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Per una valutazione più generale dell'importanza del motivo nella storiografia pic
colominiana, si cfr. Resta, Enea Silvio Piccolomini cit., p. 562; Arnaldi, Ritratto di Enea
Silvio Piccolomini cit., pp. 363-364; e F. Gaeta, Il primo libro dei Commentarii di Pio II,
L'Aquila, L. U. Japadre, 1966, pp. VII-XIII.
22 Pastor, Storia dei papi cit., II, pp. 14-15.
23 Ibid., II, pp. 275-276.
24 In particolare, le accuse del Pastor sono rivolte principalmente contro le repub
bliche di Firenze e di Venezia, considerata la principale responsabile, quest'ultima, del
fallimento della crociata di Pio II: ibid., II, pp. 266-270.
25 C. Ady, Pius II. The Humanist Pope, Londra, Meuthen & Co. Ltd., 1913.
26 Ibid., pp. 206-235.
21 Ibid., p. 235: «Always making the best of a situation, quick to seize every point
of vantage, slow to press matters to extremities, Pius did ali that could be done under
the circumstances. Thus he left the reputation of the Papacy in Europe higher than he
found it. He showed that, in spite of its abuses, the Apostolic See stood for ideals and
aspirations nobler than the common aims of a self-seeking age».
28 Ibid., in particolare pp. 326-327.
29 Ibid., pp. 346-347.
bile della sua azione, della sua politica rispetto al papato e all'Eu
ropa: «Nevertheless, in looking back upon his history, the prevai
ling impression which we gather is that of the limitations of hu
manism as a guide to life (...) the ideals of humanism were not hi
gh enough to grapple with the problems of his pontificate. (...) He
did the utmost that expediency santiones for the cause of the cru
sade: but, while he was waiting for the princes of Europa to fol
low his example, he built Pienza. Thus he was not able to convin
ce Christendom of his sincerity, or to restore the fallen credit of
the Papacy».50
L'interpretazione della Ady finisce così per accentuare il senso
delle contraddizioni della personalità e della politica del Piccolo
mini, e il giudizio complessivo della studiosa inglese sembra ri
chiamare, alla fin fine, alcune delle conclusioni dello studioso te
desco.
La storiografia, in questo modo, indubbiamente, approfondi
sce via via criteri e motivi, e il tema dell'Europa, del rapporto fra
il Piccolomini e la realtà europea acquista importanza. Tuttavia,
esso risulta, per così dire, come 'imprigionato' all'interno di una
serie di riferimenti, di categorie più generali - il 'Rinascimento', la
'crociata' - senza trovare uno sviluppo convincente.
Solo a partire dagli anni '30, una serie di studi successivi - dai
lavori di Werner Fritzemeyer, di Gian Piero Bognetti, a quelli di
Francesco Battaglia, Gaston Zeller e Federico Chabod - offrono
nuovi stimoli e nuovi motivi di riflessione.
Lo studio di Werner Fritzemeyer,31 da un lato, resta ancora le
gato ad un'interpretazione del Piccolomini come figura, per così
dire, 'rappresentativa' del Rinascimento italiano visto, in una pro
spettiva non dissimile da quella del Voigt, nei suoi caratteri più
'tipici' di individualismo sfrenato, di ambizione e di ricerca co
stante di fama e potere: questi restano, in effetti, i tratti più carat
teristici della sua personalità, e spiegano, secondo il Fritzemeyer,
anche la libertà e la disinvoltura con cui il Piccolomini si muove
i2 Ibid., p. 21.
33 Sull'importanza del tema dell'Europa nella storiografia fra la prima e la seconda
guerra mondiale, si vedano in particolare le osservazioni di F. Chabod, nel suo corso
del 1943-'44 sulla storia dell'idea di Europa: «in questi ultimi anni è stato, ed è, un
gran parlare di Europa e di civiltà europea, di anti-Europa e di forze avverse alla civiltà
europea, ecc. Appelli, articoli di giornali e di riviste, discussioni e polemiche: insomma,
il nome 'Europa' è stato con insolita frequenza tirato in ballo, a torto e a ragione, per
diritto e per rovescio» (Storia dell'idea di Europa, Roma-Bari, Laterza, 1993, a cura di
A. Saitta e E. Sestan, qui Prefazione, p. 8).
Per le vicende del testo relativo al corso del '43-'44 (cui si riferisce la citazione), si
veda in ogni modo B. Vigezzi, Federico Chabod e i problemi dell'idea di Europa, in Sto
ria e storici d'Europa nel XX secolo, a cura di B. VlGEZZI - M. M. BENZONI, Milano, Edi
zioni Unicopli, 2001, pp. 211-241, in particolare pp. 222-223, e nota 22.
34 Fritzemeyer, Christenheit und Europa cit., in particolare p. 20: «(...) so muK er
selbst auch di Auflòsung jeder regimentalen Einheit der Christenheit feststellen: gewifi,
er bedauert sie, aber er sieht doch mit groKer Klarheit in eine Welt hinein, die sich un
widerruflich aus dem Mittelalter befreit hat. "Christianitas nullum habet caput, cui pa
rere omnes velint. Neque summo sacerdoti, neque Imperatori quae sua sunt dantur.
Nulla reverantia, nulla oboedientia est. Tanquam ficta nomina, pietà capita sint, ita Pa
pam Imperatoremque respicimus. Suum quaeque civitas regem habet. Tot sunt princi
pes quot sunt domus"».
'5 Ibid., pp. 19-21.
56 Ibid., pp. 27-28: «Noch bedeutet 'Europa' nicht eine fest geschlossene Kultur
gemeinschaft, noch sind die einzelnen Lànder nicht in eine lebendige Einheit zusam
mengewachsen, das ihnen eigene Leben breitet sich noch nicht iiber den europàischen
Kòrper aus und steht nicht in engem Zusammenhang mit dem dieses Ganzen (...) Der
Ausdruck Europa gewinnt jedoch eine solche Gelaufigkeit, dafi er iiber die geographi
sche Sphare hinaus auch Gefafi und Sinntràger geistiger Gehalte wird. (...) Dieses 'Eu
ropa' nicht im Gegensatz zu 'Christenheit' entwickelt, sondern vollig aus den christli
chen Gemeinschaftsvorstellung erwachsen, bildet sich zu einer selbststàndigen Raum
vorstellung empor, die sich von der kirchlichen Organisation emanzipiert, fàhig zur
Aufnahme autonomer kultureller Werte».
60 Gaeta, Sulla 'lettera a Maometto' cit., p. 131. Si cfr. anche Paparelli, Enea Sil
vio Piccolomini cit., pp. 114-115.
61 Si veda ad esempio Garin, Enea Silvio Piccolomini cit., p. 24.
62 Ibid., p. 22, e si vedano poi anche pp. 23-24.
63 Si cfr. B. Widmer, Enea Silvio Piccolomini. Papst Pius II, Basel-Stuttgart, Benno
Schwabe & Co., 1960, pp. 66-83; J. B. Toews, Dream and Reality in the imperiai ideolo
gi of pope Pius II, «Medievalia et Humanistica», XVI, 1964, pp. 77-93, in particolare p.
79.
64 CESERANI, Pio II, in I protagonisti della storia universale, V, Milano, CEI, 1966,
pp. 169-196, p. 185, e poco oltre «Egli conosceva e comprendeva a fondo (con la sua
esperienza di politico e di diplomatico, che gli aveva rivelato come le molle dell'azione
umana fossero costantemente l'ambizione, l'avidità di ricchezza, la volontà di potenza) i
motivi che rendevano fragile e inefficace il governo della Chiesa: la diffusa corruzione,
la compra-vendita delle cariche, il cumulo dei benefici: i temi stessi che qualche decen
nio più tardi avrebbero dato esca alla polemica protestante». Si cfr. anche Resta, Enea
Silvio Piccolomini cit., p. 553.
70 Si cfr. in questo senso Paparelli, Enea Silvio Piccolomini cit., in particolare pp.
64-65.
71 Così ad esempio Rowe, The tragedy of Aeneas Sylvius Piccolomini cit., p. 303.
72 Si veda Ceserani, Pio II cit., p. 191.
75 Si vedano in questo senso le osservazioni di Arnaldi, Ritratto di Enea Silvio Pic
colomini cit., pp. 354-365, e, più in generale, B. Vigezzi, in Biografia e storiografia, a cu
ra di A. Riosa, Milano, Franco Angeli Editore, 1983, pp. 28-34, 98-109, 129-132.
'4 Toews, Dream and Reality in the imperiai ideology of pope Pius II cit., p. 78-79:
l'ideologia imperiale del Piccolomini si muove, secondo l'autore, fra sogno e realtà,
«the dream, which envisioned an imaginary idealized universal institution, and reality,
which rarely possessed the qualities theoretically ascribed to it» (p. 77). E di fronte alla
realtà dell'impero e della politica dinastica di Federico III, «rather than admit the falla
cy of his already modified medieval vision, Aeneas chose to rationalize and dream. He
preferred a continuai compromise of his ideals to an outright dismissal of the non-func
tional imperiai politicai structure erected by past theorists. It seemed that in fear of
having no faith he intensified his faith in the impossible, an operative imperiai institu
tion» (p. 85).
Dello stesso autore si veda anche The view of Empire in Aeneas Sylvius Piccolomini
(Pope Pius II), «Traditio», XXIV, 1968, pp. 471-487.
" Garin, Enea Silvio Piccolomini cit., p. 23.
'6 lbid., pp. 26-27.
" PAPARELLI, Enea Silvio Piccolomini cit., p. 148.
82 L'osservazione vale per la maggior parte degli autori ricordati nelle pagine pre
cedenti. Si cfr. inoltre, in particolare, A. Berg, Enea Silvio de' Piccolornini (Papst Pius
II) in seiner Bedeutung als Geograph, Halle a.S., Druck der Buchdruckerei des Waisen
hauses, 1901, pp. 12-29; e H. Mùller, Enea Silvio de' Piccolornini's literarische Tàtigkeit
auf den Gebiete der Erdkunde und dessen Einfluss auf die Geographen der Folgezeit, Er
langen, Univ. Diss., 1903, pp. 12-50.
83 Casella, Pio II tra geografia e storia cit., pp. 40-41.
M lbid. pp. 41-42: il Casella individua, all'interno delle pagine relative all'Europa,
tre diversi rimandi a\YHistoria Bohemica - il primo a proposito della battaglia di Alba,
il secondo a proposito dell'Austria, e il terzo nella descrizione della Boemia. Tuttavia, a
mio avviso, il secondo di questi rimandi potrebbe piuttosto riferirsi non alYHistoria
Bohemica, ma alYHistoria Friderici III imperatoris, un trattato, composto in momenti di
versi, e ripreso dal Piccolomini fra il '57 e il '58, dedicato esplicitamente alla descrizio
ne dell'Austria e del recente scontro fra gli austriaci e Federico III.
Per quanto riguarda più direttamente invece YHistoria Bohemica, il trattato, dedi
cato ad Alfonso d'Aragona, viene concluso, secondo quanto lo stesso autore ci riferisce,
proprio negli stessi giorni in cui il Piccolomini riceve la notizia della morte del re di
Napoli: si veda Historia Bohemica, in Opera omnia cit., pp. 81-143, in particolare p.
143. Si veda inoltre in questo senso l'ulteriore testimonianza del Piccolomini nei Com
mentarti (ed. a cura di L. Totaro, Milano, Adelphi, 1984), pp. 192-193.
85 De Europa cit., p. 445 [p. 190], e Casella, Pio II tra geografia e storia cit., pp.
58-59. Su questo tema si veda anche Van Heck, Prolegomena cit., p. 6: riprendendo le
conclusioni del Casella sulle diverse date di composizione delle parti del trattato, il van
Heck avanza l'ipotesi che queste parti - concepite separatamente - siano state poi suc
cessivamente riorganizzate dallo stesso Piccolomini nel De Europa, che rappresentereb
be, dunque, un'opera unitaria. L'osservazione del Van Heck, tuttavia, non sposta i ter
mini del problema, confermando piuttosto - e questo mi sembra il dato essenziale - il
fatto che la parte sull'Italia sia stata scritta alcuni mesi prima della parte relativa all'Eu
ropa. L'ipotesi avanzata dal van Heck, d'altra parte, resta in sospeso, perché lo stesso
autore osserva che, divenuto pontefice, Pio II non avrebbe comunque avuto il tempo,
alla fin fine, di rivedere il testo per la pubblicazione.
86 Casella, Pio II fra geografia e storia cit., pp. 46-50.
S/ Ibtd., in particolare pp. 47-48. Per il testo della Cosmographia si veda Opera om
nia cit., pp. 281-471 (De Asia, pp. 281-386; De Europa, pp. 387-471): dopo alcune con
siderazioni generali sulla forma della terra, la circumnavigabilità delle terre abitate, i
nomi e i confini delle terre e degli oceani, e l'abitabilità delle zone torride (pp. 282
286), il Piccolomini passa a descrivere l'Asia (Asia maior), suddividendola in sei parti:
tra a nord e tre a sud del monte Tauro, che per il Piccolomini si estende dall'Asia mi
nore fino in estremo oriente. Tuttavia, il Piccolomini descrive solo le prime tre parti a
nord del Tauro, e, invece di proseguire nella trattazione dell'Asia maggiore, passa diret
tamente a descrivere l'Asia Minore (Asia minor), divisa a sua volta in tre parti, e che co
stituisce la parte quantitativamente più rilevante dell'intero De Asia. La descrizione del
l'Asia si conclude con una breve dissertazione sui Turchi, e cede poi il passo alla tratta
zione dell'Europa, che, sviluppandosi dall'Ungheria, si muove poi da est verso ovest, e
termina quindi con la descrizione dell'Italia.
A questo proposito, andrebbe ad ogni modo tenuto presente anche il problema re
lativo al titolo stesso del trattato. L'indicazione De Europa, come osserva il van Heck,
compare infatti solo a partire dalle edizioni a stampa del 1490: i codici e i manoscritti
anteriori a questa data riportano invece per lo più il titolo di Gesta sub Federico III o
De gestis sub Federico III (van Heck, Prolegomena cit., p. 4). Da questo punto di vista,
l'osservazione del van Heck rafforza l'ipotesi del Casella circa l'autonomia e l'indipen
denza del trattato rispetto al De Asia e alla Cosmographia.
Ma su quest'ultimo argomento si vedano anche le ulteriori osservazioni del Casella
in merito alla testimonianza dei contemporanei e dei biografi di Pio II: Casella, sopra
cit., pp. 52-54.
88 Agli elementi ricordati finora, il Casella aggiunge, per la verità, un ulteriore rife
rimento ad una lettera di dedica, datata 29 marzo 1458 e indirizzata al cardinal Antonio
de la Cerda, che accompagna il trattato. Il testo della lettera è edito dal van Heck,
pp. 25-26.
Ma, a mio avviso, il riferimento solleva alcuni dubbi che andrebbero chiariti. La
lettera, in effetti, sembra indicare un'opera già conclusa («edidi igitur brevem histo
riam»): tuttavia la data ben difficilmente potrebbe riferirsi alla sola descrizione dell'Ita
lia, composta fra il febbraio e il marzo del '58. Inoltre la lettera rimanda ad un'opera
che non è limitata all'Italia: «At cum subiret mentem multa et magna inter christianos
gesta esse ab eo tempore, quo Fridericus imperium accepit, usque in hanc diem, opu
sculum seorsum edere statui, in quo singolare quidam eius temporis sub compendio ad
posteritaris memoriam transmitterem digna memoratu». Il riferimento potrebbe anche
(ma l'ipotesi è da verificare) rimandare aWHistoria Friderici III imperatoris, che, come si
è detto, il Piccolomini riprende e porta a termine tra il '57 e il '58. Si vedano ad ogni
modo Casella, Fio II fra geografia e storia cit., p. 42, e Van Heck, Prolegomena cit.,
pp. 4-5.
94 Lo stretto legame fra il trattato e gli avvenimenti tedeschi è stato del resto sotto
lineato a più riprese dalla storiografia: si vedano ad esempio Pastor, Storia dei papi cit.,
I, pp. 729; Paparelli, Enea Silvio Piccolomini cit., p. 125; Ceserani, Pio II cit., p. 186.
95 De Germania cit., in particolare pp. 1047-1048. Ma per questo si veda anche
qui pp. 632-633, 639.
La lettera del Mayr, infatti, attacca direttamente lo stesso Piccolomini, che ave
va ricevuto dal pontefice la riserva su tre chiese tedesche «quae hactenus insolita est et
inaudita» (Lettera del Mayr al Piccolomini cit., p. 1035). Le accuse del Mayr sono tut
tavia respinte con forza dal Piccolomini, il quale, ricordando i tanti anni trascorsi in
Germania al servizio dell'imperatore e dei principi tedeschi, e i servizi resi all'impero,
rivendica piuttosto l'esistenza di un rapporto privilegiato che lo lega alla nazione tede
sca, alla Germania. In questa prospettiva, la sua stessa nomina a cardinale nasce soprat
tutto dal favore e dal sostegno che gli hanno offerto i principi tedeschi e l'imperatore,
tanto che il Piccolomini può ben definirsi, di fronte alle accuse del Mayr, un cardinale
tedesco piuttosto che italiano! Si veda De Germania cit., p. 1046.
Il motivo - ripreso nuovamente dal Piccolomini nei Commentarli (cit., pp. 180
182) - assume, del resto, un'importanza centrale nella storiografia piccolominiana, che
ha insistito, in questo senso, soprattutto sul rapporto fra il Piccolomini e l'impero, e,
più in generale, sul ruolo e sull'influenza esercitata dal Piccolomini come 'apostolo del
l'umanesimo in Germania'.
9/ La Germania cit.: queste pagine del trattato, interamente edite dal Paparelli e
dedicate alla descrizione della nuova Germania e al confronto con la Germania descrit
ta dagli autori antichi - in primo luogo Tacito - costituiscono certo le pagine più note
del De Germania, frequentemente richiamate dalla storiografia, che ne ha sottolineato
soprattutto l'importanza per la conoscenza della realtà della Germania tardo medievale.
98 Ibid., pp. 26-27.
95 Ibid., pp. 34-85.
100 Ibid., pp. 85-93.
101 Ibid., pp. 93-97.
102 Ibid., pp. 97-99.
103 Ibid., pp. 1063-1064.
107 De Europa cit., p. 446 [p. 192], Sulle vicende della guerra fra Alfonso d'Arago
na e Genova, e sulla cessione della repubblica ligure alla Francia si vedano in particola
re A. Ryder, Alfonso the Magnanimous, king of Aragon, Naples and Sicily. 1396-1458,
Oxford, Clarendon Press, 1990, pp. 261-266, 400-404; G. Galasso, II regno di Napoli.
Il Mezzogiorno angioino e aragonese (1266-1494), in Storia d'Italia, voi. XV, 1, Torino,
UTET, 1992, pp. 607-613. L'accordo fra il doge di Genova e Carlo VII viene concluso
ad Aix-en-Provence il 7 febbraio 1458.
108 Ibid., cap. XLIII, pp. 445-446 [pp. 190-192].
109 II pericolo che i francesi si servissero di Genova come testa di ponte per il recu
pero del regno di Napoli e per estendere la propria egemonia in Italia era avvertito con
forza dai contemporanei: si vedano ad esempio, in questo senso, V. Ilardi, The Banker
stateman and the condottiere-prince: Cosimo de' Medici and Francesco Sforza, 1450-1464,
in Id., Studies in Italian Renaissance. Diplomatic History, Londra, Variorum Reprints,
1986, pp. 1-36, in particolare pp. 12-14; e D. Abulafia, The inception of the reign of
King Ferrante I ofNaples: the events of summer 1458 in the light of documentation from
Milan, in Id. (a cura di), The French Descent into Renaissance Italy. Antecedents and ef
fects, Aldershot, Variorum, 1995, pp. 71-89, in particolare pp. 73-74.
Sulle ambizioni egemoniche francesi sulla penisola si vedano G. PlLLININI, Il siste
ma degli stati italiani. 1454-1494, Venezia, Libreria Universitaria Editrice, 1970 (soprat
tutto pp. 60-62; 83-102); V. Ilardi, The Italian League, Francesco Sforza and Charles VII
(1454-1461), in Id., Studies in Italian Renaissance cit., pp. 129-166; Id., France and Mi
lan: the uneasy alliance, 1452-1466, ivi, pp. 415-448; R. Fubini, Lega italica e 'polìtica
dell'equilibrio' all'avvento di Lorenzo de' Medici al potere, in Id., Italia Quattrocentesca.
Politica e diplomazia nell'età di Lorenzo il Magnifico, Milano, Franco Angeli Editore,
1994, pp. 185-219; e Id., Introduzione a G. B. Picotti, La dieta di Mantova e la politica
dei veneziani, ristampa anastatica a cura di G. M. Varanini, Trento, Editrice Università
degli Studi di Trento, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, 1996, pp. vn-xx,
in particolare p. xv).
110 Si veda già qui p. 639.
mo esame che tento qui di proporre, meriterebbero un'analisi più attenta e specifi
ca.
159 In questo senso si vedano più in generale V. Ilardi, 'Italianità' among some Ita
lioti Intellectuals in the early sixteenth century, in Id., Studies in Italian Renaissance cit.,
pp. 339-367; G. Galasso, L'Italia come problema storiografico, voi. introduttivo a Id. (a
cura di), Storia d'Italia, Torino, UTET, 1979: in particolare cap. Vili e IX; P. Marga
ROLI, L'Italia come percezione di uno spazio politico unitario negli anni Cinquanta del XV
secolo, «Nuova Rivista Storica», LXXIV, 1990, pp. 517-36; Fubini, L'idea di Italia fra
Quattro e Cinquecento, «Geographia Antiqua», VII, 1998, pp. 53-66, in particolare pp.
53-55.
140 Ibid., p. 457: «Sed cum pluribus annis Eugenius abfuisset, intellexerant et opu
lenti cives et inopes Romam sine Pontificis cur[i]a non tam urbem quam vastam ac de
sertam speluncam videri. Quibus ex rebus missis ad eum legatis, ut in urbem suam re
diret, magnis precibus rogavere. Rediit ille nono postquam effugerat anno nec tam
ignominiose pulsus fuerat quam exceptus est gloriose (...)» [p. 230],
141 Ibid, pp. 457-458 [pp. 231-232],
142 Si veda in particolare M. Caravale, Lo stato pontificio da Martino V a Gregorio
XIII, in Lo stato pontificio: da Martino V a Pio IX, a cura di M. Caravale - A. Carac
Sed recusante Alphonso pacem, quae sibi inscio dieta erat, vanam
esse Nicolaus, quae de se habita fuerat, suspicionem ostendit misso ad
Alphonsum legato Dominico Santae Crucis cardinali, prudentia singula
ri et vitae integritate conspicuo. Qui cum Caietam, deinde Neapolim
pervenisset, intervenientibus Venetorum et aliarum partium legatis diffe
rentiisque omnibus tanquam ex integro discussis Alphonso regi non so
lum pacem suasit, sed foedus in annos quinque et viginti inter omnes
CIOLO (Storia d'Italia diretta da G. Galasso, voi. XVI), Torino, UTET, 1978, pp. 3-138,
in particolare pp. 56-60. Ma si veda anche qui più oltre pp. 662-663.
143 De Europa cit., p. 458 [p. 232],
UA Ibid., p. 459 [p. 237],
M5 Ibid., pp. 459-460 [pp. 245-246]: il Piccolomini fa riferimento in particolare al
la congiura organizzata da Stefano Porcari; e alla costruzione, da parte del pontefice,
di nuove fortezze e di nuove fortificazioni per il controllo delle terre dello stato della
Chiesa.
146 Sulla Lega Italica si vedano G. Soranzo, La Lega Italica (1454-55), Milano, So
cietà Editrice 'Vita e Pensiero', 1924; G. Nebbia, La Lega Italica del 1455: sue vicende e
sua rinnovazione del 1470, «Archivio Storico Lombardo», IV, 1939, pp. 117-135; Ilar
di, The ltalian League cit.; Pillinini, Il sistema degli stati italiani cit.; e Fubini, Lega Ita
lica e 'politica dell'equilibrio' cit., e, dello stesso autore, L'idea di Italia fra Quattro e
Cinquecento cit., pp. 55-60.
152 Ibidpp. 460-461 [p. 249]. Per quanto riguarda i rapporti fra Callisto III e Al
fonso si vedano in particolare Galasso, II regno di Napoli cit. pp. 612-618.
15' Si cfr. in particolare FuBINI, L'idea di Italia fra Quattro e Cinquecento cit., p. 59.
Sul tema si veda Id., Lega Italica e 'politica dell'equilibrio' cit., p. 204.
155 Historia Bohemica cit., p. 82.
adhibitam dicunt, neque iure valere quod metus extorserit. Nobis per
suasum est, armis acquiri regna, non legibus.157
appellent. (...) Turcarum gens scythica et barbara est (...) Turcae (ut
Ethicus philosophus tradit) ultra Pyrenaeos montes et Taracontas insu
las contra aquilonis ubera, id est, ad septentrionalem oceanum sedes pa
trias habuere: gens truculenta, ignominiosa, et in cunctis stupris ac lupa
naribus fornicaria. Comedit quae caeteri abominantur: iumentorum, lu
porum et vulturum carnes, nec abortivis hominum abstinet. Diem fe
stum nullum collit, nisi mense Augusto Saturnalia. Romanorum impe
rium audivit magis quam sensit.174
tum subito capta urbe caesis omnibus, qui resistere ausi sunt, in rapinas
est itum. Erat victorum infinitus numerus in libidinem, in saevitiam cor
ruptior: non dignitas, non aetas, non sexus quenquam protegebat (...)
nihil illicitum toto triduo in Constantinopoli fuit (...) Simulacrum Cruci
fixi, quem colimus et verum deum esse fatemur, tubis ac tympanis pra
eeuntibus raptum ex urbe hostes ad tentoria deferunt, sputo lutoque
foedant et ad nostrae religionis irrisionem iterum cruci affigunt. Exin pi
leo, quem sartulum vocant, capiti aius imposito corona undique facta,
"hic est" (inquiunt) "Christianorum Deus". Tum lapides lutumque iac
tantes miris dehonestant modis. Sed nihil haec obsunt Deo nostro coe
lum tenenti nec maiestatem aius quoquo modo imminuere possunt:
cuius ea gloria, ea sublimitas est, ea beatitudinis perfectio, ut nec laudi
bus humanis extolli, nec humiliari vituperiis ullis possit.175
174 De Europa cit., pp. 394-395 [pp. 62-63]. In questo senso si cfr. anche Pertusi, I
primi studi in Occidente sull'origine e la potenza dei Turchi cit.; e F. CARDINI, Europa e
Islam. Storia di un malinteso, Roma-Bari, Laterza, 1999, in particolare p. 213: in questo
senso, la descrizione del Turco fatta dal Piccolomini sarebbe basata, secondo Cardini,
sulle pagine di Erodoto relative ai Persiani, scelta che accentua il significato anche cul
turale, di contrasto fra barbarie e civiltà, della contrapposizione fra Cristiani e Turchi.
175 Ibid, p. 402 [pp. 80-81],
1,6 Si tratta, nell'ordine, della Macedonia (cap. IX, pp. 403-404) [pp. 85-87]; della
Boezia (cap. X, p. 404) [p. 87]; dell'Attica (cap. XI, pp. 404-405) [pp. 87-88]; del Pelo
ponneso (cap. XII, pp. 405-406) [pp. 88-90]; dell'Acarnania (cap. XIII, p. 406) [pp.
90-91]; e dell'Epiro (cap. XIIII, p. 406) [pp. 91-92].
17 ' Ibid., p. 404 [pp. 86-87].
178 Si cfr. in questo senso, in particolare, Cardini, Europa e Islam cit. p. 213: «Dagli
sciiti, il gusto e l'erudizione umanistici passavano immediatamente - e con naturalezza
- al popolo crudele per eccellenza dell'età antica, al nemico principale della Grecia e di
Roma: a quei persiani in qualche modo chiamati già in causa da Urbano II»; e, dello
stesso autore, Europa: le basi culturali, in Id., Dal Medioevo alla medievistica, Genova,
ECIG, 1989, pp. 11-23, soprattutto p. 21.
1/9 La fine dello Scisma d'oriente, il concilio di unione - conclusosi proprio nel
quadro di una preoccupazione crescente di fronte all'avanzare della minaccia turca ver
so Costantinopoli - da questo punto di vista, può avere favorito il senso di un'unità di
fondo fra Oriente e Occidente. Tuttavia, detto questo, resta indubbiamente molto forte
nel Piccolomini il senso dell'inferiorità di fondo dell'Oriente bizantino rispetto all'Eu
ropa occidentale. In questo senso, il problema del rapporto fra Oriente bizantino e
Chiesa romana è in realtà ridotto e semplificato dal Piccolomini ad una semplice conte
sa dottrinale e dogmatica, che verte soprattutto sul dogma della processione dello Spiri
to Santo, e che viene risolta a favore del papato e della Chiesa di Roma. A sua volta, si
può ben dire, l'inferiorità militare e morale dell'impero bizantino ormai morente trova
una rappresentazione quanto mai efficace nella ignominiosa fine dell'imperatore, calpe
stato dalla folla mentre tenta di scappare dinnanzi all'ingresso dei Turchi a Costantino
poli.
Sul tema si cfr. in particolare le osservazioni di Chabod, Storia dell'idea di Europa
cit., pp. 42-43.
180 De Europa cit., p. 387 [p. 27]. Cfr. supra p. 620 nota 5.
181 Si veda già qui pp. 636-637.
significato soltanto avere chiese per il servizio divino, digiunare il venerdì, santificare la
domenica, venerare i santi come si deve, osservare la quaresima, non praticare la magia,
battezzare i figli di Sabato Santo, seppellire i defunti nei cimiteri e non nei boschi, con
fessarsi e tutto il resto, come ricordava la Vita del santo vescovo di Bamberga, Ottone
(morto nel 1139). Significava anche adeguare costumi e comportamenti a un canone
morale in cui si riconosceva quell'Occidente cristiano che sempre più assomigliava a
un'Europa meglio definita» (p. 35).
188 De Europa cit., pp. 419-420 [pp. 121-122].
189 II richiamo via via alle diverse figure di uomini illustri - uomini di cultura, ve
scovi o prelati eminenti, condottieri o uomini politici - percorre la trattazione del Pic
colomini, quasi ad individuare un punto di riferimento comune alle diverse realtà euro
pee.
192 Ibid., p. 393 [p. 58], Si veda anche a proposito della Baviera, p. 437: «(...) neque
deserta regio, ut Strabo tradit, quod suo fortasse tempore fuit. Nunc eultissima est, ma
gnas ac ambitiosas civitates habens et oppida nobilissima, quorum splendorem nesci
mus tota Europa quae vincere possint» [p. 161].
193 lbid., pp. 417-418 [pp. 114-118],
194 In molti casi, la rievocazione di eventi storici più o meno importanti legati ai
singoli paesi si basa sul ricordo personale dello stesso autore, che vi aveva partecipato o
assistito in prima persona: così, ad esempio, per quanto riguarda l'elezione di Alberto
d'Austria ad imperatore; le contese fra Venezia e Federico III per l'Istria; le recenti vi
cende austriache e la dieta di Vienna.
202 L'area germanico-imperiale, intesa nel senso più largo, include le regioni orien
tali, l'Ungheria, la Boemia, anche la stessa Polonia, e si estende poi fino alla Danimarca
(che il Piccolomini definisce infatti «Germaniae portio» (ibid., p. 425 [p. 133]) e all'O
landa, a sua volta considerata «provincia Germaniae» (ibid., p. 429 [p. 141]).
mus, quoniam de Franconia sermo inciditi sunt enim multi qui Francos
eos solummondo esse volunt, qui circa Parrhision habitant, et illis da
tum imperium esse volunt; quos rectius Francigenas quis appellaverit.20'
203 Ibid., p. 434 [pp. 153-154], Sul tema si vedano anche P. GlLLl, Elements pour
une histoire de la gallophobie italienne à la Renaissance: Pio II et la nation frangaise,
«Mélanges de l'Ecole frangaise de Roma-Moyen Age», CVI, 1995, pp. 275-311 in par
ticolare p. 280; J. Krynen, Ideal du prince et pouvoir royal en France à la fin du Moyen
Age (1380-1440): études de la literature politique du temps, Parigi, A. et J. Picard, 1981,
e Id., L'empire du roi: idées et croyances politiqties en France, 13e-15e siècles, Parigi, Gal
limard, 1993.
204 Ivi. Si veda anche GlLLI, Elements pour une histoire de la gallophobie italienne
cit. p. 286 e Krynen, L'empire du roi: idées et croyances politiques en Trance cit. pp.
384-390.
Barbara Baldi
206 La storiografia, seguendo forse un po' troppo da vicino i Commentarti di Pio II,
ha insistito a lungo, in effetti, sull'immagine di un Piccolomini 'predestinato al papato',
e anche le opere qui ricordate sono state talvolta considerate in questa prospettiva: si
veda per esempio Paparelli, Enea Silvio Piccolomini cit., pp. 128, 131: il Piccolomini,
secondo il Paparelli, «era ormai inarrestabilmente avviato al successo supremo (...) Vie
ne persino il dubbio che quella villeggiatura viterbese, con tutta la progettata dedica
della Historia Bohemica al re di Napoli, fosse solo questione di fiuto. (...) Da tempo, del
resto, Enea Silvio s'andava familiarizzando con l'idea di divenire pontefice». Ma si cfr.
su questo tema anche le osservazioni di CESERANI, Note sull'attività di scrittore di Pio II,
in Enea Silvio Piccolomini. Papa Pio II cit., pp. 99-115, in particolare pp. 101-102. Tut
tavia, a mio avviso, questa interpretazione semplifica in modo eccessivo la realtà della
situazione italiana ed europea al momento della morte di Callisto III, trascurando così
alcuni elementi essenziali: in questo senso, l'esame dei dispacci diplomatici fra gli ora
tori sforzeschi presenti a Roma nell'agosto del '58 e il duca di Milano mostra chiara
mente come la candidatura del Piccolomini maturi, invece, quasi a sorpresa, inaspetta
tamente, proprio a ridosso del conclave.