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Nella pagina accanto: Raffaello Gambogi, Gli emigranti (1895 ca.). Livorno, Museo Civico G. Fattori

Operai migranti, Ouvriers sans-papier


(Parigi, 30 giugno 2001)
Il locale non vuole accettare questo fenomeno dellimmigrazione, ha paura che gli portino via il posto di lavoro, ha paura che gli porti via qualcosa di s, invece non vero, si sa benissimo che qui c bisogno di mano dopera straniera, per non si pu avere la mano dopera straniera in forma di schiavit Ho visto che quando lo straniero chiede aiuto e dimostra di essere umile e non risponde, non parla, c sempre qualcuno che gli viene incontro, ma quando lui comincia a farsi valere, comincia a chiedere i suoi diritti, il locale entra subito in crisi. C la libert di parlare, c la libert di dialogare, io credo che ci debba essere anche la libert di lottare. Ma per lottare dobbiamo essere in tanti perch una mano non pu applaudire.1

di Gian Andrea Franchi

a figura delloperaio migrante in Francia di antica data. Negli anni Settanta e Ottanta questa figura di operaio stata protagonista di lotte molto importanti. Successivamente, il nome operaio stato cancellato dal lessico politico e si allora parlato di lotte di immigrati, non pi di lotte di operai, dove chiaramente il nome di immigrato, attinente ad una condizione sociale se non razziale, rimuoveva il temuto nome politico di operaio. In Italia, gi paese di emigranti, la figura delloperaio immigrato dallestero (dopo le grandi migrazioni interne degli anni 50 e 60) molto recente. Anche qui il nome immigrato nasconde quello, totalmente cancellato, di operaio. Ma non leggiamo la figura del migrante in cerca di lavoro con categorie sociologiche o umanitarie, bens come rivelatore di una nuova possibilit politica, sia in generale, a livello mondiale, che soprattutto nel paese in cui viviamo. Che cosa vuol dire, per noi in Italia e qui nella situazione in cui siamo, rivelatore di una nuova possibilit politica? Vuol dire che la semplice presenza di operai migranti va a toccare in modo particolarmente efficace indipendentemente dalle dimensioni quantitative del fenomeno (ancora assai modeste rispetto ad altri paesi) le strutture basilari di questo paese, mostrandone qualcosa di essenziale, oggi dimenticato o rimosso. Il migrante in quanto operaio precario, privo (o quasi) di quelle condizioni lavorative e sociali di fatto e di diritto che sono state il pur modesto effetto delle lotte degli anni Sessanta e Settanta, mostra, come in uno specchio del tempo, il loro futuro prossimo agli operai italiani, che proprio quelle condizioni e quei diritti hanno in buona parte perduto e stanno perdendo giorno dopo giorno e con gli operai tutti coloro che non fruiscono di situazioni di potere e

di privilegio (anche se poi queste condizioni e questi diritti si sono distribuiti in maniera molto differenziata tra i vari strati di lavoratori basta pensare a chi lavora in nero e a chi lavoro non trova). Ma questa perdita di diritti rimanda a sua volta a ci che la fonda. Per varie e complesse ragioni, di cui si potr discutere, gli operai oggi esistono soltanto in quanto forza lavoro, e non in quanto soggetti politici in grado di opporsi e contrastare un sistema sociale basato sullo sfruttamento, che il vero nome della parola lavoro, come norma e normalit di ogni attivit e della stessa vita sociale. Ogni diritto sociale e politico frutto di una conquista, di una lotta se lenergia che produce queste lotte viene meno, anche i diritti vengono meno e lintero assetto sociale scivola automaticamente lungo derive autoritarie. Per questo la formazione in Italia di uno strato di operai migranti (destinato inoltre ad aumentare) sembra una occasione politica singolare per rimettere sul tappeto quella che la questione politica centrale, quella degli operai. Per questo importante capire che i migranti, ben al di l di una presenza insolita, estranea, visibile solo nei suoi aspetti di diversit, sono prima di tutto operai, fatto che la parola immigrati nasconde e rimuove. La divisione tra operai migranti e operai italiani non ha pi senso di quella tra operai terroni e operai piemontesi o lombardi o veneti: divisione artificiale allo scopo di impedire agli operai di riconoscersi come tali, cio come i soggetti che, in una societ basata sulla produzione di merci, sono in grado pi di ogni altro di fare politica, intesa come attivit di liberazione, spingendoli invece a riconoscersi come individui identificati nella comunit dei piemontesi o dei veneti, diversi e contrapposti ai non piemontesi, ai non veneti, agli stranieri, agli extraco-

munitari (termine significativo che ricorda lantico scomunicati). E sono proprio le istituzioni dallo Stato, come Stato di diritto (con la cittadinanza, come diritto di avere dei diritti), basato sulla capacit di lottare per questi diritti (mai acquisiti una volta per tutte) via via alle altre istituzioni, la scuola, la Sanit, eccetera; e le forme associative di vario tipo diffuse capillarmente come una rete che tiene insieme la societ: dalla famiglia, alle parrocchie, alle associazioni sportive, eccetera; nelle quali si costruisce lidentit sociale degli individui, basata in genere su di un meccanismo inclusione-esclusione, che costituiscono laltra struttura fondamentale di cui gli operai migranti mostrano la crisi e per cui mostrano indirettamente possibilit alternative. Oggi siamo in una situazione generale di crisi di questi meccanismi e valori sociali: di quelli tradizionali, come di quelli pi recenti (per non parlare di quelli immaginari ed emotivi come la patria o la nazione); ma anche di quelli che effettivamente erano, o si consideravano, alternativi e portatori di valori come la libert e luguaglianza, quali le organizzazioni politiche che si riferivano alla Classe operaia. Oggi, come ogni giorno si pu vedere, tendono a prevalere forme identitarie elementari ma artificiose, legate ad ambiti ristretti, piccole patrie, piccole societ, spesso chiamate comunit, identificate con la lingua e le culture locali rivitalizzate magari per via amministrativa. Lo Stato di diritto sembra quasi sciogliersi, almeno al Nord, in una rissosa e precaria federazione di piccole patrie. In questa crisi generale delle identit sociali gli operai migranti giocano un ruolo fondamentale. Ma non lo giocano in quanto portatori di identit diverse frutto di culture o frammenti di culture diverse dalla nostra (come quelli di cultura islamica), culture anchesse largamente in crisi, della quale il cosiddetto fondamentali-

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smo espressione, su cui solo dallostilit locale possono essere spinti a rinchiudersi invece che ad aprirsi. I migranti piuttosto con la loro semplice presenza di lavoratori diversi e senza identit riconosciuta, in territori che ignoravano limmigrazione dallestero, contribuiscono a mettere in viva luce tale crisi, prorompente spesso in forme disteria sociale, produttrice di paure fantasmatiche (di cui la stampa locale e nazionale si fa compiacente veicolo e amplificatore): sintomi questi dellestrema fragilit e violenza di ogni identit sociale fondata sullinclusioneesclusione. Simile e diversa la situazione francese, come quella degli altri paesi dEuropa. Ma ora di occuparsene, perch gli operai migranti, con o senza papiers, che rovesciano la globalizzazione sullEuropa, costituiscono una possibilit politica allaltezza dei tempi. Il 30 giugno scorso chi scrive ha partecipato ad un convegno parigino sugli operai sans papiers (come si deve correttamente dire), organizzato da lOrganisation Politique, 2 e dal Rassemblement des Collectifs des ouvriers sans papiers des foyers. La prima dal nome volutamente tautologico per richiamare che la politica, la quale non

affare di partito, tuttavia attivit organizzata un gruppo politico di varie decine di militanti a Parigi e in quattro o cinque altre citt della Francia, fondato nel 1985 da un gruppo di militanti provenienti dallesperienza dellUCFML (Union des communistes de france marxiste-lniniste), cui partecipano attivamente, in vari gradi di coinvolgimento, intellettuali di vaglia come il filosofo Alain Badiou, lantropologo Sylvain Lazarus, che ne il principale ispiratore, leconomista Pierre-Nel Giraud3 ed altri, impegnati in un profondo e originale ripensamento del pensiero marxiano e della tradizione marxista. Tale ripensamento prevede, tra laltro, unattivit politica che esclude la forma partito della tradizione marxista, ritenuta in ultima analisi modellata sulla forma Stato, per fondarsi nelle situazioni reali, a partire dalla capacit della gente, di ci che pensa e di ci che vuol fare con ci che pensa: una politica dal punto di vista della gente. Gente un termine generale per indicare la molteplicit indistinta cui chi vuol fare politica deve riferirsi, molteplicit che si articola nella figura delloperaio, non inteso come classe-soggetto storico, ma come effetto di una decisione politica da compiersi ogni volta singolarmente, quale figura centrale della politica in epoca contemporanea. Un altro punto importante di questo pensiero piuttosto inno-

vativo nei confronti della politica di matrice marxista che la politica, rara e intermittente, esiste in sequenze politiche, legate a luoghi e situazioni (ad esempio Pietroburgo del 17, la Fiat del 1969) che prima o poi cessano desistere come luoghi politici, senza che si possa stabilire un continuit consequenziale con quel che viene dopo: cos, secondo questa concezione, tra il partito leninista dei primissimi anni e lorganizzazione parastatale dellURSS non esiste continuit politica, anzi la politica cessata lasciando il posto ad esigenze amministrative e di potere. La politica non ha uno scopo, tantomeno la presa del potere, che la porterebbe a farsi Stato ed amministrazione, ma produce, in situazione, eventi di liberazione ed uguaglianza. I luoghi della politica sono molteplici ed imprevedibili, tuttavia, nella contemporaneit, la fabbrica conserva un ruolo centrale e paradigmatico. Lo Stato il contrario della politica intesa in questo modo, la politica per, che deve mantenere una distanza e separatezza netta ed evidente dallo Stato, pu prenderlo come controparte lanciandogli delle prescrizioni, come, ad esempio, quella della regolarizzazione di tutti gli operai sans papiers. Il Rassemblement, humus de lOrganisation Politique, un pi largo insieme di persone quasi tutti operai sans papiers dei foyers, ovvero dei
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luoghi in cui vivono concentrati a migliaia: in decine di foyers ci sono collettivi. E questi collettivi si riuniscono secondo il principio: viene chi vuole nel Rassemblement che decide, sulla base di ampie discussioni metodiche, le tappe della politica e le azioni da compiere. Chiunque pu parlare, chiunque prende parte alle decisioni. Per questo non c bisogno di delegazione o di rappresentanza, poich viene chi vuole (i collettivi non hanno delegati), n di voto. Nel corso di una discussione o c una decisione evidente per tutti oppure tutti sono daccordo che per essere in grado di decidere bisogna cercare ancora.4 Il Rassemblement impegnato in una attivit politica di lunga lena, il cui tema e obbiettivo la regolarizzazione di tutti i sans papiers. Il convegno del 30 giugno era appunto il rilancio di questa campagna di lotta. Traduco qui di seguito da ICI, Journal du Rassemblement des Collectifs des ouvriers sans papiers des foyers (primavera 2001), stralci delleditoriale Pour une nouvelle rgularisation: ora necessaria una nuova regolarizzazione. Il governo deve regolarizzare tutti i sans papiers. Dire agli operai sans papiers: restate 10 anni sans papiers per avere il diritto alla regolarizzazione (legge Chevnement maggio 1998), non accettabile. Tutti approfittano del lavoro degli operai sans papiers tranne che gli operai sans papiers stessi. La maggior parte degli operai sans papiers hanno buste paga regolari anche se sono stabilite a partire da documenti scaduti o falsi, pagano le quote per la scurit sociale, per la disoccupazione, per la pensione. Lo Stato incamera tutte queste quote. Per dieci anni, dunque: lavorare, pagare le quote e non avere alcun diritto. [] Non si pu restare per 10 anni senza cure mediche, senza protezione sociale, senza riconoscimento. [] Il Rassemblement dice: non lasceremo che il governo francese continui a istituire lavoro senza diritti. [] Oggi la volont del governo che manca per regolarizzare questa situazione. [] Il governo Jospin contro gli operai. Non bisogna avere paura di dirlo. Non bisogna abbandonare la parola operaio [per la parola immigrato dietro cui si vuole giustificare la politica del governo]. questo che siamo: operai! Regolarizzazione per tutti e rispetto degli operai e della loro vita nel paese, questa la nostra battaglia politica oggi. Il principio fondamentale che chiunque si trovi nel paese deve avere tutti i diritti: quiconque est ici, est dici e che il migrante, di cui c bisogno in Francia come altrove, un operaio come tutti gli altri. Il convegno del 6 giugno, svoltosi in una sala del centro parigino, appariva piuttosto ben organizzato: la sala era piena di almeno 600 persone in grandissima parte sans papiers, che convergevano concentricamente intorno ad una tavolo centrale; microfoni giravano per la sala in modo da agevolare gli interventi, numerosissimi, senza che le figure di fatto preminenti del movimento sopraffacessero gli altri con interventi lunghi o troppo complessi. Era evidente che a monte cera un lungo lavoro nei foyers, che rendeva ragione dellomogeneit degli interventi sulle tematiche descritte, peraltro estre46 HORTUS MUSICUS N 8 OTTOBRE-DICEMBRE 2001

mamente chiare e semplici, proprio per la loro adeguatezza alla situazione. Ho avuto anche la possibilit di visitare un foyer, dedalico edificio moderno, in Parigi, ospitante centinaia di operai prevalentemente del Mali, organizzato come un villaggio, con negozietti, piccoli ateliers, moschea, in cui il Rassemblement svolge settimanalmente il suo intervento, constatando come fossero riconosciuti e accolti con simpatia i suoi militanti. Per concludere, lesperienza di questo lavoro politico sembra una delle pi interessanti oggi in Europa. Sua caratteristica unire un altissimo livello di elaborazione teorica, di cui non conosco leguale, a un impegno militante quotidiano senza che fra le due dimensioni vi siano brusche fratture. Questa situazione di alcune decine di militanti a tempo pieno, come si diceva una volta, e di un migliaio circa di sans papiers gravitanti pu apparire ben piccola e lo . Ma la politica pi questione di qualit che di quantit, o almeno la seconda non vale niente senza la prima. Ed questa che i compagni francesi privilegiano. La scelta di lavorare con i sans papiers, frutto di lunghe discussioni, individua in questi operai il punto pi ricco di possibilit

Camille Pissarro, Turpitudes Sociales: Les Esclaves au repos. Ginevra, Coll. Skira

politiche nella situazione francese, caratterizzata anche dal pesante lascito mitterrandiano di soffocamento dei conflitti. importante che questi compagni francesi riescano ad affrontare di pi la dimensione europea del fenomeno, vista non come aggiuntiva ma intrinseca a questa figura di operaio. Lo stesso vale per gli italiani e per gli altri. Come dicevo prima, questa nuova figura di operaio costituisce una possibilit politica allaltezza dei tempi che, per esser tale, va perseguita oltre la dimensione nazionale.s (luglio 2001)

NOTE 1 Passi da unintervista ad un operaio marocchino in una fabbrica della provincia di Pordenone, effettuata da un gruppo di lavoro cui partecipava lo scrivente nella primavera del 2000. 2 Indirizzo: Le Perroquet, BP 84 75462 Paris Cedex 10 3 Pierre-Noel Giraud, Lingalit du monde, Gallimard, Paris 1996. 4 Queste citazioni sono tratte da un opuscolo de Lorganisation politique, intitolato Che cos lorganizzazione politica, giugno 2001.

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