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Collana diretta da
GIULIA BARATTA, MARIA BOLLINI, ATTILIO MASTINO
45
L’EPIGRAFIA
DEL NORD AFRICA:
NOVITÀ, RILETTURE,
NUOVE SINTESI
a cura di
Samir Aounallah
Attilio Mastino
Segretaria di redazione:
Maria Bastiana Cocco (Sassari).
Email: africaromana@uniss.it
Com il contributo di
«LE CITTÀ»
CHEDDAD A. MOHCIN (Martil): Tanger à travers ses inscriptions latines .... p. 171
«EPIGRAFIA MILITARE»
ANTHONY ÁLVAREZ MELERO (Sevilla): Les praefecti fabrum issus des pro-
vinces africaines ....................................................................................... » 321
SABINE LEFEBVRE (Dijon): La legio III Augusta dans la lutte pour le pouvoir
impérial en 238 ........................................................................................ » 333
«VITA RELIGIOSA»
M’HAMED HASSINE FANTAR (Tunis): Du libycopunique au latin ................ p. 355
ROSSANA DE SIMONE (Enna), FRANCESCO TOMASELLO (Catania): Su una
bilingue latina e punica da Thuburbo Maius: l’apax ‘cella proma’ tra
epigrafia, linguistica e dati archeologici ................................................... » 361
LAYLA ES-SADRA (Rabat): La Domus Augusta de Volubilis et le temple du
culte impérial ........................................................................................... » 375
VALENTINO GASPARINI (Madrid): Chiamami col tuo nome. Una nuova pro-
posta di analisi dell’impiego dei gentilizi come epiteti divini nell’epigrafia
dell’Africa romana ................................................................................... » 385
JUAN LEWIS (Edinburgh): Agnus vicarius. A Substitute for Child Sacri-
fice? .......................................................................................................... » 395
JALEL MABROUK (Tunis): Le terme cultor dans l’épigraphie latine d’Afri-
que ............................................................................................................ » 403
NORA BOUHADOUN (Alger): Une prêtresse de Cérès à Madaure ................. » 415
SALIM ANNANE (Alger): Inscription inédite de «Lucu» Timezouine (Saïda),
Algérie ...................................................................................................... » 425
ABDELAZIZ BEL FAIDA (Kénitra): Les cultes à mystères en Afrique du Nord
antique. Le cas de Mithra: témoignages épigraphiques et archéologi-
ques .......................................................................................................... » 433
NÉJAT BRAHMI (Paris): Textes et images du Genius en Maurétanie Tingi-
tane ........................................................................................................... » 443
«ISCRIZIONI FUNERARIE»
«MONDO TARDO-ANTICO»
dalla Germania, dalla Finlandia, dal Canada, dagli Stati Uniti. I posters e molti altri
testi brevi sono stati in parte pubblicati sulla rivista della Scuola archeologica italiana
di Cartagine «CaSteR» diretta da Antonio Corda.
In questa sede abbiamo voluto raccogliere un discorso unitario che aspira a
rappresentare una formula nuova per i risultati dei nostri incontri, con una sintesi
integrata del confronto internazionale che è stato serrato, pieno di idee, spesso anche
ricco di conflitti e di polemiche, sempre però indirizzato verso una fase nuova, che
vuole superare le stracche e ripetitive monografie che spesso circolano nel nostro am-
biente per restituire la freschezza della scoperta (pensiamo alla lex Hadriana de agris
rudibus), le emozioni, le curiosità profonde, il successo di tante équipes di ricerca e di
singoli studiosi, in un orizzonte nel quale l’archeologia, il patrimonio e i beni culturali
finiscono per essere anche strumento di incontro; e ciò in un momento nel quale il
Mediterraneo conosce la crudeltà di un implacabile confronto che non sa fare altro
che abbattere ponti e innalzare muri. Noi respingiamo questa visione della vita fondata
sulla prevaricazione, viziata dalla paura, animata dall’odio e dalla violenza; riteniamo
un dovere comune quello di accettare la sfida, ascoltare le ragioni di tutti, riconoscere
che debbono muoversi in piena unità di intenti tutti gli «intellettuali» («coloro che
hanno intelletto», per usare l’espressione di Giovanni Lilliu) per denunciare i rischi
e soprattutto mettere in evidenza le potenzialità inespresse di tante forme di colla-
borazione che non possono che arricchire tutti, partendo dalla diversità di ciascuno.
Il convegno è strato aperto da Paola Ruggeri, direttrice del Centro di Studi
Interdisciplinari sulle Province Romane e da Marco Milanese direttore del Dipar-
timento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari,
da Kamel Bchichini direttore generale dell’Agence de Mise en Valeur du Patrimoi-
ne et de Promotion Culturelle con Daouda Shaw, da Faouzi Mahfoudh, direttore
generale dell’Institut National du Patrimoine, da Lorenzo Fanara, Ambasciatore
d’Italia a Tunisi, da Angela Mameli vice presidente della Fondazione di Sardegna.
Abbiamo ricordato alcune figure di eminenti studiosi e presentato molti volumi e intere
riviste (come gli ultimi cinque numeri di «Libya antiqua»), che testimoniano la vivacità
dei nostri studi e l’incredibile quantità di nuove scoperte, anche nei momenti di guerra.
Aprendo il Convegno l’Ambasciatore Lorenzo Fanara e Umberto Pappalardo
hanno premiato M’hamed Fantar vincitore della seconda edizione del Premio Ame-
deo Maiuri.
Licenziando quest’opera, accolta dal Comitato Scientifico della Collana «Epigra-
fia e Antichità» delle Edizioni Lega di Faenza con il contributo della Fondazione di
Sardegna grazie all’impegno di Maria Bastiana Cocco, vogliamo dire solo che questa
è una tappa di un percorso più lungo, che certamente verrà proseguito in futuro con
nuovo entusiasmo e con uno spirito sempre più aperto alla collaborazione scientifica,
all’amicizia, al confronto internazionale.
P.S. Quando questo volume era ormai in stampa ci ha raggiunto la notizia della scom-
parsa, avvenuta il 12 maggio 2019 in Marocco, sui monti dell’Atlante, di Christine
Hamdoune, che aveva consegnato per questo volume (nella sezione tardo-antica)
l’articolo «Sur quelques inscriptions chrétiennes des Maurétanies», rivisto per la
stampa dall’amica Monique Dondin Payre. La piangiamo con tutti gli amici colpiti
da questa incredibile tragedia avvenuta nei luoghi che tanto ha amato.
Il I dicembre 2019 è scomparso anche il nostro Maestro e amico René Rebuffat:
anche a Lui dedichiamo questo libro, perché non dimentichiamo la sua amicizia,
il suo insegnamento democratico, il suo impegno di studioso appassionato e colto.
COMITATO SCIENTIFICO
Del Comitato scientifico dei Convegni de L’Africa Romana, presieduto da At-
tilio Mastino, fanno parte Aomar Akerraz, Angela Antona, Samir Aounallah, Piero
Bartoloni, Nacéra Benseddik, Azedine Beschaouch, Antonietta Boninu, Giovanni
Brizzi, Francesca Cenerini, Maria Bastiana Cocco, Antonio Maria Corda, Lietta De
Salvo, Anna Depalmas, Rubens D’Oriano, Layla Es-Sadra, Mounir Fantar, Piergiorgio
Floris, Emilio Galvagno, Elisabetta Garau, Alberto Gavini, Mansour Ghaki, Julián
González, Michele Guirguis, John J. Herrmann, Antonio Ibba, Ridha Kaabia, Mustapha
Khanoussi, Giovanni Marginesu, Marc Mayer y Olivé, Maria Grazia Melis, Marco
Milanese, Alberto Moravetti, Jean-Paul Morel, Giampiero Pianu, Marco Rendeli,
Joyce Reynolds, Sergio Ribichini, Daniela Rovina, Paola Ruggeri, Donatella Salvi,
Sandro Schipani, Ahmed Siraj, Daouda Sow, Pier Giorgio Spanu, Alessandro Teatini,
Alessandro Usai, Emina Usai, Cinzia Vismara, Raimondo Zucca.
Il XXI Convegno è stato dedicato alla memoria di Angela Donati e si è svolto
con il patrocinio dell’Association Internationale d’Épigraphie Grecque et Latine
(AIEGL), che ha inviato un messaggio di saluto della Presidente Silvia Orlandi.
Oltre che dall’Università degli Studi di Sassari e dalla Fondazione di Sardegna, e
stato concesso un contributo dal Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione
Internazionale, dall’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, dall’Ente Regionale per il
Diritto allo Studio di Sassari.
FRANÇOIS BARATTE - FATHI BÉJAOUI
Résumé
Le développement du monachisme en Afrique a retenu depuis longtemps l’attention des cher-
cheurs, à la fois parce que les témoignages littéraires sont plutôt abondants, mais qu’en revanche
ceux fournis par l’archéologie sont à peu près inexistants. La découverte de deux mosaïques
funéraires (chapelle dans la zone du cirque de Carthage) vient combler en partie cette lacune
puisque les tombes sont celles d’abbesses.
Mots-clés : Afrique, monachisme, Carthage, mosaïques funéraires, abbatissa.
Abstract
The development of monasticism in Africa has long attracted the attention of researchers both
because literary evidence is rather abundant, however archaeological testimony is almost non-
existent. The discovery of two mosaics (chapel in circus area of Carthage) partially fills this gap
since the tombs are those of abbesses.
Keywords: Africa, monasticism, Carthage, funerary mosaics, abbatissa.
(1) On ne retiendra ici qu’une bibliographie limitée, les articles consacrés par le DACL au
monachisme et deux contributions du Père G. Folliet sur le sujet : G. FOLLIET, Aux origines de l’ascétisme
et du cénobitisme africains, dans Saint Martin et son temps (Studia Anselmiana 46), Rome 1961, pp. 25-44;
ID., Le monachisme en Afrique de saint Augustin à Fulgence, dans Il monachesimo occidentale dalle origini
alla Regula Magistri. XVI incontro di studiosi dell’Antichità cristiana, Roma, 8-10 maggio 1997, Roma 1998,
pp. 291-315. Les contributions plus générales se contentent souvent de reprendre les données considérées
comme acquises. Voir en appendice une liste des moines et des monialesla liste mise à jour. Des omissions
sont possibles.
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dans leur essor, certains ont été tentés d’en fixer le point de départ plus tôt (2), en
s’appuyant à la fois sur deux passages d’Augustin lui-même, l’un dans le Contra litt.
Petiliani (III, 40, 48), dans lequel l’évêque revient sur le grief que lui avait fait Petilia-
nus d’être le fondateur du monachisme en Afrique, l’autre dans le Contra epist. Parme-
niani (II, IX, 19) qui semble faire allusion à la présence de moniales – sanctimoniales –
chez les donatistes ; s’y ajoute un passage d’Epiphane de Salamine qui ferait mention
de l’existence du monachisme en Afrique dès 377 (3). Mais J.-M. Lassère, reprenant
récemment l’analyse de ces textes (4), a mis en garde contre leur surinterprétation, et
sur la prudence qu’il convenait de garder sur cette question.
Au cours des dernières décennies, N. Duval a proposé un bilan plutôt pessimiste,
mais fondé, de la documentation archéologique, éliminant de la liste des monastères
connus matériellement une série de propositions trop légèrement avancées dans le
passé (5). Récemment, A. Mrabet a donné, pour la Byzacène, une synthèse très com-
plète et détaillée, plus positive, combinant sources littéraires, épigraphiques et archéo-
logiques (6). On doit toutefois convenir que sur le plan de l’architecture nous savons
peu de choses, les identifications les mieux (ou les moins mal) assurées ne permettant
pas de se faire un idée quelconque de ce qu’étaient les monastères africains : ni les
restes vraisemblables du monastère de Fulgence de Ruspe sur les îles Kneiss, plutôt
informes (7), ni, à Carthage, le possible monastère de Bigua, où étaient conservées les
reliques des sept moines de Gafsa martyrisés par les Vandales, dont on ne possède
essentiellement qu’une petite salle et un plus vaste espace apparenté aux « monu-
ments à auges » (8), ni même ce qui pourrait être le monastère de femmes consacré à
saint Etienne, fouillé par P. Gauckler, organisé autour d’une cour à péristyle et doté
d’une salle à abside qui en serait la chapelle, et aujourd’hui détruit, mais dont un plan
sommaire a été conservé (9), ne sont véritablement significatifs de l’organisation de ces
structures. Quant aux grands ensembles qui pourraient sérieusement prétendre être
(10) A. BALLU, Les ruines de Timgad, I, Paris 1897, pp. 232-235; A. BALLU, Les ruines de Timgad,
III, Paris 1911, pp. 31-46 et 136-140; P. MONCEAUX, Timgad chrétien, in Annuaire de l’Ecole Pratique des
Hautes Etudes, Ve section, Paris 1911-1912, pp. 25-36.
(11) J. CHRISTERN, Das frühchristliche Pilgerheiligtum von Tebessa. Architektur und Ornamentik
einer spätantiken Bauhütte in Nordafrika, Wiesbaden 1976, en dépit de l’interprétation comme monastère
par Ballu dans sa monographie : BALLU, Les ruines de Timgad, I cit.
(12) CH. DIEHL, L’Afrique byzantine. Histoire de la domination byzantine en Afrique (533-709), Paris
1896, fig. 71, p. 428, p. 175.
(13) ILCV, 1660.
(14) Nous renvoyons sur ce point à MRABET, Sur le monachisme en Byzacène (IVe-VIe s.) cit.; J.
Mesnage en avait dénombré une cinquantaine à la mort d’Augustin : J. MESNAGE, Le christianisme en
Afrique. Origine, développements, extension, Paris 1914, pp. 292-295.
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c’est notamment le cas de la controverse suscitée par la lettre 194 d’Augustin à propos
des Pélagiens, qui avait mis en effervescence une partie de la communauté monastique
d’Hadrumète. Dossier dont A. Mrabet a récemment souligné la complexité (15), mais
qui permet à travers l’échange de correspondance entre Augustin et Evodius, évêque
d’Uzalis d’une part, et Valentin, l’abbé du monastère d’Hadrumète d’autre part, de
prendre une idée non seulement de la nature et de l’ampleur des réactions des inté-
ressés, mais de suivre comment se traduisent concrètement ces réactions. A l’époque
byzantine, à partir de 547, la querelle des Trois Chapitres met aussi en évidence l’inter-
vention des moines dans le débat : c’est notamment la personnalité de Félix, abbé du
monasterium Gillitanum, dont la localisation reste incertaine, qui est crument mise en
lumière par son engagement en faveur de la foi selon lui menacée (16). Plus tardive-
ment encore, vers 640, c’est un autre moine qui s’illustre dans une dispute théologique
aussi virulente, celle du Monothélisme, l’abbé Maxime (17), Maxime le Confesseur,
venu d’Orient il est vrai.
Moins dramatique, la vie quotidienne pouvait être tout aussi animée : un des
problèmes qui préoccupait au premier chef les moines était celui de leur indépen-
dance vis-à-vis de l’évêque du lieu, notamment dans une question essentielle pour
eux, celle de la désignation de leur abbé. On le voit bien à la fin de l’époque vandale
dans l’affaire complexe dans laquelle intervint vigoureusement, autour de 525, Petrus,
abbé d’un monastère de Byzacène non localisé (18), affaire qui fut tranchée par un
concile réuni à Carthage en 525, et dont le dénouement fut confirmé par le concile
de Carthage de 536, après la mort de Petrus. Elle portait précisément sur les rapports
du monastère avec l’épiscopat. Et c’est encore de l’élection de l’abbé et des prêtres
du monastère, qui doit être assumée par les moines en dehors de toute pression (y
compris financière), dont il est question dans l’inscription découverte en remploi à
Kairouan (19), datable peut-être, paléographiquement, du début du VIIe s.
On voit bien que le développement du monachisme sous toutes ses formes a
entrainé en Afrique comme ailleurs et sur tous les plans, théologique et matériel, le be-
soin de fixer des règles de vie en commun et vis-à-vis du monde extérieur : les conciles
ont souvent eu à statuer sur des questions de cette nature – on vient de le voir pour
l’élection de l’abbé –, et on assiste dès la fin du IVe s., avec Augustin, à la naissance de
règles monastiques pour l’Afrique: ce sont les deux textes du Praeceptum et de l’Ordo
monasterii (20), qui rentrent de manière détaillée dans l’organisation des communau-
tés : recommandations sur les vêtements, la nourriture, le déroulement de la journée.
L’administration du monastère est confiée à un abbé, secondé d’un praepositus. Mais
l’affaire de Petrus, évoquée plus haut, montre qu’au VIe s. encore bien des questions
restaient à régler, en particulier, celles, délicates, qui touchaient à l’indépendance des
monastères vis-à-vis des autorités ecclésiastiques.
Mais qu’en était-il des communautés de femmes. Comme pour les hommes, les
textes et l’épigraphie font apparaître la présence forte, depuis le IVe s., de femmes
consacrées, diversement désignées, sacrae virgines, virgines sacratae, famulae Dei, an-
cillae Cristi, sanctimoniales, dont l’interprétation n’est pas toujours évidente : on ne
peut affirmer dans tous les cas qu’il s’agit bien de moniales vivant dans une commu-
nauté plus ou moins nombreuse, donc dans un couvent (21). Beaucoup de ces vierges
consacrées étaient restées dans le monde, au sein de leur famille, parfois sans doute
en raison de leur jeunesse (22), mais plus âgées aussi, formant une toute petite com-
munauté avec d’autres membres de leur famille, leur mère par exemple. Le doute, en
revanche, n’est pas permis pour quelques-unes dont la fonction au sein de la commu-
nauté – des responsables en général – est affichée, comme cette Maxima, vierge, dont
l’histoire avait frappé Victor de Vita (23) : esclave sous le règne de Geiseric, donnée
en mariage par son maître à un compagnon d’infortune, elle avait convaincu celui-ci
de respecter sa virginité avant de s’enfuir avec lui à Thabraca, d’être accueillie dans
un monastère et de devenir, après maintes péripéties, supérieure d’un couvent, mater
multarum uirginum Dei : quoique vierge et consacrée à Dieu, elle ne devient moniale
qu’après son arrivée à Tabarka. On peut être aussi affirmatif dans le cas d’une autre
défunte ensevelie dans la « chapelle des martyrs » de Tabarka, Privata, associée dans
une belle épitaphe sur mosaïque (24) (fig. 1) remplie de réminiscences littéraires qui
célèbre sa virginité à Victoria, famula Dei, mais aussi mater, supérieure d’un monas-
tère (25).
(20) LAWLESS (1987) ; VERHEIJEN (1968). Pour une analyse des préceptes édictés par Augustin :
LASSÈRE, Africa, quasi Roma cit., pp. 561-562.
(21) A Benian (Ala Miliaria) par exemple, Robba, martyre donatiste victime en 434 des catholiques,
sœur d’Honoratus, évêque d’Aquae Sirenses, certainement une religieuse, est qualifiée de sacr(a) Dei,
tout comme Iulia Geliola, morte probablement en 422, sœur elle aussi d’un évêque, sans qu’on puisse en
dire davantage sur le cadre social dans lequel elles vivaient. A. MANDOUZE, Prosopographie de l’Afrique
chrétienne (303-533), Paris 1982, pp. 530 et 984. Makthar, « fidelis qui et castimonialis »: AEp 1946, 114 ; F.
PREVOT, Recherches archéologiques franco-tunisiennes à Makthar. V. Les inscriptions chrétiennes (Collection
de l’Ecole Française de Rome, 34), Rome 1984, p. 213, n° II, 4, X, 66.
(22) P. MONCEAUX, Histoire littéraire de l’Afrique chrétienne, Paris 1901, III, pp. 77-78 ; A.
MERLIN, L. POINSSOT, Les inscriptions d’Uchi Maius d’après les recherches du capitaine Gondouin (Notes
et Documents publiés par la Direction des Antiquités et Arts, II), Tunis 1908, pp. 99-102, à propos de
l’épitaphe de la jeune Eulalia, virgo, morte à 12 ans, découverte à Uchi Maius ; DUVAL (1975), pp. 443-444.
(23) VICTOR VITENS., Hist. pers., I, 30-32, CSEL 7, pp. 14-16. A. MANDOUZE, Prosopographie de
l’Afrique chrétienne (303-533), Paris 1982, p. 717, Maxima 4; ILTun., 1695.
(24) . La mosaïque est conservée au Musée du Bardo (A325), comme c’est d’ailleurs le cas de la
plupart des épitaphes de Tabarka. Pour la chapelle, BARATTE, BEJAOUI, DUVAL, Basiliques chrétiennes cit.,
pp. 24-27, Tabarka 3.
(25) ILCV, 1442 A adn. DUVAL, Loca sanctorum Africae cit., pp. 128-130, n° [207]; MANDOUZE,
Prosopographie de l’Afrique chrétienne cit., p. 1187, Victoria 5.
658 FRANÇOIS BARATTE - FATHI BÉJAOUI
qui ne sont malheureusement que partiellement lisibles, vont plus loin, puisqu’elles
apportent une importante précision.
C’est ainsi qu’on peut lire sur la première dont le décor accompagnant le texte
n’est pas très clair (Fig. 6):
Sur la première ligne : Marcena (ou Marcia) virgo
Sur la seconde ligne : sacra abba
Sur la troisième: tissa in pace
Sur la quatrième: vixit annos
Marcena (vel Marcia) virgo / sacra abba/tissa in pace / vixit annos [---].
Venait ensuite le nombre d’années ainsi que les mois (à peine lisible) et enfin sur
la dernière ligne le jour du décès ou de la déposition, on ne distingue que «KL» pour
Kalendas.
660 FRANÇOIS BARATTE - FATHI BÉJAOUI
Pour ce qui est de la seconde épitaphe (Fig. 7), son décor est mieux visible avec
à gauche l’emplacement de la tête du défunt, une croix latine gemmée placée dans
une couronne accostée de deux volatiles et un cratère à godrons à l’autre extrémité
du panneau.
Le texte en revanche est beaucoup moins lisible, on retiendra surtout la nouvelle
mention de Virgo sacra abbatissa (32).
On voit donc que dans les deux cas, les épitaphes désignent explicitement la
supérieure d’un monastère de femmes, une abbesse, terme étant jusqu’ici inconnu
en Afrique. Ailleurs, abbatissa n’est pas non plus très fréquent, on connait 3 ou 4 épi-
taphes qui proviennent de Rome, Salone et Narbonne (33). Toutes sont datées du VI
e siècle et utilisent également la formule sacra virgo ou deo sacrata.
Nous sommes ainsi en présence d’exemples sans précédent en Afrique de deux
religieuses clairement désignées par abbatissae ayant donc dirigé un monastère de
moniales à Carthage.
Un autre élément remarquable dans cette découverte est le lieu de l’inhuma-
tion, c’est-à-dire une chapelle sans doute consacrée à un saint ou un martyr comme
il en existe d’autres à Carthage, toutes installées au milieu de nécropoles d’époque
byzantine. Outre Bigua et Saint Etienne, les plus connues sont celles d’Asterius et de
Redemptus (Fig. 8) (34).
103-104, fig. 56 et 57. BARATTE, BEJAOUI, DUVAL, Basiliques chrétiennes cit., p. 122, Carthage 9 et p. 124,
Carthage 10.
(35) Sur cette question, on se référera aux Actes du colloque de Créteil sur l’inhumation privilégiée
du IV e au VIII e siècle en Occident : N. DUVAL, L’inhumation privilégiée en Tunisie et en Tripolitaine, dans
Y. DUVAL-J.CH. PICARD (éd.), Actes du Colloque l’Inhumation privilégiée du IVe au VIIe siècle en Occident,
Créteil 1984, pp. 26-42.
664 FRANÇOIS BARATTE - FATHI BÉJAOUI
cas pour les moniales, car peu d’exemples africains nous sont connus, peut-être en
partie à cause du manque d’informations concernant les conditions de découverte
des textes. On peut cependant en rappeler trois qui peuvent être considérés comme
étant similaires à ceux de Carthage si l’on prend en considération l’emplacement des
sépultures, même s’il ne s’agit pas d’absides.
Le premier de ces exemples est celui de Dougga où l’on a déposé plusieurs sar-
cophages en calcaire dans la crypte aménagée sous le presbyterium de l’église, dont
celui de Victoria san(c)timoniale comme le précise la simple épitaphe inscrite dans un
cartouche sur le couvercle de la cuve datée du V e siècle (Fig. 9) (36).
Les deux autres exemples également du V e siècle, sont une fois de plus ceux
de Tabarka: d’abord Privata dont la tombe est placée à l’entrée d’une petite chapelle
ouvrant sur l’un des bas-côtés de l’église des martyrs et ensuite « Victoria mater »
enterrée dans l’axe de cette même entrée, donc une place de choix (37).
Reste à dater nos deux épitaphes, les éléments dont nous disposons sont de deux
ordres. Le premier est le contexte archéologique de la chapelle, qui, on le rappelle,
est situé au milieu d’une nécropole byzantine datée par les fouilleurs sur la base de la
céramique récoltée dans plusieurs sondages, essentiellement du VI e et début du VIIe
siècle. Le second est en lien avec le décor de l’une des mosaïques funéraires où le
symbole figuré est une croix latine dont on s’accorde à situer l’emploi en Afrique pré-
cisément au VI e siècle grâce à une série de textes épigraphiques bien datés provenant
(36) BARATTE, BEJAOUI, DUVAL, Basiliques chrétiennes cit., pp. 62-64. Pour le sarcophage, H.
FOURNET-PILIPENKO, Sarcophages romains de Tunisie, «Karthago», 11 (1961), p. 81, n°158.
(37) BARATTE, BEJAOUI, DUVAL, Basiliques chrétiennes cit., p. 25, fig. 4.1.
MOINES ET MONIALES EN AFRIQUE. A PROPOS DE DEUX DOCUMENTS NOUVEAUX 665
APPENDICE
MATER
– Hippone :
Felicitas 2 Dilectissima et sanctissima mater 411-436
– Thabraca :
Victoria 5* mater, famula Dei IVe-Ve s.
Maxima 4 uirgo, mater multarum uirginum 477-484
FAMULA (DEI)
– Pophtensis :
e e
Iulia Fortunata* V -VI s.
– Thabraca :
e e
Victoria 5* IV -V s.
e e
[Vi]ctoria 1* IV -V s.
DEI FAMULA
– Thagamuta:
Asselica* (BEJAOUI, Les hautes steppes tunisiennes. Témoignages archéo-
logiques chrétiens, Tunis 2015, n° 23)
Ponticana* (BEJAOUI, Les hautes steppes tunisiennes cit., n° 24)
Margarita* (BEJAOUI, Les hautes steppes tunisiennes cit., n° 30)
DEI FAMULUS
– Thagamuta:
Benenatus* (BEJAOUI, Les hautes steppes tunisiennes cit., n° 30)
Anonyme* (BEJAOUI, Les hautes steppes tunisiennes cit., n° 32)
ANCILLA CRISTI
– Satafis (Aïn Kebira) :
Ianuaria* 324-329
– Tingi :
Aurelia Sabina* 322-345
Crementia IVe-Ve s.
SANCTIMONIALIS
– Abitina :
Maria 304
– Dougga :
Victoria 7* Ve-VIe s.
– Carthage, en remploi
Respecta (Ennabli III, n°244) « ancienne »
– Hr el Hamacha
Casthe* Ve-VIe s.
– Satafis (Aïn Kebira) :
Dativa* IVe-Ve s.
– sans prov.
Maxima 1 et Donatilla, virgines et sanctim. 304
CASTIMONIALIS
– Haïdra :
Barbara (Duval 101)
Une défunte ? (Duval 103)
– Maktar :
Benenata (Prévot II, 4)
Une défunte (Prévot X, 66)
Redus (Prévot X, 69)
– Sitifis :
Mellita* 392
MOINES ET MONIALES EN AFRIQUE. A PROPOS DE DEUX DOCUMENTS NOUVEAUX 667
– Théveste :
Victoria 8* VIe s.
VIRGO
– Carthage, Sainte-Monique :
virgo innocens (morte à 11 ans)(Ennabli I, n°110)
Honorata (Ennabli I, n°40)
] virgo (Ennabli I, n°46)
– Carthage, (en remploi) :
]virgines*
]virgo fidelis in pace (CIL VIII 12432)
Vincentia vir[ (CIL VIII 13428)
– Uchi Maius :
Eulalia (12 ans)
SACRA DEI
– Benian :
Robba 384-434
Iulia Geliola 372-422
668 FRANÇOIS BARATTE - FATHI BÉJAOUI
PUELLA S(ACRA)
– Thabraca :
Victoria 6 IVe-Ve s.
e e
Castula p. properans kastitatis sumere premia IV -V s.
DEVOTA DEO
– Altava :
Flavia Saturina 530
On notera que Renatus 1, monachus, est désigné également comme servus Dei,
famulus Dei, in Cristo frater, mais également comme laicus
ABBAS
– Byzacène :
Petrus 8 523-536
– Capsa :
Liberatus 4 484
– Hadrumète :
Valentinus 3 422-427
– Hr Ouled Saad (près Théveste)
CIL VIII 27947
– Ruspe :
Felix 89 508-532
– Thapsus :
e e
Iader* IV -VI s.
NOBILIS PASTOR
– Thabraca
Andreas 2 nobilis pastor 450-477
SENIORES (MONASTERII)
– Byzacène (compagnon de Petrus) :
Victor 91
Vincentius 6
Gentius
Felix 95
EREMITA
– Sidi Abich :
CIL VIII, 23038, ILCV, 1660
MOINES ET MONIALES EN AFRIQUE. A PROPOS DE DEUX DOCUMENTS NOUVEAUX 669
FAMULUS DEI :
– Sidi Abich
CIL VIII, 23038 : N. famulus di, eremita)
SERVUS DEI
– Carthage :
Iulianus 10 417
– Hadrumète, catacombe de Severus :
Theodotus* (par ses parents)
e e
IV -V s.
– Hippone
Barnabas 411-426
Timasius 411
– Pophthensis :
e e
Rogatus 14* IV -VI s.
– Thibiuca :
e
Hegerit* VI s.
– Uppenna :
e e
Feli[ 1* fin IV -milieu V
MONACHUS
– Byzacène :
Petrus 3 v. 418
Abraham, collègue du précédent
– Constantine ?
Victor 19 avant 397
– Hr el-Fellous :
Victor* (procès verbal dépose des reliques de saint Sébastien) (Y. Duval
21B)
– Gafsa :
Les cinq moines : Maximus, Rogatus, Septimus 484
– Hadrumète :
Cresconius 34
Felix 57
Felix 58
Florus, du même monastère 422-427
– Hippone :
Spes 401-408
Servilius 1 391-414
Barbarus 2 430
– Thagamuta :
Pascasius* (Bejaoui n°3)
Iahinius* (Bejaoui n°9)
– sans localisation :
Clementianus 477
670 FRANÇOIS BARATTE - FATHI BÉJAOUI
FRATER
– Carthage :
Vitalis 8 après 416
– Hippone :
Laetus 1 395
Privatus 2 391-402
– sans localisation :
Parthenius 391-393
Macarius 395
Aemilianus 1
Rusticus 2 411-430
? Anastasius 3 410
Muresis
SERVUS DEI
– sans localisation :
Concordialis 410-411
Iacobus 2 413-415
Timasius 2 423-415
Lucas 416
Lupicinus 1 410-411
Possibles moines
– Thabraca :
e e
Secundus 9* amator pauperum IV -V s.
– Thagaste :
Honoratus 9 401-402