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Marta Materni

ATTIVIT SCIENTIFICHE DI GERBERTO DAURILLAC


Rsum
La figure de Gerbert dAurillac le pape Sylvestre II sest toujours distingue, dans limaginaire historique, par sa particulire inclination pour les disciplines du quadrivium. En mme temps que le contact avec des lments dorigine arabe, cette activit scientifique a donn lieu dans les sicles, autour du scolastique de Reims, aussi bien une lgende noire que des enthousiastes attributions scientifiques tout fait anachroniques. Pendant les derniers vingt ans, en particulier commencer par les congrs de Bobbio, on a constat un renouveau dintrt pour ce personnage, et une reconsidration de son oeuvre scientifique qui a permis, en mme temps, aussi bien de reconduire de plus justes proportions ses connaissances que davancer des nouvelles attributions, en particulier, en ce qui concerne les lments orientaux. Cette revue bibliographique veut prsenter un panorama densemble sur la figure de Gerbert en tant quexpert du quadrivium, commencer par lpoque de son sjour en Catalogne, qui se configurera dans limaginaire comme un moment dterminant pour sa formation, en cherchant surtout de reconstituer le rseau de ses probables relations. On continue puis en analysant ses comptences dans chaque discipline du quadrivium, en suivant son enseignement prs de lcole de la cathdrale de Reims. Il en rsulte une figure situe plus correctement dans son contexte historique, mais qui nen est pas moins surprenante: lintrt pour Gerbert se dplace dune question de contenus une question de mthode et desprit.

Abstract
In the common historical view the personality of Gerbert of Aurillac pope Silvestre II has been always characterized by his peculiar bent for the quadriviums arts. This scientific activity, at the same time as the contact with some data from the Arabic world, generated in the course of centuries, about the Reims school-master, both a dark legend and some enthusiastic scientific attributions that were decidedly anachronistic. As from the latest twenty years, particularly thanks to the Bobbios conferences, there has been an interests return in this personage and a revaluation of his scientific work. This fact permitted some exacter reappraisals and yet some new attributions, especially about the eastern components of his knowledge. This bibliographic review wants to present a global outline of Gerberts figure as quadriviums student as from the time of his stay in Catalogne, that will seem as a crucial moment for his cultural education in the mind of the contemporaries and of the posterity; it tried especially to reconstruct his probably acquaintances network. Then it analysed his competences in the single disciplines in accordance with his teaching at the Reims cathedrals school. Consequently this figure is situated more correctly in her historical context, but in spite of all this she isnt less remarkable: the interest for Gerbert moves from question of contents to a question of method and spirit.

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Scolastico di Reims, arcivescovo di Ravenna, abate di Bobbio, precettore di Ottone II prima, di Ottone III poi, papa infine dal 999 al 1003, destinato quindi ad occupare la cattedra di Pietro allo scoccare del fatidico anno Mille, Gerberto dAurillac appare senza dubbio come uno dei protagonisti indiscussi sulla scena della fine del primo millennio1. Quale fedele segretario dellarcivescovo Adalberone di Reims, egli svolse un ruolo di primissimo piano nella complessa vicenda che port allascesa della dinastia capetingia. Fu il maturo, amato, precettore che stette al fianco di un imperatore adolescente nellultimo tentativo di restaurare la gloria di Roma fra le rovine dellUrbe, ricordando nel suo stesso nome di papa quello di chi, secoli avanti, aveva battezzato il primo imperatore cristiano. Fu sotto il suo pontificato che venne incoronato re Stefano I dUngheria, contribuendo ad affermare la presenza della Chiesa cattolica nellest europeo. Forse nella sua lettera a Gerusalemme balena lidea di una crociata 2; forse in quellanno Mille ci fu

Per una panoramica generale sulla situazione politica, sociale e culturale del decimo secolo si vedano RICH 1999 e HOMMES 2004, in particolare per gli aspetti culturali OLDONI 2004 e ZIMMERMANN 2004. 2 GERBERT, Correspondance, Ep. 28, anno 984: Ex persona Iherusalem devastatae, universali aecclesiae. Ea quae est Hierosolimis, universali ecclesiae sceptris regnorum imperanti. Cum bene vigeas, immaculata sponsa Dei, cujus membrum esse me fateor, spes michi maxima per te caput attolendi, jam pene attritum. An quoquam diffiderem de te, rerum domina? Si me recognoscis tuam, quisquamne tuorum famosam cladem illatam michi putare debebit ad se minime pertinere, utque rerum infimam abhorrere? En quamvis nunc dejecta, tamen habet me orbis terrarum optimam partem sui. Penes me, prophetarum oracula, patriarcharum insignia, hinc clara mundi lumina apostoli prodierunt, hic Christi fidem repperit, apud me redemptorem suum inveni. Etenim quamvis ubique sit divinitate, tamen hic humanitate natus, passus, sepultus, hinc ad caelos elevatus. Sed cum propheta dixerit: Erit sepulchrum ejus gloriosum, paganis sancta loca subvertentibus, temptat diabolus reddere inglorium. Enitere ergo, miles Christi, esto signifer et conpugnator, et quod armis nequis, consilio et opum auxilio subveni. Quid est quod das, aut cui das? Nempe ex multo modicum, et ei qui omne quod habes gratis dedit, nec tamen ingratus recepit. Etenim hic multiplicat, et in fu-

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qualcosa che si precis solo secoli dopo con il primo giubileo ufficiale indetto da Bonifacio VIII3. Ma in tutta questa straordinaria carriera politica la costante che emerge maggiormente nella raffigurazione di Gerberto dAurillac Silvestro II, sia durante la sua vita sia, e ancor pi, dopo la sua morte, quella del grande sapiente. Gerberto sempre, e innanzi tutto, il pi celebre maestro del X secolo. Maestro di retorica, che compone il suo epistolario sul modello ciceroniano, offrendolo al pubblico non solo come memoria del suo agire ma anche come testimonianza di quel bene dicere che garanzia di bene facere: ...Cumque ratio morum dicendique ratio a philosophia non separentur, cum studio bene vivendi semper coniunxi studium bene dicendi...4 Maestro di filosofia, che nella prefazione al suo trattato filosofico augura al giovane Ottone III di superare in ingegno ed eloquenza gli antichi Greci e Latini: ...Noster es Caesar, Romanorum imperator et Auguste, qui summo Grecorum sanguine ortus Grecos imperio superas, Romanis hereditario jure imperas, utrosque ingenio et eloquentia praevenis....5 Ma soprattutto egli maestro di quadrivium6. Uomo di scienza sullo scorcio del X secolo, educato in giovent in una terra di confine, nella Marca Hispanica, a diretto contatto con il mondo dei mori di Spagna, portatori agli occhi dei latini di
turo remunerat, per me benedicit tibi, ut largiendo crescas, et peccata relaxat, ut secum regnando vivas. Si veda al proposito MOR 1952 e LIGATO 2001. 3 Cf. MONTECCHIO 2000. 4 GERBERT, Correspondance, Ep. 44, a Evrardo abate di Tours, inizio del 985. 5 GERBERTUS, De rationale. 6 Si veda al proposito, sul valore dellinsegnamento del quadrivium, LEVET 1990 e 1997c.

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una sapienza occulta, Gerberto passer alla storia tanto come il papa-mago iniziato a un oscuro e diabolico sapere, quanto come linventore di straordinari strumenti in anticipo di secoli sui tempi. Una leggenda demoniaca, nata nel 1084 ad opera del cardinale Bennone di Osnabrck7, che segner irrimediabilmente la fama del papa dellanno Mille, guadagnandosi lufficialit non solo del Liber Pontificalis (DUCHESNE, Liber) ma anche quella di una lapide diffamatoria posta sul suo sepolcro in S. Giovanni in Laterano. Una leggenda assai dura a morire se ancora nel 1981 la biografia scritta da Mario Bacchiega (BACCHIEGA 1981) si intitola Silvestro II papa mago. Una prima analisi di questa leggenda, accompagnata da una ricca antologia di testi, tutti con traduzione, contenuta nel testo di Arturo Graf del 1892-93, Miti, leggende e superstizioni del Medioevo, recentemente ripubblicato (GRAF 2002). Estremamente dettagliata lanalisi di Massimo Oldoni apparsa nellarco di un decennio sulle pagine di Studi medievali (OLDONI 1977), e poi ripresa in OLDONI 1985 e OLDONI 2001. Qualche accenno presente anche nel testo di Michael Kieckhefer (KIECKHEFER 2004) dove la leggenda gerbertiana, i cui caratteri sono condivisi peraltro anche da altri intellettuali tacciati di magia, descritta nel cap. VI dedicato alla cultura araba e alle scienze occulte8.
Nella lotta fra Enrico IV e Gregorio VII, il cardinale Bennone di Osnabrck si schier dalla parte dellantipapa nominato dallimperatore. Si impegn allora in un violento attacco contro il papa, teso a dimostrare non solo leterodossia di Gregorio ma la profonda corruzione della sede pontificia, da tempo covo di eretici e negromanti; Bennone (BENNONE, Gesta Romanae) ricostruisce quindi una storia intellettuale della Chiesa romana che vede avvicendarsi una serie di papi maghi, serie che, data la sua biografia intellettuale, trovava il capostipite naturale in Gerberto dAurillac. La singolare esperienza del viaggio in Catalogna, lallusione, peraltro senza esplicito scopo diffamatorio, di Ademaro di Chabannes a un soggiorno a Cordova (si veda NUVOLONE 2001b), lo spettro quindi del contatto diretto con questo sapere arabo ancora avvolto dal sospetto, le oscure origini e la straordinaria carriera politica ed ecclesiastica, lo studio delle scienze e in particolar modo dellastronomia: la vita di Silvestro II conteneva realmente tutti gli elementi per creare una leggenda. Per la biografia del cardinale si veda ZAFARANA 1966. 8 Si segnala, come curiosit, che la figura di Gerberto, con la sua leggenda nera, non ha ancora cessato di suscitare fantasie letterarie. del 1996 la pice teatrale La Cabeza
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a partire dal XVII secolo, con ledizione (nel 1611), peraltro piena di errori di trascrizione, della lettera a Costantino De numerorum multiplicatione et divisione da parte di Jean Masson, arcidiacono della cattedrale di Bayeux, che la figura di Gerberto scienziato comincia lentamente a riemergere. Nel XVIII secolo si scoprono la lettera a Costantino De sphaerae constructione , pubblicata da Jean Mabillon negli anni 40, e, grazie a Bernard Pez, nel 1721 (PEZ 1721), gli scritti geometrici, la Geometria Gerberti e la lettera a Adelboldo di Utrecht. Bisogner per attendere il 1835 perch Jacques-Paul Migne, nel volume CCCXXXIX della sua Patrologia Latina, dia alle stampe la prima raccolta di tutti i testi scientifici di Gerberto; seguir quindi, nel 1867, lopera di A. Ollris, Oeuvres de Gerbert (OLLRIS 1867), e infine, nel 1898, ledizione per eccellenza degli Opera Mathematica dello scolastico di Reims a cura di N. Bubnov (BUBNOV 1899, ristampato). Contemporaneamente, numerose sono state anche le edizioni dellepistolario gerbertiano, fonte principale, assieme agli Historiarum libri quatuor del suo allievo remense Richero9 (RICHERUS, Historiarum), per la ricostruzione della biografia e dellopera

del Diablo, del drammaturgo spagnolo contemporaneo Jess Campos Garca, consultabile on-line allindirizzo http://www.jesuscampos.com/pdf/30lacabeza.pdf e pubblicata nel volume Jess Campos, Es mentira, A ciegas. La Cabeza del Diablo, Sevilla, Consejera de Cultura de la Junta de Andaluca 2002. Questa, significativamente, lintroduzione dellopera: Obra en la qual se representa la historia de Gerberto dAurillac: arabista, matemtico, mecnico, inventor y filsofo maestrescuela de Reims; el cual ocup el solio pontificio en las postrimeras del milenio con el nombre de Silvestre II, y de quien se dija, sin mayor fondamento, que lleg poseer la Cabeza del Diablo. La accin transcurre en Crdoba, Roma, Reims, Rvena, Paterno y Jerusalem hace slo 1000 aos. E a Gerberto ha dedicato un romanzo, Gerbert, in progress dal 1999, il prof. Paolo Rossi ordinario di Fisica presso lUniversit di Pisa, romanzo consultabile allindirizzo http://www.df.unipi.it/~rossi/ romanzi.html. 9 Le Historiae di Richero, composte su invito dello stesso Gerberto e redatte in due momenti, nel 995-996 e nel 997-998, coprono un arco cronologico che va dalla morte di Eudes (888) alla morte di Ugo Capeto (996) e sono geograficamente concentrate nellarea della Francia dellOvest e della Lotaringia. Fondamentale per ricostruire la

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dellaquitano: si segnalano, oltre ledizione di Migne sempre nel volume CCCXXXIX della Patrologia Latina, quella di Julien Havet, Lettres de Gerbert (HAVET 1889); la traduzione inglese di Harriet Pratt Latin del 1961, The Letters of Gerbert (LATTIN 1961); ledizione di Fritz Weigle del 1971, Die Briefsammlung Gerberts von Reims (WEIGLE 1971); la traduzione italiana Lepistolario di Gerberto in PAVINI 1980; infine la recente edizione e traduzione francese condotta da Pierre Rich e Jean Paul Callu nel 1993 per Les Belles Lettres (GERBERT, Correspondance), edizione che presenta in appendice i testi scientifici epistolari di Gerberto curati da A. Philippe Segonds (GERBERT, Lettres scientifiques)10. Numerose anche le biografie realizzate a partire dalla seconda met del XIX secolo: Hock, Silvestro II Papa e il suo secolo (HOCK 1846); Lauser, Gerbert : Etude historique sur le 10e sicle (LAUSER 1866); Picavet, Gerbert, un pape philosophe (PICAVET 1897); La Salle de Rochemaure, Gerbert, Silvestre Deux. Le savant, le faiseur de rois, le pontife (LA SALLE 1914); Leflon, Gerbert : Humanisme et chrtient au Xe sicle (LEFLON 1940); Pratt Lattin, The Peasant Boy Who Became Pope: Story of Gerbert (LATTIN 1951); Trystram, Le coq et la louve: Gerbert et lan Mille (TRYSTRAM 1984). La pi completa biografia di recente pubblicazione quella di Rich, Gerbert dAurillac. Le pape de lAn Mil (RICH 1987, riveduta nel 2006 e tradotta in italiano nel 1988), alla quale si fa riferimento in questo lavoro; lultima, ma di dimensioni ben pi modeste, quella di Pladevall Font, Silvestre II (Gerbert dOrlhac) (PLADEVALL 1998).

biografia intellettuale di Gerberto il libro III, dove lautore d notizia del viaggio dellaquitano nella Marca Hispanica e descrive linsegnamento dello scolastico alla scuola di Reims. Vedere al riguardo PALADINO 2007. 10 Nel presente lavoro le citazioni sono tratte da: ledizione di Migne per la Geometria Gerberti (GERBERTUS, Geometria); quella di Rich-Callu per lepistolario (GERBERT, Correspondance); di Sgonds per le lettere scientifiche (GERBERT, Lettres scientifiques); per il trattatello De utilitatibus astrolabii, solo recentemente attribuito a Gerberto e non senza lo scetticismo di alcuni studiosi, si fatto riferimento alledizione pubblicata nel 2000 da Gemma Puigvert i Planagum in appendice a PUIGVERT 2000b. Per una storia delle edizioni dei testi di Gerberto si veda HUGLO 2000, p. 145-148.

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Tuttavia solo negli ultimi decenni che si intrapreso uno studio dettagliato dellopera scientifica di Gerberto dAurillac, tentando di discernere con precisione quanto di reale vi fosse nella sua leggenda di giovane educato a contatto con la cultura araba, e cercando altres di liberarsi di unaltra leggenda fiorita intorno allaquitano, quella cio nata dalla glorificazione francese ottocentesca che ne fece uno straordinario inventore: di telescopi, di orologi meccanici e di congegni che sfruttavano la forza del vapore, come illustrato in LINDGREN 2001. A riportare in auge il nome di Gerberto hanno poi contribuito notevolmente i Congressi Internazionali organizzati a Bobbio da F. Nuvolone e da M. Tosi: il primo del 1983 (TOSI 1985), il secondo del 2000 (NUVOLONE 2001a), il terzo dellottobre 2004 (NUVOLONE 2005a), accompagnati dalla regolare pubblicazione annuale della rivista Archivum Bobiense, allinterno della quale lo scolastico di Reims occupa un ruolo di primo piano. Sulla scia di queste iniziative sono nati cos anche altri congressi organizzati in luoghi significativi della biografia gerbertiana: quelli di Aurillac del 1996 (CHARBONNEL 1997) e del 1999 (RICH 2000), e quello di Vic-Ripoll del 1999 (OLLICH 1999). Inoltre il nome di Gerberto compare sempre pi spesso nei contributi di congressi dedicati alla storia della scienza medievale (si vedano ad es. FREGUGLIA 2000 e SCIENCE 2000). Negli stessi anni si sono poi moltiplicati gli studi relativi alla Catalogna del X secolo (si veda oltre), in particolare quelli condotti da M. Zimmermann, ad esempio ZIMMERMANN 2003, i quali hanno posto in evidenza precoci fenomeni di traduzione dallarabo che ridisegnano le origini del processo di trasmissione della cultura araba allOccidente latino. da segnalare poi il lavoro ancora inedito di M. Zuccato recensito in NUVOLONE 2005f, il quale offre un quadro dettagliato degli scambi scientifici realizzatisi nel X sec. tra mondo islamico e latino in area catalana, mettendo in evidenza tracce di conoscenze di origine araba, finora non individuate, presenti nellopera di Gerberto. Si tratta della sua tesi di dottorato, sostenuta presso lUniversit di Melbourne, e intitolata The earli-

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est filtration of Arabic science in the Latin world: Gerbert dAurillac and the case of Gotmars circle. Gli ultimi anni hanno visto cos, rispetto allopera scientifica di Gerberto dAurillac, mutamenti nelle attribuzioni dei testi, analisi puntuali delle fonti utilizzate, un ridimensionamento della sua fama di scienziato e al tempo stesso il riconoscimento della presenza effettiva di elementi estranei alla tradizione antica. Nella presente rassegna bibliografica si prender in considerazione dapprima il momento decisivo del soggiorno di Gerberto in Catalogna fra il 967 e il 970, quindi la sua attivit scientifica, analizzando singolarmente ciascuna disciplina del quadrivium.

Cap. 1 Leducazione di Gerberto dAurillac Le Storie di Richero ci indicano con chiarezza che la formazione scolastica di Gerberto si svolta in due momenti e in due luoghi differenti. Dapprima nel suo monastero dorigine, Saint Graud dAurillac, ove riceve unistruzione di base comprendente la grammatica e come si pu arguire da quello che era il comune cursus di studi di un giovane monaco almeno nozioni elementari di retorica e di computo: i maestri di Gerberto ad Aurillac sono identificati in L ABANDE 1985; per un quadro generale sullinsegnamento di base alto-medievale si faccia riferimento a RICH 1984, in particolare p. 230-244, e RICH 2006, p. 37-68. Successivamente e sar questa lesperienza che maggiormente segner lattivit e la fama di scienziato dello scolastico di Reims fra il 967 e il 970 il giovane monaco soggiorna nella Marca Hispanica, la Catalogna del X secolo, scoprendo quel quadrivium allora pressoch dimenticato nel resto dellOccidente11.
11 Lepisodio suggerisce almeno una riflessione: latteggiamento dellabate, Graud de Saint-Cr, che prega il conte barcellonese Borrel di portare con s il giovane perch

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La Catalogna in cui Gerberto compie il suo viaggio, politicamente dominata dalla dinastia dei conti di Barcellona (ZIMMERMANN 1991 e 1996), si presenta come un ambiente culturale vivace e attivo, ma soprattutto direttamente legato a quella Spagna islamica che appunto nel X secolo raggiunge lacme della sua potenza. proprio il legame con tale realt culturale drasticamente altra rispetto a quella occidentale latina che fa della Marca Hispanica un unicum nellEuropa medievale, la sola area cristiana in cui nel X secolo si possano studiare con profitto le scienze esatte attingendo non solo al patrimonio della tradizione classica, ma avendo anche la possibilit di entrare in contatto con la cultura scientifica elaborata in seno alla civilt islamica, dalla quale pervennero allOccidente molti elementi di novit, soprattutto nel campo della matematica e dellastronomia. infatti attraverso la via catalana (e in questo senso anche Gerberto dar, come vedremo, un suo pionieristico contributo) che penetrano in Europa alcuni elementi essenziali per lo sviluppo del pensiero scientifico, fra i quali il sistema di numerazione decimale posizionale e lastrolabio; tutti elementi importanti non tanto in s per s, ma in quanto vanno a costituire le basi di quel bagaglio tecnico di cui gli scienziati europei potranno poi avvalersi per le loro successive speculazioni.

possa istruirsi, e anche dei confratelli di Gerberto dal momento che essi non esitano a offrire il loro consenso, testimonianza del rinnovato fervore intellettuale degli ambienti monastici ed episcopali del X secolo, spesso in corrispondenza con laffermarsi delle riforme monastiche; al proposito si veda quanto ricordato dallo stesso Richero riguardo allattivit di Adalberone, appena eletto vescovo di Reims: ... Quo tempore, monachorum religio admodum floruit, cum eorum religionis peritissimus metropolitanus huius rei hortatur esset et suasor. Et ut nobilitati suae in omnibus responderet, aecclesiae suae filios studiis liberalibus instruere utiliter querebat (RICHERUS, Historiarum, III, 42), o si consideri lo zelo di Arnulfo nellarricchire la biblioteca di S. Maria di Ripoll e nellincentivare lattivit dello scriptorium allindomani della sua elezione ad abate (su Arnulfo e il monastero di Ripoll vedi oltre). Sugli effetti culturali delle riforme monastiche del X secolo si veda RICH 1984, p. 127-128; CONSTABLE 1990.

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1.1. La Catalogna Alla met del X secolo lambiente culturale catalano, descritto nel gi citato ZIMMERMANN 2003, si presenta composto da tre diversi elementi: la tradizione della cultura visigota, la cultura carolingia e, fattore questo pi caratterizzante, lapertura verso il sapere arabo. Il sostrato di tale complesso profilo costituito dallelemento visigoto, una tradizione intellettuale di matrice latino-ecclesiastica che, nei suoi termini generali, una continuazione diretta della cultura antica. La penisola iberica, in cui era stato istituito il regno visigoto, aveva infatti rappresentato uneccezione rispetto agli altri regni romano-barbarici, costituendo unisola felice di sopravvivenza della cultura latina: il VII secolo, che vede il definitivo estinguersi della tradizione scolastica dellet classica, produsse invece in Spagna unopera come quella di Isidoro di Siviglia, il quale, con le sue Etymologiae, diede vita allenciclopedia per eccellenza del mondo medievale. N tale tradizione cedette di fronte allinvasione araba, ma segu senza estinguersi la ritirata dei profughi cristiani negli stati del Nord della penisola, penetrando anche al di l dei Pirenei. Non va tuttavia dimenticato che si tratta di una cultura essenzialmente letteraria e oratoria: bench infatti si registrino casi di interesse nei confronti delle discipline scientifiche, nel campo dellinsegnamento per, rispetto al canone antico delle arti liberali, ormai caduto nelloblio non solo tutto il sistema del quadrivio ma anche lultima branca del trivio, cio la dialettica. Su questa base, comune a tutto lambiente ibero-cristiano, si innesta, allindomani della costituzione della Catalogna come Marca Hispanica , la cultura carolingia. Tale innesto fu particolarmente fruttuoso e incisivo in quanto non fu il frutto di unimposizione di politica culturale diretta dallalto e dallesterno, ma penetr al seguito della riforma liturgica secondo il rito occidentale, e della contemporanea e ancor pi radicale riforma monastica secondo la regola benedettina. Non da ultimo, la cultura carolingia si afferm anche grazie alladozione della nuova scrittura
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carolina, in sostituzione della tradizionale minuscola visigotica. In relazione a questi primi due elementi culturali risultano interessanti i lavori di M. C. Diaz y Diaz (DIAZ Y DIAZ 1969 e 1964) dedicati alla circolazione dei manoscritti e alla trasmissione dei testi antichi nella penisola iberica fra VIII e IX sec. oltre che LACARRA 1963. Un parallelo con lambito francese offerto da VERNET 1974. Il terzo elemento che concorre a caratterizzare questo ambiente intellettuale quello arabo, assorbito dapprima attraverso lazione mediatrice dei mozarabi, e poi, proprio a partire dalla met del X secolo, attraverso il contatto diretto sia con i sapienti arabi sia con i loro testi, di cui inizia una prima, non sistematica, opera di traduzione in latino. Il X secolo vede allora realizzarsi episodi come quello del viaggio alla corte cordovese di Gotmar IV, vescovo di Gerona e ambasciatore del conte catalano Sunyer, il quale offre al figlio del califfo Abd-ar-Rahman III, al-Hakam II12, la sua Cronica regum Francorum (940 ca.)13; delle ambasciate inviate dal conte Borrell a Cordova a partire dal 950 d.C., grazie alle quali si stabiliscono rapporti amichevoli fra le due autorit14; o lepisodio, nel 953, del viaggio di Giovanni di Gorze (per il quale si veda PARISSE 1996 e MCCLUSKEY 1998, p. 166-170), monaco interessato a

Con il califfato di Abd-ar-Rahman III (922-961 d.C.) e del suo successore, il figlio alHakam II (961-979 d.C.), il regno indipendente di Cordova raggiunge la massima espansione territoriale, riuscendo anche a ottenere il riconoscimento ufficiale degli stati cristiani; ma soprattutto i due califfi proseguono attivamente in quellopera di mecenatismo che nel secolo precedente, con Abd-ar-Rahman II (822-853 d.C.), aveva dato avvio allascesa culturale di al-Andalus, attirando alla corte cordovese intellettuali e artisti provenienti da Oriente e segnando cos linizio della massiccia influenza della tradizione araba orientale, sentita come espressione di nobilt culturale, sullarabismo occidentale. Sui rapporti culturali fra il califfato ommayade e la parte orientale dellimpero, e pi in generale per una prima introduzione al mondo islamico iberico, si veda ALBORNOZ 1965, GABRIELI 1974, WATT 1991, e per laspetto scientifico VERNET 1965. 13 Cf. RICH 1984, p. 137; RICH 1991, p. 375; ZIMMERMANN 1996, p. 91; PUIGVERT 2000b, p. 32. 14 Cf. ZIMMERMANN 1996, p. 92.

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problemi di computo astronomico, scelto da Ottone I come suo rappresentante in unambasciata diretta a Cordova, dove Giovanni, nellarco di un triennio, risieder pi volte alla corte di Abd arRahman III. Per quel che riguarda poi largomento specifico della cultura scientifica della Catalogna medievale rimangono fondamentali, come base di partenza, i lavori di Mills Vallicrosa, MILLS VALLICROSA 1931, 1949 e 1960. La Marca Hispanica dellepoca di Gerberto si presenta dunque aperta a influssi culturali stranieri tanto a ovest, verso il mondo islamico, quanto a est, verso il mondo franco meridionale. Ed est significa non solo regno franco, ma anche Roma: nel X secolo, infatti, si registrano numerosi viaggi di vescovi, conti e abati catalani nella citt papale per ottenere dal pontefice immunit e privilegi e, nello spirito della riforma cluniacense, porre i centri ecclesiastici sotto la protezione diretta della sede di Roma, ma soprattutto per cercare di riunire le chiese catalane in una metropoli indipendente da quella di Narbona (proprio questo scopo avr anche il viaggio del vescovo Attone di Vic e del conte Borrel, al seguito dei quali Gerberto giunger a Roma); e i protagonisti di questi viaggi spesso riportavano nel loro paese codici dallUrbe15. Ci troviamo, dunque, di fronte a un ambiente in piena esplosione culturale, dove la tendenza a costituirsi in entit politica indipendente si accompagna alla volont di costruirsi anche una propria identit culturale, fatta di un costante richiamo al passato ma anche di unapertura agli stimoli esterni, con un atteggiamento di vivacit intellettuale che, al di l delle precise conoscenze scientifiche acquisite e delle quali si parler in seguito, pu essere considerato come il maggior contributo offerto da questa terra alla formazione culturale di Gerberto.

15 Si ricordano, precedenti a quello di Attone e Borrell, i viaggi nel 951 del conte Sunifredo di Cerdona accompagnato da Arnulfo di Ripoll, e nel 968 del conte Oliba accompagnato dallabate Garn di Cux, entrambi personaggi con il quale Gerberto entrer in contatto. Cf. DABADAL 1961, p. 8-9; LACARRA 1963, p. 268-269; DIAZ Y DIAZ 1969, p. 239.

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1.2. Il viaggio di Gerberto Allepoca in cui si compiva il viaggio di Gerberto le abbazie catalane fondate nel IX secolo erano in pieno rigoglio rispetto a quelle del resto del continente, avendo meno sofferto delle altre per lultima ondata di invasioni. Come ben si evidenzia nei contributi di M. Riu y Riu (RIU 1999) e G. Puigvert i Planagum (PUIGVERT 2000a, p. 171), emerge allora nella Marca Hispanica una sorta di triangolo culturale particolarmente attivo, i cui vertici sono rappresentati dai centri di Vic, Gerona e Barcellona, con i monasteri di San Feliu di Gerona, Santa Maria e San Joan di Ripoll, San Cugat del Valls y Terrassa16, sullo sfondo del quale si pu ragionevolmente collocare lattivit di studio di Gerberto, e la cui esperienza culturale dal punto di vista della produzione scritta illustrata in MUND 1991. Bench infatti Richero menzioni come unico maestro di Gerberto Attone di Vic, di cui si tenta una qualche ricostruzione biografica in ORDEIG 1989 e 1999, la corrispondenza dello stesso monaco di Aurillac ci lascia invece intravedere una rete di relazioni ben pi ampia (per una introduzione alle conoscenze catalane di Gerberto si veda GMPEL 2003). Daltronde, se lesperienza di Gerberto non fosse andata oltre lo scriptorium di Vic, la cui attivit analizzata in JUNYENT 1974 (si vedano anche IBARBURU 1986, ZIMMERMANN 1996, p. 83-84, e PUIGVERT 2000b, p. 31-32), sarebbe difficile giustificare pienamente leccezionalit della sua istruzione scientifica rispetto agli standard dellepoca. Fra i centri menzionati, infatti, quello di Vic in quegli anni il meno originale, e bisogner aspettare ancora un secolo perch la sua produzione raggiunga buoni livelli qualitativi, in coincidenza con lepiscopato del grande abate di Ripoll Oliba (vedi oltre). Inoltre, grazie a due inventari redatti nel
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Tale area culturale si caratterizzava per essere molto ricettiva nei confronti delle nuove correnti culturali franco-italiane, senza rinunciare comunque alla tradizione visigota. Altri centri culturali di rilievo della Catalogna del X secolo, caratterizzati da un maggiore conservatorismo, erano quello ruotante intorno alla cattedrale di Urgell e quello legato ai monasteri di Elna e Cuix.

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957 alla morte dellabate Guadamir, e nel 971 alla morte dello stesso Attone, possiamo dedurre quale fosse il contenuto della biblioteca (descritto anche in JUNYIENT 1963) allepoca del soggiorno di Gerberto: ed essa, in realt, non offriva nulla di pi rispetto a una qualsiasi biblioteca monastica franca. Per un tentativo di ricostruzione di possibili studi scientifici a Vic si veda il contributo di Molins e Pau (MOLINS 1993) in relazione proprio al soggiorno di Gerberto. Considerando comunque che ad Attone che il conte Borrell affida il giovane per la sua istruzione nelle arti liberali, bisogner pensare alla figura di un singolo intellettuale personalmente interessato alle discipline scientifiche, piuttosto che a uno scriptorium che ne contempli programmaticamente lo studio, e in questo senso si muove A. Pladevalli Font (PLADEVALL 1999), alludendo allesistenza di biblioteche private a fianco di quelle monastiche. Riguardo alla personalit scientifica di Attone si sa per ben poco, e non quindi possibile valutare con esattezza il peso della sua influenza sulla formazione di Gerberto; per da segnalare lipotesi riscontrabile in PUIGVERT 2000b, p. 31-32, della sua presenza, come arcidiacono di Gerona (su questo ruolo si veda ORDEIG 1989), nel seguito di Gotmar IV in occasione della sua ambasciata a Cordova, dalla quale avrebbe potuto perci riportare in patria testi scientifici. Allaltro polo di questarea culturale, il centro vescovile di Gerona, si collega la figura di uno dei corrispondenti di Gerberto, Mir Bonfill, cugino del conte Borrell, il mecenate di Gerberto, conte di Besal e vescovo di Gerona dal 971 (lo stesso anno in cui compie un viaggio a Cordova), celebre intellettuale dellepoca e animatore della fioritura culturale della scuola episcopale; personaggio, inoltre, strettamente legato al monastero di Ripoll per il quale redige, nel 977, il terzo atto della consacrazione della chiesa17. A

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Cf. SALRACH I MARES 1984a. Bonfill risulta legato anche a Cuix (SALRACH I MARES 1984b).

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Mir Bonfill Gerberto, nellep. 12 e 25, richiede per ben due volte un testo che dovette molto interessarlo, probabilmente per i suoi studi sullabaco, vale a dire il De multiplicatione et divisione numerorum del sapiente Joseph Hispanus, identificato da G. Puigvert i Planagum (PUIGVERT 2000b, p. 34-35) e soprattutto M. Zuccato (NUVOLONE 2005f, p. 494), con la traduzione del Maqala fi l-darc wa-l-quisma (Sulla moltiplicazione e divisione), composto a Quayrawan (Tunisia), e considerato uno dei testi attraverso cui fu veicolata la trasmissione delle cifre arabe in Occidente. Se poi esatta lidentificazione di Joseph Hispanus come intellettuale ebreo, e pi esattamente, secondo Zuccato, con Abu Yusuf Hasday ben Ishaq ben Shaprut (che avrebbe realizzato la versione latina allepoca della sua attivit diplomatica al fianco del vescovo Gotmar di Gerona) la lettera di Gerberto pone in scena unaltra componente distintiva del mondo culturale iberico, cio la componente giudaica (la cui presenza nella Catalogna dellanno Mille analizzata in ROMANO 1991 e 1999) che, culturalmente di lingua araba, svolger due secoli pi tardi un ruolo di primo piano allepoca delle traduzioni toledane18. Proprio questo indiretto contatto fra Gerberto e il mondo ebraico oggetto del contributo di ZUCCATO 2005b. Resta aperta la questione se Mir sia stato maestro di Gerberto: la sua parentela con il conte Borrell, i suoi legami con il monastero

18 Il primo a intuire le enormi potenzialit culturali insite nella presenza di comunit ebraiche bilingui, parlanti cio larabo e il volgare, fu Raimundo, arcivescovo di Toledo dal 1126 al 1152. La citt, riconquistata dai cristiani nel 1085, era stata infatti uno dei principali centri di cultura araba di al-Andalus. Raimundo cerc pertanto di attrarre studiosi da tutta Europa nella citt spagnola e patrocin lattivit di traduzione dellebreo convertito Giovanni di Luno e dellarcidiacono Domenico Gondiscalco. Dopo la morte dellarcivescovo il fenomeno delle traduzioni esplode, portando alla costituzione di una vera e propria scuola di Toledo in cui spicca il nome di Gherardo di Cremona. La maggior parte delle traduzioni del XII secolo fu il frutto della collaborazione fra un ebreo, che traduceva dallarabo al volgare, e di uno studioso, generalmente cristiano, che effettuava poi la redazione del testo in latino. Cf. HASKINS 1926; BEAUJOUAN 1965, p. 593-595; GRANT 1983, p. 28-31; WATT 1991, p. 90.

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di Ripoll, in particolare con labate Arnulfo, al quale succedette sulla cattedra vescovile di Gerona, sembrano comunque rendere plausibile una risposta affermativa, tanto pi che la lettera inviata a Mir rivela una certa familiarit fra il vescovo catalano e Gerberto, il quale gli indica due date possibili per potersi incontrare in Italia. Ma soprattutto il monastero di S. Maria di Ripoll a distinguersi come centro culturale di primissimo piano, aperto alle maggiori innovazioni, analizzato nei suoi rapporti con la citt di Vic nel contributo GROS 1999. Gli anni del viaggio di Gerberto coincidono con quelli dellabbaziato di Arnulfo (948-970), inauguratore della stagione della fioritura culturale di Ripoll, che raggiunger la sua acme nel secolo successivo con la figura dellabate Oliba il quale, dallelezione nel 1008 fino alla morte nel 1040, dedicher gran parte delle sue energie allattivit dello scriptorium della scuola monastica. Labate Oliba, inoltre, ottiene successivamente anche labbaziato di Cuix e lepiscopato di Vic, confermando cos, come si vedr anche oltre, gli stretti legami esistenti fra i centri culturali di questarea della Catalogna; va sottolineato infine anche il fatto che Oliba era nipote del conte Mir Bonfill19. Arnulfo dimostra immediatamente uno spiccato interesse per leducazione dei monaci: si preoccupa in primo luogo di rafforzare i legami con la Francia meridionale, in particolare con la cattedrale di Le Puy in Alvernia, e, soprattutto, a lui che si deve il sostanzioso arricchimento della biblioteca, anche con codici provenienti da Roma (nel 951 infatti si reca nellUrbe per chiedere al papa Agapito II di porre il monastero di Ripoll sotto la diretta protezione del pontefice)20. Ma ci che maggiormente caratterizza Ripoll il fatto che nel suo scriptorium si registrino alcuni fra i primi casi di traduzione in latino di testi arabi, un fenomeno questo di

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Cf. RICH 1984, p. 165-166; PUIGVERT 2000a, p. 173; PUIGVERT 2000b, p. 27. Cf. RICH 1984, p. 164; UDINA 1985, p. 40-42; PUIGVERT 2000b, p. 29.

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fondamentale importanza per lo sviluppo della cultura europea. Per quel che riguarda in particolare il campo scientifico, proprio allo scriptorium di Ripoll che si deve ascrivere, ad esempio, un testo fondamentale per lastronomia come il ms. ACA Ripoll 225 (met XI sec.), cio uno dei testi che fecero conoscere allOccidente europeo lastrolabio (vedi oltre il cap. 2.3, LAstronomia). Grazie ai cataloghi della biblioteca dunque possibile affermare che allepoca del viaggio di Gerberto il centro di S. Maria di Ripoll possedeva codici tali da permettere lapprendimento delle discipline scientifiche facendo riferimento non solo alla tradizione tardo-antica ma permettendo anche un primo approccio con le novit provenienti da Oriente, come illustrato in UDINA 1985, SAMS 1991 e PUIGVERT 2000b. Fra le miscellanee di argomento scientifico giunte fino a noi da ricordare il ms. ACA 106 Ripoll, da collocarsi cronologicamente a cavallo fra il IX e il X secolo: la ricchezza principale del manoscritto la presenza di un corpus di gromatici veteres, seguito da testi di aritmetica e astronomia applicata al computo pasquale, rispettivamente di Boezio e di Beda; si tratta, evidentemente, di un libro scolastico per linsegnamento del quadrivio, al quale Gerberto dovette molto probabilmente avere accesso21. Va infine segnalato che gli abati di Ripoll erano spesso anche vescovi di Gerona e Vic ne un esempio lo stesso Arnulfo, abate di Ripoll dal 948 e vescovo di Gerona dal 954 per cui fra i tre centri si era venuto a creare uno stretto legame che rende ancora pi plausibile lipotesi di un soggiorno di Gerberto anche al di fuori di Vic. Seguendo ancora la corrispondenza dellaquitano possibile segnalare altri due intellettuali dellambiente catalano. In primo luogo Guarn (ep. 17 e 45), abate di San Miguel de Cuix dal 962 e uno dei personaggi di maggiore levatura culturale dellepoca, la

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Cf. DIAZ Y DIAZ 1969, p. 235; UDINA 1985, p. 40-42, 47-48; PUIGVERT 2000b, p. 39-41.

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cui figura in relazione allattivit ecclesiastica e alla partecipazione al movimento di riforma cluniacense analizzata in DABADAL 1961, articolo nel quale si affacciano anche ipotesi riguardo le modalit con cui si instaurarono i rapporti fra labate e Gerberto. Da sottolineare che labbazia di Cuix era strettamente legata allarea Vic-Gerona-Ripoll22. Il secondo personaggio Lupito di Barcellona, identificato generalmente con Sunifredo Llobet, arcidiacono di Barcellona (963977 d.C.), nonch probabile uomo di fiducia di Borrell: unidentificazione non facile, cos come illustrato in LATTIN 1932, e in FELIU 1972. M. Zuccato, nella sua tesi di dottorato ancora inedita, propone unidentificazione alternativa con Lupinus abate del monastero di Arles di Vallespir. Con la sua lettera a Lupito, al quale richiede la traduzione dallarabo di un testo di astronomia, Gerberto ci illumina su una realt culturale altrimenti quasi sconosciuta, cio la scuola della cattedrale di Barcellona nel X secolo. Inoltre il nome di Lupito si intreccia ancora con la storia dei testi poi confluiti nella pi tarda compilazione del ms. ACA 225, se giusta, come si legge ancora in LATTIN 1932 ma anche pi recentemente in PUIGVERT 2000b p. 34, lidentificazione del testo a lui richiesto da Gerberto con una parte di un trattato sullastrolabio contenuta nel suddetto codice. Secondo Zuccato invece il testo coinciderebbe con una parte degli Alchandreana, un corpus costituitosi probabilmente su suolo spagnolo (vedi oltre il cap. 2.3 LAstronomia). Pi cauto D. Juste (JUSTE 2000, p. 277), per il quale lespressione liber de astrologia troppo vaga per poter stabilire con certezza lappartenenza del testo al corpus astrologico del Liber Alchandraei o al corpus astrolabico costituitosi anchesso in Catalogna nel medesimo periodo. dunque da sottolineare come, con le sue richieste a Mir Bonfill e a Lupito, Gerberto compia uno dei primi significativi

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Cf. PUIGVERT 2000b, p. 30.

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tentativi del mondo occidentale di aprirsi alla scoperta del sapere arabo, anticipando quella che diventer una prassi culturale abituale solo un secolo e mezzo pi tardi, con il fiorire della scuola di traduttori di Toledo. Il soggiorno di Gerberto in Catalogna pone un ulteriore problema, quello cio dellipotesi di un suo viaggio nel cuore della Spagna islamica. Tale ipotesi si basa sulla sola testimonianza di Ademaro di Chabannes (analizzata in NUVOLONE 2001b) il quale afferma che il futuro papa si spinse fino a Cordova (ADEMARUS, Chronicon). Gli storici sono per unanimi nel negare la probabilit di una simile esperienza. In primo luogo per motivi politici: sono questi, infatti, gli anni del califfato di Hisham II, personaggio assai intollerante nei confronti dei cristiani e il cui generale, alMansur, guid lattacco a Barcellona, Len e Santiago de Compostela del 985 d.C.; nonostante il persistere di contatti tra il califfato e la Marca appare quindi poco probabile che un giovane monaco potesse aggirarsi liberamente in territorio islamico senza la protezione rappresentata da unambasciata diplomatica, e si visto come le date delle spedizioni ufficiali a cui parteciparono i personaggi catalani legati a Gerberto siano tutte antecedenti o posteriori il triennio 967-970. In secondo luogo Gerberto non sembra conoscere larabo (si consideri la sua richiesta a Lupito), n, daltronde, nella sua corrispondenza ricorrono mai nomi di eventuali maestri mozarabi. I nomi di personaggi cristiani dellarea catalana, invece, non solo sono presenti nelle lettere, ma anche in alcune bolle papali (al visconte di Barcellona, a Sallo vescovo di Urgell, a Oddo vescovo di Gerona, allabate di San Cugat) (S YLVESTER II, Epistolae ), testimoniando il forte legame stabilitosi fra Gerberto e questo ambiente. Senza bisogno, quindi, di ipotizzare un viaggio nella Spagna islamica, la Marca offriva allepoca la possibilit di istruirsi nelle arti del quadrivium attraverso maestri cristiani, che parlavano dunque in latino. Inoltre, da quanto detto in precedenza, risulta evidente che Gerberto ebbe la fortuna non solo di poter risiedere

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per tre anni in un ambiente culturale dinamico, vivace e aperto, ma di godere oltretutto della protezione dei maggiori rappresentanti di questo stesso ambiente, personaggi di spicco, fra laltro, anche della vita politica del paese, entrati per questa via in contatto diretto con la corte di Cordova23. Gli stretti legami che li univano luno allaltro24 devono indubbiamente aver facilitato e incoraggiato i movimenti del giovane monaco fra i vari centri dellarea barcellonese. Con loro Gerberto riusc a stabilire durature amicizie che, protraendosi nel tempo per via epistolare, continueranno a influenzare per anni la sua vita intellettuale, configurandosi, probabilmente, come una costante fonte di novit.

Cap. 2 Linsegnamento scientifico di Gerberto dAurillac


Nel 970 il conte Borrell e il vescovo Attone di Vic si recano a Roma per chiedere al papa Giovanni XIII lindipendenza delle diocesi catalane dalla metropoli di Narbona; al loro seguito c Gerberto dAurillac. Interrogato dal papa, Gerberto stupisce tutti per le sue conoscenze scientifiche, in particolare astronomiche e musicali; il papa si affretta allora a segnalare la presenza del giovane a Ottone I e, alla corte romana dellimperatore, ha inizio la carriera di scolastico di Gerberto. Desideroso di istruirsi nella logica, lunica materia che ancora mancava al suo cursus studiorum,

Si consideri lipotesi della presenza di Attone al seguito del vescovo di Gerona Gotmar IV nellambasciata del 940; il viaggio di Mir Bonfill nel 971; oltre che le frequenti ambasciate promosse verso Cordova dal conte Borrell a partire dal 950 d.C. 24 Ricordo in sintesi che Mir Bonfill, vescovo di Gerona, era cugino del conte Borrell ed era legato al monastero di Ripoll, in particolare allabate Arnulfo, suo predecessore sulla cattedra vescovile della citt; che negli anni del viaggio di Gerberto Arnulfo era sia abate di Ripoll sia vescovo di Gerona; che Lupito di Barcellona era un probabile uomo di fiducia del conte Borrell; che, infine, Attone prima di diventare vescovo di Vic era stato arcidiacono di Gerona.

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laquitano si lega a Geranno, arcidiacono di Reims inviato in missione diplomatica dal re Lotario (e del quale era nota la profonda cultura logica) e, con lautorizzazione dellimperatore, lo segue in terra di Francia (RICHERUS, Historiarum, III, 43-44-45). Succeduto al suo maestro, dal 972 al 982 Gerberto guider la scuola dellarcivescovato di Reims, primo, dopo secoli, capace di insegnare lintero sistema del trivium e del quadrivium (RICHERUS, Historiarum, III, 45). Certamente esperto di filosofia e abile insegnante di retorica, la sua corrispondenza verter per soprattutto su problematiche scientifiche, e saranno proprio gli strumenti astronomici da lui realizzati a essere impiegati come oggetto di scambio per ottenere manoscritti. Ed alle quattro discipline della mathesis che Richero dedica il maggior numero di capitoli nella descrizione dellinsegnamento del suo maestro. Linteresse di Gerberto per la scienza non si esaurir nellesperienza remense ma si protrarr per tutta la vita, trovando nuovo alimento sia nella corrispondenza con i vecchi maestri catalani sia nel contatto con la ricchissima biblioteca di Bobbio negli anni del suo abbaziato (981-984). Principale destinatario dei suoi scritti scientifici Costantino, monaco benedettino di Fleury e, dal 989 al 995, scolastico di St. Mesmin vicino a Orlans, fidato amico oltre che fedele discepolo; cos lo descrive lo stesso Gerberto: ...nobilis scolasticus, adprime eruditus, michique in amicitia conjunctissimus... (G ERBERT, Correspondance, ep. 92), vis amicitiae impossibilia redigit ad possibilia...o mi dolce solamen laborum, Costantine... (GERBERT, Lettres scientifiques, ep. 1). Per unanalisi generale della figura di Gerberto nel suo ruolo di maestro si vedano FROVA 1974b, LINDGREN 1976, GASEC 1986, LINDGREN 1991, POUPARD 2003, LINDGREN 2001b, POULLE 2005. Per inserire linsegnamento dellaquitano nel contesto dellambiente culturale a lui contemporaneo utile consultare RICH 1984, RICH 1985, WOLFF 1987, RICH 2000a, FRANCI 2000.

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In particolare poi per ci che concerne la storia della scienza medievale si faccia riferimento a G RANT 1983, ampliato e parzialmente modificato in alcune sue conclusioni in GRANT 2001, e a DIJKSTERIUS 1970. Date poi le allusioni a conoscenze di origine araba si segnala anche NASR 1971.

2.1 La Matematica
con laritmetica che Gerberto inizia linsegnamento del quadrivium, e questa priorit da spiegarsi con il fatto che essa, tanto nei suoi aspetti puramente speculativi quanto nelle sue applicazioni pratiche, rappresenta lindispensabile chiave di accesso alle altre discipline: non si pu infatti comprendere la teoria musicale se non si conosce quella dei numeri e delle loro proporzioni, n si potr fare a meno di uno strumento di calcolo nello studio della geometria pratica e dellastronomia. Ma i due aspetti della disciplina, quello teorico e quello pratico, erano allepoca, e lo saranno ancora per molto, fortemente distinti: con il nome di aritmetica, perci, si intendeva propriamente la scienza dei numeri quale era tramandata dallopera boeziana, mentre la pratica matematica costituiva la scienza del computo, ampiamente analizzato in BORST 1997. E Boezio costituisce dunque, anche per Gerberto, la fonte principale per lo studio dellaritmetica: la sua opera sul quadrivium ampiamente illustrata in C HADWICK 1986 e, con particolare riferimento alla matematica, in GUILLAUMIN 1995. Il filosofo romano tardo-antico si trov a vivere in un periodo particolarmente critico per la scienza: da una parte essa aveva subito, rispetto al periodo greco, una situazione di fondamentale disinteresse nella cultura latina, che laveva emarginata relegandola quasi esclusivamente nel campo della tecnica; dallaltra, a partire soprattutto dal periodo del basso-impero, essa era stata sottoposta prevalentemente a influenze di tipo neo-platonico, oltre che delle mistiche orientali e delle sempre pi diffuse pratiche magiche. Di fronte quindi allo
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stato di abbandono in cui versavano gli studi scientifici dellepoca, Boezio si propone, impegnandosi in una sistematica opera di traduzione, di consegnare al mondo latino un corpus di scritti scientifici e filosofici che, attingendo agli originali greci, garantisse la sopravvivenza del quadrivium, cristianamente inteso come propedeutica allo studio teologico, nel mondo occidentale. Nel caso dellaritmetica, la sua Institutio arithmetica, sostanziale traduzione dellIntroduzione allaritmetica di Nicomaco di Gerasa (sulla cui opera si veda BOYER 1976) pitagorico del II secolo d.C. la cui opera divenne il libro di testo corrente delle scuole neoplatoniche di Atene ed Alessandria trasmise al Medioevo, in armonia con il clima culturale in cui Boezio viveva, gli aspetti pi esoterici della matematica greca, in particolar modo quelli legati alla scuola pitagorica, rivisti alla luce della sua formazione cristiana. I numeri erano allora concepiti come principi ordinatori dellUniverso, elementi dotati ciascuno di una propria personalit; essi celavano nellarmonia, nella coerenza e nelleleganza delle loro proporzioni, le regole poste dal Creatore a garanzia della perfezione del creato. La conoscenza della teoria dei numeri e la meditazione sulle loro propriet aprivano perci la mente umana allintuizione della perfezione del divino. Cos intesa, laritmetica era quindi la disciplina scientifica pi adatta a fondersi con la teologia cristiana dando vita a un complesso simbolismo mistico che sfruttava il linguaggio dei numeri. Gerberto mostra di condividere questa visione: non a caso, nel Prologus della Geometria (vedi oltre) egli cita il versetto biblico della Sapienza (XI, 21) che tante volta ritorna negli scritti medievali, versetto nel quale si esalta un Creatore il quale ha posto omnia in numero et mensura et pondere. Il versetto era gi stato citato, fra gli altri, da s. Agostino, il quale aveva ammesso che le speculazioni matematiche non sono inutili per comprendere alcuni passaggi oscuri delle sacre scritture25.

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Cf. BEAUJOUAN 1991a, p. 161.

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Tuttavia, al di l di un evidente misticismo, il porre i rapporti fra numeri a base del creato pu significare anche, dismesso il simbolismo, riconoscere che il mondo delle cose regolato da rapporti di tipo quantitativo, e che la scienza dei numeri permette quindi di comprendere anche il funzionamento della natura, intesa in senso fisico e non solo come teatro della manifestazione del divino. Se precedentemente, a proposito di Gerberto, si citato il versetto biblico della Sapienza, si deve ora sottolineare che lelogio della scienza dei numeri, principi di ogni realt, contenuta nellepistola 187 a Ottone III, appare scevra da misticismi cristiani e pi vicina allesaltazione pitagorica, a una visione dei numeri come uniche e reali scaturigini delluniverso, piuttosto che alla tendenza cristiana, spesso scadente in una semplice, seppur complessa nei modi di espressione, associazione fra numeri e simboli o concetti religiosi. Inoltre la comprensione delle leggi che regolano i rapporti fra i numeri per Gerberto anche una sfida allintelligenza, un modo per esercitarla e raffinarla: nel Fragmentum de norma abacis (vedi oltre), Gerberto dice infatti a Costantino che gli assiomi proposti nel suo trattato sono destinati ad acuirne la prontezza di spirito. Il suo scritto propriamente aritmetico una lettera a Costantino (ep. 6, GERBERT, Lettres scientifiques) contenente il commento a un passo piuttosto oscuro dellInstitutio arithmetica boeziana (II,10), per la cui tradizione manoscritta si vedano MOSTERT 1997 e SILVESTRE 1949, mentre per la sua analisi si considerino FROVA 1974a, p. 344345 e HUGLO 2000, p. 154-155. Egli riesce a dimostrare con chiarezza come una proporzione numerica di tre elementi diseguali sia riconducibile, tramite unoperazione costante ripetuta in pi passaggi, a tre termini uguali, un interesse questo per le proporzioni fra i numeri che ritorna anche nellep. 134 a Remigio (GERBERT, Correspondance). Gerberto non evita qui di far trapelare il proprio orgoglio introducendo la sua soluzione, laddove molti si erano cimentati ma non con risultati altrettanto validi: fra i tanti anche laltro grande maestro del secolo, Abbone di Fleury. A riprova del successo che effettivamente ottenne il commento proposto da
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Gerberto si tenga presente che in molti manoscritti dellXI secolo dellInstitutio arithmetica, provenienti dalla Lotaringia, la lettera a Costantino viene riportata come glossa al passo preso in esame. Ci che affascina maggiormente Gerberto, il Leitmotiv di NAVARJ 1975, dunque lidea della disuguaglianza che, attraverso un processo ordinato, per gradi successivi si riduce a uguaglianza, lidea del molteplice riconducibile allunit. E lo incanta il motivo dellordine perfetto che regola i rapporti fra numeri, un motivo che ritorna pi volte nello scolio boeziano al termine del quale lo scolastico afferma che proprio in esso risiede la vera natura dei numeri. Si segnala infine la possibilit di unattribuzione a Gerberto, o al suo entourage, delle glosse al commento di Calcidio al Timeo del ms. Brussels, Bibliothque Royale 9625-26 (X sec.), avanzata da Anna Somfai in SOMFAI 2005. Lautore di tali glosse potrebbe essere considerato liniziatore della lettura matematica di alcuni passaggi del dialogo platonico, un profondo conoscitore del testo in grado di creare dal nulla dei diagrammi esplicativi. Lo stile delle glosse, il contesto scolastico, le caratteristiche paleografiche portano lautrice a ricollegare questi testi ai due maestri per eccellenza del X secolo, cio Gerberto e Abbone di Fleury, con una netta preferenza per per il primo.

2.1.a. Labaco e le cifre decimali


Linteresse matematico di Gerberto non tuttavia limitato solo a questo aspetto speculativo; in lui si evidenzia infatti anche la volont di elaborare un sistema di calcolo pi efficace rispetto a quello dellantichit, attirandosi cos il disprezzo di quanti, philosophi li definisce, ma philosophi sine litteris (GERBERT, Lettres scientifiques, ep. 1) guardano con disdegno a simili problematiche. La tendenza a cercare di ricomporre la frattura esistente fra i due aspetti della disciplina si fa sentire, in verit, anche nellopera dellaltro grande maestro, nonch rivale politico di Gerberto:

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Abbone di Fleury,, autore di un Commentarium in calculum Victorii e di un Computus. Per un primo approccio con lopera di Abbone si vedano EVANS 1985 e FROVA 2000 per laritmetica, e THOMSON 1985, THOMSON 1998 e MCCLUSKEY 1998, p. 152-157, per lastronomia, oltre a RICH 1984, p. 148-155, e 2004 per una valutazione globale del suo insegnamento. Per un pi specifico confronto fra lopera di Abbone e quella di Gerberto si considerino invece BISSON 1999 e MOSTERT 2001. Lopera di Abbone risulta tuttavia decisamente inferiore a quella di Gerberto, sia dal punto di vista teorico che da quello della risoluzione dei problemi del calcolo; soprattutto in questo secondo campo lo scolastico di Reims poteva daltronde vantare conoscenze pressoch uniche nellambiente occidentale latino dellepoca. dunque allabaco che Gerberto deve principalmente la sua fama nel campo della matematica, tanto che, nellXI secolo, quando si registrer il fiorire di questo genere di studi, gli abacisti saranno spesso chiamati con il nome di Gerbertisti; ed effettivamente la riforma dello strumento calcolatorio fu, come si legge in DIJKSTHERIUS 1971, p. 141, il maggiore contributo dello studioso di Reims alla storia dellaritmetica. Questi i testi gerbertiani legati allabaco, la cui tradizione manoscritta analizzata in MOSTERT 1997: 1) la prima lettera indirizzata a Costantino di Fleury, datata verso il 980: essa contiene una sorta di breve trattatello, pi che altro un compendio di norme duso per effettuare la moltiplicazione e la divisione, intitolato spesso anche Libellus de numerorum divisione. Esso edito in BUBNOV 1899 come Regulae de numerorum abaci rationibus, e, con traduzione francese, in GERBERT, Lettres scientifiques, ep. 1, e in LEVET 1997a. 2) una seconda lettera a Costantino, scoperta da Bubnov e testimoniata da un solo manoscritto, il Vat. lat. 3123, stata identificata dallo studioso russo con lintroduzione al trattato sullabaco perduto di cui ci d testimonianza solo unallusione di Richero, e intitolata Fragmentum de norma rationis abacis; edita in BUBNOV 1899 e in GERBERT, Lettres scientifiques, ep. 2.
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3) nella sezione relativa al teorema di Pitagora della Geometria Gerberti abbiamo poi lesemplificazione di numerosi casi di calcolo con le frazioni, dei quali si dice quod abacistae facillimum est ... (GERBERTUS, Geometria, caput XII). 4) unultima citazione dellabaco infine contenuta nellepistola 183 (GERBERT, Correspondance) a Ottone III dove, nella chiusa, Gerberto augura al giovane sovrano di poter vivere tanti anni quanto il numero pi grande rappresentabile sullabaco. Labaco utilizzato da Gerberto pone innanzi tutto un problema di origine, rispetto al quale si vedano i contributi di FROVA 1974a, LINDGREN 1976, VOGEL 1985, BEAUJOUAN 1996: esso obiettivamente diverso dallabaco usato nellantichit ma, a fronte di quanti ne affermano come sicura lorigine islamica, non neanche presente in alcuna fonte araba; tuttavia indiscutibile il fatto che il suo uso presupponga necessariamente il ricorso al sistema di numerazione arabo, cio il sistema decimale posizionale, importato dallOriente nella Spagna islamica. In esso bisogner allora vedere il prodotto di una contaminazione culturale, la sintesi fra uno strumento tradizionale per il mondo latino, labaco, e un importante elemento di novit, a esso estraneo, i numeri decimali. Il problema rispetto a Gerberto, peraltro irrisolto, quello di stabilire se egli sia stato il creatore dellabaco a colonne oppure se la sua elaborazione vada ricondotta allambiente dei matematici spagnoli cristiani e Gerberto si sia limitato allora a svolgere una funzione di mediatore, esportando materialmente labaco al ritorno dal suo viaggio in Catalogna; di sicuro lo si potr per considerare come il maggior divulgatore di questo strumento, tenendo presente che, prima di lui, non v traccia del suo utilizzo, e che gli abacisti dellXI secolo si ricollegano tutti, pi o meno direttamente, alla scuola di Reims. Gli scritti di Gerberto ci forniscono indicazioni solo sul modo di eseguire le operazioni ma non contengono nessuna informazione sullaspetto dello strumento. Per questultimo problema bisogner allora ricorrere alle descrizioni contenute nelle Storie di Richero (RICHERUS, Historiarum, III, 54) e nei trattati sullabaco dellXI secolo,

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in particolare quelli di Bernelino ed Erigero di Lobbes26, entrambi dipendenti nei loro studi dallinsegnamento di Gerberto, integrando tali descrizioni con le illustrazioni presenti nei manoscritti della Seconda Geometria apocrifa di Boezio, che utilizza le regole esposte nel Libellus di Gerberto27. Si arriva cos a determinare con esattezza laspetto dellabaco, costituito da una tavola divisa verticalmente in 27 colonne, riunite in gruppi da tre, nelle quali si collocavano gli apices, cio quadratini mobili di avorio od osso per mezzo dei quali si componevano i numeri e si eseguivano le operazioni. Sono proprio gli apices lelemento di maggiore interesse, in quanto essi testimoniano lutilizzo del nuovo sistema di numerazione arabo: Richero afferma infatti che, attraverso la combinazione di nove segni incisi sugli apices, sullabaco si poteva comporre qualsiasi numero. La testimonianza di Richero confermata poi dalle illustrazioni della Seconda Geometria dove sono

Bernelino autore di un Liber abaci scritto fra il 999 e il 1003, il pi antico trattato sullabaco che contenga una descrizione della tavola calcolatoria. Erigero, scolastico e abate di Lobbes dal 970 al 1007, istruito a Liegi da Notkero, fu corrispondente di Gerberto; autore di due trattati sullabaco: Regulae numerorum super abacum Gerberti (perduto) e Regulae de numerorum abaci rationibus (a lungo attribuito a Gerberto e pubblicato ancora come tale da Olleris, in OLLERIS 1867, con il titolo di Regula de abaci computo). In riferimento a questi successivi trattati sullabaco si veda FROVA 1974a e FOLKERTS 2001. 27 La Seconda Geometria apocrifa di Boezio un falso dellXI secolo composto in Lotaringia e strettamente legato alla figura di Gerberto: non solo infatti lautore utilizza le regole di calcolo con labaco esposte nel Libellus, ma la parte propriamente geometrica attinge molto probabilmente a quel manoscritto, oggi Napoli V.A.13, contenente numerosi estratti di gromatici e testi geometrici sotto il nome di Boezio, che Gerberto scopr a Bobbio e del quale fece dono al suo corrispondente Adelboldo di Liegi. Lo stesso Gerberto citato dallautore ma, coerentemente con la falsificazione, sotto il nome di Archytas di Taranto, matematico greco pitagorico del IV secolo a.C., e labaco detto tabula Pythagorae (sul manoscritto Napoli V.A.13 si veda cap. 2.4, La Geometria). Sulla sua storia e sui suoi legami con Gerberto si veda FOLKERTS 1970, 2003a, 2003c. Sulla problematica della tradizione degli scritti geometrici in epoca medievale si veda il lavoro di TONEATTO 1994.

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appunto rappresentati i nove segni della numerazione araba nella forma occidentale detta ghubar28. Era proprio lassenza di una cifra rappresentante il concetto di zero che rendeva indispensabile luso dellabaco dove, in luogo dello zero, si lasciava una colonna vuota29. La contemporanea testimonianza di Richero poi tanto pi importante in quanto, a dispetto della sua fama di introduttore della scienza araba, nessuna menzione dei numeri decimali contenuta negli scritti autentici di Gerberto. Lunico passo suscettibile di essere interpretato come unallusione al sistema decimale contenuto nel Fragmentum, in cui Gerberto afferma che tutti i numeri sono dati dallalternanza di digiti e articuli, il che potrebbe essere spiegato facendo riferimento al valore posizionale

28 Il che, data la fedele aderenza dello pseudo-Boezio allinsegnamento di Gerberto, permette di escludere luso di altri sistemi di numerazione alternativi a quello latino, come il sistema greco che utilizzava le lettere dellalfabeto minuscolo. Il sistema di numerazione introdotto dagli arabi, e di origine indiana, si presenta con una notevole variet di forme; la sua caratteristica, e importanza, fondamentale, non risiede infatti nellaspetto dei segni utilizzati per rappresentare le cifre ma nel concetto di valore posizionale. La forma conosciuta nella Spagna cristiana quella ghubar, la cui attestazione pi antica, escluso per lo zero, in un manoscritto di datazione certa contenuta nel codex Vigilanus (Escorialensis D.I.2) originario del monastero di Albelda in Asturia, copiato in un arco di tempo che va dal 974 al 976, al foglio 12v. Pi complessa la testimonianza del miscellaneo Ovetense di El Escorial (R.II.18), giunto a Oviedo nell 884, e nel quale i numeri indiani, compreso lo zero, figurano in una nota marginale: difficile per stabilire se si tratti di una mano mozarabica cordovese, anteriore all884, oppure di quella di un rifugiato a Oviedo, e posteriore quindi a tale data. Per unanalisi paleografica e codicologica, e una parziale edizione del codex Vigilanus, si veda GOMEZ 1989. Per il codex Ovietensis si veda DIAZ Y DIAZ 1969, p. 226-227. Per una storia della diffusione delle cifre indiane nel bacino del Mediterraneo si consideri BURNETT 2002, mentre sullargomento particolare della numerazione decimale nella forma ghubar si faccia tiferimento a FOLKERTS 2001. Riguardo al problema delluso delle cifre in Gerberto si veda POULLE 2005, p. 99-100 e NUVOLONE 2005e; sulle forme numeriche incise sugli apici, e sul loro nome, FOLKERTS 2003, BEAUJOUAN 1991b, NUVOLONE 2003, fig. 7, 14-19; 2004, p. 293-297. 29 NellXI secolo labacista Raoul di Laon introdusse luso di un gettone bianco designato con il nome greco sipos (gettone). Lattuale nome di zero deriva appunto dalla convergenza fra questo termine e quello arabo imparentato di al-sifr (cifra). Cf. BEAUJOUAN 1965, p. 588-589; FOLKERTS 2001, p. 256-262.

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delle cifre; si pu per osservare che questa terminologia si collega in realt a quella tradizionale del computo digitale. Lipotesi della presenza delle cifre arabe in uno scritto di Gerberto stata formulata nel 1995 dal musicologo americano Clyde Brockett, in BROCKETT 1995, lavoro successivamente ripreso e ampliato da Nuvolone in NUVOLONE 2003, 2004, 2005b e 2005e, articolo questultimo in cui si ripercorre la storia delle polemiche nate intorno alla scoperta delle figurae nascoste. Brockett ha riconosciuto la paternit gerbertiana di un poema figurato al f. 1v del ms. Paris, BNF, Lat. 776, un codice liturgico realizzato nel monastero benedettino della diocesi di Albi e contenente un corpus di graduali, tropi e officii secondo lo stile aquitano. Il poema inserito in una figura composta da unorbita circolare a otto raggi, convergenti verso un centro racchiuso da due quadrati iscritti a 45 luno nellaltro; levidenziazione delle lettere maiuscole O e T fornisce la chiave di lettura del poema, permettendo di individuare sugli assi centrali la scritta OTO e lungo i raggi il nome OTTO, riconnettendo cos il testo alla dinastia ottoniana. Loccasione per la composizione del poema sarebbe stata il dono di un organo a Ottone II per il suo matrimonio con la principessa bizantina Teofano nellaprile 972. Sul modello delle pagine a tappeto di Rabano Mauro (per le quali si veda SCHIPPER 2004), probabile modello del poema attribuito a Gerberto, che vedevano lassociazione del poema figurato con una pagina in cui i versi erano riscritti in forma di testo normale in modo da evidenziarne tutti i significati nascosti, Brockett procede a una ridistribuzione dei versi associandoli in modo tale che le prime e le ultime lettere costituiscano lacrostico OTTO. Allinterno del testo cos ottenuto lautore rintraccia, inscritta fra i versi, unulteriore strofa (in cui si esplicitano lautore e i destinatari della composizione: Reum a qua aequa dedoce meta, / vere libri apta piatur./ Ararum ala ducta minor, ecce,/ a tumore vertas una novem. Dos/ a Gerberto Ottoni Theophano), le cui lettere sembrano essere disposte a formare figurae equivalenti alle cifre arabiche secondo le forme presenti nel Codex Vigilanus. Assai
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scettico nei confronti della tesi di Brockett si rivela Emmanuel Poulle, il quale, pur accettando lautorit gerbertiana dello scritto e la sua composizione in occasione del matrimonio di Ottone II, rimprovera al musicologo americano di non aver minimamente esplicitato il metodo di lavoro che lo ha condotto allindividuazione del testo nascosto (POULLE 2005, p. 103-108). Severo il suo giudizio finale (ivi, p. 113): Je ne puis tenir une telle riconstitution pour un travail dhistorien; nous sommes mme ici plus prs de la science-fiction que du roman historique . Ma le tesi di Brockett sono ampiamente confermate dagli approfondimenti del prof. Nuvolone, il quale ha apportato anche alcune modifiche alle conclusioni del collega, sia per quel che riguarda ledizione del testo e la traduzione, sia soprattutto la sua datazione, spostata a dieci anni dopo, nel giugno 983. Nuvolone infatti individua, dopo OTO e OTTO, anche la parola OTTTO, leggibile sui perimetri dei quadrati iscritti a partire dalla O posta al centro della composizione. Il numero otto cos il leit-motiv della composizione, non solo per il riferimento agli Ottoni, ma anche per il richiamo a un complesso simbolismo numerico: otto sono i toni della salmodia che formano l octoechos o modalit gregoriana, otto sono le stazioni dellorbita solare corrispondenti a quelle della liturgia quotidiana delle ore nei monasteri. A tutto questo si aggiungono poi le considerazioni sulle valenze simboliche delle due figure che compongono la struttura, cio il quadrato e il cerchio, simboli di perfezione e completezza, e delle ultime due figurae, il triplice zero o triqueta e lomega. Il testo quindi riecheggia lordine della creazione e della provvidenza, connettendovi il ruolo della famiglia imperiale; esso dunque destinato alla coppia imperiale Ottone II Teofano, ma con un occhio da una parte al ricordo di Ottone I e dallaltro, e soprattutto, visto il ruolo grafico centrale, al bambino futuro Ottone III. Limportanza dellabaco di Gerberto stata sottolineata in particolar modo dallo storico della scienza medievale Guy Beaujouan in BEAUJOUAN 1971, 1985, 1991a e 1991b: lo studioso

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stabilisce un legame fra luso degli apici dellabaco e le modalit con cui vengono rappresentate le cifre arabe nelle pi antiche testimonianze manoscritte, evidenziando la priorit delluso dello strumento rispetto allo scritto, coerentemente daltronde con quella che Beaujouan identifica come una delle caratteristiche fondamentali dello studio del quadrivium nellAlto Medioevo, il suo vivere cio della trasmissione, nellambito dellinsegnamento, di tecniche integrate dalle conoscenze del maestro piuttosto che della pratica con i soli testi. A questo proposito interessante notare che spesso i trattati sullabaco non si presentavano come trattati dogmatici contenuti in codices, bens erano copiati su rotuli o schedulae intitolate, negli antichi cataloghi, Tabula abaci o Regula abaci, a riprova del fatto che luso dellabaco si insegnava molto pi attraverso la pratica che attraverso testi canonici. Le rappresentazioni delle cifre presentano il fenomeno definito da Beaujouan come rotazione paleografica delle cifre: la stessa cifra compare cio, nei vari testi, in forme apparentemente diverse, che sono in realt il frutto di una o pi rotazioni di novanta gradi rispetto alla forma ghubar originale; tale fenomeno spiegabile supponendo appunto che la prima conoscenza delle cifre arabe nel mondo occidentale sia derivata dalla consuetudine con lo strumento dellabaco e in particolare con gli apices che, essendo quadratini mobili e non fissi sullabaco, potevano essere ruotati, generando cos confusioni ed errori che talvolta finivano per essere assunti come la norma, guadagnandosi la dignit del testo scritto. Labaco di Gerberto svolse quindi, secondo Beaujouan, un ruolo fondamentale nella fase iniziale di diffusione del nuovo sistema di numerazione. Lesperienza degli abacisti sar rapidamente superata dallaffermarsi, a partire dal XII secolo, di un nuovo sistema di calcolo, lalgoritmo, che sar quello destinato a trasmettersi al mondo moderno: introdotto ormai anche lo zero labaco a colonne risulter del tutto obsoleto, e il nuovo sistema consister nel tracciare i vari passaggi delle operazioni su una superficie coperta di polvere o sabbia (e in seguito su carta), secondo un metodo
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assai pi agile rispetto a quello degli abacisti (sulla difficolt dei trattati sullabaco si veda EVANS 1972). Tuttavia il loro contributo alla storia della scienza resta, e consiste nellaver effettuato il primo tentativo organico di superare il farraginoso sistema di calcolo ereditato dallantichit.

2.2 La Musica La musica , fra le discipline insegnate da Gerberto, quella per la quale disponiamo del minor numero di testimonianze significative, ed quindi piuttosto difficile definire con precisione i limiti delle conoscenze dello scolastico. Per uno sguardo dinsieme sui pi recenti contributi allo studio della musica in Gerberto si veda NUVOLONE 2005b; per una prima introduzione a Gerbertomusico si legga la voce Gerbert nel New Grove Dictionary, HUGLO 1980; per una panoramica pi approfondita si veda LIBERT 2001 e, con particolare riferimento al contesto catalano, GMPEL 2003. Nelle Storie Richero afferma che il giovane monaco aquitano, interrogato dal papa Giovanni XIII, si dimostr assai esperto di musica e astronomia. Ancora attraverso Richero sappiamo poi che il logico di Reims Geranno chiese al giovane allievo di essere istruito nelle arti del quadrivium, ma dovette arrendersi di fronte alle difficolt incontrate nellambito della musica. Certamente quindi Gerberto dovette avere una formazione piuttosto solida in campo musicale (e si ricorda anche che nel Liber pontificalis laquitano definito Gerbertus cognomento musicus), e lepisodio di Geranno dimostra come anche tale tipo di conoscenze non fosse facilmente acquisibile; tuttavia, in questo caso, Richero esagera nella lode del suo maestro quando afferma che, allora, la musica era totalmente ignorata sia in Italia sia in Gallia. Gi presso i maestri carolingi si era infatti registrato un crescente interesse per tale disciplina, in coincidenza anche con la riscoperta del IX libro del De nuptiis di Martiano Capella (per unintroduzione

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allopera del quale si vedano MCCLUSKEY 1998, p. 120-128 e CONTE 2000, p. 586), interesse che spinse alla riesamina delle teorie antiche, alla loro attualizzazione, e alla creazione di ottimi manuali che resteranno a lungo, anche nei secoli successivi, la base dellinsegnamento musicale, cos come illustrato in FARMER 1970, p. 181-182, MEYER 1997, p. 186-187, MEYER 2001, BOWER 2002 e SANTI 2003. Per comprendere il perch dellinserimento della musica fra le discipline del quadrivium, come ben illustrato in BELLISSIMA 2000, si deve tener presente che la teoria musicale si fonda su presupposti numerici, noti fin dallAntichit e la cui scoperta era attribuita per tradizione a Pitagora: i suoni sono cio rappresentabili attraverso numeri, e gli intervalli attraverso rapporti numerici. Su questi principi matematici si basava poi linterpretazione metafisica della musica che trovava una completa formulazione nel Timeo di Platone, noto agli studiosi altomedievali attraverso la traduzione di Calcidio30: nel Timeo si afferma infatti che lanima del mondo strutturata secondo le proporzioni che si possono stabilire fra le serie dei quadrati e dei cubi di 2 e 3 (cio fra le due serie 1,2,4,8 e 1,3,9,27), proporzioni che conducono a una scala musicale (precisamente la scala di Mi) considerata come il sistema acustico perfetto; il movimento delle sfere celesti produce cos unarmonia, la musica cosmica, non percepibile dallorecchio umano. A partire proprio dalle formulazioni platoniche si era venuta per a costituire una profonda frattura fra quella che era la teoria della musica e la pratica strumentale, relegata in una posizione decisamente inferiore. Questa distinzione, consolidatasi nella Tarda Antichit nelle due figure distinte del musicus e del cantor, si trasmise anche allAlto Medioevo, in particolare attraverso lopera latina per eccellenza di musica speculativa (e riferimento principale dello stesso Gerberto) vale a dire lInstitutio musica di Boezio, per

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Sulla trasmissione di Calcidio in epoca medievale si veda HUGLO 1990.

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la cui analisi si vedano FARMER 1970, p. 190-196, CHADWICK 1986, p. 113-139, GUILLAUMIN 1995, p. XXIX-XXXIX e MEYER 2001, p. 19-21. I testi a noi pervenuti di mano dello scolastico di Reims sono: 1) due lettere indirizzate a Costantino di Fleury e contenenti scolii allInstitutio musica di Boezio, 10,II-2,IV-21,II (in realt essi concernono problemi solo aritmetici analoghi a quelli dello scolio allInstitutio arithmetica), edite in BUBNOV 1899 e in GERBERT, Lettres scientifiques, con traduzione francese. Per la tradizione manoscritta si veda MOSTERT 1997. Vi si affrontano questioni legate ai rapporti fra numeri: nella prima lettera Gerberto intende chiarire laffermazione di Boezio per cui un rapporto superparticolare moltiplicato per due d un risultato che non n superparticolare n multiplo; nella seconda lettera viene invece commentata la proposizione boeziana per cui, se si sottrae a un rapporto superparticolare un altro rapporto superparticolare pi piccolo, il resto minore della met del rapporto che stato sottratto. 2) Un trattato sulle canne dorgano, De mensura fistularum, composto a Reims intorno al 980, la cui paternit gerbertiana stata riconosciuta solo nel 1976 dal musicologo tedesco KlausJrghen Sachs, e pubblicato in GERBERTUS, De mensura. Il testo era gi stato edito nel 1779 dallabate di Saint-Blaise (Foresta Nera) Martin Gerbert, nella sua opera Scriptores de musica sacra, ma era stato attribuito a Bernelino. La posizione di Sachs si giustifica, fra laltro, con lesplicita attribuzione dellopera a Gerberto contenuta nel ms. Madrid, Biblioteca Nacional, 9088, dove linizio dellopera il seguente: Gerbertus de commensurabilitate fistularum et monochordi, cur non conveniant.... Inoltre Sachs sottolinea che si tratta di un testo scritto su richiesta (esso infatti identificato anche con lincipit Rogatus a pluribus), caratteristica questa delle opere di Gerberto; e che le autorit citate sono le stesse presenti nella Geometria Gerberti, testo con il quale si possono rilevare anche delle affinit lessicali. Sullargomento si vedano anche SACHS 1972, p. 257-274 e NUVOLONE 2005b. 3) Si segnala che M. Huglo e C. Meyer, in HUGLO 2000, p. 158, avanzano lipotesi della possibilit di attribuire a Gerberto anche

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un secondo trattatello intitolato De ratione, proportione et divisione semitonii, il cui testimone pi antico un manoscritto della fine del X secolo proveniente dalla Lotaringia; il problema del calcolo del semitono qui esposto infatti al centro anche del De mensura fistularum.

2.2.a. Il monocordo Secondo quanto affermato da Richero linsegnamento musicale di Gerberto a Reims prevedeva lutilizzo del monocordo, e al proposito M. Huglo, in HUGLO 2000, fa notare come Richero utilizzi un appropriatissimo vocabolario tecnico. Si tratta, come noto, di uno strumento dimostrativo assai antico, la cui invenzione attribuita dalla tradizione addirittura a Pitagora. Esso costituito da una cassa di risonanza sopra la quale tesa una corda: lapplicazione di piccoli pesi di piombo a diverse altezze prestabilite, variando la lunghezza della corda rispetto alla cassa di risonanza, permette di produrre i sette suoni naturali e di verificare quindi praticamente lesattezza delle proporzioni numeriche che li generano, corrispondenti alle misure dei due tratti in cui la corda divisa dal suddetto peso; esso ampiamente descritto dal punto di vista tecnico in BEAUJOUAN 1971 e BELLISSIMA 2000, mentre i trattati sulla divisione del monocordo prodotti in epoca medievale sono analizzati in MEYER 1996. Laffermazione di Richero ci dimostra che il monocordo era concretamente presente nella classe di Gerberto a Reims, e che lo scolastico non si limitava quindi a illustrare le proporzioni numeriche che generano i suoni ma ne mostrava fattivamente, udibilmente, la corrispondenza reale31. Teoria della musica e sua dimostrazione pratica sembrano dunque ricongiungersi nellinsegnamento di Gerberto; resta il

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Cf. FARMER 1970, p. 181-182; MEYER 2001, p. 60-69.

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problema se questo possa significare anche introduzione delluso del monocordo nelle scuole cantorie, come suggerito in MEYER 1997. Lutilizzo pratico del monocordo, tanto come strumento-guida per linsegnamento del canto quanto come strumento dimostrativo per la comprensione della musica speculativa, era pratica comune fra i musici arabi; in particolare si sottolinea, vista lesperienza di Gerberto, che la musica era ampiamente diffusa in Andalusia, dove il suo insegnamento, sulla scia del fiorire della trattatistica orientale al riguardo, si era affermato a partire dal IX secolo, come illustrato in FARMER 1970, p. 26-28 e SANTI 2003. NellOccidente latino, invece, il canto gregoriano, canto senza accompagnamento sviluppatosi a partire dallet carolingia, era insegnato quasi esclusivamente senza alcun ausilio strumentale, ma avendo come guida a cui conformarsi solo la voce del maestro; talvolta poteva essere utilizzato come riferimento per lintonazione un organo, strumento che per non garantiva la stessa precisione e ampiezza di possibilit del monocordo, rispetto al quale nel Dialogus de musica si afferma che, grazie ad esso, lallievo pu imparare il canto anche senza un maestro32. Il fatto che proprio intorno allanno Mille, in corrispondenza con gli anni del pontificato di Silvestro II, il monocordo si sia diffuso improvvisamente nei monasteri dEuropa e sia entrato nelle scuole cantorie per imporsi come strumento fondamentale per linsegnamento del canto gregoriano, e che tutti i trattati di musica successivi a questo periodo (a partire dal Dialogus de musica, risalente proprio agli anni del pontificato di Silvestro II, e composto in Italia settentrionale) si aprano invariabilmente con lillustrazione del metodo di divisione, fa sospettare che nellaffermazione di Richero, secondo il quale attraverso questo strumento Gerberto metteva in corrispondenza toni e suoni, possa celarsi lallusione al suo utilizzo non solo per la verifica dei principi della teoria

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RICH 1984, p. 249-250; HUGLO 2000, p. 156; MEYER 2001, p. 40-44.

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musicale, ma anche come strumento guida nellapprendimento del canto33.

2.2.b. Gerberto costruttore di organa?

Un primo problema, recentemente sollevato, rispetto alla questione degli organa, quello della identificazione, data finora per scontata, con lanonimo strumento musicale, problema illustrato in H ENTSCHEL 2003. In generale poi sullargomento Gerberto-costruttore di organi si segnala il volume FLUSCHE 1994. Per quel che concerne i testi, bench le Storie di Richere facciano menzione del solo monocordo come strumento utilizzato da Gerberto, ben quattro epistole dello stesso scolastico parlano degli organa (ep. 70-91-92-160, GERBERT, Correspondance) rimasti a Bobbio dopo il precipitoso ritorno a Reims34, organa che laquitano avrebbe voluto recuperare per farne dono al monastero di Aurillac. A questa testimonianza va aggiunta poi quella delloperetta De mensura fistularum (vedi sopra), con la quale Gerberto si inserisce in una tradizione di trattatistica tecnico-speculativa, quella appunto sulle proporzioni delle canne dorgano, in cui gli autori alto medievali avevano mostrato una notevole originalit, oltre che buone conoscenze e abilit danalisi del sistema acustico. Il trattato di Gerberto si propone di dimostrare come le proporzioni

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Cf. FARMER 1970, p.181-182; SACHS 1972, p. 259-260; MEYER 1997, p. 185, 191; SANTI 2003, p. 84. 34 Come abate di Bobbio Gerberto aveva cercato, inutilmente, di contrastare lingerenza delle grandi famiglie aristocratiche della regione nelle questioni riguardanti labbazia. La morte improvvisa del suo protettore Ottone II il 7 dicembre 983, e il conseguente rafforzarsi del partito di corte a lui avverso, lo spinsero ad abbandonare Bobbio e, dopo alcune soste in citt italiane, a ritornare a Reims.

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numeriche valide per il monocordo, e corrispondenti alla scala del sistema acustico perfetto di Platone-Calcidio, non siano automaticamente applicabili alle canne dellorgano, in quanto, in questo secondo caso, il suono non prodotto dalla vibrazione di una corda bens di un corpo cilindrico ed quindi necessario tener conto del volume della canna oltre che della sua lunghezza. Il problema della non corrispondenza fra le due serie di proporzioni numeriche, quella del monocordo e quella delle canne dorgano, non era solo un problema di natura tecnica, ma aveva pesanti implicazioni teoriche data lequivalenza dei valori numerici validi per il monocordo con quelli alla base della struttura dellanima del mondo secondo il Timeo platonico. Gerberto, costantemente alla ricerca di quellordine universale che ha ampiamente lodato nei suoi scritti geometrici e matematici, riesce a dimostrare, attraverso una complessa serie di operazioni aritmetiche, come le proporzioni valide per le canne dellorgano siano in realt riconducibili, in base a una serie di semplificazioni, a quelle del sistema perfetto pitagorico, e cos equivalenti a quelle del monocordo, rivelando in tal modo lesistenza di un unico ordine razionale a fondamento delluniverso. Per unanalisi del trattato e del procedimento matematico usato da Gerberto per la sua dimostrazione si vedano SACHS 1972, p. 266-274 e MEYER 1997, p. 187-190. Michel Huglo, in HUGLO 2000, sottolinea la probabilit che, fra le fonti di Gerberto, vi sia anche la Musica Isidorii, cio il III libro delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia interpolato, in manoscritti in scrittura visigotica, con la scala dei suoni tratta dal Commento di Porfirio al Timeo (HUGLO 1994), manoscritti che in Catalogna lo scolastico avrebbe potuto facilmente consultare. Ultima testimonianza della capacit di Gerberto di costruire organa il gi citato carmen figurato analizzato da Clyde Brockett, poema che accompagnava proprio il dono di un organo. Come si gi visto nel caso del monocordo, in Gerberto si vedono dunque convergere le conoscenze del teorico musicale e quelle del musicista strumentale, unite in questo caso anche a notevoli abilit artigianali.

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A Bobbio dunque Gerberto dovette essersi dedicato con particolare attenzione allinsegnamento della musica 35 , impegnandosi soprattutto nella realizzazione di strumenti, gli organa, che potevano essere utilizzati non solo come ausilio per la comprensione dei principi della teoria musicale, al pari del monocordo, ma anche, a differenza di questultimo, come veri e propri strumenti musicali di accompagnamento alla liturgia. In relazione allinsegnamento musicale di Gerberto a Bobbio stata evidenziata da M. Tosi (T OSI 1985) lesistenza di un manoscritto, lAmbr. C.128 Inf., databile alla seconda met del X secolo e contenente scritti musicali e aritmetici legati a Boezio, manoscritto che, secondo lautore, con molta probabilit riconducibile alla scuola gerbertiana. Il f. 1 di questo codice contiene infatti una decorazione a piena pagina costruita sullespressione pone superparticolares, lespressione cio che apre lo scolio gerbertiano allInstitutio arithmetica di Boezio, e che ci fornisce cos un prezioso indizio per individuare lambiente in cui il manoscritto stato prodotto. Al f. 46v poi presente un disegno rappresentante un organo: si tratta di una struttura verticale a 10 canne alla base delle quali posta la tastiera, alla destra collocato il suonatore e alla sinistra un inserviente che manovra i mantici; in base allipotesi formulata da Tosi, che lega quindi questo manoscritto alla scuola musicale bobbiense organizzata dal nuovo abate, questo potrebbe essere proprio laspetto degli organa realizzati da Gerberto. Pi difficile stabilire di quale tipologia di organo si trattasse. Per una storia di questo strumento si vedano ROBBINS 1929, APEL 1948, WILLIAMS 1993 e MORENO 2000: la prima forma, realizzata dallingegnere alessandrino Ctesibio nel III secolo a.C., era

Il fatto che a Bobbio Gerberto avesse organizzato una scuola, a prescindere dalle materie insegnate, confermato dallepistola 13 (GERBERT, Correspondance) (Bobbio o Pavia, prima del 7 dicembre 983) a Egberto, arcivescovo di Trevi, nella quale labate promette al suo corrispondente di accogliere studenti in Italia . Inoltre proprio allepoca dellabbaziato bobiense, giugno del 983, datato il carmen figurato secondo Nuvolone.

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l hydraulis , nel quale, per equilibrare la pressione dellaria allinterno delle canne, veniva utilizzata lacqua; successivamente si pass allimpiego di mantici e, a partire dal III secolo d.C., si introdusse il termine organum, a indicare soprattutto il nuovo modello dellorgano pneumatico. La storia dello strumento in Occidente subisce un arresto allepoca delle invasioni barbariche: intorno al VI secolo, infatti, si perde del tutto la capacit di realizzare l hydraulis, mentre permane qualche sporadica realizzazione del tipo pneumatico. Luso dellorgano, riservato come gi nellAntichit alle cerimonie civili, rimane invece sempre vivo a Bisanzio, e riceve un nuovo impulso dal contatto con il mondo arabo, dove la sua tecnica di costruzione, in primo luogo del tipo idraulico, era stata appresa direttamente dai testi greci. A partire dallVIII secolo lhydraulis, grazie a Bisanzio, fa la sua ricomparsa nellOccidente latino, suscitando un immenso stupore e guadagnandosi menzioni nelle cronache dellepoca: nel 757 limperatore Costantino Copronimo ne fa dono a Pipino il Breve, nell812 un secondo organo viene inviato a Carlo Magno, nell826, alla corte di Ludovico il Pio, un hydraulis realizzato da un prete veneziano edotto in questarte a Bisanzio. Bench il tipo pneumatico resti comunque quello pi diffuso nellOccidente latino, un passaggio del carmen figurato analizzato da Brockett nel quale si afferma che ... omnia que nato rogite cum pneumate sacro/ occupat atque suo mare quod tam gurgite vasto..., ...Richieda con insistenza tutto ci che necessita al figlio col Soffio sacro,/ pressato inoltre dal mare con le sue onde profonde..., versi questi che giocano sul doppio senso dellespressione pneuma sacer, interpretabile sia come Spirito santo sia come soffio dellorgano utilizzato nelle celebrazioni liturgiche e sospinto dallacqua36 fa propendere piuttosto verso

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Cf. NUVOLONE 2003, p. 140-141, 199-205 e 2004, p. 315-322.

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la tipologia idraulica, di pi complessa fattura, il che spiegherebbe anche le difficolt di trasporto dallItalia al monastero di Aurillac. Al proposito si segnala che, bench la testimonianza di Guglielmo di Malmesbury vada considerata con cautela dato il suo legame con il filone letterario della leggenda di Gerberto papamago, egli fa comunque riferimento a un organo idraulico lasciato dallo scolastico a Reims (di cui tuttavia non fa menzione Richero) (WILLELMUS, Gesta).

2.3 LAstronomia Una storia dellastronomia alto-medievale offerta dal lavoro MCCLUSKEY 1998, dal quale risulta che, persi i contatti con la tradizione antica di osservazione e di studio secondo modelli geometrici di rappresentazione, tale disciplina si era sostanzialmente ridotta al rango di ausiliaria della liturgia: ad essere praticata era infatti quasi esclusivamente larte del computo (per il quale si veda il gi citato B ORST 1997), sia per la determinazione del calendario liturgico, in particolar modo della data della Pasqua, sia per il calcolo del tempo giornaliero, fondamentale per la vita monastica rigorosamente scandita dalle ore della preghiera. Lastronomia pratica dunque, limitata a tali ambiti esclusivamente monastici, finiva per diventare in realt un semplice caso particolare della pratica aritmetica. Unaltra forma di interesse per lastronomia, tendenzialmente pi teorica, registra la sua fioritura a partire dallepoca carolingia e si concretizza nella produzione dei cosiddetti cataloghi di stelle: si tratta di descrizioni dellaspetto visivo delle costellazioni, delle quali vengono messe in evidenza il numero di stelle che le compongono e la localizzazione di quelle principali; vi si affrontavano, inoltre, anche problemi di cosmologia, fornendo schematiche rappresentazioni pittoriche del sistema delle sfere
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celesti. Si tratta tuttavia di testi pi letterari che scientifici, che attingono alla tradizione enciclopedica latina, dalla Naturalis Historia di Plinio alle Etymologiae di Isidoro di Siviglia fino ad arrivare al De natura rerum di Beda il Venerabile, e che non sono scevri da fascinazioni mitologiche: spesso, infatti, le illustrazioni che accompagnano il testo rappresentano in realt la figura mitologica che d il nome alla costellazione piuttosto che lo schema reale secondo cui sono disposte le stelle; n manca, talvolta, un certo simbolismo religioso riscontrabile ad esempio in Alcuino di York. Sempre costante era il rischio che lo studio dellastronomia degenerasse in astrologia, a tutto discapito della scientificit. ancora alla corte carolingia, in particolar modo a partire da Luigi il Pio, che si registra un revival di quella contaminazione fra astronomia e astrologia che era fiorita alla corte imperiale romana, e aveva poi lasciato scarse tracce di s nei primi tempi dellAlto Medioevo. Si tenga presente tuttavia che questa astrologia di corte non va confusa con la semplice predizione astrologica, unanimamente deprecata, e godeva di una considerazione pari a quella della scienza astronomica vera e propria; almeno teoricamente, infatti, astronomia e astrologia costituivano due discipline distinte e di pari dignit, secondo la definizione isidoriana che assegnava alluna lo studio dei movimenti dei corpi celesti, e allaltra le ragioni che presiedono a tali movimenti, cio rispettivamente il nomos e il logos. La latente ambiguit perlomeno nella pratica, se non nella definizione ufficiale della materia, risulta per chiara dal fatto che i due termini astronomia/astrologia nel linguaggio comune spesso si sovrapponevano e si confondevano. Ma nessuna ambiguit emerge nellattivit di Gerberto, il quale si mostra a tutti gli effetti un astronomo, osservatore del cielo non gi per scorgervi segni e determinare influssi astrali ma per individuare pianeti e stelle in esso presenti: linvito da lui rivolto ai suoi studenti di Reims infatti quello di scrutare, nelle notti serene, i corpi celesti per riconoscerli e determinarne le altezze sullorizzonte al momento del sorgere e del tramontare:

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Nam tempore nocturno ardentibus stellis operam dabat; agebatque ut eas in mundi regionibus diversis obliquatas, tam in ortu quam in occasu notarent (RICHERUS, Historiarum, III, 50) Per quel che riguarda i testi sicuramente autentici di Gerberto ricordiamo: 1) la lettera a Costantino di Fleury sulla costruzione della semisfera (ep. 3, GERBERT, Lettres scientifiques), di data sconosciuta ma collocabile entro il 982 (della quale si parler nel paragrafo seguente). 2) la lettera 153 (GERBERT, Correspondance) a Adamo sul metodo di determinazione degli archi diurni e notturni alle diverse latitudini, datata al 989, analizzata in POULLE 1985, p. 600-602, 612; MCCLUSKEY 1998, p. 65-70; SIGISMONDI 2003, p. 70-75. La lettera si fonda su una conoscenza astronomica esclusivamente latina, in particolare Gerberto commenta qui una regola esposta nel De nuptiis di Marciano Capella. Con questo scritto inoltre laquitano si inserisce nella tradizione altomedievale dei computi, tipica dellambiente monastico, e che soprattutto aveva avuto a Reims un illustre rappresentante in Remigio dAuxerre, scolastico dall883 al 900. Remigio fu autore, fra laltro, di un commentario In Marcianum Capellam, nel quale si dimostra a tal punto versato nellarte del computo da riuscire a chiarire, e talvolta perfino correggere, alcune affermazioni dellautore. In realt linteresse di Gerberto per tale tradizione era probabilmente debole, avvicinandosi maggiormente, in questa branca del sapere, allo spirito antico di osservazione: nonostante la tradizione della scuola, nonostante la possibilit di accedere allopera di Remigio, la lettera di Gerberto presenta infatti un grossolano fraintendimento della regola di Capella commentata. Sullaspetto delle conoscenze geografiche di Gerberto, in particolare gli aspetti tolemaici di esse, si vedano LINDGREN 1985 e SIGISMONDI 2003a. Di notevole aiuto sono poi le Storie di Richero, il quale si diffonde dettagliatamente nella descrizione degli strumenti usati dallo scolastico per linsegnamento dellastronomia alla scuola di Reims.
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Come spia dellinteresse sempre vivo di Gerberto in questo campo si consideri poi anche la richiesta del trattato di astronomia tradotto dallarabo fatta a Lupito di Barcellona nel 984 (ep. 24, GERBERT, Correspondance).

2.3.a. Gli strumenti astronomici di Gerberto Furono essenzialmente gli strumenti usati da Gerberto, in particolare le sfere, a destare la grande ammirazione dei suoi contemporanei, tanto che lo scolastico di Reims pot utilizzarli come prezioso oggetto di scambio per ottenere un bene altrettanto prezioso per lui: manoscritti (ep. 134, GERBERT, Correspondance). Lestrema cura con cui tali sfere sono descritte da Richero, il quale sottolinea come esse rendessero facilmente comprensibile a chiunque una disciplina tanto ardua, e dedica proprio allinsegnamento dellastronomia il numero maggiore di capitoli delle sue Storie, rivela quale dovette essere lentusiasmo suscitato fra i contemporanei. Si tratta dunque di ottimi strumenti pedagogici, di cui non c traccia in precedenza nelle scuole alto-medievali n in quelle contemporanee37, e che paiono scaturire dallinventiva dello scolastico, lars di Gerberto sottolineata da Richero, dalla sua stessa passione per linsegnamento38, dalla capacit di rileggere le fonti tradizionali del sapere operando unintelligente contaminazione fra di esse, non limitandosi come i suoi predecessori a semplici rielaborazioni letterarie ma riproducendo fattivamente quelle descrizioni in modelli tangibili, il tutto corroborato probabilmente

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Cf. FROVA 1974b, p. 79. Gerberto rivela una spiccata propensione per lelaborazione di efficaci strumenti pedagogici: oltre alle sfere astronomiche si consideri infatti la tavola-manuale da lui creata per aiutare nella memorizzazione delle regole retoriche, citata nellepistola 92 al monaco Bernardo (inizio del 987) (GERBERT, Correspondance).

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dal ricordo di strumenti utilizzati in ambiente culturale arabo, visti durante il suo soggiorno in Catalogna. da sottolineare, comunque, che si tratta solo di strumenti pedagogici e non di veri e propri strumenti di osservazione, in quanto essi permettono esclusivamente lindividuazione dei corpi celesti ma non offrono la possibilit di effettuare la misurazione delle coordinate stellari. Si individuano quattro tipi di sfere, per la cui descrizione tecnica si vedano FROVA 1974b, LINDGREN 1976, POULLE 1985, ZUCCATO 2005a. Per una panoramica generale sugli strumenti astronomici in uso nel Medioevo si consulti poi DESTOMBES 1966. 1) una sfera delle stelle, piena e in legno, rivestita di cuoio, recante sulla superficie il disegno delle costellazioni, testimoniata da Richero (RICHERUS, Historiarum, III, 50) e da Gerberto nellep. 148 e 152 (GERBERT, Correspondance). Si tratta cio di una sfera celeste, strumento di rappresentazione astronomico di origine ellenistica utilizzato anche dagli arabi. La rappresentazione della sfera celeste si basa sullimpressione che si ricava dallosservazione del cielo in una notte serena, per cui le stelle appaiono come punti fissi luminosi incastonati sulla superficie di una volta centrata verso losservatore: lo strumento non fa altro che riprodurre questa volta immaginaria. Per quel che riguarda lorigine araba di queste sfere, ampiamente descritte in SAVAGE 1985, si consideri che il ms. ACA 225 Ripoll, di cui si parler pi oltre, contiene il De orologio secundum alkoram, id est, speram rotundam, che appunto la testimonianza di una sfera celeste ed utilizza una fonte araba; e di origine araba il pi antico globo celeste esistente al mondo, fabbricato a Valencia da Ibrahim Ibn Said nel 1085 e conservato allIstituto e Museo della Storia della Scienza di Firenze. Una descrizione letteraria latina di un globo celeste quella contenuta nel libro VIII del De nuptiis di Marciano Capella: nella rappresentazione allegorica lAstronomia compare sulla scena accompagnata dalla sorella Geometria, la quale indossa un mantello sul quale sono rappresentati il sistema dei cieli, le orbite del sole e della luna e varie costellazioni, e reca in mano un globo celeste.

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2) la semi-sfera, oggetto oltre che della descrizione di Richero (RICHERUS, Historiarum, III, 51) anche di quella dello stesso Gerberto nella ep. 3 a Costantino (GERBERT, Lettres scientifiques), per la cui tradizione manoscritta si veda MOSTERT 1997. Essa era, fra tutte, lo strumento pi complesso e quello pi specificatamente legato allosservazione diretta dei corpi celesti. Si trattava di una semisfera in legno di grandi dimensioni sulla cui superficie erano segnati i circoli polari, i tropici e lequatore, intersecati da un meridiano. Nei punti di intersezione fra i paralleli e il meridiano erano praticati dei fori e inserite delle fistulae, in tutto sette, convergenti verso il centro, dove si collocava losservatore. Siamo qui di fronte ad una anbuba, cio un tubo rettilineo per lindividuazione dei corpi celesti, di origine araba, descritto ampiamente insieme ad altre tipologie dello stesso strumento in MICHEL 1954. Guardando attraverso le fistulae, una volta orientata la sfera secondo linclinazione del globo terrestre, era possibile individuare le stelle presenti di volta in volta alle principali latitudini. Secondo Ute Lindgren invece, in LINDGREN 1976, le fistulae comprese fra le due polari non sarebbero state convergenti verso il centro ma parallele fra loro. Come si sottolinea in ZUCCATO 2005a lintento di Gerberto era quindi quello di familiarizzare gli studenti con i cinque cerchi della tradizione aratea, essenziale per comprendere i principi base dellastronomia classica. Tale strumento non ebbe per seguito nel Medioevo in quanto soppiantato dallaffermarsi di un nuovo, autentico e ben pi maneggevole strumento di osservazione: lastrolabio. 3) la terza una sfera armillare, cio un antico strumento di rappresentazione dei grandi cerchi celesti (equatore, meridiani, eclittica, tropici), in pratica corrispondente a una sorta di scheletro della sfera celeste. La pi antica armilla completa conosciuta quella utilizzata dai Greci di Alessandria nel 140 d.C. ca., ma modelli pi semplici erano di uso generale anche prima di questa epoca. La prima versione dellastrolabio, il cosiddetto astrolabio sferico illustrato da Tolomeo, non era altro in realt che una rielaborazione dellarmilla in modo tale da trasformarla da modello

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astronomico a strumento dosservazione. Le sfere armillari conobbero una grandissima diffusione nel mondo islamico e le armille utilizzate nel XII secolo dagli arabi di Spagna costituirono i prototipi di tutte le successive sfere europee. Quella di Gerberto, testimoniata da Richero (RICHERUS, Historiarum, III, 52), costituita dai cerchi rappresentanti i circoli polari, lequatore e i tropici, il tutto tenuto insieme dai due coluri (cio dai meridiani celesti passanti per il punto equinoziale e solstiziale), ed esternamente dalleclittica, allinterno della quale erano sospese le sfere delle orbite dei pianeti, cos da permettere la localizzazione dei singoli pianeti nello Zodiaco e lindividuazione dei principali rapporti di ciascuno con gli altri. Come illustrato da Zuccato (NUVOLONE 2005f, p. 495) i pianeti sono collocati nello loro sedi dorigine allinizio dellanno cosmico, secondo il metodo illustrato dal Liber Alchandrei. 4) infine una sfera, descritta in RICHERUS, Historiarum, III, 53, che rappresenta una commistione fra la sfera armillare e la sfera delle stelle: essa presentava infatti la struttura di unarmilla sulla quale per erano rappresentate le costellazioni per mezzo di fili metallici. La sfera era munita di una fistula passante per i poli che permetteva, individuando attraverso di essa lOrsa maggiore, di orientare la sfera in modo analogo allinclinazione reale del globo terrestre: era quindi soprattutto questultimo particolare a distinguerla dal primo globo celeste. Zuccato, nel gi citato ZUCCATO 2005a, ha messo in evidenza che laspetto pi interessante di questa sfera la presenza dellanello dellorizzonte, un particolare tecnico che la ricollega senza possibilit di equivoco al mondo islamico. Si tratta di un anello esterno, regolabile, utile per mostrare la posizione delle stelle a differenti latitudini geografiche, la cui prima attestazione risale alla descrizione di un globo solido nellopera di Tolomeo. Tale espediente tecnico, da non confondersi con il concetto teorico di linea dellorizzone, nozione questa del tutto comune, era totalmente sconosciuto alla tradizione latina antecedente a Gerberto, mentre sistematicamente utilizzato nei globi celesti islamici.
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Se le sfere erano la base dellinsegnamento astronomico di Gerberto a Reims, non manca tuttavia nelle fonti la menzione di altri strumenti. Abbiamo due testimonianze della costruzione da parte di Gerberto di quello che viene definito come un horologium: Tietmaro di Magdeburgo, nel suo Chronicon, riferisce della costruzione di un horologium a Magdeburgo, come dono allimperatore Ottone III (THIETMARUS, Chronicon, 61); Guglielmo di Malmesbury parla di un horologium arte mecanica compositum lasciato a Reims (WILLELMUS, Gesta, II, 168). Le due testimonianza sono analizzate da E. Poulle in POULLE 1985, 1996a e 2000. Lautore conclude che per quanto riguarda il primo testo, lo strumento andr sicuramente identificato con un notturlabio, cio uno strumento per determinare lora notturna avvalendosi dellosservazione della posizione dellOrsa Maggiore; quanto invece alla testimonianza di Guglielmo di Malmesbury, escludendo che si tratti di un orologio meccanico, nato alla fine del XIII secolo e sconosciuto quindi allo stesso autore, si potr pensare o ancora a un notturlabio, oppure, considerando le valenze della parola horologium nel Medioevo, a una meridiana o a una clessidra. Infine, nella lettera a Adamo, Gerberto nomina una clepsydra, della quale avvalersi per la determinazione degli archi temporali: si tratta di un orologio ad acqua, strumento del quale si conservata la tradizione dallAntichit fino al XIII-XIV secolo, ma di cui, per lepoca in questione, non si conoscono esattamente i dettagli tecnici. Nel X secolo una clessidra ad acqua era presente nel monastero di Fleury, e il problema di come calcolare il tempo in base alla quantit dacqua che scorre nei vasi di una clessidra affrontato in uno scritto di Abbone di Fleury sulla base di Macrobio.

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2.3.b. Gerberto e lastrolabio: un problema irrisolto Il nome di Gerberto di Aurillac si inserisce in modo molto problematico nella discussione riguardo alle modalit di trasmissione dellastrolabio dal mondo islamico a quello dellEuropa occidentale latina. Bench si trattasse di uno strumento molto antico per con gli arabi che esso viene portato alla perfezione e conosce unampia diffusione. La sua storia nel mondo latino ampiamente descritta in BORST 1989, ma si veda anche MCCLUSKEY 1998, p. 171-175. Lastrolabio penetra nel mondo occidentale latino attraverso la via spagnola, dallAndalusia alla Catalogna, in due fasi temporali successive. La prima, corrispondente agli ultimi decenni del X secolo (quella dunque in cui si colloca anche la figura di Gerberto) vede in atto i primi tentativi di traduzione di opere arabe sullargomento: il risultato sar la produzione di un corpus astrolabico in lingua latina, rappresentato da testi molto complessi e spesso oscuri, data la difficolt di adattare in latino la nuova terminologia araba e di comprendere appieno la materia stessa, totalmente estranea per un Occidente che ignorava lopera di Tolomeo. Tali testi, proprio per la loro difficile accessibilit, saranno destinati per la maggior parte a cadere nelloblio, mentre, per la reale diffusione del nuovo strumento e la generalizzazione del suo utilizzo, bisogner aspettare la seconda fase, quella cio dellondata di traduzioni sistematiche del XII secolo in particolare quelle di Johannes Hispalensis quando si renderanno disponibili in latino non solo i trattati sullastrolabio ma anche lopera che ne espone i principi teorici: vale a dire il Planispherium di Tolomeo. Tornando alla prima fase di trasmissione, una delle pi importanti testimonianze al riguardo il ms. ACA Ripoll 225, descritto dal punto di vista paleografico e codicologico in MARTINEZ 2000, contenente unampia raccolta di testi appartenenti allantico corpus (fra i quali anche il De utilitatibus e alcuni passi della Geometria Incerti Auctoris, vedi oltre) e copiato nello scriptorium di
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S. Maria de Ripoll prima della met dellXI secolo, confermando cos il ruolo svolto dal monastero catalano in questo processo di trasmissione culturale. In particolare il ms. 225 contiene le Astrolabii Sententiae, cio il pi completo dei primi testi sullastrolabio, con il quale stato identificato dai pi (si vedano ad es. MCCLUSKEY 1998, p. 175; MARTINEZ 2000, p. 243-246; KUNITZSCH 2000, p. 392) il Liber de astrologia tradotto da Lupito e conosciuto da Gerberto. Una proposta alternativa quella (THORNDIKE 1923, p. 697-701) di identificare il testo di Lupito con lo stesso De utilitatibus attribuito a Gerberto, chiudendo quindi in negativo la spinosa questione sulla paternit gerbertiana dello scritto con lipotesi che laquitano si sia limitato a una semplice ripulitura dellostico testo latino inviatogli dal suo corrispondente catalano, senza peraltro intervenire in modo sostanziale sul contenuto. Dubbi sulla identificazione delle Sententiae con lopera di Lupito avanza invece E. Poulle in POULLE 2005. Paul Kunitzsch, in KUNITZSCH 1997 e 2000, ha messo in evidenza che tale testo si avvale, come fonte principale, di un trattato sullutilizzo dellastrolabio di al-Kwarizmi (Baghdad, IX sec.), oltre che dellosservazione diretta di uno strumento originale arabo, testimoniando cos che i primi approcci latini alla nuova astronomia si avvalsero contemporaneamente sia di materiale testuale che di oggetti, entrambi originali. Kunitzsch ha anche messo in rilievo che, sebbene per le traduzioni sistematiche delle grandi opere di Tolomeo bisogner aspettare lattivit organizzata delle scuole di traduzione toledane, primi tentativi di adattamento parziale di tali testi poterono essere realizzati gi nel X secolo: ne testimonianza il manoscritto Paris, BNF, lat. 7412, che contiene, frammisti proprio al testo delle Astrolabii Sententiae, alcune righe identificate dallo studioso come gli inizi della traduzione dei primi due capitoli del Planispherium nella versione araba, una traduzione cio precedente di un secolo e mezzo quella di Ermanno di Carinzia (1143 d.C.). Sul problema della esistenza di traduzioni dallarabo in latino gi prima del XII sec. si veda anche larticolo JUSTE 2000. Lautore individua, sul finire del X sec. in Catalogna, la

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composizione di due corpora destinati a contendersi il primato per quel che riguarda lelaborazione dei primi testi scientifici latini con elementi arabi: il corpus dei testi astrologici conosciuto sotto il nome di Alchandreus e il corpus astrolabico. Il testo del Planispherium daltronde, proprio nel X secolo, oggetto dei commenti dellastronomo andaluso Maslama, il maggior propugnatore degli studi sullastrolabio nellambiente islamico dOccidente. Come si evidenzia in KUNITZSCH 1997, SAMS 1999, PUIGVERT 2000b, p. 51 e MARTINEZ 2000, p. 248-249, proprio il nome di Maslama si collega indirettamente con le Astrolabii sententiae: questo testo infatti contiene una tavola delle coordinate stellari ricalcata sul modello di quella elaborata da Maslama o dalla sua scuola nel 978 d.C.; il che ci permette non solo di stabilire un sicuro termine post quem per la redazione delle Astrolabii Sententiae, ma anche di collocare il pieno sviluppo degli studi arabo-andalusi sullastrolabio, e la loro diffusione in ambito catalano, a partire dal terzo quarto circa del X secolo. A conferma di tale datazione si consideri che il pi antico astrolabio latino conosciuto, lastrolabio carolingio o astrolabio Destombes, un oggetto di fabbricazione catalana risalente al terzo o ultimo quarto del X secolo39. Questo dunque il quadro cronologico-culturale sul cui sfondo si colloca lattivit di Gerberto. Il problema, riguardo allo scolastico di Reims, non solo quello di capire se egli abbia conosciuto tale strumento, ma soprattutto se, eventualmente, la sua conoscenza possa essere stata tale da permettere di attribuirgli la paternit di un trattato sullargomento, il De utilitatibus astrolabii o Quicumque astronomice peritiam discipline, la cui tradizione manoscritta analizzata in MOSTERT 1997. soprattutto questultimo punto a dividere gli storici della scienza medievale fra chi, come Emmanuel Poulle, nega la possibilit di una tale attribuzione e chi, come Ute Lindgren, la sostiene invece con fermezza. Lo stesso Bubnov pone

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Cf. PUIGVERT 2000b, p. 54; MARTINEZ 2000, p. 247-248.

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il trattato fra gli opera dubia, non sapendo fondamentalmente esprimersi n a favore n a sfavore della presunta autenticit gerbertiana. Che Gerberto abbia potuto perlomeno vedere un astrolabio durante il suo soggiorno in Catalogna possibile: lallusione a un oscuro radium geometricum contenuta in una lettera a Costantino (ep. 1, GERBERT, Lettres scientifiques) pu essere chiarita se la si interpreta come ricordo dellalidade, cio di quella parte dellastrolabio costituita da unasticella munita di mirino, utilizzata per calcolare laltezza di un astro sullorizzonte40. Resta da chiarire tuttavia il punto fondamentale: se Gerberto abbia potuto cio anche assimilare le conoscenze teoriche sottintese alla possibilit di utilizzo di tale strumento. Poulle, in POULLE 1985, 1996b e 2005, nega lattribuzione del trattato a Gerberto e pone leventuale conoscenza dellastrolabio in unepoca molto avanzata. A conferma della sua tesi lo studioso sottolinea come la semi-sfera descritta da Richero e dallo stesso Gerberto non avrebbe avuto senso se lo scolastico avesse avuto conoscenza e pratica dellastrolabio: la semi-sfera infatti non avr seguito proprio perch del tutto inutile in conseguenza della diffusione del nuovo strumento, che assolveva le medesime, e ben altre, funzioni in modo assai pi pratico. Inoltre Richero, che scrive alla fine del X sec., non fa menzione dellastrolabio, pur dedicando unesauriente sezione delle sue Historiae allinsegnamento astronomico del maestro. ( per da sottolineare che Richero non fa nemmeno menzione, in campo musicale, degli organa, di cui ci d invece testimonianza certa la corrispondenza dello stesso scolastico). Se si considera poi lunico scritto di teoria astronomica senza alcun dubbio di Gerberto, cio la lettera a Adamo, bisogna ammettere che essa poggia, ancora nel 989, su conoscenze astronomiche esclusivamente latine.

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Cf. BEAUJOUAN 1985, p. 646, 651; BEAUJOUAN 1991, p. 309; MCCLUSKEY 1998, p. 171.

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Se laquitano conobbe lastrolabio, tale conoscenza dunque, secondo lo storico francese, da collocarsi sicuramente dopo il 984, lanno in cui Gerberto richiede a Lupito di Barcellona la sua traduzione di un Liber de astrologia, e, considerato il tempo di avere il manoscritto e di assimilarne il contenuto, lo scolastico di Reims fu eventualmente in grado di comprendere correttamente il funzionamento dello strumento solo dopo il 989, lepoca cio della lettera a Adamo. Ammessa la conoscenza dello strumento, Poulle nega per la possibilit che Gerberto sia stato lautore di un testo complesso come il De utilitatibus astrolabii, il quale presenta inoltre uno stile alquanto differente da quello abituale dello scolastico, una prosa infarcita di termini arabi per la cui conoscenza si dovrebbe postulare anche unaltra fonte rispetto alle Astrolabii sententiae, non identificabile peraltro con nessuno dei testi del primo corpus astrolabico. Secondo lo storico francese Gerberto si sarebbe allora limitato allo studio del testo inviatogli, divulgando progressivamente ai propri discepoli le conoscenze che andava acquisendo. Quanto allorigine del De utilitatibus astrolabii, esso andr allora ricondotto, attraverso i discepoli di Gerberto, allambiente degli studiosi di Lorena dellinizio dellXI secolo, fra i quali dette notevoli risultati la diffusione dello spirito dellinsegnamento dello scolastico di Reims, lambiente cio al quale va attribuita anche la Geometria Incerti Auctoris (vedi oltre), e in cui oper laltro divulgatore latino dellastrolabio, Ermanno Contratto, autore del De mensura astrolabii. Recentemente Poulle, in POULLE 2005, ha ripreso le sue posizioni, sempre decisamente contrarie alla paternit gerbertiana dello scritto, illustrando un lavoro ancora inedito di Jacquemard che sembra confermare le sue teorie. Jacquemard individua il momento in cui si registra una presa di coscienza delle possibilit pedagogiche dellastrolabio intorno al 1020, e lo situa a Chartres in relazione con linsegnamento di Fulberto, di cui sono noti i rapporti con la Catalogna. La dispersione dei suoi allievi fra la Valle della Loira (Micy, Fleury), la Lotaringia (Liegi) e la Germania

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(Ratisbona, Augsburg e Reichenau), assicur la diffusione della collezione catalana primitiva, e la redazione di una nuova generazione di testi, di cui farebbe parte Quicumque astronomice o De utilitatibus. Il ruolo di questa area geografica nel processo di trasmissione delle nuove conoscenze scientifiche influenzate da elementi arabi oggetto in particolare dello studio di Charles Burnett, BURNETT 1998. Oltre a Poulle, contro la paternit gerbertiana dello scritto si sono espressi anche Dalch, in DALCH 1996, il quale, tracciando una linea di diffusione dellastrolabio che passa attraverso la Catalogna e poi la regione della Loira, ritiene probabile che in questo processo siano stati tuttavia coinvolti discepoli di Gerberto; e Sams (citato in PUIGVERT 2000b, p. 51 e MARTINEZ 2000, p. 246), che colloca lo scritto in area barcellonese insieme agli atri testi contenuti nel ms. 225 (Astrolabii Sententiae, De mensura astrolapsus, De orologio secundum alkoram ) in quanto tutti sembrano far riferimento alla latitudine di 42, cio quella dellarea Barcellona, Gerona, Vic e Ripoll. Su una posizione diametralmente opposta si pone invece Ute Lindgren. In LINDGREN 1976, 1985 e 2001, la studiosa si esprime a favore della paternit gerbertiana dello scritto, considerando innanzitutto che lattribuzione a Gerberto presente nella tradizione manoscritta risale a epoca molto precoce, ad es. nel ms. Oxford, Bodleian Library, Digby 174 (XII sec.). (A differenza della Lindgren, Poulle non d peso alla nota in questione, pur non negando anchegli lesistenza di alcuni casi molto antichi di attribuzione del trattato a Gerberto: ne un esempio un catalogo di Saint-Evre de Toul, anteriore al 1084, che cita un Gerbertus de astrolapsu). Inoltre la comparazione con la lettera a Adamo considerata dalla studiosa, a differenza di Poulle, come un indizio a favore della paternit gerbertiana del De utilitatibus astrolabii. Infatti, anche se nella lettera la questione dei climata affrontato secondo una prospettiva esclusivamente latina, largomento stesso di una tale rarit per lepoca che il ritrovarlo nella corrispondenza di Gerberto

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e come cap. 18 e 19 del trattato, pur se, in questultimo caso, secondo una prospettiva di conoscenze ben pi ampia41, depone a favore dellautenticit gerbertiana dello scritto. La differenza di stile rispetto agli altri scritti di Gerberto poi spiegabile come il risultato di una fedele aderenza dellautore alla fonte originale. Gerberto dunque sarebbe stato in grado di produrre un testo che spiegasse le modalit dimpiego del nuovo strumento astronomico, realizzando un ulteriore volgarizzamento in latino, in una forma pi comprensibile, della prima traduzione da lui conosciuta al riguardo, cio le Astrolabii Sententiae, il Liber de astrologia richiesto al suo corrispondente barcellonese. In questo dibattito si inserito anche Guy Beaujouan, in BEAUJOUAN 1965, 1971 e 1985. Sostanzialmente lo storico francese afferma che se anche Gerberto non fosse lautore del trattato, sarebbe comunque legato ad esso in modo molto stretto attraverso uno dei suoi allievi diretti (mentre Poulle, come si visto, sposta la composizione in area lorenese, in un ambiente piuttosto di eredi spirituali dellinsegnamento di Gerberto). Beaujouan fa notare

41 Largomento dei climata come esposto nel De utilitatibus testimonia la conoscenza di alcuni dati presenti esclusivamente nellAlmagesto di Tolomeo, il che, al di l della questione della paternit gerbertiana, pone il problema delle fonti da cui pu aver tratto questi dati un autore latino del X secolo (il problema si porrebbe anche se la data di composizione del trattato fosse spostata allXI secolo). Kunitzsch, in KUNITZSCH 2000, p. 394-396, propone come soluzione che lautore abbia tratto i dati relativi alle zone climatiche dallosservazione di un astrolabio originale arabo: sappiamo infatti che i primi esempi dello strumento erano degli astrolabi universali, non adattati cio alla latitudine di utilizzo, e che presentavano perci la rappresentazione dellintero mondo: di questo tipo lastrolabio riprodotto nel Paris, BNF, 7142, un astrolabio andaluso che presenta le sette fasce climatiche secondo le latitudini individuate da Tolomeo, e corrispondenti a quelle del De utilitatibus. (Quanto detto sopra sui frammenti del Planispherium, traendo i dati dallo stesso Kunitzsch, dovrebbe tuttavia far riflettere sulla sorprendente vivacit dellambiente culturale catalano). stato rilevato anche, in DALCH 1996, che la tavola dei climi del De utilitatibus presenta una caratteristica distorsione delle fasce climatiche da spiegarsi con la conoscenza di rappresentazioni cartografiche comprendenti i soli toponimi, senza la divisione dei climata, tipica di manoscritti siriani derivanti da modelli arabi.

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che nel De utilitatibus presente lutilizzo del termine radium nel senso di alidada cos come un radium geometricum, spiegabile solo come allusione allalidada, presente nella lettera a Costantino. Ora, lutilizzo del termine radium come equivalente di alidada non ha riscontro in nessun altro testo del corpus astrolabico, e permette perci di stabilire uno stretto legame fra il trattato e lentourage di Gerberto. Anche per Beaujouan tuttavia, come per Poulle, la stesura del trattato che sarebbe quindi opera, probabilmente, di un allievo di Gerberto, da lui stesso erudito dopo aver fatto pervenire la documentazione da Barcellona da collocarsi dopo il 989, cio dopo la lettera a Adamo. La discussione si arricchita nel 1989 di un ulteriore dato messo in evidenza da Arno Borst, e ampiamente analizzato in BORST 1989 (citato anche in MCCLUSKEY 1998, p. 176-177): la scoperta cio, da parte dello studioso, dei frammenti di Costanza (Konstanz, Stadtarchiv, Fragmentensammlung Mape 2, Umschlag 8, Stck 7), editi e analizzati paleograficamente e codicologicamente nellopera citata. Si tratta di due frammenti pergamenacei contenenti testi del corpus astrolabico testimoniato dal ms. Ripoll 225, ma soprattutto alcuni passi del De utilitatibus astrolabii. In base alle caratteristiche paleografiche possibile datare i frammenti con precisione agli anni intorno al 1008, fatto questo che lega la produzione del codice a cui appartenevano i testi alla figura di Bern, abate dal 1008 al 1048, proveniente dal monastero di Fleury, da quel monastero cio in cui risiedeva il principale corrispondente scientifico di Gerberto, Costantino. N il testo modello in base al quale fu realizzata la copia di Reichenau poteva essere stato portato dal predecessore di Bern, labate Immo (1006-1008), il quale era stato educato nel monastero di Gorze, centro di meditazione ascetica fornito di una ricca biblioteca i cui codici non andavano per oltre il IX secolo, e fra i quali non era dunque compreso nessun testo sullabaco e sullastrolabio. Il ruolo svolto in questa vicenda dal monastero di Fleury, dati i rapporti che con esso intratteneva Gerberto, potrebbe quindi permettere di porre lo scolastico di Reims in relazione con i testi contenuti nel detto codice. Come gi

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Beaujouan, anche Borst sostiene lidea che lautore probabile del De utilitatibus sia un allievo piuttosto che Gerberto stesso, considerando che gli anni dopo il 989 sono anni di unintensa attivit politica, che avrebbe probabilmente reso assai difficoltoso per laquitano il cimentarsi in prima persona nella stesura di un trattato scientifico. La recettivit dellarea lorenese, e in particolare di Fleury, rispetto ai testi di natura scientifica, e in particolare astronomica (in linea con quanto affermato da Emmanuel Poulle, soprattutto in POULLE 2005), stata poi ulteriormente messa in evidenza da David Juste (JUSTE 2000), il quale colloca proprio in questarea lelaborazione del Liber Alchandraei nella versione oggi conosciuta, a partire da un corpus tradotto in latino, in Catalogna, nella seconda met del X sec. (in nota, a p. 286 del suo articolo, Juste cita la tesi di REICHEL 1991 per il quale Gerberto sarebbe stato il traduttore del Liber Alchandrei e il responsabile della sua diffusione in Europa).

2.4 La Geometria Lultima materia di insegnamento nel corso scolastico proposto da Gerberto la Geometria. Per comprendere il modesto livello delle conoscenze dello scolastico di Reims in questo campo necessario far riferimento a quella che era stata la sorte di tale disciplina nel mondo latino, del tutto impermeabile allo spirito speculativo greco. Della tradizione ellenica degli studi di geometria, confluita nella grande opera di sistemazione realizzata da Euclide con i suoi Elementi, i Romani ritennero in prevalenza solo quanto necessario a effettuare misurazioni sul terreno e calcoli in ambito architettonico: formule, quindi, di determinazione di aree e volumi, applicate in modo meccanico senza alcun interesse per le dimostrazioni. Questo minimo bagaglio di conoscenze fu perci
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appannaggio quasi esclusivo di figure professionali: quella dellagrimensore nel mondo latino e, successivamente, quella dellarchitetto nel mondo medievale. Linsegnamento fu invece scarsamente praticato, e sempre esclusivamente in una prospettiva di utilit pratica: la geometria era cio considerata solo come larte di prender misure. Daltronde, anche vero che il concetto di geometria teorica non potr di nuovo assumere pieno significato se non al momento della riscoperta dei testi originali di Euclide grazie alle traduzioni arabe del XII secolo. Lentit della tradizione di sapere che si offriva a Gerberto nel campo geometrico era dunque modestissima, tanto pi se si considera che in questambito lo scolastico di Reims non aveva neanche il supporto dellopera di Boezio: sicuramente il filosofo tardo-antico, nel suo progetto di dotare il mondo latino di un bagaglio di testi utili allo studio delle scienze, dovette aver composto unopera geometrica42, ma di essa si perse ben presto la memoria. Si possono per considerare come indizi della sua esistenza gli excerpta di Euclide in latino sopravvissuti nella tradizione manoscritta, e confluiti poi nella redazione della medievale Prima Geometria apocrifa di Boezio, conosciuta anche come Geometria Euclidis a Boethio in latinum lucidius translata e composta a Corbie probabilmente nellVIII secolo, la cui tradizione manoscritta fino al X sec. analizzata in STEVENS 2005. Ci non implica, tuttavia, che a Gerberto non fosse chiaro perlomeno lalto valore formativo attribuito dal suo auctor a tale disciplina. Per i platonici e i pitagorici, della cui cultura Boezio erede e divulgatore, lo studio delle forme geometriche permette di guidare il pensiero fino alla contemplazione dellessere immutabile:

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Ne d testimonianza Cassiodoro il quale, nelle Institutiones, afferma che Boezio aveva adattato Euclide in latino; inoltre alcuni manoscritti della medesima opera contengono passi di una traduzione latina di Euclide che potrebbe essere quella boeziana. Cf. CHADWICK 1986, p. 141; GUILLAUMIN 1995, p. XXVI.

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partendo infatti dalla materia, dallattivit pratica di misurazione della terra, si arriva a ricondurre le forme naturali alle forme geometriche, immutabili, a esse sottese, delle quali si riconosce lastrattezza. La riflessione sulle figure geometriche perci addestramento della mente alla riflessione sullessere supremo, attraverso il distacco dal mondo del divenire che costituisce la realt contingente. Tale posizione era stata condivisa anche da S. Agostino, per il quale la geometria, distraendo dal mondo delle realt materiali, predispone alla comprensione delle verit spirituali: non a caso Gerberto cita proprio un passo del De quantitate animae nel cap. I della sua opera. Il metodo geometrico, consistente nel porre definizioni, assiomi e postulati, e nel discutere poi quali conseguenze ne derivino necessariamente, considerato come una delle pi ferree forme di ragionamento e, in quanto tale, massima espressione di razionalit. Sul piano per delle effettive conoscenze, Gerberto mancava totalmente del rapporto con quella tradizione greca ancora accessibile a Boezio, e la sua geometria si colloca dunque, inevitabilmente, nella scia dellagrimensura romana, con tutti i suoi limiti e soprattutto con il suo disinteresse per la dimostrazione. Per unampia trattazione dei testi di agrimensura si faccia riferimento al lavoro di Lucio Toneatto, TONEATTO 1994. Vi si trover in particolare lanalisi dei manoscritti citati di seguito. I testi a noi pervenuti sono due: 1) la Geometria Gerberti, composta in una data imprecisata fra il 980 e il 983 (per le varie ipotesi sulla datazione dellopera si vedano FROVA 1974a, p. 327 e VOGEL 1985, p. 592-593), lunica sua opera scientifica di un certo respiro sopravvissuta (vedi oltre). 2) la lettera a Adelboldo, monaco di Liegi divenuto nel 1010 vescovo di Utrecht, composta fra il 997 e il 999; pubblicata in BUBNOV 1899 e GERBERT, Lettres scientifiques (con traduzione francese), e per la cui tradizione manoscritta si veda MOSTERT 1997. Nellepistola, laquitano chiarisce al suo corrispondente il perch della differenza fra i risultati ottenuti con i due metodi, geometrico e aritmetico, per la determinazione dellarea del
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triangolo equilatero. La lettera a Adelboldo ci informa anche che Gerberto aveva fatto dono al monaco di Liegi di un testo contenente figure geometriche, vale a dire il ms. Napoli, V.A.13, del quale si parler pi avanti; e dellesistenza di una precedente discussione dello scolastico di Reims sul metodo di determinazione dellarea del triangolo, una figura quindi che suscita in lui un notevole interesse, da riconnettersi al particolare simbolismo pitagorico che associava il triangolo al numero 10, numero significativo in quanto prodotto dalla somma dei primi quattro numeri naturali, e quindi assommante in s le loro virt. Adelboldo scriver anche una seconda lettera, di cui non possediamo la risposta, a Gerberto ormai papa, interrogandolo sul problema della determinazione del volume della sfera (problema assai arduo per gli studiosi dellepoca che non conoscevano il valore del pi greco), testimoniando cos come laquitano fosse considerato unautorit in materia. La lettera pubblicata in Migne come De ratione inveniendi crassitudinem spherae (ADELBOLDUS, De ratione), e in BUBNOV 1899 come Epistola Adelboldi ad Silvestrum II papam. Di essa ci d testimonianza anche Guglielmo di Malmesbury in WILLELMUS, Gesta, II, 168. Scarsissime informazioni ci fornisce invece Richero, il quale si limita ad affermare che lo studio della geometria era preceduto dallo studio dellabaco (RICHERUS, Historiarum, III, 54). Il fatto che lo strumento calcolatorio fosse associato agli studi di geometria dimostra come la componente pratica fosse senzaltro ben presente nella mentalit di Gerberto, erede in questo della tradizione occidentale.

2.4.a. La Geometria Gerberti La Geometria Gerberti venne edita nel XVIII e XIX secolo in 94 capitoli (PEZ 1772; Gerbertus, Geometria; OLLERIS 1867) ma nel 1889 Bubnov ne consider autentici solo i primi tredici, raccogliendo il resto sotto il nome di Geometria Incerti Auctoris. Recentemente, LEVET

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1997b, stata proposta una traduzione francese; per la tradizione manoscritta dellopera si veda MOSTERT 1997; per unanalisi del testo consultare FRIEDRICK 1973, FROVA 1974b, LINDGREN 1976, VOGEL 1985, BEAUJOUAN 1985. Essa consiste in unesposizione delle definizioni delle fondamentali entit geometriche che Gerberto, con un metodo caratteristico e del tutto personale, inverso rispetto a quello abituale, propone in un ordine che va dal generale al particolare, cio dalla definizione di figura solida a quella di punto, alludendo cos a quel processo di progressiva astrazione che alla base dello studio geometrico; segue una dissertazione di geometria piana limitata per solo alla prima figura, il triangolo. Si segnala che, a proposito del triangolo, Gerberto dimostra di saper padroneggiare il teorema di Pitagora, del quale vengono forniti numerosi esempi numerici, non esitando nemmeno di fronte al calcolo con le frazioni. Si consideri che nella corrispondenza fra i due scolastici dellXI secolo, Ragimboldo di Colonia e Rodolfo di Liegi, non si evidenzia la conoscenza del teorema; non solo, ma i due hanno anche notevoli difficolt nella comprensione della Prima Geometria apocrifa: ad esempio risultano per loro tremendamente oscure le espressioni angolo interno e angolo esterno di un triangolo43 . La datazione incerta della Geometria, fra il 980 e il 983, pone il problema di determinare se, nella sua composizione, Gerberto abbia utilizzato come fonte quanto ritrovato nella biblioteca di Bobbio. Gi in precedenza lo scolastico doveva esser venuto in contatto con manoscritti di gromatici (organizzati in un corpus a partire dal VI secolo d.C.): sicuramente ne conobbe a Ripoll, come ci testimonia il ms. Ripoll, ACA, 106. Possedeva perci una conoscenza di base della geometria secondo la metodologia usata dagli agrimensores (che poi quella su cui impostato gran parte del linguaggio della Geometria). Ma a Bobbio Gerberto scopre

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Cf. DIJKSTHERIUS 1971, p. 142; GRANT 1983, p. 26-27.

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qualcosa di molto interessante (sullinventario della biblioteca allepoca si veda GENEST 1996) e ce ne d notizia nellep. 8 (GERBERT, Correspondance) a Adalberone di Reims, datata allestate del 983, nella quale comunica al suo arcivescovo di aver trovato VIII volumina Boetii de astrologia, praeclarissima quoque figurarum geometriae, aliaque non minus admiranda Su questo passo si appuntata lattenzione degli storici: in particolar modo sorto il problema di chiarire se i materiali che Gerberto definisce preclarissima figurarum geometriae fossero da legare allopera di Boezio o fossero invece presenti in un manoscritto a parte. In questo secondo caso sorge allora il problema di identificare leventuale opera astronomica boeziana, di cui quella di Gerberto sarebbe lunica testimonianza esistente. La prima proposta avanzata (Havet e Bubnov in un primo momento) stata quella di considerare le due opere come facenti parte di due manoscritti diversi, e di identificare lopera geometrica con il contenuto del Codex Arcerianus di Wolfenbttel (Aug. 2 36.23), una collezione cio di trattati gromatici. Come illustrato in TOSI 1985, il codice era sicuramente presente a Bobbio nel X secolo quando le illustrazioni vennero colorate dal pittore Adalberto, la cui firma compare in testa al foglio 41v in lettere greche del X secolo; certamente, quindi, Gerberto dovette averlo fra le mani. Ma il manoscritto che cattur il suo interesse stato successivamente identificato con il ms. Napoli, V.A.13 (lo stesso Bubnov modific la sua posizione al momento della scoperta di questo secondo codice), contenente la Prima Geometria dello pseudo-Boezio e quindi excerpta euclidei e alcuni testi astronomici e di computo. Lidentificazione del ms. Napoli, V.A.13 con il manoscritto conosciuto da Gerberto stata poi confermata dagli studi di Menso Folkerts sulle Geometrie apocrife boeziane (FOLKERTS 2003a e 2003b). Anche se questa la tesi generalmente accettata dagli storici della scienza non mancano riserve: Rich (GERBERT, Correspondance, p. 17) continua a considerare valida lidentificazione con il Codex arcerianus, e Genest, GENEST 1996,

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sottolinea come nel Napoli, V.A.13 i trattati di astronomia siano esplicitamente attribuiti a Isidoro e Cassiodoro e quelli di computo a Isidoro e Beda, mentre il nome di Boezio si lega solo alla Geometria, rendendo cos problematica lespressione di Gerberto il quale parla invece esplicitamente di un Boetii de astrologia. Considerando corretta lidentificazione con il codice napoletano, questa la collezione di testi che sarebbe stata oggetto della richiesta di copia fatta da Gerberto al monaco Rainardo (ep. 130, G ERBERT , Correspondance), ed il codice ricevuto (cio il Napoli, V.A.13, forse effettivamente una copia, forse lo stesso originale) che Gerberto avrebbe poi donato a Adelboldo di Liegi, fornendo cos allambiente delle scuole di Lotaringia dellXI secolo la fonte principale per la redazione della Seconda Geometria apocrifa boeziana. Se il manoscritto scoperto da Gerberto era il Napoli V.A.13, effettivamente esso non pot costituire la fonte della Geometria, nella quale non esistono tracce del metodo euclideo. Inoltre le citazioni boeziane presenti nella Geometria sono tratte dallInstitutio arithmetica, mentre non si fa menzione alcuna di un eventuale lavoro geometrico del maestro. La conoscenza di tale opera fu invece certamente alla base del progresso matematico riscontrabile nella lettera a Adelboldo, dove non ci si limita a enunciare una definizione ma si tenta anche, attraverso un disegno, una dimostrazione. Ma nella Geometria rintracciabile unaltra fonte, messa in evidenza in GUILLAUMIN 2000, totalmente estranea alla tradizione latina, e rispetto alla quale non al momento possibile chiarire il modo in cui Gerberto ne sia venuto a conoscenza. Per individuare tale fonte necessario porre attenzione alle due definizioni che Gerberto d dellangolo piano al cap. IV (GERBERTUS, Geometria): Est autem planus angulus duarum linearum in planitie e diverso ductarum ad unum punctum coadunatio. Sive aliter: angulus est spatium quod sub duabus lineis se invicem tangentibus continetur
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Nella conclusione essa presenta unespressione, ad unum punctum coadunatio, che non euclidea e quindi del tutto sconosciuta alla tradizione latina; lo stesso termine coadunatio estremamente raro e, nel latino classico, mai attestato in campo scientifico. Le origini di tale espressione andranno ricondotte a una tradizione di scuola geometrica assai meno conosciuta, la tradizione cio di Apollonio di Pergamo (III sec.a.C.)44, illustrata accanto a quella di Euclide (nello stesso spirito quindi da cui deriva la sintesi di Gerberto) da Proclo45 nel suo Commento al Primo libro degli Elementi; lespressione di Gerberto coadunatio ad unum punctum si spiega allora come calco latino dellespressione greca sunagwgh\ pro/j e0n shmei~on, parte cio della definizione di Apollonio riportata da Proclo. Il riferimento a Proclo si fa pi evidente nella seconda definizione, per la quale langolo uno spatium, un concetto questo non solo non euclideo ma apertamente contrastante con lassioma 946 per il quale due linee non delimitano uno spazio, assioma conosciuto dallo scolastico in quanto contenuto nellInstitutio arithmetica di Boezio; ma appunto come spazio, e0 p ifa/ n eia , definiva langolo Apollonio.

Apollonio di Pergamo (262 ca.-190 ca. a.C.). Matematico dedito soprattutto agli studi di geometria e alla matematica astronomica. Si form ad Alessandria sotto la guida dei discepoli di Euclide. La sua opera principale sono i Conici. Cf. BOYER 1976, p. 166-184. 45 Proclo (411-485 d.C.) Filosofo e matematico formatosi alla scuola di Alessandria; successivamente continu i suoi studi allAccademia platonica ateniese, della quale, dopo la morte dei suoi insegnanti, divenne il maestro, guadagnandosi cos il soprannome di Diadochus (successore). Il suo Commento al primo libro degli Elementi di Euclide rappresenta la principale fonte per la pi antica storia della geometria greca. Cf. BOYER 1976, p. 223-224. 46 Lassioma 9 era in realt apocrifo, ma saldamente radicato nella tradizione latina. Boezio lo riporta in Institutio arithmetica II,6,2: duae enim lineae rectae spatium non continent.... Cf. GUILLAUMIN 1995, p. XLII.

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Lopposizione concettuale con la scuola euclidea, e quindi con la tradizione latina, qui totale. dunque allopera di Proclo che Gerberto sembra coscientemente far riferimento, mutuandone non solo le espressioni ma lo stesso spirito informatore del testo, il tentativo cio, per quanto possibile, di operare una sintesi fra le due scuole: se Proclo aveva infine formulato una sola definizione, Gerberto ne presenta due che, unite dal sive aliter, risultano per fra loro complementari.

2.4.b. La Geometria Incerti Auctoris Si visto in precedenza come, a partire dalledizione ottocentesca di Bubnov, si sia parlato di una Geometria Incerti Auctoris respinta in blocco come non appartenente allinsieme delle opere autentiche dello scolastico di Reims. Un recente lavoro di ricerca sulla Geometria Incerti, JAQUEMARD 2000, ha per messo in evidenza come essa non sia in realt unopera unitaria, e come i due libri che la compongono abbiano unorigine indipendente luno dallaltro. Ma soprattutto molti dati di questo studio permettono forse di ricollegare lopera al nome di Gerberto. Il primo libro della Geometria Incerti presenta due nuclei fondamentali: il primo, quello originale dellopera, rappresentato dai capitoli 20-25 che, unitariamente concepiti, espongono con rigorosa coerenza una serie di problemi di geometria pratica risolti attraverso lastrolabio, presentando una strettissima affinit con i testi del pi antico corpus astrolabico, e presupponendo quindi lutilizzo di fonti arabe; laltro nucleo invece costituito dallintervento, ben individuabile, di un secondo redattore che pu essere considerato come colui che ha impresso una svolta decisiva alla geometria pratica nel mondo latino il quale ha utilizzato come fonte un trattato completo sugli usi geometrici dellastrolabio (testimoniando cos un livello pi avanzato rispetto alle nozioni del corpus antico), ed stato in grado di reperire nella tradizione carolingia quelle pratiche geometriche che riposavano
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sui medesimi principi di utilizzo di questo strumento. Il secondo libro si presenta invece come una semplice compilazione, essenzialmente tributaria della tradizione degli agrimensores. Dellopera, nel suo complesso, sono state evidenziate le seguenti caratteristiche, fondamentali per lidentificazione del secondo redattore e del luogo in cui i due testi sono stati associati: va innanzitutto sottolineato che molti manoscritti della Geometria Incerti contengono frammenti riguardanti lopera di Gerberto (come evidenziato in LINDGREN 2001), fra cui la corrispondenza con Costantino di Fleury e quella con Adelboldo di Liegi; che la tradizione manoscritta dellopera non risale oltre lXI secolo; che infine nellambiente delle scuole della Lotaringia dellXI e dei secoli precedenti che si registra la tendenza a creare collezioni di testi geometrici, fra i quali si ricordano la Prima e soprattutto la Seconda Geometria apocrifa di Boezio, che allincirca contemporanea alla redazione definitiva della Geometria Incerti. Tenuto conto di questi dati, il secondo redattore del primo libro stato individuato in uno degli allievi mosani di Fulberto di Chartres. La situazione della scuola di Fulberto, che muore nel 1026, permette infatti di giustificare tutte le caratteristiche, sopra enunciate, della Geometria Incerti: Chartres aveva, allepoca, rapporti privilegiati con labbazia di St. Mesmin de Micy, e la possibilit quindi di raccogliere leredit di Gerberto attraverso la figura di uno dei suoi migliori allievi, Costantino; aveva ricevuto nel 991 la visita di Richero, per la quale si veda OLDONI 1998, recatosi l per approfondire i suoi studi di medicina, costituendo cos una via ancor pi diretta per la conoscenza dei lavori dello scolastico di Reims; aveva particolari legami intellettuali con la regione della Mosa, tanto che Fulberto educa unintera generazione di monaci mosani fra i quali i gi citati Ragimboldo di Colonia e Rodolfo di Liegi, la cui corrispondenza rappresenta una delle prime testimonianze certe di conoscenza dellastrolabio da parte di monaci latini (e linteresse dellambiente mosano per la geometria trova conferma anche nello scambio epistolare tra Gerberto e Adelboldo); un poema di Fulberto che ha come oggetto le stelle

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rappresentate sul disco dellastrolabio, conferma infine la conoscenza dello strumento a Chartres a una determinata altezza cronologica. poi ancora nellambiente di Lotaringia che, a breve distanza dallintervento del secondo redattore, si sar realizzato anche laccorpamento fra il primo e il secondo libro. Risulta quindi evidente come il nome di Gerberto emerga nella storia della Geometria Incerti.

Un intellettuale? La figura di Gerberto dAurillac scienziato offre innanzitutto almeno due aspetti di particolare interesse, che riguardano la natura delle sue conoscenze: la tendenza al recupero e alla rilettura della tradizione antica da un lato, lapertura costante verso quella nuova fonte di sapere che il mondo arabo rappresentava per lOccidente di lingua latina dallaltro. La prima definizione possibile dello scolastico di Reims, destinata nel tempo al maggiore successo, appare cos quella del precursore: precursore, in pieno X secolo, di pratiche e atteggiamenti culturali che si affermeranno con decisione solo due secoli dopo. Gerberto in primo luogo, e soprattutto, profondo conoscitore di quanto, delleredit antica, era sopravvissuto in Occidente: egli non scopre nuovi testi ma riprende in mano quelli che, da secoli ormai, erano s copiati e conservati nelle biblioteche ma spesso erano conosciuti solo in modo superficiale. un ricercatore instancabile di manoscritti, e questi manoscritti contengono opere dellantichit. ... bibliothecam assidue comparo et sicut Romae dudum ac in aliis partibus Italiae, in Germania quoque et Belgica, scriptores auctorumque exemplaria multitudine mummorum redemi, adjutus benivolentia, ac studio

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amicorum comprovincialium, sic identidem, apud vos fieri ac per vos, sinite ut exorem (Ep. 44, GERBERT, Correspondance, a Evrardo abate di Tours, inizio del 985). ... Nosti quanto studio librorum exemplaria undique conquiram. Nosti quot scriptores in urbibus ac in agris Italiae passim habeantur (Ep. 130, GERBERT, Correspondance, al monaco Rainardo, settembre 988)47. Lelezione di Boezio a suo maestro e punto di riferimento, tanto nelle discipline scientifiche quanto in quelle del trivium (in particolar modo la logica), e la ricerca incessante di testi originali, significa, da parte dello scolastico, riallacciare rapporti diretti con la tradizione antica; e la capacit di rielaborare il sapere delle sue fonti al fine di creare una personale sintesi lo porta a superare decisamente la ripetitiva tendenza allenciclopedismo dei suoi predecessori, tendenza che, affondando le sue radici nella Naturalis Historia di Plinio e poi, allalba dellepoca altomedievale, nelle Institutiones di Cassiodoro, andava progressivamente, dopo la grande sintesi isidoriana, estinguendosi in mera ripetizione, sempre pi frammentaria, sempre pi eterogenea. Restringendo il campo di interesse allambito scientifico, che quello qui analizzato ma peraltro anche quello a cui maggiormente si lega la fama di Gerberto, si riportano i significativi giudizi di tre storici della scienza:
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Altre richieste di manoscritti sono le seguenti: (GERBERT, Correspondance) Ep. 7, a Ayrardo, Bobbio primavera o estate del 983: ...Petitionibus tuis annuimus, nostra ut exequaris negotia velut propria monemus. Plinius emendetur, Eugraphius recipiatur, qui Orbacis et apud sanctum Basolum sunt prescribantur...; Ep. 8, a Adalberone arcivescovo di Reims, Bobbio o Mantova estate del 983: ...Istoriam Julii Caesaris a domno Azone abbate Dervensi ad rescribendum nobis adquirite...; Ep. 9, allabate Gisalberto, Bobbio estate 983: ...De morbis ac remediis oculorum, Demostenes philosophus librum edidit, qui inscribitur Ophtalmicus. Ejus principium si habetis habeamus, simulque finem Ciceronis pro rege Dejotaro...; Ep. 40, a Stefano diacono della Chiesa romana, settembre-ottobre 984: ...Michi quidem ac nostro Adalberoni archepiscopo Suetonios Tranquillos, Quintosque Aurelios, cum caeteris quos nosti... remittes....

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... Dagli autori discussi nelle pagine precedenti [Cassiodoro, Isidoro, Beda, Rabano Mauro ecc...] la cui opera era principalmente di natura ricettiva e preservativa, si stacca la notevole figura di Gerberto dAurillac... a motivo della grande indipendenza della sua attivit scientifica... Nel corso dellXI secolo il seme gettato da Gerberto dAurillac produsse un frutto evidente nella forma di un accresciuto interesse per la matematica... (DIJKSTHERIUS 1971, p. 140). ... Questa [lepoca di Isidoro di Siviglia] fu veramente lEt buia della scienza... Per altri due secoli la cultura europea continu ad essere avvolta da un buio profondo, al punto che... in Europa si poteva sentire soltanto il graffiare della penna del Venerabile Beda (637 circa-735) che in Inghilterra scriveva intorno alla matematica necessaria al calendario ecclesiastico o alla rappresentazione per mezzo delle dita... Rabano Mauro (784-856) continu i deboli sforzi matematici e astronomici di Beda... Ma per un altro secolo e mezzo non si verific alcun cambiamento degno di nota nellambito della matematica dellEuropa occidentale: alla fine per qualcosa di diverso si ebbe con la comparsa di un uomo che doveva diventare papa Silvestro II... ( BOYER 1976, p. 291). Dal 500 d.C. la conoscenza del greco cominci a diventare rara e ancor pi raro divenne il possesso di una scienza specialistica... La tradizione enciclopedica [era] ora dominante. Perch gli europei occidentali acquistassero un serio incentivo a trovare nuove conoscenze nelle civilt e culture vicine, dovevano prima essere destati e stimolati ad un nuovo interesse per la scienza e la natura. E come spesso accade nella storia della scienza, un singolo individuo avrebbe giocato un ruolo assai importante nello svolgimento di questo compito essenziale... Gerberto di Aurillac... (GRANT 1983, p. 25).
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Tornare allopera boeziana come fonte principale significa, a prescindere dal livello delle conoscenze del filosofo tardo-antico, tornare a opere che offrono al loro lettore e studioso una chiave di interpretazione della realt e, soprattutto nel campo scientifico, non solo una massa di curiosit sul mondo fisico. proprio partendo da queste basi che Gerberto sar in grado di costituire un organico programma di insegnamento, tanto nel trivium quanto, e soprattutto, nel quadrivium, fino a questo momento relegato in una posizione decisamente di secondaria importanza: sar cio il primo, dai tempi di Boezio, a saper padroneggiare lintero sistema delle sette arti liberali, dimostrando una conoscenza sicura di tutte le fonti allora disponibili; il primo, fra laltro, a ricostituire lintero corpus dei testi aristotelici disponibili in latino, quella logica vetus che rester la base del programma di insegnamento filosofico fino alla riscoperta della restante opera aristotelica, la logica nova, allepoca delle grandi traduzioni dallarabo. In campo scientifico Gerberto offre perci ai suoi allievi un programma completo, che, a testimonianza delleterogeneit della sua formazione unisce antiche ascendenze filosofiche di matrice pitagorica, derivate da Boezio, a uno spiccato spirito pratico ereditato dagli scolastici altomedievali, avvezzi a insegnare attraverso giochi linguistici e manuali, a un personale acume pedagogico da vero maestro, nonch a elementi che a tutta questa tradizione erano estranei e che provengono invece da quel vivace mondo catalano conosciuto in giovent. Ed questultimo elemento quello che maggiormente caratterizza la figura di Gerberto dAurillac. Si visto come effettivamente, nella realt e non solo nellimmaginario, nellopera dello scolastico di Reims siano rintracciabili elementi arabi: essi si evidenziano non nellimpianto teorico delle conoscenze, che un impianto classico, o meglio fondato su quanto dellerudizione classica era sopravvissuto, bens in tutta quella serie di strumenti pedagogici che accompagnano il suo insegnamento. Ed la combinazione di questi due fattori che rende la scuola di Reims un unicum per lepoca.

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Cos, in campo matematico, Gerberto insegna che il mondo retto, nel pi perfetto ordine, dalle affascinanti leggi dei numeri, ma sa anche che quegli stessi numeri, riportati al livello di cifre (nel senso di simboli grafici), sono semplici strumenti di calcolo, e insegna allora come eseguire quei calcoli nel modo pi semplice e rapido, in quanto essi non sono fini a s stessi, quasi giochi di prestigio, bens utili nello studio della terra e del cielo, della geometria e dellastronomia. E con Gerberto vediamo comparire, per la prima volta nellOccidente latino, le cifre arabo-indiane. La sua geometria s scienza della misurazione della terra ma, contro la tendenza generale che ne faceva materia di architetti e carpentieri, anche aspirazione a una speculazione astratta che affini lintelletto. Nellinsegnare lastronomia non si accontenta di proporre ai suoi studenti elenchi pi o meno letterari di costellazioni, n di mostrar loro fantasiose immagini cariche di reminescenze mitologiche, ma si impegna a tradurre quei dati in modelli reali, visibili e tangibili, che aiutino la memoria al momento della reale osservazione, in quelle sfere delle quali ha probabilmente visto modelli di origine araba. per losservazione diretta degli astri che ingegnosamente crea, a quanto pare dal nulla, la sua semisfera, munendola di arabe fistulae; ed lui, in prima persona, ad accompagnare allaperto i suoi studenti per approfittare delle notti serene. Sembra, infine, che il suo nome possa anche legarsi alla prima diffusione dellastrolabio nellOccidente latino. Il suo insegnamento della musica conoscenza e approfondimento della teoria musicale in un modo che supera quello dei suoi predecessori, ma anche capacit di coniugare, e adattare, teoria musicale e principi tecnici nella realizzazione di uno strumento complesso come lorgano, in unesperienza che costringe ad una strettissima collaborazione lo scienziato e lartigiano, e tentativo forse di superare anche, attraverso un utilizzo pratico del monocordo, secondo il metodo arabo, la dicotomia venutasi a creare fra musica e cantus.

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Certamente non siamo ancora nel XII secolo, non ancora lepoca delle traduzioni toledane, certamente gli Elementi di Euclide, lopera di Tolomeo e quella di Al-Kwarizmi sono ancora lontani; non si pu perci attribuire a Gerberto quello che la situazione culturale dellepoca non rendeva obbiettivamente possibile: lo scolastico conosce le cifre arabo-indiane ma non ancora lalgorismo moderno ed cos costretto a creare (o adottare) uno strumento di compromesso come labaco; la sua Geometria, date le fonti disponibili, non pu spingersi oltre le conoscenze di un trattato di agrimensura; la sua semi-sfera, semplice strumento di individuazione dei corpi celesti, non avr futuro di fronte allaffermarsi dellastrolabio; riguardo allo stesso astrolabio Gerberto pu forse scrivere o ispirare, e non indubbiamente poco, un trattato sui modi di utilizzo ma non ancora sul metodo di costruzione, il che presupporebbe conoscenze teoriche ancora non accessibili. Eppure, nonostante tutti i limiti sopra elencati, il contatto fra i due mondi culturali, quello arabo e quello latino, esiste, anzi potremmo dire che con Gerberto esso prende le mosse, ed un contatto fatto essenzialmente di percezioni di elementi sparsi ingegnosamente reinterpretati, ma alimentato anche da quei testi ricercati per tutta la vita. Cos in DIJKSTHERIUS 1971, p. 143-144: ... Lo spirito che Gerberto aveva infuso al suo insegnamento a Reims... pu venir definito come studio della cultura antica con una forte inclinazione verso la matematica e la scienza.... LINDGREN 2001, p. 118: ... On pourra rsumer que Gerbert a repris le fil de lrudition classique sans pour autant tre reprsentant de lge obscur qui avait nglig les arts libraux et en mme temps il est all au-del....

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POULLE 2005, p. 122: ... Si, ramene une plus juste apprciation de la liste de ses oeuvres, la rputation de Gerbert en matire scientifique est sans doute moins prestigieuse que de passer pour le fondateur de la science mdivale, elle reste du moins celle dun pdagogue averti tel que nous le dcrit son lve Richer... De telles mthodes denseignement ont dailleurs fait leur preuves, puisque ce sont les lves du maitre ainsi forms qui furent ensuite en mesure daccueillir les prmices de la nouvelle science: nest-ce pas l en dfinitive, pour un enseignant, le plus solide des mrites?. Una pi profonda conoscenza dei circostanti ambienti culturali a lui contemporanei, e della tradizione testuale, ci permettono dunque, come visto, di avallare la definizione del precursore. Essa necessita per di un corollario, al fine di non isolare la figura di Gerberto dal suo contesto, illuminandola di uno sfavillio che a posteriori appare senza ombre. Il problema che si pone considerando quella che stata la reale eredit di Gerberto, definire esattamente il peso avuto dalle sue opere allepoca. Si deve infatti constatare al riguardo che, nello spazio di nemmeno due secoli, lopera di Gerberto cade nelloblio. Ed ulteriormente da precisare che, negli anni che seguono la sua morte, nel corso di quel X secolo denso di cambiamenti, i suoi testi sono s copiati, nella Lotaringia, patria della maggior parte dei discepoli di Gerberto48, nei centri della Germania del sud-ovest, a SaintEmmeran, Reichenau, Ratisbona, nellInghilterra del sud attraverso

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Fra gli allievi di Gerberto si ricordano Remi, monaco di Mettlach presso Treviri, autore di un trattato sullabaco cos come Erigero di Lobbes; labate Sigefroid I, zio di Adalberone di Reims, che per riformare la scuola di Echternach fa adottare un programma di studi analogo a quello di Reims; Herbert, futuro abate di Chagny, che prosegue i suoi studi a Chartres; infine Costantino di Fleury (sugli allievi di Gerberto si veda RICH 1984, p. 65-66). Si ricorda infine che nelle scuole di Lotaringia che

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il canale rappresentato da Fleury e Abbone. saranno conosciute a Chartres, dove la scuola di Fulberto si affermer come il nuovo polo culturale e preveder un programma di insegnamento assai simile a quello di Reims49, ma quegli elementi di novit cos caratterizzanti, in primis e soprattutto luso delle cifre arabe, potenzialmente carico di effetti rivoluzionari, non riusciranno a uscir fuori dalle pagine dei manoscritti prodotti in ambito monastico, con un utilizzo peraltro assai marginale, limitato a una ristretta circolazione fra addetti ai lavori. Non si pu dunque disconoscere che il ruolo di Leonardo Fibonacci sia stato carico di ben pi significative conseguenze: egli a tutti gli effetti colui che ha introdotto le cifre arabe nelluso comune del mondo latino. N daltronde lesperimento gerbertiano era pi ricordato allepoca, se non forse nella memoria di qualche erudito monastico che poteva aver visto quei segni in codici gi antichi. E oggi esso un fatto conosciuto solo in ambito strettamente specialistico. Se lo si identifica essenzialmente come precursore in alcuni specifici ambiti, visti gli esiti della sua azione, la storia di Gerberto ha dunque validit soprattutto come storia di unindividualit, avente in s la propria giustificazione senza proiezioni sul futuro. Ancora un altro corollario poi necessario aggiungere: sottolineare cio la rapidit con cui prese piede la leggenda nera di Gerberto. Solo ottantanni dopo la sua morte essa pu gi cominciare ad affermarsi, e non trova invero alcuno che la contrasti

viene prodotta la Seconda Geometria apocrifa di Boezio e parte della Geometria incerti auctoris. Per i manoscritti delle opere di Gerberto provenienti dalla Germania e dallInghilterra si veda MOSTERT 1997, p. 312-318. 49 La conoscenza di Gerberto a Chartres confermata, oltre che dalla provenienza dallo scriptorium della cattedrale di alcuni manoscritti contenenti i testi scientifici di Gerberto (cf. MOSTERT 1997, p. 312-318), dal fatto che il trattato gerbertiano De rationale et ratione uti fosse presente, accanto al corpus aristotelico, nel ms. 100 di Chartres (distrutto durante la guerra), vale a dire il testo utilizzato da Fulberto per linsegnamento della filosofia (cf. RICH 1984, p. 64). Sulla scuola di Chartres si veda DIJKSTHERIUS 1971, p. 143-146; GRANT 1983, p. 26-28.

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efficacemente. Il suo essere precursore per lepoca non gli garantisce allora una degna eredit, bens unaura di eccezionalit agli occhi dei contemporanei che trascina la sua figura storica verso lambiguit di una leggenda, oscillante fra il demoniaco e il meraviglioso, ma che in entrambi i casi rivela un dato di fondo, cio una sostanziale incomprensione, sia che essa sia stata generata dalla diffidenza che da uningenua ammirazione. Diffidenza o ammirazione che evidentemente non riguardano solo le sue competenze culturali ma anche la sua carriera politica, proceduta decisamente a tappe forzate, non senza carattere anche qui di eccezionalit: dal nulla al papato nel giro di un quarto di secolo. Ma al discorso sulla carriera politica di Gerberto si intreccia un altro tema che vorrei qui affrontare. possibile cio, vista anche la strana sorte subita, superare la definizione di Gerberto semplicemente come maestro particolarmente avveduto e precursore nel campo di determinati dati dottrinali, per cercare di riconnettere la sua vicenda a categorie pi ampie di storia della cultura, tali da giustificare in modo pi significativo lo stesso interesse per la sua persona? In altri termini, con le dovute cautele, possibile definire Gerberto un intellettuale del suo tempo? Per una riflessione in questo senso dobbligo avere come punto di partenza la definizione data da Le Goff nel testo che ha ormai permesso anche agli storici del Medioevo di appropriarsi di questo termine, vale a dire Gli intellettuali nel Medioevo: questa [la funzione dellintellettuale] designa per me un gruppo dai contorni ben definiti: quello dei maestri delle scuole, che appare nellAlto Medioevo, si sviluppa nelle scuole urbane dell XI secolo, e si afferma a partire dal XIII nelle universit. Questo nome designa coloro che fanno il mestiere di pensatore e di trasmettere il proprio pensiero mediante linsegnamento.

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Il suo collocarsi nellultimo quarto del X secolo fa s che Gerberto si trovi esattamente a met fra lepoca delle prime attestazioni di questa categoria e quella del vero sviluppo nel XII sec.; ma la sua eccezionalit per lepoca pu essere interpretata come sintomo di una decisa proiezione in avanti, in questo un vero precursore. La congiuntura della sua vita lo porta anche, singolarmente, a svolgere la sua attivit di scolastico in una scuola cattedrale e non gi monastica, conformandosi per ci a un tratto determinante nel profilo dellintellettuale definito da Le Goff, che lappartenenza a un contesto urbano. La dimensione di maestro, al di l delle sue caratteristiche qualitative, forse proprio quella che meglio caratterizza Gerberto: maestro lo ufficialmente per dieci anni a Reims, ma maestro continua ad esserlo anche dopo, in quanto figura di riferimento a cui porre quesiti di natura intellettuale. Abbiamo poi visto quanto la comunicazione nel senso di attenzione per la didattica, la preoccupazione di garantire la corretta comprensione e memorizzazione delle nozioni sia constantemente presente nella sua attivit scolastica. Le sue opere sono scritte spesso su richiesta e in quanto tali contengono gi implicitamente in s la spinta alla diffusione. Conoscenze da comunicare, questa la cifra dello stile intellettuale di Gerberto. Ma la sua attivit di uomo di cultura non si esaurisce nella dimensione dellaula scolastica: c tutta unattivit intellettuale per cos dire privata che permane, con pi o meno difficolt, anche quando si esaurisce lesperienza di scolastico, c la ricerca di manoscritti, gli scribi pagati in tutta Europa, ci sono quegli studia, dai quali con rammarico lavanzare degli anni e della carriera lo tengono lontano per tempi sempre pi lunghi. E qui il punto che determina una mancanza di aderenza perfetta alla definizione di Le Goff; Gerberto pensatore, trasmette il proprio pensiero mediante linsegnamento, ma questo non propriamente il mestiere della sua vita. A questo proposito si pu introdurre un altro aggettivo che rischia lanacronismo se non trattato con cautela: dal momento

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che in Gerberto convivono strettamente due istanze, quella delluomo di cultura e quella delluomo politico, lo si potr definire come una sorta di intellettuale engag? Forse, visto quanto detto sul suo rapporto con lintellettualit in quanto mestiere, la realt della sua figura si potr cogliere meglio invertendo i termini, un engag intellettuale. Nel momento in cui il coinvolgimento politico, sia esso di politica laica o ecclesiastica, raggiunge determinati livelli, a cominciare dallintricata vicenda che lo vede coinvolto nellascesa della dinastia capetingia, la dimensione intellettuale diviene affaire del tutto privato, che cede quando necessario di fronte alle priorit imposte dalle circostanze pubbliche. E tuttavia il discorso non pu giungere a nette separazioni, perch le due situazioni di intellettuale engag e di engag intellettuale sono costantemente in uno stato di mescolanza. La capacit intellettuale di Gerberto ha infatti avuto un peso nella eccezionalit della sua carriera politica? Pur tenendo conto della dimensione celebrativa della testimonianza di Richero, comunque innegabile che la relazione fra il giovanissimo Gerberto e la dinastia ottoniana sia passato attraverso il dato culturale, e il rapporto con Ottone III nasce comunque come rapporto fra un maestro e un discepolo. Cera certamente una progettualit politica in questa coppia imperatore-papa, in cui il papa assume un nome altamente significativo, ma azzardato pensare che dietro il rapporto maestro-discepolo, dove il discepolo un uomo di potere, ci fosse anche, pi o meno cosciente, la fascinazione di un sogno antico, un sogno tutto da intellettuali, quello che, per citare un modello sicuramente ben noto a Gerberto, aveva cercato di riproporsi, invano, in Boezio e Teodorico, ma aveva il suo precedente mitico e illustre in Aristotele e Alessandro, per non parlare di quello sfortunatissimo di Seneca e Nerone? Il suo essere precursore nel campo delle singole conoscenze dottrinali appare allora, a questo punto, in una luce diversa: le novit rispetto alla sua epoca sono spia dellattivit di un personaggio che non fa ancora il pensatore per mestiere, ma

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dedica allattivit del pensare una parte notevole della sua vita, e ad essa in parte debitore della propria fama. Resta, infine, la testimonianza di un grande maestro per il quale discipuli victoria, magistri est gloria (GERBERT, Correspondance, Ep. 194); di un personaggio dotato di una curiosit intellettuale fuori del comune, capace di affermare che proinde in otio, in negotio, et docemus quod scimus, et addiscimus quod nescimus (GERBERT, Correspondance, Ep. 44).

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Weblografia Si segnala il sito personale del prof. Costantino Sigismondi, del Dipartimento di Fisica dellUniversit La Sapienza di Roma: http:// www.icra.it/solar/sigismondi. Dalla pagina iniziale, per quel che riguarda Gerberto dAurillac, si accede a due sezioni: Gerbert dAurillac Opera Omnia , nella quale sono disponibili, in formato .pdf , i testi dellaquitano secondo ledizione della Patrologia Latina, lintroduzione e ledizione delle lettere scientifiche dal volume di Harriet Pratt Lattin, 92

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The Letters of Gerbert; gli atti del convegno Gerberto, scienziato e papa tenutosi il 12 maggio 2003 presso la Pontificia Universit Lateranense: Sigismondi Poupard, Proemio; Sigismondi, Gerberto e lastronomia; Sigismondi, Gerberto e la geografia tolemaica; Palagiano, Gerberto e la medicina; Santi, Gerberto e la musica (interventi pubblicati a stampa in Geografia, Trimestrale di ricerca scientifica e di programmazione regionale, 26 n. 3-4, 2003, vedi Bibliografia); materiali relativi alle celebrazioni in onore di Gerberto del 2006: Scienza in Cattedrale. La meridiana del Duomo e la figura e lopera di Silvestro II Gerberto dAurillac papa e scienziato (Milano, 12 maggio 2006) e Gerberto e il De Mensura Fistularum (Giornata gerbertiana a Roma, 16 maggio 2006). Allindirizzo http://www.casanatense.it/HTML/archivio-eventi/ gerbertus/index.htm sono disponibili i testi che hanno accompagnato la mostra bibliografica organizzata dalla Biblioteca Casanatense nel 2004, Quadratus siderales: Silvestro II e la scienza dellanno Mille: Sigismondi Berardini Martone, Storiografia su Gerberto; Calia, Rinascenze culturali altomedievali; Prosperi, Le fonti del Trivio; Sigismondi Santi, La musica; Mariani, Le fonti del Quadrivio ; Ciliberto Giustizi, LAstronomia ; Nuvolone, Il carme figurato di Gerberto dAurillac.

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