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Esaminande ed esaminandi potranno essere chiamati a tradurre e commentareo solo il passo in prosa (il

passo in versi fa parte del commento e ha una funzione esplicativa)

Dal Roman d’Atile en prose [in apparato le varianti adiafore e gli errori comuni ai due testimoni franco-
italiani Z, manoscritto di superficie, e Ve]

Espediente delle figure di legno sulle mura di Aquileia; conquista e distruzione della città
8.81
Li rois Menapus envoia son frere a Graiç et toz cels qe navré estoient. [...] 8.102 A l’endemein, qant Atile fu
levez, il dist qe par enging e par esforç lor estuet avoir la ville, « qe je sai apertement – fet il – qe il ne nos
asaudront en nulle mainere ». [...] 8.123 Mes qant Menapus vit ce, il deguerpi la ville et s’en fui a Grat, il et la
chevalerie et la menue gent : et ce fu par nuit, e fu illec fait li patriarche Pols. 8.134 Mes ançois qe li rois
Menapus s’en alast, il fist metre ymages de fust as creneaus et as fenestres dessors les tors et en totes
forteresses, les haumes desor lor testes et les escuz devant aus, ausint com por defendre la ville. 8.145 E li jors
aprés uns chevaliers de la mesnie Atille gita son faucon a une anre et li faucons falli a l’anre, a l’[a]herdre, et
lor se mist desor li haume a une des ymages desor la tor. 8.15 Si i fu tot celui jors. 8.166 Et lors s’aperchut li
chevaliers qe la ville estoit vuidé de gent, 8.177 si li dist a Atille.
9.18
Lors fist Atille soner ses estrumanz, ses tubes, cors et buisines de totes pars, [et drecer de totes pars] les
mangoneaus, perrieres et autres enginz : se la fuissez, seignor, bien peüsez avoir veu pierres giter et murs et
tors abatre et roes aler a toz les eschilles levees contremont, et homes monter desus et homes emplir fossez
de terre. 9.29 Mes Atille, qe mout estoit apercevanz, s’aperchut qe la ville estoit delivree et abandonee de tot
homes. 9.310 Il fist abatre les portes et entra dedenz tot premiers et aprés lui toz li autres. 9.411 Il trova la ville
plantaive des toz biens : Cumans, Blac, Ongré et Bolgre en furent tuit enrichi. 9.512 Il pristrent ce qe lor plest
et sejornerent illec un mois toz entiers et puis s’en oissirent de la ville et fu li feus gitez dedenz et la firent
tote ardoir.

Traduzione:
‘Il re Menapus inviò suo fratello a Grado e tutti quelli che erano feriti. [...] L’indomani, quando Attila si alzò,
disse che con l’ingegno e con la forza era necessario che essi conquistassero la città, «poiché so senz’ombra
di dubbio – dice – che loro non ci attaccheranno in nessun modo». [...] Ma quando Menapus vide ciò, lasciò
la città e se ne fuggì a Grado, egli e la cavalleria e il popolo minuto: e ciò avvenne di notte, e fu colà
nominato il patriarca Paolo. Ma prima che il re Menapus se ne andasse, egli fece collocare immagini di legno
in corrispondenza delle nicchie e alle finestre sulle torri e su tutte le fortificazioni, gli elmi sopra le loro teste
e gli scudi davanti a loro, come per difendere la città. E il giorno successivo un cavaliere della masnada di
Attila lanciò il suo falcone appresso un’anatra e il falcone mancò di prendere l’anatra e allora si mise
sull’elmo di una delle immagini sopra la torre. Vi rimase, invero, tutto quel giorno. E allora il cavaliere si
rese conto che la città era vuota di abitanti, e lo disse ad Attila.

1
8.8 Graiç] Graz Ve
2
8.10 lor estuet avoir la ville] lor estoit a avoir la vile Ve –––– asaudront] asaudra Ve
3
8.12 qant] quan Ve –––– vit] voit Ve –––– ce] cels Ve –––– Grat] Graz Ve
4
8.13 dessors les tors] de les tors Ve –––– haumes] yaumes Ve
5
8.14 aprés] davant Z Ve –––– de la mesnie Atille] de la masnie de Atile Ve –––– gita] gitoit Ve –––– a l’[a]herdre, et lor
se mist] a l’herdre et lor se mist Z ; e a herdre lor se mist Ve –––– desor li haume a une des ymages] desor li yaume de
une ymage Ve
6
8.16 s’aperchut] se percuit Ve
7
8.17 si li dist a Atille] li le dist a Atile Ve
8
9.1 de totes pars, [et drecer de totes pars] les mangoneaus] de totes pars les mangoneaus Z; de toutes part les
mangoneaus Ve –––– peüsez] peusiez Ve
9
9.2 de tot homes] dou tout e de toç homes Ve
10
9.3 entra] il introit Ve
11
9.4 trova] trovoit Ve –––– plantaive] plantee Ve
12
9.5 plest] plesoient Ve –––– sejornerent] sejornerunt Ve
Allora Attila fece suonare i suoi strumenti, le sue trombette, i corni e le buccine da ogni dove, e fece drizzare
da ogni parte i mangani, le catapulte e gli altri mezzi: se foste stati là, signori, ben avreste potuto vedere
lanciare pietre e abbattere muri e torri e ruote rotolare con tutte le scale levate verso l’alto, e uomini salire e
uomini riempire fossati di terra. Ma Attila, che era acuto osservatore, si rese conto che la città era svuotata e
abbandonata da tutti. Egli fece abbattere le porte ed entrò dentro subito per primo e dopo di lui tutti gli altri.
Trovò la città ricca di ogni bene: Cumani, Valacchi, Ungheresi e Bulgari ne furono tutti arricchiti. Essi si
appropriarono di ciò che piacque loro e si fermarono là un mese intero e poi se ne uscirono dalla città e vi fu
appiccato il fuoco e la fecero ardere tutta.’

Note filologiche:
– a 8.14 abbiamo un tipico errore polare in entrambi i manoscritti: si tratta del giorno dopo, ovviamente,
rispetto alla messa in atto dello stratagemma delle sagome di legno da parte di Menapus, e non del giorno
prima; tale tipologia di errore non instaura un legame congiuntivo tra i testimoni, poiché si tratta di una
svista di memorizzazione di natura intrinsecamente poligenetica;
– a 9.1 abbiamo un altro errore comune a entrambi i manoscritti, ma ancora una volta di natura poligenetica,
perché determinato dal saut du même au même ‘salto dallo stesso allo stesso’ – in questo caso, da un
sintagma de totes pars ad un altro, che reimmettiamo a testo; il saut du même au même può rivestire valore
congiuntivo solo nel caso in cui se ne succedano molti a distanza davvero ravvicinata, così da renderne
impossibile l’eventuale individuazione da parte dei copisti (e men che meno la correzione).

Nota lessicale:
– anre s.f. ‘anatra’: CR f.s. § 8.14 (2 vv.). || La forma è hàpax sia per l’a.fr., sia per l’it., sia per il fr.-it.
Abbiamo attestazione del metatetico arna, che presuppone la nostra forma e che occorre nel ms. Ve,
solamente nell’Atlante Italo-Svizzero (curato da Karl Jaberg e Jakob Jud), carta n. 1150 “anatra”, in alcuni
punti del Veneto: 362.Crespadoro (VI); 364.Campo San Martino (PD); 373.Montebello (VI); 374 Teolo
(PD); 375.Gambarare (Mira) (VE). È probabile che, a partire da un ànera (che presenta il tipico dileguo
veneto dell’occlusiva dentale sorda /t/ in posizione intersonantica, ed è attestato al pl. anere nei Proverbia
quae dicuntur, ed. Poeti del Duecento, v. 637, e nell’Atlante Italo-Svizzero, carta n. 1150), si sia arrivati ad
anra attraverso la sincope della vocale postonica.

Nota di commento:
Lo stratagemma di collocare sagome di legno sulle mura e alle finestre di torri e fortezze, in modo da far
credere che la città sia difesa da una guarnigione in armi, assomiglia in modo evidente ad una analoga trovata
escogitata da Ogier per resistere all’assedio di Carlo Magno a Castel Fort, nella Chevalerie d’Ogier de
Danemarche – contatto che fa comprendere come anche questo testo a.fr. ebbe una qualche eco in Italia,
visto che l’episodio non ricorre nella franco-italiana Geste Francor. Nel caso di Ogier, il paladino si trova da
solo dentro la rocca e l’inganno riesce talmente bene che Carlo stesso si porta sotto i bastioni per inveire
contro quelli che lui crede soldati – cfr. l’ed. Eusebi 1963, vv. 8332 ss.:

Il se porpense home fera de fust:


Laiens ot caisnes et grans arbres ramus;
Il les recope a son brant esmolu.
A Broiefort son destrier est venus,
Prist de la cuee que mervilose fu;
Il le recope et les crins a tondus,
Barbes en fist a ses homes de fust,
Et les gernons sors, bauçant et canus;
Puis lor vesti es blans haubers menus
Et lor lacha les vers elmes agus,
Et lor a çaint les bons brant esmous;
Ses apoia as batailles des murs,
Et a lor cols pendi lor escus;
Les bones haces lor bailla el poins nus.
François les voient, tot i sunt esmeüs,
Nis Kallemaine en est tot esperdu:
«Dex, dist li rois, qi es et tos jors fus,
De quel dïables sont or ces gens venus?
Ja disoit hom q’il estoit sueus lasus,
Et qu’il avoit tos ses homes perdus;
Mais jo en voi encor ben .C. ou plus!».

traduzione: ‘Egli [Ogier] pensa che realizzerà degli uomini di legno:


là dentro ci furono querce e grandi alberi fronzuti;
egli li taglia con la sua spada affilata.
Il suo destriero è arrivato a Broiefort,
[Ogier] ne prese parte della coda che fu meravigliosa;
egli la taglia e ha rasato la criniera,
ne realizzò barbe per i suoi uomini di legno,
e baffi biondastri, picchiettati di bianco e nero [lett.: ‘balzani e canuti’];
poi li ha vestiti di bianchi piccoli usberghi
e ha loro allacciato i verdi elmi aguzzi,
e ha loro cinto delle buone spade affilate;
appoggiò i suoi [cioè le sagome di legno] ai parapetti dei muri,
e fece pendere dai loro colli i loro scudi;
affidò loro nel pugno nudo le buone asce.
I Francesi li vedono, a quel punto sono tutti meravigliati,
perfino Carlo Magno ne è totalmente sconcertato:
«O Dio, disse il re, che sei e sempre fosti,
da quale diavolo sono venuti adesso questi?
Già si diceva che egli [Ogier] era solo lassù,
e che aveva perduto tutti i suoi uomini;
ma io ne vedo ancora ben un centinaio o più!».’

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