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GIOVANNI REAL

STORTA DELLA FTLOSOFT


GRECA E ROMANA
, CTNTSMO, EPTCURETSMO
ESTOTCTSMO
I ~ I TASCABILI
~ BOMPTANT
I
I
ISBN 88-452-1132-0
2004 RCS Libri S.p.A
Via Mecenate 91 - Milano
I edizioneTascabili Bompiani maggio 2004
II edizioneTascabili Bompiani novembre 2004
I. FINALISMO, PROVVIDENZA E FATO
1 Cicerone, De nato deor., TI, 14, 37 sg. parzialmente riportato in
S.v.P., TI, fr. 1153 (trad. di U. Pizzani).

1. nfinalismo e la Provvidenza (Prnoia)


Contro il meccanicismo degli Epicurei, gli Stoici difen-
dono a spada tratta una rigorosa concezione finalistica.
Gi Platone e Aristotele avevano formulato una conce-
zionenettamente teleologica del cosmo; ma gli Stoici proce-
dono oltre. Infatti, se tutte le cose senza eccezione sono
prodotte dall'immanente principio divino, che logos,
<<intelligenza e ragione, tutto rigorosamente e profon-
damente razionale, tutto come la ragione vuole che sia
e come non pu non volere che sia, tutto come deve esse-
re e come bene che sia, e l'insieme di tutte le cose per-
fetto.
Non c' ostacolo ontologico all'opera dell'artefice imma-
nente, dato che la stessa materia il veicolo di Dio, e cos
tutto ci che esiste ha un suo preciso significato ed fatto
nel migliore dei modi possibili.
Dunque, il tutto in s perfetto: le singole cose, pur
essendo in s considerate imperfette, hanno la loro perfe-
zione nel disegno del tutto.
Riferisce Cicerone:
Come la guaina fatta per lo scudo e la vagina per la
spada, cos pure ogni cosa, ad eccezione del cosmo nel suo
complesso, si genera in funzione di un' altra: le messi e i
frutti della terra a vantaggio degli animali; gli animali a
vantaggio degli uomini: il cavallo per il trasporto, il bue
per l'aratura, il cane per la caccia e per far la guardia.
L'uomo poi, da parte sua, nato per contemplare il mondo
e per imitarlo.!
E Seneca a favore del finalismo universale e della perfe-
zione del mondo adduce un argomento, che con Leibniz
396 397
FINAliSMO, PROVVIDENZA E FATO
, Cicerone, De nato deor., II, 22, 57 sg. S.V.F., I, frr. 171 e 172 von
AnUm. .
,Si tratta quindi una Provvidenza immanente e non tra-
che coincide con l'artefice immanente, con l'a-
'nitn
a
del mondo, con lo stesso mondo panteisticamente
! inteso.
'. Ecco, al riguardo, due belle testimonianze ciceroniane.
'La prima la conosciamo gi in parte, ma giova rilegger1a
, nella sua integrit.
Zenone, dunque, cos definisce la natura: essa - afferma
_ fuoco artefice che procede con metodo alla generazio-
ne. Sostiene infatti che compito specifico dell'arte gene-
rare e creare, e guello che nei prodotti delle arti di noi
uomini fatto dalla mano, questo la narura lo produce con
arte assai pi fine; ma la natura, come ho detto, il fuoco
artefice, maestro di ogni altra arte... Certo per questa
ragione tutta la natura dotata d'arte produttiva, perch
ha, per cos dire, una certa via e una linea di condotta da
seguire. E invero la natura di questo mondo che ogni cosa
racchiude e contiene nel suo ambito, non solo sa produrre
con arte, ma indubbiamente, come afferma Zenone, essa
stessa attista, guida, e provvida dispensatrice di beni e di
opportunit. E poi come ogni altra natura si genera dai
suoi propri semi, e cresce mantenendosi nei limiti che le
spettano, cos la natura del mondo ha dei movimenti
volontari e anche degli impulsi e appetiti, che i Greci chia-
mano puci, e a questi adegua le proprie azioni, non diver-
samente da noi uomini, che ci muoviamo su impulso del-
l'anima e dei sensi. Ecco dunque com' la mente del
mondo - ed per tali motivi che pu a giusta ragione chia-
marsi saggezza o provvidenza o noovotu, come dicono i
Greci - la quale ha soprattutto questa cura, questa occupa-
zione: in primo luogo che il mondo abbia in s le condizio-
ni di una stabile esistenza; in secondo luogo, che non man-
chi di nulla, in terzo luogo e in misura particolare, che sia
dotato d'una superlativa bellezza e di ogni omamento.l
Ed ecco la seconda testimonianza:
Siete voi i primi a ripetere che la divinit pu fare qual-
siasi cosa, e farla senza sforzo. Come le membra del corpo
umano si muovono su comando della mente e della volon-
t senza alcuna opposizione, cos all'ordine degli di tutto
STORIA DELLA FILOSOFIA GRECA E ROMANA
famoso, ma che lo stoicismo, come '. ,
ha gra perfettamente formulato' subito SI vedr ,.
. ,)'".
Nessun essere animato uguale
. d' " a un altro O
c.orpl 1tutn: ciascuno ha un proprio col . sserva i
d
flgura e ,;ma grandezza. Fra le una proP?a
a ammirare I del divino per cui
anche questa: 10 tale molteplicit d" c e,
ripete n:ta1; anche quelli che sembrano Don si
confronto, .si riveleranno ' quando li
tanti tipi di foghe: ciascuna h al h . Ha creato
animali: nessunoahile
_un altro, e sempre qualche differenz H enslom
se che essen aventi un'individuali!' d' a. fa preteso da
mili e disuguali.s a rversa ossero dissi-
2. Concetto stoico di Provvidenza (zpvoin)
. In conseguenza dell' affermazione del finali .
sulla Provvidenza (npovom) emer il
delle filosofie il
roVVI enza e assente. . o

ytrova - a Socrate _ nei SI

e SI ltrova. congiunta alla concezione del Demi:'gO-


umeo p atoruco.s o
Tuttavia, solo con gli Stoici la Provvid
P
. . enza emerge in
rimo plano e occupa un posto importante n l .
La Provvidenza sro e sistema
non al
ha
nulla a che vedere c;n la
E
. un lO person e.
ssa ID ultim ali . , al
che che
cett b d' . ssa esprune qu con-
E 0- ase ben: o Cul ogni cosa - anche la pi piccola _ '
atta come e ene e come meglio che sia da parte
: sSenefca, Hpist., 113, 15 sg.; di M Natali
erro onte, Memorabili I 4 e IV 3 . .
4 Cfr. il voI. m, pp. 142-i66 e' ' '. I . .
riportatoa pp. 144 e 154' cfr ' ehm PilalirtlbcoXaredsI vedail testo del Timeo
, . an e ro elieLeggz.
I
i
l'I
I
I
I
I
398
STORIA DELLA FILOSOFIA GRECA E ROMANA
pU mutare prendendo forma e movimento E -, r
vostre affermazioni non sono superstizioni da 9';leste
ma verit fisiche sorrette da un saldo 'a
Infatti, la materia della realt nella quale tutt am.ento. '
dalla qu:e tutto viene completamente plasmoabUsSlste e '
sformabile, non c' cosa che non possa d'imere
S? in essa o venire da essa. Tuttavia OVVI-
videnza divina che completamente le d forma'e la
glia; e questa pertanto, dovunque si indirizzi pu lInaJibn-
re ogni suo volere.s ' re ZZa-
E come la Provvidenza immanente e fsica cos;:,'
d " eh ' l non c"
eli e pi alla specie che non all" e"
VI uo,.e quindi non si occupi dei singoli uomini
quanto singoli. Solo una concezione della Divinit e dell
lII
,
come personali avrebbe potuto permettere a
guadagno m questo senso.' un
6C
7 deodr
ell
, III
S
' 39, n = S.v.F., n, fr. 1107 von Arnim.
. ,aase. o torcismo, iI prevalere dell'interesse reli-
portera ad aperture ID tal senso, peraltro non teoreticamente fon-
, ate';TI o natura, cui corrisponde l'anima del mondo
pnncrpro e non pu pertanto che essere provviden .
OSSIa legge Impersonale, ragione impersonale che
buo non m altro modo che come a un momento o mem
ta, livellandolo rispetto a tutti gli altri momenti o membri
[(I. IL CONCETTO STorCO DI FATO
'. nFato la stessa Provvidenza in diversa ottica
" ,Questa Provvidenza immanente degli Stoici, vista sotto
IDtra prospettiva, doveva rivelarsi come Fato e come
" ,estino (E1J.lUPJ.lvT\), ossia come ineluttabile necessit.
Gli Stoici intesero questo Fato come la serie irreversibi-'
delle cause, come l'ordine naturale e necessario di tutte le
cose, come l'indissolubile intreccio che lega tutti gli esseri,
'cotile il logos secondo cui le cose avvenute sono avvenute,
che avvengono avvengono e quelle che avverranno
iavverranno.
'o E poich tutto dipende dall'immanente logos, tutto
'jiecessario, anche l'evento pi insignificante.
Siamo agli antipodi della visione epicurea, che con la
.cdeclinazione degli atomi aveva, invece, posto ogni cosa in
, bala al caso e al fortuito.
:,,) Leggiamo alcune testimonianze sulla dottrina stoica
,.della Heimarmne. Riferisce Stobeo:
Zenone' di Cizio chiama il destino forza motrice della
materia, identificandolo con la provvidenza e la natura. -
Per Crisippo la potenza del pneuma costituisce la sostanza
del fato, il quale ha funzione direttiva conformemente
all'ordine del tutto. Afferma ci nel secondo libro de Il
cosmo. Nel secondo libro de Le definizioni e nei libri Sul
fato e in altri libri, qua e l dice: <<II fato la ragione del
cosmo, opp-ure laragione deglieventi chenel cosmosono
condotti dalla provvidenza, o anche [il fato] la ragione
secondo la quale il passato stato, il presente e il futuro
sar. Soventeper scambia i termini fra loro e al posto di
ragione usa verit, o causa, o natura, o necessit, con l'ag-
giunta di altre qualificazioni che rendono sostanzialmente la
stessa cosamain un ordinediverso e da altre prospettive.
1
l Stobeo, Anthol., I, 78,18 sgg. = S.V.F., I, fr. 176 e n, fr. 913 von
Arnim =Diels, Doxograpbi Graeci, p. 322, 3 e p. 323, 3.
2. I concetti stoici di Provvidenza e di Fato vanno oltre le
tradizionali convinzioni dei Greci
Max Pohlenz ha avanzato l'ipotesi che Zenone, il quale.
era di origine semita, avesse tratto dal patrimonio spirituale
della sua razza e della sua patria i germi di alcune delle idee
che ora abbiamo esaminato.
In particolare l'idea della Provvidenza, piuttotto tenue
nella tradizione filosofica greca, potrebbe essere una eco
della biblica Provvidenza, immanentisticamente interpreta-
ta, mentre !'idea della Heimarmne potrebbe essere una eco
del fatalismo, profondamente sviluppato fra i popoli orien-
tali, in particolare fra gli Arabi.
2 Diogene Laerzio, VII, 149 =S.v.P., I, fr. 175vonArnim.
3 Cicerone, De div., l,55, 125 = S.v.P., II, fr. 921 vonArnim.
4 Cfr. S.v.P., II, frr. 1187sgg. vonArnim.
401
TI.. CONCETIO STOICO DI FATO
i V: raltro rilevato che i Memorabili di. Senofonte,
, al
e
era in cui la dottrina della messa m
,no ha un consistente sviluppo, furono certa-
scca al tti da Zenone ma nella Grecia classica non ebbero
ente e ,
': uppi. l m'enza che l'idea del Fato ha nel sistema
., Invece a prem . , . di
,'. va al di l delle convinzioni della greclta. e qum non
OI.CO solamente da cespiti del pensiero ellenico, Pertanto,
:E
r1
; ; iegare la concezione della Provvidenza-Fato, la
Csi di Pohlenz ben plausibile."
. I 215 Nella prefazione all'edzio-
.', 5 Cfr. Pohlenz, LaStoa, crt., .' pp. . sg. d c l'attenzione del
' .tali XIX Pohlenz richiama 111 mo o rermo gli
non fraintenda la sua tesi (come alcuni hdannodfaelUo): e e
"" aff f del . della Stoa un pro otto sangu
r stoiche che
)Lio di Renilii;ernitica. I passi dei
quella are propn. iferimento sono stati da noi ripor-
,
;:.Memorabili, Il 4 e IV!d
3,
CU.lfacciamo r nianze del pensieroteolo-
/-tati nel voI. II e consi eran come testimo
tgico socratico (cfr, pp. 185 sgg.).
STORIA DELLA FILOSOFIA GRECA E ROMANA
400
Diogene Laerzio precisa:
Crisippo, Posidonio e Zenone sostengono che tutto acca. '
de... secondo le prescrizioni del destino... che definito
come la causa delle cose che sono, oppure la ragione (6-
yo) secondo cui il cosmo si conduce.'
E Cicerone, riprendendo tali concetti, scrive:
Definiscofato quello che i Greci defInivano eill<XPlIV1]
cio la serie ordinata delle cause
1
perch quando una
si connette ad un' altra causa, una cosa si genera da s
Questa una verit perenne che si perpetua da tutta l' ,
nit. Se si d per scontato ci, non c' evento presente che
non si ripeter in futuro, reciprocamente, non c:. eVento
futuro, che non abbia nellanatura le sue causeefficIenti. Si
capisceallora che questo fato non quello dellamitologia
ma quello della filosofia: cio la causa eterna delle cose'
secondo la quale quelle passate sono avvenute, quellepre:
senti avvengono, e le future avverranno)
Su queste basi chiaro come gli Stoici dovessero difen-:
dere la mantica: se tutto determinato e predeterminato ::
con opportuna arte il futuro pu essere scrutato e in qual:
che modo previsto.'
Il
i
In questa vasta sintesi di Max Poblenz rttnue
l'uomo greco come individuo e come elemento
della comunit, nella sua attivit creativa di scienziato,
di filosofo e di artista, nei suoi rapporti
con la divinit e nella sua vita quotidiana.
i .
Strumenti e La N u o ~ a Italza
~
~
z
..
.'
"'
Pohlenz
LaStoa
1
Strumenti e La Nuova Italia
e primo
.atica tratta
~ a t a nel 1967
'0 filosofico ,
. di modifiche
e dall'Autore.
ile dell'opera:
ten Bewegu.ng
precht. 195?).
De Gregorio;
tiamino Proto,
e degli indici.
litrice, Firenze
Max Pohlenz
La Stoa
Storia di un movimento spirituale
Presentazione di Vittorio Enzo Alfieri
La Nuova Italia editrice
Max Pohlenz
La Stoa
Storia di un movimento spirituale Volume primo
2138
. astatica tratta
. La presente abn
bli
ala nel 1967
dall'ediZione pu c
nella collana
contenente unda. serle dall'Autore.
. . nte pre sposte
e di aggiunte apposltam
e
Titolo .originale dell'opera:
. . .' Bewegung
Die Stoa. Geschic3teheink' 1959).
(Gottingen, Van en oec Ottone De Gregorio;
Il testo dell'opera stit).. da Beniamin<?
le note e g ee- ,_ 1_ deeli In ct.
Presentazione di Vittorio Enzo Alfieri
La Nuova Italia editrice
(anche per il metodo allegorico) vedi Zenone fr. 164-170 (su Esiodo: 103-105,
167, 276: su Omero: 274-275); Cleante fr. 539-547; Crisippo, SVF. II"1061-
1100 (cfr. Scoli B D a Iliade XV 21; Reinhardt, De Graecorum theologia capita
duo, Berlin 1910, p. 77). Su Zeus (interpretato etimologicamente come ocr'nOt;
"t'ou- oppure, partendo da Lltoc, come colui aL' 8v"t': 7r&'J"t'ex) cfr. SVF.
IV; p. 62. li materiale scolastico relativo all'esegesi etimologica e allegorica
presso Cornuto (vedi il c. 17 sui miti preomerici e suEslodo, che gi inteso,
secondo lo spirito della tarda teologia e della _te'oria del genus poetiwln, cOJ.Ile
un falsificatore della teologia antica), e negli O[.J.'I)pLX: di
Eraclito. - Si avverte vivamente l'esigenza di una storia dell'esegesi alle-
gorica.
Anche sotto altri aspetti la religione del popolo, nei suoi
miti come nei nomi degli di, cela una sapienza antichissima,
purch la si sappia interpretare correttamente. intuitivo
che tutti i tratti antropomorfici, tutte le debolezze e passioni
umane attribnite agli di dalla fantasia dell'uomo comune o
dall'arbitrio dei poeti restano esclusi dalla loro natura. .Ma
da quando era cominciata la critica alla religione popolare,
era intervenuta 1'apologetiCa, rilevando che non era lecito
prendere alla lettera ogni parola dei poeti ed ogni mitovma
si doveva indagare il senso nascosto sotto la. superficie, la
hyponoia, e in particolare aveva dato un'interpretazione natu-
ralistica alle leggende contrastanti col sentimento etico. Un
tale metodo doveva convenire pi che" mai agli Stoici, con-
vinti che illogos si fosse manifestato nella sua massima purezza
nei tempi antichi.-Perci da una parte si studiarono di scoprire
il contenuto di verit dei nomi antichissimi - furono ben
contenti, per esempio,. di riprendere 1'etimologia gi nota .a
Platone (Cratilo 404) che faceva derivare "Hp" da &Yjp, vedi
sopra p. 156 -, dall'altra fecero dell'allegoria un metodo fisso
di lavoro. Gi Zenone ritrov nella teogonia di Esiodo la
propria immagine del mondo. Cleante si richiam soprat-
tutto a Omero, 'ma anche ad altri poeti, e si dedic particolar-
mente all'interpretazione dei nomi, mentre Crisippo mise a
profitto l'abbondaote materiale etnografico e religioso che
allora si andava raccogliendo per ricavare Wl senso anche
dai miti e dai riti piti strani ed urtanti e per trovare in essi
delle prove a sostegno della dottrina. stoica. Con la Stoa
l'allegorismo acquist il"carattere di un metodo scientifico
12Vedi Zenone fr. 264; sulla Politeia vedi sotto, pp. 276-279.
1 Vedi SVF. I 172. 548, 549, II 1106-1186. Anche in Cicerone, Nat. deor.
II 73-153 molti elementi derivano, naturalmente, dalla Stoa antica. Le reliquie
del Ile?! 7rpovo(CXt; e del Ilept etl-LIXPl-Lv'ljt; presso Gercke, Chrysippea,
f. klass. Phil. SuppI. XIV, pp. 691-780. Reliquie di Il. 1tPOVOto:t; II m un
Pap. -Hercuanenss, cfr. SVF. I, p, VI e Phlppson, c Symb. OsI. XXII, p. 12
(presenta altro materiale per la dottrina della pronaia).
2 '0_:_0 u_ r: lI.T_ T A'1
193
LA PROVVIDENZA l
Anche Epicuro nella sua teologia si rlchiatn al consens"s
omnium, che postula l'esistenza di esseri perfetti "
ed eterni.' Ma mentre per lni una delle caratteristiche fonda-
mentali dell'idea della divinit nniversalmente diffusa era che
la vita beata degli di esclude ogni pena e ogni fatica, ed egli
conseguentemente negava ogni cura degli di per il mondo
e gli uomini, gli Stoici al contrario considerarono un
acquisito il fatto che; come attesta la
uomini, attributi inerenti alla natura della divinit SIano l at-
tivit e la bont, e, pertanto, l'amore per gli uomini e la sol-
lecitudine. Anche qni gli Stoici erano vicini a Platone, che,
nell'ultima fase del suo pensiero, giudic la fede nella salle-
citudine degli di per gli uomini tanto importante quanto
la convinzione che essi esistano (cfr. ilI. X delle Leggi). Per
nella Stoa questo pensiero si svilupp in una direzione tutta
e come tale fu poi volentieri impiegato soprattutto dagli
Ebrei e dai Cristiani.
Gi per Eschilo tutti gli di impallidiscono di fronte allo
splendore di Zeus.Cosl anche gli Stoici poterono senz:altro
usareil nome di Zeus per la loro divinit nniversale, che ID tal
modo venne avvicinata al sentimento religioso individuale.
Quando Zenone, scrivendo la sua Politeia ancora sotto
l'influenza determinante del cinismo, disegn la societ umana
ideale, dichiar inutile il culto esterno degli di, in quanto non
sarebbe mai arrivato all'altezza della maest divina.
12
Pi6.
tardi, sul piano pratico, trov affatto naturale riallacciarsi alla
tradizione, e la scuola stoica calc le sue orme. .
La divinit
1
lA fisica
192
-a fisica La provvidenza 195
emia i
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19: e-
II 1118.
Filone,
t 1009;
bellezza
A questo punto per si presentava agli Stoici un problema:
qual lo scopo ultimo che la natura persegue con il suo creare?
Se noi vediamo una casa ben arredata, non ci domandiamo
soltanto chi l'ha costruita ma anche per chi stata costruita.
La risposta per loro non dubbia: tutte le forme di vita
inferiori esistono in funzione di quelle superiori. La terra
nutre le piante, queste nutrono gli animali, e gli animali ser-
vono all'uomo come strumenti e come cibo. Infatti, sebbene
fisicamentel'uomo sia inferiore per molti rispetti agli animali,
col suo logos egli si rende padrone di loro e di tutto il mondo.
Egli l'usufruttuario di tutte le cose ed pure il solo essere
atto e chiamato ad apprezzare la grandezza e bellezza del
mondo e a trarne motivo d'edificazione. Grazie al logos egli
imparentato con la divinit. Dio e uomo sono gli esseri
razionali, la pi alta forma dell' essere, la quale svela lo scopo
e il senso del mondo. Il cosmo secondo Crisippo un sistema
costituito dagli di, dagli uomini e dalla cose create per
loro .4
Il problema se la struttura del mondo sia finalistica o
meno emerse per la prima volta nel secolo quinto e gi Erodoto
conosce una teoria facente capo alla filosofia naturalistica che
adoperava il termine pronoia. Anassagora non us ancora la
sua dottrina .del nous per arrivare ad una spiegazione teleo-
logica del mondo; ma Diogene di Apollonia, che sub l'in-
fluenza di Anassagora, cerc di dimostrare che l'elemento
primordiale, l'aria, non il supporto solo dell'anima, ma
anche dell'intelligenza: a lei si dovrebbe se il vento e la tem-
pesta, l'estate e l'inverno si avvicendano con perfetta regola-
rit e se tutto disposto nel modo pin bello possibile.
Nei capitoli dei Memorabili dedicati alla teleologia (I 4, IV 3)
Senofonte diede a tali idee un'impronta teistica e addusse a
come fine discutibile: cfr. Filone, Provid. II 97 e 112. '0 x6alJ.ot;; OCve:L7t"W
&;1ttXW" mx,,'t"oc "oX o,,'t"oc: Crisippo, SVf. I, p. VI.
4 Vedi SVf. II 1152-1167. Secondo Crisippo (II 1153) ipse homo ottus est
ad //IUndl/m contemplandum et imitatldum; cfr. Cicerone, Nat. deor. II 153, TIISC.
169 ecc. Definizionedel cosmo secondoCrisippo (SVf. Il 527, 528, cfr. sopra,
p. 158n. l): Tx &E:(;)" xcI:! &;v&PW1tW" cro::f'O'llJ.1X XIXL x 't"w" ~ I X -ecrcov
ye:yo"6't"t,,.
3 Vedi SVf. II 1021: et" e!Vc(L &:&&VlX't'OV \/OE:fI6v.
-reLo\l (si legga cosi, -rxercv om. F) bJ e8O:Lp.oV(q:. XiXY.OU nlXv't"c; dve-
1d8ex't'ov, 1t'po\Jo't)'t"tXV ')(60'1-'-0u 't'E: xo:t "&'V !Y x60'flC!l' cfr. 1115: eepye-
't'LXO xcd lpLCt.V&pW1tOUC; e 1126: eptNiv&pC:1t'OV xo:tx7)8el-lO'\ltx6v (entrambe
queste asserzioni in esplicita polemica contro Epicuro, cfr. 1195); 1019: eu-
nm"!J't'Lxv &.v&pG:l1t'wv; 1115 S5. - 4l Come il color bianco alla nevel): II 1118,
1184. Per-il restovedi specialmente SVf. II 1141-1151 (in particolare da Filone,
Provid. II, di cuiva confrontatoanche il resto). La bellezzadel cielo: 111009;
il pavone: II 1163, cfr. 1164-1167. Per gli autori tardi il concetto della bellezza
particolare. Per la Stoa, che pure assume che Dio premia i
buoni e punisce i cattivi, la sollecitudine divina non riguarda
in primo luogo l'uomo singolo: essa la provvidenza che
nel mondo tutto ha disposto per il meglio e tutto continua
a mantenere in tale stato:
Dio un essere vivente immortale, perfetto nella sua
beatitudine, inaccessibile al male, provvidente al mondo e a
ci che in esso l>: cosi, secondo la Stoa, il genere umano
si rappresenta la divinit, e anche per la Stoa la provvidenza,
la pronoia, inerisce all'essenza divina come il color bianco
alla neve. Dovnnque noi scorgiamo lasua azione, e gli Stoici
non si stancano di scoprirne le tracce in ogni luogo. La natura
provvidente non fa nulla senza uno scopo. Ordinata ad un
fine lastruttura del mondo nel suo insieme come nelle sue
parti: non gli manca nulla di quanto necessario per la sua
perfezione; ogni cosa concatenata alle altre e ha una sua
destinazione. Il mare evaporando nutre gli astri, l'aria d
agli animali e alle piante la possibilit di respirare, la terra
offre loro il luogo dove abitare e il nutrimento. Il sole e la
luna avvicendano le stagioni, diffondono la luce, promuo-
vono la vita. Ogni singolo essere cosi organato che risultano
garantiti il suo nutrimento e la sua capacit di riprodursi e
viene assicurata la perpetuazione della specie. Allarispondenza
al fine si unisce la bellezza. Bello il cielo con la sua perfetta
forma sferica, col luminoso turchino del firmamento e il
multiforme, radioso complesso degli astri; ma belle sono del
pari le singole creature. Puro ornamento il gioco _iridescente
dei colori sul collo della colomba, la barba dell'uomo, e
il pavone stato creato dalla natura solo a motivo della
sua coda .3
194 La fisica
riprova del finalismo del mondo tutto intero, e in particolare
struttura dell'anima e dell'uomo, fatti analoghi a quelli
citati pOI dalla Stoa. Non manca nemmeno il richiamo al
consensus omnium, e gi gli antichi constatarono che Zenone
nella sua dimostrazione dell' esistenza di Dio si ricolleg a
questi capitoli.'
Al tema principale, Senofonte aggiunge senza una stretta
connessione - e certo senza dipendere dalla stessa fonte - la
tesi che le piante e gli animali sono stati creati in funzione del-
l'uomo. Questa idea si ritrova poi solo nella Politica di Ari-
stotele, non per come una credenza presente nella. coscienza
popolare, ma come una conseguenza logica che il filosofo
ritiene di dover dedurre dalla posizione empirica dell'uomo
(; Sulla te1eologia pre-storica cfr. Theller Naturbetr., che per primo ha rile-
vato l'importanza. di Diogene di Apollonia in relazione a questo problema
(vedi in particolare Vorsokr. 54 B 3: c Le misure fuse dell'inverno e dell'estate
ecc. non sono pensabili !Xve:u vO'J)O'tOC;, ma anche tutte le altre cose. SODO 8LIX-
file; &;\lUO"!V XcXLO''t'IX t) e ha indicato come molto probabile la di-
pendenza di Senofonte in Mem. 14 e IV 3 da questo ndcleo di idee (non dimo-
strato l'influsso di Antistene). Rimane peraltro oscuro da dove Senofoneeabbia
preso proprio il pensiero che tutto stato creato per l'uomo, poich il para-
grafo IV 3, lO separato dal contesto (cfr. Theiler, pp.. 43 e 46). Dedotto da
Senofonte, riappare nella Stoa non solo lo schema cnatura-animali-uomo t
(Cicerone, Nat. deor, II 115-153), ma anche una quantit di particolari. Cito
solo, a proposito degli animali, -l'iStinto di conservazione e di riproduzione
(Senofonte, Mem. I 4, 7: prodromi della dottrina stoica della oikeiosis), ed
anche argomentazioni affatto specifiche, come la protezione degli occhi per
mezzo delle palpebre e delle ciglia o la disposizione dei canali escretori lontano
dalla sfera dei sensi (Senofonte, Mem. I 4, 6; cfr. Cicerone, Nat. deor. II 143, 141;
Ofj. I 126; Heinemann Poseidonios; II, p. 212). Quanto all'uomo vengono
posti in rilievo la stazione eretta, le mani, gli organi della fonazione, l'anima
con i suoi sensi, la memoria e l'intelligenza, la quale rende possibile una vita
condotta in vista di un fine in seno alla societ, e infine la nozione del divino
(questi elementi sono distribuiti da Senofonte in Mem. I 4, 11-13 e IV 3, 11-12;
tutti si ritrovano anche in Cicerone, Nat. deor, II Che Zenone elabori
la sua prova dell'esistenza di Dio nel fr. 113 ricollegandosi a Senofonre, Mem.
14, 8 rilevato da Sesto IX 101. Cfr. Pohlenz Panaitios, col. 432. - Theiler
(Naturbetr., p. 57) cerca di dimostrare dei rapporti tra la Stoa e Diogene di
- Erodoto (III 108) riconosce TOU .&dou Tlj\l 1tPO\lo[YjV nel fatto
che 010 h.a reso 1to).uYO\lO: gli animali deboli; questo argomento ripreso
da Galeno m un passo d'intonazione stoica (SVF. II 1139). Cfr. Pohlcnz, Herodot,
Leipzia 1937. P. 51 n. 3.
6 Vedi Aristotele, PoI. I 8, p. 1256b 21.
7 Cfr. Pohlenz Stoa u, Semit., p. 262. Ancora il vescovo Nemesio, se-
guendo a quanto pare Origene (cfr. Skard, cSymb. OsI. XV, p. 32), dice
esplicitamente (p. 56): 'E{3pcdoo\l 8! 86y!J.IX T1ti\l "t"ou't'o 8LOC TV &v.&pC1t'O\l
yeyevija.&oct, 1tPOGEX.(;) (J.v St' ct't\l oIO\l \loo"t'oep6po: xcd [36o:c; 't'OC; 1tp
ye;(J)pytcev, X6p't"O\l 8: Stl TllU"t"IX, e dimostra poi ci con accenti tipicamente
stoici.
197 La provvidenza
nel. mondo e dal dato di fatto che la natura non crea nulla
senza uno SCOpO.
6
In realt questo antropocentrismo origi-
nariamente estraneo al pensiero greco. Per esso l'uomo SI,
come lo dipinge Sofocle nel suo celebre coro, il pin potente
di tutti gli esseri, ma il dominio sugli animali lo deve alla
sua propria intelligenza e nel cosmo ogni essere ha la sua
destinazione in se stesso e la realizza quando sviluppa compiu-
tamente la propria natura. Siamo quindi di fronte ad un
sentimento della vita affatto nuovo, quando la Stoa mette
al centro della sua cosmologia proprio questa idea, che l'uomo
costituisce l'unicoscopo della formazione del mondo e che
tutto stato creato per lni. E quanto estraneo questo senti-
mento era all'antica grecit, altrettanto familiare a noi
attraverso il Vecchio Testamento; qui l'inno entusiastico in-
nalzato a Dio, O Signore, quante e quanto grandi sono le
tue opere!, trova. il suo coronamento nella riconoscente
professione' di fede che Dio, nel momento stesso della crea-
zione,ha benedetto l'uomo e non gli ha concesso solo erbe
e alberi di ogni specie per il suo nutrimento , ma anche il
dominio sopra la terra, sopra i pesci del mare e sopra gli
uccelli dell'aria: Tu lo hai fatto signore dell'opera delle tue
mani; tu hai messo tutto ai suoi piedi. Certa.mente Zenone
_port con s dalla sua patria una siffattafede nella provvidenza.
Per opera di Zenone essa si diffuse poi nel mondo greco-ro-
mano, e il cristianesimo l'accolse con entusiasmo per svilup-
pare teoreticamente quello che era il suo proprio sentire."
Naturalmente non tutte le piante e tutti gli animali si
prestavano ad essere agevolmente inseriti in tale concezione
dell'universo. Ma l'acutezza di Crisippo trov sempre una
via d'uscita: le bestie feroci esistono affinch I' uomo possa
esercitare la sua. forza, i denti velenosi delle serpi fornscono
La fisica 196
medicamenti, i topi ci abituano a stare attenti, le cimici infine
provvedono a che non dormiamo troppo."
Se poi Epicurei e scettici obiettavano doversi piuttosto
dire che la natura aveva trattato l'uomo da matrigna,
poich egli' per forza fisica e acutezza. di. sensi inferiore a
molte bestie, viene al mondo nudo e inerme ed ha bisogno
di molto tenipo per svilupparsi, gli Stoici replicavano che
appunto. a causa di codesta debolezza del corpo il logos
spiuto a sviluppare le sue possibilit e ad escogitare gli espe-
dienti pia diversi, e mette COS1 al suo servizio, come dimostra
l'esperienza, le capacit di tutti gli animali."
Pi irto di difficolt era il problema del significato del
male, la cui presenza nel mondo non poteva essere contestata
nemmeuo dall' ottimismo pi radicale. Anche gli Stoici non
furono in grado di dare una risposta lineare. Essi erano assolu-
tarnente convinti, come Platone, che la volont divina pu
porsi come fine solo il bene; e, con Platone, facevano osser-
vare che 1'esistenza stessa della materia impone certi limiti
alle intenzioni divine e determina delle imperfezioni. Malattie
e grandinate" non si trovano originariamente (7tpo"IJyou(J.v<c:;)
nei piani della provvidenza, ma sono inevitabili come feno-
meni concomitanti (XiX-r' niXxoooih)aw). Analogamente la
finezza degli organi di senso comporta la loro grande vulne-
8 Vedi SVF. II 1173, 1152, 1163; Filone, Provid. rr 103-104 (contra 91-92).
Sul veleno dei serpenti come medicamento cfr. anche Orgene, Comm. Cen.
I 28 (Patr. Gr. :xn 26), Nemesio p. 62, 14 (cfr. Skard, c Symb. OsI. XVII,
p. 24) ed altri autori cristiani. Le obiezioni accademiche si trovano anche
presso Porfirio, Abst. ID 20. Ivi pure i motteggi di Carneade a proposito della
massima stoica secondo cui il porco esisterebbe al solo scopo di essere macel-
Iato per gli uomini; cfr. SVF. I 516, II 1154.
9 Vedi Lucrezio V 222-234 ecc. e la replica stoica presso Cicerone, Rep.
DI 1; Epitteto I 16 ecc. (su ci torneremo con piu ampi particolari); cfr. Norden,
c Neue Jalubiicher t Suppl. XIX, p. 431 ss.: Poblene,' c Gdtt. Gel. Anz. t
1936, p. 529. npensiero che la Xpdll (termine democriteol) fornisca alla fa-
colt inventiva dellogossolo uno stimolo esteriore (inmodo simile argomentano
spesso i Cristiani, 'come Gregorio di Nssa, Opif. homo 7; Pseudo-Clemente, Rec.
IX 6; Basilio, Hom. Hexahem. 6, 1) fu senza dubbio sviluppato da Posidonio;
cfr. Pohlene, c Hermes t LXXVI, p. 8 (Panezio cerca ancora di dimostrare la
superiorit degli organi sensorial dell'uomo, c critici t; cfr. Cicerone, Nat.
deor, II cap. 58). Come in parecchi altri casi, anche qui non possibile dire
in quale misura questo pensiero risalga alla Stoa antica.
10 Vedi SVF. II 1168-1186, a cui si aggiunge molto ricco materiale in
Filone, De providentia, in Seneca e nei Cristiani, che tanto nella telecloeia
rabilit. Dalla teoria dei contrasti etaditea dedussero la neces-
sit logica del male accanto al bene, dalla quale necessit
logica consegniva senz'altro per loro quella metafisica. Infatti,
come la luce senza le tenebre, cosi nemmeno iI bene pu
essere pensato ed esistere senza iI male. Altrimenti sarebbero
impossibili i giudizi di valore, e con ci c ~ d r e b b e anche la
virt pratica, la scienza del bene e del male, la verifica della
virt di fronte agli ostacoli. il male morale per gli Stoici,
nonostante quel loro determinismo di cui tratteremo fra breve,
un'emanazione deI libero arbitrio, iI quale stato concesso
all'uomo come suo speciale privilegio, come autentico con-
trassegno dell'essere razionale, come suo massimo bene; e in
nessun caso si deve impntare alla divinit l'abuso che molti
fauno di questo. douo. Il castigo che colpisce il colpevole
per lo meno neI suo intimo, e spessoraggiunge anche esterior-
mente perfino i figli dei suoi figli, ben meritato e serve per
il bene stesso del colpevole oppnte di monito per il bene
degli altri. Quanto ai mali fisici, oggetto particolare delle
lamentazioni degli uomini, come la povert e le malattie,
in realt non sono mali, poich non toccano l'intimo del-
l'uomo e la sua eudaimonia, ma piuttosto mettono alla prova
e temptano la forza morale dell'uomo.. Cade cosi anche la
critica mossa all'ingiustizia di quanto avviene neI mondo e
alla disparit fra la sorte esteriore e l'intimo valore dell'uomo.
Certamente qualche colpo del destino, come la morte di
Socrate, pu dolorosamente ferirci e l'argomento che Dio
non si cura dei particolari in questo caso non ci soddisfa;
ma, tanto nel mondo della natura quanto nella vita dell'uomo,
noi non possiamo sempre pretendere di leggere nelle inten-
zioni di Dio. Quando si tratta di catastrofi generali, come i
terremoti, dobbiamo pensare che la provvidenza le manda,
tenendo in considerazione la totalit deI mondo, come castigo
o purificazione, e non ci scandalizzeremo se vengono colpiti
anche degli innocenti. Dobbiamo sempte pensare al tutto,
alla sua grandezza, alla sua bellezza, al suo finalismo: allora
la critica meschina sar costretta al silenzio.w
199
La provvidenza La fisica 198
quanto nella teodicea seguono da vicino la Stoa (maggiori particolari pili
avanti). Cfr. Capelle, ZlIr antiken Theodieee. Arch. Gesch. Phlos. XX,
p. 173; Theodizee. I mali fisici spiegati, secondo uno stoico,
come u"lJ1:; 7t&&o e i mali morali come emanazione della tjJux'ij olJO'(a
in Filone, Provid. II 82 e in Massimo di Tiro XLI 4, come pure in Ierocle,
p. 49 A. - L'essenza di Dio bene ed opera solo il bene: Seneca, Epist. 95,
49 ecc.; Filone, Provid. Il 82 (contraria vero vel materiae vel malitiae naturac
lmmoderatae erroris suni foetus, quorum deus non est causa), e gi Cleante, Inno
a Zeus, v. 13. Invece per l'&v&:YXl) nella materia (di per s priva di qualit)
cfr. SVF. n 1136, 1168 (quest'ultimo tendenzioso). Malattie ecc. xece' rrcceo-
OV&Yjaw: SVF. I, p. VI; II 1170; Filone. Provid. II 79, 100, 102, 104 (anche
le eclissi, le grandinate ecc., cfr. Pseudo-Aristotele, De mundo 4-5; Capelle,
art. cit., p. 182, suppone, probabilmente a ragione, che Posdonio abbia fatto
largo uso di questa limitazione dell'interpretazione teleologica); Marco Aurelio
passm (maggiori particolari pill avanti). Necessit logica del male come
antitesi del bene (sulla giustificazione di tale pensiero cfr. Barth, Phifos.Abhandl.
M. Heinee gewidmet, Berlin 1906, p. 23 s.): SVF. II 1169 (di Crisippo che si
richiama a Platone, Phaed. 60c; cfr. Edelstein, e Amer. Joum. Phil.1lO 1951,
p. 431), 1181. Dio non responsabile dei mali morali: SVF. I, p. VI. Inoltre
per essi e per le apparenti ingiustizie vedi Cicerone, Nat. deor. III 66 ss., special-
mente 70 e 76: Filone, Provid. II 3-33, l 56, 57 ss. e (il vizio come emanazione
del libero arbitrio) 177 ss. Punizione dei colpevoli: SVF. II 1175, 1180 (obie-
. zioni contro la punizione dei discendenti in Filone, Provid. II 7). I mali fisici non
sono veri mali: Filone, Provid. I 56 ss., II 3 ss. ecc. La morte di Socrare: Plu-
tarco, Stoico rep, 35-37, specialmente 1051c; Filone, II 24. Le catastrofi: SVF.
II 1174, 1177; Filone, Provid. 147, II 102. Bisogna tener conto del tutto: SVF.
II 1171, 1174, 1181, 1184; Filone, Provid. II 99 ss.; molti passi di Marco Aurelio
(il motivo gi in Platone, Leg. 903c). - Un'esposizione sistematica delle obe-
zioni contro la provvidenza e della loro confutazione da parte della Stoa
presentata da Filone in De provid. II (in parte anche in I, dove per egli segue
un platonico stoicizzante). Cfr. Pohlenz; Nachr. Gctt. Ak.' 1942, p. 419 ss.
Filone tratta in II la reodcee, poi le obiezioni .chc possono essere avanzate
partendo dalla conformazione del mondo, in 45-51 la struttura della materia,
in 52-58 il rapporto del mondo corporeo con lo spazio e gli altri asomata, in
59-681a divisione degli elementi e la struttura dell'universo, in 69-82 gli
in 83-85 il globo terrestre come sede degli esseri viventi, in 86-112 i
e.i Deduzione della pronoia del tutto dalla pronoa umana in I 24 ss.
In quanto ebreo Filone d rilievo alla giustizia vendicatrice di Dio. _ All'in-
terpretazione teleologica della natura Panezio diede poi la forma definitiva
nel Hepl 1tpovola.t; e Posidonio la elabor scientificamente; tutto questo
materiale sopravvisse nella tradizione scolastica e arriv cosi non solo a Seneca
e ad altri, ma anche in particolare ai Cristiani. Di ci, come pure dell'influenza
della teodicea stoica, parleremo pill avanti.
1 [La presente nota si riferisce anche ai 2 capoversi successivi]. Vedi SVF.
II 912-1007; Seneca, Hev. 8, 3 ecc. Contro xhrllGtt; di Epicuro
(cfr. p. 201, 21 Us.) vedi SVF. II 337, 912, 9:1-5; Cicerone, Fat. '22 55., 46 S5.
L'argomento di Epicuro 1t'aV y:p 1t'a,v't't; !ytve't" &v (Epist. I 38) usato
contro di lui in Sesto, Math. IX 202, Pyrrh. hyp. ili 18. n mondo come 'ilvro-
tJ.vov in SVF. II 1013, 473. La suddivisione in O"Uva.1t''t'6!J.tvlX,
8teat'w't'a.: SVF. II 366-368 (il 367, come il 473, riferito espressamente a Cri-
sippo); cfr. Boeto fr. 7; Seneca, Nat. quaest. II 2, Epist. 102,6. - Per la O"U!J.-
1to:X.&eta. vedi SVF. II 1013, 473, 912 (q>uaet 't'6v8e 't'v x6a!J.ov
aU!J.1t\IOUV xa.t O"U!J.1ta.Sij a.'t'v a.u't'lj> lSv't'a., come parte speciale del )..6YOt;
d!J.a.p!J.v1J) e (non risalenti COn certezza alla Stoa antica) 475, 534, 546.
Per la cOlltagio vedi SVF. II 1211 e Cicerone, Fat. 7. In Gott. Gel. Anz.,
1926, p. 274 ss. mi sono opposto al tentativo del Reinhardt di togliere alla
Stoa antica la dottrina della sympatheia e degli hellomena; cfr. Philippson,
c Symb. OsI. XXI, p. 22. Un'eco d-questa dottrina in Plotino VI 9, 1 (cfr;
Theiler Neuplaton., p. 97). - L'espressione ..qv 8a.XTOU
in SVF. II 936. - Sulla heimarmene e il libero arbitrio. vedi ora anche Pohlenz
LA HEIMARMENE
Come forza che plasma e conserva in modo conforme a
ragione, la pronoia identica allogos e alla physis: la divinit
considerata sotto un aspetto particolare. Da un altro punto
di vista essa ci si rivela COme heimarmenel-
Quanto erano estranei agli Stoici gli interessi scientifici,
altrettanto era forte in loro il senso dell' assoluta validit del
nesso causale. Una delle principali obiezioni che mossero alla
cosmologia di Epicuro fu che egli, con la deviazione degli
atomi dalla linea retta, introduceva un movimento incausato,
inconcepibile al pari della creazione dal nulla. Ogni qualifica-
zione dell'essere c ogni movimento ha una causa determinata,
anche se non sempre noi possiamo riconoscerla. Poich per
l'evento causante vale la stessa legge, ne segue resistenza di
una catena di- cause che eterna e ininterrotta come l'azione
dellogos sulla materia ed ha in tale azione la sua causa prima.
Le serie causali non possono essere indipendenti l' una
dall' altra. li mondo, infatti, una unit: non un complesso
di esseri distinti e autonomi che operano insieme, come un
esercito o un coro, e nemmeno Wl tutto risultante dall'unione,
operata dall' esterno, di parti diverse, come una nave o una
casa, ma un' entit unitaria e continua, tenuta insieme da
201
La_c heimarmene v
La fisica 200
2 Definizioni della heimarmene in SVF. II 912-921; cfr. 1000:
't'&v orov '; ch8(ou ,'t'&v 't'prov 't'orr;; rcaxoou-
.&ouv't'rov XIX! '1-'-E:'t'arcooul-'-vrov rclXpa(j(XTOU oiSlTI]r;; -rijr;; 't'ow;u'O)r;; rct-
916: x!n'jO'tr;; (8LOr;; xal. 't'E:'t'IXYI-'-v1j, 913:
e 6yoc: 't'&v v't'ii> x60'1J.Cj) TtpOVO 6yor;;, XIX.&'
una forza pure unitaria, il pneuma: un organismo vivo in
cui, proprio come negli organismi vegetali o animali, tutte
le parti si trovano per e simpatia tra loro in un rapporto
d'interazione e ogni cambiamento di una parte agisce sul tutto
e-quindi su tutte le altre parti. Ogni singolo movimento ha
nella forza prima creatrice e motrice la sua origine ed deter-
minato da essa. Questa forza agisce secondo leggi fisse e poich
non esiste nulla che possa ostacolarla, tutto viene causato da
essa con la medesima necessit: l'eterno corso degli astri e
il tendersi del mio dito mignolo.
Tutto dunque nel mondo avviene 'secondo un ininterrotto
nesso causale, secondo una legge fatale che neppure un dio
pu modificare in alcunch. Gli Stoici trovarono espressa
l'essenza di questa legge nell' antichissima parola heimarmene.
Con un' etimologia inammissibile la fecero derivare da e:lpp,6
e .la interpretarono come serie delle cause : .tP!L ocl't'toov,
series causarum. Crisippo defin la heimarmene come il movi-
mento eterno, continuo e ordinato oppure come 1'ordine
naturale di tutti gli eventi secondo il quale, dall'eternit, l'uno
consegue all'altro e si svolge in un immutabile intreccio ,
Tutto il concetto riassunto brevemente nella formula:
La heimarmene la serie inviolabile delle cause , Crisippo
defini la heimarmene anche forza pneumatica , e in questo
caso essa non diversa dalla physis. Ma per Crisippo la heimar-
mene pure la legge razionale in base alla quale le cose
avvenute' sono avvenute, quelle che avvengono avvengono
e quelle che avverranno avverranno , la legge razionale in
base alla quale nel mondo tutto viene disposto dalla pronoia .
Pertanto la heimarmene pu-essere equiparata alla provvidenza
e anche al nous di Zeus, anzi a Zeus stesso. Omero, ponendo
all' inizio dell' Iliade la massima cosi di Gioye l'alto consiglio
s'adempia, secon?o gli Stoici intendeva riferirsi alla heimarmene
918 ecc.: dpl-'-r;; Ttap&:(ja't'or;; in 945, 948;
rudentis explicatio in 944). Heimarmene = Zeus ccc.: SVF. I 102, II 928, 937
(anche sull'espressione 8' heete't'o (jou1j), 945. - Cleante fece distin-
zione tra heimarmene e prenota, perch ripugnava alla sua sensibilit religiosa
che anche i mali fisici e morali dovessero accadere per volere di Dio (SVF.
n 933, cfr. l'Inno, v. 17). Analoghe considerazioni in Filone, Provid. II 82.
a La prova dedotta dalla mantica in SVF. II 939-944; quella dagli enunciati
riguardanti il futuro in SVF. II 952-955.
01 TuX't) = o;h(a li87jor;; &v&proTt(v,:> oytO'I-'-<ji: vedi SVF. II 965-973.
l; Vedi SVF. II 202: ilav 't" -rcii x&v !J.:1l1l
8uva't'6v, cfr. 959-964 (bene il von Arnim in P1Jilos., p. 236).
Contro il kyriellOtl, il sillogismo mediante il quale Diodoro Crono negava il
concetto di possibilit (cfr. Gompcre, Griechisc1re Dmker, II p. 163, rrad. it.
II p. 652), polemizzarono Clcanrc, Antipatro e Archedemo in opere monogra-
fiche e Crisippo nel suo TIe:pt 8uva't'&v (cfr. Epitteio II 19,9). Clcautc contest
203
Gli Stoici trovano una prova della necessit di tutti gli
accadimenti nella mantica. Che Dio conosca il futuro e lo
possa predire per loro un fatto universalmente riconosciuto
e confermato dall'esperienza. Ora questo fatto presuppone
che anche gli eventi futuri siano fissati in modo necessario.
Alia medesima conclusione arrivano partendo dal principio
che ogni giudizio dev' essere o vero o falso: ci deve valere
anche per gli enunciati che riguardano -il futuro e si verifica
solo se il futuro predeterminato in modo necessario,"
n caso non esiste. Solo la ristrettezza dell' umano sapere
ricorre a questo nome quando non sa. individuare la causa."
Crisippo, peraltro, cerc di salvare il concetto di possibi-
lit: possibile tutto ci che di per s pu avvenire, anche
se in effetti non avverr . Sebbene, dato il nesso di causalit,
tutto ci che accade accada necessariamente, c' differenza
tra la necessit dell' universale legge di natura secondo cui
tutti gli uomini devono morire e la necessit, posta da una
determinata serie causale, che questo singolo. uomo muoia
per una ferita. Possiamo pertanto definire possibili gli eventi
futuri che non risultino esclusi da un'universale legge di natura
a noi nota. Certo in tal modo non si salva se non il concetto
logico di possibilit, la quale sussiste solo dal punto di vista
soggettivo del giudizio umano. Nell' ordine dei fatti fissatodal-
l'inviolabile serie causale che solo quel tale caso divenga realt.
La heimarmene La fisica 202
la minore, che dall'impossibile non possa dedursi il possibile (SVF. I 489). _
Procurarono delle difficolt anche le predizioni legate a una condizione, che
pertanto Crisippo voleva ricondurre alla terza figura del sillogismo apodittico;
cfr. Cicerone, Fat. 12-15. - Su tutta la teoria dell'heimarmene vedi ora Theiler
Tacitus, p. 35 ss. - Cfr. pure Maees gic, p. 40 e, sulla teoria del silIogismo
di Diodoro e di Filone, p. 42 ss.
6 Per l'&:pyC; MyoC; vedi SVF. II 956-958, 998. I confataIia di Cicerone
sono i O'uj'XlX&etlllXPidvlX (SVF. II 998) o i O'U\lE:tILCXP!dvlX, cfr. Pseudo-Plu-
Agli avversari era facile obiettare che questo rigido deter-
miuismo postulavauna legge razionaleche condannasse l'uomo
all'inazione, dato che 1'esito era in ogni caso fisso, cosicch
ogni agire per un fine diveniva inutile (&pyl> Myo). Cri-
sippo replic che l'esito legato a certe condizioni che sono
fusate insieme con la helmarmene. Se viene predetto che un
pugile avr la vittoria rimanendo illeso, pure presupposto
che egli incontri un avversario e che'per conto suo s'impegni
con tutte le sue forze. Cosi, anche se, gi predeterminato
dalla heimarmene che il malato guarir, non inutile e insen-
sato chiamare il medico, poich la guarigione dipende fatal-
mente proprio dalla cura.s
11 concetto della heimarmene era familiare ai Greci fino
dai primordio Omero adopera e(fL"p-ro, forma derivata da
un verbo caduto in disuso, quando un uomo prende coscienza
del fatto che a lui era stata assegnata una certa parte. all'in-
temo del divenire universale, una moira che s'inserisce nella
sua vita e la determina. contro la sua propria volont e i suoi
desideri. Questa mqira a poco a poco divenne il fato che
tutto regge, e" cOSI pure la heimarmene si trasform nel destino
che tutto comprende e contro il quale ogni ribellione vana.
Alla heimarmene nessuno pu sfuggire>: gi per Platone
una massima della pia banale saggezza. La filosofia greca
innalz poi questo sentimento circa una legge che regola il
divenire alla chiara consapevolezza di una teoria coerente-
mente meditata. E mentre Democrito parl della ananke,
dellanecessit con la qualela natura produce ogni cosa,Eraclito
probabilmente design gi come helmarmene l' ordine fisso e
predeterminato in cui si svolge la vita universa. In ogni caso
"Cfr. Pohlenz, Hell. Mensch, cap. II; Stoa u, Semit., p. 264. Di Platone
vedi Gorg. 512e (e Phaed. 115a: tplXb'J !iv &:\l'p 't'plXyuc6c;). - Nei frammenti
originali di Eraclito non ricorre il termine e:lllotPllvlj,- ma cfr. A 5 (Aristotele:
xaT& ma A l 7-8, A 8 (B 137).
8 Per Eteocle vedi Eschilo, 'Sept, 281, 264; per Clitennestra Agam. 1488,
1505 ss.; cfr. Pohlenz, Die griechischt Tragodie, Leipzig 1930, p. 144; Latte.
e Arch. f. Religionsw. t XX, p. 274.
205 La heimarmene
ad Aristotele tornava affitto naturale applicare questo ter-
miue alla filosofia di Eraclito," Anche Platone, da vecchio,
usa questo vocabolo, che prima sulla sua bocca aveva un
leggero tono d'ironia, come termiue specifico per la legge
immanente che vuoi regolato il corso degli eventi da un giusto
criterio distributivo (cfr. Leggi 904cd).
11 terreno per la teoria stoica della heimarmene era dunque
gi preparato. Ma, come era accaduto per la pronoia, anche
a questo vocabolo gli Stoici diedero un contenuto nuovo.
Per il modo di sentire greco la heimarmene aveva dei limiti.
Quanto chiara era la sensazione che una forza dall'esterno
restringe la nostra volont, altrettanto era viva la coscienza
della libert iuteriore, della possibilit di prender posizione
di fronte al mondo esterno secondo il proprio criterio.
L'Eteocle eschileo accetta il priucipio che non si pu sfuggire
al destino, ma non smarrisce giammai la coscienza di affron-
tare la morte rimanendo il libero arbitro delle proprie deci-
sioni. Non si avvertiva, qui, l'esistenza di un problema. Nel-
l'Agamennone, dopo il crimine di Clitennestra, il coro domanda:
Quale di queste cose non stata disposta da Dio? Ma
quando poi l'assassina vuole scaricare la colpa sul demone
della casa, il coro le contesta aspramente: L'uomo solo ha
la responsabilit delle sue azioni . L'uomo libero di sce-
gliere il bene o il male.f I Greci erano fortemente impressio-
nati dalla presenza di disposizioni ereditarie dalle quali scatu-
riscono il nostro atteggiamento etico e le nostre decisioni,
e Aristotele pone perci il problema della responsabilit e
della imputabilit (Etica Nicomachea, l. ID), ma anche lui non
pensa a trarre dalla causalit del divenire delle conseguenze
estreme in rapporto al libero arbitrio dell'uomo. Platone
nelle Leggi (904cd) circoscrive esplicitamente l'ambito della
La fisica 204
heimatmene alla retribuzione delle nostre azioni, le quali trag-
gono origine dalla nostra volont. Il sentimento della libert
proprio dei Greci era troppo forte per includere anche la vita
spirituale nella causalit dei processi fisici. Ancora per Epicuro
la libera volont dell' uomo il dato dell'esperienza imme-
diatamente certo su cui egli edifica la sua etica."
9 Epicuro considera la libert del volere un dato dell'esperienza immedia-
tamente certo, tale da Don richiedere alcuna dimostrazione (cfr. per es. Lucrezio
n 257 55.). Per inquadrarla nel suo sistema egli si richiama alla teoria della
7t'ixptyxtO'Lt; degli atomi. ma si tratta tutt'al piu di una analogia, non di
un'organica connessione col sistema epicureo. Infatti la teoria della
XtO'tt; Don enuncia una legge generale relativa al movimento degli atomi;
essa si riferisce esclusivamente alla deviazione dalla caduta perpendicolare ed
un'ipotesi resa necessaria da un problema specifico e destinata a spiegare
l'incontro degli atomi, indispensabile per il sorgere 'delle cose concrete. E se
Epicuro sottolinea a tale proposito che si deve assumere una deviazione asso-
lutamente minima, tale da Don presentare difficolt per il punto di vista sensi-
sticc (cfr. Lucrezio il 244: nec plus quam minimum, nefingere motus obliquos
videamur et id res vera rifutet), evidente che egli, nel concepire tale ipotesi,
non pens per nulla ad intaccare in linea di principio la legge di natura e ad
attribuire agli atomi un moto proprio indipendente dalla caduta perpendicolare.
N egli lo fece mai, mentre ce lo dovremmo aspettare se avesse connesso fin
dal principio al moto atomico il principio della libert del volere umano.
La conclusione che Epicuro stabili questo nesso solo in un secondo momento.
La causa va indubbiamente cercata nell'aver egli voluto, di fronte alla dot-
trina stoica, garantire l'assoluta libert del volere nell'uomo rimanendo sul
terreno della propria filosofia. Ci dimostrato dall'appassionata polemica
contro la heimarmene, cintrodotta da certuni e, in Epist. III 133, come pure
dal passo (II 251 ss.) in cui Lucredo, dopo aver esposto la motivazione fisico-
sensistica dell'ipotesi della parenklisis; passa a trattare della libert del volere e
comincia polemizzando esplicitamente con la dottrina stoica della heimarmene:
Denique si semper motus conecritur omnis
et vetere exoritur semper novus ordine certo
nec declinando faciunt primordia motus
principium quoddam quod fati foedera rumpat,
ex infinito ne causam causa sequatur,
libera per terras onde haec animantibus exstat,
onde eseheec, inquam, fatis 'evolse potestas,
per quam progredimur quo ducit quemque voluritas?
evidente che qui viene introdotta nella dottrina della 7tlXpyxtO'Le; l'antitesi,
ad essa originariamente estrane, con l'dp!J.e; cd't'tClv stoico, cori la cpuatxlj
aUv't'cxte; 't'Cl\l OCol\l :t8!ou 't'Clv epcov 't'ore; 't'pote; braxoou.&OO\l't'ColV
e cio con la heimarmene stoica. - In questo passo Lucrezio vorrebbe ,usare la
Anche l'arte del vivere stoica si fonda sulla certezza che
l'uomo pu determinare da s la propria vita ed responsa-
bile delle sue azioni. La teoria zenoniana della synkatathesis
aveva il significato e lo scopo di assicurare all'uomo l'auto-
nomia delle proprie decisioni di fronte alle rappresentazioni
provenienti dall'esterno. Tuttavia gi Zenone elabor a fondo
la teoria della heimarmene e ne trasse non solo la conseguenza
che 1'uomo non pu cambiare nulla negli accadimenti esterni,
'ma anche che la sua vita intima, le sue decisioni e la sua syn-
katathesis sono determinate dalla heimarmene. Lo stato attuale
della tradizione non ci permette di dire con precisione fino a
che punto egli abbia avvertito le difficolt che nascevano di
qui. Certo che con lui, per la prima volta in Grecia, fu
sentito in tutta la sua gravit il problema -se l'uomo sia libero
nelle sue decisioni. Contro la teoria di Zenone gli avversari
obiettarono subito che egli annullava la responsabilit morale;
207
La heimarmene
libert de volere .come prova indiretta della necessit dell'ipotesi della paren-
klisis. ma a poco a poco l'argomentazione gli si trasforma nelle mani in modo
tale che la parenklisis diventa una prova del libero arbitrio (vv. 284-293), e
. in genere nei dibattiti sulla heimarmene il preminente interesse etico portava
facilmente a che si spostava in secondo piano l'originario intento scienti-
fico della teoria della parenklisis si assumeva come suo specifico fine la difesa
del libero arbitrio (cfr. Cicerone, Pat, 22, Nat. deor. I 69); ma tutto ci non
altera minimamente il fatto che si tratta di due dottrine scaturite da motivi
logici affatto diversi e che la spiegazione del libero arbitrio fu accoppiata con
l'ipotesi d'ordine fisico solo in un secondo tempo. -:- il frammento del Ibp!
cpuO'e:we; di Epicuro pubblicato da Gomperz (cWiener Sitzungsb. , phil.chist.
Kl. LXXXIII, pp. 87-98 e c Wiener Studien _ I, p. 27 ss.) ed ora nuovamente
edito e ben commentato da Diano (Epicuri Ethica, Plorentiae 1946, pp. 24 ss.
e 126 ss.) difficile e in molti punti oscuro; risulta per evidente come in esso
Epicuro si affatichi intorno al problema del determinismo. Egli ammette che
al momento della volizione agiscono, cooperando alla determinazione del-
l'atto, degli influssi esterni (possiamo pensare ai meandi simuaaa di Lucrezio
IV 8n; cfr. per ci Alfieri, Athenaeum 1948, p. 138) e le nostre disposizioni
psichiche; vuole per salvare ad ogni costo (fr. VII, col. 7-8) 't'7tlXp'
&:8a7to't'o\l (Epist. In 133) e perci ricorre, proprio come i posteriori avver-
sari della heimarmene stoica, ad una prova indiretta, che, altrimenti, le esorta-
zioni e l'educazione non avrebbero senso (ibidem). Purtroppo il frammento
non datato, ma plausibile che in ssoEpicuro cerchi di adattarsi all'imposta-
zione data al problema da Zenone. Non possibile fare di Epicuro il primo
filosofo che abbia impostato il problema della libert del volere. - Cfr. pure
,
"
La fisica 206
stinguere ia causa immediatamente agente dalla serie causale
di cui essa stessa i: parte. Appunto dal problema della libert
del voiere - sul concetto di volont negli stoici torneremo
ancora - Crisippo fu indotto a esaminare pi da vicino la
questione, Egli procedette oitre Zenone distinguendo diverse
specie di cause. La medicina del suo tempo insegnava che
una malattia. causatada una sollecitazione esterna, per esempio
dalla temperatura anormale, ma che la vera causa della ma-
lattia risiede nella disposizione interna del corpo, pio meno
sensibile alla sollecitazione, e nei processi patoiogici. Perci
Crisippo distinse in generale io. cause in cause che producono
1'effetto da s e in cause che agiscono solo secondariamente,
che aiutano , provocando l'effetto come sollecitazioni esterne.
Crisippo applic poi tale distinzione alla vita psichica: il
nostro atto di voiont i: sollecitato in primo iuogo dalla rap-
presentazione, che si presenta senza che noi interveniamo.
Questa rappresentazione i: l'anello di una serie causale stabi-
. lira dalla heimarmene ed agisce direttamente su di noi. Ma essa
i: soltanto io stimoio esterno, la causa e chq, d l'avvio allo
svolgimento (7tpOX<X't'lXPK't'LX:1j), non la causa che produce
l'effetto da s ("'l.,.o.,..),lj). Infatti, nello stesso ordine univer-
sale determinato dalla helmarmene, 1'essere vivente si distingue
dalle forme di vita inferiori in quanto ha istinti che io spin-
gono a cercare tutto ci che incrementa la sua vita e ad evitare
il suo contrario. L'istinto viene eccitato dall'esterno da parte
della rappresentazione, ma ha la sua vera causa nella natura
dell' essere vivente, ed i: in potere di questo dar retta alla rap-
presentazione o no ('t' cp' Nell'animale.la rappresen-
tazione si trascinadietro necessariamentela synkatathesis, a meno
che non si frapponga come freno qualche altra rappresentazione
empirica e, collegata con essa, la paura, ad esempio, di un
castigo o di un pericoio. Invece l'uomo, data ia sua natura
razionale, ha il dovere e ia facoit di esaminare accuratamente
la rappresentazione da tutti i lati e solo l'assenso conseguente-
mente dato permette alla rappresentazione d'influire sulla vita
istintiva. La causa determinante delle nostre azioni quindi
la synkatathesis, e questa i: un atto di quella libera autodeter-
'" " 1 '"
La jisic
poiemizzando con costoro, Crisippo formul con assoluta
chiarezza il probiema: conciliabile con un determinismo
portato iogicamente alle sue ultime conseguenzel'assunzione di
una libera autodeterminazione? Crisippo era pure csciente
che dalla risposta a tale domanda dipendeva tutta l'etica stoica,
e fece ogni sforzo per trovare una soluzione soddisfacente.P
Anche per Crisippo era a priori indubbio che l'uomo .
responsabile delle proprie azioni e perci deve in qualche modo
avere la possibilit di decidere liberamente. Se non si mette
ci, tutti i concetti morali,ia iode e il biasimo, la ricompensa
e il castigo, i' esortazione e l'educazione perderebbero ilioro
significato. Dalla stessa heimarmenescaturisce la iegge razionale
che esige certe azioni ene proibisce certe altre, presuppo-
riendo dunque palesemente la possibilit di una decisione
autonoma. D'altra parte era egualmente. ovvio per Crisippo
che il-nostro intimo e ogni nostraazionesono determinati dalla
heimarmene. Perfino unbatter di ciglio i: condizionato dalla
ininterrotta serie -causale.
La via 'd'uscita da questo fu .indicata a Crisippo
da un' approfondita indagine delle cause. Del concetto di
causa aveva gi trattato Zenone, ',ma; a quanto pare, succin-
tamente. Egli aveva definito la causa ci in conseguenza del.
quaie qualcosa avviene (8,' 5) e aveva spiegato che ia causa,
in_quanto forza agente, deve avere una natura corporea, ma
non produce un corpo -la sostanza esiste fin dall'eternit -,
ma qualche .cosa di incorporeo, e cio un processo, uno stato
o una maniera di essere in un _sostrato gi esistente.. Infine
aveva affermato che l'esistenza della causa comporta neces-
sariamente quella dell'effetto. Ci era indispensabile per di-
lO [Lapresente Dota si riferisce anche al capoverso.successivo]. Sulla hei-
marmene e I'autodeterminaaione vedi SVf. II 974-1007. Scopo della Stoa
di c salvareJ e di dimostrare con metodo filosofico il libero atto di volont,
che, con la dottrina della heimannene, aveva acquistatoil carattere di un pro-
blema; cfr. per es. SVF. II 974, 1001, 1007. Secondo gli avversari Crisppo
riduceva la libert dell'uomo a una (SVF. II 978). - Per lalibert
come .esperienee, la legge razionale' ecc. vedi SVF. II 988-990, 1002-1004.
Per mezzo della stessaheimannene viene inculcato nella naturadell'esserevivente
La eheimannene t 209
Se qualcuno - dice Crisippo spinge un cilindro su un
piano inclinato, senza dubbio d l'av:vio esterno al moto; ma
la vera causa che fa rotolare il cilindro si trova nella sua forma,
e pertanto nella sua propria essenza. COSI la heimarmene ci d
con la rappresentazione il primo stimolo esterno, ma essa
stessa ha posto nel nostro intimo la facolt dell'autodetermina-
zione, che pu sottrarsi alla sollecitazione esterna e resta quindi
la causa effettiva "dei nostri istinti e delle nostre decisioni .11
11 Per la dottrina stoica delle cause vedi .Pohlenz Grun4fragen. p. 104. _
Di Zenone vedi SVF. I 89i il passo sicuramente zenoniano in quanto gi il
medico Erofilo allude alla teoria secondo cui 1'aition corporeo produce un
effetto incorporeo (cfr. Galeno. Cens. procatara, 199). Che i difensori del
libero arbitrio cui Cicerone si "riferisce in Fat. 40 (e che chiama veteres) siano
stati chiamati in lizza da Zenone dimostrato dall'uso del termine
thesis. Von Amim pensa a ragione ad Arcesleo. Crisippo, secondo Plcrarco,
Stoico rep, 47 (di qui SVF: II 997, 994) fece distinzione tra i
at'na, che sono dati dalla serie causale dell'heimarmene e hanno il loro elemento
estremo e immediatamente attivo nelle I{)cx'J't'cxO'(cx, e l'cxu't'o't'E::C;, che posto
. nella physis dell'uomo, la quale, sulla base dell'' lU..Lt'J, con la propria deci-
sione mediante la synkatathesis riconosce la rappresentazione oppure la rende
inoperante. Presso Cicerone, Pa. 41 (= SVF. II 974) Crisippo afferma: Cum
dicimus omnia fato fieri causis anteudentibus (= XCL't'. 1t'p01JYOUIl:'JiXc; ed't'tCL,
cfr. SVF. II 912), non hoc intellegi volumus .. causis perfeais et principalibus"
CLu't'o't'e9j xcxt xuptoo't'cx't'ci:), sed causis adiuvantibus antecedentibus .et
ptoxims. Con proximis s'intende l'ultimo elemento della serie causale, cio
la <p1XV't'CLO'(o:, mentre le cause .. antecedenti. (spiegate con i versi iniziali della
Medea euripidea in SVF. II 347, Cicerone, Fat. 35 e Top. 61) sono solo .. con-
dizioni preliminari l) (wv ox &veu) e non cause l) del processo. CiceroneIn
Top. 59 ha parafrasato il difficile termine con l'espressione
alia praecursionem qualldam adhibellt ad effidelldllm (cfr. Fat, 44). L'equivalente
greco di proximae doveva essere come presso i medici (cfr. il cornm.
di Bongard a Galeno, Causo proca, 174). Crisippo aggiunse adiuvalltes (= 0'0-
'Jepy&?) per chiarire che queste cause non sono otu't'o't'e9j (cfr. SVF. II 974
intorno alla -' Ai tempi di Cicerone il medico Asclepiade
di Prusa, secondo Celio Aureliano (Morb. acu!. I 14, 112) distingueva nelle
malattie caUSI1S activas etoperantes, quas sy"ecticas vocant, e antecedentes, quas
Craeci procatarcticas appellallt. La medesima suddivisione in O'uvex't'lx& e rrpo-
XCL't'O:PX't'tXOC applicavano (secndo Pseudo-Doscurde, Ther. 52 K.) i meto-
dici ed anche Sorano, cfr. Cy". III 4, p. 96, 5.- La conoscono anche gli empi-
rici (vedi, tra gli altri, fr. 90 Deichgr.) e Galeno (il quale aggiunge di suo i
1t'poljYOUIlE:YCL, la prima alterazione nella diathesis del corpo, che precede
anche i O'uvex"t'tx&:) scrisse due monografie, conservate solo in latino, De
(D .. Ur......r ..... 1Qf\A\ A na " ....:r ..r ....rA_
211 La heimarmene
tarcticis (ed. Bcngard, CMG. SuppI. II, con una pregevole introduzione sulla
teoria medica delle cause). Secondo Galeno, Causo procataret. 174 gi ai tempi
di 'Crslppo Brasistrato, che' compose una monografia 1t'ept rcor-
. dava come un dato acquisito il fatto che una serie causale conduce dall'occa-
sione esterna della malattia fino alla causa ultima dell'alterazione patologica.
ed egli stesso criticava tale teoria etiologica solo nella misura in cui non am-
metteva l'occasione esterna come e causa perch per es. l'effetto della vampa
solare dipende dalle disposizioni interne del corpo (loc. cito 96 55., specialmente
102). - cosa naturale che Crisippo abbia tratto lo spunto da questi dibattiti
medici (non .l'inverso). Anche il termine 7t'poxo:"t'otpx"t'tx6v stato molto pro-
babilmente concepito come correlativo di (= determinante l'in-
tero processo ). - Gi ai tempi di Cicerone, per esigenze pratiche, la dot-
trina delle cause fu trasformata nell'ambito dell'insegnamento retorico (cfr.
. Cicerone, Top. 58 ss.; su ci torneremo). La suddivisione delle cause in 'l't'po-
XCL"t'CLPX-rtY.tX, O'Uvepy&, cruvCLhtcx (nella sua' purezza in SVF.
II 351 e Pseudo-Galeno, Doxogr. 611; con varianti in_SVF. 11346, 354), suddivi-
sione usuale nell'insegnamento filosofico dell'et imperiale, fu accettata anche da
. Stoici della Stoa recente (ma non da Seneca, cfr. Epist. 65); essa per non ri-
sale alla Stoa antica. una contaminazione della bipartizione di Crisippo e di
una tripartizione in cru'Jex"t'tx&:,. O"Uvepy& e corrente secondo Sesto
(Py"h. hyp. m15) .. presso la maggioranza dei dogmatici li, tripartizione il
cui criterio discriminante costituito dalla facolt di contribuire al risultato.
Indubbiamente la singola decisione dell'uomo a sua
volta un elemento della serie causale. Giacch il fatto che
noi possiamo conservare la nostra autonomia di fronte alle
rappresentazioni che premono su di noi dipende dalla con-
formazione della nostra anima e dalla forza di resistenza del
[ogos e questa a sua volta determinata da molteplici fattori:
dall' eredit, dall'educazione, dallo sforzo che abbiamo com-
piuto per migliorarci, In pratica quindi la singola decisione
risulter necessariamente tale quale appunto risulta. Ma ci
. non infirma affatto il principio che, data Io physis dell'uomo,
questa decisione debba essere considerata una decisione libera.
Perci l'uomo ha la piena responsabilit delle sue azioni.
Infatti inerente alla sua natura il compito di educare il
proprio [ogos ed colpa sua se lo lascia indebolire al punto da
rinunciare alla sua naturale libert. L lode e il biasimo in
effetti non vogliono. significare che l'uomo, 'nel caso specifico,
avrebbe potuto agire anche diversamente, ma tuttavia con-
servano un loro significato come giudizi morali sul suo effet-
r: .
La fisica 210
tiv comportamento. Sono del pari giustificate l'esortazione
e 1'educazione; nfatti la heimarmene non esclude affatto l'au-
tonomo agire dell'uomo in vista d'Wl fine. Si pu dire piut-
tosto che ci stesso incluso nella heimarmene ed la condi-
zione necessaria da cui dipende il risultato finale.
12
facile fare la critica di questa teoria. Gi Epicuro non
volle accettare la heimarmene stoica, perch essa farebbe del-
l'uomo WlO schiavo. Altri avversari di Crisippo definirono
la sua libert del volere una mezza schiavit (111uSoud,,),
poich egli, secondo loro, veniva praticamente ad abolire,
col suo determinismo, la libert delle singole azioni con-
crete, e negli ultimi tempi questo argomento stato avida-
mente raccolto da quegli esistenzialisti che conoscono una
sola libert, la libert della trascendenza. Merita tuttavia Wl
riconoscimento il fatto che Crisippo abbia per lo meno ten-
tato una soluzione razionale del problema, n Vorremo di-
menticare che egli imprese a dare Wl fondamento scientifico
allafede umana nella libera autodeterminazione e nella respon-
sabilit morale dell'individuo e, partendo di qui" propose Wl
ideale di libert che valse ad appagare il sentimento etico e
religioso del suo tempo."
12 Vedi SVF. II982. 984, 999-1005.Tutto il secondolibrdel IIept el!Lccp-
ILbnJl; di Crisippo aveva lo scopo di respingere l'obiezione secondo cui egli,
con la dottrina della heimarmene, aboliva la responsabilit morale, vanificava
la lode e il biasimo ecc. e condannava l'uomo all'inazione (&:py Myoc;.
cfr. sopra, p. 204 e n. 6; con i OU\let!J.cxPILvct Seneca- Nat. quaesto. II 37-38 -
legittima anche le preghiere e i riti di espiazione). Cfr. il proemio del libro rv
di Manilio, in particolare 108 ss. (nec tamen haec ratio fadnus difendere pergit ...
necrefert, sceus unde cadat: seelus esse fatendum; rimane odioso come la pianta
velenosa, che reca danno mediante la sua stessa natura). - Particolarmente
con la sua ammissione che la singola volizione determinata da cause mol-
teplici, Crisippo ha facilitato le critiche ai suoi avversari sia antichi (cfr. gi
Epicuro, Epist. ID 134), sia moderni. Ma rimane merito degli Stoici non solo
aver individuato per la prima volta il problema della libert del volere, ma
anche aver chiaramente riconosciuto la sua causa ultima: il conflitto fra il
principio di causalit..e la coscienza che l'uomo ha della propria libert. Cfr. .
Pohlenz Freiheit, p. 138 e note.
18 Vedi Epicuro, Epist. ID 134; Enomao, SVF. n978 (su ci torneremo).
Cfr. Nebel Ursprung, I, pp. 388 55., 395 ss. Per la sua suddivisione delle cause
Crsppo pot ricevere delle suggestioni dai dibattiti che avevano avuto luogo
._. .
evidente che Cleaneefa allusione alle parole di Polissena nell'Ecuba euripidea
(v. 346 ss.); cfr. Pohlenz Freiheit, p. 204. Seneca (Epist. 107. lQ) diede del passo
di Cleante questa versione epigrammatica: Dueunt volentem fata, nolentem
trahunt. - nparagone col cane in SVF. II 975. - Nessuno stoico ebbe mai il
senso della c rottura' (come mostra di credere Nebel Urspnmg, l, p. 351).
14 Vedi Cleante fr. 527 (con apparato critico presso Powell, Coffeetanea
Atexandrina, p. 229):
"Ayou B ",,', 6> Zeu. xal IlO y', IIE:1tpw(lSvy/,
ClTt'Ot 7t'o&' ""LV et""l BtO:U:To:y""l:vO'
';' y' &oxvo, 80 y. &<"',
xo:x yev6""evo ou8b1 1)'t"t'ov
[La traduzione riportata nel testo quella di N. Festa (Framm., II, p. 84)].
Poich, invece di o8bJ 1)"CTOV di Epitteto (Eneh. 53), Vettio Valente
presenta la di per s ottima lezione O:T "COUTO 7t'e(a0lJ.o:t, io (in c BerI.
philoI. Wochenschr.' 1905, coI. 1492) ho proposto come forma originaria
della chiusa:
80 y. llo'"
(7t'OterV a o:u't' 't'OUTO 7t'daoflo:t
xo:x yev6IJ.evo o8bJ 1)'t"t'ov
213
La heimarmene
La vera libert, proclam Crisippo, la libert morale
del saggio, il quale obbedisce soltanto ai comandamenti del
logos che regna anche nel suo animo. ti saggio stesso non potr
cambiare nulla nel corso degli eventi, ma si distingue dallo
stolto in quanto riconosce nella heimarmene la provvidenza
che vuole soltanto il suo bene, e perci le d con gioia il
proprio assenso e l'accoglie nella propria volont. Cosi Cleante
pu innalzare con pio cuore questa preghiera:
Guidami, o Giove, e tu, Destino, al termine
Qual esso sia, che d'assegnarmi piacquevi.
Seguir pronto, ch se poi m'indugio,
Per esser vile, pur dovr raggiWlgervi.
Un altro Stoico ha espresso in forma pio drastica questo
- stesso stato d'animo mediante un paragone. L'uomo asso-
miglia a un cane legato al carro: se il cane furbo corre in-
sieme al carro di sua volont e con piacere; se si accuccia
sulle zampe posteriori e guaisce, viene ugualmente trascinato
avanti.
H
La fisica 212

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