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TUTTO QUELLO CHE AVRESTE SEMPRE VOLUTO SAPERE SU HITCHCOCK E NON AVETE MAI OSATO (NON) CHIEDERLO A IEK

1. Quante volte ha vissuto tre volte la donna che visse due volte? Abbiamo sempre incontrato uno strano problema dovendo tradurre testi di iek che si riferiscono ai film di Hitchcock. Quando si va a cercare come la distribuzione ha reso in italiano il titolo inglese, difficile capire quale logica abbia seguito: ci si trova immancabilmente di fronte a divertenti invenzioni fantastiche spesso del tutto incompatibili con loriginale. A volte, addirittura, lo stesso film viene distribuito in Italia in varie edizioni, ognuna delle quali propone un titolo diverso. Tanto per fare degli esempi, Rope diventa Nodo alla gola o Cocktail per un cadavere, Strangers on a Train viene tradotto con Laltro uomo o Delitto per delitto, Foreign Correspondent con Il prigioniero di Amsterdam o Corrispondente 17, e via di seguito. Queste traduzioni sono tuttavia unite da un filo conduttore. Non abbiamo potuto fare a meno di rilevare la persistenza di un clich, quasi di una coazione di fondo, nella resa italiana dei titoli dei film di Hitchcock: essi sono sempre molto pi espliciti e rivelatori di quanto non siano gli originali. In altre parole, sembra che i distributori/doppiatori italiani vogliano disperatamente spiegarci il film in anticipo. Non mancano casi davvero eclatanti: Prigionieri delloceano ci fa subito intuire che la scialuppa di salvataggio sulla quale i naufraghi si sono tratti in salvo e che d il titolo al film in inglese (Lifeboat) non dar loro scampo; i due estranei che si incontrano su un treno in Strangers on a Train, si faranno, a un certo punto nel film, la folle promessa di scambiarsi i delitti, ma lo spettatore italiano ne riceve un forte indizio sin dal titolo, Delitto per delitto;1 fino ad arrivare a Vertigo (alla lettera, vertigine), la cui intricata trama la traduzione La donna che visse due volte cerca eroicamente di riassumere in cinque parole In realt, nel caso di questultimo film, la traduzione italiana non solo dice troppo rispetto alloriginale compromettendone in parte la suspense , ma dice pure qualcosa di sbagliato. La vertigine del titolo (che, proprio secondo iek, viene ripetutamente proposta nel corso del film in diversi contesti dalla sequenza dei titoli di testa al chiffon dei capelli di Madeleine; dalla tromba delle scale a chiocciola del campanile nella missione Juan Batista al saliscendi curvilineo delle strade di San Francisco) non pu infatti essere quantificata. Proviamo dunque a chiederci ingenuamente: quante volte ha vissuto davvero la donna che visse due volte? In prima istanza, si tentati di
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Delitto per delitto davvero un caso particolare: alla grandiosa sequenza di apertura, carica di presagi sulla possibilit di un incontro casuale di due destini, la versione italiana sovrappone un insulso e banalmente esplicito commento in voice-over che anticipa la prima mezzora del film!

rispondere: almeno tre. La donna con la quale il protagonista si confronta infatti una e trina. Allinizio Scottie si innamora di Madeleine, la bella e misteriosa moglie del ricco Elster. Poi, dopo lapparente suicidio di Madeleine, si imbatte in Judy, ragazza semplice che assomiglia alla morta. Infine egli riesce a (ri)trasformare Judy in Madeleine. Ma a ben vedere, la donna che visse due volte ha vissuto tre volte almeno in un altro modo: Madeleine in quanto finta reincarnazione di Carlotta (giovane nobile del 800 morta suicida), Madeleine/moglie di Elster, Madeleine forzatamente e, in fin dei conti, realmente reincarnata in Judy dallamore ossessivo di Scottie. Il tutto andrebbe inoltre complicato tenendo conto del fatto che, in definitiva, ben poco sappiamo della vera Madeleine (la vera moglie di Elster): infatti Judy che, prima di tornare se stessa, viene pagata da Elster per fingere di essere Madeleine e farsi pedinare da Scottie (nella prima parte del film praticamente impossibile stabilire chi sia Madeleine e chi sia Judy La donna che finge di essere posseduta senza dubbio Judy: ma chi la donna che Scottie vede al ristorante con Elster?). In altre parole, Madeleine viene forzatamente reincarnata in Judy da Scottie solo dopo che Judy viene forzatamente reincarnata in Madeleine da Elster Otteniamo dunque quattro donne, o almeno quattro dramatis personae, accomunate da una forte somiglianza fisica: Carlotta, la vera Madeleine (di cui Scottie/lo spettatore vede forse solo il cadavere al momento del primo suicidio), Madeleine qua Judy, Judy qua Judy, Judy qua Madeleine. A questo punto, potremmo provare a definire questo scacco della quantificazione de La donna che visse due volte in termini pseudo-matematici: la domanda quante volte ha vissuto davvero la donna che visse due volte? non si avvicina forse a ci che linsiemistica chiama un indecidibile? proprio per questo motivo che continuare questo gioco ermeneutico (peraltro difficile da abbandonare: avete mai notato come in alcune scene del film, ambientato negli Stati Uniti e non in Inghilterra, James Stewart guidi inspiegabilmente tenendo la sinistra?) implicherebbe ripetere lerrore fatale denunciato da iek nel primo saggio della presente raccolta: sovrinterpretare Hitchcock, quasi fosse una figura onnisciente che controlla tutto. Attribuire un senso a qualsiasi dettaglio dei suoi film, togliere ogni ruolo al caso, fargli impersonare il ruolo del Soggetto-SuppostoSapere. La grandezza dellopera di Hitchcock non risiede tanto nel fatto che abbia offerto lo spunto per tonnellate di riflessione teorica, quanto in quello, ben pi raro, di continuare a resistere, a distanza di decenni, a un completo esaurimento nellermeneutica, di essere cio ancora in grado di traumatizzare lUniversit, di impedirle di fare la somma del sapere (in un certo modo, iek dice qui del regista ci che Lacan diceva di Joyce). 2 Lesempio dei titoli solo la punta di un iceberg: c unimpossibilit intrinseca di traduzione (in senso lato) iscritta nei film di Hitchcock in quanto tali. Siamo allora nei pressi della distinzione chiamata in causa dallo stesso iek fra sintomo e
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Si veda J.-A. Miller, Lacan con Joyce. Seminario di Barcellona II, in La Psicoanalisi, 23, 1998, p. 28.

sinthomo cos come teorizzata da Lacan nella fase finale del suo insegnamento: il primo , in termini psicoanalitici, leffetto della rimozione di un significante e pu essere interpretato retroattivamente in vario modo (alla fine di La donna che visse due volte, infatti possibile per lo spettatore ricostruire la trama o, meglio, le trame del film); il secondo (la vertigine di Vertigo) invece non ha alcun significato determinato; con la sua ripetitivit, d unicamente corpo a unelementare matrice di jouissance, di godimento.3 Se vero che iek diventato famoso con libri quali Everything You Always Wanted To Know About Lacan (But Were Afraid To Ask Hitchcock) (1993), Looking Awry (1991) e Enjoy Your Symptom! (1992) che si proponevano in modo esplicito di sondare la (pretesa) impermeabilit di Lacan attraverso la (altrettanto pretesa) semplicit del cinema operazione in definitiva meno originale di quanto si creda: chi ha letto i Seminari sa che Lacan stesso si spiegava spesso e volentieri ricorrendo al cinema e alla cultura di massa , gli articoli qui raccolti (scritti tra il 1999 e il 2003 e quindi cronologicamente successivi) presuppongono un movimento per certi versi opposto. A un primo livello, usare esempi lacaniani per spiegare il cinema, come se a esso spettasse maggior rispettabilit; a un secondo livello, pi sovversivo, far s che, oltre ogni ermeneutica (anche quella irriverente del primo livello), cinema e teoria psicoanalitica non si usino ma convivano. Tutto quello che vorremmo sapere su Hitchcock e sul cinema gi-sempre troppo: per certi versi in antitesi al titolo di uno dei capitoli di Looking Awry (Non si pu mai sapere troppo su Hitchcock), iek vuole qui pure che osiamo non chiedergli ci che supponiamo egli sappia su ci che Hitchcock sa! Il movimento di andata e ritorno fra cinema e psicoanalisi produce degli effetti che non sono pi pienamente ri-comprensibili allinterno di unennesima teoria (cinematografica e/o psicoanalitica).

2. Oltre lesempio stato Deleuze il primo a suggerire che il cinema fosse autosufficiente, riconoscendo in esso una forma artistica non pi riconducibile ad alcuna teoria estetica o poetica preesistente. In opere quali Limmagine-movimento e Limmagine-tempo, il filosofo francese attribuisce allarte cinematografica una sua autonomia di pensiero e il potere di creare da sola i concetti che corrispondono ai propri problemi. Il cinema non ha bisogno di un contributo teorico-concettuale esterno per pensare la propria verit, e dunque non c alcuna filosofia che possa appropriarsi del modo particolare con cui si rapporta a essa. N pu venir considerato come una sorta di intuizione oscura della verit che va poi ermeneuticamente spiegata. Inoltre, il cinema non deve neanche essere trattato semplicemente come
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Si veda sotto, Alfred Hitchcock 1: possibile girare il remake di un film?, p.

un banco di prova per la verificazione o la falsificazione di una teoria e neppure come uninesauribile fonte di esempi a cui ricorrere per spiegare complessi nodi speculativi. Lincrocio fra cinema e psicoanalisi che iek mette in atto in Dello sguardo e altri oggetti lo porta a radicalizzare alcuni elementi dellapproccio deleuziano. Per Deleuze, solo alcuni registi, paragonabili in ultima istanza a pensatori, riescono a veicolare nel cinema immagini-tempo, svolgendo cos una funzione creatrice. Al contrario, per iek, lazione dellautore in un certo senso secondaria: proprio per questa ragione, il cinema non di autore pu essere a volte considerato buon cinema; la riuscita di un film dipende infatti pi dalla visionariet dei fantasmi del regista (o dei fantasmi ideologici hollywoodiani) che da un suo progetto cosciente. Tuttavia, questo necessario riferimento allinconscio non comporta in iek nessuna forma di reverenza nei confronti della psicoanalisi. Come abbiamo appena suggerito, egli non si propone pi di esplicitare Lacan ricorrendo a esempi cinematografici: casomai il contrario, usa esempi lacaniani (tra laltro non sempre di facile comprensione quanti lettori sanno veramente a che cosa ci si riferisce con a sotto meno phi minuscolo?) per spiegare il cinema. Paradossalmente, proprio la difficolt di cogliere il senso preciso di svariati esempi lacaniani contenuti nella presente raccolta pu metterci sulla buona strada: iek sembra puntare proprio a distruggere il clich per cui lesempio deve per forza chiarificare qualcosa Gli innumerevoli rimandi che in definitiva compongono lasse portante della scrittura iekiana smettono di essere una traduzione secondaria e imperfetta di un concetto (sia pure psicoanalitico), perdono la loro funzione di simbolo, per acquisire un valore teoretico autonomo, che certo collegato a ci che esemplificano, ma che non ne dipende direttamente. Di conseguenza, non si pu pi parlare di approccio (tradizionalmente) teoretico al cinema, non essendoci una posizione privilegiata a partire dalla quale si pensa, si fa teoria, e unaltra che viene pensata e teorizzata. Parallelamente, viene superata lidea stessa di uso degli esempi: il cinema non unesemplificazione della psicoanalisi (e della filosofia) pi di quanto queste non lo siano del cinema. Loperazione di iek ha proprio leffetto (e il pregio) di eliminare qualunque forma di gerarchia, qualunque scala di verit per la quale un lato della questione sarebbe quello che detiene la verit dellaltro. Del resto, seguendo Deleuze, non si tratta tanto meno di considerare il cinema come strumento di analisi e conoscenza della realt, che ci permette di esperire o descrivere il mondo cos com, e che, in quanto tale, si allea con la filosofia e con altre discipline nel loro sforzo epistemologico ( questa, in poche parole, la proposta della film theory di stampo analitico si pensi ad autori quali Cavell o Carroll). Tale posizione ha levidente necessit di presupporre un soggetto che si chiama fuori da tutti gli approcci alla realt e dalla realt stessa, di un punto di vista onnicomprensivo che unifichi o verifichi i dati acquisiti; questa specie di super-soggetto , per iek, semplicemente

impossibile: siamo gi-sempre dei visti prima di essere dei vedenti, e lo sguardo che traccia il campo del visibile non mai attribuibile a un occhio-soggetto che vede tutto Potremmo allora rischiare di affermare che, secondo iek, il cinema non esemplifica n si chiama fuori dalla realt perch la realt. Il cinema non rispecchia la realt, ma la produce: non solo nel senso ideologico per cui il cinema influenza direttamente i nostri modi di comportarci, di vestire e di parlare, spostando nel contempo sempre pi in l la linea che separa il vero dal falso, ma anche e soprattutto nel senso per cui nel cinema ne va di unesperienza particolare che cambia lo statuto soggettivo dello spettatore. Per dirla altrimenti, il cinema non corrisponde n allo sguardo totalitario e panottico a partire dal quale ricomporre lorganicit perduta della realt, n a qualcosa che a sua volta pu venire ricompreso a partire da un theorein, da un punto di vista (filosofico) assoluto. Anzi, proprio il suo rapporto fondamentale e particolare con una diversa concezione dello sguardo , per iek, ci che rende il cinema pi reale della realt: il cinema il luogo in cui, attraverso lo sguardo inteso come oggetto, emerge il Reale. Di conseguenza, lindebolimento della teoresi, la rinuncia a una teoria forte sulla realt, non porta al diluvio dei simulacri (il cinema equivale alla realt visto che non c alcun Reale), al discorso postmoderno della rete di narrazioni molteplici (quante volte ha vissuto la donna che visse due volte?); l dove la teoria non arriva, c infatti una fondamentale esperienza del resto (esperienza dello sguardo come oggetto secondo iek; del tempo secondo Deleuze). anche in questo senso che lopera darte (cinematografica) costituisce ci che impedisce di fare la somma del sapere Lapproccio di iek tiene quindi conto del fatto che il cinema non direttamente un discorso n del n sul mondo: si potrebbe definirlo un approccio paradigmatico. Consideriamo un paradigma un misto di teoria e pratica le cui parti non sono n distinte n separabili, e che vale per s e in assoluto, ma non mai per s da una parte e in assoluto dallaltra: in un paradigma non c mai la perfetta corrispondenza di un nucleo teorico e di un fatto che gli si adegua o che ne viene descritto. In questo si distingue dunque sia dalla Legge universale sia dal caso particolare, o esempio, che in tale legge va ricompreso: otteniamo cos una sorta di unione fra singolare e universale che eccede ogni astrazione teorica e deborda rispetto a ogni riduzione allinterno di una casistica. Rimanendo nellambito della presente raccolta, tanto film dessai quali Strade Perdute di Lynch e Solaris di Tarkovskij, quanto opere pi popolari quali Matrix e Casablanca, non sono meri esempi di un funzionamento delle cose, ma veri e propri paradigmi: in essi le cose accadono davvero, non si tratta invece di modelli di come le cose potrebbero accadere A iek non interessa far vedere quali lezioni potremmo imparare da questi film. La sua scommessa pi ambiziosa: mostrare come il cinema veicoli dei blocchi insensati di verit, dei pezzi di realt autonomi capaci di valere per se stessi. A cambiare completamente perci la logica che sottende il film e che definisce lo specifico

cinematografico; un paradigma si ripresenta con ricorrenze che possono venir studiate e pensate ma dalle quali non si pu ricavare una legge assoluta: in questo senso va pure inteso il classico procedimento retorico iekiano e non forse lo stesso per?, non accade lo stesso con? Bisogna cio trovare una logica alternativa. Laccostare film, psicoanalisi, cronaca e letteratura non ha il semplice scopo di far notare delle curiose associazioni e coincidenze che riguardano la nostra esperienza del mondo, ma indica come ci siano degli elementi di verit che sfuggono a un discorso logico-deduttivo. La verit pu essere detta solo a met, notava Lacan. Ma le met sono comunque due, specifica implicitamente iek La verit della verit (consueta) che essa non pu fare a meno di una bugia strutturale; la verit della verit che non ci sono verit che non siano finzioni: ecco perch il sintomo cinematografico si stempera nel gioco delle interpretazioni. Daltra parte per, il cinema come luogo privilegiato del sinthomo costituisce al tempo stesso laltra met del dire la verit a met. Queste due met non possono comunque venir sommate n considerate come simmetriche. La verit reale non /fa Uno. Per esprimerci nei termini di Deleuze, la verit non n luno ne il molteplice, ma il singolare, ci che sfugge sia alla regola che allo stato di eccezione. In definitiva, proprio Deleuze e la psicoanalisi, che per primi si sono accorti della specifica novit del cinema, hanno anche tentato di elaborare una logica alternativa: il primo si orientato verso una logica della sensazione, in cui il ritmo, il ritornello e le risonanze tra le serie acquistano unimportanza decisiva a scapito del blocco concettuale logico del pensiero. La seconda, a partire dalla scoperta dellinconscio e confrontandosi con il pensiero onirico dei sogni, ha sviluppato da principio, con Freud, il metodo dellassociazione libera, poi, con Lacan, una logica inconscia del significante basata sui processi di combinazione (metonimia) e sostituzione (metafora). iek si accorge della grandezza di Hitchcock perch fa propria la lezione di Deleuze e della psicoanalisi non stupisce allora che il filosofo sloveno abbia di recente cercato di avvicinare questi due orientamenti solitamente presentati in modo antagonistico .4 Inoltre, cerca di mettere in pratica in prima persona nei suoi libri una logica altra per certi versi analoga a quella hitchcockiana (e quindi, a modo suo, cinematografica). Si pensi ancora una volta allo slittamento metonimico vertigine boccolo saliscendi della strada tromba delle scale in La donna che visse due volte e al metodo, non troppo diverso, con il quale iek descrive questo e altri sinthomi hitchcockiani passando in poche pagine ma senza perdere il filo del discorso, seguendo il proprio sinthomo! dalla scena di Psyco in cui Norman pulisce il bagno dopo lomicidio a Quadrato nero su fondo bianco di Malevitch visto come un water dallalto, dal fatto che Norman non pulisca davvero bene il bagno e, quindi, non porti a

Si veda, S. iek, Organs without Bodies Deleuze and Consequences, Routledge, New York-Londra 2003.

termine

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3. Tu non mi guardi mai l da dove ti vedo A un livello immediato, per il senso comune dello spettatore quello che, seduto in sala accanto a iek, commenta a voce alta gli effetti speciali di Matrix il cinema senza dubbio un miraggio alienante. Molto prima di qualsiasi teoria cinematografica lacaniana e di ogni sua complessa lettura sintomatico-ideologica, Lacan faceva notare che, per esempio, il non-darsi della relazione sessuale con una bella donna o una Signora nella vita quotidiana viene compensato da quanto avviene nella sala buia del cinema con limmagine che sta sullo schermo.6 Inizialmente il cinema non pu non essere finzione, apparenza. Attraverso quale cortocircuito il cinema diventa allora una realt? Cosa ci permette di definirlo, proprio dalla prospettiva lacaniana adottata da iek, addirittura come un Reale pi reale della realt stessa? Il cinema (certo cinema) il luogo dellapparire dello sguardo e di una connessa esperienza del sublime; lapparenza cinematografica fa apparire qualcosa che la realt di ogni giorno, al contrario, nasconde necessariamente per conservare un minimo di efficacia simbolica. La nozione di sguardo costituisce (sin dal titolo) il leitmotiv della presente raccolta di scritti iekiani sul cinema, nonch lanello di congiunzione tra essi e il denso articolo-manifesto di Copjec qui proposto come postfazione. Se, da un lato, Copjec sembra innanzitutto intenzionata a fornirci una definizione corretta di sguardo, dallaltro, iek si preoccupa di vedere come questa definizione possa essere concretamente applicata allevento cinematografico (che, in quanto tale, per refrattario a qualsiasi tentativo di definizione). questo il campo/contro-campo del dialogo tra i due autori (peraltro uniti da una profonda amicizia): il paradigma cinematografico (Copjec) forma una teoria per esempio dello sguardo che il cinema come paradigma del Reale (iek) presuppone ma da cui non viene esaurito. Il cinema come paradigma ha esso stesso bisogno di un suo paradigma ma questultimo deve operare con discrezione: a questo proposito, facciamo notare come il saggiomanifesto di Copjec, molto pi teorico degli scritti cinematografici di iek, sia pressoch privo di rimandi esemplificativi a film specifici Potremmo dire che Copjec e iek girano la stessa pellicola adottando due generi opposti di inquadrature personali: spetta al lettore montare le carrellate panoramiche delluna con gli zoom e i primi piani dellaltro.

Non a caso Lacan osservava che un film buono se metonimico (J. Lacan, Il seminario. Libro IV. La relazione doggetto. 1956-1957, Einaudi, Torino 1996, p. 155). 6 J. Lacan, Il seminario. Libro III. Le psicosi. 1955-1956, Einaudi, Torino 1985, p. 303.

Copjec dichiara (finalmente) guerra alle semplificazioni di influenti critici cinematografici lacaniani come Metz. Il suo attacco pu essere riassunto nel modo seguente: si sostenuto in modo limitante che la nozione (lacaniana) di sguardo ci permette unicamente di concepire lo schermo come uno specchio. Pi specificamente, per Metz e altri, lo schermo funzionerebbe come una specie di (Io) ideale ideologico con il quale il soggetto/spettatore si identificherebbe; secondo questa lettura: Le rappresentazioni prodotte dallistituzione del cinema, le immagini che appaiono sullo schermo, sono accettate dal soggetto come se gli appartenessero, come se fossero le sue proprie immagini. 7 Al contrario, Copjec sostiene che, volendo adattare la nozione (lacaniana) di sguardo alla teoria cinematografica, si dovrebbe insistere su come, al cinema, lo specchio pu (in certe occasioni) funzionare da schermo sul quale appare un Reale che disgrega limmagine. In altre parole, nel momento in cui lo sguardo viene scorto, limmagine, lintero campo visivo che, secondo Lacan, funziona come uno specchio perde il suo aspetto familiare e assume improvvisamente la funzione di uno schermo.8 La nostra realt (immaginaria) di ogni giorno funziona attraverso delle proiezioni conseguenti ad alcune introiezioni fondanti (identificazioni alienanti con limmagine speculare dellaltro). In questo senso, limpressione-di-realt (basata su una dialettica speculare) funziona gisempre come schermo sul quale proiettiamo i nostri fantasmi: la realt gi-sempre cinema; di conseguenza, lapparire dello sguardo (al cinema) non fa altro che porre il soggetto di fronte al carattere illusorio dellimpressione-di-realt, disidentificandolo momentaneamente. Il cinema sar quindi pi reale della realt stessa nella misura in cui pu far apparire lo sguardo a piacimento: pu cio produrre artificialmente un evento/Reale che altrimenti irrompe nella realt in modo del tutto casuale e inaspettato. Che cos allora lo sguardo? 1) Lo sguardo non appartiene al soggetto che vede n all(altro) soggetto dal quale il soggetto viene visto si intuisce subito dove questa nozione di sguardo differisca da quelle proposte da Foucault e da Sartre (con le quali viene tra laltro spesso confusa); 2) lo sguardo si situa dietro limmagine che invece appartiene al soggetto, visto che da lui introiettata e proiettata; 3) lo sguardo cieco, ovvero, lo sguardo non corrisponde allocchio del soggetto n a quello dellaltro quando fisso laltro negli occhi, o vedo la mia immagine riflessa oppure vedo ci che sta oltre il suo occhio, il buco/nero della sua pupilla (che mi guarda); 4) lo sguardo sta quindi dalla parte delloggetto (reale), di un vuoto non assoggettabile lo sguardo corrisponde alloggetto non oggettivato che mi guarda (senza vedermi); laltro soggetto pu vedermi ma mi guarda solo in quanto oggetto (oggetto a) non assoggettabile e non oggettivato. Dire che il cinema riesce a pilotare levento/il Reale audiovisivo (per esempio attraverso determinate tecniche di montaggio o di ingrandimento, di dissolvenza o di sovraesposizione, ecc.)
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Si veda sotto, Il soggetto ortopsichico: teoria cinematografica e ricezione di Lacan, p. Ivi, p.

significa anche attribuirgli una certa capacit di sublimazione. Si d infatti il caso che il cinema addomestichi il Reale, lo de-realizzi, proprio nella misura in cui, essendo pi reale della realt, pu evocarlo, mentre la realt si limita a subirlo passivamente ( in fondo questa la lettura inconsueta che iek dava dell11 Settembre: pi che rappresentare linattesa irruzione del puro Reale nella realt di ogni giorno, lattacco alle Torri Gemelle ha invece evidenziato fino a che punto il reale fantasmatico dei film catastrofici hollywoodiani stato capace di anticipare e quindi di attutire limpatto dellEvento). iek segue dunque Lacan nel reimpostare luso della teoria freudiana del nesso tra arte e sublimazione (secondo la quale, attraverso la creazione artistica, la libido sessuale viene indirizzata verso scopi apparentemente non sessuali), inoltre, assieme e al di l dello psicoanalista francese, esplora il nesso tra la sublimazione e lesperienza del sublime. Per Freud larte ha sempre mantenuto un ruolo subalterno ed esemplificativo rispetto alla psicoanalisi: lartista intuisce verit che solo lo psicoanalista potr articolare compiutamente dopo attente valutazioni; lanalisi psicoanalitica dellopera darte pu fornirci importanti indizi sulla psiche dellartista. Al contrario, iek (con Lacan) non minimamente intenzionato a psicoanalizzare lartista attraverso la sua opera. Si potrebbe suggerire che, se, da un lato, secondo Freud, larte come esempio (di come funzionano le pulsioni) va di pari passo allarte intesa come sublimazione, dallaltro, secondo iek, larte (soprattutto il cinema) come paradigma va di pari passo allarte intesa primariamente come emergere di un oggetto sublime (un oggetto non oggettivato che mi guarda, un oggetto che, per un instante, incarna lo sguardo allo stato puro); iek ritiene che la sublimazione abbia luogo solo grazie e in seguito a unesperienza del sublime: la sublimazione sublima (in senso freudiano) proprio lesperienza del sublime che in quanto tale desublimata. Di tutta La Dolce Vita di Fellini, capolavoro indiscusso, Lacan salvava soltanto ununica breve sequenza: Il momento in cui, allalba, i viveur, in mezzo a fusti di pino, sul bordo della spiaggia, dopo essere rimasti immobili e quasi sparendo per la vibrazione della luce, si mettono improvvisamente in cammino verso non so che meta [] I viveur dunque si mettono in cammino, e resteranno quasi sempre cos invisibili, e sono molto simili a delle statue che si muovono in mezzo ad alberi di Uccello. Abbiamo effettivamente qui un momento speciale e unico.9 Lapparizione tanto stupenda quanto mostruosa del sublime, di un vuoto non interpretabile che si rende per un attimo visibile nella sua invisibilit, equivale, cinematograficamente parlando, al farsi schermo dello specchio: schermo autentico, schermo che non riflette le immagini ma che, per lappunto, schermandole le immobilizza temporaneamente. infine proprio privilegiando laspetto sublime dellesperienza artistica/cinematografica che iek riesce a evitare di relegarla a un ruolo subalterno.

J. Lacan, Il seminario. Libro VII. Letica della psicoanalisi. 1959-1960, Einaudi, Torino 1994, p. 321[sottolineature nostre].

Damiano Cantone, Lorenzo Chiesa

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