre 'fi:a del two 'fi:o u'mi:le e 'a:lta 'pju ke krea'tu:ra ter'mi:ne 'fi:sso d et't:rno kon'si:o tu 's 'k:lei ke l u'ma:na na'tu:ra nobili'ta:sti 'si ke'l swo fat't:re non dizde' ddi 'fa:rsi swa fat'tu:ra nel 'v:ntre two si rat':ze l a'm:re per lo kwi 'ka:ldo ne l et't:rna 'pa:e ko'zi ' dermi'na:to 'kw:sto 'fj:re kwi 's a nnoi me'ri:dana 'fa:e di kari'ta:te e d'u:zo intra mor'ta:li 's di spe'ra:na fon'ta:na vi'va:e 'd:nna 's 'ta:nto 'gra:nde e t'ta:nto 'va:li ke kwal vwol 'gra:tja e a tte non ri'k:rre swa 'di:sana vwol 'v:lar san 'a:li la twa benii'ta nnom pur sok'k:rre a ki ddo'ma:nda ma 'm:lte 'fa:te libera'm:nte al di'ma:ndar pre'k:rre in te mizeri'k:rdja in te pje'ta:te in te maifi':na in te s a'du:na kwan'tu:kwe i krea'tu:ra ' ddi bon'ta:te r 'kw:sti ke da ll i'fi:ma la'ku:na de l uni'v:rso 'i:fi kwi a vve'du:te le 'vi:te spiri'ta:li ad 'u:na ad 'u:na

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sup'pli:ka a tte per 'gra:tja di vir'tu:te 'ta:nto ke 'p:ssa kon li ':kki le'va:rsi 'pju 'a:lto 'v:rso l ul'ti:ma sa'lu:te jo ke mai per mjo 'v:der non 'a:rsi 'pju 'k i fo per lo swo 'tu:tti mjei 'prj:gi ti 'p:rgo e p'prj:go ke non 'sj:no s'ka:rsi per'ke ttu ':e 'nu:be li di'sl:gi di swa mortali'ta k'k 'prj:gi twoi 'si ke'l 's:mmo 'pja:er li si dis'pj:gi 'a:kor ti 'prj:go re'i:na ke pwoi ' ke tu 'vw:li ke kon's:rvi 'sa:ni 'd:po 'ta:nto 'v:der li af'f:tti swoi 'vi:ka twa 'gwa:rdja i movi'm:nti u'ma:ni 'v:di bea'tri:e ko 'kwa:nti 'bati per li mjei 'prj:gi ti 'kju:don le 'ma:ni li ':kki da ddjo di'l:tti e vvene'ra:ti 'fi:ssi ne l o'ra:tor ne dimos'tra:ro 'kwa:nto i de'v:ti 'prj:gi le so 'gra:ti 'i:ndi a ll et't:rno 'lu:me s addrit'a:ro nel kwal non si dee 'kr:der ke 's i:vji per krea'tu:ra 'l :kkjo 'ta:nto 'kja:ro jo k al 'fi:ne di tutt i 'di:zji appropi'kwa:va 'si kkom jo 'd:vea 'l a:rdor del dezi'd:rjo im me 'fi:nji ber'na:rdo m aten'na:va e ssor'ri:dea

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'p:rk jo gwar'da:ssi 'su:zo ma jo ':ra 'a pper me s't:sso tal kwal ei 'v:lea 'ke lla mja 'vi:sta ve'n:ndo sin':ra e p'pju e p'pju in'tra:va per lo 'ra:do da 'kwi:ni in'na:ni il mjo 'v:der fu m'ma:do ke'l 'pa:rlar 'm:stra k a ttal 'vi:sta ':de e t':de la me'm:rja a t'ta:nto ol'tra:do kwal ' kkoli ke so'a:ndo 'v:de ke dopo'l 's:o la pas'sj:ne im'pr:ssa ri'ma:ne e l'l a:ltro a lla 'm:nte non 'rj:de 'k:tal son jo 'ke k'kwa:zi 'tu:tta ':ssa mja 'vi:sone e 'a:kor mi dis'ti:lla nel 'k:re il 'd:le ke 'na:kkwe da ':ssa ko'zi lla 'n:ve al sol si dizi'i:lla ko'zi al 'v:nto ne le 'f:e 'l:vi si 'p:rdea la sen't:na di zi'bi:lla 's:mma 'lu:e ke 'ta:nto ti 'l:vi 'da kkon':tti mor'ta:li a lla mja 'm:nte ri'pr:sta um 'p:ko di kwel ke pa'r:vi e ffa la 'li:gwa mja 'ta:nto pos's:nte 'k u:na fa'vi:lla sol de la twa 'gl:rja 'p:ssa la'a:re a lla fu'tu:ra ':nte 'ke per tor'na:re al'kwa:nto a mmja me'm:rja e pper so'na:re um 'p:ko i 'kw:sti 'v:rsi 'pju ssi konepe'ra ddi twa vit't:rja

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jo 'kr:do per l a'ku:me k jo sof'f:rsi del 'vi:vo 'ra:do 'k i 'sa:rei smar'ri:to se li ':kki mjei da llwi fos's:ro a'v:rsi ' mmi ri'k:rda k jo fwi 'pju ar'di:to per 'kw:sto a ssos't:ner 'ta:nto 'k i 'u:nsi l as'p:tto mjo kol va'l:re ifi'ni:to abbon'da:nte 'gra:tja ond jo pre'zu:nsi 'fi:kkar lo 'vi:zo per la 'lu:e et't:rna 'ta:nto ke la ve'du:ta vi kon'su:nsi nel swo pro'f:ndo 'vi:di ke s in't:rna le'ga:to kon a'm:re in u vo'lu:me ' ke per l uni'v:rso si skwa'd:rna sus'ta:ne e ati'd:nti e llor kos'tu:me 'kwa:zi ko'fla:ti in'sj:me per tal 'm:do ke ' 'k i 'di:ko ' un sem'pli:e 'lu:me la 'f:rma uni'v:rsal di 'kw:sto 'n:do 'kr:do 'k i 'vi:di per'ke p'pju ddi 'la:rgo di':ndo 'kw:sto mi 's:nto 'k i 'g:do um 'pu:nto 's:lo 'm m'ma:dor le'ta:rgo ke venti'i:kwe se'k:li a lla'm'pr:za ke 'fe nnet'tu:no am'mi:rar 'l :mbra 'd a:rgo ko'zi lla 'm:nte mja 'tu:tta so'sp:za mi'ra:va 'fi:ssa immo'bi:le e at't:nta e s's:mpre di 'mi:rar fa'azi at':za a k'kw:lla 'lu:e 'k:tal si di'v:nta

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ke vol':rsi da llei per 'a:ltro a'sp:tto ' impos'si:bil ke mai si kon's:nta pe'r ke'l ben 'k ddel vo'l:re o'bj:tto 'tu:tto s ak'k:e in lei e ffwor di 'kw:lla ' ddefet'ti:vo ' 'k l'li pper'f:tto ':mai sa'ra p'pju k'k:rta mja fa'v:lla pur a kkwel k jo ri'k:rdo ke d u 'fa:nte ke 'ba:i 'a:kor la 'li:gwa a lla mam'm:lla

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L'orazione di san Bernardo alla Vergine (vv.1-39) un capolavoro di eloquenza sacra, in cui confluiscono come ha mostrato Erich Auerbach - la tradizione degli elogi classici (elenchi di virt) e la dossologia (o glorificazione) cristiana, con la ripetizione anaforica del Tu. In essa la preghiera liturgica (Ave Maria, Salve Regina, ma anche il Gloria e il Te Deum) si fonde con la tradizione popolare nonch con il Magnificat evangelico: i paradossi, le antitesi e gli ossimori (come Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta) si affiancano alle formule consuete della devozione mariana, come la misericordiosa bont e l'amore materno della Madonna. Lo stile sorvegliatissimo austero e solenne, ma nel complesso sobrio e lineare, non ricco di artifici retorici, che sono tuttavia presenti perch richiesti dal genere: la - figura etimologica fattore... fattura (v. 5-6) esibita a fine verso, la studiata replicazione - chiastica fine... disii / desiderio... finii (vv.46-48) o la rima fortemente - paronomastica disleghi : dispieghi (v. 31-33). Non va trascurata, nella perizia formale con cui Dante elabora in modo originale l'orazione, la presenza di termini e di concetti cortesistilinovistici (Donna, distanza, la liberalit nel precorrere le richieste, magnificenza), quanto mai adatti alla pi angelicata tra le donne, Maria, tramite di salvezza tra l'uomo e Dio. Anche la bipartizione canonica: la prima parte (v 1-21) la captatio benevolentiae in forma di elogio; la seconda (v. 22-39) la richiesta. La richiesta duplice: intercessione perch Dante possa vedere Dio e supplica a conservare sani i suoi sentimenti, non solo perch il poeta si possa mantenere immune dal peccato, ma anche - tutta la Commedia lo conferma - perch possa procedere nella

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sua missione etico-didascalica rivelando agli uomini ci che ha visto nell'aldil. La sacralit dell'orazione ha pieno riscontro nella sacralit di Maria. La sua umanit non intacca la sua regalit: intenso il suo amore per Dante, ma non gli rivolger mai n sguardo n parola. sufficiente il movimento degli occhi in analogia con il simbolismo dello sguardo come atto d'amore, proprio di tutta la lirica cortese - da Bernardo a Dio (v 40-43) perch si colga nella Vergine la sua carit, l'amore universale per tutti gli uomini, da lei affidati a Dio con il cenno dei suoi occhi. Il cenno sorridente di Bernardo (v. 49) - esortazione a guardare verso l'alto - l'ultimo gesto dell'Empireo percepito da Dante52. Subito dopo sparisce la scena e spariscono gli attori. Scomparso il visibile, resta, come unico oggetto del vedere, la luce divina: Dante solo davanti a Dio; intorno a lui il silenzio e l'infinito. La rarefazione dei ricordi diventa la costante psicologiconarrativa del canto: essi si affievoliscono a causa della pochezza della memoria. Se l'intelletto di Dante a poco a poco elevato da Dio a livelli sovrumani, ci non avviene per la memoria, facolt meccanica della mente non appartenente alla sfera intellettuale: quello che Dante ha visto svanisce come un sogno, si scioglie come la neve, si perde nel vento come le foglie sulle quali la Sibilla scriveva le sue profezie. Il crescendo di ~ similitudini - in cui la fitta distribuzione di liquide e spiranti (l, v, s) suggerisce, con la leggerezza di suoni, l'idea dello svanire - esprime ossessivamente lo svuotarsi della memoria. La sconfitta anche verbale: la pochezza della memoria costantemente affiancata dall'insufficienza della parola
52

BOYDE (1979:9-28).

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poetica, ancora pi inefficace del ricordo, a sottolineare il balbettio (vv.106-108) della voce dell'uomo nell'esprimere la parola di Dio. Compare qui il topos dell'ineffabile, ossia ci che non possibile dire, largamente presente nella letteratura mistica. Dante ricorre al codice dell'analogia (gi evidente nelle molte perifrasi di luce per indicare Dio), cio alle metafore, oltre che alle similitudini, come procedimenti di visualizzazione per dare forma concreta, vicina all'esperienza del lettore, ai concetti, altrimenti indefinibili, rimasti impressi nella sua mente. Ecco allora il libro (volume) della compatta unit dell'universo, i tre cerchi della Trinit, l'effige umana dell'Incarnazione del Figlio. Ma ricorre anche al linguaggio delle emozioni, residui sensibili, quindi esprimibili, della memoria: ancor mi distilla / nel care il dolce che nacque da essa (vv.6263); pi di largo, / dicendo questo, mi sento ch'i' godo (vv. 92-93). Si attiva cos la ~ funzione emotiva del linguaggio: l'io di Dante il protagonista assoluto della seconda parte del canto, nella sua continua tensione intellettuale e nell'ininterrotto succedersi di sensazioni e di visioni, accompagnate da locuzioni esclamative (Oh abbondante grazia, Oh quanto corto, O luce etterna) che danno la massima risonanza, anche fonica, al linguaggio delle emozioni53. Le tre verit che Dante vede nella mente divina, pur circoscritte nel breve spazio di due terzine ciascuna, hanno in realt un ampio respiro tematico, ricche come sono di messaggi etico-spirituali o di indicazioni teologiche. L'immagine del volume, cio dell'unit dell'universo (vv. 85-90), in cui le diversit (sustanze, accidenti, lor
53

BUFFONI (1989 :123).

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costume) sono uniformate dal vincolo dell'amore, esprime un importante principio filosofico tutto medioevale, la reductio ad unum, la riconduzione del molteplice all'unit del progetto divino. Ci significa non solo organicit del mondo e non casualit delle cose, ma anche orientamento al bene della totalit degli esseri, quindi presenza nel mondo della Giustizia ordinatrice di Dio. L'unit dell'universo manifestazione della suprema coesione trinitaria di Dio, la seconda visione: l'unit delle tre Persone si rivela al lettore attraverso l'indistinguibilit dei tre cerchi, i cui colori diversi indicano semplicemente distinzione di attributi, non di sostanza. Anche l'assetto formale della terzina esplicativa della Trinit (vv. 124-126) ne mette in rilievo la coesione grazie a un calcolato gioco di riprese e repliche che sembra legare fonicamente una Persona all'altra: sola... sola; in te... da te... te; t'intendi... intelletta e intendente. La terza visione quella del mistero pi alto, l'Incarnazione del Figlio: pi alto non solo perch l'umanizzazione del divino al di l di qualunque logica terrena, ma anche perch il "mistero" della salvezza dell'uomo. La presenza di Dio nella persona umana la presenza di Cristo nella storia: l'espiazione del peccato originale e il ritorno della speranza del Paradiso. L'Incarnazione ha infatti reso possibile il germogliare della rosa dei beati in cielo (vv. 7-9) e ha reso possibile anche il "viaggio" salvifico-conoscitivo di Dante, irrealizzabile senza la nascita-sacrificio di Cristo. La similitudine della nave Argo va al di l della funzione retorica e costituisce un rilevante sigillo

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tematico all'intera cantica, al cui inizio (Pd II, 16-18) Dante aveva ricordato quello stesso mito degli Argonauti con il quale ora la chiude. Il topos classico della nave come metafora dell'ingegno, del mare come territorio conoscitivo e della navigazione come alta impresa della mente apriva il Paradiso (Il, 1-9), e aveva aperto anche il Purgatorio (1,1-3). Ora Dante avverte il lettore - con la forza allusiva del richiamo assunta dalla similitudine di Argo - che la sua navigazione in un'acqua che gi mai non si corse (Pd II, 7) sta giungendo trionfalmente in porto, anche se il ricordo ne sostiene a stento il felice esito54. La visione di Dio e dei Suoi misteri, da parte di Dante, non superamento bens potenziamento della sua intelligenza. Non un mistico annegare in Dio; invece piena comprensione di verit che la ragione umana pu acquisire in quanto illuminata dalla Grazia. Non che la dimensione mistica sia assente dal canto: dalla scelta di Bernardo, un mistico, all'insistenza sulla piccolezza dell'uomo; dal linguaggio "affettivo" delle emozioni all'oltraggio (v. 57) a cui cede la memoria e che sembra evocare l'excessus mentis (l'uscita della mente da se stessa) della contemplazione mistica. Tuttavia essa si mantiene nei limiti del piano espressivo e non coinvolge il piano della conoscenza, la quale si attua secondo le modalit proprie del processo razionalistico. Le verit sono acquisite a poco a poco, attraverso un costante sforzo della ragione sempre pi alimentata dalla Grazia illuminante. Dante comprende, non intuisce. Ne conferma non solo l'ampia distribu54

FRECCERO (1989:9-17).

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zione delle immagini di luce - in contrasto con la "notte", il buio irrazionale dell'estasi mistica -, ma anche la costante presenza del verbo "vedere" (o di suoi sinonimi), che in Dante allude sempre alla vista della ragione. Non si dimentichi, poi, che non affatto mistica la sua volont di comunicare alla futura gente (v. 72) l'oggetto della visione. Lo stesso fulgore finale (v. 141), che gli rivela il mistero dell'Incarnazione e che sembra richiamare la mistica folgorazione di una visione infusa dall'alto (desuper inflata), in realt una forma di assistenza divina alla ragione di Dante che vuole capire (veder voleva) due precisi nodi metafisico-teologici: come si convenne / l'imago al cerchio e come vi s'indova (vv.137-138). Nodi, certo, incomprensibili alla sola ragione umana, ma resi comprensibili dal sussidio della Grazia: il desiderio (voglia) di Dante risulta quindi soddisfatto (venne) in due specifiche questioni di ordine intellettuale e non nell'anelito a fondersi con Dio perdendosi nella profondit del Suo Essere. Non va intesa come fusione mistica con il creatore nemmeno l'immagine finale in cui l'amore divino volge il disio e il velle di Dante, ormai pienamente appagati. La perfetta concordanza tra volont di conoscenza e sua attuazione consente a Dante di vivere per un istante atemporale (nell'Empireo assente la categoria del tempo) la stessa condizione dei beati, nei quali intelletto e volont si identificano (vedi Pd XV, 73-78), ovvero la contemplazione di Dio in assenza di ogni desiderio. La condizione dei beati infatti uno stato conoscitivo: visio Dei (contemplazione razionale di Dio); il mistico amor Dei, la tensione affettiva verso

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Dio, ne la conseguenza, poich non si pu amare ci che non si conosce. Il poema termina con la parola stelle (simbolo del fine ultimo dell'uomo, il cielo) che ricorre a conclusione augurale sia dell'Inferno sia del Purgatorio e d forte coesione alle tre cantiche. Ma il vero epilogo del Paradiso, che collega circolarmente l'ultimo canto al primo, dato dall'amore divino che move l'universo, lo stesso concetto di Pd I, 1, dove Dio detto colui che tutto move. Se la circolarit richiama l'idea della perfezione (il cerchio), il movimento uniforme dato da Dio alle cose richiama l'armonia universale e ricorda, come compito di un "poema sacro", che la creazione un atto d'amore55.

55

BEZZOLA (1965:1895-1912).

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3.2 Analisi iconografica-lessicale Alfonso Gatto un Brogliaccio di pensieri

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Questa, dun giorno che non pu durare, la stanchezza felice della sera che passa senza tempo, vedi il mare celeste alla ringhiera, farsi daria allascolto tutto ci che muore e muore nel cielo che ti fissa gli occhi cos stanca alla riva damore per amore limpida.

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Trascrizione IPA
'kw:sta d un ':rno ke nom 'pw ddu'ra:re la sta'k:ta fe'li:e 'd:lla 's:ra ke 'pa:ssa 's:na 't:mpo 'v:di il 'ma:re e'l:ste 'a:lla ri'gj:ra 'fa:rsi 'd a:rja all a'sk:lto 'tu:tto ' ke 'mw:re e m'mw:re nel ':lo ke ti 'fi:ssa ':kki ko'zi 'sta:ka 'a:lla 'ri:va d a'm:re per a'm:re lim'pi:da

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Enfasi alla # Tu sei limpida e stanca #, e nellamore cominci # dalla par che tocchi; nella sete liscia della gola ove per gli occhi si.. Tu sei limpida e stanca U EI IIA e AA : : : .. : : ------------- ------------------ ----------T s l mPd St nC
+*+*

Una delle caratteristiche pi evidenti del poeta l'uso del verso libero, cio del tutto autonomo rispetto alle misure e dai ritmi della metrica tradizionale. Inoltre la poesia, concepita unicamente come pura espressione delllo, diventa a tratti oscuri e difficilmente comunicabili. Questi aspetti non sempre sono presenti nelle liriche dA. Gatto, che arrivano a formulare un messaggio poetico autoriflessivo, profondo e sincero, ma anche provocatorio ed ellittico in punti dardua interpretazione. L'autore, con un monologo psicologico, chiarisce la complessit della sua situazione interiore, ma non si serve di una lucida autoanalisi, al contrario ricorre ad icone puntuali come (mare celeste Tu sei limpida ecc)56. I suoi versi sono puri elimpidi, carichi di simboli autoreferenziali, le sue parole, grazie alle folgorazioni del
56

GATTO (1950:23).

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procedimento analogico, raggiungono le radici pi profonde e misteriose dell essere. Il poeta A. Gatto in questa lirica manda un messaggio damore velato da una soft malinconia per un cammino che sta per giungere al termine. Il brogliaccio scritto a getto, ma i sentimenti che descrive sono puri ed immediati perch dettati dalla retorica delcuore. La mano corre e le parole fluenti assorgono da quel"essere poeta" forse non fanno rima, ma la semantica unica trasmissione cognitiva di deontologie e valori Il verso a tratti chiuso, ma la sequenzialit dei contenuti si fonda su armonicit naturale, mentre il ritmo velato dal gioco di icone e di termini oppositivi stanchezza felice ecc. La caratteristica pi evidente ed efficace data dall'alternanza d'ibridazioni lessicali e costellazioni parafrastiche come le nominalizzazioni e dei modificatori stanca stanchezza ; amore nellamore. La melodia resa dal gioco lessicale delle anafore e degli operatori celeste alla ringhiera; muore.muore e la presenza dell'operatore supporto appare unesplosione del processo introspettivo, in cui la nuclearit verbale, racchiude nelle frasi di completamento significati forti (v1 che non pu durare..). Gli ultimi versi sono incantevoli,perch sono dedicati ad una persona limpida e stanca e quasi il poeta non riesce a trovare le parole, il sentimento forte pure e tenace e non gli permettono di trovare un giusto lessico. Il tratto presenta un anafora dincastro dal v7 damore per amore limpida al v8 Tu sei limpida e stancasembra quasi un confondersi di una velata malinconia ad un indescrivibile magma damore che lautore ripete a se stesso per convincersi che le parole sono giuste57. Le anafore qualiamore.per amore..nellamore sprigionano momenti di tensione e incertezza che ritroviamo nelle continue pause, correzioni ed ellissazioni di manipolazioni. Qual il verso
57

GATTO (1950:25).

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conclusivo che lautore avrebbe voluto scrivere? Quali le fonie giuste per tanto amore?.........

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3.3 Introspezione a Link Il 4 rosso di Alfonso Gatto

Dentro la bocca ha tutte le vocali Il bambino che canta. La sua gioia come la giacca azzurra, come i pali netti del cielo,sapre allaria il fresco della faccia che porta. Il 4 rosso come i numeri grandi delle navi

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Trascrizione IPA
' dntro la 'bkka a t'tutte le vo'kali il bam'bino ke 'kanta la swa 'ja ' kme la 'akka at'urra 'kme i 'pali ' ntti del 'lo 's apre 'all arja ' il 'frsko 'dlla 'fata ke 'prta i l ' r'rsso 'kme i nu'mri 'grandi 'dlle 'navi

Raccolta successiva alla stagione ermetica (include testi dal 1941 al 1949), Poesie d'amore testimonia un Gatto immaginoso e surreale in cui persistono tracce di stile ermetico. La poesia composta da sei endecasillabi: due rime perfette (vocali,v.1 pali, v.3), in assonanza con navi verso.6. Secondo le osservazioni di Baldacci sulla funzione dominante della rima in Gatto, proprio dalle tre parole in posizione di rima (e assonanza) sembra scaturire lintera dinamica compositiva del testo. La dominante vocalica sotto accento la vocale pi aperta, a (donde il senso di generale di dilatata allegria). I primi accenti della poesia, forse non a caso, cadono a coprire lintera scala vocalica (dntro la bcca ha ttte le vocali/il bambino).Tra le poesie d'amore, questa, dedicata a un bambino e che rivive il mondo appunto con occhi fantasticamente infantili, una poesia d'amore-vitalit, tutta basata su elementi di festa e di gioco surreale in libera sequenza: il bambino, la sua gioia che esplode in un canto spiegato e che suggerisce immagini di fresca euforia sino al fiabesco enunciato:

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Il 4 rosso, allusivo ai grandi numeri dipinti in rosso sulle fiancate delle navi (e si sa che la nave per ogni bambino, e non soltanto, sinonimo di libert, avventura, allegria). Poesia per adulti, pur nella sua freschezza quasi ingenua e infantile, testimonia quelle risorse di immaginazione genuine e ricche che hanno fatto di Gatto un poeta anche per ragazzi. Si osservi il forte cromatismo dei due colori pieni e festosi: l'azzurro della giacca (v, 3) e il rosso del numero (v. 5). 3.4 Una esplorazione della poetica di A. Gatto Il caprimulgo di Alfonso Gatto

Torner sempre lironia serena del sortilegio sulle tue corolle fiore disfatto e tu che voli e piangi stridendo coi tuoi grandi occhi oscuri o caprimulgo dalle piume molli il buio sempre ingoier la notte delle farfalle nere, le lucenti blatte in cui luomo misero attrae le mani e gli occhi a rispettarle umane della piet per s

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Il nucleo del brano il contrasto tra lansia dinfinito delluomo e il suo inevitabile soggiacere alla forza trasformatrice della natura. Il fiore disfatto del verso 3 diventa il simbolo di una situazione esistenziale precisa, quella dellinarrestabile processo di dissoluzione della materia. Ma se il fiore appassito torner a sbocciare, al contrario, nello stridio simile al pianto del caprimulgo, sembra esserci la previsione di un destino di morte e distruzione: il poeta, cio, scorge nella morte del fiore i germi di una vita futura e, allo stesso modo, sembra vivere la morte nello slancio vitale (tu che voli e piangi, v. 4) delluccellino, mentre ancora in vita. Le due immagini, pi che contrapporsi, si richiamano dunque e si completano a vicenda. Tale richiamo sottolineato dallavverbio sempre che, nella prima come nella seconda immagine poetica, evidenzia linesorabilit di un ciclo continuo di vita e morte. Tale ambivalenza sottolineata dalla disposizione chiastica delle farfalle nere e dalle lucenti blatte vv. 8-9, in cui lo scambio reciproco di caratteri abituali esprime questa doppia essenza vita-morte presente in tutte le cose esistenti e rimanda a unulteriore contrapposizione, quella mobilit-immobilit, che torner a fine componimento nello smanioso e inutile agitarsi delluomo alla ricerca di un significato ultimo. I versi conclusivi della prima strofa sottolineano la paradossalit della situazione esistenziale: luomo applaude consenziente allesistenza, spinto dal suo stesso istinto vitale,

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senza riconoscersi come vittima di un gioco perverso e inutile. Nella seconda strofa si esplicita quanto gi contenuto nellespressione ironia serena (v. 1): la forza che affanna in continua trasformazione e dissoluzione tutte le cose distratta, assolutamente indifferente al destino umano; una forza latente, qualcosa che trama nellombra, come un bruco insonne che ci bracca incessantemente. Da notare luso del verbo tracciare, che indica latto di predisporre il nostro destino, ma suggerisce, al contempo, il senso di essere sulle tracce, seguire da vicino. Luso lessicale denota una scelta precisa operata dallautore attraverso la sinonimia: rispetto ad aggettivi come sfiorito o appassito, il qualitativo disfatto appare pi intenso, carico com di un senso di decomposizione. Allambiguit sintattica si accompagna la scelta di termini che contengono gi in s il loro carattere oscuro e vago. La scelta semantica spesso privilegia termini evocativi e dal significato piuttosto ambivalente, come laggettivo molle, che denota non solo una qualit tattile delle piume del caprimulgo, ma anche un senso di sottile sensualit e mollezza. Questo tono sensuale ravvisabile in tutta la prima parte del componimento, almeno fino al verso 9, ed sottolineato, a livello fonicotimbrico, dalla prevalenza di vocali aperte (sortilegio, corolle, molli, notte, farfalle) dalla prevalenza della vibrante r, dalla liquida l, e dalle assonanze interne (notte- blatte, corolle- molli,,

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mani- umane), elementi tutti convergenti a dare il senso della malinconia, di una voce sordina, dolce e flessuosa. La virgola del verso 10, come le successive pause e divisione delle strofe, introduce momenti profondamente meditativi. Innanzitutto essa serve a spiegare il gesto appena descritto: quel ritrarsi frettoloso dello sguardo e del gesto degli insetti segno della presa di coscienza della propria condizione. Inoltre, queste mani che uccidono non sono pi le stesse con cui luomo cerca di proteggere se stesso dal destino di morte (vv. 16- 17). Il predicato attrae contiene un senso di immobilit e di paralisi, che rimanda allindisponente incapacit di reazione della mummia. Per esprimere il perdono esistenziale, ancora una volta la scelta lessicale cade su un termine ambivalente, congrega (v. 14): essa, infatti, da un lato indica una confraternita religiosa, dallaltro usata per designare un gruppo di persone riunite per uno scopo non proprio edificante e sembra qui far r58iferimento alla crudelt della vita stessa. La terza strofa esprime, di fronte a questa disillusa visione dellesistenza, linevitabilit della frustrazione di ogni tensione delluomo verso linfinito. Il divenire rester per sempre un fenomeno oscuro alluomo, che, travolto dallenfasi del suo discorso, dei suoi falsi miti, sordo alla verit e giura su cose a cui, in realt,
58

GATTO (1937:56).

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neppure lui crede. Bellissima la chiusa, con il richiamo alla desolata processione dei versi 12-14, introdotta da quell Ancora, a esprimere tutto il senso di un destino inevitabile, perennemente uguale, e con limmagine dellindistinta folla degli esseri umani tesa nella spasmodica ricerca di un significato esistenziale.

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CAPITOLO QUARTO

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Capitolo Quarto

LAMBIVALENZA SEMIOTICA 4.1 Guida alla comprensione

Casa sul Mare Eugenio Montale Il viaggio finisce qui nelle cure meschine che dividono l'anima che non sa pi dare un grido. Ora i minuti sono uguali e fissi v.5 come i giri di ruota della pompa. Un giro: un salir d'acqua che rimbomba. Un altro, altr'acqua, a tratti un cigolio. Il viaggio finisce a questa spiaggia che tentano gli assidui e lenti flussi. v10Nulla disvela se non pigri fumi la marina che tramano di conche i soffi leni: ed raro che appaia nella bonaccia muta tra l'isole dell'aria migrabonde v.15 la Corsica dorsuta o la Capraia.

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Tu chiedi se cos tutto vanisce in questa poca nebbia di memorie; se nell'ora che torpe o nel sospiro del frangente si compie ogni destino. v.20Vorrei dirti che no, che ti s'appressa l'ora che passerai di l dal tempo; forse solo chi vuole s'infinita, e questo tu potrai, chiss, non io. Penso che per i pi non sia salvezza, v.25 ma taluno sovverta ogni disegno, passi il varco, qual volle si ritrovi. Vorrei prima di cedere segnarti codesta via di fuga labile come nei sommossi campi v.30del mare spuma o ruga. Ti dono anche l'avara mia speranza. A' nuovi giorni, stanco, non so crescerla: l'offro in pegno al tuo fato, che ti scampi. Il cammino finisce a queste prode v.35che rode la marea col moto alterno. Il tuo cuore vicino che non m'ode salpa gi forse per l'eterno. Eugenio Montale (Genova, 1896 - Milano, 1981) il maggiore esponente della poesia italiana del pieno Novecento. Le sue varie raccolte sono apparse tra il 1925 (Ossi di seppia) e il '77. Nel 1975 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Nella sua poesia molto presente il paesaggio della costa ligure. Gi nelle prime liriche Montale esprime il suo forte pessimismo e al contempo la sua tensione all'assoluto,

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l'ansia di una salvezza, che di solito affidata all'opera di una donna, con la quale il poeta dialoga intensamente. L'impianto delle sue liriche spesso narrativo ed evoca luoghi, persone, eventi e oggetti della vita quotidiana, perfino congegni meccanici, che si caricano di significati metaforici e simbolici. 1. Comprensione del testo Dopo una o pi letture dell'intero testo, esponi (in non pi di quindici righe) il contenuto informativo della lirica: con quale scena questa si apre, quali scene o situazioni si susseguono strofa per strofa, quale tema svolto nel dialogo tra il poeta e la persona (una donna) che gli sta accanto. 2. Analisi del testo 2.1. Molte parole indicano il viaggio (o il movimento) e il tempo (o l'immobilit, la fine): sono come due fili che s'intrecciano per esprimere il tema di fondo della lirica. Cerca (e sottolinea in modo diverso) le parole dell'uno e quelle dell'altro filo e commenta il contrasto che ne deriva. 2.2. Qual l'elemento dominante del paesaggio? Raccogli e commenta brevemente i vocaboli che si riferiscono a questo elemento. C' anche un secondo elemento che lo accompagna? Questo secondo elemento ha anche un significato metaforico? 2.3. Che effetto produce, in questo scenario cos ampio, l'immagine della pompa idraulica con il suo monotono ritmo? E il riferimento cos preciso dato dal titolo? 2.4. Nella terza e nella quarta strofa si svolge un fitto

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dialogo con l'altra persona: sottolinea tutti gli elementi linguistici (pronomi, aggettivi possessivi, forme verbali) che indicano il "tu" e l' "io" e interpreta il significato di questo confronto tra due destini. 2.5. Spiegazioni puntuali del testo. Che cosa sono le conche del v. 11 e le isole dell'aria migrabonde del v. 14. Che cosa significano le espressioni: l'ora che torpe del v. 18; prima di cedere del v.27; solo chi vuole s'infinita del v. 22; l'avara mia speranza. A' nuovi giorni, stanco, non so crescerla dei vv. 31-32. 2.6. I versi sono quasi tutti di una stessa misura: quale? Ce ne sono di sdruccioli? Riconosci degli enjambement? Segnala le vere e proprie rime e le assonanze o consonanze. 3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Esponi il significato complessivo della lirica montaliana, rifacendoti ad altri testi dell'Autore, se ti sono noti, alle caratteristiche della situazione generale, sociale e politica, dell'Italia dell'epoca, alle tendenze che si manifestavano allora nella letteratura italiana e, se possibile, in quella europea.59 Trascrizione IPA
'vjado fi'nie kwi

59

C:\Documents and Settings\Administrator\Desktop\esami\2004.htm Il testo costituisce la prova desame della secondaria di secondo grado dellanno 2004/2005 Tipologia A ed stato tratto dallURL http://www.istruzione.it

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'nlle 'kure mes'kine ke divi'dno l a'nima ke non sa 'pju d'dare un 'grido 'ra i mi'nuti 'sno u'gwali e f'fissi ' kme i 'iri di 'rwta 'dlla 'pmpa un 'iro un 'salir 'd akkwa ke rim'bmba un 'altro al'tr akkwa a t'tratti un i'gljo il 'vjado fi'ni a k'kwsta s'pjada ke ten'tano as'sidwi e l'lnti 'flussi 'nulla diz'vla se non 'pigri 'fumi la ma'rina ke tra'mano di 'knke i 'sffi 'lni ed ' r'raro ke ap'paja 'nlla bo'nata 'muta tra l i'zle 'dll arja migra'bnde l a kor'sika dor'suta o la ka'praja tu 'kjdi se ko'zi t'tutto va'nie in 'kwsta 'pka 'nbbja di me'mrje se 'nll ora ke 'trpe o nel sos'piro del fran'nte si 'kmpje 'i des'tino 'vrrei 'dirti ke no ke ti s ap'prssa 'l ra ke pas'srai di 'la ddal 'tmpo 'frse 'slo ki v'vwle s infi'nita e k'kwsto tu 'ptrai kis'sa non jo ' pnso ke per i 'pju nnon sja sal'vta ma ta'luno sov'vrta 'i di'zo 'passi il 'varko kwal 'vlle si ri'trvi 'vrrei 'prima di e'dre se'arti

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ko'dsta vja di 'fuga a'bile 'kme nei som'mssi 'kampi del 'mare s'puma o 'ruga el 'mare s'puma o 'ruga ti 'dno 'anke l a'vara mja spe'rana 'a n'nwvi 'rni s'tanko non so kre'rla 'l ffro in 'po al t wo 'fato ke ti s'kampi il kam'mino fi'ni a k'kwste 'prde ke 'rde la 'marea kol 'mto al'trno il two 'kwre vi'ino ke non 'm de 'salpa 'a f'frse per l e'trno

Comprensione del testo Il viaggio, un viaggio giunto al suo limite estremo, oltre il quale non esistono certezze di veridicit deontologiche di valori o disvalori. La Casa sul mare costituisce il vettore di riferimento.La poesia tratta dall'ultima sezione di Ossi di seppia, Meriggi e ombre, la sezione, che in qualche modo anticipa le caratteristiche poetiche della raccolta successiva, Le occasioni. Il cammino termina alla casa sul mare, sulla spiaggia, dove la stabilit della terra si annuula nelle acque marine. Qui il tempo si chiude circolarmente su se stesso e rende vana tutto. La misteriosa donna cui il poeta si rivolge, per, forse ha trovato e superato il traguardo che conduce dal contingente all'eterno, dall'apparenza alla realt vera. Forse riuscita a trovare una certezza, sfuggita invece all'io lirico, ormai stanco di cercare. La tecnica dello

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onnipotenza semantica prevale sui misteriosi personaggi a cui affida il dono delleternit, mentre la volont straniante e di accettazione prevale allinsondabilit del proprio destino. 2. Analisi del testo Egli esterna il suo stato danimo affranto e i sentimenti di inquietudine si trasformano in descrizioni del paesaggio dei luoghi a lui cari, in cui il correlativo oggettivo assume un valore preponderante. Le sue amare conclusioni della vita sono terrificanti e lo conducono verso la certezza di una fine chiusa in unarcana accettazione di un Io che non ha la forza di addivenire ad un dialogo aperto. Luomo solo con se stesso, termina il suo viaggio della vita e non riesce ad elaborare modelli di elevazione morale per perch attento alle cure meschine della quotidianit, che lo allontanano sempre pi dai sentimenti puri e sacrali di una anima che non ha pi gridi, perch atrofica. La osmotica fusione di spazio e tempo, che disegnano una situazione esistenziale bloccata, ripiegata su se stessa, sono focalizzata dalla lirica:
sono come due fili che s'intrecciano per esprimere il tema di fondo della lirica. Cerca (e sottolinea in modo diverso) le parole dell'uno e quelle dell'altro filo e commenta il contrasto che ne deriva60.

La costellazione parafrafrastica dinizio frase serve a convalidare lidea della fine del viaggio con effetto martellante sul messaggio comunicativo ai vv. 1 (Il viaggio finisce. qui). V. 8 (Il viaggio finisce a questa spiaggia) v.34 di cammino finisce a quesfe prode),
60

Cfr. www.istruzione.it punto 2 dellanalisi del testo.

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mentre come dimostra la descrizione fonetica successiva le ripotizioni e i contrasti fonici servono a inviare un grido di dolore alla impossibilit di un Io che langue : v v. Il viaggio finisce: I iA II E

Siamo di fronte a un viaggio che arriva alla sua fine, a un movimento che termina nella forzata e assoluta immobilit lenti flussi al v. 9, dei pigri fumi, al v. 10, dei soffi leni al v. 12 e della bonaccia. Il tempo, implacabilmente, si muove sempre uguale su se stesso a impedire, per cos dire, l'accesso all'eternit. L'anima si dibatte nella monotonia della vita, nelle cure meschine (v. 2); le sue difficolt il suo dilemma sono evidenziati dalla lentezza della sintassi. L'io lirico non distaccato ma immerso in questa staticit (qui), (questa spiaggia), (queste strade) e il suo stato d'animo trova piena rispondenza nel paesaggio, che domina la seconda stanza, in cui la presenza umana totalmente scomparsa. Luomo si annulla e la descrizione esausitiva del luogo prevale. L'attenzione dell'autore si volge dalla natura allo spazio interiore della memoria. ai "carismatici ", oggetti "portafortuna" destinati a esorcizzare, in modo consapevolmente irrazionale, il male dell'esistenza. Montale si rif. a,una tradizione poetica non realistica, non romantica e nemmeno strettamente decadente che egli stesso definisce "metafisica" e che ha in Baudelaire e,in Browning.La tecnica poetica che si defi1isce con prcisione soprattutto nelle Occasioni e nella Bufera.

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Tale tecnica,' con un'espressione coniata negli' anni venti da Eliot - poeta molto vicino a Montale - stata definita correlativo oggettivo. Essa rappresenta gli oggetti della realt concreta non con intenti realistici o simbolici, ma come indicatori del destino dell'uomo e della sua condizione esistenziale. Infatti la pompa idraulica con il suo lento cigolio la raffigurazione simbolica della lacerazione dellanima, che lo porta verso l'accettazione di uno sterile segreto. Per Montale, una scelta morale e dev'essere la poesia pura "'senza vilt", a non cedere a tentazioni o a facili consolazioni e la sua poesia sempre attraversata da una fortissima tensione conoscitiva, da una volont determinata a ricercare ovunque, in ogni segno, una possibile verit; anche' se questa non si rivela mai. Di qui deriva un'atte'nzione nuova alla visione del mondo, che supera gli schemi conoscitivi offerti dalla precedente tradizione letteraria e porta a quella visione lucidissima e disincantata,che coglie ogni oggetto, ogni particolare del paesaggio nella sua intensa fisicit. Di qui deriva anche quel delirio di nominare di cui afferma Contini, ovvero un'attenzione straordinaria al paesaggio e ai suoi particolari, agli oggetti, alle cose pi comunidescritti con estrema dovizia e precisione analitica e lessicale, prosegue,Contini che i particolari, non hanno un intento descrittivo, ma il segno di una ricerca di senso che ricomincia dopo ogni fallimento, che non si arrende e non smette di ricercare, dietro le cose, il varco, una possibile via di fuga dall'insensatezza della realt61.
61

CONTINI in BIANSIN (1985:345).

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Nella terza e nella quarta strofa si svolge un fitto dialogo con l'altra persona: sottolinea tutti gli elementi linguistici (pronomi, aggettivi possessivi, forme verbali) che indicano il "tu" e l' "io" e interpreta il significato di questo confronto tra due destini.

Torner all'inizio della terza strofa, il pronominale Tu chiedi al v. 16 che introduce un destinatario del discorso poetico trasformando il monologo interiore in una convincente dissertazione colloquiale v. 20 vorrei dirti.. v. 27 vorrei.., sulla condizione deontologica dellumanit. Una presenza femminile salvatrice, non meglio precisata, come lo stesso Montale sottolinea, ha la potenzialit di divinizzarsi e sacralizzarsi nella eternizzazione della poesia e della cultura 62. La donna diviene lelemento sacrale di collegamento tra lumano e il divino quasi paragonata a Beatrice di Dante (autore che Montale prediligeva e che aveva studiato a fondo) il tramite tra il sensibile e lassoluto (che per
Cfr. E. VITTORINI, Arsenio, in "Circoli", n. 6, 1931, poi rifuso parzialmente in Diario in pubblico, Milano, Bompiani, 1957, pp. 2832; A. SERONI, Commento ad "Arsenio", in Ragioni critiche, Firenze, Vallecchi, 1944, pp. 95-110; C. F. GOFFIS, Lettura di "Arsenio", in AA. VV., Letture montaliane in occasione dell'80 compleanno del Poeta, Genova, Bozzi, 1977, pp. 69-84; P. BIGONGIARI, L'autoriflessivit del significato. Eugenio Montale dalla quantit esistenziale alla qualit essenziale [Arsenio pi Simeone ovvero "Dall'orfismo al correlativo oggettivo"], in Poesia italiana del Novecento, tomo II, Milano,Il Saggiatore, 1980, pp.321418.
62

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il poeta costituito non da un mondo ultraterreno o da Dio, ma essenzialmente dalla cultura e dalla poesia). Quale elemento lessicale, se non le forme di sostituzione pronominali, per identificare il destinatario della conversazione poetica? Infatti in una giustapposizione frastica di alterananze lessicali, di modificatori aggettivali e di operatori supp. Montale giustifica il senso dei due opposti destini. La donna (dalla sconosciuta identit) si chiede e chiede al poeta se tutto sia destinato all'oblio, se il destino dell'uomo sia nel monotono infrangersi delle onde, che avanzano e si ritirano senza lasciare traccia, come in un sospiro. Il poeta vorrebbe rassicurarla sulla possibiiit di raggiungere l'eterno; al di l del tempo terreno, della contingenza. Ma, forse, l'infinito solo per chi lo immagina e lo vuole: la donna, probabilmente., non l'io lirico. Per i pi non c' salvezza, ma qualcuno riesce a trovare e superare il varco, sowertendo lo stesso destino, e a essere, finalmente, sottratto alla 'Iabilit delle cose e del tempo. 3. Interpetrazione e Approfondimenti Il poeta vorrebbe indicare alla donna la strada che conduce al varco, la via di fuga dal contingente e dall'insignificanza, ma la strada appena accennata e tende a scomparire come schiuma o cresta d'onda. L'io lirico in grado solo di donare la propria speranza alla compagna, senza poterla far crescere per s, nella propria vita. Troppa la stanchezza, soverchiante il male di vivere. Ma il cammino, per tutti. finisce sulla

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riva del mare, erosa lentamente dalla marea: la. donna ancora l ma ormai il suo cuore gi salpato per l'eternit e non pu pi' udire le parole del poeta Lisola63.

63

UNGARETTI (1992:1919-1935).

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4.2 Analisi Guidata Lisola di Giuseppe Ungaretti A una proda ove sera era perenne di anziane selve assorte, scese, e s'inoltr e lo richiam rumore di penne v.5 ch'erasi sciolto dallo stridulo batticuore dell'acqua torrida4, e una larva (languiva e rifioriva) vide; ritornato a salire vide v.10 ch'era una ninfa e dormiva ritta abbracciata a un olmo. In s da simulacro a fiamma vera errando?, giunse a un prato ove l'ombra negli occhi s'addensava v.15 delle vergini come sera appi degli ulivi8; distillavano i rami una pioggia pigra di dardi, . qua pecore s'erano appisolate v.20 sotto il liscio tepore, altre brucavano la coltre luminosall; le mani del pastore erano un vetro levigato da fioca febbre64.

64

UNGARETTI (1969:457).

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Giuseppe Ungaretti (Alessandria dEgitto, 1888 Milano, 1970) di famiglia lucchese, dallEgitto si trasfer in Europa, desideroso di fare nuove esperienze di vita e di cultura. Ebbe contatti a Parigi con la poesia simbolista e postsimbolista e con la filosofia di Bergson. Nella Prima Guerra Mondiale combatt in Italia, sul Carso. Visse a lungo a Roma. Sue principali raccolte poetiche: LAllegria, 1919; Sentimento del tempo, 1933; Il Dolore, 1947; Terra promessa, 1950 (tutte con successive edizioni ampliate). La lirica Lisola (del 1925, poi rielaborata) rievoca, come un sogno, una visita che Ungaretti, da Roma, aveva compiuto nella campagna intorno a Tivoli: non si tratta di una vera isola, ma di un paesaggio campestre, arcadico, in cui il poeta si era isolato e immerso, trasfigurando presenze reali in immagini mitiche. 1. Comprensione del testo Partendo dalla presentazione che trovi nelle righe precedenti, dopo aver riletto alcune volte lintera lirica, riassumine il contenuto informativo (movimenti del poeta nei luoghi; altre presenze reali; figure immaginarie). 2. Analisi del testo 2.1. A quale personaggio si riferiscono i verbi scese, sinoltr, vide (due volte), giunse (nei versi 2, 3, 8,9 e 13)? Che tempi del verbo sono? Cerca le forme dei verbi allimperfetto. A quali

2.2.

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elementi e aspetti della scena si riferiscono? Quale contrasto creano questi verbi allimperfetto con quelli indicati nella domanda precedente? 2.3. Molte parole indicano lombra, la sera, il sonno: davvero sera o si tratta di un contrasto tra zone del paesaggio? Nota e commenta le espressioni ove sera era perenne (v. 1), acqua torrida (v. 6), la coltre luminosa (v. 22). Spiega, anche con laiuto del dizionario, le parole proda (v. 1), larva (v. 7) e simulacro (v. 12). Quale scena descrivono i versi 4-6? Metti insieme le sensazioni che ricavi dalle espressioni rumore di penne, stridulo batticuore, acqua torrida e dal verbo erasi sciolto. Al v. 18 i dardi sono i raggi del sole che scendono attraverso i rami. Commenta lespressione pioggia pigra di dardi, in cui un carattere umano, la pigrizia, attribuito ad un elemento naturale. Commenta i due versi finali, rendendo con parole tue laspetto delle mani del pastore. (Ricorda che non lontano da Tivoli, nella campagna romana, a quel tempo era ancora diffusa la febbre malarica.

2.4.

2.5.

2.6.

2.7.

140

Trascrizione IPA
a 'u:na 'pr:da ':ve 's:ra ':ra pe'r:nne di an'ja:ne 's:lve as's:rte ':ze ss inol'tr llo rikja'm rru'm:re di 'p:nne 'k e'ra:zi ':lto 'da:llo stri'du:lo batti'kw:re 'd:ll akkwa tor'ri:da 'u:na 'la:rva la'gwi:va rrifjo'ri:va 'vi:de ritor'na:to a ssa'li:re 'vi:de 'k :ra 'u:na 'ni:fa e ddor'mi:va 'ri:tta abbrat'a:ta ad un ':lmo in 'se dda ssimu'la:kro a f'fja:mma 'v:ra r'ra:ndo 'u:nse a um 'pra:to ':ve 'l :mbra 'n: ':kki s adden'sa:va 'd:lle ver'i:ni 'k:me 'z:ra ap'pj d'd: u'li:vi distilla'va:no i 'ra:mi 'u:na 'pj:da 'pi:gra di 'da:rdi kwa pe'k:re s e'ra:no appizo'la:te 'z:tto il 'li:o te'p:re 'a:ltre bruka'va:no la 'k:ltre lumi'n:za le 'ma:ni del pas't:re e'ra:no u 'v:tro levi'ga:to da f'fj:ka 'f:bbre

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Il poeta rievocando Tivoli, lantica cittadina a nordest di Roma, infatti, una delle pi celebri ville imperiali romane, quella dell'imperatore Adriano che, in maniera simile a questa poesia, cerca di raggiungere un raffinato equilibrio architettonico mescolando il verde dei boschi con lelemento fluido dei laghetti e dei bagni e con l'apparizione di figure mitologiche in forma di statue di marmo. Il tessuto figurativo di Villa Adriana e quello della lirica risultano in larga parte sovrapponibili65. Nel doppio fondo laziale della poesia figura quindi non solo lo spazio dei boschi ma anche una delle testimonianze pi preziose di quellantichit romana che il Sentimento del tempo si cerca di recuperare. Il poeta revoca desideri e fantasmi di un viaggio interiore e si muove per un paesaggio mistico e fantastico,in uno spazio irreale, magico, idillico. Lindeterminatezza e la vaghezza di un mondo interiore nascosto viene reso dallautore, con quel tipo di manipolazione morfologico-sintattico,che ogni uomo possiede in potenza e che riesce a trasmigrare allatto spontaneamente. Certamente lautore vuole attribuire ad altri i suoi luoghi, le sue pulsioni, le sue paure nascoste e la manipolazione pronominale sostitutiva indicativa '''egli'' (w. 2-3, scese, / e s'inoltr; w. 8-9, vide... vide; v. 13, errando, giunse).Il pronome sotteso costituisce l'oggettivazione dell<Io poetico>. L'<Io> che diventa <egli> in una orchestrazione fonica di morfie alliterative e costellazioni verbali che dissolvono il tempo mediante la tecnica della impersonalit e dello straniamento. Le intonazioni, le enfasi e le ellisazioni sono comunque linganno delluomo - poeta perch costituiscono il
65

ANCESCHI (1962:23).

142

massimo livello partecipativo al monologo come 66: E sinoltr # s#inoltr# Cherasi sciolto #Ch#erasi#67 Infine le costellazioni alternative dei nucleari verbali portanti deprivati della determinatezza del soggetto costituiscono a rendere chiaro il concetto di dissoluzione del tempo. Gli uni che gli altri assolvono alla funzione di negare la rappresentazione da ogni contingenza col presente, di assolutizzarla e di proiettarla in un tempo mitico, ove l'immobilit dell' aeternum si sostituisce alla transitoriet del tempus. (v. 2 scese, v.3 s'inoltr, v.4 lo richiam, v.8 vide, v. 18 giunse) Questi operatori elaborano un mondo reale in uno magico. La sequenza progressiva, con un climax rende una gradazione ascendente riferita al fascino di un'esplorazione nel regno del misterioso e dell'arcano: dall'iniziale e generico scese si passa alla conquista iniziatica dell' inoltrarsi, che, fra sensazioni sonoro-visive (lo richiam, vide), si conclude con l'approdo finale (giunse). Gli imperfetti (v. l era, v. 7 languiva. v. X rifioriva, v. l0 dormiva, v. 14 s'addensava. v. 17 distillavano, v. 21 brucavano. v. 23 erano), pi indirizzati alla descrizione, a loro volta dnno l'idea di un'azione iterattiva che si perpetua sempre eguale a se stessa: la sera da sempre era perenne. La ninfa da sempre dormiva, i rami da sempre distillavano...: il tempo che si trasforma nel non-tempo, il tempo storico che trascolora nel mito e nella favola68. Tutto presente ma come se fosse assente,
66 67

Del Serra (1977:85). LUTI (1974:342). 68 BARBERI SQUAROTTI (1960:282).

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smaterializzato.Tutte le connotazioni visivo-spaziali della lirica rispondono al comune denominatore della dissolvenza e apportano la sensazione di atmosfere immobili, decantate e atemporali. Gi l'immagine iniziale della proda (v. 1), di per s espressione di solarit, resta avvolta in una sera perenne (v. 2); le selve perdono l'accezione vegetale e, quasi umanizzate, diventano assorte (v. 2); le ali degli uccelli che battono sull'acqua apportano uno stridulo / batticuore (vv. 5-6); l'acqua a sua volta non appare limpida e trasparente, ma quasi stagnante e immersa nella calura. Ogni aspetto di un reale oggettivato scompare dietro la presenza dominante di larve e simulacri e risponde all'idea di un'assorta immobilit: la pioggia perde ogni musicalit di dannunziana memoria e si fa pigra (v. 18): le pecore appisolate sotto il liscio tepore (vv. 19-20) accrescono l'idea di inerte torpore. Le stesse presenze umane appaiono smaterializzate: le ninfe non dormono distese, ma ritte abbracciate a un olmo i loro volti non sono luminosi, ma restano avvolti dal chiaroscuro; il pastore non viene colto nella sua interezza ma nel particolare delle mani, rese quasi trasparenti e febbricitanti dall'umido tepore69. Il testo in termini strutturali possiede i referenti di un quadretto arcadico di teocritea memoria: le ninfe, le pecore, il prato; il pastore. Per l'idillio pastorale si svuota di ogni funzione coreografico-descrittiva e trasfigura in un simbolismo pregno di atmosfere onirico-fiabesche. Alla solarit del paesaggio e dell'anima, presente in tanta spiritualit classica, qua si sostituiscono le tonalit
69

BIGONGIARI (1952:66).

144

chiaroscurali della natura, ricca di valenze meditative (v. 2 anziane selve assorte), magico-sacrali (v. 7 larva) e religiose (il simbolismo di pace e santit degli ulivi v. 16). Le figure umane del pastore e delle ninfe sono assorte, immobili, incorporee70. Lo schema metrico adottato si fonda su strofe libere di quinari, settenari, novenari ed endecasillabi. Il linguaggio poetico si coniuga appieno con la dimensione metafisica della lirica e si fa impalpabile, evasivo. una orchestrazione fonica basata sul potere evocativo della parola, non priva di artifici fonetici causato da foni di contrasto di apertura e di altezza come v.2 di anziane IA IA e di sequenze vocaliche e consonantiche morfemiche che generano una costante omofonia (v. 2 selve assorte, scese), (vv. 18-20 pioggia pigra, pecore, appisolate, tepore). Questi giochi fonici chiudono ermeticamente la semantica delle lessie, conferendo al testo una magia dellevasione vedi lesmplificazione dellanalisi di alcuni versi71:

Ripetizioni allitterative consonantiche

70 71

Bo (2000:23). Silvestri (1994:235).

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v. 2 Di anziane selve assorte,scese D n/z S S/S S/S Contrasto simbolo grafico: / Contrasto bilaterale di apertura e di altezza

v. 4- Di anziane selve assorte,scese I/a I/A/e E/e a O/E E/E Contrasto di luogo diaframmatico 1- Ad una prode sera ove perenne A/U a O/E E/A oe E/E e I v. 4 e 8 sono pi "potenti" del v 1 perch nelle stesse figure sequenziali combinano due contrasti (dapertura e daltezza). Si noti inoltre che nel v. 4 e in v 8 contrasti bilaterali omofonici la potenza evocativa del v. (4) consequenziale all'iterazione all'incastro e alla concomitanza del contrasto; quella (superiore) di v (2) data dalla "pervasivit" del fenomeno e dal suo carattere "perfetto"

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(incastro di "a" atona tra due coppie di "e",.di cui la prima atona e la seconda tonica nella prima coppia, la prima tonica e la seconda atona nella seconda; incastro di quattro "a". Analisi morfologico Notiamo nel testo numerosi artifici morfologici come : il clitico dellimpersonalit; Costellazioni degli operatori verbali : annullamento del tempo e dello spazio; Lessico delle parole composte e complesse, che hanno il carattere della fissit e della noncomposizionalit, strutturale, ma che possono avere le caratteristiche del doppio senso. (figuraleletterale). L'isola luogo indeterminato, in cui cielo, mare e terra s'incontrano; lembo di terra isolato nel mare, galleggiante sulle acque in cui si specchia e si riflette, dunque duplice per sua natura e ambiguo. Si pensi, a questo proposito, al fascino di Venezia caratterizzato proprio da questa duplicit: la Venezia che si erge sui canali e quella che si riflette nell'acqua72. L'isola meta del viaggio per il navigante, miraggio, quasi, per l'esule, che vi ritorna dopo mille naufragi. Per queste ragioni l'isola motivo ricorrente nella poesia italiana, da Dante in poi, per tacere della letteratura classica.
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L'isola , inoltre, luogo simbolico, meta di un viaggio dentro se stessi che il poeta compie in solitudine, per trovare la propria anima, in una dimensione atemporale e mitica. Questo il significato dell'immagine dell'isola nel componimento di Ungaretti, in cui l'approdo si configura come smembramento e recupero, in un'atmosfera di sogno, del valore pregnante di parole e sensazioni analogicamente connesse.

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CAPITOLO QUINTO

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Capitolo Quinto

LE FENDENTI - FONICHE 5.1 Autori a confronto: Calabr - Insana

Agavi in fiore Corrado Calabr73

Lunghe spiagge deserte Ammassate dal mare accanto al treno Nel cui soffice intoppo simbatte e fa una sosta il mio passaggio v.5 sotto un fiacco scirocco immusonito Ogni ravvivamento di stagioni sarena qui in distesa immemorata, estuario di torrenti disseccati Penetrante impetuosa aspettativa dellavvenire, v.10durata una stagione.. Dellacqua dolce accorsa un giorno incontro,
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CALABR (2002:19).

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lasciando il greto vuoto e isterilito, da molto tempo non conserva traccia il piano sconfinato in cui affluita..

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Trascrizione IPA
lunge s'pjade de'zrte ammas'sate dal 'mare ak'kanto al 'trno nel kwi sof'fie in'tppo s im'batte e ffa 'una 'ssta il mjo pas'sado ' stto un 'fjakko i'rkko immuzo'nito 'i ravviva'mnto di sta'ni s a'rna kwi in dis'tza immemo'rata es'twarjo di tor'rnti dissek'kati

La poesia a carattere autobiografico, poich nellambientazione possibile individuare il paesaggio della Calabria, tanto cara al poeta. La lirica non affronta un tema ben delineato, ma descrive uno stato danimo identificandolo con gli elementi naturali, secondo un gusto tipico della letteratura del Novecento. Il dato pi immediato che salta allocchio del lettore la frequenza con cui ricorrono i termini attinenti al mare o, pi generalmente, allacqua74. Il legame tra il poeta e il mare molto forte. Infatti, il primo elemento visivo che il poeta fornisce al lettore rappresentato dalle lunghe spiagge al v. 1. Limmagine del mare torna anche nellultima strofa:
74

Cfr. Corrado Calabr ha scritto, come "nessun poeta dai tempi di Montale" (Aldo M. Morace), del "mare come fonte di vita, un mare lungo quanto e come la durata possibile dei sentimenti" (Claudio Volpi), quel "mare mediterraneo che congiunge terre dai distinti contorni" (Dante Maffia), "mare, deserto di inquietudine e divinit di paura" (Piero Cimatti) in CALABRO (Roma 2002:272).

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il mare in lontananza si bilancia. Ricordiamo che alcuni critici hanno notato come il mare nelle liriche di Calabr svolga la funzione di organo, di sottofondo, dampliamento del tempo come il coro nella tragedia greca. In questa lirica non messa in evidenza tanto la nostalgia per il mare quanto la mancanza di acqua, elemento vitale per antonomasia, intesa come nutrimento dellanima. Molti sono i sostantivi e le espressioni che indicano aridit, soprattutto nelle prime tre strofe della poesia. Nella prima strofa troviamo spiagge deserte, torrenti disseccati; nella seconda: greto vuoto e isterilito; nella terza: vacui coppieri dellarida costa. Il gioco allusivo dellassenza-presenza di acqua, che abbiamo appena rilevato, riscontrabile anche nel famoso sonetto di Foscolo A Zacinto: n pi mai toccher le sacre sponde, ove il mio corpo fanciulletto giacque,o Zacinto mia, che te ne specchi nellonde del greco mar...Lacqua, ritenuta fin dallantichit mitica datrice di vita, in questo sonetto finisce per identificarsi con limmagine materna. Anche per Foscolo lassenza totale di vita simboleggiata dallassenza di acqua (illacrimata sepoltura). Per quanto riguarda il tema del paesaggio arido, la letteratura fornisce numerosi precedenti: uno su tutti quello della Ginestra di Leopardi: qui sullarida schiena del formidabil monte sterminator Vesevo, la qual nullaltro allegra arbor n fiore, tuoi cespi solitari intorno spargi Il paesaggio descritto da Calabr nelle prime due strofe di Agavi in fiore presenta notevoli analogie con i paesaggi aridi che compaiono nella raccolta di poesie Ossi di seppia di Eugenio Montale. La natura, per Montale come per Calabr, emblema del destino

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delluomo: non viene guardata con gli occhi ingenui del fanciullino pascoliano, n compone le sue presenze in unatmosfera crepuscolare. Essa invece simboleggia nella sua scarna evidenza linfelicit della condizione umana. Per quanto luomo cerchi di comprendere la natura, essa resta impenetrabile. Alla poesia non resta altro che rispecchiare questa condizione di aridit, nella speranza che, studiando le relazioni tra gli oggetti, riesca ad aprire un varco nel mistero della vita. Linfluenza della poesia di Montale su Calabr appare evidente anche nelluso di alcuni termini. Il vocabolo greto che in Agavi in fiore compare a verso 13 (dellacqua dolce accorsa un giorno incontro, lasciando il greto vuoto e isterilito) rimanda al testo della lirica Gloria del disteso Mezzogiorno (Cit. il sole, in alto, -e un secco greto). Questultima, nella struttura e nel contenuto, appare molto simile ad Agavi in fiore: anche Montale costruisce il discorso poetico tramite lelencazione di nudi oggetti e ripropone insistentemente il motivo dellaridit con i termini arsura in giro e una reliquia di vita. Per quanto riguarda lo stile, notiamo che Calabr non rende evidente il male di vivere attraverso forme metaforiche o complementi di paragone, piuttosto lo evoca attraverso gli elementi naturali in cui simbatte, come se si servisse di uno specchio introflesso. Il poeta applica alla realt una lente deformante: il dato naturale diventa indice della sua sofferenza e viene maggiormente posto in rilievo quando appare soggetto a degradazione. La spiaggia, luogo particolarmente amato dal poeta in quanto prospiciente al mare, sembra animata da un intimo tormento (lunghe spiagge deserte ammassatefiacco scirocco immusonitoestuario di

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torrenti disseccati). Questa condizione investe anche lagave, definito albero senza frutto n domani. Dal punto di vista stilistico, la lirica non rispetta nessuno dei canoni tradizionali: le rime sono sciolte, le strofe hanno lunghezza variabile. Non compaiono neppure artifici retorici, fatta eccezione per le allitterazioni fono - simboliche (fiacco scirocco, torrenti disseccati, penetrante impetuosa aspettativa) ed alcune rare corrispondenze foniche (ammassate immemorata disseccate; ammu-sonito isterilito; sostacosta, sfattofrutto; affluita vita). Pi marcato appare, invece, luso delle dittologie cio degli aggettivi in coppie, secondo una tradizione che risale a Petrarca (Solo et pensoso i pi deserti campi): lunghe spiagge deserte, fiacco scirocco immusonito, penetrante impetuosa aspettativa, greto vuoto e isterilito, fiore solitario e estremo. In questa poesia Calabr vuole mettere in evidenza come la vita del poeta sia simile a quella dellagave. In unintervista lautore, infatti, ha dichiarato: il poeta, come lagave, nasce e muore ogni volta con la sua creazione, ed ogni volta lo fa con linnocenza di una nuova nascita. Per lagave, come per il poeta, laspettativa dellavvenire dura soltanto una stagione. Ogni cambiamento di stagione comporta una dolorosa perdita, un arenarsi dellanima in mezzo a speranze disilluse (estuario di torrenti disseccati). Il poeta attribuisce allagave, in quanto suo alter ego, una serie di appellativi negativi (vacuo coppiere della sera, adusto candelabro), poich vuole evidenziare linutilit della propria condizione. Il nucleo della riflessione del poeta enunciato

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allinterno della quarta strofa: al vostro fiore solitario e estremo saggrappa amaramente il mio ricordo con le mani contratte di un ragazzo che si sente sfuggire la sua vita. Il poeta rimpiange la giovinezza, che per lui ormai sta fuggendo, e si rende conto che il suo animo sta perdendo loriginario slancio vitale. Dopo tante esperienze vuote ed avvilenti, egli si sente arido, abbandonato senza rimedio in luoghi desertici. Come lagave una pianta senza frutto, cos il poeta si sente un uomo senza domani, privo di speranze. Lunico spiraglio di luce allinterno di questa visione pessimistica costituito dal fiore dellagave, simbolo del ricordo, a cui il poeta si aggrappa disperatamente (con mani contratte). La solitudine ed il senso di oppressione sono i sentimenti che traspaiono dallultima strofa, dispirazione Baudelairiana; i versi il mare si bilancia col peso senza forma che lopprime ricordano i versi iniziali della poesia Spleen: Quand le ciel bas et loud pse comme un couvercle sur leprit gmissant en proie aux longs ennuie. Il mare, riflettendo il senso di oppressione del poeta, sembra voler spingere con forza verso lalto, per contrapporsi allo schiacciante peso del cielo sopra di lui. In realt, il poeta che trasfigura in base al suo stato danimo un probabile rannuvolamento del cielo: il cielo si fa improvvisamente minaccioso, diventando specchio presago della notte. Persino una vela spintasi a largo, simbolo di un ultimo bagliore di speranza, costretta dallimprovviso oscurarsi del cielo a tornare verso la riva illividita. Questultimo particolare pu essere interpretato in maniera letterale (il cielo offuscato forse proietta sulla riva ombre scure e livide)

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o allegorica: poich per Calabr allontanarsi dal mare significa rinunciare ai sogni ed alle aspirazioni, la spiaggia illividita rispecchia in pieno i sentimenti di rabbia e frustrazione.

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L artritica falsit Jolanda Insana75 5.2 Analisi interpolato nessuna lusinga il male tutto alliffato truccato griffato addirittura buonista e rincuorati dall 'eco di piccoli passi pensiamo che riusciremo ad aprire la finestra smontate le impalcature e sciolti i velami e per la coscienza non ha modo di sogguardare il fondo e sondare i pilastri finch regge la casa e ogni condomino si mantiene a galla

75

INSANA (2002:93).

160

Trascrizione IPA
nes'suna lu'zinga il 'male ' t'tutto allif'fato truk'kato grif'fato addirit'tura bwo'nista e rrinkwo'rati dall 'eko di pik'kli 'passi pen'sjamo ke rjui'rmo ad a'prire la fi'nstra smon'tate le impalka'ture e 'lti i ve'lami e ppe'r lla ko'na non a m'mdo d i soggwar'dare il 'fndo e sson'dare i pi'lastri fin'k r'rde la 'kaza e 'i kondo'mino si man'tjne a g'gall

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Il verso usato dall'autrice J. Insana in questa lirica un recitativo drammatico, in cui la sequenzialit dei contenuti si fonda su armonicit naturale, mentre il ritmo assorbito dalla sintassi (v.6 26 si slega e sega... ma perch...). La caratteristica pi evidente e significativa data dall'alternanza d'ibridazioni lessicali e timbriche (v.2alliffato truccato, griffato) e dall'uso di modificatori aggettivali. Le costellazioni parafrastiche e le morfie oppositive generano choc semantici e pendenti fonici.(v.3 addirittura buonista) (A Il U A- UO IA). La lirica si svolge a focalizzazione interna con un monologo interiore, ove nel contempo si fondono voce parlante e interlocutore (v 20...ingannando chi si inganna da s). La presenza dell'operatore supporto appare una esplosione del processo introspettivo, in cui la nuclearit verbale, racchiude nelle frasi di completamento significati forti (v.4 pensiamo riusciremo...) che accrescono il senso di negazione (v 1...nessuna lusinga). L"'io" che si esplora consapevole di sprofondare nel labirinto di una realt mutevole dissacrata da edonismi deboli in cui la parola non esprime pi ideologie, significati e valori, ma un linguaggio incomprensibile fatto solo di suoni forti e di significati deboli.

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"II giardino delle promesse" Jolanda Insana76 ha il giardino e non guarda gli occhiuti virgulti la mente del sole che illumina il nespolo e la vedovino vellutata e non basta pagare il giardiniere o lanimaliere v.5dappoich per ogni canzoniere si mette mano ai dadi e alla sestina morto il roseto per la seccabaldanza di strappare senza mai dare n cibo n cura v.10.e la faina assassina scavalcare le trappole sul tetto ha preso dimora nel solaio e il fetore arriva in cantina

76

INSANA (2002:27).

163

Trascrizione IPA

a il ar'dino e nnon 'gwarda ok'kjuti vir'gulti ' lla 'mnte del 'sle ke illu'mina il nes'plo e lla vedo'vino vellu'tata e nnon 'basta pa'gare il ardi'njre o l anima'ljre d appoi'k pper 'i kano'njre si 'mtte 'mano ai 'dadi e 'alla ses'tina ' m'mrto il ro'zto per la sekkabal'dana di strap'pare ' sna mai 'dare 'ne t'ibo 'ne k'kura e lla 'faina assas'sina skaval'kare le trap'ple sul 'ttto a p'przo di'mra nel so'lajo e il fe'tre ar'riva in kan'tina

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5.3 Analisi delle ibridazioni foniche La poetessa Jolanda Insana va collocata nell'ambito dell'Ermetismo, corrente letteraria del secolo scorso che ha operato una radicale trasformazione nel linguaggio poetico. Una delle caratteristiche pi evidenti dell'Ermetismo l'uso del verso libero, cio del tutto autonomo rispetto alle misure e dai ritmi della metrica tradizionale. Inoltre la poesia, concepita unicamente come pura espressione dell'lo, diventa a tratti oscura e difficilmente comunicabile. Tutti questi aspetti sono presenti nelle liriche di Jolanda Insana, che arriva a formulare un messaggio poetico autoriflessivo, profondo e condensato, ma anche allusivo ed ellittico in punti di ardua interpretazione. L'autrice, con un monologo psicologico, mette a nudo la complessit della sua situazione interiore, ma non si serve di una lucida autoanalisi, al contrario ricorre ad immagini di concretezza visionaria (Raboni). I suoi versi si dipanano come pensieri onirici, carichi di simboli ed autoreferenziali, le sue parole, grazie alle folgorazioni del procedimento analogico, raggiungono le radici pi profonde e misteriose dellessere. Sin dalla prima lettura, la poesia "II giardino delle promesse" trasmette un senso di straniamento, di disagio e tormento interiore riconducibile alla drammatica esperienza della guerra di cui la scrittrice stata certamente testimone. La poesia non ha una struttura rigida, ma caratterizzata dall'alternanza di versi lunghi e descrittivi e di versi brevi e molto concisi che contravvengono radicalmente ai principi dell'isostrofismo. Il discorso poetico, che a tratti assume un andamento prosastico, frammentato e, in alcuni punti, si riduce a due o

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tre versicoli separati dalla strofa successiva mediante ampi spazi. L'elemento spaziale, infatti, serve a determinare le pause ed i silenzi, data la totale assenza della punteggiatura. Ne deriva un ritmo ben scandito, che d rilievo ai contenuti e serve a riprodurre la dolorosa monotonia di uno spazio vuoto. La lirica incentrata sul tema del giardino in rovina, che in qualche modo rimanda alla descrizione del giardino sofferente fatta da Leopardi nello "Zibaldone". Nel nostro caso, per, il giardino non ha alcuna connotazione spaziale, non altro che un'imponente metafora dell'animo dell'autrice, un animo esacerbato da probabili esperienze negative, privato di ogni conforto, amareggiato e soprattutto disilluso. La poetessa di getto adopera immagini di crudo realismo ("la faina assassina... ha preso dimora nel solaio ed il fetore arriva in cucina... '), sembra quasi che voglia ricostruire la realt con la precisione dei termini, ma nello stesso tempo registra passivamente la decomposizione della realt stessa. A desolate immagini di morte (" morto il roseto... "; "la faina assassina") vengono contrapposte chiare allusioni alla vita ed alla speranza ("palma ", "verde ", " linfa "). L'altro binomio oppositivo (che va a costituire una sorta di chiasmo psicologico) presente nel brano quello luce-ombra. Lo rileviamo fin dall'inizio:" ... la mente del sole che illumina mentre nei versi conclusivi troviamo le espressioni "nel teatrino delle ombre" e "a luci accese", che come vedremo non hanno per niente un significato positivo. In effetti nel testo sulle luci prevalgono le ombre, stando a significare un progressivo affievolirsi della volont di vivere di fronte ad una persistente e immobilizzante situazione di disagio. La prima strofa da "ha il giardino.." a "ai dadi e

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alla sestina... " di significato non chiaro, emerge per la convinzione della poetessa che la propria arte non sia sufficiente ad assicurarle il necessario per vivere, sembra quasi una dichiarazione scanzonata e Bohmienne. Seconda e terza strofa sono caratterizzate dalla tensione oppositiva morte-vita. Nella seconda strofa individuiamo l'ossimoro "secca baldanza" in cui baldanza molto sarcastico rispetto al seguito "di strappare senza mai dare ne cibo ne cura". Qui l'anafora di "ne" evidenzia la negligente incuria dell' autrice nei confronti del giardino, incuria che ha come necessaria conseguenza l' affermarsi della faina, simbolo di un' oscura forza del male, che "ha preso dimora nel solaio ". Nella parte finale, inoltre, compaiono le allegorie del vento e delle api, simboli degli agenti esterni che intervengono nell'esistenza dell'autrice, domando la sua volont e sconfiggendo la sua resistenza. Nella quarta strofa notiamo l'uso di participi dal forte contenuto semantico: sia "forzate" sia "serrato " danno l'idea di un'imposizione, la poetessa appare costretta all'interno di uno spazio che non pu varcare. Pur non parlando direttamente in prima persona, la scrittrice presente come un'ombra impercettibile all'interno dell'universo sgretolato che ella descrive, poi che registra lucidamente gli effetti di questo sgretolamento sul proprio animo, identificato con il giardino. Ella vorrebbe lottare contro il fantasma del proprio angosciante presente, pervasa da un desiderio inconfessato di vita autentica. Eppure rimane immobile, sconfitta nella volont dalla convinzione che lottare inutile. Nel frattempo, l'anima si crea illusioni e, invece di prendere le armi contro la realt, decide di evadere da essa ("non pone steccati al danno...

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"non sente e mente) Con la quinta strofa, la riflessione diventa ancora pi amara, perch l'autrice identifica il proprio destino con quello di tutti gli altri uomini, visti come un'infonDe marea di "voci e persone" che "arrivano e vanno" (verso strutturato secondo coppie semantiche). Il destino comune quello di scomparire "subissate da inesorabili dettagli " come se ricoprissero solo il ruolo di comparse nel "teatrino delle ombre". Gli uomini sono marionette passive, nelle mani di un abile burattinaio che "le muove". Mentre le persone sono destinate a spegnersi, scomparire del tutto, il burattinaio a "luci accese". L'astratto riferimento ad una forza oscura che muove le fila della tragedia umana presente solo in due versi ("a luci accese chi le muove") ma costituisce l'epicentro drammatico del componimento. L'ultima parte della poesia inizia con l'affermazione "distante la distanza " (figura etimologica) ma il concetto di distanza gi era stato espresso graficamente con un ampio spazio vuoto, il pi ampio del testo poich pi esteso rispetto a tutte le atre spaziature interversali. Nella parte finale riscontriamo la predominanza di immagini cupe e tetre, che simboleggiano la sconfitta totale della volont dell'autrice. Quest'ultima legittima la propria passivit citando esempi tratti dal mondo naturale come "il vento non porta semi manco di gramigna " e" le api non vengono dove non c' sole, dove non c ' fiore da succhiare". L'inesorabilit drammatica della situazione accentuata dall'espressione anaforica "dove non c ' sole, dove non c ' fiore" Persino i fori del muro, da dove "occhieggiavano iris e corbezzoli", simboli delle ultime caute speranze, stanno per tornare vuoti, a primavera non si riempiranno pi di "cascate" di fiori.

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Alla fine la posizione di immobilismo della poetessa di fronte alla realt diventa manifesta, poich la conclusione un verso di amara fissit: "geme il giardino non curato ". Non un'ipotesi, la constatazione di una situazione che non possibile modificare. Per cambiarla bisognerebbe "arrampicarsi sulla scala traballante" ma nessuno disposto a farlo. In questa poesia non possiamo parlare di un progresso ma piuttosto di un'involuzione psicologica, poich all'inizio alcune immagini luminose (positive) trasmettono una visione meno77.

77

BELSKI (1996:236).

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CAPITOLO SESTO

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171

Capitolo Sesto

ANALISI DELLE MORFIE RITMICHE 6.1 Descrizione del lessico Furit Aestus Gabriele DAnnunzio

v.5

Un falco stride nel color di perla: tutto il cielo si squarcia come un velo. O brivido sui mari taciturni, O soffio, indizio del sbito nembo O sangue mio come i mari d'estate La forza annoda tutte le radici: sotto la terra sta, nascosta e immensa. La pietra brilla pi d'ogni altra inerzia. La luce copre abissi di silenzio, simile ad occhio immobile che celi moltitudini folli di desiri. L'Ignoto viene a me, l'Ignoto attendo! Quel che mi fu da presso, ecco, lontano. Quel che vivo mi parve, ecco, ora spento. T'amo, o tagliente pietra che su l'erta brilli pronta a ferire il nudo piede.

v.10

v.15

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Osserva F. Roncoroni che la lirica Furit aestus pone in evidenza espedienti tecnico-espressivi, gi da noi indicati in sede di commento78. Questi espedienti rivelano che la lirica costruita su una sorta di conflittualit tra sintagmi e immagini che sottolineano la "immobilit" delle cose e sintagmi e immagini che registrano il movimento di forze scatenate: e ci sta a significare una tensione latente prossima a esplodereI. Gianfranco Contini da parte sua puntualizza che Molti versi tendono a diventare unit sintattiche (come nelle sticomitie della tragedia greca) 2; le sticomitie, come si sa, acuiscono il livello di drammaticit rappresentativa. La lirica, dunque, presenta un'articolazione bipolare, che si caratterizza sul piano discorsivo per la forma para tattica degli enunciati, per la ricorrente irregolarit delle assonanze, per il frequente impiego della figura retorica della similitudine, per la presenza di ben quattro punti esclamativi in fine verso, che determinano al livello soprasegmentale una svolta di senso. Il segmento nel calar di perla del primo verso della prima strofe una ripresa intertestuale dell'attacco di una precedente lirica (Beatitudine, v. 1: Color di perla [...], replicato nel primo verso dell'ultima strofe) e vale a designare con una metafora il colore iridescente del cielo
78

RONCORONI (1982:190).

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che splende con i riflessi cangianti simili a quelli di una perla. Segue, infatti, nel secondo verso esplicitamente la parola metaforizzata (cielo), e pertanto la metafora un'anticipazione percettiva, che impressionisticamente coglie il colore di perla del cielo e risolve in immagine la limpida purezza dell'aria. La coesa solidariet dei due versi avviene con l'ausilio della similitudine (come un velo), la quale satura la stridente voce del falco, che con la sua asprezza sembra squarciare il candido velo del cielo perlato. Nei tre versi successivi (35) le parole brivido, soffio, sangue rivelano l'attesa di una identificazione panica, preannunciata dalla triplice invocazione. Al livello retorico, oltre la metafora e la similitudine, si ha la metonimia con l'impiego dei termini astratti per termini concreti (forza, v. 6; inerzia, v. 8) e un'ardita sinestesia (mari taciturni), la quale realizza la dimensione orizzontale rispetto alla dimensione verticale de il cielo. Il dinamismo vitale (La forza) profonda le intricate radici sotto la terra, ove resta nascosto e cela il suo smisurato potenziale di sviluppo. La seconda strofa si apre ancora con una sinestesia (abissi di silenzio) che rinvia sulla luce meridiana il gioco delle sensazioni; la figura della similitudine realizzata nel giro di due versi senza il connettivo modale come ma con l'aggettivo equivalente (simile). La pregnanza semantica per si concentra nell'espansione relativa dell'enunciato, piegato alla ipotassi del discorso e pregno delle molte pulsioni irrazionali (folli) del desiderio: l'identificazione panica gi prossima, come rivela l'attesa dell'ignoto, la cui iniziale maiuscola conferisce al segno linguistico un arcano effetto di significazione elativa, quasi ad indicare una superiore personificazione divinizzata. La sottolineatura soprasegmentale del punto esclamativo alla fine del v. 12 e

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la sintassi dell'enunciato, che fa dell'ignoto un riduplicato nel verso ora con funzione di soggetto ora con funzione di oggetto, rivelano la perfetta circolarit del movimento di un evento epifanico, esaltato dal parallelismo dei segmenti versali (L'ignoto viene a me, l'ignoto attendo!). La simmetria del parallelismo prosegue nei versi 13-14, ove con il ricorso a due deittici (ecco, ecco) viene animata la rappresentazione spaziale (Quel che mi fu da presso, ecco, lontano) e la vicenda di vita e di morte (Quel che vivo mi parve, ecco, ora spento); e per la rappresentazione ora reca la capovolgente confusivit della pulsione istintuale del desiderio o del sogno, che altera le distanze e i dati oggettivi delle situazioni o delle vicende. Al principio di realt subentra cos la soggettivit dell'istinto, del desiderio, dell'appagamento onirico. Si spiega per tale confusivit l'esplosione libidica di T'amo, rivolta alla tagliente pietra, che, come detto nella espansione ipotattica dell'enunciato relativo (il secondo in tutta la lirica), pur brilla nella ripida salita ma pronta a ferire il nudo piede. L'esplosione libidica di T'amo, nella confusivit soggettiva prodotta dall'attesa dell'identificazione panica, non priva di un coinvolgimento di tipo masochistico. Nella terza ed ultima strofe si accentua l'opposizione delle locuzioni antitetiche con il richiamo fonico di un'assonanza atona o di un ossimoro legato ad una similitudine, che sono artifici espressivi gi segnalati nelle note di commento; cos avviene che la dira sete reca un piacere maggiore delle dolci acque dei ruscelli; che la febbre delle paludi s'insinua egualmente nella selvaggia pace interiore del poeta; che il riposato petto agitato sotterraneamente, perch pieno di grida, che sono le voci del desiderio.

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La pressione esercitata dal desiderio gi prefigura l'evento e lo proclama: L' ora giunta, o mia Msse, l'ora giunta! L'identificazione panica resta tuttavia un atto della volont o del desiderio e, pertanto, simbolicamente si compie attraverso la metafora, la figura della comparazione abbreviata, ma resta ugualmente un'operazione terribile, perch la Msse nel centro meridiano dell'ora estiva ha la pesantezza della piena maturit ed destinata, quindi, ad essere falciata. In Furit aestus la sospensione dell'attesa di identificazione espressa mediante l'artificio della metafora; ne La sera fiesolana la sospensione della rivelazione epifanica espressa con l'artificio locutivo del futuro verrbale Io ti dir (riduplicato nei vv. 34 e 38) come impegno della volont di dire (v. 42). Gli artifici espressivi, nell'uno e nell'altro caso, vengono artifici dell'attesa e della sospensione del fare o del dire. e ci avviene perch la realt psichica dell'io si sovrappone, sostituendo, alla realt esterna delle cose. L'arte, infatti, si sottrae all'esame della realt, poich la sua stessa irrealt la fonte del piacere79. In Furit aestus si produce questo gioco di rapporto intrecciato tra realt esterna delle cose, realt psichica del soggetto e piacere dell'ar~, la cui irrealt coincide con la rappresentazione di un mondo possibile. Lo stesso verbo latino furere, da cui deriva il primo termine leI titolo della lirica, ha valenze polisemiche, giacche sul piano semantico pu suonare sia come essere fuori di se sia come deliare sia come impazzare o
79

ANCESCHI (1962:56).

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smaniare o folleggiare ma anche (ardere di desiderio o essere invasato o ispirato. In ogni modo, quale che sia il significato da attribuire al primo termine del titolo iella lirica, il furore entra sempre in rapporto con le pulsioni profonde dell'inconscio che sul piano psichico si manifestano sotto la forma dei desideri. Va per subito precisato che soltanto il pensiero consapevole governato dalla logica bivalente o asimmetrica, basata sulla contrapposizione di vero e di falso, mentre l'attivit che proviene dall'inconscio costituisce una vera e propria antilogica, che, ignorando la contrapposizione di vero e di falso, si trasforma in pensiero simmetrico, il quale rende eguali o uniformi il vero e il falso. L'analisi della lirica ha fatto emergere, nella forma del parallelismo, la perfetta costruzione simmetrica di alcuni segmenti versali, che, per quel che stato detto sopra, conferiscono al messaggio della lirica le connotazioni simmetriche del pensiero monologico, legato all'inconscio, le quali assumono un rilievo ermeneutico, in quanto, non essendo regolate dall'asimmetria del pensiero bilogico, disoccultano il significato profondo di Furit aestus.

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Consolazione Gabriele DAnnunzio Non pianger pi. Torna il diletto figlio a la tua casa. stanco di mentire. Vieni; usciamo. Tempo di rifiorire. Troppo sei bianca: il volto quasi un giglio. v.5Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato serba ancra per noi qualche sentiero. Ti dir come sia dolce il mistero che vela certe cose del passato. Ancora qualche rosa ne' rosai, v.10 ancora qualche timida erba odora. Ne l'abbandono il caro luogo ancra sorrider, se tu sorriderai. Ti dir come sia dolce il sorriso di certe cose che l'oblio afflisse. v.15 Che proveresti tu se ti fiorisse la terra sotto i piedi, all'improvviso? Tanto accadr, ben che non sia d'aprile. Usciamo. Non coprirti il capo. E un lento sol di settembre; e ancor non vedo argento su '1 tuo capo, e la riga ancor sottile.

v.20

Perch ti neghi con lo sguardo stanco ? La madre fa quel che il buon figlio vuole.

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Bisogna che tu prenda un po' di sole, un po' di sole su quel viso bianco. Bisogna che tu sia forte; bisogna che tu non pensi alle cattive cose... Se noi andiamo verso quelle rose, io parlo piano, l'anima tua sogna. Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto, tutto sar come al tempo lontano. lo metter ne la tua pura mano tutto il mio cuore. Nulla ancor distrutto.

v.25

v.30

Sogna, sogna! lo vivr de la tua vita. In una vita semplice e profonda v. 35 io rivivr. La lieve ostia che monda io la ricever da le tue dita. Sogna, che il tempo di sognare giunto. lo parlo. Di': l'anima tua m'intende? Vedi? Ne l'aria fluttua e s'accende quasi il fantasma d'un apriI defunto. Settembre (di': l'anima tua m'ascolta?) ha ne l'odore suo, nel suo pallore, non so, quasi l'odore ed il pallore di qualche primavera dissepolta. v.45 Sogniamo, poi ch' tempo di sognare. Sorridiamo. E la nostra primavera,

v.40

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questa. A casa, pi tardi, verso sera, vo' riaprire il cembalo e sonare. Quanto ha dormito, il cembalo! Mancava, allora, qualche corda; qualche corda ancora manca. E l'ebano ricorda le lughe dita ceree de l'ava. Mentre che fra le tende scolorate vagher qualche odore delicato, (m'odi tu?) qualche Cosa come un fiato debole di viole un po' passate, soner qualche vecchia aria di danza, assai vecchia, assai nobile, anche un poco triste;e il suono sar velato, fioco, quasi venisse da quell'altra stanza. Poi per te sola io vo' comporre un canto che ti raccolga come in una cuna, sopra un antico metro, ma con una grazia che sia vaga e negletta alquanto. v.65 Tutto sar come al tempo lontano. L'anima sar semplice com'era; e a te verr, quando vorrai, leggera come vien l'acqua al cavo de la mano.

v.50

v.55

v.60

180

6.1Analisi del testo Per fare emergere il significato profondo di Consolazione, sia dal punto di vista semantico sia dal punto di vista estetico, preliminarmente conviene fare una serie di richiami intertestuali. Il testo, infatti, sul piano ermeneutico risulta pi complesso di quanto il suo dimesso stile preraffaellita lasci sospettare. L'opportunit dei richiami intertestuali dettata dalla diffusa reiterazione di locuzioni e di stilemi gi usati nel contesto di altre opere. La madre come oggetto d'ispirazione artistica attraversa le opere dannunziane, sia in versi che in prosa, con sorprendente continuit. Si comincia con Lontananza di Primo vere (- Mamma, guardando cader le foglie ecc. ecc.), si prosegue con La madre ne La Chimera e con Il buon messaggio nel Poema paradisiaco, ove si ritrova la stessa locuzione cavo de la mano usata in Consolazione. Il motivo della madre ritorna nel Trionfo della morte, ne L'innocente e perfino nel Notturno, ove citato l'ultimo verso di Consolazione per sollecitare la memoria della stessa madre ti ricordi tu di quel verso che ti fece sorridere e piangere? Come vien l'acqua al cavo della mano (Cfr. Prose di ricerca, I p. 262; il corsivo nostro). Ci riserviamo comunque, per una questione di ordine espositivo, di fare di volta in volta altri opportuni richiami nel corso dell'analisi. Intanto va subito detto che l'incipit di Consolazione (Non pianger pi) si pone in linea di continuit logicosemantica con la precedente lirica intitolata Ai lauri, ove nel versO di chiusura si legge: la triste casa ove mia madre piange. Va anche detto che il titolo della lirica Consolazione

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deriva dall'ufficio del consolare che , per eccellenza, quello materno, come lo stesso D'Annunzio dichiara in un passo del Dialogo della convalescenza: Tu soffri. Vieni, vieni ancora accanto a me, figliuolo mio. Parlami. Dimmi la tua angoscia. Ti guarir, ti consoler (Cfr. Le faville del maglio, op. cit. II, p. 383; il corsivo nostro). Eppure, la decisione ermeneutica della lirica richiede altri richiami intertestuali, tratti dall'intimit delle lettere inviate a Barbara Leoni. Sappiamo che Consolazione fu composta 1'11 gennaio 1891 e che il poeta aveva fatto ritorno a Pescara tra il 23 e il 30 dicembre 1890 e nello stesso giorno del suo arrivo nella citt natale scrive a Barbara: la mia casa senza conforto. lo avrei preferito di non vedere, di non sentire, d'ignorare certe disperazioni. In un successivo ritorno a Pescara, datato 12 marzo 1891 e motivato dalle persecuzioni dei creditori romani, il D' Annunzio si rivolge ancora a Barbara nello stesso 12 marzo 1891: Sono giunto senza forze...Qui il cielo funebre... Che brutta cosa, non trovare almeno un po' di sollievo nella casa natale... Com' scorante la vista di questo piccolo paese grigio sotto le nuvole della sera!. A distanza di appena tre giorni, il 15 marzo 1891 scrive alla stessa Barbara: Non posso reprimere la mia angoscia interiore ne pure per sorridere a mia madre. I richiami fatti spiegano altres gli opposti e contrastanti giudizi dei critici circa la sincerit affettiva e sentimentale del poeta. Si tratta, a proposito di Consolazione, di una cosa divinamente bella e pura (Enrico Nencioni) oppure di acqua zuccherata (Alfredo Gargiulo) o ancora di quasi una dichiarazione di poetica, che pu valere per tutto il Poema paradisiaco (Salvatore Guglielmino)? Di certo c' che la lirica ispirata dai cosiddetti buoni sentimenti ed dettata da gusti preraffaelliti, che sono

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evidenziati dal giardino abbandonato, dal cembalo, che per lungo tempo non stato usato, dalle viole un po' passate, da qualche vecchia aria di danza, dal suono velato e fioco, da un canto composto sopra un antico metro. Per esprimere la tematica affettiva e domestica dei buoni sentimenti lo stile si fa dimesso, colloquiale, familiare, come dimostrano la semplicit lessicale e la brevit paratattica della maggior parte dei versi, la cui sintassi caratterizzata da frequenti pause forti (punti fermi, punti e virgole) o amplificata da parentesi o enfatizzata da punti esclamativi o interrogativi. Gli endecasillabi risultano franti per garantiscono la continuit discorsiva con gli enjambements, ma ci che sorprende il parallelismo retto da frequentissime ripetizioni dei segmenti versali e, sul piano retorico, da assonanze, sinestesie, metonimie, metafore, anadiplosi e chiasmi. Si comincia al v. 3 con Vieni; usciamo, ripetuto al v. 5 e ripreso parzialmente al v. 18; si prosegue con il segmento Ti dir come sia dolce al v. 7, ripetuto al v. 13; si dice certe cose ai vv. 8 e 13 e Bisogna che tu ai vv. 23, 25, 25-26; Sogna, sogna ai vv. 29 e 33; sogna ai vv. 28 e 37; sognare ai vv. 37 e 45; Sogniamo al v. 45. Gli appelli ftici indirizzati alla madre (Di': l'anima tua m'intende?, v. 38; di': l'anima tua m'ascolta?, v. 41; (m'odi tu?), v. 55 hanno, per cos dire, una loro curva discendente sul piano semanticoacustico. Infine, conservano una equivalenza simmetrica le analogie che reiterano la corrispondenza tra l'autunno e la primavera e tra il mese di settembre e il mese di aprile, com' dato vedere mediante qualche richiamo intertestuale ^2. L'analogia tra autunno/primavera o tra settembre/aprile occulta altre pi sottili corrispondenze. Lo sguardo stanco (v. 21) della madre, il suo viso bianco (v. 24) corrispondono al fantasma d'un aprii dtjilnto (v. 40), al pallore (v. 42) della

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tenue luce settembrina, che diviene il pallore / di qua/che primavera dissepolta (v. 44); infine, il colore bianco-pallido presente anche nel ricordo delle dita ceree dell'ava (v. 52), in cui l'aggettivo ceree assume connotazioni cadaveriche. Si detto, con citazione delle fonti alla mano, che il D'Annunzio utilizza prestiti, che si spingono fino al limite del plagio, ri-usando locuzioni e stilemi tratti, per citare qualche nome, dal parnassiano Catulle Mends e dal simbolista belga Maurice Maeterlinck. Al di l dei sospetti, resta per il fatto che nella tecnica espressiva del D' Annunzio il fantasma d'un apriI defunto, il pallore / di qualche primavera dissepolta e le dita ceree dell'ava, rinviando ad immagini di morte, diventano un correlativo oggettivo della vecchia madre, sulla quale grava l'imminente destino della fine. Ma il figlio, grazie alla virt magica della sua parola di poeta, riesce a rimuovere il minaccioso fantasma di morte e a creare le condizioni del sogno, la predisposizione al sorriso ed a riesumare perfino la primavera. L'impiego, dunque, del registro della comunicazione quotidiana adottato in Consolazione, perfettamente aderente al suo contenuto affettivo di poesia domestica. Ma i sottesi artifici formali, che siamo venuti illustrando, fanno della lirica, come sostiene il Guglielmino, una dichiarazione di poetica, ossia un discorso metapoetico, che trascende la stessa poesia. Un ulteriore conferma di questo assunto interpretativo data dal fatto che il poeta pescarese ha consegnato un modello del far poesia alla successiva generazione letteraria dei crepuscolari80. Tuttavia per gli intenti estetici illustrati mancano in
80

Cfr. a cura di F. Roncoroni D'Annunzio. Poesie, Garzanti editore, 1988; pp. 188-189.

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Consolazione la sincerit dei sentimenti e la spontaneit dell'ispirazione: le due caratteristiche non vanno d'altra parte dissociate. Non si tratta, dunque, di acqua zuccherata, come vorrebbe il Gargiulo, ma di un esercizio sperimentale della parola poetica. In buona sostanza, qui si vuole affermare che non bisogna commettere un errore di ingenuit da parte del lettore, al quale pu sembrare vera e autentica la disposizione d'animo del poeta improntata a sentimenti di bont. In questo caso, si cederebbe all'illusione provocata dall'accorta, sottile e astuta strategia discorsiva del superuomo. D'Annunzio espressa, come si detto, con una semplicit di stile corrispondente alla bonariet dei sentimenti. La semplicit stilistica in effetti occulta il vero topic della lirica, che in modo sussurrato vuole suggerire il primato orfico-magico della parola poetica, che la sua (io vo' comporre un canto / [...] sopra un antico metro). Ancora una volta egli vuole esaltare le sue abilit di artefice, restando cos coerente con la sua vocazione egoarchica di dominatore81.

81

12 Si legge ne Le faville del maglio (op. cit., L p. 15):,Mi sovviene d'un malinconico mio verso giovenile: l'autunno veramente una primavera dissepolta}}; ne La loggia dell' Alcyone si ha (,Settembre, il tuo minor fratello Aprile}} (v. 1; in Solus ad solam (Ricerche, III, 1-1. 780) si trova: Settembre velato come aprile. La corrispondenza analogica dell'autunnale ottobre che sembra marzo si trova anche in Pascoli.

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Indice Premessa ........................................................... pag. 1

Capitolo I LA FONETICA Breve excursus 1.1 Descrizione scientifica dei ........................... pag. 1.2 Descrizione scientifica dei orogrammi ...... pag. 16 26

Capitolo II ANALISI DEL TESTO POETICO Analisi fonostilistico 2.1 Analisi fonico-timbrico ................................ pag. 2.2 Analisi morfo-sintattico ............................... pag. 2.3 Analisi semantica ......................................... pag. 48 56 71

Capitolo III POLI PARALLELI DELLA LIRICA ITALIANA Il lirismo magmatico 3.1 Dagli schok fonetici alle morfie melodiche ..... 3.2 Analisi iconografico-lessicale ................... 3.3 Introspezione a link ...................................... 3.4 Una esplorazione della poetica di A. Gatto ... pag. 91 pag. 108 pag. 114 pag. 116

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Capitolo IV LAMBIVALENZA SEMIOTICA Guida alla comprensione 4.1 Guida alla comprensione ............................. pag. 123 4.2 Analisi Guidata ............................................. pag. 135 Capitolo V LE FENDENTI FONICHE Autori a confronto: Calabr-Insana 5.1 Autori a confronto: Calabr-Insana ............ pag. 149 5.2 Analisi interpolato ......................................... pag. 156 5.3 Analisi delle ibridazioni foniche ................... pag. 161

Capitolo VI ANALISI DELLE MORFIE RITMICHE Descrizione del lessico 6.1 Analisi del testo ............................................ pag. 169 Bibliografia ........................................................ pag. 183

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