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La cartapesta in area brindisina

Ancora oggi risulta quantomai difficile tentare di tracciare un percorso,


seppur ideale, attraverso il “regno della cartapesta” per l’incalcolabile
numero di opere inedite sparse sul territorio salentino. Dalle numerose
botteghe di artisti e artigiani, impegnati nei secoli a “lavorar di
plastica”, è sortita, infatti, a partire probabilmente dalla seconda metà
degli anni Venti del Settecento fino al terzo decennio del Novecento,
una variegata produzione di opere tale da sfuggire a una qualsiasi
stima.1
Cappelle e parrocchie, collegiate e santuari di Terra d’Otranto, tutti
questi luoghi della fede - comprese non poche residenze private -
normalmente custodiscono, assieme al più vario repertorio di opere
d’arte, almeno un simulacro in cartapesta. Basti pensare ai numerosi
piccoli capolavori di statuaria sacra conservati in campane di vetro, che
la tradizione vuole realizzati come dono di nozze; opere che
“testimoniano il clima d’intensa religiosità popolare vissuto non solo
nella spiritualità delle assemblee liturgiche, ma consacrato nella
espressività dell’arte di cui sono ricche tutte le chiese”.2
Nell’attesa di una ricognizione sistematica, vengono qui di seguito
segnalate le opere più degne di nota, riconducibili allo spazio di tempo
compreso tra il Primo Periodo (origini-1915), “durante il quale furono
modellati numerosi autentici capolavori d’arte sacra”, e il Secondo
Periodo (1916-1933), “il più fiorente durante il quale i santi di carta
varcarono gli oceani”.3
Tali opere sono quasi tutte autografate dai più celebri maestri leccesi.
Tra queste, alcune realizzate dal carovignese Ferdinando Cellino
(1853-1916), il quale si perfezionò nell’arte della modellatura presso lo
stabilimento del Guacci, ma poi proseguì autonomamente la pratica
artistica.4
Alcune non sono state citate, non perchè meno importanti sotto
l’aspetto artistico, ma solo perchè attendono uno studio più
approfondito prima di essere legate alla fortuna dei loro artefici. Altre,
spesso individuabili tra quelle maggiormente fruite dai devoti, nel
corso degli anni hanno subito “restauri” arbitrari e, in taluni casi, veri e
propri rifacimenti e totali ridipinture per mano dei tanti improvvisati
“restauratori” della cartapesta che il più delle volte non disdegnano di
intervenire ridipingendo il tutto. 5 Tale comportamento si rivela senza
alcun dubbio estremamente dannoso, in quanto pregiudica la lettura
della redazione originale dell’opera, e non solo.
Vale la pena citare il caso della pregevole statua dell’ Immacolata (fig.
1) conservata nella Matrice di Sandonaci, opera stilisticamente
riconducibile a Pietro Surgente (1742-1827), 6 ma che, a causa dello
scriteriato restauro subito in anni recenti, non può essere almeno al
momento attribuita con certezza. Non possiamo che augurarci, per il
futuro, maggiore attenzione e cura nel trattamento di questi manufatti,
per i quali anche è d’obbligo un intervento restaurativo condotto
secondo gli stessi princìpi e nel rispetto delle medesime esigenze del
manufatto artistico.7 Riporto di seguito alcune di queste autentiche
opere d’arte, ordinate per località.
A S.Pietro Vernotico -nella diocesi di Lecce - uno dei paesi più estremi
del Sud Brindisino, sorge in pieno centro storico la settecentesca chiesa
Matrice,8 al cui interno, insieme al pregevole Crocifisso settecentesco
(fig. 2), che mi piacerebbe accostare a Pietro Surgente, si possono
ammirare, tra le altre, le statue in cartapesta dell’ Immacolata, del 1900,
e del Cristo Risorto, datata 1906, opere del celebre maestro Giuseppe
Manzo (1849-1942), conosciuto e apprezzato in tutto il mondo (premio
Esposizione Internazionale di Torino, 1899; Esposizione Internazionale
di Londra, Parigi e Bordeaux, 1901)9. Nella stessa chiesa si può
ammirare inoltre il Sacro Cuore di Gesù, opera eseguita nel 1929 dal
maestro Luigi Guacci (1871-1934), divenuto famoso anche per la
produzione in serie di bambole in cartapesta (premio Esposizione di
Venezia,1927; Concorso del giocattolo italiano di Milano, 1929). 10 Il
Manzo è presente a S.Pietro Vernotico con due altre statue:
rappresentanti S.Rita di Cascia, eseguite quasi contemporaneamente ed
esposte nella chiesa di S.Pietro apostolo (1941), e in quella della
Madonna di Sanarica (1940). In quest’ultima chiesa si ammirano anche
altre opere contemporanee della “Premiata Ditta Longo” (Oronzo e
Andrea): il gruppo raffigurante la Sacra Famiglia, Santa Teresa,
S.Vincenzo Ferreri. Insieme a queste statue figura un’Addolorata
attribuita al Cellino. 11 La presenza di opere di quest’ultimo verrà in
seguito registrata in altre chiese della provincia.
A Cellino San Marco, nella Matrice, sono da segnalare in particolare
l’Addolorata ( f i g . 3 ) e i SS.Cosma e Damiano del Guacci,
l’Immacolata (fig.4) del Sacquegna, databile intorno al 1925, e il
Miracolo di S.Biagio (1908) del maestro Raffaele Caretta (1871-1950),
che fu allievo del Maccagnani.12 Dello stesso artista sono inoltre
presenti in provincia l’Assunta con angeli, nella Collegiata oritana, e il
San Michele Arcangelo (1907), nel santuario mesagnese della Madonna
del Carmine.
A Brindisi, la Cattedrale registra una presenza di alto rilievo con i
gruppi di Sant’Anna con la Vergine e della Sacra Famiglia del
caposcuola Achille De Lucrezi (1827-1913), discepolo di Francesco
Calabrese e collaboratore di Luigi Guerra. 13
A Mesagne, dove il rito della Settimana Santa è vissuto dall’intera
popolazione con intensa partecipazione, oltre al settecentesco Cristo
risorto,14 (fig. 6) opera di intensa intonazione espressiva, è possibile
confrontare nella Collegiata alcuni tra i caposcuola leccesi: Antonio
Maccagnani (1809-1892), con la pregevole Madonna della Luce; (fig.
5) Giovanni Andrea De Pascalis (1862-1895) con la bella statua di
S.Agnese di Montepulciano; Giuseppe Manzo, a cui si attribuiscono i
barocchi Angeli osannanti e un Crocifisso su croce dorata; Francesco
Giancane, che firma il S.Cuore di Gesù, una delle sue poche opere a
soggetto sacro, e il Cellino, con il S. Luigi Gonzaga proveniente dalla
vicina chiesa di S.Anna.15 In questa chiesa, attigua alla Collegiata e da
tempo chiusa, è conservato il gruppo scultoreo della S.Anna e la
Vergine bambina del maestro leccese Salvatore Sacquegna (1877-
1955), discepolo del De Lucrezi e abile ceroplasta.16 Del Sacquegna è
anche la Santa Teresa nella chiesa dell’Immacolata. Il Cellino è ancora
presente a Mesagne, nella chiesetta di San Giuseppe, con la statua
intitolata al Santo. Suo è anche il gruppo statuario raffigurante la Morte
di San Giuseppe, presso la chiesa di S.Gioacchino di Ceglie
Messapica.17 Ancora a Mesagne, nella chiesa del Cimitero, si può
ammirare l’imponente gruppo raffigurante il Calvario (Gesù
Crocifisso, S.Giovanni, la Madonna e due angeli ai lati della Croce) del
1953, del maestro soletano Francesco Pantaleo (1890-1974), allievo del
Guacci.18 Nella chiesa di S. Maria in Bethlem, il S.Francesco d’Assisi,
estende la collaborazione di Giovanni Andrea De Pascalis con
Giuseppe Manzo fino al 1892, due anni oltre il periodo fin qui noto. Lì
anche è presente un Crocifisso del Manzo e alcune statue dei fratelli
Gallucci, Attilio e Carmelo, figli di Cesare, allievo di Giuseppe
Malecore. Quest’ultimi sono diffusamente documentati nel Santuario
mesagnese di Materdomini con il Cristo risorto, l a Madonna di
Materdomini, il S.Giovanni Battista, il S.Cuore di Gesù, l’Addolorata,
la Madonna di Fatima, la Madonna della Grazia, e due Crocifissi.
A Fasano, nella Matrice, ritroviamo il binomio DePascalis-Manzo nel
pregevole gruppo raffigurante S.Giuseppe con il Bambin Gesù (1888),
e il solo Manzo con due statue raffiguranti rispettivamente il S.Cuore di
Gesù e il S.Cuore Immacolato di Maria, firmate e datate 1910.19
A Francavilla Fontana, dove l’evento religioso che culmina nelle
funzioni della Settimana Santa e del tempo pasquale è intensamente
vissuto come a Mesagne, numerose sono le statue impiegate nelle
processioni e poi custodite per il rinnovarsi dell’evento. Tra queste,
nella chiesa di S.Chiara, il Cristo alla colonna, l’Ecce Homo e il Cristo
sotto la croce del francavillese Pietro Paolo Pinca (1758-1832); il
Cristo nell’orto di Getsemani di Vincenzo Zingaropoli (1779-1836),
nato a S.Giorgio Jonico ma francavillese di adozione. Dello
Zingaropoli sono anche la Santa Filomena della chiesa di S.Biagio, il
San Giuseppe e il Cristo Risorto della Collegiata. 20
A Latiano talune presenze di rilievo confermano l’attenzione della
committenza religiosa e laica nella scelta degli artisti. La chiesa di
S.Antonio testimonia questo gusto con il Crocifisso del celebre scultore
Eugenio Maccagnani (1852-1930), allievo dello zio Antonio, e le opere
del cavaliere Caretta: l’altorilievo raffigurante la Madonna delle anime
purganti, la statua di S.Giuseppe, il S.Giovanni Bosco, la S.Anna.21 Le
chiese del SS. Rosario e del SS. Sacramento espongono a loro volta
rispettivamente la S.Caterina da Siena e il San Giuseppe col Bambin
Gesù del Cellino; la statua di S.Espedito del Guacci.22 Nella chiesa
dell’Immacolata si possono ammirare l’altorilievo raffigurante la
Madonna del Rosario del Caretta e, dell’ostunese Giuseppe Greco,
l’Immacolata (1850), l’Addolorata (1850), il S.Rocco (1852) e il San
Francesco di Paola (1853). Interessante, nella stessa chiesa, è il gruppo
d e i Santi Medici: le prime due figure (Cosma e Damiano) furono
modellate da Giuseppe Greco nel 1857; le altre (S.Leonzio, S.Antimo,
S.Eupremio) furono aggiunte nel 1883 dal figlio Luigi. 23
Termina qui un primo censimento della cartapesta in Provincia di
Brindisi, ma ben altre sorprese riserverà certamente una più
approfondita ricognizione, a testimonianza non solo della comune pietà
religiosa, ma anche della diffusa presenza sul territorio di esponenti di
un’arte ingiustamente considerata “minore”.

Salvatore P.Polito
Didascalie alle foto:

Fig. 1 Pietro Surgente (?) (1742-1827) Immacolata

Fig. 2 Pietro Surgente (?) (1742-1827) Gesù crocifisso

Fig. 3 Luigi Guacci (1871-1934) Addolorata

Fig. 4 Salvatore Sacquegna (1877-1955) Immacolata

Fig. 5 Cartapestaio salentino del sec. XVIII Cristo risorto

(partic.)

Fig. 6 Antonio Maccagnani (1809-1892) Madonna della

Luce
1
Cfr. M.Cazzato, La cartapesta: origini e sviluppi, in C.Ragusa, Guida alla cartapesta leccese, Galatina, 1993, p. 13 e
passim.
2
Cfr. La Presentazione di mons. A. Catarozzolo al libro di A.Nitti-A.Sconosciuto, La Settimana Santa. Testimonianze di
fede e di arte a Mesagne, Mesagne, 1983, pp.12-13.
3
L’ipotesi di periodizzazione è proposta da. E.Rossi-Roìss, Cartapesta & cartapestai, Maestà di Urbisaglia (MC), 1983,
p.84. Tale periodizzazione è però suscettibile di variazioni e destinata ad essere riformulata sulla base dei più recenti
studi.
4
Cfr. A.Nitti-A.Pasimeni, Ferdinando Cellino. Arte sacra in cartapesta nelle chiese di Mesagne, Mesagne 1995, pp. 23-
28.
5
La questione del restauro dei manufatti in cartapesta è stata affrontata con metodologia scientifica solo in epoca
recente da alcuni restauratori. Cfr. L.Miotto, Il restauro del controsoffitto settecentesco della chiesa di S.Chiara in
Lecce: un esempio di intervento conservativo ed integrativo della cartapesta, e Il restauro di una statua di cartapesta:
conservazione senza rifacimenti, in C.Ragusa, Guida... cit. pp.108-122
6
Ad oggi sono ancora poche le opere note del Surgente nonostante il soprannome attribuitogli di Mesciu Pietru de li
Cristi, che lascia supporre una produzione certa di Cristi, non ne è stato ancora rintracciato alcuno da lui eseguito. Altre
opere notevoli dell’artista sono la Madonna delle Grazie, nella Matrice di Acquarica del Capo; il S.Lorenzo, nella
Matrice di Lizzanello, quest’ultimo datato e firmato e una formella in terracotta raffigurante S.Oronzo, conservata
presso il museo “S.Castromediano” di Lecce.
7
Fondamentale si rivela la Carta del Restauro 1972, diramata dal Ministero della Pubblica Istruzione con Circolare n.
117 del 6 aprile 1972 a tutti i Soprintendenti e Capi di Istituti Autonomi., con la disposizione di attenersi
scrupolosamente ed obbligatoriamente, per ogni intervento di restauro su qualsiasi opera d’arte, alle norme contenute
nella Carta medesima e nelle allegate istruzioni. Cfr. C.Brandi, Teoria del Restauro,Torino, 1977, pp.133-154;
8
Cfr. R.Jurlaro, Storia e cultura dei monumenti brindisini, Galatina, 1976, p.253.
9
Cfr. C.Ragusa, Guida... cit. p.95
10
Ibidem, p.81
11
Cfr. A.Nitti-A.Pasimeni, Ferdinando Cellino, cit. p.31
12
Quest’ultime sono degli inediti da aggiungere alla produzione dei cartapestai operanti in area salentina.
13
Cfr. C.Ragusa, Guida..., pp.62 e 64
14
L’opera, rivestita da un posticcio strato di carta e completamente ridipinta, dopo un attento e laborioso intervento di
restauro condotto da V. Caiulo, ha evidenziato la sua antica fattura e l’originale cromìa. L’intervento in questione può
costituire un esempio di restauro metodologico.
15
Cfr. S.P.Polito, Circa la presenza di alcune opere sacre in cartapesta nella chiesa matrice di Mesagne, in La Chiesa
Matrice di Mesagne fra storia e restauri. Catalogo della mostra di documenti e manufatti (Mesagne, Chiesa Matrice, 21
dicembre 1996-2 febbraio 1997), a cura dell’Archivio di Stato di Brindisi, Oria 1996, pp.187-205. La paternità
dell’opera del Cellino, a me ancora ignota, era già stata segnalata in A.Nitti-A.Pasimeni, Ferdinando Cellino. Arte
sacra ... cit., come ho avuto modo di precisare in S.P.Polito, Note per una storia della cartapesta in area brindisina. Gli
esempi di Fasano, in AA.VV., La Chiesa del Purgatorio di Fasano. Arte e devozione confraternale, a c. di A.Latorre;
Fasano, 1997, p.173, n.10
16
Cfr.S.P.Polito, La statuaria in cartapesta e un’opera in cera nella chiesa Maria SS.Annunziata di Ostuni , in La
Chiesa di Maria SS.Annunziata in Ostuni. Storia e arte, a c. di L.Greco e M.Guastella, Fasano, 1998, pp.197-202.
17
Cfr. A.Nitti-A.Pasimeni, Ferdinando Cellino..., p.31
18
Cfr. C.Ragusa, Guida..., p.81
19
Cfr. S.P.Polito, Note per una storia ..., pp.174,175.
20
Cfr. P.Sorrenti, Pittori, scultori,architetti e artigiani pugliesi dall’antichità ai nostri giorni, Bari, 1990, pp.353 e 448.
21
Cfr. AA.VV., Le Chiesa e il Patrimonio sacro, a c. della Biblioteca Comunale di Latiano, Latiano, 1993, pp.
176,180,182 e 186
22
Ibidem, pp. 66, 346-347, e A.Nitti-A.Pasimeni, Ferdinando Cellino..., p.31
23
Ibidem, pp. 275,260,264-271,276.

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