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CORSO BASE DI FOTOGRAFIA - TEORIA di Daniele Canonica

CORSO BASE DI FOTOGRAFIA


TEORIA - ANALOGICA E DIGITALE Questo corso persegue lo scopo di dare le nozioni principali per poter affrontare con consapevolezza il meraviglioso mondo della fotografia. Le regole, in ambito creativo, esistono per essere conosciute, non per essere rispettate! E' una realt che dovremo tenere sempre presente in questo breve viaggio nella fotografia, perch solo con la conoscenza delle "regole" potremo essere padroni degli strumenti che utilizziamo e, di conseguenza, trasgredire e creare secondo la nostra volont. Nozioni che, spesso, sono difficili: fisica, ottica, chimica, non da ultimo elettronica ed informatica. Nozioni che una volta digerite permetteranno di dedicarsi allaspetto artistico molto pi compiutamente e con sicurezza, riuscendo ad ottenere immagini migliori.

Leica II (1932) uno dei primi apparecchi 35 mm

Nikon D3 (2007) reflex professionale digitale 12.4 Mpx

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Sommario

1.
1.1 1.2 1.3

INTRODUZIONE E BREVE STORIA DELLA FOTOGRAFIA


Agli albori Le tappe principali della fotografia La nascita del digitale

6
6 9 10

2.

NOZIONI FONDAMENTALI DOTTICA

12
12 12 13 13 14 14 15 15 16 16 17 17

2.1 La luce 2.1.1 Riflessione su una superficie opaca 2.1.2 Riflessione su una superficie lucida 2.1.3 Rifrazione 2.2 2.3 La temperatura cromatica Il bilanciamento del bianco

2.4 La luce dal punto di vista del fotografo 2.4.1 Illuminazione normale 2.4.2 Illuminazione insolita 2.4.3 Illuminazione fantastica 2.5 2.6 Le lenti convergenti Le lenti divergenti

3.
3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6

LA MACCHINA FOTOGRAFICA (SLR)


Le parti fondamentali dellapparecchio fotografico La camera oscura Il dorso Il pressapellicola L'otturatore Costruzione e sperimentazione di un apparecchio fotografico

19
20 21 22 23 23 25

4.
4.1 4.2 4.3 4.4 4.5

I FORMATI DELLE PELLICOLE


Il 35 mm (o 135) Apparecchi compatti che utilizzano la pellicola 135 Apparecchi SLR 135 mm (reflex) Il medio formato (o 120) Le pellicole piane
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27 27 28 28 29
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4.6

Il grande formato (banco ottico)

30

5.
5.1 5.2 5.3 5.4 5.5

GLI OBIETTIVI FOTOGRAFICI


Lunghezza focale di un obiettivo Angolo visivo di un obiettivo Obiettivo grandangolare Teleobiettivo Obiettivo zoom

32
32 32 33 34 34 35 35 35 37 38 38 38 39 40

5.6 Il diaframma (luminosit dell'obiettivo) 5.6.1 Com' fatto 5.6.2 La luminosit e la progressione dei diaframmi 5.7 La profondit di campo 5.7.1 Come e perch si forma la profondit di campo 5.7.2 Circolo di confusione 5.7.3 Diaframma e circolo di confusione 5.7.4 Diaframma aperto 5.8 La scelta dellobiettivo

6.
6.1

LESPOSIZIONE (MISURA DELLA LUCE)


Sensibilit della pellicola

42
42 43 44 44 44 44 44 44 44 46 47 48 48 48 48 49 49 49 49 49 49 49 50

6.2 Apertura del diaframma 6.3.1 Tempi medi 6.3.2 Tempi brevi 6.3.3 Tempi brevissimi 6.3.4 Tempi lunghi 6.3.5 Tempi lunghissimi 6.3.6 Tempi estremamente lunghi 6.4 6.4 6.5 6.6 Capiamo lesposizione Il diaframma come elemento creativo I tempi desposizione come elemento creativo Misuriamo la luce, lesposimetro

6.7 I diversi sistemi di misurazione 6.7.1 Semi spot 6.7.2 Spot 6.7.3 Sistema Matrix 6.8 Le principali modalit di impostazione 6.8.1 Modalit manuale 6.8.2 Automatica a priorit dei diaframmi 6.8.3 Automatica a priorit dei tempi 6.8.4 Programmata 6.8.5 Il Bracketing 6.9 Altri fattori modificanti lesposizione
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7.
7.1 7.2 7.3 7.4 7.5 7.6

FOTOGRAFARE CON IL FLASH


Limpiego del flash Flash a computer di prima generazione Il flash a TTL Flash dedicati Esposizione con il flash Con il TTL in esterno

51
51 51 52 53 53 53

8.

SCATTARE UNA BUONA FOTOGRAFIA

54
54 54 54 55 55 56 56 56

8.1 Lesposizione nella pratica 8.1.1 La scelta della pellicola 8.1.2 Consideriamo il soggetto 8.2 8.3 8.4 8.5 8.6 La regola delle coppie equivalenti Cenni sulla composizione fotografica Prima regola fondamentale la struttura compositiva dell'immagine Seconda regola fondamentale, no al centro immagine Terza regola, i due terzi

9.
9.1 9.2 9.3 9.4 9.5 9.6 9.7 9.8 9.9 9.10 9.11

LA FOTOGRAFIA DIGITALE
Dalla pellicola al digitale Introduzione Quanto conta il numero di Mpx Grandezza dei sensori CCD Funzionamento Pixel Monocromatici Range dinamico Convertitore AD Tipi di ccd Conclusioni Limiti e pregi delle macchine fotografiche digitali

58
58 58 58 58 59 59 59 61 61 61 62 64 64 65 65
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9.12 Risoluzione e dimensione di unimmagine digitale 9.12.1 Mini glossario 9.13 La stampa 9.13.1 Riassumendo
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9.14 Modificare le dimensioni di unimmagine 9.14.1 Risoluzione fissa 9.14.2 Dimensione pixel fissi

66 66 67

10.
10.1 10.2

LA FOTOGRAFIA COME ESPRESSIONE ARTISTICA


Larte e la fotografia Registrare la luce!

68
68 69 69 69 69 69 70 70 70 71 71 72 72 72 73

10.3 Fare fotografia, il fine ... 10.3.1 Lo scatto 10.3.2 Creare 10.3.3 Il soggetto 10.3.3.1 Il soggetto indipendente dal fotografo 10.3.3.2 Il fotografo influenza il soggetto 10.3.3.3 Fotografo e soggetto si autoalimentano 10.4 10.5 10.6 10.7 10.8 10.9 Guardare la fotografia Guardare la fotografia "artistica" Guardare la foto "a soggetto" Avere fotografie Fotografia e societ Galleria dimmagini per riflettere

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1.
1.1

Introduzione e breve storia della fotografia


Agli albori

La fotografia un procedimento chimico-fisico che permette di fissare l'immagine del soggetto su un opportuno supporto (di sostanze sensibili alla luce).

L'apparecchio a foro stenopeico lo strumento pi elementare per formare immagini fotografiche. Al posto dell'obiettivo ha un minuscolo foro che lascia passare la luce e forma l'immagine capovolta sulla parete opposta del foro stesso. Gia Aristotele nel IV sec. a.c. osserva che i raggi del sole che passano per una piccola apertura producono unimmagine, ma passeranno 17 secoli prima che Ruggero Bacone nel 1267, monaco inglese, descriva la camera oscura e luso dello specchio da anteporre al "forame" per raddrizzare le immagini. Nel Quattrocento, gli artisti mostrano uno spiccato interesse per loggetto in questione, ma solo come tecnica per gestire la prospettiva dei loro quadri. Nel 1515, alla camera oscura si riferisce anche Leonardo da Vinci.

Disegno realizzato da Athanasius Kircher durante un suo viaggio in Germania nel 1640, la camera aveva dimensioni di una piccola capanna leggera, l'artista vi entrava tramite una botola nel pavimento.

Chi invent la camera oscura "moderna"? Di sicuro, c il disegno dellolandese Rainer Frisius che illustra la grande camera oscura utilizzata per losservazione delleclissi di sole dellanno precedente. Girolamo Cardano, invece, nel 1550 applica una lente alla camera oscura ed ottiene unimmagine pi luminosa, mentre Daniele Barbaro adotta il diaframma per ridurre le aberrazioni. Il salto di qualit arriva dopo cento anni, quando il monaco Johann Zahn progetta una camera oscura con uno specchio a 45 dietro la lente per rinviare limmagine verso lalto e consentire un pi facile ricalco sul vetro smerigliato.
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Sono evidenti le analogie fra la vecchia camera oscura e la macchina fotografica moderna. Ma ancora manca lelemento chimico che permetter di catturare le immagini in maniera permanente. Nel 1725 Johann Heinrich Schultze scopre che il nitrato dargento annerisce con lesposizione alla luce. Il primo tentativo di fissare unimmagine su un supporto alla luce della scoperta di Schultze, fu quello di Thomas Wedgwood, figlio del famoso ceramista inglese. Probabilmente, il suo scopo era quello di industrializzare luso della camera oscura di cui si servivano gli artigiani della ditta paterna per riprodurre su piatti e zuppiere le ville ed i castelli della clientela. Dopo vari esperimenti condotti tra il 1796 ed il 1802, riesce a registrare i profili degli oggetti che appoggiava su piccoli pezzi di pelle bianca sensibilizzata e che esponeva alla luce del sole. Ma le immagini non erano permanenti e Wedgwood poteva osservarle solo per pochi minuti a lume di candela. Uno scienziato di nome Joseph Nicphore Niepce, dopo aver studiato a lungo il problema, si concentr sulla tecnica della litografia, cio larte della pietra incisa e decise di utilizzare un procedimento simile per risolvere il problema delle immagini sfuggenti. Prese una lamina di peltro, la ricopr di uno speciale asfalto chiamato bitume di giudea, poi la mise in contatto con un dipinto e lasci esposto il tutto alla luce del sole. Quindi not che le parti pi chiare del dipinto permettevano alla luce di raggiungere lo speciale asfalto, rendendo queste parti pi chiare rispetto a quelle ricoperte di pittura pi coprente. Allora lav la lastra con unessenza di lavanda che sciolse il bitume non impressionato, lasciando attaccato alla lastra quello reso pi chiaro dal sole. Nacque cos il primo negativo della storia tramite il procedimento che Niepce stesso chiamo Eliografia.

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La prima fotografia della storia nel 1826 Niepce la ottenne con una posa di ben otto ore su una lastra per eliografia da lui stesso preparata

Natura morta (Niepce 1829)

Il primo dagherrotipo giunto fino a noi, scattato da Louis Daguerre nel 1837

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Nel 1839 L'accademia di Francia rende noto al mondo il metodo di Louis Daguerre, scienziato che per un certo tempo collabor con Niepce, la nascita ufficiale della fotografia. La tecnica del dagherrotipo consisteva nel sottoporre (al buio) una lastra d'argento ai vapori di iodio, poi veniva esposta alla luce tramite una camera oscura per almeno 15 minuti e successivamente sviluppata per effetto dei vapori di mercurio. L'immagine andava poi fissata in un bagno d'iposolfito di sodio.

L. Daguerre, la prima immagine in cui compare l'uomo datata 1839

1.2

Le tappe principali della fotografia 1841 Talbot porta a termine le sue esperienze sulla Calotipia. La tecnica del calotipo (o talbotipo) consisteva nell'utilizzare della carta resa trasparente dalla paraffina e sensibilizzata con bagni in soluzioni di cloruro di sodio e nitrato d'argento. Una volta esposta l'immagine veniva sviluppata con acido pirogallico. Il risultato un negativo dal quale sar possibile ottenere un numero illimitato di copie. La qualit, per, non ancora al livello del dagherrotipo. 1844 Talbot realizza il primo fotolibro: "The pencil of nature".

Immagine tratta dal primo libro fotografico "The pencil of nature".

1847 Niepce De Saint Victor (nipote di Nicephore) descrive il metodo fotografico dell'albumina, nascono le prime lastre di vetro sensibile. 1850 Viene introdotto il procedimento al collodio che sostituir in breve tempo la dagherrotipia e calotipia. Il procedimento al collodio (composto da nitrocellulosa, etere ed alcol) consisteva nel mescolarlo a ioduro di potassio e stenderlo su una lastra di vetro che verr immersa in un bagno
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dacqua distillata e nitrato d'argento per sensibilizzarla. Usata quando ancora umida permetter dei tempi esposizione anche di frazioni di secondo. Lo sviluppo veniva fatto con acido pirogallico, il fissaggio con iposolfito. 1869 Viene brevettato il metodo Archer-Frey per la fotografia al collodio. 1869 Viene dato alla stampa un libro: "I colori della fotografia: soluzione di un problema". L'autore Louis Doucros de Hauron 1871 La gelatina sostituisce il collodio, le lastre cos realizzate potranno essere usate asciutte e permettere tempi desposizione di 1/25 di secondo. 1873 Leon Vidal ottiene immagini a colori con un procedimento chiamato "fotocromia a colori indiretti". 1874 Viene prodotta e venduta una pellicola fotografica a base di gelatina e bromuro d'argento. 1888 George Eastman, fonda la pi grande industria fotografica, la Kodak, e realizza il primo rullo fotografico basato su celluloide che permette di ottenere ventiquattro immagini 10x12.5 cm, i rulli esposti con un apparecchio della stessa casa vengono, dalla Kodak, sviluppati e stampati, rendendo la fotografia accessibile a chiunque, il suo motto era "voi premete il bottone, noi facciamo il resto". 1900 Sintensificano gli studi sulla fotografia del movimento che porteranno allo sviluppo del cinema, di cui la fotografia madre. 1904 I fratelli Lumire brevettano il sistema "autocrome". Nasce la fotografia a colori diretti.

Oggi la fotografia alla portata di tutti, nel senso pi ampio della parola, le macchine professionali sono state affiancate da sistemi e fotocamere in grado di soddisfare ogni esigenza di qualit e prezzo. Le grandi produzioni di massa e l'alta produttivit industriale, unite ai progressi in campo chimico ed elettronico, hanno permesso una riduzione dei costi, pellicole sempre pi veloci e macchine maneggevoli. A questo si sono aggiunte la velocit di trattamento delle pellicole e la comodit di avere subito stampe e diapositive, favorendo un controllo immediato dei lavori eseguiti anche da parte di fotografi non specializzati. 1.3 La nascita del digitale

Infine la rivoluzione digitale degli ultimi anni ha completamente cambiato lapproccio che tutti noi abbiamo con il mondo della fotografia. Il progresso dell'elettronica permise di adottare alcune delle ultime scoperte anche nell'acquisizione delle immagini. Nel 1957 Russel Kirsch trasform una fotografia del figlio in un file attraverso un prototipo di scanner d'immagine. Nel 1972 la Texas Instruments brevett un progetto di macchina fotografica senza pellicola, utilizzando per alcuni componenti analogici. La prima vera fotografia ottenuta attraverso un processo esclusivamente elettronico fu realizzata nel dicembre 1975 nei laboratori Kodak dal prototipo di fotocamera digitale di Steven Sasson.

Steven Sasson con la prima fotocamera digitale

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L'immagine in bianco e nero del viso di unassistente di laboratorio fu memorizzata su un nastro digitale alla risoluzione di 0.01 Megapixel (10000 pixel), utilizzando il CCD della Fairchild Imaging. Le altre ricerche sulla fotografia digitale furono rallentate dai continui miglioramenti delle fotocamere a pellicola, che proposero modelli sempre pi semplici e comodi da usare, come la Konika C35 AF del 1977, il primo modello di fotocamera totalmente automatica. Solo quando le emulsioni fotografiche non permisero ulteriori miglioramenti e la tecnologia digitale raggiunse un livello qualitativo equiparabile, allora l'interesse dei consumatori si trasfer sul nuovo procedimento. Il digitale sostitu la pellicola nei settori dove la visione istantanea del risultato era un fattore determinante, come nel giornalismo, che usufru anche della facilit di trasmissione delle immagini via internet. Inoltre la produzione di un gran numero di compatte digitali totalmente automatiche invase il mercato riscontrando il favore del fotografo occasionale, che pot conservare e rivedere le immagini direttamente nella fotocamera. Anche se il digitale acclamato come una rivoluzione della fotografia, le regole per ottenere i migliori risultati risalgono ai pionieri del XIX secolo, dove era importante una buona esposizione e unattenta composizione dell'immagine, regole che anche nellera digitale non sono cambiate assolutamente!

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2.
2.1

Nozioni fondamentali dottica


La luce

La materia prima del fotografo la luce. attraverso la luce che noi possiamo vedere le cose, nella loro forma e nei loro colori, valutarne la dimensione e la distanza. La luce energia, in particolare essa una radiazione elettromagnetica che ha la stessa natura delle onde radio, delle microonde, dei raggi X e dei raggi (gamma), ne differisce solo per la lunghezza d'onda (o per la frequenza). La luce caratterizzata da: a - intensit, da cui dipende la luminosit (esempio: una candelina emette una luce debole, poco intensa o luminosa, mentre un faro emette una luce forte, molto intensa o luminosa) b - lunghezza d'onda (o frequenza), da cui dipende il colore (esempio: una luce rossa ha lunghezza d'onda maggiore di una luce verde).

La luce, nel vuoto e nei materiali trasparenti, si propaga in linea retta. Ci sono situazioni in cui il cammino rettilineo di un raggio di luce pu essere deviato, si tratta dei seguenti fenomeni fisici: a - riflessione, ogni qual volta la luce incontra un materiale su cui rimbalza b - rifrazione, ogni qual volta la luce passa da un mezzo trasparente ad un altro mezzo trasparente (per esempio un raggio di luce che prima attraversa aria e poi acqua, o vetro, o plastica, ecc.) Si considerano due tipi fondamentali di riflessione: a - quella su una superficie ruvida o opaca (per esempio un pezzo di carta, un muro, una stoffa) b - quella su una superficie perfettamente levigata o lucida (per esempio uno specchio, un metallo liscio e lucidato) 2.1.1 Riflessione su una superficie opaca

In questo caso noi osserviamo che il raggio incidente, dopo avere incontrato la superficie opaca, viene rimbalzato in tutte le direzioni. E' per questo motivo che, anche stando all'ombra, possiamo essere illuminati. Infatti la luce, pur non potendo raggiungerci con un cammino diretto dalla sua fonte (per esempio dal sole), ci raggiunge indirettamente dopo essere stata rimbalzata dalla superficie degli oggetti (per esempio il suolo, le case, le pareti, gli alberi). Il fenomeno della riflessione sulle superfici non lucide utilizzato spesso dal fotografo per fornire unilluminazione morbida, ovverosia capace di creare delle ombre che non siano troppo nette e dei contrasti attenuati. A volte questa luce risulta migliore di quella diretta che d ombre dure e contrasti violenti fra zone troppo chiare e zone troppo scure.
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2.1.2

Riflessione su una superficie lucida

In questo caso noi osserviamo che il raggio incidente, dopo avere incontrato la superficie opaca, viene rimbalzato in una sola ben precisa direzione.

La legge della riflessione dice che l'angolo dincidenza e l'angolo di riflessione sono sempre uguali. Naturalmente per angolo dincidenza sintende quello fra il raggio incidente e la verticale, mentre per angolo di riflessione sintende quello fra il raggio riflesso e la verticale. 2.1.3 Rifrazione Il secondo fenomeno fisico grazie al quale si ha una deviazione del cammino rettilineo di un raggio di luce la rifrazione, che si verifica quando un raggio di luce passa da una sostanza trasparente ad un'altra (per esempio quando un raggio di luce si muove prima nell'aria e poi nel vetro, oppure prima nell'aria e poi nell'acqua). Se osserviamo la figura possiamo notare che l'angolo di rifrazione r1 inferiore all'angolo dincidenza i1 e che il raggio di luce, dopo avere attraversato la superficie che separa l'aria dal vetro, si avvicinato alla verticale. Le cose non vanno sempre cos, ci sono situazioni in
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cui il raggio rifratto invece di avvicinarsi alla verticale se nallontana. E' il caso in cui la luce passa da un mezzo pi denso ad uno meno denso. a - se un raggio di luce passa da un mezzo meno denso ad uno pi denso si avvicina alla verticale (dall'aria all'acqua o dall'aria al vetro) b - se un raggio di luce passa da un mezzo pi denso ad uno meno denso si allontana dalla verticale (dall'acqua all'aria, o dal vetro all'aria) 2.2 La temperatura cromatica

Un bambino disegna prima il contorno degli oggetti, poi li riempie con un colore, per traslato egli crede che il colore sia una caratteristica intrinseca delle cose, quasi uno strato che gli attaccato sopra. Sappiamo che in realt i colori sono dati dalle diverse lunghezze d'onda: se una stoffa ci appare rossa perch riflette quella lunghezza d'onda assorbendo le altre, cos per gli altri colori. Quando si sceglie, ad esempio una stoffa e meglio uscire dalla merceria alla luce del sole per una migliore valutazione, pur non essendo fotografi si deve sapere che il colore di un oggetto condizionato dal tipo di luce che lo colpisce. Ma nel corso della giornata la luce del sole cambia, al tramonto pi calda, rossa, arancio o dorata, mentre sotto un cielo nuvoloso un panorama apparir plumbeo e bluastro, anche queste variazioni dipendono dall'abbondanza o scarsit delle relative lunghezze d'onda. Semplificando diciamo che la miscela delle lunghezze d'onda determina la temperatura cromatica della luce che misurata in gradi Kelvin (K). Quando mettiamo gli occhiali da sole per qualche tempo percepiremo il mondo colorato con lo stesso colore delle lenti, successivamente non vi faremo pi caso: questo significa che l'occhio rimane facilmente ingannato sulleffettiva temperatura colore poich in presenza di sfasature il cervello tende a ricostruire una scala simile a quella dello spettro solare. Per il fotografo invece estremamente importante conoscere l'effettiva temperatura cromatica di una sorgente luce o di una luce ambiente per mettersi al riparo da risultati inattesi e per esercitare un controllo fine sulla resa dei colori. Le pellicole non dispongono di alcun sistema dautocompensazione nei confronti delle variazioni di temperatura cromatica e sono prodotte in due tipi: pellicole day light tarate sulla luce del sole e dei flash elettronici, e pellicole per luce artificiale, tarate per sorgenti luce di 3.200 K, in pratica le lampade utilizzate in studio dai professionisti.

La stessa immagine fotografata con pellicole e luci differenti da risultati evidentemente anche molto differenti

2.3

Il bilanciamento del bianco

Oggigiorno con la diffusione delle camere digitali possiamo disporre di un potente strumento di controllo della temperatura colore: il bilanciamento del bianco. Facciamo un esempio: distesa di neve. Generalmente la consideriamo un manto bianco, e cos descritta dai poeti. Ma se guardiamo pi attentamente, ci accorgiamo della dominante rosa (all'alba), oppure blu (se il cielo si messo al brutto) che serpeggiano nel bianco della neve. Alla fotocamera digitale tutte queste sottili variazioni di colore non sfuggono, ma l'interpretazione che ne fa che diversa da quella dell'occhio umano. Potremmo cos ritrovarci con immagini, sul monitor o in stampa, ben diverse da quelle che ci aspettavamo.
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Nelle fotocamere digitali appositi sensori si occupano della misurazione della temperatura colore e del bilanciamento del bianco. Cercano, cio, di produrre nell'immagine un bianco puro e, di riflesso, sfumature di colore corrette. Se nel bianco c' una quota di verde - "pensa" la fotocamera - questa si ripeter anche sulle altre tinte dell'immagine, quindi occorre sottrarre quella quota in tutta la foto. Troppo complicato? Niente paura, nella maggior parte delle situazioni di ripresa la fotocamera digitale ad occuparsi, in automatico, del bilanciamento del bianco e a fornirci immagini fedeli al soggetto. Ma non sempre cos. Pensiamo, ad esempio, ad un interno in cui sono presenti diversi tipi dilluminazione: qualche raggio di sole che filtra dalla finestra, una lampada da tavolo, una luce alogena, ecc. E' possibile che in una circostanza come questa vada in crisi l'automatismo per il bilanciamento del bianco. La fotocamera non riuscir a restituirci immagini fedeli della scena. A questo punto sta al fotografo riconoscere la situazione complessa e intervenire sul menu della macchina fotografica digitale selezionando l'opzione di bilanciamento del bianco pi corretta: notte, tungsteno, neon, ecc.. 2.4 La luce dal punto di vista del fotografo

Alla domanda "che cosa la luce?" si potrebbe rispondere in modi molto diversi, poich qui parliamo di fotografia riformuler la domanda in termini pi precisi: "che cosa significa la luce per il fotografo?". La luce il mezzo fotografico dominante, il fattore singolo fondamentale per l'esecuzione e la riuscita di una fotografia, e non solo per quanto riguarda l'esposizione tecnicamente corretta. infinitamente variabile e duttile e in casi specifici alcune delle forme in cui si manifesta consentono pi daltri buoni risultati, in altre parole il fotografo deve fare una scelta, la luce non sempre uguale, esistono differenze importanti a proposito di qualit come luminosit, direzione, diffusione, contrasto, colore, disposizione e numero delle sorgenti luminose. Per sfruttare al meglio l'enorme potenziale di questo mezzo, il fotografo deve imparare a valutarla non solo quantitativamente ma anche qualitativamente, prima di scattare ci si dovrebbe porre queste tre domande: che tipo di luce ho a disposizione? che tipo di luce, in questa situazione mi pu dare i risultati migliori? che tipo di luce posso ottenere, date le circostanze e i mezzi a disposizione?

Possiamo dividere grossomodo in tre grandi categorie compositive la luce che abbiamo a disposizione: 2.4.1 Illuminazione normale la luce dogni giorno, la luce del sole dal mattino al pomeriggio, o la luce di un cielo coperto, la solita illuminazione dinterni, in altre parole il tipo di luce a cui siamo abituati. Questo tipo di luce d, di solito, i risultati migliori quando si richiedono chiarezza, naturalezza e riconoscibilit (per esempio nelle istantanee di famiglia o nelle foto ricordo) ma raramente si presta alla creazione di fotografie graficamente significative e pregnanti.

Il soggetto interessante, ma la luce assolutamente normale

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2.4.2 Illuminazione insolita l'esito di una luce, che per quanto non "anormale", pu essere definita rara nel senso che non abituale nella realt o nella fotografia, vale a dire la luce laterale bassa e radente che all'inizio o alla fine del giorno proietta ombre lunghe ed espressive, i cieli infuocati del tramonto, la luce delicata, perlacea, tipica delle giornate di pioggia, di foschia o di nebbia. Caratterizzate da questilluminazione sono anche la maggior parte delle fotografie scattate con l'apparecchio puntato direttamente verso la sorgente luminosa. Questo tipo di luce si presta particolarmente alla creazione dimmagini che aggrediscono l'occhio, che devono staccarsi dalla massa delle foto normali e lasciare impressioni indelebili.

Il tramonto un classico momento per cogliere una luce che chiameremo insolita

2.4.3 Illuminazione fantastica una luce che colpisce chi osserva la fotografia. una luce anomala difficilmente riscontrabile e fotografabile, per esempio la luce emessa da una fiamma ossidrica che trasforma la banale operazione di saldatura in una scena infernale, la vampa accecante di una colata d'acciaio. L'illuminazione fantastica non ha regole e rappresenta tutto quanto c' danormale nel campo della luce. A volte quasi impossibile dare un giudizio unanime su di una fotografia di questo tipo, quello che per alcuni un capolavoro per altri un fiasco totale.

Una luce che non c! Una lunghissima esposizione riesce per a mostrarcela ed a creare unatmosfera fantastica

Si pu senz'altro dire che la luce ben pi complessa di quanto pu rilevare la lettura di un esposimetro, un'esposizione corretta senza dubbio la premessa per la riuscita di una fotografia ma l'immagine che si

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ottiene pu essere quanto mai banale, quasi sempre il carattere dell'illuminazione (e non l'esposizione corretta) che daimmagine finale quel tocco unico che fa di una fotografia una fotografia speciale, unica.
Proprio per questi motivi un buon fotografo anzitutto un buon osservatore, proviamo nella vita dogni giorno ad individuare situazioni dove la luce interessante, piano, piano miglioreremo anche i nostri scatti.

2.5

Le lenti convergenti

Le lenti sfruttano il fenomeno fisico della rifrazione e deviano i raggi di luce in un modo molto particolare. Nellillustrazione, sulla sinistra della lente osserviamo un fascio di raggi paralleli, si tratta della luce incidente. A destra invece, osserviamo i raggi che, dopo avere attraversato la lente, sono stati deviati in modo da andare a convergere tutti quanti in un punto detto fuoco, che situato su un piano, detto piano focale. Questa la lente convergente o biconvessa. Essa caratterizzata da una certa distanza fra il fuoco e la lente stessa, tale distanza si chiama lunghezza focale ed normalmente indicata con una lettera "elle".

2.6

Le lenti divergenti

Nellillustrazione, sulla sinistra della lente osserviamo un fascio di raggi paralleli, si tratta della luce incidente. A destra invece, osserviamo i raggi che, dopo avere attraversato la lente, sono stati deviati in modo da allontanarsi l'uno dall'altro, ovverosia da divergere.

In questo caso i raggi non sincontrano mai in un punto reale e quindi non possiamo dire che esiste veramente un fuoco. Se per noi disegniamo i prolungamenti dei raggi, ci accorgiamo che questi sincontrano in un punto detto fuoco immaginario o virtuale. Anche in questo caso, allora, possiamo parlare di piano focale e di lunghezza focale.
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Lenti convergenti (ca. 1800)

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3.

La macchina fotografica (SLR)

Iniziamo questa parte accennando alla struttura dell'occhio umano, per poi mostrare come la macchina fotografica sia una sua imitazione tecnologica. L'uomo percepisce la luce attraverso l'occhio. Davanti c' una lente, detta cristallino, che ha la straordinaria capacit di potersi deformare e di cambiare la sua lunghezza focale secondo il bisogno (per guardare cose vicine o lontane). Anteriormente al cristallino si trova l'iride (la parte colorata in bruno, azzurro, verde...), che delimita un foro detto pupilla (che appare nero). Tutti possiamo notare facilmente che la pupilla si allarga o si restringe a seconda delle condizioni di luce ambientale (ampia con poca luce, stretta con tanta luce). Internamente all'occhio, nel bulbo, c' un liquido perfettamente trasparente, detto umor vitreo, e in fondo c' la retina, che la parte sensibile alla luce. La retina si trova sul piano focale del cristallino, in modo da poter mettere a fuoco le immagini.

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13.

obiettivo corpo macchina pentaprisma ghiera per la messa a fuoco manuale ghiera per la impostazione manuale del diaframma leva per il recupero della pellicola interruttore generale zoccolo/contatto per la applicazione del flash mirino leva per l'avanzamento della pellicola contapose regolazione dei tempi di esposizione impostazione della sensibilit della pellicola

La macchina fotografica, come abbiamo gi detto, strutturata ad imitazione dell'occhio umano. Essa, infatti, costituita da un recipiente vuoto, detto corpo macchina [2] (paragonabile al bulbo) che ha, nella parte anteriore, un sistema di lenti detto obiettivo (paragonabile al cristallino) [1] e che ospita, nella parte interna posteriore, detta magazzino, un materiale fotosensibile detto pellicola (paragonabile alla retina). La macchina fotografica ha un dispositivo che si apre e si richiude al momento dello scatto e permette alla luce di entrare, per un attimo, e di impressionare la pellicola. Si tratta dell'otturatore (paragonabile alla palpebra).

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C' poi un diaframma (paragonabile all'iride), situato nell'obiettivo, che ha un forellino che pu allargarsi o restringersi (paragonabile alla pupilla), facendo cos entrare pi o meno luce, il quale serve per adattarsi alle condizioni di luce ambientale (diaframma pi aperto quando c' poca luce, diaframma pi chiuso quando c' tanta luce). C' un mirino che consente al fotografo di inquadrare l'immagine da fotografare. C' un dispositivo per la messa a fuoco dell'immagine, a seconda della distanza che intercorre fra la macchina fotografica e il soggetto da fotografare. C' un pulsante di scatto, che consente al fotografo di decidere l'istante esatto in cui deve essere effettuata la foto, ed infine, c' una leva di trascinamento della pellicola. 3.1 Le parti fondamentali dellapparecchio fotografico

1. obiettivo 2. corpo macchina 3. magazzino ( la parte in cui alloggiata la pellicola)

Una caratteristica fondamentale del modello SLR (single lens reflex = reflex con un solo obiettivo) la seguente: quando il fotografo guarda nel mirino vede attraverso l'obiettivo, pertanto egli ha una visione esatta dell'immagine che sar registrata sulla pellicola al momento dello scatto. In altre macchine questo non accade, poich l'immagine nel mirino non viene dall'obiettivo, ma da una piccola finestrina sulla parte anteriore della macchina, in corrispondenza del mirino stesso. Conseguentemente l'immagine nel mirino spostata di qualche centimetro rispetto a quella che impressioner la pellicola. Quando si fotografa un paesaggio questo non un problema, ma quando si fotografano oggetti piccoli e vicini questo pu essere un problema. Questa caratteristica delle SLR possibile grazie ad un sistema di riflessioni che mandano fin dentro il mirino il raggio proveniente dall'obiettivo. Per ottenere questo scopo, ci sono dentro la macchina: a - un pentaprisma b - uno specchietto

1. obiettivo 2. specchietto nella posizione a riposo (inclinato a 45) 3. specchietto durante lo scatto (in posizione sollevata) 4. pentaprisma 5. mirino 6. otturatore 7. pellicola 8. diaframma 9. percorso del raggio luminoso (linea tratteggiata)

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Osservando lo schema di una SLR si pu vedere quale il cammino della luce (9, linea tratteggiata) dall'obiettivo fino al mirino. In pratica ci sono tre riflessioni, una nello specchietto e due nel pentaprisma. Si tenga presente che: a - dopo avere attraversato l'obiettivo l'immagine rovesciata b - dopo essere stata riflessa dallo specchietto l'immagine diritta c - dopo la prima riflessione nel pentaprisma l'immagine rovesciata d - dopo la seconda riflessione nel pentaprisma l'immagine diritta e pu essere osservata dal fotografo Ovviamente in questo modo la luce proveniente dall'obiettivo non potrebbe mai colpire la pellicola, perch deviata verso l'alto dallo specchietto (2). Pertanto, al momento dello scatto, lo specchietto si alza (3) in contemporanea con l'apertura dell'otturatore, e per un istante il raggio di luce non rimbalzato verso l'alto, ma procede diritto e colpisce la pellicola, impressionandola. Normalmente le SLR (quelle per il formato 35 mm) hanno il corpo macchina e il magazzino uniti in un unico pezzo. Quasi sempre le SLR hanno l'ottica intercambiabile, ovverosia gli obiettivi possono essere staccati dal corpo macchina e cambiati con altri obiettivi (normali, grandangolari, teleobiettivi, macro...). 3.2 La camera oscura

Subito dietro l'obiettivo si trova la camera oscura vera e propria, ricoperta di materiale a bassissimo potere riflettente, in genere verniciata in nero opaco con una sorta di laminatura inclinata per assorbire tutti quei raggi di luce non direttamente interessati alla formazione dell'immagine. Essa deve essere sempre protetta dalla polvere (non riporre mai una macchina senza obiettivo o senza l'apposito coperchio).

1. leva di controllo della profondit di campo 2. timer meccanico dellautoscatto 3. pulsante di sblocco per smontare lobiettivo

Lo specchio, il vetrino di messa a fuoco ed il pentaprisma sono tre elementi caratteristici delle reflex poich consentono di sfruttare l'obiettivo per inquadrare e per focheggiare, nello spaccato si vede la loro posizione nel sistema ed il percorso compiuto dall'immagine (luce).

Alcune fotocamere consentono la sostituzione dei vetrini o schermi di messa a fuoco, essi sono scelti in relazione al tipo di fotografia che si fa abitualmente o sulla base di preferenze personali. Il pi diffuso lo

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stigmometro con immagine spezzata. Lo schermo di messa a fuoco con il reticolo utilizzato in particolare per riprese darchitettura.

Lo specchio inclinato a 45 con il piano pellicola e con il vetrino cos che quando l'immagine appare nitida su questo ultimo, lo sar anche sulla pellicola quando si scatta, in quel momento lo specchio si alza avvicinandosi al vetrino e la tendina si apre per esporre la pellicola.

Caratteristico il black-out delle reflex durante l'esposizione. Subito dopo lo specchio ritorna in posizione consentendo la visione. Il rumore che si sente durante lo scatto proviene in massima parte dal movimento dello specchio, l'impatto produce uno sciame di vibrazioni, nonostante il sistema dammortizzamento. 3.3 Il dorso

E opposto all'obiettivo e corrisponde al fondo dell'occhio, esso in genere incernierato al corpo macchina in modo da consentire l'accesso al vano pellicola.

Tutto attorno allelemento ribaltabile si trova una scanalatura riempita di feltro nero che va a chiudersi su un corrispondente filo a sbalzo, il sistema consente di ottenere agevolmente la chiusura stagna alla luce.
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3.4

Il pressapellicola

E posto sulla parte interna del dorso ed ha il compito di esercitare una moderata pressione sulla pellicola in modo da tenerla ben piana contro la finestra da cui entra l'immagine. Tale pressione fornita da due mollette.

3.5

L'otturatore

Tutte le reflex 35 mm dispongono di un otturatore sul piano focale, Questo serve per distinguerle dalle fotocamere con l'otturatore nell'obiettivo e non a ridosso della pellicola, queste ultime vengono definite ad otturatore centrale.

Il funzionamento di un otturatore a tendina relativamente semplice: paragoniamolo ad una finestra su cui montata una tenda doppia, il primo telo (rosso) avvolto attorno ad un bastone verticale sulla destra della finestra stessa, il secondo (blu) completamente steso, un lembo sovrapposto alla prima tenda e l'altro attaccato ad un bastone (attorno al quale si avvolger), posto sulla sinistra della finestra. Questa posizione corrisponde al momento in cui la macchina pronta a scattare.

Con il clic il telo blu si avvolge attorno all'asse ricevente, la finestra si scopre: la pellicola riceve la luce che compone l'immagine, infatti questo momento si chiama esposizione.

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Terminato il tempo desposizione il telo rosso si svolge fino a raggiungere quello blu e la finestra torner ad essere coperta.

Per ricaricare l'otturatore senza scoprire nuovamente la finestra sar sufficiente tirare indietro le due tende contemporaneamente, questo movimento comandato dalla leva di carica, fa avanzare contemporaneamente la pellicola della quantit necessaria per una nuova fotografia. Lo scorrimento orizzontale delle tendine piuttosto desueto. Le tendine allora sono state sostituite da una serie di lamine metalliche sottilissime che si aprono e chiudono come una veneziana consentendo tempi di scorrimento pi rapidi. I materiali impiegati nelle ultime generazioni sono acciai, leggeri e resistentissimi. Il tempo dell'esposizione viene impostato mediante una ghiera di selezione, solitamente posta sul castello del corpo macchina, fra il pentaprisma e la leva davanzamento della pellicola. Sulla ghiera dellimmagine, i numeri gialli indicano i secondi, quelli bianchi le frazioni di secondo mentre il valore riportato in rosso il tempo desposizione pi veloce utilizzabile con un flash, M90 indica il tempo meccanico, cio l'unico tempo possibile in assenza di pile e la scritta verde AUTO serve a selezionare l'esposizione automatica. Nel nostro caso il tempo impostato di 1/125 di secondo. Il cerchio tagliato in basso a sinistra indica il piano su cui giace la pellicola.

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Alcune vecchie camere presentano anche i valori B e T: con B l'otturatore rimane aperto per tutto il tempo in cui si esercita la pressione sul pulsante di scatto, mentre nel pi raro comando T l'otturatore si apre al primo clic e rimane aperto finch non si schiaccia nuovamente. Il nome della posa B deriva da Bulb, lo scatto pneumatico utilizzato dagli avi per far scattare i primi otturatori. La posa T deriva da Time. I corpi macchina meccanici dispongono di sistemi ad orologeria per comandare le tendine, mentre le camere dultima generazione dispongono dotturatori elettronici, questi sono ovviamente pi precisi, ma presentano l'inconveniente di non funzionare senza pile 3.6 Costruzione e sperimentazione di un apparecchio fotografico

Potremmo definire questo apparecchio fotografico con il nome di barattolo ottico o scatola fotografica. Prendiamo un barattolo (per esempio quello dell'ovomaltina), o una scatola delle scarpe, foderiamo l'interno sia della scatola che del coperchio con carta adesiva nera, controlliamo che non vi penetri nemmeno un filo di luce. Prestare attenzione alla completa impermeabilit alla luce della scatola. Dopo di ci nel coperchio, esattamente nel centro, facciamo un piccolo buco con uno spillo (foro stenopeico), questo sar il nostro obiettivo. Il nostro barattolo ottico pronto, basta solo caricarlo con del materiale sensibile e fare degli esperimenti sul tempo d'esposizione, i risultati saranno sorprendenti.

Il negativo cos prodotto

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Immagine fotografata con un apparecchio autocostruito, l'originale un negativo bianco/nero che in seguito stato ingrandito per ottenere un risultato decisamente valida se si considerano le condizioni "tecniche" di ripresa

Questo piccolo esercizio ci dimostra come il principio della fotografia sia molto semplice e dunque le sofisticazioni non porteranno a nulla se nelle nostre fotografie non metteremo un po' di "anima".

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4.
4.1

I formati delle pellicole


Il 35 mm (o 135)

Il formato di pellicola che tutti conoscono il cosiddetto 35 mm, in quanto la sua altezza , appunto, di 35 mm. In realt questa pellicola non nacque per la fotografia, ma per il cinema. E' per questo scopo che essa fu dotata di forellini, infatti questi servivano per poter agganciare la pellicola agli ingranaggi del meccanismo di trascinamento. I fotogrammi avevano una dimensione di 18 mm x 24 mm.

In seguito, qualcuno decise di inventare una macchina fotografica che potesse utilizzare la stessa pellicola del cinema, ma, al fine di ottenere immagini con una migliore definizione dei particolari, la progett in modo che i fotogrammi fossero grandi il doppio rispetto a quelli del cinema, cio 24 mm x 36 mm.

Da allora la tecnologia si evoluta moltissimo, ma si continua ad utilizzare la pellicola 35 mm (detta anche 135) e i fotogrammi 24 x 36. 4.2 Apparecchi compatti che utilizzano la pellicola 135

La macchina compatta la pi diffusa in assoluto per ritrarre momenti di vita che devono essere ricordati (compleanni, feste...). La macchina compatta, generalmente, ma non necessariamente, ha un piccolo obiettivo (fuoco fisso o autofocus), ha, quasi sempre, diaframma e tempo di esposizione fissi, in pratica il
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fotografo dovr solo inquadrare e scattare, senza preoccuparsi di nient'altro, ma le foto saranno soddisfacenti solo se prese a distanze medie e in condizioni di luce buone (all'aperto, con luce diurna). Spesso queste macchine montano un flash incorporato. Una delle caratteristiche principali delle macchine compatte la presenza del mirino a visione diretta. In questo modo, il fotografo vede attraverso un mirino che spostato di qualche cm rispetto a ci che vede l'obiettivo (errore di parallasse), ci costituisce un problema se si fotografano dei soggetti vicini, mentre lerrore diventa trascurabile se il soggetto da fotografare lontano. 4.3 Apparecchi SLR 135 mm (reflex)

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

obiettivo specchietto nella posizione a riposo specchietto durante lo scatto pentaprisma mirino otturatore pellicola diaframma percorso del raggio luminoso (linea tratteggiata)

Come abbiamo gi spiegato, il modello SLR ha il vantaggio di mostrare al fotografo, attraverso il mirino, proprio l'immagine che passa dall'obiettivo e che sar impressa sulla pellicola, non c' errore di parallasse. Le SLR hanno anche il vantaggio di poter cambiare gli obiettivi, montando cos grandangolari, normali, tele o macro, a seconda delle esigenze del momento. Le SLR hanno tutte le regolazioni del diaframma, del tempo di esposizione e della messa a fuoco, permettendo al fotografo di scattare in tutte le condizioni di luce e a qualsiasi distanza. In genere queste macchine montano anche un sistema esposimetrico per misurare la luce. La SLR di piccolo formato la tipica macchina del fotoreporter, o del fotografo viaggiatore, insomma, la macchina professionale per colui che si muove molto in cerca dei suoi soggetti, anche in luoghi disagevoli. Per quanto riguarda la fotografia in studio (ritratto, modelle, still-life...) la SLR 35 mm spesso sostituita dai formati pi grandi. 4.4 Il medio formato (o 120)

Naturalmente, rispetto alle pellicole dei pionieri della fotografia, il formato 135 molto piccolo, e neanche il miglioramento della tecnologia pu impedire che, con un forte ingrandimento, l'immagine finisca per sgranare e perdere la definizione dei particolari. E' per questo che i fotografi esigenti, o i professionisti che necessitano di un'alta qualit, hanno sentito il bisogno di formati pi grandi. E' cos stata inventata la pellicola detta di "medio formato" (o 120). Essa ha alcune differenze fondamentali rispetto alla 135. Innanzitutto ha un'altezza di 6 centimetri (61 mm per l'esattezza), poi non ha i forellini, infine non contenuta in una scatola metallica, ma semplicemente avvolta intorno ad un supporto di plastica, insieme con un striscia di carta nera che ha la funzione di proteggerla dalla luce. Su questa pellicola, sono possibili fotogrammi di formato diverso, secondo il magazzino utilizzato, in pratica: cm: 6 x 4,5 - 6 x 6 - 6 x 7 - 6 x 9

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Nell'immagine sopra osserviamo due tipi di fotogramma, il 6x4,5 e il 6x6, entrambi messi a confronto col fotogramma del formato 135 (cio il 24x36). Come possiamo notare il medio formato offre fotogrammi assai pi grandi, che danno la possibilit di mantenere una buona qualit dell'immagine, specialmente una buona definizione dei particolari, anche negli ingrandimenti maggiori. La maggior parte di queste macchine a medio formato (120), sono SLR a tutti gli effetti, perch, come le loro sorelle minori di piccolo formato, adottano la tecnologia reflex, hanno tutte le funzioni, l'esposimetro, il pentaprisma, prevedono il cambio degli obiettivi, ecc.. Le pi famose nel mondo sono le svedesi Hasselblad e le giapponesi Zenza Bronica. Una delle caratteristiche fondamentali di queste macchine, non posseduta dal piccolo formato, la possibilit di cambiare non solo l'obiettivo, ma anche il magazzino. Pertanto su uno stesso corpo macchina possibile montare magazzini diversi (potendo cos effettuare fotografie 6x4,5 o 6x6 o 6x7 con la stessa macchina). Un'altra caratteristica di molte macchine di medio formato quella di avere il mirino a pozzetto, in cui il fotografo guarda generalmente dall'alto verso il basso. Esiste una celebre macchina di medio formato che stata usata da molti fotografi professionisti per tanti anni. Si tratta della Rolleiflex. La sua caratteristica principale quella di essere una reflex binoculare, ovverosia di avere due obiettivi di cui uno, quello superiore, serve per portare l'immagine al mirino a pozzetto ed utilizzato dal fotografo per inquadrare e mettere a fuoco, l'altro, quello inferiore porta l'immagine alla pellicola. Ovviamente si ripresenta il problema dell'errore di parallasse, ma questo non ha impedito alla Rolleiflex di essere una macchina dalta qualit.

4.5

Le pellicole piane

Si chiamano pellicole piane quelle che non sono avvolte, formando cos un rotolino, ma che sono preparate in forma di lastre piane. In pratica ogni pellicola fornisce un solo fotogramma, a differenza dei rullini 135 e 120 che forniscono molti fotogrammi. Queste pellicole sono usate per un genere di macchina fotografica professionale detta "banco ottico", ed hanno dei fotogrammi di dimensioni molto grandi, per questo sono anche definite di grande formato. Ecco alcune delle possibili misure del grande formato: cm 10 x 12 - 13 x 18 - 20 x 25
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La qualit dell'immagine e la definizione dei particolari che si pu ottenere con queste pellicole eccezionale e adatta a lavori dalta professionalit. 4.6 Il grande formato (banco ottico)

Ancora oggi, il design delle vecchie fotocamere dei pionieri della fotografia utilizzato nel cosiddetto banco ottico, pi moderno e sofisticato, ma sempre montato su un ingombrante cavalletto e caratterizzato da un soffietto nero a fisarmonica. Questo grosso e ingombrante apparecchio, il principe della fotografia in studio e, specialmente, del cosiddetto still-life (natura morta), ovverosia della ripresa doggetti inanimati. Qualche volta usato anche per la fotografia architettonica perch il banco ottico consente di correggere le deformazioni prospettiche. La definizione dei particolari che si ottiene tale da consentire ingrandimenti notevoli, anche poster giganti, senza perdere minimamente la qualit dell'immagine. Negli anni '30, '40, '50 il fotografo Ansel Adams, utilizzando il banco ottico, ha ripreso i parchi naturali americani producendo alcune delle pi belle immagini di paesaggio, mentre Robert Mapplethorpe, sempre col banco ottico, negli anni '70, '80 ha prodotto alcune fra le pi belle fotografie del corpo umano e dei fiori.

Ansel Adams Monn and Half Dome

Ansel Adams Aspens Vertical

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Robert Mapplethorpe - Calla Lily 1984

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5.
5.1

Gli obiettivi fotografici


Lunghezza focale di un obiettivo

Ricordiamo adesso alcune nozioni elementari dottica e, in particolare, il concetto di lunghezza focale. Come gi sappiamo si chiama lunghezza focale la distanza fra una lente e il suo piano focale, ovverosia il piano su cui si trovano i fuochi, punti di convergenza dei raggi luminosi. Nella figura a lato vediamo illustrato il concetto di lunghezza focale riferito ad una singola lente, ma esso pu essere esteso anche ad un obiettivo, che , in realt, un complesso sistema di pi lenti. Insomma, si pu tranquillamente parlare di lunghezza focale di un obiettivo, che sar ovviamente la distanza fra il centro ottico dell'obiettivo e il suo piano focale dove ovviamente posizionata la pellicola.

Il punto di fuoco sar pi distante negli obiettivi di lunga focale dove la lente ha spessore e curvatura minori mentre sar pi vicino negli obiettivi di corta focale dove la lente ha spessore e curvatura pi accentuati.

5.2

Angolo visivo di un obiettivo

Se chiudiamo un occhio e con l'altro guardiamo davanti, ci accorgiamo facilmente che non abbiamo una visione globale a 360 gradi intorno a noi, bens che il nostro campo visivo, o angolo visivo, ha una ampiezza di circa 45 gradi. Nelle macchine fotografiche, viene montato spesso un obiettivo che ha un angolo
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visivo intorno ai 45 gradi e che viene chiamato obiettivo normale. Esso vede, pi o meno, come l'occhio umano.

Angolo di campo dellobiettivo normale

Il concetto di focale normale legato al formato del negativo. Infatti quando la lunghezza focale uguale alla diagonale del negativo che deve coprire si definisce normale. Per esempio in una pellicola 35mm la diagonale misura 43mm ed infatti nel sistema 35mm lottica standard e il 50mm (per l'esattezza sarebbe il 45).

In un negativo pi grande di un medio formato come ad esempio il 6x6 per avere una copertura di 50 quindi per definizione normale lottica standard o focale normale di 80mm in quanto la diagonale del negativo di circa 85mm. Possiamo quindi affermare che pi piccolo il formato del negativo minore la lunghezza focale necessaria a coprire un determinato angolo di visuale. 5.3 Obiettivo grandangolare

Chi possiede una SLR pu montare su essa un obiettivo che vede molto pi largo, ovverosia che ha un angolo visivo superiore ai 45 gradi. Si pu arrivare a 60, 90, in casi estremi anche a 180 gradi. Un obiettivo di questo genere non vede certo come l'occhio umano e lo si definisce obiettivo grandangolare. Guardando attraverso si abbraccia un panorama pi ampio di quello colto dall'occhio, ma i singoli oggetti risulteranno rimpiccioliti.

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Angolo di campo dellobiettivo grandangolare

5.4

Teleobiettivo

Un obiettivo che ha un angolo visivo inferiore ai 45 gradi, cio 30, 15, in casi estremi anche 6 gradi, definito teleobiettivo. Guardando attraverso si abbraccia un panorama pi stretto di quello colto dall'occhio, ma i singoli oggetti risulteranno ingranditi.

Angolo di campo del teleobiettivo

5.5

Obiettivo zoom

Esistono alcuni obiettivi la cui lunghezza focale variabile fra due estremi. Essi si chiamano zoom, a causa dell'effetto di spostamento che producono quando si varia rapidamente la loro lunghezza focale. Esistono degli zoom che variano da un leggero grandangolare ad un modesto teleobiettivo: per esempio il 28-80. Altri che vanno da un modesto teleobiettivo ad un teleobiettivo medio: per esempio il 70-210. Ricordiamoci allora che gli obiettivi possono essere a focale fissa o zoom (a focale variabile). Attenzione a non confondere le espressioni focale fissa e fuoco fisso, che hanno significati completamente diversi. La prima si riferisce alla lunghezza focale di un obiettivo, la seconda al fatto che alcune macchine compatte di costruzione molto semplice non hanno alcun dispositivo per la messa a fuoco, n manuale n automatico.

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Angolo visivo

Lunghezza focale (per il formato 35 mm)

Effetto

Distanza minima di messa a fuoco

Profondit di campo

GRANDANGOLARE

Pi di 45 gradi

Meno di 50 mm

Vede ampi panorami e rimpicciolisce gli oggetti

Meno di mezzo metro

Grande E' facile mettere a fuoco

NORMALE TELEOBIETTIVO

45 gradi Meno di 45 gradi

50 mm Pi di 50 mm

Vede come l'occhio umano Vede panorami stretti e ingrandisce gli oggetti

Mezzo metro circa Pi di mezzo metro

Media Piccola E' difficile mettere a fuoco

In questa semplice tabella riassuntiva, possiamo notare le principali caratteristiche degli obiettivi fotografici che andremo ad usare. 5.6 5.6.1 Il diaframma (luminosit dell'obiettivo) Com' fatto

Il diaframma sostanzialmente un foro a diametro variabile posto all'interno degli obiettivi una delle sue funzioni di regolare la luminosit (lux) dell'immagine che si forma sul piano focale, insieme ai tempi di scatto determina la quantit totale della luce che raggiunge la pellicola. L'altra funzione importantissima quella di determinare la profondit di campo.

5.6.2

La luminosit e la progressione dei diaframmi

Va da s che un diaframma grande lascia passare pi luce di uno piccolo e viceversa, ma la luminosit dell'immagine che si forma sul piano focale dipende anche dalla lunghezza focale, occorre dunque mettere in relazione le due variabili attraverso un rapporto. La luminosit di un obiettivo corrisponde al diaframma pi largo: un obiettivo di focale 50 mm. con un'apertura di 25 mm ha una luminosit relativa di f/2, infatti: Il numero del diaframma indica quante volte il diametro di quel foro sta nella lunghezza focale dell'obiettivo. f = focale dellobiettivo : diametro del foro Per cui essendo il diametro del foro al denominatore appare evidente una prima considerazione, e cio che pi il numero del diaframma (f) piccolo, pi il diametro del foro grande.

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f/2

f/4 Alcuni esempi: obiettivo grandangolare: lunghezza focale 28 mm, diaframma 8 uguale ad unapertura di 3.5 mm teleobiettivo: diaframma 22, apertura di 13.63 mm uguale ad una lunghezza focale di 300 mm Un obiettivo da 200 mm per avere una luminosit f/2 dovrebbe avere un'apertura di 10 cm, mentre per f/4 bastano solo 5 cm, dunque anche le relative lenti avrebbero queste dimensioni, il che spiega perch gli obiettivi molto luminosi sono molto costosi, infatti una lente di 10 cm di diametro costa molto, molto di pi di una di soli 5 cm. Prendiamo in esame una progressione di diaframmi:

2.8

5.6

11

Vediamo cosa succede in pratica (poniamo che l'obiettivo sia un 50 mm.):

a f/2 il foro misura 25 mm. di diametro quindi la sua superficie : raggio al quadrato x 3,14 = 12,5 2 x 3,14 = mm quadrati 490

a f/2,8 il foro misura 17,67 mm. di diametro quindi la sua superficie : raggio al quadrato x 3,14 = 8,92 2 x 3,14 = mm quadrati 245

a f/4 il foro misura 12, 5 mm. di diametro quindi la sua superficie : raggio al quadrato x 3,14 = 6,25 2 x 3,14 = mm quadrati 122

Per il fotografo importante questo: partendo dal diaframma tutto aperto, ad ogni stop si dimezza la superficie del foro e la quantit di luce che passa. Al contrario se si parte dall'apertura minima verso la pi grande, ad ogni stop la quantit di luce raddoppia.

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In una reflex il diaframma rimane sempre aperto alla massima luminosit e si chiude al valore impostato solo al momento dello scatto, questa soluzione tecnica consente di inquadrare pi facilmente in condizioni di scarsa luminosit.

Un apposito congegno chiamato simulatore del diaframma s'incarica della chiusura al momento giusto e fa riaprire l'iride dopo l'esposizione, a seconda della casa costruttrice altri sistemi comunicano all'esposimetro quale diaframma stato impostato per suggerire il tempo adatto Per vedere l'effetto della chiusura del diaframma direttamente nell'oculare, alcune camere prevedono un pulsante che lo stringe al valore impostato, pulsante per il controllo della profondit di campo. 5.7 La profondit di campo

Dopo l'inquadratura, il secondo elemento creativo importante sta nell'impiego sapiente della profondit di campo. Si tratta di un'area di dimensioni molto variabili all'interno della quale tutto a fuoco. La vorremo pi ampia possibile nei panorami, cos da mantenere nitidi sia lo scenario distante sia gli eventuali oggetti in primo piano, mentre la preferiremo il pi ristretta possibile nei ritratti, cos da mantenere nitido solo il viso della persona che si contrasta con uno sfondo sfocato che fa da cornice. Il primo dei fattori che influenzano la profondit di campo la distanza dell'oggetto dall'obiettivo, maggiore la distanza, pi ampia sar la profondit di campo.

Di conseguenza nelle foto panoramiche di oggetti lontani non dovremo preoccuparci di controllare cosa sia o meno a fuoco: basta impostare la messa a fuoco sull'infinito. Molte fotocamere consentono di selezionare una modalit "panorama", solitamente identificata dall'icona di una montagna, che blocca il fuoco a una distanza infinita (alla massima distanza consentita dall'ottica) e disabilita il calcolo automatico della distanza di messa a fuoco. Il secondo fatto che influenza la profondit di campo la lunghezza focale dell'ottica.

Un obiettivo grandangolare, con una lunghezza focale ridotta e con un raggio di visione molto ampio, tender ad amplificare la profondit di campo, viceversa un obiettivo tele, con una focale molto lunga e un campo di visione ristretto, ridurr la profondit di campo. Ci si sposa con la prassi di usare il grandangolare per i panorami, dove vogliamo che siano perfettamente a fuoco sia le cose vicine sia gli oggetti lontani, e di usare il tele per i ritratti, cos da isolare il soggetto da ci che lo circonda, lasciando semplicemente una piccola cornice di sfondo, sfocata. Il terzo fattore, il pi importante, che regola in proporzione inversa la profondit di campo, l'apertura di diaframma.

Considerando l'importanza di poter governare il campo di messa a fuoco, numerose fotocamere di fascia medio alta consentono di controllarla a mano, mediante una modalit solitamente contraddistinta dalla lettera A (aperture priority) che corrisponde alla modalit di controllo manuale del diaframma.

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Aprendo e chiudendo il diaframma noi ridurremo o amplieremo la profondit di campo raggiungendo il risultato creativo che ci siamo prefissi ricordando che la profondit di campo si estende per 1/3 nell'area che viene prima del soggetto che abbiamo messo a fuoco (pi vicina all'obiettivo) e per 2/3 nell'area che viene dopo il piano di fuoco critico (pi lontana dall'obiettivo). 5.7.1 Come e perch si forma la profondit di campo

Quando si mette a fuoco un punto, esso ha la forma di un minuscolo cerchietto sul sensore o sulla superficie della pellicola. Il nostro occhio ha una capacit limitata di discernere i dettagli e tende a trasformare in punti anche piccoli cerchi che abbiano una circonferenza inferiore ad un certo valore denominato "circolo o cerchio di confusione". Storicamente il circolo di confusione aveva un diametro di 0,25 mm per stampe osservate da una distanza di 25 cm, ma con lo sviluppo degli obiettivi a lunga focale e i sempre maggiori ingrandimenti delle foto lo si considera ora compreso tra 0,20 e 0,33 mm. 5.7.2 Circolo di confusione

Quando un punto non completamente a fuoco forma un circolo. Se il diametro di tale circolo non supera gli 0,20 o 0,33 mm avremo comunque l'impressione di vedere un punto.

5.7.3

Diaframma e circolo di confusione

Qui vediamo come un diaframma chiuso al massimo riduce le dimensioni del circolo di confusione.

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5.7.4

Diaframma aperto

Ecco la situazione opposta: aprendo il diaframma il circolo di confusione diventa maggiore e pi evidente, rendendo l'immagine sfocata.

Il nostro occhio vedr quindi come puntiforme qualsiasi cerchietto che abbia un diametro inferiore al cerchio di confusione, permettendoci perci di ampliare l'efficacia della focheggiatura creando l'effetto della profondit di campo, che bench faccia leva sull'apparenza, molto convincente per stampe di piccolo formato. Naturalmente l'efficacia della profondit di campo diminuisce a mano a mano che aumentiamo la dimensione della stampa prodotta dalla nostra fotografia, perci teniamone conto nel momento di stampare e chiudiamo il diaframma in proporzione al livello d'ingrandimento atteso.

Infinito

Massima nitidezza

Punto di messa a fuoco

Massima nitidezza

f 2,8

f8

f 22

Punto di ripresa

Tabella schematica delleffetto della profondit di campo

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Scatto a f/4.5

Scatto a f/29

5.8

La scelta dellobiettivo

Oggigiorno disponiamo di una scelta quasi infinit dottiche. Scegliere non sempre facile, ma anzitutto dovremmo cercare di focalizzare quali sono i nostri principali interessi fotografici: ritratto, paesaggio, reportage, macrofotografia, sport, animali, ecc..

Un esempio di scelta di obiettivi di una grande marca (Nikon)

Una volta individuato il o i campi di lavoro potremo poi scegliere, non dimenticando che lottica il cuore della nostra macchina fotografica, un buon obiettivo di qualit ci garantisce ottimi risultati e dunque una corretta scelta, determinante. Spesso il prezzo non semplicemente indice di qualit, ma sicuramente non possiamo pretendere di acquistare per pochi spiccioli obiettivi luminosi o speciali, dunque diffidiamo da offerte troppo allettanti!
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Un buon corredo dovrebbe comunque comprendere un grandangolare, un normale, ed un teleobiettivo. Obiettivi zoom, i cosiddetti tuttofare sono delle ottime alternative in particolare durante i viaggi, permettendoci di risparmiare su peso ed ingombro, ecco un paio di idee: zoom zoom zoom zoom 12-24 mm supergrandangolare zoom di elevate prestazioni (paesaggi, architettura) 17-55 mm versatile e leggero, sempre pronto per tutte le situazioni 70-200 mm teleobiettivo (ritratti, animali, sport) 80-400 mm superteleobiettivo per usi estremi (animali, sport)

Immagine ripresa con un teleobbiettivo 300 mm

Immagine ripresa con un grandangolare 28 mm

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6.

Lesposizione (misura della luce)

In prima fase, possiamo distinguere una fotografia in base alla sua capacit di essere godibile, infatti una fotografia anche se scattata da un fotografo con elevate capacit creative, risulta non valutabile se essa o troppo scura o troppo chiara. Entra quindi in gioco il fattore esposizione di una foto,cio la giusta quantit di luce che la pellicola deve ricevere affinch una foto sia godibile ,cio ben visibile.

Sottoesposizione

Esposizione corretta

Sovraesposizione

lasciamo perdere per il momento la composizione e consideriamo solamente la giusta esposizione di una fotografia. Essa dipende essenzialmente da 3 fattori fondamentali: 6.1 sensibilit della pellicola apertura del diaframma tempo di esposizione (velocit dellotturatore) Sensibilit della pellicola

Per sensibilit si intende la capacit di una pellicola di rispondere a determinate quantit di luce. La sensibilit indicata su ogni pellicola con un indice ISO (che comprende entrambe le indicazioni di ASA e DIN). Ci sono pellicole molto sensibili, impressionabili con poca luce, che saranno adatte a fotografare scene scarsamente illuminate, oscure. E ci sono pellicole poco sensibili, che richiedono di molta luce per impressionarsi, adatte a fotografare scene molto illuminate. Si hanno i seguenti valori ISO: 25 - 50 - 100 - 200 - 400 - 800 - 1600 3200 Il pi comune senz'altro 100/200 ISO, che corrisponde alla sensibilit delle pellicole vendute normalmente. A volte si possono incontrare valori intermedi: 64, 125, 160, ecc.. Al di sotto di 100 ISO abbiamo le pellicole meno sensibili. Invece i valori di 400 corrispondono a pellicole piuttosto sensibili, anche se ancora comuni nel mercato e nell'uso dei dilettanti. Al di sopra di 400 ISO abbiamo le alte sensibilit, fra cui possiamo citare il valore 3200 ISO, corrispondente ad una pellicola

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sensibilissima, adatta a fotografare agevolmente anche in condizioni di luce molto scarsa, senza ricorrere a illuminazione artificiale. Un concetto fondamentale che riguarda la sensibilit delle pellicole il seguente: quanto pi sensibile una pellicola quanto maggiore la granulosit dell'immagine. Una fotografia scattata con pellicola a bassa sensibilit d una immagine a grana finissima, mentre una fotografia scattata con pellicola ad alta sensibilit d una immagine a grana grossa.

Immagine a bassa granulosit Pellicola poco sensibile

Immagine ad alta granulosit Pellicola molto sensibile

Quando parliamo di grana o di granulosit ci riferiamo al fatto che l'immagine fotografica risulta dall'insieme di tanti minuscoli puntini neri (grani o cristalli). Essi non sono visibili quando la grana fine, e allora si ha unimmagine di buona qualit in cui l'occhio riconosce solo aree uniformi a diversa gradazione di grigio. I cristalli sono visibili quando la grana grossa, e allora si ha una immagine di qualit inferiore in cui l'occhio riconosce la presenza di puntini neri pi o meno grossi. In conseguenza di quanto abbiamo detto, se non siamo costretti dalle scarse condizioni di luce ad usare pellicole molto sensibili, si preferir usare pellicole normali o poco sensibili (200 ISO o meno), infatti, in questo modo, l'immagine che otterremo sar poco granulosa e di buona qualit. 6.2 Apertura del diaframma

Come abbiamo in precedenza visto, il diaframma regola la quantit di luce che colpisce la pellicola. Alcuni valori normalmente usati sono: 1,4 2 2,8 4 5,6 8 11 16 22 32

pi il valore piccolo, pi il diaframma aperto, maggiore la quantit di luce che impressiona la pellicola e ad ogni valore si raddoppia o si dimezza questa quantit rispetto al valore precedente o successivo: a f/1,4 passa una quantit di luce doppia rispetto a f/2 a f/16 passa la met della luce che passa a f/11 6.3 Tempo desposizione

I tempi di esposizione sono regolati dallotturatore. Essi si misurano in frazioni di secondo. Si usano comunemente delle cifre intere, ma devono essere implicitamente considerate come denominatori di una frazione, ad esempio 60 si legge "1/60 = un sessantesimo di secondo, mentre 250 si legge "1/250 = un duecento cinquantesimo di secondo.
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I numeri dei tempi desposizione si indicano talvolta con "t" e sono essenzialmente questi: 2000 1000 500 250 125 60 30 15 8 4 2 1 B

E' chiaro, analogamente a quanto succedeva con i numeri f del diaframma, che i numeri pi grandi si riferiscono ai tempi pi brevi (rapidi), mentre i numeri pi piccoli si riferiscono ai tempi pi lunghi (lenti). 6.3.1 Tempi medi Sono 60 e 125 (1/60 di sec. e 1/125 di sec. Sono adatti per condizioni di luce normale: ambienti aperti con luce naturale. 6.3.2 Tempi brevi Sono 250 e 500 (1/250 di sec. e 1/500 di sec.), che permettono di riprendere anche scene in movimento senza ottenere il cosiddetto effetto mosso. Sono adatti per condizioni di luce forte: ambienti aperti con sole molto diretto. 6.3.3 Tempi brevissimi Sono 1000 e 2000 (1/1000 di sec. e 1/2000 di sec.), che permettono di riprendere anche scene in forte movimento senza ottenere il cosiddetto effetto mosso. Sono adatti per condizioni di luce estrema: ambienti aperti con sole molto diretto, su neve, mare. 6.3.4 Tempi lunghi Sono 30 e 15 (1/30 di sec. e 1/15 di sec.), che devono essere usati col cavalletto e non permettono di riprendere scene in movimento senza ottenere l'effetto mosso. Sono adatti per condizioni di luce debole: ambienti chiusi con illuminazione artificiale o ambienti aperti in penombra. 6.3.5 Tempi lunghissimi Sono 4 e 8 (1/4 di sec. e 1/8 di sec.), che devono assolutamente essere usati col cavalletto e non permettono di riprendere scene in movimento senza ottenere l'effetto mosso. Sono adatti per condizioni di luce molto debole: ambienti chiusi con poca illuminazione o ambienti aperti in penombra oscura. 6.3.6 Tempi estremamente lunghi Sono 1 e 2 (1 sec. e 1/2 sec.), che devono assolutamente essere usati col cavalletto e non permettono di riprendere scene in movimento senza ottenere l'effetto mosso. Sono adatti per condizioni di luce estremamente debole: ambienti chiusi con pochissima illuminazione o ambienti aperti in penombra o notturni. Il tempo B la cosiddetta posa, cio l'apertura dell'otturatore per un tempo a piacere: tutto il tempo in cui il fotografo tiene il dito premuto sul pulsante di scatto. Pu essere anche un tempo di decine di secondi. 6.4 Capiamo lesposizione

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Facciamo ora una similitudine per spiegare la corretta esposizione.

Consideriamo una foto ben esposta (cio perfettamente distinguibile) come se fosse un bicchiere riempito fino allorlo. Nel caso avessimo, invece della luce, dellacqua che esce da un rubinetto, per riempire il bicchiere avremmo due possibilit.

t 10 secondi Apriamo poco il rubinetto e aspettiamo un tempo piuttosto lungo, diaframma poco aperto e tempo desposizione lungo.

t 5 secondi Apriamo molto il rubinetto e riduciamo di conseguenza il tempo necessario per il riempimento del bicchiere, diaframma molto aperto e tempo desposizione breve.

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Se teniamo il rubinetto aperto per troppo tempo o per troppo poco, avremo lacqua che trasborda nel primo caso, foto sovresposte oppure il bicchiere non pieno nel secondo, foto sottoesposta. Quindi cos spiegata la funzione del diaframma (apertura del rubinetto = apertura del diaframma) e quella dellotturatore che regola il tempo dingresso della luce (dellacqua nel caso del bicchiere in esame) La sensibilit della pellicola si pu paragonare alla grandezza del bicchiere. Pi questo valore elevato e pi piccolo il bicchiere che dobbiamo riempire, in altre parole minore la quantit di luce (o dacqua) necessaria per impressionare correttamente la pellicola (per riempire il bicchiere in questione) Ora si tenga presente una regola fondamentale della fotografia. Non ha assolutamente senso considerare il valore del diaframma da solo, indipendentemente da quello del tempo desposizione, e entrambi indipendentemente da quello della sensibilit della pellicola. Sensibilit, diaframma e tempo hanno senso solo come valori considerati in gruppo e, se vogliamo cambiare il valore di uno di loro, dobbiamo cambiare opportunamente anche il valore degli altri. In pratica non ha senso limitarsi a dire: "questa fotografia deve essere scattata col diaframma f/8", perch il valore del diaframma da solo, se non accoppiato ad un opportuno valore del tempo di esposizione, e se non si conosce il valore della sensibilit della pellicola, non ha alcun significato ai fini di una corretta esposizione della pellicola. Fortunatamente la maggior parte delle macchine moderne contiene un sistema di misurazione, detto appunto esposimetro, che cinforma se la regolazione della coppia diaframma - tempo corretta per la quantit di luce disponibile e per la sensibilit della pellicola. In genere ci sono delle lancette o delle cifre luminose (led), visibili nel mirino, che segnalano la corretta regolazione del diaframma e del tempo desposizione. Spesso appare una luce verde quando la regolazione corretta. In ogni caso ogni modello di macchina ha il suo sistema e il fotografo dovr imparare a familiarizzare con la sua fotocamera. 6.4 Il diaframma come elemento creativo

A rigor di termini un obiettivo non pu mettere a fuoco contemporaneamente oggetti a distanze diverse. Una volta messo a fuoco un oggetto ad una certa distanza, tutti gli altri oggetti al di qua ed al di l dell'oggetto a fuoco saranno pi o meno "sfocati". Tuttavia entro certi limiti l'occhio ne accetta l'immagine come nitida. La zona entro la quale, per certe condizioni di ripresa, gli oggetti vengono riprodotti come accettabilmente nitidi, si chiama profondit di campo. Come abbiamo gia in parte visto, la profondit di campo aumenta: con l'inverso della lunghezza focale, un 28mm avr, a parit di diaframma, una profondit di campo maggiore di un 50mm, e quella di questo ultimo sar maggiore di quella di un 200mm. con la distanza di messa a fuoco, se regoliamo un 50 mm su 3 metri mantenendo f/22, gli oggetti riprodotti in maniera nitida si troveranno tra 1,6 e 15 metri,quindi con una profondit di campo di m

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13,4, se regoliamo la messa a fuoco a 2 m, abbiamo nitidezza fra 1,2 e 5 m quindi uno spazio di 3,8 m. con il valore numerico del diaframma, a parit di distanza di messa a fuoco la profondit aumenta con la chiusura di diaframma.

Conoscendo la profondit di campo, abbiamo nelle mani un primo elemento creativo che ci permette di fare delle scelte, di scegliere in maniera consapevole gli oggetti che vogliamo che nella foto siano nitidi oppure sfocati, abbiamo la capacit di spostare lattenzione in un punto rispetto ad un altro.

La particolarit dello scatto consiste nel fatto che il soggetto principale, appare nitido ma situato in un ambiente sfumato, in cui tutto appare sfuocato. Ci permette di isolare il soggetto dal resto e di renderlo molto suggestivo. Per ottenere questeffetto il fotografo ha cercato di mettere bene a fuoco la statua, ma ha usato un valore del diaframma piuttosto basso (diaframma aperto). 6.5 I tempi desposizione come elemento creativo

Che cosa varia cambiando il tempo desposizione della pellicola? Questa frazione di secondo che compare nella maggior parte delle macchine fotografiche, non altro che il tempo in cui il fotogramma esposto alla luce, in altre parole il tempo necessario alla pellicola affinch possa registrare in maniera corretta la scena che noi stiamo fotografando. Pi questa frazione di secondo piccola, vale a dire pi lotturatore veloce, e pi riusciremo a congelare la scena, cio a rendere immobili anche le parti in movimento. Viceversa pi lotturatore lento, pi le parti in movimento di una scena risulteranno mosse nella foto, fino ad arrivare a sembrare delle scie non riconoscibili se usiamo dei tempi estremamente lunghi. Bisogna distinguere due tipi di movimento: quello del fotografo quello del soggetto da fotografare

Nel primo caso, che pu verificarsi se il fotografo non ha la mano ferma o se stiamo usando tempi desposizione pi lenti che 1/30 sec, certamente consigliabile l'uso di un solido cavalletto. Per premere il tasto di scatto si pu usare il flessibile, che impedisce alla mano di comunicare vibrazioni alla macchina, o impostare l'autoscatto, in modo che lo scatto vero e proprio avvenga 10 secondi dopo che il dito avr premuto il pulsante.
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Il movimento del fotografo pu essere dovuto anche al fatto di trovarsi sopra un treno in corsa, un'auto, una motocicletta, un elicottero. Allora il cavalletto non servir a niente e il problema potr essere risolto solo con l'uso di tempi desposizione molto brevi (come 1/250, 1/500, 1/1000, ecc...). Nel secondo caso, ovverosia quando il movimento non dipende dal fotografo, ma dal soggetto da fotografare (una ballerina, uno sportivo in azione, un animale in corsa, l'acqua di una cascata, ecc...) il cavalletto non serve, anche questa volta occorre l'uso di tempi desposizione molto brevi (come 1/250, 1/500, 1/1000, ecc...). Siamo arrivati al secondo degli elementi fondamentali che ci permettono di intervenire in maniera creativa(consapevole) nella composizione della foto. Con lotturatore infatti, abbiamo la possibilit di congelare, oppure di rendere mosso ogni elemento in movimento che decidiamo di fotografare

6.6

Misuriamo la luce, lesposimetro

uno strumento incorporato nella maggioranza delle fotocamere amatoriali e professionali che misura l'intensit della luce riflessa dalla scena inquadrata. L'esposimetro incorporato nelle macchine fotografiche automatiche, non "informa" semplicemente il fotografo circa la quantit di luce presente in campo ma connesso con un microcomputer delegato alla regolazione automatica del tempo dotturazione e/o dell'apertura del diaframma necessari ad una corretta esposizione. 6.7 I diversi sistemi di misurazione

Gli esposimetri incorporati nelle fotocamere non misurano tutti la luce allo stesso modo. In alcuni casi la lettura avviene su tutta la superficie del campo inquadrato, mentre in altri solo nella zona centrale di ripresa. I sistemi di misurazione pi usati dalle reflex sono: Semi spot, Spot e Matrix. 6.7.1 Semi spot

L'esposimetro legge la luce su tutto il campo inquadrato dando molto pi "peso" alla zona centrale del fotogramma (ossia eseguendo una media ponderata) rispetto ai bordi. il sistema pi comune nelle fotocamere tradizionali e fornisce letture precise nella maggioranza delle situazioni. Ma attenzione: sufficiente che nella scena sia presente una luce molto intensa, ad esempio il sole alle spalle del soggetto, per alterare la giusta media di misurazione e indurre ad una sottoesposizione dell'elemento meno illuminato. In questo caso si dovr correggere l'esposizione aprendo il diaframma o usando un tempo di scatto pi lungo. 6.7.2 Spot

In questo tipo di misurazione, lo strumento esegue la lettura solo nella zona centrale dell'inquadratura, in unarea molto ristretta (spot, in inglese, significa "punto"). un sistema molto preciso anche se deve essere usato con una certa pratica e consapevolezza in special modo quando nel campo ripreso dall'obiettivo sono compresi due o pi soggetti illuminati con intensit differenti. In questo caso il fotografo dovr eseguire una valutazione finale in base alla sua esperienza.
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6.7.3

Sistema Matrix

Nelle attuali fotocamere le comuni modalit di lettura esposimetrica sono state affiancate dalle cosiddette rilevazioni a zone, tipo il Matrix. In questo caso il campo inquadrato suddiviso in tanti settori o zone di lettura e l'esposimetro rileva l'intensit della luce in ognuno di essi. Le diverse letture sono poi elaborate dal computer della macchina ed in base all'analisi risultante viene selezionata la corretta coppia tempo/diaframma. Il sistema esposimetrico delle moderne fotocamere normalmente basato sul sistema Matrix. Tutti i sistemi descritti funzionano piuttosto bene nella maggioranza delle situazioni ma non sono indicati quando il fotografo desidera intervenire creativamente sull'esposizione. La lettura a zone, infatti, ti permette di esporre in modo soddisfacente un soggetto posto al centro del fotogramma (e, in certi casi anche in controluce), ma se l'effetto voluto una fotografia molto scura, diciamo con un effetto di silhouette, dovrai passare ad un altro tipo di lettura, oppure intervenire su un apposito correttore di esposizione. Anche nel caso di soggetti chiari su fondo molto scuro (caso opposto al controluce) l'esposimetro pu fornire indicazioni poco attendibili portando ad una sovraesposizione. Per eliminare l'inconveniente, impiegando una fotocamera manuale, si deve impostare un tempo pi veloce o un diaframma pi chiuso di quello consigliato dall'esposimetro, mentre con le automatiche si agisce sul comando di compensazione sottoesponendo di 1/2 o, addirittura, di 1 stop (diaframma). Anche con i sistemi Matrix, come accennato, possibile correggere l'esposizione automatica operando tramite specifici comandi differenti a seconda del modello di fotocamera impiegato. 6.8 6.8.1 Le principali modalit di impostazione Modalit manuale

In base alle indicazioni fornite dall'esposimetro, il fotografo imposta tempi e diaframmi. Il sistema manuale permetta la massima flessibilit dutilizzo ma, nell'uso pratico, pu rivelarsi un procedimento poco immediato e che richiede una grande esperienza. 6.8.2 Automatica a priorit dei diaframmi

In base al diaframma selezionato dal fotografo, la reflex imposta automaticamente il tempo di esposizione. E' il sistema preferito da molti in quanto consente di scegliere manualmente l'apertura in base alla profondit di campo richiesta dalle esigenze creative dello scatto delegando al computer della fotocamera la scelta del tempo di otturazione corrispondente. 6.8.3 Automatica a priorit dei tempi

In rapporto al tempo di posa selezionato dal fotografo, la fotocamera regola il valore del diaframma sull'obiettivo. Questa modalit di scatto viene usata per fissare un tempo dotturazione molto rapido quando si riprendono soggetti in movimento assicurandosi, entro certi limiti, fotografie nitide. 6.8.4 Programmata

In base alle indicazioni dell'esposimetro e riferendosi ad una serie di situazioni standard preimpostate nella memoria della fotocamera, il computer seleziona sia il tempo che il diaframma pi adatti alle condizioni dilluminazione. Questa modalit fornisce buoni risultati nelle situazioni pi comuni ma mostra i suoi limiti nelle riprese creative. In molti casi si rivela controproducente il fatto che sia la fotocamera a fare tutto da s. Per questo motivo con alcune reflex sono possibili aggiustamenti manuali alle valutazioni dell'esposimetro. 6.8.5 Il Bracketing

Termine inglese che definisce una serie desposizioni successive allo stesso soggetto variando l'impostazione di tempo o diaframma. In genere si usa il bracketing (definito spesso anche come "esposizione a forcella") quando non si sicuri della corretta esposizione e non si vogliono avere sorprese dopo lo sviluppo.

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6.9

Altri fattori modificanti lesposizione

Esistono molti parametri che di volta in volta possono modificare l'esposizione, vediamone alcuni di una certa importanza: Luce incidente sul soggetto, intensit della sorgente luminosa, sua distanza dal soggetto, direzione e lunghezza d'onda in relazione alla sensibilit cromatica della pellicola. Caratteristiche del soggetto, potere riflettente delle superfici, suoi toni e colori. Condizioni di ripresa, rifrazione della luce dovuta alle condizioni atmosferiche; foschia, nebbia, ecc.. Fattore di riproduzione, l'allungamento del soffietto in riprese ravvicinate riduce la quantit d'illuminazione che colpisce la pellicola. Caratteristiche dell'emulsione, rapidit, contrasto, comportamento alle sovra e sotto esposizioni, sensibilit cromatica. Sviluppo che sintende adottare (per il bianco/nero). Filtri, assorbimento di luce e colore in relazione al colore dell'illuminazione e del soggetto, alla sensibilit cromatica ed alla pellicola. Fattori soggettivi, il fotografo pu desiderare una buona definizione di tutti i toni del soggetto, oppure solo alcuni, nel primo caso pu essere meglio aumentare o diminuire il contrasto, nel secondo bisogna scegliere tra le ombre e le luci.

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7.

Fotografare con il flash

Nell'insieme del corredo fotografico il flash non solo un accessorio, ma bens uno strumento molto importante che non solo ci permette di fotografare quando le condizioni di luce sono "impossibili", ma ci permette pure di avere a disposizione un'importante strumento compositivo ed artistico. 7.1 Limpiego del flash

Il flash un valido strumento che consente di orientare su uno specifico punto un fascio di luce l dove manca. Oggigiorno con l'avvento dei moderni flash elettronici tutti i fotografi dispongono di una fonte di luce a poco prezzo e piuttosto valida, bisogna pure dire che vi sono opinioni contrastanti sull'uso del flash, soprattutto perch la maggior parte lo usa direttamente sulla camera fotografica posizione quanto mai infelice perch appiattisce qualsiasi soggetto. Bisogna dunque fare alcune precisazioni: con l'avvento di pellicole ultrasensibili ad un fotografo consapevole offerta la possibilit di risolvere in sostanza quasi tutti i problemi di mancanza di luce (con una pellicola 3200 ASA ed un obiettivo di luminosit f/1,8 si pu rimanere veramente sbalorditi di cosa si pu ottenere), ed in pi l'uso puro e semplice del flash non esattamente il sistema migliore per ottenere dei buoni risultati. Dunque cosa fare? Anzitutto non scoraggiarsi se dopo i primi tentativi i risultati sono pessimi e soprattutto importante conoscere il mezzo tecnico che abbiamo montato sulla nostra camera fotografica. Non dimentichiamoci infine che quasi tutte le immagini pubblicitarie e di moda che vediamo su riviste e giornali sono state eseguite usando dei flash! 7.2 Flash a computer di prima generazione

La gran parte dei flash moderni ci d un'esposizione automatica grazie all'intervento di un computer, che in pratica non altro che una cellula fotoelettrica. Il principio di funzionamento dei flash elettronici a calcolatore incorporato della prima generazione (vale a dire non ancora TTL), molto semplice: lo scatto dell'otturatore fa partire un lampo che illumina il soggetto, la luce riflessa dal medesimo verso una cellula fotoelettrica posta sul corpo anteriore del flash, cellula che trasforma l'energia luminosa in un impulso elettrico proporzionale che a sua volta comparato con un programma fissato in anticipo (sensibilit del film e diaframma), dal momento che il collegamento stabilito una specie dinterruttore elettronico (thyristore) provveder a bloccare la scarica ed a spegnere il flash.

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Questa operazione fatta in tempi relativamente brevi (ca. 1/100000 di secondo), l'esatta esposizione non dunque stabilita da una regolazione della potenza del lampo ma dalla durata del medesimo in funzione della distanza flash - soggetto: pi il soggetto lontano pi il lampo lungo, pi vicino pi la durata del lampo corta (da un minino di 1/50000 per ca. 70/80 cm ad 1/1000 a 4/5 metri). chiaro come con un lampo di 1/50000 sia possibile "fermare" le immagini, non dobbiamo per dimenticare che con lampi brevi si riscontra normalmente una dominante di colore blu. Il flash a controllo elettronico stato concepito per evitare tutti i problemi d'esposizione, il sistema funziona in ogni modo bene ad una distanza di 2/4 metri, in fotografie ravvicinate o a lunga distanza si riscontrano spesso problemi e dunque bisogna correggere manualmente l'esposizione. Altro problema che la misura della luce riflessa usando il flash in modo indiretto, (contro il muro per esempio), non normalmente esatta. Il flash elettronico offre normalmente due o tre diaframmi in automatismo e di conseguenza quando occorrono delle aperture o molto piccole o molto grandi siamo nei guai. Classica tabella di un flash prima generazione: all'aumentare del diaframma aumenta anche lo spazio d'azione del flash, ogni diaframma in pratica un automatismo, in altre parole usando il diaframma stabilito il computer si occupa di regolare la durata del lampo. 1m f2,8 f4 f5,6 f8 7.3 Il flash a TTL 3m 5m 10m

Quando si utilizza un flash a computer la cellula fotoelettrica si trova davanti al flash, al contrario con un flash TTL la cellula si trova dietro l'obiettivo (Trough The Lens - attraverso l'obiettivo). il sistema pi recente che risale oramai al 1976, quando fu lanciato dall'Olympus con il modello OM2, si basa sulla misura direttamente sulla pellicola dell'immagine luminosa formata dall'obiettivo, questa misura effettuata in tempo reale, dunque durante l'esposizione. Il sistema comporta i seguenti vantaggi: Il calcolo automatico dell'esposizione, cio la durata del lampo tiene conto della focale, del tiraggio (importante nella fotografia macro), dell'uso di eventuali filtri o di altri accessori (diffusori, ecc.). Il calcolo dell'esposizione tiene naturalmente conto di perdite di luce dovute all'uso del flash indirettamente (riflesso contro una parete o contro il soffitto per esempio). Si possono utilizzare pi flash sincronizzati senza dover fare alcun calcolo. Al contrario di un flash non TTL che permette normalmente di usare solo tre diaframmi ora sar possibile usare tutte le aperture riuscendo cos a controllare la profondit di campo e la durata del lampo.

Risulta evidente che durante l'uso del flash all'esterno la disponibilit di usare tutti i diaframmi essenziale per poter equilibrare i due tipi di luce (ambiente e flash). Uno dei principali inconvenienti dovuto al fatto che con solamente un flash risulta molto difficile equilibrare il primo piano con il secondo, per ottenere un buon risultato normalmente i professionisti ricorrono a pi flash.

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7.4

Flash dedicati

Esistono sul mercato tipi di flash detti dedicati, questo perch sono utilizzabili esclusivamente con apparecchi della propria marca, infatti un Canon funzioner solo su di un apparecchio Canon, un Nikon solo su di un Nikon e via di seguito, non ci sono evidenti vantaggi se non di mercato per le case produttrici! 7.5 Esposizione con il flash

Il calcolo dell'esposizione usando il flash non normalmente molto difficile se ci si affida agli automatismi presenti sia sulla camera che sul lampo elettronico, naturalmente necessario tenere presente alcuni fattori, vediamoli: Il tempo di sincronizzazione. Il diaframma previsto dall'automatismo. La distanza flash/camera soggetto.

importante sapere che usando il flash sar necessario per prima cosa impostare il tempo di sincronizzazione, (il tempo cio nel quale il flash accendendosi riesce in modo completo ad impressionare tutta la pellicola), infatti ogni apparecchio ha un tempo ben preciso che normalmente fino a qualche anno fa era attorno ad 1/60 di secondo, le nuove tendenze l'hanno lentamente portato fino ad 1/250 ed oltre. In seguito si sceglier un diaframma tra quelli previsti dal flash per poter funzionare in automatico, scelta che si far in base alla distanza alla quale si trover il nostro soggetto, infatti per ogni diaframma il flash stabilisce uno spazio d'azione espresso in metri, (pi il diaframma aperto pi il flash illuminer lontano). Se si lavora con un flash TTL saranno disponibili tutti i diaframmi in modo completamente automatico, ed in pi se anche l'apparecchio fotografico a delle funzioni di programma anche la scelta del diaframma sar automatica. Una volta fatte queste selezioni sar l'automatismo del flash che, come spiegato prima, si occuper di decidere la durata del lampo per poter quindi ottenere un'immagine ben esposta, il TTL in pi ottimizzer il diaframma ed eventualmente il tempo d'esposizione, in modo completamente automatico se, sulla camera presente un sistema di programma. 7.6 Con il TTL in esterno

Fotografare usando il flash in luce esterna per eliminare per esempio delle fastidiose ombre date dal sole o per rischiarare un soggetto in controluce, diviene un'operazione molto facile e di sicuro effetto quando si ha la fortuna di usare un flash al TTL. La misura attraverso l'obiettivo sia della luce emanata dal flash sia della luce presente sulla scena permette all'automatismo di regolare sapientemente le due fonti di luce, (sole o altro pi flash), e di regolare in modo autonomo l'esposizione. Evidentemente il colpo di flash potr illuminare solo il primo piano e sar dunque la copia diaframma - durata lampo a decidere l'esposizione. Sar solo con una regolazione del tempo dotturazione che si riuscir ad esporre correttamente lo sfondo, pensiamo di avere una persona in primo piano e come sfondo una citt illuminata di notte: Stabilire la distanza camera/flash - primo piano. Trovare un diaframma adatto alla distanza. Stabilire il tempo dotturazione per lo sfondo in base a questo diaframma.

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8.

Scattare una buona fotografia

Il fotografo professionista, cos come il buon dilettante, prima di premere il pulsante e di scattare, ha imparato a fare velocemente tre cose indispensabili: inquadrare correttamente mettere a fuoco regolare l'esposizione della pellicola (cio sia il valore del diaframma che del tempo desposizione)

Attenzione, desidero ripetere il triplice concetto: inquadrare, focalizzare, regolare tempo e diaframma. Trascurare una di queste tre cose significa scattare una fotografia sbagliata, a meno che la fortuna non ci aiuti. Sar bene aggiungere un altro elemento da considerare prima ancora dei tre che abbiamo gi elencato: avere la migliore luce possibile (controllo dellilluminazione) I concetti espressi in questo breve capitolo sono assolutamente fondamentali e non possono essere trascurati. 8.1 8.1.1 Lesposizione nella pratica La scelta della pellicola

si considera prima di tutto lilluminazione ed il tipo di scena che si vuol fotografare: 8.1.2 moltissima luce (montagna) giornata con sole giornata grigia o interni Consideriamo il soggetto => => => pellicola inferiore ai 100 iso (50/25) pellicola 100/200 iso consideriamola normale pellicola 400/800 iso

Sappiamo che abbiamo due parametri da impostare, il tempo di scatto ed il diaframma. Ma come procediamo? Impostiamo per primo quel parametro che sappiamo essere pi importante per fotografare la scena come noi vogliamo. Il diaframma se quello che cinteressa la profondit di campo, cio la quantit di cose che vogliamo nitide, anche se in piani diversi: grande profondit di campo piccola profondit di campo => => diaframma molto chiuso f/11, f/16, ecc. diaframma aperto f/5,6, f/4, ecc.

Quindi si regola poi il secondo parametro, (il tempo desposizione), in base alle indicazioni dellesposimetro, si mette a fuoco e si scatta. Il tempo desposizione se abbiamo dei soggetti da rendere: in movimento da congelare => => tempo di scatto lento 1/60,1/30, 1/15 o meno tempo di scatto molto breve 1/250,1/500, ecc.

Quindi dopo aver scelto il tempo, si regola il diaframma in base alle indicazioni dellesposimetro presente in macchina,si mette a fuoco e si scatta.
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8.2

La regola delle coppie equivalenti

necessario tenere sempre presente la regola delle coppie equivalenti: coppie di valori tempo diaframma sono sempre in relazione fra loro. Consideriamo una pellicola di 100 iso ed una determinata luce costante: Se impostiamo 1/250 e lesposimetro ci dice f/5,6 Dal punto di vista dellesposizione ci equivale anche a: 1/125 f/8 Infatti se aumentiamo il tempo desposizione del doppio (2 X 1/250 =1/125) dobbiamo (per avere la stessa quantit di luce che colpisce la pellicola) diminuire esattamente della met il foro dentrata (la quantit di luce che entra a f/8 esattamente la met di quella che entra a f/5,6). Ci equivale anche per la sensibilit della pellicola, in pratica una 400 iso esattamente sensibile il doppio di una 200 iso che a sua volta sensibile il doppio di una 100 iso e cos via. Secondo queste ultime considerazioni utile, come esercizio, valutare le seguenti coppie di tempo diaframma, e verificare che, prese assieme alla sensibilit della pellicola, sono esattamente identiche dal punto di vista desposizione, cio di quantit di luce che colpisce la pellicola: ASA 100 100 200 400 100 400 200 200 100 8.3 Tempo 1/125 1/60 1/125 1/125 1/500 1/2000 1/2000 1/1000 1/250 Diaframma 8 11 11 16 4 4 2,8 4 5,6

Cenni sulla composizione fotografica

Troppe fotografie (non solo di dilettanti) inducono il destinatario a chiedersi perch esse siano state scattate. L'assenza di un soggetto e di un qualsiasi punto dinteresse fa s che certe immagini siano ridotte a puro rumore non strutturato: il disordine regna sovrano, n esiste un codice riconoscibile capace di affidare un qualche significato alle figure. Questo accade, il pi delle volte, perch un soggetto che sembrava interessante e fotogenico all'osservazione dal vivo poi del tutto insignificante una volta fissato sulla pellicola. Non ci si resi conto che l'occhio (o meglio il cervello) umano e la fotocamera "vedono" la realt in modo assai diverso. La scelta del soggetto e l'inquadratura sono soggettivi, legati al gusto e al senso artistico del fotografo. In ogni caso possiamo dire che esistono delle regole classiche, che possiamo descrivere, da rispettare per non ottenere una foto visibilmente brutta. Cominciamo subito a stabilire dei concetti importanti. La fotografia unimmagine generalmente rettangolare che, nel caso delle pellicole comuni (formato 35 mm), ha un rapporto fra i lati 2/3 Essa pu essere sistemata in senso orizzontale (landscape) o verticale (portrait).

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8.4

Prima regola fondamentale la struttura compositiva dell'immagine

Il fotografo deve avere la capacit di visualizzare mentalmente l'immagine nella sua cornice rettangolare, in tutto il suo complesso (non semplicemente di concentrare la sua attenzione su un singolo particolare che attrae il suo interesse) e di equilibrarla nelle sue varie parti come un "quadro". Al centro perfetto dell'immagine creata dal principiante si trova sempre e immancabilmente la cosa che lo interessa di pi (un volto, un oggetto, un elemento del paesaggio che intendeva riprendere). Non sembra che egli abbia scattato una fotografia, si direbbe piuttosto che ha "sparato una fucilata" cercando di centrare un bersaglio. 8.5 Seconda regola fondamentale, no al centro immagine

Raramente il particolare che cinteressa di pi, nell'immagine, deve essere collocato proprio al centro. Ci pu anche capitare ma, il pi delle volte, si trover in una posizione decentrata.

Sbagliato

Corretto

Pertanto, al fine di sviluppare la suddetta maturit visiva, si facciano due cose: si osservino spesso le fotografie dei fotografi famosi, per capire come sono costruite le immagini, e ci si liberi dalla suggestione irresistibile "del centro". 8.6 Terza regola, i due terzi

Il criterio pi classico per impostare una corretta inquadratura la cosiddetta regola dei terzi. Essa consiste nell'immaginare che il rettangolo sia diviso in tre parti sia orizzontalmente che verticalmente, come indicato nelle figure qui sotto.

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Gli elementi compositivi dell'immagine, secondo questa regola, dovrebbero essere disposti in modo che le linee importanti coincidano (pi o meno) con la divisione dello spazio in terzi. Ci conferisce alle immagini un notevole equilibrio strutturale. Si osservino anche le seguenti fotografie.

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9.
9.1

La fotografia digitale
Dalla pellicola al digitale

Dallinvenzione della fotografia sono oramai passati pi di 150 anni, ed in questo lungo tempo ci sono stati enormi progressi tecnologici nella pellicola, negli apparecchi, ecc, ma gli elementi fondamentali sono rimasti sostanzialmente gli stessi. La nostra camera fotografica ci permette di catturare delle immagini usando la pellicola! Con lavvento della tecnica digitale la pellicola scompare ed appaiono dei dispositivi elettronici chiamati CCD (Charge Coupled Device dispositivi a scorrimento di carica). Il procedimento fotochimico finalmente sostituito da quello fotoelettrico, la luce colpisce dunque una superficie di materiale semiconduttore, costituito da una griglia delementi di dimensioni microscopiche che fungono da sensori, ognuno dei quali registra un punto dellimmagine. 9.2 Introduzione

Nelle macchine fotografiche digitali la pellicola sostituita da un sensore. Questo sensore non altro che un chip su cui limmagine catturata in analogico e convertita in digitale. Il sensore diviso in milioni di piccole aree chiamate pixel, ognuna delle quali registra linformazione di colore riguardante unarea molto piccola. Oggi i sensori raggiungono facilmente risoluzioni enormi come 8/10 milioni di pixel. In fotografia il numero di pixel si misura in Megapixel/Mpx (milioni di pixel). Il numero totale di pixel calcolabile anche come prodotto della massima risoluzione verticale per la massima risoluzione orizzontale. Ad es. se la macchina riprende 1280x1024 = 1,3 Mpx. Per eseguire loperazione contraria (massima risoluzione a partire dai Megapixel) dobbiamo ricordarci che il rapporto standard tra la risoluzione orizzontale e quella verticale di 1,25:1. Quindi per prima cosa dobbiamo dividere il numero di Mpx per 1,25 poi calcolare la radice quadrata (otterremo la misura minore: 1024) infine calcolare laltra misura moltiplicando nuovamente per 1,25. 9.3 Quanto conta il numero di Mpx

importante notare che la definizione aggiuntiva catturata da un CCD con pi Mpx potrebbe deludere chi si aspetta un nettissimo cambiamento. Mi spiego meglio: passando da 2 Mpx a 5Mp potreste pensare che un oggetto fotografato raddoppi (e oltre) la sua dimensione e sia quindi stampabile a grandezza pi che doppia. Potreste pensare che unimmagine a 2Mp sia stampabile agevolmente a 9x12 e quella da 5Mp a 18x24. (Le cifre non sono accurate, sono scelte solo per dare unidea tangibile). Invece no, infatti linearmente la risoluzione del CCD aumentata solo della radice quadrata di 5/2 e cio di 1,6 volte! Ben meno che 2,5 che ci saremmo aspettati ad occhio. Dunque se per definizione intendiamo laumento di dettagli in entrambe le direzioni, i Mpx sono effettivamente un parametro utile che misura laumento di nitidezza nellimmagine. Ma se cinteressa notare un particolare o stampare la foto pi che i Megapixel cinteressa la risoluzione orizzontale (o verticale) e passando da un ccd allaltro quello che conta la radice quadrata del rapporto tra le dimensioni dei sensori in Mpx. 9.4 Grandezza dei sensori CCD

Un'altra caratteristica molto importante per i sensori CCD la grandezza: la grandezza dei singoli pixel (pi che del ccd) influisce moltissimo sulla capacit di catturare luce. Sensori grandi (e quindi pixel pi grandi) di norma hanno una resa dinamica maggiore dei sensori piccoli. I valori pi diffusi in ordine crescente di grandezza sono:

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1/2.7", 1/1.8", 2/3", 23x15mm circa, 35x23mm (FF) La grandezza effettiva del ccd si calcola esattamente com facile ipotizzare. Ad esempio 1/1.8" = 0.55" quindi 1/1.8 pi piccolo di 1/1.3. Grandezze di ccd da 23x15mm circa a 35x23mm o superiori sono le pi usate dai professionisti. 9.5 Funzionamento

Il funzionamento fisico di un ccd qualcosa di complesso e poco interessante per un fotografo, vi basta sapere che grazie allelettronica stato possibile costruire strutture microscopiche in grado di rilevare lintensit di luce che le colpisce attraverso variazioni della corrente elettrica prodotta (o lasciata passare). Il passo successivo quello di convertire lintensit di corrente elettrica in un segnale digitale attraverso un convertitore AD (Analogico-Digitale) a grande risoluzione di colore (12 bit, 16 bit). 9.6 Pixel Monocromatici

La cosa che importante notare per, che ogni pixel cattura un solo colore. Esatto, i pixel sono monocromatici. In pratica i CCD attuali sono verniciati pixel per pixel con una vernice trasparente che permette a ogni pixel di catturare la luce solo nella componente di colore di cui verniciato. Per capire meglio questa tecnica basta pensare alleffetto che si ha guardano attraverso un filtro colorato. In pratica vediamo solo quel colore nelle sue diverse intensit.

Lo schema pi usato consiste nel dipingere i pixel adiacenti secondo lo schema GRGB Green (verde), Red (rosso), Green (verde), Blue (blu) (si noti che il verde il colore a cui locchio umano percepisce la maggior parte di dettagli). I colori appena citati sono i colori primari, da questi possibile ottenere qualsiasi altro colore. In pratica leffetto che si ottiene attraverso questa tecnica quello di avere tre fotografie dello stesso oggetto, ognuna leggermente spostata rispetto allaltra di una certa misura angolare (che corrisponde a pochi millimetri o meno a distanze di pochi metri). Il calcolo si esegue cos: larghezza area fotografata alla distanza X (ad es. circa 5 metri di larghezza a 5 di distanza)/risoluzione orizzontale. Per un sensore a 3Mp abbiamo 5 m / 1550 = 3mm. Queste immagini sono fuse insieme attraverso un procedimento molto complesso che richiede, per dare unidea, circa 100 operazione per singolo pixel. Nonostante ci il procedimento produce artefatti abbastanza vistosi come una risoluzione reale inferiore a quella dichiarata e raggiunta solo grazie allinterpolazione, un certo livello di sfocatura necessario per evitare artefatti di colore che si verificano comunque su superfici a mosaico (es. una camicia). 9.7 Range dinamico

Il range dinamico il rapporto tra la pi forte e la pi debole luce catturabile dal sensore ccd una volta fissati tempo dotturazione, apertura diaframma e sensibilit iso. Il range dinamico quindi un sinonimo di contrasto massimo tra luce e ombra che viene reso correttamente dal ccd. Anche locchio umano e la
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pellicola hanno un range dinamico limitato, il fatto evidente se si pensa alleffetto che si ha guardando una pila che c puntata in faccia o fotografando con qualunque macchina in controluce. In pratica un range dinamico troppo limitato ci porter ad avere immagini con parti troppo chiare (sovraesposte), troppo scure (sottoesposte) o addirittura entrambe. In queste aree perdiamo completamente (o quasi) i dettagli e anche i migliori software faticano a recuperarli (e se ci riescono spesso limmagine non certo gradevole).

Buon range dinamico

Range dinamico troppo basso

Il range dinamico non viene dichiarato dai costruttori, ma pu essere misurato attraverso alcuni test, la misura espressa in ev (equivalent value) o in rapporti di contrasto (es. 400:1). Questo range varia anche al variare della sensibilit iso impostata, avendo il valore massimo per iso bassi (100) e calando rapidamente per valori alti (a iso 800 in media 4 volte pi basso che a iso 100). Nella maggior parte degli apparecchi il range dinamico a iso 100 spazia tra 100 e 400, a secondo del modello.

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9.8

Convertitore AD

Come ho detto i pixel sono misuratori analogici e la misura da loro prodotta un segnale elettrico misurabile in volt. Tale segnale deve essere convertito in digitale. La conversione introduce un fenomeno di perdita dinformazione chiamato quantizzazione. Questo fenomeno dovuto al fatto che il numero di bit usati per ogni pixel molto piccolo e il numero di informazioni codificabili con N pixel 2N. Nella maggior parte delle fotocamere abbiamo N = 8 e di conseguenza 2N= 256. Ci significa che qualsiasi immagine fotografiamo dovremo descriverla con solo 256 gradazioni di luminosit (per ogni colore). Le ultime fotocamere professionali hanno 10 o addirittura 12 bit che corrispondono rispettivamente a 1024 e 4096 gradazioni. utile? Beh diciamo di s ma molto, molto meno delle altre caratteristiche. Sar pi utile in futuro, quando le macchine avranno range dinamici molto superiori a quelli attuali e si potr scegliere lesposizione migliore dopo aver scattato la foto (il range sar cos ampio da equivalere a due foto con due esposizioni diverse). Si noti infatti che avere un buon range dinamico e soli 8 bit significa comprimere le informazioni aggiuntive rinunciando a buona parte delle informazioni guadagnate (in pratica la forte perdita di dettagli presente nelle zone scure o chiare si distribuisce ovunque ma molto, molto attenuata). Si noti inoltre che il Jpeg non supporta risoluzione di colore superiori a 8 bit (ecco il perch dei formati Raw o proprietari) 9.9 Tipi di ccd

Ci sono essenzialmente due tipi di ccd: interline transfer e full frame. Il primo tipo quello pi diffuso, non necessita di un otturatore fisico, permette di utilizzare la macchina fotografica per realizzare brevi filmati e permette inoltre lutilizzo del display lcd. Per contro per richiede unelettronica molto ingombrante (dovuta alla presenza di registri a scorrimento) riducendo cos la dimensione della parte sensibile del pixel a 1/3 dellarea totale. Il secondo non ha i registri a scorrimento ma richiede un otturatore fisico (tempi di otturazione molto bassi saranno quindi difficili da raggiungere) e non permette lutilizzo dello schermo lcd (richiede quindi una struttura reflex o un viewfinder non allineato) in compenso larea sensibile riempie circa il 70% dellarea del pixel. Ovviamente non possibile registrare minifilm con questo tipo di sensore. Riassumendo, vediamo di elencare i pro e i contro Interline Transfer Possibilit di usare il display lcd Possibilit di girare filmati Possibilit di usare lotturatore elettronico Basso livello di rumore 9.10 Conclusioni Full Frame Maggior grandezza del ccd Miglior qualit dellimmagine Miglior Range Dinamico

Incominciamo col far notare che pellicola e sensori digitali presentano limiti in aree differenti, e che la rapida evoluzione tecnologica di cui il settore digitale si reso protagonista negli ultimi anni porter presto ad un superamento della qualit ottenibile tramite pellicola. Si avete capito bene, per gli amanti della pellicola non c nulla da fare, entro alcuni anni (probabilmente non pi di dieci) la pellicola sar completamente superata sotto ogni aspetto. Il motivo semplice: una pellicola costa in media pochi euro mentre il sensore ccd (o cmos), che rappresenta lanalogo della pellicola in una macchina fotografica digitale, pu arrivare a costare anche pi del 50% del prezzo della fotocamera stessa! davvero difficile credere che un sensore da 350 o addirittura da 900 non riesca a superare uno da 3, soprattutto con la rapidissima evoluzione dellelettronica a cui assistiamo in questi anni.

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9.11

Limiti e pregi delle macchine fotografiche digitali

Iniziamo elencando i principali pregi e difetti presentati in questo momento dalle macchine fotografiche digitali rispetto a quelle a pellicola. Tra i pregi delle digitali dobbiamo includere ovviamente il costo dutilizzo, praticamente nullo, e la comodit di poter mantenere e catalogare le foto su cd-rom o dvd a costi veramente esigui. Non dobbiamo inoltre dimenticare che possibile ritoccare le foto per migliorarle, correggendo difetti dei soggetti ripresi (spesso nelle foto dei matrimoni viene richiesto di nascondere le imperfezioni del viso e della pelle) o errori del fotografo (condizioni di ripresa, esposizione, occhi rossi, ecc). Per contro per il costo di una macchina fotografica digitale superiore a quella di una qualsiasi fotocamera analogica con le stesse caratteristiche. Anzi le digitali di fascia media costano pi delle migliori analogiche di fascia semiprofessionale. Del resto il costo delle pellicole e della stampa di tutte le foto (anche quelle meno importanti o uscite male) tende a bilanciare i costi dopo qualche anno di utilizzo intenso. Inoltre bisogna tener presente che linfinita comodit di poter rivedere immediatamente le foto (al computer, in televisione o persino stampandole con la propria stampante) pu far dimenticare a molti la maggior spesa iniziale sostenuta per dotarsi di un apparecchio digitale. Paragonare macchine fotografiche digitali e a pellicola non affatto cos facile. In primo luogo la comparazione dovrebbe essere aggiornata almeno una volta ogni sei mesi per via del rapido cambiamento in atto nel settore digitale, poi andrebbe fatto per fasce di prezzo (in alcune fasce il digitale supera la pellicola sotto molti aspetti, in altre accade il contrario), infine alcune caratteristiche di punta di una o dellaltra tecnologia potrebbero essere poco utili per la stragrande maggioranza dei fotografi amatoriali complicando di conseguenza la scelta delle caratteristiche in base alle quali formulare un giudizio. Elenchiamo quindi solo i principali difetti del digitale rispetto alla pellicola. Difetti che sono una costante in praticamente ogni macchina fotografica digitale, dalla compatta da un centinaio di euro fino al modello pi costoso da diverse migliaia di euro. Un primo difetto legato alla risoluzione massima delle foto: la pellicola permette di effettuare anche ingrandimenti molto elevati arrivando addirittura a stampare poster senza perdere eccessivamente di qualit. La stragrande maggioranza delle digitali non offre invece un dettaglio sufficiente per questi scopi. Al momento attuale solo le reflex pi nuove e costose hanno una risoluzione paragonabile a quella della pellicola. Un secondo difetto realmente visibile e fastidioso dovuto al contrasto dinamico (chiamato anche gamma dinamica o dynamic range) decisamente limitato nelle digitali anche di fascia professionale. Destate sotto il sole battente, riprendere zone in luce e zone in ombra porta a bruciare quelle in luce o sottoesporre quelle in ombra. E se i dettagli delle zone in ombra risultano comunque recuperabili (ma non senza una forte perdita di qualit) per quelli in luce non c nulla da fare. I difetti tuttavia non sono finiti: nel tentativo di correggere, in fase di fotoritocco, unesposizione sbagliata (foto troppo scura o troppo chiara) o di recuperare dettagli da una zona sottoesposta ci si scontra con la limitatezza di colori registrati dal digitale: il problema noto come posterizzazione e si nota prevalentemente in presenza di sfumature di colore (es. dal bianco al nero). La maggior parte delle macchine fotografiche registra infatti solo 256 livelli di colore (es. dal bianco al nero ci sono 256 sfumature di grigio). Ci non rappresenterebbe un problema se non fosse spesso necessario correggere lesposizione in fase di postproduzione tramite interventi di fotoritocco. Altri due difetti meno rilevanti sono dovuti alla struttura costruttiva stessa dei sensori ccd e cmos: senza entrare in dettaglio vi basti sapere che tale struttura rende necessario usare un filtro matematico sulle immagini chiamato filtro di Bayern. Tale filtro sfoca le immagini e introduce errori in caso di rapide variazioni di colore (ad esempio fotografando una camicia composta da punti bianchi e azzurri). Ogni fotocamera digitale produce unimmagine con definizione inferiore a quella dichiarata, ogni singolo pixel contiene uninformazione non del tutto completa che produce unimmagine leggermente sfumata a livello dei dettagli. La cosa peggiore legata a questo filtro per la creazione di rumore colorato. Per rumore in fotografia si intende la presenza in una foto di puntini di colore o luminosit diversa da quella reale. Il rumore visibile solo a iso elevati e soprattutto in foto scure (ad esempio ben visibile nelle foto notturne). Una pellicola di sensibilit 400 ISO produce un rumore di colore neutro (dello stesso colore del pixel che sostituisce) che visibile, ma quasi difficile da notare e comunque non fastidioso. Le digitali invece (a causa del filtro di
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Bayern) producono un rumore con tinte molto vivaci e con colori saturi e intensi (verde, viola, rosso, blu) che rende quasi inservibili le foto agli iso pi elevati. Il difetto particolarmente evidente nelle compatte. Anche se ultimamente esistono degli algoritmi che tentano di ridurlo le foto scattate con le compatte digitali a iso elevati sono spesso tuttaltro che belle da vedere. Un difetto inesistente invece quello dovuto al fatto che le foto ottenute dalla pellicola vengono sempre stampate, mentre quelle sviluppate da un rullino digitale possono essere visualizzate sul monitor di un computer. Le dimensioni di un monitor (15 o pi) facilitano lindividuazione dei limiti del proprio apparecchio e sfavoriscono il giudizio verso le fotocamere digitali. Il confronto quindi dovrebbe essere effettuato unicamente tra foto stampate nello stesso formato. Il digitale non ha solo difetti, anzi ha anche molti pregi, ma i principali riguardano comodit, costi e facilit di ritocco. Altri pregi del digitale sono tuttavia presenti ma limitati solo alle macchine meno professionali! Sembra incredibile, eppure proprio le compatte digitali hanno dei vantaggi innegabili rispetto alle reflex digitali e analogiche! Sarebbe per un errore credere le compatte digitali migliori delle macchine reflex, dimenticando tutti i difetti che presentano e i pregi di queste ultime. Il principale pregio delle compatte determinato da una caratteristica tuttaltro che positiva: spesso infatti vi abbiamo elencato i difetti collegati a un sensore di piccole dimensioni, eppure proprio questo difetto fonte di un vantaggio molto utile in diversi casi. Le compatte infatti hanno una profondit di campo notevolissima. In pratica mettono a fuoco sia oggetti vicini che distanti, anche se si usano ottiche da 300mm equivalenti! Tali ottiche infatti equivalgono in realt a dei 60mm! La cosa interessante comunque la possibilit di sbagliare la messa a fuoco e avere ugualmente il soggetto perfettamente a fuoco, soprattutto in modalit con zoom non elevato. Sempre per le ridotte dimensioni del sensore inoltre si ottengono immagini molto luminose anche a zoom molto elevati. Si pensi solo che uno zoom per reflex da 300 presenta a 300mm un diaframma di 5,6 mentre una compatta arriva a 3,5, garantendo una luminosit di 2,5 volte superiore! Infine il costo delle ottiche di buona qualit (per le reflex) elevatissimo. Gli ultimi modelli di zoom hanno escursione molto elevata con caratteristiche discrete di aberrazione, distorsione, nitidezza, ecc e con lo stabilizzatore integrato! Un ottica per reflex con caratteristiche simili ma senza stabilizzatore costa sui 300! E per avere lo stabilizzatore si arriva a pi del doppio di questa cifra! Certo, la qualit di unottica con questi prezzi notevole, ma anche il suo prezzo e avere su una compatta uno zoom 10x con stabilizzatore davvero interessante. Uno degli aspetti pi stimolanti della fotografia digitale sicuramente lampia gamma di opzioni creative messe a disposizione dai programmi di elaborazione e ritocco delle immagini. Grazie alle numerose funzioni incorporate in Photo Shop, Corel Draw o Paint Shop Pro, giusto per citare alcuni tra i pi famosi programmi di photo editing disponibili, dopo lo scatto, il fotografo digitale ha oggi infinite possibilit di intervento creativo. Con pochi clic del mouse si possono ottenere elaborazioni che con la fotografia tradizionale richiederebbero la disponibilit di una costosa e complicata camera oscura professionale. Tuttavia, prima di lanciarsi nelluso di questi sofisticati programmi opportuno aver chiari alcuni concetti fondamentali che avranno un decisivo effetto sulla resa delle immagini, soprattutto quando il risultato finale da ottenere una stampa di grande formato ottenuta con una stampante inkjet o meglio ancora inviando le foto ad un laboratorio dotato di minilab digitale. I principali parametri da tenere sotto controllo sono la dimensione dei pixel e la risoluzione dellimmagine, aspetti questi su cui regna ancora molta confusione tra gli appassionati. La dimensione dei pixel dellimmagine dipende dal sensore usato per la ripresa, per esempio un sensore da circa 5 megapixel registrer in uscita immagini di 2560 pixel in larghezza ed 1920 pixel in altezza, mentre nel caso di un sensore da 1,2 megapixel si avranno in uscita immagini da 1280 pixel per 960 pixel. Nel momento in cui andremo a visualizzare o a stampare le due immagini avremo una differenza di risoluzione determinata dalla dimensione dei pixel che nel primo caso saranno pi piccoli e quindi faranno risultare limmagine molto pi definita. Andiamo ora a calcolare la risoluzione per una stampa nel classico formato 20x27. La risoluzione di norma viene espressa in DPI cio Dot per Inch (in italiano punti per pollice quadrato) e per il calcolo occorre trasformare le dimensioni di stampa in pollici (dividere per 2,54) e poi dividere il numero dei pixel di ogni lato per la dimensione in pollici del formato di stampa. Nel caso dunque del formato 20x27 cm. la risoluzione

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delle due immagini di cui sopra sar di: 240 DPI per limmagine da 5 megapixel e 120 DPI per quella da 1,2 megapixel. Riassumendo quindi, la risoluzione espressa in punti per pollice ed esprime un valore di densit di informazioni per una certa dimensione di stampa o visualizzazione, la dimensione dei pixel invece espressa a prescindere dal formato di stampa o di visualizzazione e fornisce una indicazione della ricchezza di dettagli complessiva dell'immagine. 9.12 Risoluzione e dimensione di unimmagine digitale

Sembra che, per rendersi la vita pi semplice, molto spesso gli "addetti ai lavori" abbiano la tendenza a sintetizzare in minuscole sigle concetti che per essere spiegati per intero necessiterebbero di intere pagine. Questa "corsa al risparmio" ci porta ad essere quotidianamente sommersi da sigle, acronimi, abbreviazioni con il rischio sempre pi presente di non riuscire a capirsi anche su concetti molto semplici. Nello specifico, il gergo del fotografo digitale pienissimo di questi neologismi e forse varrebbe la pena fare un po' di luce. Cercheremo di capire, prima di tutto, la terminologia adottata per definire le dimensioni e le caratteristiche principale di un'immagine e in secondo luogo vedremo cosa hanno a che fare sigle come dpi, ppi, o megapixel con una fotografia stampata. 9.12.1 Mini glossario Per cominciare riporto alcuni dei termini base usati con maggior frequenza dandone una breve spiegazione dpi: ( Dots Per Inch ) Unit di misura utilizzata per indicare la risoluzione grafica che pu essere riprodotta ad esempio da una stampante MegaPixel: Unit di misura corrispondente a 1 milione di pixel. Molto usata per definire la risoluzione di una immagine prodotta da una macchina digitale bit: Un bit la pi piccola quantit di informazione memorizzabile byte: Unit di misura corrispondente a 8 bit Kilobyte: 1024 byte Megabyte: 1 milione di byte pixel: ( Picture Element ) Il pi piccolo tra gli elementi che vengono visualizzati su uno schermo. La pi piccola area dello schermo che possa accendersi e spegnersi e variare d'intensit indipendentemente dalle altre ppi: (pixel per inch) Unit di misura concettualmente simile a dpi ma utilizzata per definire la risoluzione di monitor, scanner e macchine fotografiche digitali Le immagini digitali

9.13

Quando scattiamo una fotografia la nostra macchina digitale svolge, in rapidissima successione una serie di passi. Prima di tutto viene impostato il diaframma al valore scelto. Successivamente l'otturatore si apre e lascia passare luce in modo da impressionare il sensore digitale. Quest'ultimo trasforma le informazioni luminose in impulsi elettrici e li invia ai circuiti dedicati all'elaborazione dell'immagine. Qui i dati verranno adeguatamente manipolati e infine salvati come file digitale. A questo punto nella nostra scheda di memoria abbiamo archiviata sotto forma di bit una fotografia digitale.

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9.13

La stampa

Dopo questa lunga, ma credo abbastanza interessante, introduzione, veniamo al dunque cercando di capire come si passa dal file memorizzato sull'hard disk ad una bella fotografia appesa al muro del nostro soggiorno. In questi casi non raro sentirsi porre domande del tipo: quanto grande posso stampare questa immagine ? o ancora ...ho stampato questa fotografia in formato A4 ma i risultati sono pessimi ...perch ? Il nocciolo della questione quindi capire quale relazione esista tra risoluzione di un'immagine digitale e dimensione finale della stampa. Prima di tutto cerchiamo di fare luce sul concetto di dpi. Un'immagine digitale composta essenzialmente da un certo numero di punti colorati, i pixel, disposti ordinatamente in una griglia di dimensioni fissate. Ad esempio una foto da due megapixel sar composta da circa 2 milioni di pixel disposti in un rettangolo di dimensioni 1600x1200 pixel per lato circa. Stampare una foto significa riportare su carta tutti i punti costituenti l'immagine. Qui interviene il concetto di dpi. Un certo valore di dpi ( dots per inch ) infatti ci dice quanti punti (dots) vengono stampati per ogni pollice (inch). Valori pi alti significheranno che i punti saranno pi fitti, pi vicini tra loro. Al contrario valori bassi indicheranno che i punti avranno una densit, una distanza tra di loro pi elevata. Punti troppo distanti tra loro daranno luogo ad un'immagine poco definita, granosa in cui i punti stessi saranno visibili ad occhio nudo con conseguente degrado della qualit della stampa. Aumentando la densit dei punti si ottengono immagini migliori, in cui non presente alcun effetto grana e in cui i passaggi tonali sono pi graduali e delicati. A causa della struttura stessa dei nostri occhi per inutile superare una cera soglia di definizione. Il nostro apparato visivo infatti in grado di distinguere dettagli fino alla risoluzione di circa 300dpi. Oltre questo valore, ogni informazione aggiuntiva verrebbe confusa con le altre e non sarebbe rilevabile. Per questo motivo si stabilito che la risoluzione ottimale per un'immagine fotografica sar di circa 300dpi (massima qualit) con un minimo di 200-240dpi in casi particolari. Utilizzi diversi dalla stampa prevedono tuttavia valori anche molto pi bassi.

DESTINAZIONE Esposizioni, libri, riviste di qualit Stampe di grandi dimensioni Quotidiani, stampe casalinghe 8max 13x18) Web, monitor

VALORE dpi CONSIGLIATO 300 dpi 300/200 dpi 150/100 dpi 100/72 dpi

9.13.1 Riassumendo Una volta compreso il concetto di dpi basta tenere a mente quanto segue: Un'immagine digitale definita da una dimensione, espressa in pixel, per il lato maggiore e una per il lato minore. Un'immagine digitale non ha dimensioni assolute di stampa. La relazione tra dimensioni in pixel e dimensioni in cm della stampa passa solo ed esclusivamente attraverso il concetto di dpi.

Riporto una piccola tabella che mette in evidenza il rapporto esistente tra il numero di megapixel, la risoluzione e la dimensione massima stampabile a 72, 150 e 300dpi.
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MEGAPIXEL (Mpx) 2 4 5 6 10

RISOLUZIONE 1600x1200 2272x1704 2650x1920 3072x2048 3872x2592

STAMPA 72 dpi 56x42 cm 80x60 cm 90x67 cm 108x72 cm 137x92 cm

STAMPA 150 dpi 27x20 cm 38x28 cm 43x32 cm 52x34 cm 66x44 cm

STAMPA 300 dpi 13x10 cm 19x14 cm 21x16 cm 26x17 cm 33x22 cm

Per chiarire i concetti fin qui esposti riporto la schermata delle dimensioni di unimmagine usando il programma Photoshop di Adobe.

Come potete vedere una fotografia di circa 60cm di lato richiede ben 7195 pixel per essere stampa alla massima qualit di 300dpi. 9.14 Modificare le dimensioni di unimmagine

A volte pu essere necessario modificare le dimensioni di un'immagine per adattarla a scopi specifici. Esistono 2 modi di procedere. 9.14.1 Risoluzione fissa Modificare le dimensioni in pixel dell'immagine lasciando invariato la risoluzione in dpi. Questo approccio "indolore" nel caso l'immagine venga rimpicciolita mente pu creare un degrado di qualit nel caso in cui le dimensioni finali siano maggiori di quelle iniziali. Riducendo le dimensioni di un'immagine infatti non si fa altro che scartare dati non pi necessari. Ingrandendo invece, il programma di fotoritocco dovr interpolare i dati esistenti per crearne di nuovi. Questo processo, sebbene venga realizzato tramite algoritmi molto sofisticati, ha dei limiti e da risultati accettabili solo se usato con moderazione. Per compiete questa operazione nella casella delle dimensioni immagine di photoshop, assicurarsi che la voce "Resample image - Ricampiona Immagine" sia selezionata. Successivamente modificare dimensioni a piacere.

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Notate come anche le dimensioni dell'immagine siano variate. Il file, prima di 37 MB diventato ora di 101 MB. Questa conseguenza dei nuovi dati, generati dal programma di fotoritocco, che sono serviti per passare dalla risoluzione di 7.195 pixel alla nuova di 11.811 pixel. Allo stesso tempo notate come i dpi siano rimasti fissi a 300. 9.14.2 Dimensione pixel fissi Questo secondo approccio prevede di modificare la risoluzione dell'immagine cambiando il valore di dpi. Anche in questo caso rimpicciolendo l'immagine non si hanno particolari controindicazioni. Ingrandendo invece il problema risiede nel fatto che si tenta di disporre su una superficie pi ampia lo stesso numero di pixel che costituivano l'immagine iniziale. Per forti ingrandimenti il livello qualitativo della stampa potrebbe non essere accettabile. Per compiete questa operazione nella casella delle dimensioni immagine di Photoshop, assicurarsi che la voce "Resample image - Ricampiona Immagine" non sia selezionata. Successivamente modificare dimensioni a piacere. Noterete che il valore dpi diminuir se ingrandirete l'immagine e aumenter se la rimpicciolirete.

La dimensione in MB dell'immagine rimasta costante come i valori in pixel. Avendo deselezionato il ricampionamento immagine, modificando le dimensioni cambia solo la risoluzione.

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10.

La fotografia come espressione artistica

Con lultimo capitolo siamo arrivati alla conclusione di questo nostro corso introduttivo alla fotografia. l'immagine artistica probabilmente l'espressione pi libera e pi pura di una qualsiasi espressione dell'uomo e dunque anche per delle persone che da poco hanno iniziato il difficile cammino nell'espressione personale trovo sia giusto ed importante conoscere, anche se marginalmente, il mondo dell'immagine artistica. Chi tra di voi gi stato a visitare una galleria fotografica, di conseguenza a contatto con immagini ed emozioni molto particolari ha, penso, avuto la possibilit di meglio capire quello che la fotografia come mezzo espressivo pu dare, e dunque accumulare esperienza visiva per poter meglio comunicare agli altri le proprie emozioni. Per chi al contrario non ha avuto questa fortuna voglio solo consigliare di visitare qualche galleria o mostra fotografica, se non altro per vedere un'altra faccia dell'eterogeneo mondo della fotografia. Ognuno di noi adotta nella vita uno stile particolare, qualsiasi cosa noi facciamo condizionata da innumerevoli fattori, dunque anche in fotografia ciascuno di noi dovr avere uno stile personale ed solo con molto esercizio che si riuscir ad ottenerlo. Dunque pratica ed esercizio, consumando anche parecchio materiale, sono gli unici mezzi per impratichirsi della tecnica a tal punto da poter dedicare completa attenzione al fattore espressivo. 10.1 Larte e la fotografia

La fotografia una vera e propria arte. Per questo motivo possiamo dire che esistono delle vere proprie fotografie artistiche che sanno trasmettere grandi emozioni e suggestione. La fotografia pu essere concepita come un semplice immortalare di avvenimenti e nulla pi, ma allo stesso tempo pu essere definita uno specchio dellarte capace di cogliere la realt nella sua magia effimera. Saper scattare fotografie non equivale a saper fare belle fotografie, proprio perch fotografare un arte in tutto e per tutto, e come tutte le srti necessita studio, dedizione e, soprattutto, passione. Si, finch la fotografia risulti artistica ci vuole molta passione e dedizione da parte di chi la scatta, chi osserva la fotografia deve percepire quanta passione dellautore vi sia celata in essa. Vi sono libri nei quali compaiono le fotografie dei pi grandi fotografi mai esistiti. Osservando queste fotografie si riesce al primo colpo d occhio a capire cosa significa fotografia artistica. E una fotografia che trasmette emozioni, che in poco spazio in grado di raccontare una vita e senza parole in grado di trasmettere i pensieri e i sentimenti dei personaggi che la caratterizzano. Possono essere fotografie artistiche anche quelle dai soggetti pi banali come ritratti, paesaggi, nature morte, animali, foto aeree, foto giornalistiche e nudi. Proprio le foto giornalistiche possono esprimere molte sensazioni in chi le osserva. Basti pensare allimmagine di un bimbo terrorizzato dalla distruzione provocata da un terremoto, una donna smarrita davanti alleffetto di una bomba e cos via. Saper immortalare artisticamente questi momenti significa trasmettere allosservatore il battito del cuore dei soggetti, i loro sentimenti e il loro smarrimento. Queste sono le foto artistiche!

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10.2

Registrare la luce!

La fotografia la registrazione della luce (chimica o elettronica) di una certa regione dello spazio da un dato punto di vista per un dato tempo su un supporto (pellicola o dischetto) che permette una successiva trasformazione ad una forma visibile all'occhio umano (carta, monitor). Registrare la luce. una delle tante possibilit che l'uomo si inventata. Ha imparato a registrare la lingua e le idee (scrittura, disegno, pittura, spartiti), il suono (registratori) e poi la luce e il movimento (fotografia, cinema). 10.3 Fare fotografia, il fine ...

La fotografia un mezzo per registrare, ed "facile": basta pigiare un bottone e sono registrate tantissime informazioni. Poi c' la buona e la brutta fotografia e a volte questione di gusti e interpretazioni, ma cosa ci spinge a farlo? Credo ci siano tre intenzioni che possono spingere a fare fotografia: 10.3.1 Lo scatto Registrare, riprodurre, ricordare, fermare, avere, possedere, mantenere, rivivere, vedere, mostrare, difendere, immaginare, analizzare, scoprire. Fare fotografia non si limita a questo. Spesso diventa fine a se stesso. lo scatto il fine. Come quando c successo qualcosa e dobbiamo raccontarlo: non comunicare il fine, ma liberarci di un peso. Scattare uguale a sparare, immobilizzare, bloccare, scaricare, liberarsi, attaccare, salvarsi, esprimersi, difendersi. Questo approccio una fuga e fare fotografia non di nessun aiuto, se non come un'altra sigaretta per chi fuma solo per vizio. Fare fotografia dovrebbe essere solo un mezzo, ma vorrei capire perch l'uomo (io compreso) spesso trasforma la fotografia in fine. Quando vedo turisti esporre metri di pellicola non posso evitare di pensare ai bambini che vogliono a tutti i costi pigiare quel bottone. 10.3.2 Creare Credo che una delle ragioni per fare fotografia sia quella di creare qualcosa: un'esperienza visiva. L'immagine in quel modo, con quella luce, stampata su quel supporto, di quel formato, tutte queste componenti assieme il fine. Non importante il soggetto in s, in quanto entit reale. Il soggetto stato solo un ausilio per sviluppare un'idea visiva: come per la pittura astratta (infatti alcuni artisti hanno mischiato le due arti). Il fotografo ha fatto la foto consapevole del processo fotografico. E' questa, secondo me, la foto "artistica". 10.3.3 Il soggetto Il modo pi classico di fare fotografia invece quello di "prendere appunti visivi" di un dato soggetto. E' allora il soggetto, il fine, e fare una buona fotografia diventa dunque cercare di "prendere appunti" nel modo migliore, dove migliore soggettivo e relativo al rapporto fra fotografo e ci che vuole registrare. Questo significa assumere un punto di vista e quindi anche uninterpretazione del soggetto. Questo tipo di fotografia cos un mezzo di comunicazione, dove pericoloso escludere il punto di vista del fotografo. Il destinatario pu essere una persona che non era presente, oppure il noi stessi che nascer in futuro. E' importante anche notare che la fotografia registra di pi di quanto voluto: ci sono particolari che non avevamo notato quando abbiamo scattato la foto e che (forse) successivamente vengono scoperti, eppure, al fotografo novizio,d l'illusione di poter registrare ogni cosa del soggetto o della situazione, mentre invece la fotografia registra solo la luce di quella particolare regione dello spazio, senza rispetto dell'importanza

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effettiva di ci che viene fotografato: cos ci sono stupende fotografie di oggetti assolutamente inutili e pessime fotografie di persone ed avvenimenti eccezionali. La fotografia "a soggetto" si pu dividere in tre categorie, che non dipendono dal tipo di soggetto fotografato, ma da come il fotografo in relazione con esso. 10.3.3.1 Il soggetto indipendente dal fotografo

Foto scientifiche, foto di panorami, foto di persone inconsapevoli, immagini di telecamere nascoste. In alcuni casi si potrebbe quasi parlare di furto, se effettivamente ci fosse un'immagine che abbiamo il diritto di difendere. Comunque certo che la fotografia ruber solo quello che la situazione permetter al fotografo di fotografare senza farsi scoprire: dovr scendere a compromessi, un po' come con gli animali selvatici. Bisogna essere veloci, furbi, avere intuito. Se si ha fortuna, il risultato "vero" e addirittura "compromettente": ad esempio un'espressione genuina di una persona in una certa situazione, che nemmeno il soggetto stesso conosce di s e che fermata per sempre (la foto pu diventare un testimone o un'arma psicologica). Kieslowski diceva: "Ho paura di quelle lacrime vere. Infatti, non so se ho il diritto di fotografarle. Per non sono molte le situazioni in cui il fotografo pu veramente dichiararsi indipendente dal soggetto o dalla situazione che sta fotografando. Il decidere di fermarsi a fotografare significa partecipare all'azione con la scelta di non partecipare all'azione. L'esempio, pi volte ripreso anche al cinema quello del giornalista che fotografa un uomo che uccide un'altro uomo. Quanto pi forte la necessit di registrare un dato evento, da quella di tentare di evitare che questo avvenga? Quale sarebbe il comportamento del fotografo se non avesse la macchina? Inoltre la fotografia pu cambiare il futuro del soggetto. Spesso quando l'opinione pubblica scopre qualcosa, il soggetto conosce un destino diverso da quello che avrebbe avuto se non fosse stato fotografato. Quello che sicuro che la fotografia cambier il destino del fotografo stesso, che ha fatto l'esperienza dell'avvenimento fotografato attraverso l'occhio della macchina fotografica e che si dovr mettere in relazione alla fotografia finita. Il fotografo dovrebbe domandarsi quanto disposto a sacrificare della propria esperienza (e della propria vita) per registrare. 10.3.3.2 Il fotografo influenza il soggetto

Foto di gruppo, di famiglia, possiamo avere un po' pi di tempo, ma la foto riporter solo ci che la persona disposta a concederci, o meglio, ci che pensa di star concedendo, infatti spesso facciamo fatica a riconoscerci ed accettarci, sebbene consapevoli di essere stati fotografati. Questa la dimostrazione che quanto noi ci immaginiamo non corrisponde a quello che in realt viene visto da un altro punto di vista: ci sono tante variabili di cui non teniamo conto. Una grande abilit del fotografo sta nel riuscire a portare il soggetto verso l'espressione che desidera fermare, distogliendo l'attenzione dalla macchina fotografica. Il problema sta quando la presenza o l'esigenza del fotografo provoca l'avvenimento l'etica di chi vuole fare una fotografia dovrebbe spingerlo a porsi la domanda se la sua azione non parte determinante dell'avvenimento, come ad esempio spaventare con la macchina fotografica un animale a tal punto di ucciderlo, oppure certo reportage aggressivo e irrispettoso che crea la scoop dalla reazione che egli stesso a provocato. 10.3.3.3 Fotografo e soggetto si autoalimentano

Un esempio su tutti: la televisione. Un mostro che non tace mai, che si autogenera pur di non fermarsi un momento. Affamato dubiquit e di "espansione del consenso" si autoalimenta, cercando il soggetto anche dove non c' oppure ripetendosi o peggio ancora parlando di s stesso.

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Una versione pi sottile dello stesso meccanismo che induce un pazzoide a riprendere con una telecamera le sue azioni e commette le stesse per poterle riprendere. Un altro esempio curioso sono i frattali generati puntando una telecamera su una televisione che trasmette le immagini che la telecamera riprende. 10.4 Guardare la fotografia

Riflettere sul "guardare la fotografia" implica inevitabilmente una discussione delle capacit visive dell'uomo. Non infatti evidente che dei colori e dei contorni bidimensionali vengano interpretati come tridimensionali, oppure che in una foto di tre centimetri quadrati "riconosciamo" qualcuno. A volte guardare un'immagine quasi come fare esperienza diretta, come ad aver vissuto veramente quell'avvenimento. Per questo motivo la fotografia potente, in quanto pu riproporre un'esperienza in modo realistico, e senza pausa. Ci fidiamo di lei perch passa attraverso la vista, il nostro senso pi sviluppato, perch crediamo (ancora) sia difficile barare, inventare qualcosa che non veramente successo e perch la riteniamo oggettiva poich non completamente controllabile dal fotografo. Questa fonte di esperienza continua porta a vantaggi e svantaggi: possibili vantaggi quando sono per esempio fonte di memoria sociale, testimonianza storica; possibili svantaggi quando sono fonte di shock, come la pornografia o la brutalit agli occhi dei bambini, infatti la sua resistenza nel tempo e la sua immobilit ci impongono di affrontarla. Guardando una fotografia bisognerebbe essere coscienti che quella una sopravvissuta di uninfinita strage, non solo dinfiniti momenti fotografabili, ma anche molto pi pragmaticamente, di tutte le altre fotografie che il fotografo ha scartato: la foto non quello che volevamo vedere, ma solo ci che ci stato reso possibile vedere. Le fotografie hanno la forza di distorcere l'importanza degli avvenimenti: alcuni vengono addirittura dimenticati perch non fotografati o perch altri sono stati fotografati meglio, altri momenti, magari futili, vivono per sempre perch fotografati. La fotografia focalizza l'attenzione e la coscienza su un dato punto, tutto il resto dimenticato. Discutendo sui motivi per fare fotografia, nella prima parte, terminavo dicendo che si pu scattare "a soggetto" o "per arte". A questi due modi di scattare corrispondono due modi di guardare la fotografia: come fonte dinformazione o come espressione artistica. Non esiste una divisione netta fra le due categorie e soprattutto non nesiste unassoluta. 10.5 Guardare la fotografia "artistica"

La foto artistica una nuova entit: indipendente dal soggetto da cui ha rubato la luce e indipendente dal fotografo che l'ha codificata: in un certo senso atemporale. La valutazione della foto viene fatta in base alla tecnica usata, al formato, al soggetto in quanto insieme di informazioni "l in quel momento su quel supporto", in pratica tutto quello che stato deciso di includere nell'opera, compresa la didascalia o la cornice. A volte, per una valutazione corretta, si dovrebbero possedere certe conoscenze tecniche, per tenere conto delle possibilit che il fotografo ha avuto e delle scelte che ha fatto. Cos a volte la foto artistica, come per altre forme d'arte, diventa un altro linguaggio, quello del mezzo tecnico, parlato solo da alcuni addetti ai lavori. Un altro esempio particolare di "foto artistiche" sono quelle che registrano un'idea: le si riconoscono perch si pu spiegare a parole che cosa l'idea fotografata.

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10.6

Guardare la foto "a soggetto"

Pi spesso invece la fotografia fonte di informazione, in quanto riferisce di un preciso soggetto in un preciso momento. In questo caso ritengo sia giusto considerare la fotografia un atto comunicativo completo e per questo credo sia importante considerare chi l'ha scattata (e magari anche perch). Il fotografo che riguarda uno dei suoi scatti, dovrebbe valutare quanto e come ci che voleva comunicare, viene trasmesso. Chiaramente uno spettatore pu focalizzarsi su altri particolari, perch quello che uno vede dipende dalla sua predisposizione, dai suoi interessi e dalle sue necessit. Si pu quindi dire che la foto da considerarsi riuscita, quando lo spettatore ritiene che un dato messaggio (magari diverso da quello che sottintendeva il fotografo) stato comunicato in modo chiaro. A questo punto evidente come potrebbe essere forte l'influenza che una didascalia o un commento potrebbe avere nella valutazione e interpretazione di una foto, poich l'attenzione sarebbe focalizzata su un preciso particolare. Quasi immancabilmente succede poi che con il tempo cambia la lettura dell'informazione che noi facciamo di una stessa fotografia: predisposizione, stato d'animo e necessit sono cambiate e siamo interessati da qualcosa d'altro. 10.7 Avere fotografie

Si possono collezionare opere d'arte o immagazzinare informazioni. La fotografia come informazione sta subendo, come la scrittura e la musica (e i soldi), un processo di smaterializzazione diventano bit. Per la fotografia come opera d'arte si pu dire che essa vive principalmente nella sua materialit. Per, visto che pu essere copiata, subisce sempre pi la stessa sorte della scrittura e della musica registrata, dove lo spettatore (rispettivamente il lettore o l'ascoltatore) costruisce la sua opera d'arte usando l'opera originale come materiale grezzo: un processo di elaborazione che in passato era possibile solo nella testa dello spettatore. E' incredibile notare come a volte la gente si preoccupa di pi dell'avere fotografie, e non dell'uso che ne viene fatto: le foto vengono sviluppate e dopo una prima visione rimangono semplicemente nella stessa busta, per sempre. In un certo senso rientra nella legge dei link: sappiamo che sono l e se c' bisogno o interesse, le andiamo a riprendere. Per la legge del link pu essere pericolosa perch tende a delegare tutto all'esterno e a rinviare anche delle riflessioni importanti e necessarie. Poi a volte succede che le foto si perdono e con esse si perde anche la nostra possibilit di capire; rimane solo l'angoscia che l c'era qualcosa che non avevamo ancora "catalizzato". Ci si pu domandare a questo punto perch registrare, perch ricordare, e cosa, e a che prezzo, e come ma un altro capitolo. 10.8 Fotografia e societ

La fotografia fa parte della cultura dell'umanit. E' mezzo di comunicazione, di memorizzazione, di educazione, di intrattenimento, un mezzo molto diretto, che non necessita nella maggior parte dei casi di apprendere un linguaggio per capirlo. La nostra societ (o almeno quella occidentale) ne fa comunque un uso talmente elevato che ne completamente assuefatta, a volte succube. Sempre pi spesso non in grado di distinguere ci che reale, realistico o virtuale. Le immagini sono macinate passivamente e in quantit talmente grandi da perdere sempre pi il senso dell'importante non solo per la societ, quanto peggio per s stessi.
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Il risultato una societ che sta completamente cancellando il senso critico (criticare implica responsabilit, e per questo preferibile perdere il diritto di criticare) e si lascia trascinare solo dalle mode, dai trend, dai gusti di personaggi autorizzati ad esprimere la propria opinione. Questa societ, ispirata dal movente economico (per antonomasia oggettivo), stata capace di creare il gusto oggettivo: la bellezza oggettiva, la competenza oggettiva, l'arte oggettiva. 10.9 Galleria dimmagini per riflettere

Sono alcuni, pochi ma significativi, esempi di come la fotografia influisca sulla nostra vita!

Robert Capa Falling soldier

Cecile Beaton Marlen Dietrich

Alberto Korda Che Guevara


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Esecuzione di Nguy n Vn Lm

Kim Phc fugge dopo un attacco al napalm

Muhammad al-Durrah e suo figlio, prima che questo venga ucciso

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Scatto di soldati americani ad un loro prigioniero nella prigione di Abu Ghraib

Joe Rosenthal marines alzano la bandiera ad Iwo Jima

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